Ai fini del raggiungimento dei limiti di compensabilità di 10.000 e 15.000 euro, (fissati dall'articolo 10 del d. l. n. 78 del 2009), non si computano le compensazioni utilizzate per i versamenti Iva periodici, in acconto e a saldo (compensazioni cc. dd. “interne"). Il quesito che viene posto è se, ai fini del raggiungimento dei predetti limiti di compensabilità, le compensazioni proposte nei seguenti esempi possano esse re considerate "interne" oppure, diversamente, debbano essere considerate "esterne”.
Blog di diritto e poesia. Il diritto è quella scienza che aiuta a comporre i bisogni dell'uomo nelle relazioni interpersonali. la poesia è quell'arte che, comunicando con parole scritte, aiuta a conoscersi nel profondo.
martedì 31 agosto 2010
Riceviamo e gentilmente pubblichiamo: Il modello F24 - istruzioni per la compilazione
Ai fini del raggiungimento dei limiti di compensabilità di 10.000 e 15.000 euro, (fissati dall'articolo 10 del d. l. n. 78 del 2009), non si computano le compensazioni utilizzate per i versamenti Iva periodici, in acconto e a saldo (compensazioni cc. dd. “interne"). Il quesito che viene posto è se, ai fini del raggiungimento dei predetti limiti di compensabilità, le compensazioni proposte nei seguenti esempi possano esse re considerate "interne" oppure, diversamente, debbano essere considerate "esterne”.
Riceviamo e gentilmente pubblichiamo: Il modello F24 - istruzioni per la compilazione
Ai fini del raggiungimento dei limiti di compensabilità di 10.000 e 15.000 euro, (fissati dall'articolo 10 del d. l. n. 78 del 2009), non si computano le compensazioni utilizzate per i versamenti Iva periodici, in acconto e a saldo (compensazioni cc. dd. “interne"). Il quesito che viene posto è se, ai fini del raggiungimento dei predetti limiti di compensabilità, le compensazioni proposte nei seguenti esempi possano esse re considerate "interne" oppure, diversamente, debbano essere considerate "esterne”.
martedì 27 ottobre 2009
focus in economia: Il Collegio Sindacale
focus in economia: Il Collegio Sindacale
martedì 30 giugno 2009
Riscatto immobili abitativi: "valore normale" senza riduzione
Immobili abitativi in leasing, il riscatto avviene al "valore normale": Risoluzione delle Entrate
Con Risoluzione 22 giugno 2009, n. 163, l'Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alle operazioni di riscatto di immobili di tipo abitativo in leasing.
In particolare, l'Agenzia ha richiamato la Circolare n. 12/2007 riferita agli immobili strumentali precisando che ai fini dell'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, anche la base imponibile degli immobili abitativi da riscattare al termine del contratto di leasing è pari al c.d. "valore normale", costituito dal prezzo di riscatto del bene, aumentato dei canoni di leasing depurati della componente finanziaria.
Le riduzioni delle imposte ipocatastali e lo scomputo dell'imposta di registro, diversamente, ai sensi dell'articolo 35, D.L. n. 223/2006 sono agevolazioni riferite esclusivamente ai fabbricati strumentali.
Fonte: www.seac.it
Riscatto immobili abitativi: "valore normale" senza riduzione
Immobili abitativi in leasing, il riscatto avviene al "valore normale": Risoluzione delle Entrate
Con Risoluzione 22 giugno 2009, n. 163, l'Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alle operazioni di riscatto di immobili di tipo abitativo in leasing.
In particolare, l'Agenzia ha richiamato la Circolare n. 12/2007 riferita agli immobili strumentali precisando che ai fini dell'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, anche la base imponibile degli immobili abitativi da riscattare al termine del contratto di leasing è pari al c.d. "valore normale", costituito dal prezzo di riscatto del bene, aumentato dei canoni di leasing depurati della componente finanziaria.
Le riduzioni delle imposte ipocatastali e lo scomputo dell'imposta di registro, diversamente, ai sensi dell'articolo 35, D.L. n. 223/2006 sono agevolazioni riferite esclusivamente ai fabbricati strumentali.
