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mercoledì 11 novembre 2009

Decreto di Espulsione: va tradotto in una lingua conosciuta o conoscibile dall'espellendo

Decreto di espulsione va tradotto salvo l'attestazione motivata della impossibilità





Cassazione civile , sez. I, ordinanza 07.10.2009 n° 21357 (Rocchina Staiano)











Un cittadino brasiliano può essere espulso dal territorio italiano se non conosce la lingua spagnola (tenuto conto del fatto che la lingua ufficiale del Brasile è il portoghese)?







Sul quesito si è espressa recentemente la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21357 depositata il 7 ottobre u.s.







La natura del provvedimento di espulsione







Il provvedimento di espulsione, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, è provvedimento obbligatorio a carattere vincolato sicchè il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato è tenuto unicamente a controllare l'esistenza, al momento dell'espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l'emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta in assenza di cause di giustificazione del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento o nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego.







Non è invece consentita al giudice investito dell'impugnazione del provvedimento di espulsione alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo poichè tale sindacato spetta al giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione.







Sull’argomento, la giurisprudenza (Cass. civ., sez. un., 18 ottobre 2005, n. 20125; Cass. civ., sez. I, 29 dicembre 2005, n. 28869; Cass. civ., sez. un., 16 ottobre 2006, n. 22217; Cass. civ., sez. un., 23 ottobre 2006, n. 22663) ritiene che il giudice dell'espulsione è tenuto solo a verificare la carenza di un titolo che giustifichi la presenza dello “straniero” sul territorio nazionale, non anche la regolarità dell'azione amministrativa svolta al riguardo, le cui carenze non possono essere dedotte come motivo di impugnazione dell'espulsione.







Ne consegue che la pendenza del giudizio promosso dinanzi al giudice amministrativo per l'impugnazione dei predetti provvedimenti negativi non giustifica la sospensione e la cessazione del processo instaurato dinanzi al giudice ordinario con l'impugnazione del decreto di espulsione del prefetto attesa la carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra il processo amministrativo e quello civile (Contra Cass. civ., 20 giugno 2000, n. 8381).















Traduzione del decreto di espulsione ed art. 13, comma 7, del D.Lgs. 286/1998







In punto di fatto è il caso di osservare che l'Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro-tempore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 26 febbraio 2007 con cui il Giudice di pace di Savona, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla cittadina brasiliana, ha annullato il provvedimento di espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Savona il 10 maggio 2006.







Secondo i giudici di legittimità, il provvedimento del questore notificato non risultava redatto in una lingua conosciuta dalla straniera, così come richiede il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, ma, stante l'impossibilità di reperire un traduttore di lingua portoghese, lingua ufficiale del Brasile, era stato redatto in lingua italiana e spagnola, sulla presunzione che l'espellenda conoscesse tali idiomi. Inoltre, la giustificazione dell’impossibilità della immediata disponibilità di un traduttore ed interprete ufficiale nella lingua madre della cittadina straniera, e della sufficienza di essa a rendere valido il decreto, è proposta per la prima volta in cassazione, non risultando che di essa si sia discusso nel giudizio di merito.







Di qui l'illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione in ordine alla scelta di una delle lingue di redazione dell'atto (l'art. 13, comma 7 prescrive infatti che l'ordine del questore deve essere tradotto allo straniero "in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese inglese o spagnola").







Ciò premesso, si osserva che il comma 7, dell'art. 13 del D.Lgs. 286/1998 pone una norma di civiltà giuridica, affermando che il decreto di espulsione - come pure il provvedimento con cui lo straniero viene introdotto temporaneamente in un centro di accoglienza (art. 14, comma 1), nonchè ogni altro atto concernente l'ingresso in Italia, il soggiorno o l'espulsione - devono essere comunicati all'interessato, unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e a una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.







Dalla disposizione in esame si evince che l'obbligo di traduzione del provvedimento del questore in una lingua conosciuta dallo straniero non è assoluto, ma è derogabile tutte le volte in cui l'autorità amministrativa attesti e specifichi le ragioni tecnico-organizzative per le quali tale traduzione non sia possibile e si imponga per l'effetto la traduzione in una delle tre lingue predeterminate dalla norma (francese, inglese, spagnolo).







Va da sè che tale attestazione deve riguardare la lingua conosciuta dallo straniero espellendo, una lingua evidentemente diversa da una di quelle cd. internazionali (francese, inglese, spagnolo). Ciò significa che l'autorità amministrativa, nel disporre la traduzione del provvedimento in una delle tre lingue specificamente indicate come obbligatorie, deve accertare preventivamente quale di queste tre lingue sia conosciuta dallo straniero, qualora non sia possibile eseguire la traduzione nella sua lingua madre.







Una traduzione in una delle tre lingue comuni e più diffuse come quelle indicate (francese, inglese, spagnolo) che non sia accompagnata da alcun accertamento preventivo sul punto è destinato ad inficiare la regolarità della traduzione e quindi del provvedimento amministrativo, e questo perchè la ratio della norma è proprio quella di assicurare allo straniero la comprensione della misura e l'apprestamento della sua difesa (Cass. civ., Sez. 1, 7 luglio 2000, n. 9078).







