lunedì 16 marzo 2009

Non c'è azione diretta del condominio verso i non proprietari (ad esempio conduttore e comodatario) per il pagamento

Recupero degli oneri condominiali: legittimato passivo è solo il proprietario
Cassazione civile , sez. II, sentenza 24.06.2008 n° 17201 (Giuseppe Mommo)

La sentenza 24 giugno 2008, n. 17201, s’inserisce in un cospicuo filone giurisprudenziale uniformatosi alla pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 8 aprile 2002, n. 5035) secondo cui deve escludersi l'applicazione del principio della “apparenza del diritto” nei rapporti tra condominio e condomino.
Ha stabilito che in caso d’azione giudiziale dell'amministratore condominiale per il recupero della quota di spese relative ad un’unità immobiliare di proprietà esclusiva, legittimato passivamente è il vero proprietario e non anche il conduttore o il comodatario (es. la figlia che si comporti da proprietaria).
La giurisprudenza di legittimità successiva alla decisione delle Sezioni Unite, uniformandosi alle conclusioni indicate, ha sempre confermato che il principio dell'apparenza del diritto non è applicabile nel rapporto tra il condominio e il singolo condomino perché è strumentale alla tutela dell'affidamento del terzo in buona fede e nel predetto rapporto non sussiste una relazione di terzietà tra condominio e condomino, in quanto l'ente di gestione non è terzo (Cass. civ. Sez. II, 30-08-2002, n. 12709; Cass. civ. Sez. II, 25-11-2003, n. 17897; Cass. civ. Sez. II, 27-01-2004, n. 1435; Cass. civ. Sez. II, 27-12-2004, n. 23994; Cass. civ. Sez. II, 25 gennaio 2007, n. 1627; Cass. civ. Sez. II Sent., 03-08-2007, n. 17039).
La conclusione continuamente tratta è che ad essere passivamente legittimato, rispetto all'azione giudiziaria promossa dall'amministratore, per il recupero degli oneri condominiali, è l’effettivo proprietario della porzione immobiliare e non anche chi può apparire come tale.
Nel caso di specie, erano stati convenuti, dinanzi al Giudice di pace, il proprietario di una mansarda e sua figlia (comodataria) che l’abitava, per chiedere la condanna al pagamento del contributo delle spese condominiali per la pulizia e l’illuminazione delle scale.
La Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva condannato al pagamento l’effettiva utilizzatrice dell’immobile e non il proprietario dello stesso.
Ha motivato nel senso che “tutti i rapporti interni, reali o obbligatori, che attengono alle cose comuni ed alla loro amministrazione, trovando titolo nei singoli diritti di proprietà individuale e collettiva, intercorrono tra i soli condomini e non possono coinvolgere terzi”.
E’ stato spiegato che ciò vale, in particolare, per i crediti derivanti dalle spese fatte per la gestione dei beni di proprietà comune, che, dal lato passivo, sono a carico esclusivamente dei singoli condomini, come del resto espressamente dispone l’art. 1123 del Codice civile.
Il condominio e, per esso, i singoli condomini possono pertanto far valere i loro crediti, relativamente al pagamento degli oneri condominiali, “esclusivamente nei confronti di un altro condomino, non già nei confronti del conduttore o comunque di chi occupa l’appartamento senza esserne il proprietario, non avendo nei suoi confronti azione diretta”.
Per questi motivi è stata cassata la sentenza impugnata limitatamente alla pronuncia nei confronti della ricorrente (utilizzatrice) e, decidendo nel merito, è stata respinta la domanda avanzata nei confronti della stessa.
(Altalex, 12 marzo 2009. Nota di Giuseppe Mommo)
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Alla questione riguardante il cosiddetto “condomino apparente”, Giuseppe Mommo ha dedicato ampio spazio nel libro “Le problematiche condominiali alla luce della recente giurisprudenza” (Altalex eBook, 2008).
LA MASSIMA
Sentenza 21 maggio - 24 giugno 2008, n. 17201
Condominio, oneri condominiali, pagamento, azione diretta, conduttore
Cassazione civile , sez. II, sentenza 24.06.2008 n° 17201

Condominio - oneri condominiali - pagamento - azione diretta - conduttore - insussistenza [art. 1123 c.c.]
Il condominio e, per esso, i singoli condomini possono far valere le loro ragioni creditorie relative al pagamento degli oneri condominiali esclusivamente nei confronti di altro condomino e non nei confronti del conduttore o comunque di chi occupa l’appartamento senza esserne il proprietario, non avendo nei suoi confronti azione diretta. (1) (2)
(1) Sulla natura delle obbligazioni dei condomini si veda: SS.UU. 9148/2008.(2) Sul condominio si veda il Focus: Il condominio: i recenti orientamenti giurisprudenziali.
(Fonte: Altalex Massimario 43/2008. Cfr. nota di Giuseppe Mommo)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 21 maggio - 24 giugno 2008, n. 17201
Presidente Rovelli - Relatore Bertuzzi