Fonte: www.seac.it
lunedì 16 marzo 2009
News dalla Suprema Corte
TRIBUTARIO - ISTANZA DI RIMBORSO RIVOLTA AD UFFICIO INCOMPETENTE
La S.C., innovando rispetto al precedente orientamento, ha affermato che l’ufficio finanziario cui sia presentata una domanda di rimborso è tenuto, ove sia incompetente, a trasmettere la stessa a quello competente, in conformità alle regole di collaborazione tra organi della stessa amministrazione, restando configurabile, in difetto, un silenzio-rifiuto del rimborso medesimo, impugnabile dinanzi alle commissioni tributarie.
Sentenza n. 4773 del 27 febbraio 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente M. Cicala, Relatore S. Bognanni)
News dalla Suprema Corte
TRIBUTARIO - ISTANZA DI RIMBORSO RIVOLTA AD UFFICIO INCOMPETENTE
La S.C., innovando rispetto al precedente orientamento, ha affermato che l’ufficio finanziario cui sia presentata una domanda di rimborso è tenuto, ove sia incompetente, a trasmettere la stessa a quello competente, in conformità alle regole di collaborazione tra organi della stessa amministrazione, restando configurabile, in difetto, un silenzio-rifiuto del rimborso medesimo, impugnabile dinanzi alle commissioni tributarie.
Sentenza n. 4773 del 27 febbraio 2009
(Sezione Quinta Civile, Presidente M. Cicala, Relatore S. Bognanni)
mercoledì 1 ottobre 2008
I.C.I.: I Giudici del Palazzaccio hanno ribadito che è dovuta anche in relazione ai fabbricati rurali
Tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale. Questo in sintesi il contenuto delle numerose sentenze con cui la Corte di Cassazione ha chiarito in maniera inequivocabile il principio secondo cui i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, anche se classati in categoria D/10, sono soggetti ad ICI. Principio che, in realtà, coinvolge va oltre il trattamento ICI da riservare ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, in quanto viene espresso un principio di diritto dirompente, secondo cui tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale.A tal proposito, è intervenuta l'Anci Emilia Romagna che con la circolare 24 settembre 2008, prot. 117, ha chiarito alcuni concetti fondamentale dell'assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali. La circolare dell'Anci ha, innanzitutto, evidenziato la normativa in materia ICI che ha condotto i giudici della Suprema Corte a tale conclusione, ed in particolare:
l'art.1, comma 2 del D.Lgs. n.504/1992 individua quale presupposto d'imposta "il possesso di fabbricati (…) a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa"; coerentemente con la natura reale dell'ICI, risulta quindi irrilevante sia la condizione personale del possessore sia l'uso cui è destinato il fabbricato, salve, ovviamente, le deroghe contenute nell'art.7;
l'art.2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n.504/1992 precisa che per "fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano";
alla data di entrata in vigore dell'ICI i fabbricati rurali erano esclusi dal campo di applicazione dell'ICI in quanto questi né erano iscritti al catasto edilizio urbano né erano da iscrivere;
la situazione muta con il D.L. 30 dicembre 1993, n.557, con il cui art.9, comma 1, viene istituito il "catasto dei fabbricati", nel quale vanno iscritti, ad opera del Ministero delle finanze, tutti i fabbricati rurali;
successivamente all'entrata in vigore del D.L. 557/1993, il riferimento contenuto nell'art.2 della normativa ICI al catasto edilizio urbano deve intendersi sostituito dal catasto fabbricati; pertanto diventa soggetto ad ICI il fabbricato iscritto o da iscrivere al "catasto dei fabbricati";
la disciplina delle esenzioni ed agevolazioni ICI non può essere ricavata da altre disposizioni tributarie, come quelle regolanti l'imposizione diretta, ma esclusivamente dalla normativa ICI, la quale non prevede alcun regime di favore per i fabbricati rurali;