Esplicita sul punto si è mostrata anche la Corte costituzionale che, pur dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7 nella parte in cui non prevede l'obbligatorietà della traduzione del decreto di espulsione notificato allo straniero nella sua lingua madre, ha tuttavia evidenziato che spetta al giudice di merito verificare se il provvedimento di espulsione sia stato tradotto in una lingua conosciuta o conoscibile dallo straniero, al fine di accertare se l'atto ha raggiunto o meno lo scopo cui è preordinato (Corte Cost., 8-21 luglio 2004, n. 257).







Ne consegue che la traduzione si configura come condizione di validità del provvedimento e che l'emissione del provvedimento in lingua italiana accompagnato dalla traduzione in una delle tre lingue dianzi indicate (francese, inglese, spagnolo) presuppone, a pena di invalidità del decreto, l'acquisizione della prova della conoscenza da parte dello straniero di una di queste lingue.











(Altalex, 6 novembre 2009. Nota di Rocchina Staiano)













decreto di espulsione

Rocchina Staiano













SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE







SEZIONE I CIVILE







Ordinanza 22 maggio - 7 ottobre 2009, n. 21357







(Presidente Salmè - Relatore Giusti)







Ritenuto











che il relatore designato, nella relazione depositata il 13 febbraio 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:







“L'Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro-tempore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 26 febbraio 2007 con cui il Giudice di pace di Savona, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla cittadina brasiliana S. C. A. P., ha annullato il provvedimento di espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Savona il 10 maggio 2006.







Il ricorso dell'Ufficio territoriale è affidato a quattro motivi di censura.







L'intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.







Il primo ed il quarto motivo sono manifestamente fondati. Per un verso, non rileva la circostanza, valorizzata invece dal giudice a quo, che la straniera, durante la sua breve permanenza in Italia, abbia espletato una attività lavorativa e condotto una vita dignitosa: secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 25 febbraio 2004, n. 3746), nell'ipotesi di espulsione dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, il decreto di espulsione costituisce un atto a carattere vincolato, la cui adozione non richiede dunque l'accertamento e la valutazione da parte del prefetto della ricorrenza di ulteriori ragioni giustificative dell'adozione della misura. Per l'altro verso, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, all'omessa consegna al cittadino straniero, al momento del suo ingresso in territorio italiano, della nota scritta illustrativa dei suoi diritti e dei suoi doveri relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia, prevista dall'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, non è espressamente collegato alcun effetto sanzionatorio e deve escludersi che da tale violazione possa inferirsi l'efficacia sanante della condizione d'irregolarità del soggiorno in Italia dello straniero privo di regolare permesso, giacché la scelta dello straniero di fare ingresso in Italia per motivi di turismo comporta l'insorgenza, a carico del medesimo, dell'onere di assumere informazioni circa la normativa vigente in Italia (cfr. Cass., Sez. I, 16 marzo 2006, n. 5825).







Il secondo motivo di ricorso è manifestamente fondato.







Il Giudice di pace ha annullato il provvedimento prefettizio - tradotto in spagnolo - per mancata traduzione nella lingua madre (il portoghese) dell'espulsa. Il Giudice di pace non ha preso in considerazione l'attestazione dell'Amministrazione circa l'impossibilità di reperire in tempi brevi un interprete di lingua conosciuta dalla persona straniera. Il Giudice di pace si è cosi allontanato dal principio di diritto - costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 29 novembre 2006, n. 25362) - secondo cui, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, l'obbligo dell'autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nella lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui all'art. 13, comma 7, del d.lgs. 286 del 1998 (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione è nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell'espellendo. In particolare, come chiarito dall'art. 3 del d.P.R. n. 334 del 2004, che detta norme regolamentari e di attuazione del citato art. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998, sempre che il giudice non accerti la sufficiente conoscenza da parte dello straniero della lingua italiana, l'attestazione da parte dell'autorità procedente della indisponibilità di personale idoneo alla traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero della sintesi del contenuto del decreto di espulsione è condizione sufficiente per la validità della traduzione in una delle predette tre lingue, per le quali l'interessato abbia indicato preferenza.







Anche il terzo motivo appare manifestamente fondato, perché il provvedimento del questore di intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni non è soggetto a convalida da parte del giudice ordinario. È costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un., 18 ottobre 2005, n. 20121) il principio secondo cui il provvedimento con il quale il questore, ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ordina allo straniero colpito da provvedimento prefettizio di espulsione di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni, non è suscettibile di autonoma impugnazione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria con il procedimento previsto per l'opposizione all'espulsione dall'art. 13 del medesimo d.lgs., non essendo ammissibile una indeterminata espansione dei mezzi di tutela tassativamente indicati dalla legge. Né ciò comporta una carenza di tutela giurisdizionale, in quanto, da un lato, la predetta intimazione non incide sulla liberta personale dell'espulso (non ristretto presso un centro di permanenza temporanea, né sottoposto all'accompagnamento coattivo alla frontiera) e, pertanto, non comporta l'adozione degli strumenti giurisdizionali di controllo espressamente previsti per le convalide delle misure restrittive; dall'altro, il controllo sulla sussistenza dei presupposti per adottare l'intimazione è demandato al giudice penale nell'ambito del giudizio sull'imputazione ascritta al soggetto espulso che si sia trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore, potendo, in quella sede, l'autorità giudiziaria disapplicare, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l'atto presupposto che sia stato assunto illegittimamente”.