Svolgimento del processo
D. F., D. F. e A. D., condomini di uno stabile convennero dinanzi al locale giudice di pace P. A. e P. M., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 827,24 a titolo di contributo delle spese condominiali per la pulizia e la illuminazione delle scale in relazione ad una mansarda facente capo all’appartamento di proprietà di P. A. e trasformato in unità abitativa ed abitato dalla di lui figlia M..
Costituitisi in giudizio, i convenuti contestarono la domanda, sostenendo che il loro utilizzo della mansarda non era diverso da quello delle altre mansarde collegate gli altri appartamenti, con l’effetto che i rispettivi oneri condominiali, al pari di quelli gravanti sulle altre mansarde, dovevano considerarsi soddisfatti mediante il pagamento dei contributi sull’appartamento.
Esaurita l’istruttoria, con sentenza del 20.1.2004, il giudice di pace accolse la domanda nei confronti della sola P. M., quale effettiva utilizzatrice della mansarda, condannandola al pagamento della somma di Euro 712,45, così ridotta dagli attori in corso di causa, oltre che delle spese di giudizio. A fondamento di tale decisione, il giudicante osservò che l’art. 1123 c.c. nel disporre che le spese per la cosa comune sono ripartite tra i condomini in proporzione al valore delle loro quote, fa salvo il caso di diverso uso del bene e che l’estensione degli oneri condominiali a carico della convenuta trovava giustificazione nel fatto che ella aveva modificato la destinazione del locale sottotetto, trasformandolo in un ulteriore appartamento, con conseguente maggior uso e godimento delle parti comuni dell’edificio.
Per la cassazione di tale decisione, con atto notificato il 28.2.2004, ricorre, sulla base di due motivi, P. M..
Gli intimati D. F., D. F. e A. D. non si sono costituiti.

Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1123 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere condannato la convenuta al pagamento delle spese condominiali senza che le stesse fossero documentate e senza che la relativa richiesta facesse riferimento a una tabella millesimale, in realtà inesistente.
Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione della legge. n. 492 del 1978, lamentando che il giudice di pace abbia accolto la domanda nei confronti della attuale ricorrente, nonostante la stessa fosse solo conduttrice e non già proprietaria dell’appartamento.
Preliminarmente va dato atto che la sentenza gravata, essendo stata emessa dal giudice di pace in una causa del valore inferiore a Euro 1.100,00, è stata pronunciata “secondo equità” (Cass. N. 26258 del 2006), con l’effetto che essa, pur essendo, ratione temporis, direttamente ricorribile per cassazione, per non essere, nel caso di specie, applicabile la novella dell’art. 339 c.p.c. introdotta dal d.l. n. 40 del 2006, tuttavia è impugnabile delle norme di diritto comunitario sopranazionale, dei principi informatori della materia (quale limitazione al potere discrezionale del giudice di determinare la regola equitativa da applicare nel caso concreto), restando per contro escluse le altre violazioni di legge (Cass. n. 6382 del 2007; Cass. n. 284 del 2007; Cass. n. 12147 del 2006).
Tanto precisato, va esaminato per primo il secondo motivo di ricorso, che ha carattere preliminare dal momento che investe la questione della titolarità passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio.
Il motivo, nei termini che si preciseranno, è fondato.
Il condominio, infatti, è un ente di gestione diretto all’amministrazione delle parti comuni dell’edificio, cui partecipano i proprietari dei diversi piani o quote dello stabile (art. 1117 c.c.). Ne consegue che tutti i rapporti interni, reali o obbligatori, che attengono alle cose comuni ed alla loro amministrazione, trovando titolo nei singoli diritti di proprietà individuale e collettiva, intercorrono tra i soli condomini e non possono coinvolgere terzi. Ciò vale, in particolare, per i crediti derivanti dalle spese fatte per la gestione dei beni di proprietà comune, che, dal lato passivo, sono a carico esclusivamente dei singoli condomini, come del resto espressamente dispone l’art. 1123 c.c.. Il condominio e, per esso, i singoli condomini possono pertanto far valere le loro ragioni creditorie relativamente al pagamento degli oneri condominiali esclusivamente nei confronti di altro condomino, non già nei confronti del conduttore o comunque di chi occupa l’appartamento senza esserne il proprietario, non avendo nei suoi confronti azione diretta (Cass. S.U. n. 5035 del 2002; Cass. n. 17039 del 2007; Cass. n. 1627 del 2007).
Poiché tale regola costituisce un tratto essenziale della disciplina del condominio, discendendo dalla stessa struttura e configurazione giuridica dell’istituto, ad essa può essere agevolmente riconosciuta natura di principio informatore della relativa materia.
Il secondo motivo di ricorso va pertanto accolto, essendo pacifico dalla ricostruzione del fatto operata dal giudice di pace che la attuale ricorrente occupava la mansarda di cui è causa senza rivestire la qualità di condomina. Il primo motivo di ricorso è invece dichiarato assorbito.
La sentenza va quindi cassata limitatamente alla pronuncia nei confronti della attuale ricorrente P. M. e, sussistendone le condizioni, la causa è decisa nel merito mediante il rigetto della domanda avanzata nei confronti della predetta parte, per difetto in capo alla stessa della titolarità passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio.
La natura della questione controversa e le ragioni della decisione consigliano la compensazione delle spese dell'intero giudizio tra la ricorrente e gli attuali intimati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata limitatamente alla pronuncia nei confronti della ricorrente P. M. e, decidendo nel merito, respinge la domanda avanzata nei confronti della predetta parte; compensa tra l'attuale ricorrente e gli intimati le spese dell'intero giudizio.

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