gli incisi "agli effetti fiscali" e "ai fini fiscali", contenuti nell'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n. 557/1993, vanno interpretati nel senso che laddove una specifica disposizione fiscale considera rilevante la natura rurale di un fabbricato, la sussistenza della ruralità va verificata secondo i parametri catalogati nei commi 3 e 3 bis citati; come già rilevato, la normativa ICI non considera rilevante la natura rurale del fabbricato;
anche i nuovi requisiti di ruralità previsti dall'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n.557/1993, a seguito delle modifiche apportate dall'art.42 bis introdotto dalla legge n.222/2007 di conversione del D.L. n.159/2007, non esplicano alcun effetto in tema di ICI, avendo solo ampliato i casi in cui può essere riconosciuta la ruralità ad un fabbricato, con conseguenze dirette solo sulle modalità di accatastamento dei fabbricati.Dalla lettura della normativa l'Ance ha ritenuto incontestabile la conclusione cui è pervenuta la Suprema Corte, evidenziando però la necessità di effettuare ulteriori riflessioni in merito al regime ICI da applicare ai fabbricati rurali (legittimamente) ancora iscritti al catasto terreni, il divieto al rimborso dell'ICI versata dalle cooperative (disposto dalla legge finanziaria per il 2008), la presenza di circolari ministeriali di segno opposto, le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI.Per quanto concerne i fabbricati rurali costruiti o variati a decorrere dal 1998, il D.M. 2 gennaio 1998, n.28, all'art.2, comma 2 prevede che l'abitazione gli altri immobili strumentali all'esercizio dell'attività agricola costituiscono unità immobiliari da denunciare in catasto autonomamente. Per i fabbricati rurali costruiti o variati dall'11 marzo 1998 occorre, quindi, presentare denuncia di accatastamento con rendita proposta (ex art.5 del D.M. n.28/1998). I fabbricati rurali, iscritti o da iscrivere, debbono corrispondere l'ICI, indipendentemente dal fatto che il titolare del fabbricato rurale non sia ancora oggi obbligato a presentare l'accatastamento, dovendo provvedervi, ai sensi dell'art.9, comma 1 del D.L. n.557/1993, direttamente l'Agenzia del Territorio, in quanto si tratta di fabbricati che, proprio per la norma appena citata, sono da iscrivere al catasto fabbricati, a nulla rilevando il soggetto cui compete l'obbligo di effettuare l'iscrizione. Per quanto riguarda il disposto della legge finanziaria per il 2008 secondo cui è vietato il rimborso dell'ICI pagata dalle cooperative agricole, l'Anci ha chiarito che la finanziaria per il 2008 in questo modo voluto arrestare sul nascere un'eventuale contenzioso fondato sulla supposta natura retroattiva delle modifiche apportate alla normativa disciplinante i requisiti di ruralità ad opera dell'art.42 bis del D.L. n.159/2007 e sulla supposta esenzione dell'ICI per i fabbricati rurali.Sulla contrapposizione della circolare del Ministero delle Finanze n.50/E del 20 marzo 2000 e la circolare dell'Agenzia del Territorio n.7/T del 15 giugno 2007, che in sintesi hanno previsto una esclusione dall'ICI per i fabbricati rurali, l'Anci, riprendendo quanto affermato dalla Suprema Corte, ha chiarito che le due circolari esprimono un parere dell'Amministrazione non vincolante né per il contribuente né per il Giudice tributario e che dunque non scalfisce minimamente il concetto secondo cui i fabbricati rurali debbano essere assoggettati ad ICI.Infine, per quanto concerne le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI ed in particolare l'inserimento di un campo per i casi di esclusione, esenzione o ruralità, l'Anci ha fatto presente che diversi sono i casi in cui le istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI hanno fornito delle indicazioni poi smentite dalla giurisprudenza di legittimità e che, dunque, il decreto di approvazione delle istruzioni e del modello di dichiarazione ICI è viziato da eccesso di potere, in quanto tale esenzione ICI non è prevista nella norma primaria.