Considerato











che il Collegio non condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione depositata;







che, in particolare, con riferimento alla questione della mancata traduzione, articolata con il secondo motivo, il Giudice di pace ha rilevato che il decreto prefettizio è stato redatto in lingua italiana e spagnola, sulla presunzione che l'espellenda conoscesse tali idiomi, mentre la lingua conosciuta dalla stessa risulta essere quella portoghese, lingua ufficiale del Brasile;







che la questione della presenza, nella relata di notifica del decreto di espulsione, di una attestazione della Amministrazione nel senso della impossibilità della immediata disponibilità di un traduttore ed interprete ufficiale nella lingua madre della cittadina straniera, e della sufficienza di essa a rendere valido il decreto, è proposta per la prima volta in cassazione, non risultando che di essa si sia discusso nel giudizio di merito;







che, quindi, il motivo che veicola detta censura è inammissibile;







che, pertanto, poiché nell'ordinanza del Giudice di pace la mancata traduzione del decreto di espulsione è ragione sufficiente della invalidità dello stesso e, in questa parte, la pronuncia impugnata si sottrae alla censura dell'Amministrazione, il ricorso, nel suo complesso, va respinto, restando assorbito l'esame delle altre doglianze;







che nessuna pronuncia sulle spese deve essere emessa, non avendo l'intimata svolto attività difensiva in questa sede.







P.Q.M.







La Corte rigetta il ricorso.

Decreto di Espulsione: va tradotto in una lingua conosciuta o conoscibile dall'espellendo

Decreto di espulsione va tradotto salvo l'attestazione motivata della impossibilità


Cassazione civile , sez. I, ordinanza 07.10.2009 n° 21357 (Rocchina Staiano)





Un cittadino brasiliano può essere espulso dal territorio italiano se non conosce la lingua spagnola (tenuto conto del fatto che la lingua ufficiale del Brasile è il portoghese)?



Sul quesito si è espressa recentemente la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21357 depositata il 7 ottobre u.s.



La natura del provvedimento di espulsione



Il provvedimento di espulsione, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, è provvedimento obbligatorio a carattere vincolato sicchè il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato è tenuto unicamente a controllare l'esistenza, al momento dell'espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l'emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta in assenza di cause di giustificazione del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento o nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego.



Non è invece consentita al giudice investito dell'impugnazione del provvedimento di espulsione alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo poichè tale sindacato spetta al giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione.



Sull’argomento, la giurisprudenza (Cass. civ., sez. un., 18 ottobre 2005, n. 20125; Cass. civ., sez. I, 29 dicembre 2005, n. 28869; Cass. civ., sez. un., 16 ottobre 2006, n. 22217; Cass. civ., sez. un., 23 ottobre 2006, n. 22663) ritiene che il giudice dell'espulsione è tenuto solo a verificare la carenza di un titolo che giustifichi la presenza dello “straniero” sul territorio nazionale, non anche la regolarità dell'azione amministrativa svolta al riguardo, le cui carenze non possono essere dedotte come motivo di impugnazione dell'espulsione.



Ne consegue che la pendenza del giudizio promosso dinanzi al giudice amministrativo per l'impugnazione dei predetti provvedimenti negativi non giustifica la sospensione e la cessazione del processo instaurato dinanzi al giudice ordinario con l'impugnazione del decreto di espulsione del prefetto attesa la carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra il processo amministrativo e quello civile (Contra Cass. civ., 20 giugno 2000, n. 8381).







Traduzione del decreto di espulsione ed art. 13, comma 7, del D.Lgs. 286/1998



In punto di fatto è il caso di osservare che l'Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro-tempore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 26 febbraio 2007 con cui il Giudice di pace di Savona, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla cittadina brasiliana, ha annullato il provvedimento di espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Savona il 10 maggio 2006.



Secondo i giudici di legittimità, il provvedimento del questore notificato non risultava redatto in una lingua conosciuta dalla straniera, così come richiede il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, ma, stante l'impossibilità di reperire un traduttore di lingua portoghese, lingua ufficiale del Brasile, era stato redatto in lingua italiana e spagnola, sulla presunzione che l'espellenda conoscesse tali idiomi. Inoltre, la giustificazione dell’impossibilità della immediata disponibilità di un traduttore ed interprete ufficiale nella lingua madre della cittadina straniera, e della sufficienza di essa a rendere valido il decreto, è proposta per la prima volta in cassazione, non risultando che di essa si sia discusso nel giudizio di merito.



Di qui l'illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione in ordine alla scelta di una delle lingue di redazione dell'atto (l'art. 13, comma 7 prescrive infatti che l'ordine del questore deve essere tradotto allo straniero "in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese inglese o spagnola").



Ciò premesso, si osserva che il comma 7, dell'art. 13 del D.Lgs. 286/1998 pone una norma di civiltà giuridica, affermando che il decreto di espulsione - come pure il provvedimento con cui lo straniero viene introdotto temporaneamente in un centro di accoglienza (art. 14, comma 1), nonchè ogni altro atto concernente l'ingresso in Italia, il soggiorno o l'espulsione - devono essere comunicati all'interessato, unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e a una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola.



Dalla disposizione in esame si evince che l'obbligo di traduzione del provvedimento del questore in una lingua conosciuta dallo straniero non è assoluto, ma è derogabile tutte le volte in cui l'autorità amministrativa attesti e specifichi le ragioni tecnico-organizzative per le quali tale traduzione non sia possibile e si imponga per l'effetto la traduzione in una delle tre lingue predeterminate dalla norma (francese, inglese, spagnolo).



Va da sè che tale attestazione deve riguardare la lingua conosciuta dallo straniero espellendo, una lingua evidentemente diversa da una di quelle cd. internazionali (francese, inglese, spagnolo). Ciò significa che l'autorità amministrativa, nel disporre la traduzione del provvedimento in una delle tre lingue specificamente indicate come obbligatorie, deve accertare preventivamente quale di queste tre lingue sia conosciuta dallo straniero, qualora non sia possibile eseguire la traduzione nella sua lingua madre.



Una traduzione in una delle tre lingue comuni e più diffuse come quelle indicate (francese, inglese, spagnolo) che non sia accompagnata da alcun accertamento preventivo sul punto è destinato ad inficiare la regolarità della traduzione e quindi del provvedimento amministrativo, e questo perchè la ratio della norma è proprio quella di assicurare allo straniero la comprensione della misura e l'apprestamento della sua difesa (Cass. civ., Sez. 1, 7 luglio 2000, n. 9078).



Esplicita sul punto si è mostrata anche la Corte costituzionale che, pur dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7 nella parte in cui non prevede l'obbligatorietà della traduzione del decreto di espulsione notificato allo straniero nella sua lingua madre, ha tuttavia evidenziato che spetta al giudice di merito verificare se il provvedimento di espulsione sia stato tradotto in una lingua conosciuta o conoscibile dallo straniero, al fine di accertare se l'atto ha raggiunto o meno lo scopo cui è preordinato (Corte Cost., 8-21 luglio 2004, n. 257).



Ne consegue che la traduzione si configura come condizione di validità del provvedimento e che l'emissione del provvedimento in lingua italiana accompagnato dalla traduzione in una delle tre lingue dianzi indicate (francese, inglese, spagnolo) presuppone, a pena di invalidità del decreto, l'acquisizione della prova della conoscenza da parte dello straniero di una di queste lingue.





(Altalex, 6 novembre 2009. Nota di Rocchina Staiano)






decreto di espulsione
Rocchina Staiano






SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE



SEZIONE I CIVILE



Ordinanza 22 maggio - 7 ottobre 2009, n. 21357



(Presidente Salmè - Relatore Giusti)



Ritenuto





che il relatore designato, nella relazione depositata il 13 febbraio 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:



“L'Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro-tempore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 26 febbraio 2007 con cui il Giudice di pace di Savona, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla cittadina brasiliana S. C. A. P., ha annullato il provvedimento di espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Savona il 10 maggio 2006.



Il ricorso dell'Ufficio territoriale è affidato a quattro motivi di censura.



L'intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.



Il primo ed il quarto motivo sono manifestamente fondati. Per un verso, non rileva la circostanza, valorizzata invece dal giudice a quo, che la straniera, durante la sua breve permanenza in Italia, abbia espletato una attività lavorativa e condotto una vita dignitosa: secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 25 febbraio 2004, n. 3746), nell'ipotesi di espulsione dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, il decreto di espulsione costituisce un atto a carattere vincolato, la cui adozione non richiede dunque l'accertamento e la valutazione da parte del prefetto della ricorrenza di ulteriori ragioni giustificative dell'adozione della misura. Per l'altro verso, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, all'omessa consegna al cittadino straniero, al momento del suo ingresso in territorio italiano, della nota scritta illustrativa dei suoi diritti e dei suoi doveri relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia, prevista dall'art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, non è espressamente collegato alcun effetto sanzionatorio e deve escludersi che da tale violazione possa inferirsi l'efficacia sanante della condizione d'irregolarità del soggiorno in Italia dello straniero privo di regolare permesso, giacché la scelta dello straniero di fare ingresso in Italia per motivi di turismo comporta l'insorgenza, a carico del medesimo, dell'onere di assumere informazioni circa la normativa vigente in Italia (cfr. Cass., Sez. I, 16 marzo 2006, n. 5825).



Il secondo motivo di ricorso è manifestamente fondato.



Il Giudice di pace ha annullato il provvedimento prefettizio - tradotto in spagnolo - per mancata traduzione nella lingua madre (il portoghese) dell'espulsa. Il Giudice di pace non ha preso in considerazione l'attestazione dell'Amministrazione circa l'impossibilità di reperire in tempi brevi un interprete di lingua conosciuta dalla persona straniera. Il Giudice di pace si è cosi allontanato dal principio di diritto - costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. I, 29 novembre 2006, n. 25362) - secondo cui, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, l'obbligo dell'autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nella lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui all'art. 13, comma 7, del d.lgs. 286 del 1998 (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione è nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell'espellendo. In particolare, come chiarito dall'art. 3 del d.P.R. n. 334 del 2004, che detta norme regolamentari e di attuazione del citato art. 13, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998, sempre che il giudice non accerti la sufficiente conoscenza da parte dello straniero della lingua italiana, l'attestazione da parte dell'autorità procedente della indisponibilità di personale idoneo alla traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero della sintesi del contenuto del decreto di espulsione è condizione sufficiente per la validità della traduzione in una delle predette tre lingue, per le quali l'interessato abbia indicato preferenza.