A cura di Ilenia Cicirello
I.C.I.: I Giudici del Palazzaccio hanno ribadito che è dovuta anche in relazione ai fabbricati rurali
Tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale. Questo in sintesi il contenuto delle numerose sentenze con cui la Corte di Cassazione ha chiarito in maniera inequivocabile il principio secondo cui i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, anche se classati in categoria D/10, sono soggetti ad ICI. Principio che, in realtà, coinvolge va oltre il trattamento ICI da riservare ai fabbricati posseduti dalle cooperative agricole, in quanto viene espresso un principio di diritto dirompente, secondo cui tutti i fabbricati rurali pagano il tributo comunale.A tal proposito, è intervenuta l'Anci Emilia Romagna che con la circolare 24 settembre 2008, prot. 117, ha chiarito alcuni concetti fondamentale dell'assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali. La circolare dell'Anci ha, innanzitutto, evidenziato la normativa in materia ICI che ha condotto i giudici della Suprema Corte a tale conclusione, ed in particolare:
l'art.1, comma 2 del D.Lgs. n.504/1992 individua quale presupposto d'imposta "il possesso di fabbricati (…) a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa"; coerentemente con la natura reale dell'ICI, risulta quindi irrilevante sia la condizione personale del possessore sia l'uso cui è destinato il fabbricato, salve, ovviamente, le deroghe contenute nell'art.7;
l'art.2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. n.504/1992 precisa che per "fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano";
alla data di entrata in vigore dell'ICI i fabbricati rurali erano esclusi dal campo di applicazione dell'ICI in quanto questi né erano iscritti al catasto edilizio urbano né erano da iscrivere;
la situazione muta con il D.L. 30 dicembre 1993, n.557, con il cui art.9, comma 1, viene istituito il "catasto dei fabbricati", nel quale vanno iscritti, ad opera del Ministero delle finanze, tutti i fabbricati rurali;
successivamente all'entrata in vigore del D.L. 557/1993, il riferimento contenuto nell'art.2 della normativa ICI al catasto edilizio urbano deve intendersi sostituito dal catasto fabbricati; pertanto diventa soggetto ad ICI il fabbricato iscritto o da iscrivere al "catasto dei fabbricati";
la disciplina delle esenzioni ed agevolazioni ICI non può essere ricavata da altre disposizioni tributarie, come quelle regolanti l'imposizione diretta, ma esclusivamente dalla normativa ICI, la quale non prevede alcun regime di favore per i fabbricati rurali;
gli incisi "agli effetti fiscali" e "ai fini fiscali", contenuti nell'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n. 557/1993, vanno interpretati nel senso che laddove una specifica disposizione fiscale considera rilevante la natura rurale di un fabbricato, la sussistenza della ruralità va verificata secondo i parametri catalogati nei commi 3 e 3 bis citati; come già rilevato, la normativa ICI non considera rilevante la natura rurale del fabbricato;
anche i nuovi requisiti di ruralità previsti dall'art.9, commi 3 e 3 bis del D.L. n.557/1993, a seguito delle modifiche apportate dall'art.42 bis introdotto dalla legge n.222/2007 di conversione del D.L. n.159/2007, non esplicano alcun effetto in tema di ICI, avendo solo ampliato i casi in cui può essere riconosciuta la ruralità ad un fabbricato, con conseguenze dirette solo sulle modalità di accatastamento dei fabbricati.Dalla lettura della normativa l'Ance ha ritenuto incontestabile la conclusione cui è pervenuta la Suprema Corte, evidenziando però la necessità di effettuare ulteriori riflessioni in merito al regime ICI da applicare ai fabbricati rurali (legittimamente) ancora iscritti al catasto terreni, il divieto al rimborso dell'ICI versata dalle cooperative (disposto dalla legge finanziaria per il 2008), la presenza di circolari ministeriali di segno opposto, le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI.Per quanto concerne i fabbricati rurali costruiti o variati a decorrere dal 1998, il D.M. 2 gennaio 1998, n.28, all'art.2, comma 2 prevede che l'abitazione gli altri immobili strumentali all'esercizio dell'attività agricola costituiscono unità immobiliari da denunciare in catasto autonomamente. Per i fabbricati rurali costruiti o variati dall'11 marzo 1998 occorre, quindi, presentare denuncia di accatastamento con rendita proposta (ex art.5 del D.M. n.28/1998). I fabbricati rurali, iscritti o da iscrivere, debbono corrispondere l'ICI, indipendentemente dal fatto che il titolare del fabbricato rurale non sia ancora oggi obbligato a presentare l'accatastamento, dovendo provvedervi, ai sensi dell'art.9, comma 1 del D.L. n.557/1993, direttamente l'Agenzia del Territorio, in quanto si tratta di fabbricati che, proprio per la norma appena citata, sono da iscrivere al catasto fabbricati, a nulla rilevando il soggetto cui compete l'obbligo di effettuare l'iscrizione. Per quanto riguarda il disposto della legge finanziaria per il 2008 secondo cui è vietato il rimborso dell'ICI pagata dalle cooperative agricole, l'Anci ha chiarito che la finanziaria per il 2008 in questo modo voluto arrestare sul nascere un'eventuale contenzioso fondato sulla supposta natura retroattiva delle modifiche apportate alla normativa disciplinante i requisiti di ruralità ad opera dell'art.42 bis del D.L. n.159/2007 e sulla supposta esenzione dell'ICI per i fabbricati rurali.Sulla contrapposizione della circolare del Ministero delle Finanze n.50/E del 20 marzo 2000 e la circolare dell'Agenzia del Territorio n.7/T del 15 giugno 2007, che in sintesi hanno previsto una esclusione dall'ICI per i fabbricati rurali, l'Anci, riprendendo quanto affermato dalla Suprema Corte, ha chiarito che le due circolari esprimono un parere dell'Amministrazione non vincolante né per il contribuente né per il Giudice tributario e che dunque non scalfisce minimamente il concetto secondo cui i fabbricati rurali debbano essere assoggettati ad ICI.Infine, per quanto concerne le indicazioni contenute nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI ed in particolare l'inserimento di un campo per i casi di esclusione, esenzione o ruralità, l'Anci ha fatto presente che diversi sono i casi in cui le istruzioni alla compilazione della dichiarazione ICI hanno fornito delle indicazioni poi smentite dalla giurisprudenza di legittimità e che, dunque, il decreto di approvazione delle istruzioni e del modello di dichiarazione ICI è viziato da eccesso di potere, in quanto tale esenzione ICI non è prevista nella norma primaria.
A cura di Ilenia Cicirello
lunedì 29 settembre 2008
Accertamento d'Imposta e fatture per operazioni inesistenti: I limiti del giudicato penale
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V CIVILE
Sentenza 16 aprile 2008, n. 9958
Svolgimento del processo
S.G., commerciante di bestiame, ha proposto opposizione avverso gli avvisi di accertamento per IRPEF - ILOR, relativi alle annualità d'imposta 1991, 1992 e 1993, notificati dall'Ufficio II.DD. di ****, fondati su verbali di constatazione della Guardia di Finanza di Vignola che avevano stabilito a carico del S., oltre al reddito da fabbricati, un reddito d'impresa pari nel 1991 a L. 1.203.625.000 (a fronte di un dichiarato di L.8.737.000), per il 1992 un reddito d'impresa pari a L. 1.550.930.000, (a fronte di un dichiarato di L. 32.039.000) e per l'anno 1993 un reddito di L. 294.232.000 (a fronte di un dichiarato di L. 36.202.000), importi ricavati da fatture d'acquisto per operazioni inesistenti (e quindi indeducibili come costi, ammontanti a L 598.555.879 per il 1991, a L 970.655.660 per il 1992 e a L 166.531.927 per il 1993), da fatture di vendita emesse dal S. e non contabilizzate, da ricavi non contabilizzati emersi dai controlli bancari, e dal ricarico del 10% su presunti acquisti non contabilizzati.
La Commissione Tributaria Provinciale di Modena ha accolto parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità di costi per complessive L. 75.914.000.
La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna ha confermato con sentenza 20 dicembre 2001, la sentenza di primo grado disattendendo, come prove inammissibili, le dichiarazioni circa la esistenza di una precedente situazione creditoria nei confronti del S. da parte dei beneficiari degli assegni contestati, prodotti peraltro in copia fotostatica e senza data certa, e non censurabile la discrezionalità amministrativa che aveva presieduto all'applicazione delle sanzioni.
S.G. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.