Anche il terzo motivo appare manifestamente fondato, perché il provvedimento del questore di intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni non è soggetto a convalida da parte del giudice ordinario. È costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un., 18 ottobre 2005, n. 20121) il principio secondo cui il provvedimento con il quale il questore, ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ordina allo straniero colpito da provvedimento prefettizio di espulsione di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni, non è suscettibile di autonoma impugnazione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria con il procedimento previsto per l'opposizione all'espulsione dall'art. 13 del medesimo d.lgs., non essendo ammissibile una indeterminata espansione dei mezzi di tutela tassativamente indicati dalla legge. Né ciò comporta una carenza di tutela giurisdizionale, in quanto, da un lato, la predetta intimazione non incide sulla liberta personale dell'espulso (non ristretto presso un centro di permanenza temporanea, né sottoposto all'accompagnamento coattivo alla frontiera) e, pertanto, non comporta l'adozione degli strumenti giurisdizionali di controllo espressamente previsti per le convalide delle misure restrittive; dall'altro, il controllo sulla sussistenza dei presupposti per adottare l'intimazione è demandato al giudice penale nell'ambito del giudizio sull'imputazione ascritta al soggetto espulso che si sia trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore, potendo, in quella sede, l'autorità giudiziaria disapplicare, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, l'atto presupposto che sia stato assunto illegittimamente”.





Considerato





che il Collegio non condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione depositata;



che, in particolare, con riferimento alla questione della mancata traduzione, articolata con il secondo motivo, il Giudice di pace ha rilevato che il decreto prefettizio è stato redatto in lingua italiana e spagnola, sulla presunzione che l'espellenda conoscesse tali idiomi, mentre la lingua conosciuta dalla stessa risulta essere quella portoghese, lingua ufficiale del Brasile;



che la questione della presenza, nella relata di notifica del decreto di espulsione, di una attestazione della Amministrazione nel senso della impossibilità della immediata disponibilità di un traduttore ed interprete ufficiale nella lingua madre della cittadina straniera, e della sufficienza di essa a rendere valido il decreto, è proposta per la prima volta in cassazione, non risultando che di essa si sia discusso nel giudizio di merito;



che, quindi, il motivo che veicola detta censura è inammissibile;



che, pertanto, poiché nell'ordinanza del Giudice di pace la mancata traduzione del decreto di espulsione è ragione sufficiente della invalidità dello stesso e, in questa parte, la pronuncia impugnata si sottrae alla censura dell'Amministrazione, il ricorso, nel suo complesso, va respinto, restando assorbito l'esame delle altre doglianze;



che nessuna pronuncia sulle spese deve essere emessa, non avendo l'intimata svolto attività difensiva in questa sede.



P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso.

domenica 13 settembre 2009

la cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

(16/03/2009)

La cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

Avv. Luigi Modaffari

Il c.d. “Decreto Sicurezza” ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, finalizzata a reprimere e prevenire una forma di favoreggiamento al permanere sul territorio nazionale da parte di immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art.
12 del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”) si è aggiunto ilcomma 5-bis, salvo che il fatto costituisca un piu' grave reato, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita' ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

La finalità della fattispecie

La finalità della figura si ravvisa nella necessità di eliminare quelle condizioni, quei presupposti che possono contribuire ad alimentare la permanenza sul nostro territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Rientrano in tale ipotesi 1) gli extracomunitari clandestini entrati illegalmente o 2) quelli già espulsi 3) il comunitario allontanato dal territorio dello stato o 4)l'immigrato in genere che, a qualunque titolo, abbia fatto i scadere il permesso di soggiorno a tempo determinato.

L'elemento oggettivo

Si punisce specificatamente il dare alloggio e il cedere l'immobile a titolo di proprietà o di locazione. Con il “dare alloggio” ci si riferisce all'ipotesi in cui il “terzo” condivida la propria attuale abitazione con lo straniero irregolare.
Inoltre, si deve precisare che l'autore dell'illecito non necessariamente corrisponde con il
titolare dell'immobile, ma può essere sanzionato anche chi abbia agito in nome e per conto di quest'ultimo, quali per esempio, gli agenti o i mediatori immobiliari.

L'elemento soggettivo e consumazione

La norma richiede che la condotta del reo sia connotata dal dolo specifico, cioè dalla volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile all'irregolare, al fine di trarre un ingiusto profitto. Pertanto, il reo deve trarre un indebito e ingiusto vantaggio dalla condizione di straniero irregolare, imponendo per l'alloggio o per la cessione dell'immobile condizioni onerosissime ed illecitamente sproporzionate rispetto all'effettivo valore economico-commerciale.
Il reato si consuma nel momento in cui il reo ceda, per trarre un ingiusto vantaggio e ad indebitamente onerose condizioni, l'alloggio o il godimento un immobile allo straniero irregolare, in modo tale che questo possa permanere, o comunque continuare a permanere, irregolarmente sul territorio nazionale.

La confisca dell'immobile

Il Legislatore prevede che, nel caso di condanna irrevocabile per la commissione dell'illecito sopra descritto, si deve confiscare l'immobile in cui lo straniero è alloggiato o che a questo è stato ceduto.
Ovviamente,
la confisca non ha luogo nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al fatto. Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l'immobile venga “subaffittato” a terzi, senza il consenso del proprietario. Riguardo all'istituto della confisca, questo viene disposto ed è disciplinato in base alla disposizione vigenti del c.p.p.. E' evidente che prima e strumentalmente alla confisca possa essere disposto il sequestro preventivo dell'immobile ai sensi dell'art. 321, 2 comma, c.p.p.

Un caso ricorrente nella pratica

Il provvedimento della confisca dell'immobile (o meglio del sequestro preventivo), nelle sue prime ipotesi di applicazione, è stato attuato anche quando l'immobile sia stato concesso in locazione ad un extracomunitario con regolare permesso di soggiorno, il quale, però, invece che risiedervi solo (lui stesso o con la sua famiglia), ceda in sub-locazione o dia alloggio ad un canone altissimo, sproporzionato, ad altri stranieri irregolari. Ai fini della confisca, però, deve sussistere il dolo specifico da parte del proprietario e pertanto, nel caso suddetto, l'immobile non può essere confiscato al proprietario in quanto estraneo ai fatti.
Pertanto, a fini cautelativi, è buona cosa trascrivere sui contratti di locazione la seguente frase:
il contratto si considera risolto nel caso in cui il conduttore dia alloggio ad immigrati clandestini commettendo così il reato ai sensi all'art. 12, comma 5-bis del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”).

Avv. AzzeccagarbugliPubblica post


la cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

(16/03/2009)

La cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

Avv. Luigi Modaffari

Il c.d. “Decreto Sicurezza” ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, finalizzata a reprimere e prevenire una forma di favoreggiamento al permanere sul territorio nazionale da parte di immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art.
12 del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”) si è aggiunto ilcomma 5-bis, salvo che il fatto costituisca un piu' grave reato, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita' ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

La finalità della fattispecie

La finalità della figura si ravvisa nella necessità di eliminare quelle condizioni, quei presupposti che possono contribuire ad alimentare la permanenza sul nostro territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Rientrano in tale ipotesi 1) gli extracomunitari clandestini entrati illegalmente o 2) quelli già espulsi 3) il comunitario allontanato dal territorio dello stato o 4)l'immigrato in genere che, a qualunque titolo, abbia fatto i scadere il permesso di soggiorno a tempo determinato.

L'elemento oggettivo

Si punisce specificatamente il dare alloggio e il cedere l'immobile a titolo di proprietà o di locazione. Con il “dare alloggio” ci si riferisce all'ipotesi in cui il “terzo” condivida la propria attuale abitazione con lo straniero irregolare.
Inoltre, si deve precisare che l'autore dell'illecito non necessariamente corrisponde con il
titolare dell'immobile, ma può essere sanzionato anche chi abbia agito in nome e per conto di quest'ultimo, quali per esempio, gli agenti o i mediatori immobiliari.

L'elemento soggettivo e consumazione

La norma richiede che la condotta del reo sia connotata dal dolo specifico, cioè dalla volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile all'irregolare, al fine di trarre un ingiusto profitto. Pertanto, il reo deve trarre un indebito e ingiusto vantaggio dalla condizione di straniero irregolare, imponendo per l'alloggio o per la cessione dell'immobile condizioni onerosissime ed illecitamente sproporzionate rispetto all'effettivo valore economico-commerciale.
Il reato si consuma nel momento in cui il reo ceda, per trarre un ingiusto vantaggio e ad indebitamente onerose condizioni, l'alloggio o il godimento un immobile allo straniero irregolare, in modo tale che questo possa permanere, o comunque continuare a permanere, irregolarmente sul territorio nazionale.

La confisca dell'immobile

Il Legislatore prevede che, nel caso di condanna irrevocabile per la commissione dell'illecito sopra descritto, si deve confiscare l'immobile in cui lo straniero è alloggiato o che a questo è stato ceduto.
Ovviamente,
la confisca non ha luogo nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al fatto. Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l'immobile venga “subaffittato” a terzi, senza il consenso del proprietario. Riguardo all'istituto della confisca, questo viene disposto ed è disciplinato in base alla disposizione vigenti del c.p.p.. E' evidente che prima e strumentalmente alla confisca possa essere disposto il sequestro preventivo dell'immobile ai sensi dell'art. 321, 2 comma, c.p.p.

Un caso ricorrente nella pratica

Il provvedimento della confisca dell'immobile (o meglio del sequestro preventivo), nelle sue prime ipotesi di applicazione, è stato attuato anche quando l'immobile sia stato concesso in locazione ad un extracomunitario con regolare permesso di soggiorno, il quale, però, invece che risiedervi solo (lui stesso o con la sua famiglia), ceda in sub-locazione o dia alloggio ad un canone altissimo, sproporzionato, ad altri stranieri irregolari. Ai fini della confisca, però, deve sussistere il dolo specifico da parte del proprietario e pertanto, nel caso suddetto, l'immobile non può essere confiscato al proprietario in quanto estraneo ai fatti.
Pertanto, a fini cautelativi, è buona cosa trascrivere sui contratti di locazione la seguente frase:
il contratto si considera risolto nel caso in cui il conduttore dia alloggio ad immigrati clandestini commettendo così il reato ai sensi all'art. 12, comma 5-bis del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”).