L'Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Col primo motivo, adducendo violazione dell'art. 111 Cost., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e art. 116 c.p.c., e art. 2729 c.c., oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente si duole che non siano state ritenute ammissibili le dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte in sede di risposta al questionario, e quindi facenti parte integrante della documentazione dell'Ufficio, e sia stata ignorato il contenuto della sentenza penale passata in giudicato, che aveva pienamente assolto il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni oggettivamente inesistenti, avendo constatato che per alcuni anni gli acquisti dei capi di bestiame corrispondevano ad una percentuale dal 50% al 90% delle vendite realizzate, per cui poteva ritenersi che gran parte delle fatture corrispondessero ad operazioni solo soggettivamente inesistenti, cioè provenienti, attraverso la mediazione di persone interposte preposte, come d'uso, negli acquisti dei capi, da soggetti non correttamente indicati.
Col secondo motivo, adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, e art. 53 Cost., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene, sulla base delle considerazioni svolte dal Giudice penale, l'irrazionalità del risultato complessivo dell'accertamento, disancorato dalla capacità contributiva del contribuente accertato, censura sulla quale la Commissione Regionale aveva evitato di esprimersi. Sarebbe inoltre contraddittorio ammettere costi deducibili in ordine ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. I primi due motivi di ricorso sono fondati nei limiti che saranno appresso indicati.
Con riguardo al primo motivo, pur dovendo correggersi l'espressione usata dalla Commissione Regionale in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte dal contribuente, dichiarazione, valutazione ammissibile sulla base della parità di poteri che devono riconoscersi a tutte le parti processuali (Cass. 4269/2002), va rilevato che la Commissione regionale ha di fatto affermato la inattendibilità di tali dichiarazioni, perchè prive di supporto probatorio adeguato, e tale giudizio non è censurabile in questa sede. Va invece rilevato, con accoglimento delle doglianze del contribuente sotto tale profilo, che è stata dedotta la sopravvenienza, in sede di appello, di un giudicato penale, ovviamente non esaminato dai primi Giudici, il quale non soltanto afferma la inesistenza solo soggettiva delle fatture oggetto della rettifica, ma propone un riscontro contabile, dal quale risulterebbe una sostanziale corrispondenza (dal 50% al 90% nelle varie annualità) fra le vendite e gli acquisti, come riportati nelle fatture contestate.
Ora, considerate le affermazioni del contribuente, sempre dirette a sostenere la tesi successivamente fatta propria dal Giudice penale sulla base dei riscontri contabili - cioè la oggettività degli acquisti fatturati, secondo gli usi, mediante intermediazione, e quindi la probabile falsità dei soli soggetti emittenti i Giudici d'appello non potevano esimersi dal valutare, nel quadro indiziario complessivo(cfr:Cass. 21953/2007), la portata del giudicato penale, per stabilire, proprio in relazione al rapporto acquisti/vendite, se le operazioni commerciali, oggetto delle fatture, siano state effettivamente poste in essere, e quindi stabilire la reale entità dell'imponibile presumibilmente evaso, considerato che, per giustificare altrimenti tale corrispondenza, i verbalizzanti hanno dovuto ipotizzare un poco comprensibile rincaro su presunti ricavi (e per talune annualità, anche sulle vendite) con un'operazione contabile di dubbia efficacia. Ciò in quanto, qualora l'Amministrazione fornisca elementi di prova atti ad affermare la falsità di fatture, in quanto emesse per operazioni inesistenti, e il contribuente offra, anche attraverso la produzione di un giudicato penale, validi indizi in senso contrario o quanto meno nel senso della effettiva realizzazione delle operazioni commerciali, anche se con riferimento a soggetti. non correttamente identificati - il Giudice di merito deve prendere in considerazione il quadro indiziario complessivo, al fine di determinare con la maggior probabilità possibile la disponibilità patrimoniale dell'utilizzatore delle fatture, e i limiti della contestata evasione.
Accolti dunque, per quanto di ragione, i primi due motivi, è fondato e va accolto anche il terzo motivo, col quale il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 54, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 12, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, che ha affermato di non poter censurare l'entità delle sanzioni - applicate nel massimo senza giustificazione - perchè subordinata alla discrezionalità dell'Amministrazione, evitando anche di riconoscere l'applicabilità di un'unica sanzione pecuniaria, (eventualmente aumentata fino al doppio), in relazioni ad una pluralità di violazioni commesse in periodi di imposta diversi, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, applicabile retroattivamente.
La doglianza è infatti fondata sulla base della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2609/2000) che ha affermato il principio dell'applicazione retroattiva della legge più favorevole, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, con la conseguenza che è obbligatorio, e non discrezionale, il cumulo giuridico di sanzioni relative a violazioni riguardanti anche: periodi diversi.
Accolto pertanto complessivamente il ricorso per quanto di ragione, gli atti vanno rimessi per una nuova valutazione da compiersi secondo quanto sopra esposto, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008.
Accertamento d'Imposta e fatture per operazioni inesistenti: I limiti del giudicato penale
Accertamento di imposte – fatture per operazioni inesistenti – giudicato penale di assoluzione – indizio per valutare la capacità contributiva – sussistenza
In tema di accertamento d’imposta, il giudice di merito deve tener conto del giudicato penale che assolve il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni inesistenti, costituendo tale giudicato penale un valido indizio al fine di determinare la capacità contributiva del soggetto.
(Fonte: Altalex Massimario 31/2008)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V CIVILE
Sentenza 16 aprile 2008, n. 9958
Svolgimento del processo
S.G., commerciante di bestiame, ha proposto opposizione avverso gli avvisi di accertamento per IRPEF - ILOR, relativi alle annualità d'imposta 1991, 1992 e 1993, notificati dall'Ufficio II.DD. di ****, fondati su verbali di constatazione della Guardia di Finanza di Vignola che avevano stabilito a carico del S., oltre al reddito da fabbricati, un reddito d'impresa pari nel 1991 a L. 1.203.625.000 (a fronte di un dichiarato di L.8.737.000), per il 1992 un reddito d'impresa pari a L. 1.550.930.000, (a fronte di un dichiarato di L. 32.039.000) e per l'anno 1993 un reddito di L. 294.232.000 (a fronte di un dichiarato di L. 36.202.000), importi ricavati da fatture d'acquisto per operazioni inesistenti (e quindi indeducibili come costi, ammontanti a L 598.555.879 per il 1991, a L 970.655.660 per il 1992 e a L 166.531.927 per il 1993), da fatture di vendita emesse dal S. e non contabilizzate, da ricavi non contabilizzati emersi dai controlli bancari, e dal ricarico del 10% su presunti acquisti non contabilizzati.
La Commissione Tributaria Provinciale di Modena ha accolto parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità di costi per complessive L. 75.914.000.
La Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna ha confermato con sentenza 20 dicembre 2001, la sentenza di primo grado disattendendo, come prove inammissibili, le dichiarazioni circa la esistenza di una precedente situazione creditoria nei confronti del S. da parte dei beneficiari degli assegni contestati, prodotti peraltro in copia fotostatica e senza data certa, e non censurabile la discrezionalità amministrativa che aveva presieduto all'applicazione delle sanzioni.
S.G. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di tre motivi.
L'Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Col primo motivo, adducendo violazione dell'art. 111 Cost., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e art. 116 c.p.c., e art. 2729 c.c., oltrechè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente si duole che non siano state ritenute ammissibili le dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte in sede di risposta al questionario, e quindi facenti parte integrante della documentazione dell'Ufficio, e sia stata ignorato il contenuto della sentenza penale passata in giudicato, che aveva pienamente assolto il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni oggettivamente inesistenti, avendo constatato che per alcuni anni gli acquisti dei capi di bestiame corrispondevano ad una percentuale dal 50% al 90% delle vendite realizzate, per cui poteva ritenersi che gran parte delle fatture corrispondessero ad operazioni solo soggettivamente inesistenti, cioè provenienti, attraverso la mediazione di persone interposte preposte, come d'uso, negli acquisti dei capi, da soggetti non correttamente indicati.
Col secondo motivo, adducendo violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, e art. 53 Cost., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene, sulla base delle considerazioni svolte dal Giudice penale, l'irrazionalità del risultato complessivo dell'accertamento, disancorato dalla capacità contributiva del contribuente accertato, censura sulla quale la Commissione Regionale aveva evitato di esprimersi. Sarebbe inoltre contraddittorio ammettere costi deducibili in ordine ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti. I primi due motivi di ricorso sono fondati nei limiti che saranno appresso indicati.