Avv. AzzeccagarbugliPubblica post


lunedì 7 settembre 2009

Sanatoria Colf e Badanti: Tutto quello che c'è da sapere

Colf e badanti: modello F24 e istruzioni per la sua compilazione
Agenzia Entrate , istruzioni 11.08.2009

Pubblichiamo le istruzioni del governo (formato pdf) per la compilazione del modello F24 ai fini del versamento del contributo per l'emersione dei lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari occupati in attività di assistenza alla persona e nel lavoro domestico.






ISTRUZIONI PER IL VERSAMENTO DEL CONTRIBUTO
PER L’EMERSIONE DI LAVORATORI OCCUPATI
IN ATTIVITÀ DI ASSISTENZA ALLA PERSONA E NEL LAVORO
DOMESTICO ITALIANI, COMUNITARI ED EXTRACOMUNITARI

QUESTO MODELLO VA USATO

DA CHI

Dai datori di lavoro che alla data del 30 giugno 2009 occupavano irregolarmente in attività di assistenza alla persona e nel lavoro domestico, da almeno tre mesi, lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari e continuano ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di emersione (art. 1 ter del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102).

COSA E COME SI PAGA

Il contributo forfetario di euro 500,00 si versa per l’emersione di lavoratori occupati in attività di assistenza alla persona e nel lavoro domestico italiani, comunitari ed extra comunitari ed è dovuto per ciascun lavoratore.

Il versamento può essere effettuato, presentando il modello F24 allegato, presso gli sportelli di qualunque agente della riscossione o banca convenzionata e presso gli uffici postali:

  • in contanti;
  • con addebito su conto corrente presso gli sportelli bancari e postali;
  • con carte PagoBANCOMAT, presso gli sportelli abilitati;
  • con carta POSTAMAT, POSTEPAY, con addebito su conto corrente postale presso qualsiasi ufficio postale;
  • con assegni bancari o postali tratti dal contribuente a favore di se stesso o con assegni circolari o vaglia postali o assegni postali vidimati emessi all’ordine dello stesso contribuente e girati per l’incasso alla banca o a Poste. In ogni caso l’assegno o il vaglia devono essere di importo pari al saldo finale del modello di versamento. Nel caso in cui l’assegno postale venga utilizzato per pagare tramite Poste l’operazione dovrà essere eseguita all’ufficio postale ove è intrattenuto il conto;
  • con assegni circolari e vaglia cambiari, presso gli agenti della riscossione.

Attenzione: nel caso in cui l’assegno risulti anche solo parzialmente scoperto o comunque non pagabile, il versamento si considera omesso.

Il versamento può essere effettuato anche telematicamente utilizzando esclusivamente i servizi on line dell’Agenzia delle entrate:

  • direttamente dai datori di lavoro previa richiesta del codice PIN (codice segreto personale di accesso al sistema) via internet, per telefono o presso qualsiasi ufficio locale dell’Agenzia delle entrate, con addebito sul proprio conto corrente bancario o postale;
  • per il tramite degli intermediari abilitati ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del d.P.R. n. 322/98 (consulenti del lavoro, CAF, commercialisti, etc.).

COME SI COMPILA

Il presente modello è disponibile sui siti internet www.agenziaentrate.gov.it, www.interno.it,www.lavoro.gov.it, www.inps.it.

Il datore di lavoro che effettua il pagamento per l’emersione di lavoratori italiani, comunitari e extracomunitari è tenuto a riportare, con particolare attenzione, nei vari campi della sezione “CONTRIBUENTE”, il proprio codice fiscale, i propri dati anagrafici e il proprio domicilio fiscale.

Nella stessa sezione i campi “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”, e “codice identificativo” NON devono essere compilati.

Nella sezione “Erario ed altro” vanno compilati tutti i campi come segue:

  • nel campo “tipo” va indicato sempre il carattere “R”;
  • nel campo “elementi identificativi” va indicato:

a) nel caso di lavoratori italiani o comunitari (codice “RINT”), il codice fiscale del lavoratore. Nel caso in cui ne sia sprovvisto va indicato il numero di un documento di identità in corso di validità;

b) nel caso di lavoratori stranieri extracomunitari (codice “REXT”), il numero di passaporto o di altro documento equipollente.

Se il numero di caratteri identificativi del documento è superiore a 17, ne vanno indicati solo i primi 17 (ad esempio nel caso di passaporto n. 0123456789XYZTRLOERPV inserire solo i primi 17 caratteri ossia 0123456789XYZTRLOE).

Si ricorda che possono essere dichiarati un massimo di tre lavoratori extracomunitari.

Gli estremi dello stesso documento vanno indicati nel modulo informatizzato per la domanda di emersione.

  • nel campo “codice” va indicato il codice “RINT” in caso di emersione di lavoratori italiani e comunitari e/o il codice “REXT” in caso di emersione di lavoratori extracomunitari;
  • nel campo “anno di riferimento” va indicato l’anno 2009;
  • nel campo “importo” va indicato l’importo di 500,00 euro. Devono essere indicate anche le due cifre decimali pari a zero.

Nel caso si richieda l’emersione per più di un lavoratore, occorre compilare nella sezione “Erario ed altro” una riga per ciascun soggetto.


Scarica il modello F24.

(fonte: governo.it - formato pdf)

Colf e badanti: i codici per il versamento del contributo forfettario di emersione
Agenzia Entrate , risoluzione 11.08.2009 n° 209

La dichiarazione di emersione di attività di assistenza alla famiglia è presentata all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il lavoratore italiano o per il cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, mentre è presentata allo sportello unico per Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti l’immigrazione per il lavoratore extracomunitario.