Con riguardo al primo motivo, pur dovendo correggersi l'espressione usata dalla Commissione Regionale in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei terzi beneficiari degli assegni, prodotte dal contribuente, dichiarazione, valutazione ammissibile sulla base della parità di poteri che devono riconoscersi a tutte le parti processuali (Cass. 4269/2002), va rilevato che la Commissione regionale ha di fatto affermato la inattendibilità di tali dichiarazioni, perchè prive di supporto probatorio adeguato, e tale giudizio non è censurabile in questa sede. Va invece rilevato, con accoglimento delle doglianze del contribuente sotto tale profilo, che è stata dedotta la sopravvenienza, in sede di appello, di un giudicato penale, ovviamente non esaminato dai primi Giudici, il quale non soltanto afferma la inesistenza solo soggettiva delle fatture oggetto della rettifica, ma propone un riscontro contabile, dal quale risulterebbe una sostanziale corrispondenza (dal 50% al 90% nelle varie annualità) fra le vendite e gli acquisti, come riportati nelle fatture contestate.
Ora, considerate le affermazioni del contribuente, sempre dirette a sostenere la tesi successivamente fatta propria dal Giudice penale sulla base dei riscontri contabili - cioè la oggettività degli acquisti fatturati, secondo gli usi, mediante intermediazione, e quindi la probabile falsità dei soli soggetti emittenti i Giudici d'appello non potevano esimersi dal valutare, nel quadro indiziario complessivo(cfr:Cass. 21953/2007), la portata del giudicato penale, per stabilire, proprio in relazione al rapporto acquisti/vendite, se le operazioni commerciali, oggetto delle fatture, siano state effettivamente poste in essere, e quindi stabilire la reale entità dell'imponibile presumibilmente evaso, considerato che, per giustificare altrimenti tale corrispondenza, i verbalizzanti hanno dovuto ipotizzare un poco comprensibile rincaro su presunti ricavi (e per talune annualità, anche sulle vendite) con un'operazione contabile di dubbia efficacia. Ciò in quanto, qualora l'Amministrazione fornisca elementi di prova atti ad affermare la falsità di fatture, in quanto emesse per operazioni inesistenti, e il contribuente offra, anche attraverso la produzione di un giudicato penale, validi indizi in senso contrario o quanto meno nel senso della effettiva realizzazione delle operazioni commerciali, anche se con riferimento a soggetti. non correttamente identificati - il Giudice di merito deve prendere in considerazione il quadro indiziario complessivo, al fine di determinare con la maggior probabilità possibile la disponibilità patrimoniale dell'utilizzatore delle fatture, e i limiti della contestata evasione.
Accolti dunque, per quanto di ragione, i primi due motivi, è fondato e va accolto anche il terzo motivo, col quale il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 54, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 12, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, che ha affermato di non poter censurare l'entità delle sanzioni - applicate nel massimo senza giustificazione - perchè subordinata alla discrezionalità dell'Amministrazione, evitando anche di riconoscere l'applicabilità di un'unica sanzione pecuniaria, (eventualmente aumentata fino al doppio), in relazioni ad una pluralità di violazioni commesse in periodi di imposta diversi, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, applicabile retroattivamente.
La doglianza è infatti fondata sulla base della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2609/2000) che ha affermato il principio dell'applicazione retroattiva della legge più favorevole, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, con la conseguenza che è obbligatorio, e non discrezionale, il cumulo giuridico di sanzioni relative a violazioni riguardanti anche: periodi diversi.
Accolto pertanto complessivamente il ricorso per quanto di ragione, gli atti vanno rimessi per una nuova valutazione da compiersi secondo quanto sopra esposto, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna, che liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008.
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Accertamento di imposte – fatture per operazioni inesistenti – giudicato penale di assoluzione – indizio per valutare la capacità contributiva – sussistenza
In tema di accertamento d’imposta, il giudice di merito deve tener conto del giudicato penale che assolve il contribuente dall'accusa di aver effettuato operazioni inesistenti, costituendo tale giudicato penale un valido indizio al fine di determinare la capacità contributiva del soggetto.
(Fonte: Altalex Massimario 31/2008)