Lo chiarisce la Risoluzione 11 agosto 2009, n. 209 con la quale l'Agenzia delle Entrate illustra le novità relative all'itituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, del contributo forfetario per la “Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie” di cui all’articolo 1-ter del Decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 convertito dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102.

In particolare i datori di lavoro dal 1° al 30 settembre 2009 possono dichiarare (previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore) la sussistenza del rapporto di lavoro per:

  • attività di assistenza per se stesso o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
  • lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

Agenzia delle Entrate | Anno 2009

Agenzia delle Entrate, risoluzione 11 agosto 2009, n. 209/E

OGGETTO: Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, del contributo forfetario per la “Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie” di cui all’articolo 1-ter del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

L’articolo 1-ter del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha previsto, nei casi esposti nel comma 1 dello stesso articolo, che i datori di lavoro possono dichiarare, dal 1 al 30 settembre 2009, la sussistenza del rapporto di lavoro per:

1. attività di assistenza per se stesso o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;

2. lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

Tale dichiarazione di emersione è presentata all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per il lavoratore italiano o per il cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, mentre è presentata allo sportello unico per Direzione Centrale Servizi ai Contribuenti l’immigrazione, di cui all’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, per il lavoratore extracomunitario.

Ai sensi del comma 3, dello stesso articolo 1-ter del decreto legge 78/2009, la dichiarazione di emersione è presentata previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore.

Al fine di consentire il versamento del suddetto contributo, esclusivamente tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, sono istituiti i seguenti codici:

· “RINT” denominato “Datori di lavoro domestico – emersione lavoratori italiani e comunitari - art. 1-ter del d.l. 78/2009” convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;

· “REXT” denominato “Datori di lavoro domestico – emersione lavoratori extracomunitari - art. 1-ter del d.l. 78/2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 ”.

In sede di compilazione del modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, nella sezione “CONTRIBUENTE”, nel campo “Codice Fiscale” va indicato il codice fiscale del datore di lavoro che effettua il pagamento mentre non vanno compilati i campi “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” e “codice identificativo”.

Nella sezione “ERARIO ED ALTRO”, nel campo “tipo” va indicato il carattere “R” e nel campo “elementi identificativi” va indicato:

a) nel caso di lavoratori italiani o comunitari, in corrispondenza del codice “RINT”, il codice fiscale del lavoratore. Nel caso in cui ne sia sprovvisto va indicato il numero di un documento di identità in corso di validità;

b) nel caso di lavoratori stranieri extracomunitari, in corrispondenza del codice “REXT”, il numero di passaporto o di altro documento equipollente.

Si precisa che nel caso in cui il numero dei caratteri identificativi del documento, da inserire nel campo “elementi identificativi”, sia superiore a 17, vanno indicati solo i primi 17 caratteri.

Il campo “anno di riferimento”, nel formato “AAAA”, viene valorizzato con l’anno “2009”, per il quale si effettua il versamento.

Il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” è reperibile nei sitiwww.agenziaentrate.gov.it, www.interno.it, www.lavoro.gov.it e www.inps.it.

I suddetti codici tributo sono operativamente efficaci a decorrere dal 21 agosto 2009 ed il pagamento può essere effettuato presentando il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” presso qualunque sportello bancario, postale e degli agenti della riscossione o telematicamente utilizzando i servizi on-line dell’Agenzia delle entrate, con esclusione quindi di quelli offerti dal sistema bancario (home banking e corporate banking) e postale (home banking)

Colf e badanti: le limitazioni sul numero di lavoratori e di domande ammesse
Circolare Ministero Interno 07.08.2009 n° 10

Non sono state fissate quote massime di ammissione delle dichiarazioni di emersione che il datore di lavoro dovrà presentare dal 1° al 30 settembre 2009 ai fini della regolarizzazione dei rapporti di lavoro irregolare di cittadini italiani, comunitari o extracomunitari comunque presenti sul territorio nazionale e addetti al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza di persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza.

Lo chiarisce la Circolare 7 agosto 2009, n. 10 con la quale congiuntamente Ministero dell'Interno e Ministero del Lavoro precisano che non sarà necessario concentrare la presentazione delle domande nella fase iniziale della procedura.

In particolare potrà essere presentata dichiarazione per un numero massimo di tre lavoratori (n. 1 colf e n. 2 badanti) con le seguenti limitazioni al numero di domande:

  • lavoro di sostegno al bisogno familiare: una sola domanda per ciascun nucleo familiare e sarà necessaria, a pena di inammissibilità dell'istanza, l'attestazione del possesso di un reddito imponibile (risultante dalla dichiarazione dei redditi per l'anno 2008) non inferiore a 20.000,00 euro annui in caso di famiglia composta da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero di un reddito complessivo non inferiore a 25.000,00 euro per i nuclei familiari con più soggetti conviventi percettori di reddito;
  • assistenza a persone affette da patologie o handicap: una o due domande per nucleo familiare (anche per assistere componenti della famiglia non conviventi), purché venga prodotta allo Sportello Unico per l'Immigrazione, pena l'inammissibilità della domanda, una certificazione, rilasciata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, che attesti la sussistenza della limitazione dell'autosufficienza della persona per cui si richiede l'assistenza al momento in cui è sorto il rapporto di lavoro con il cittadino extracomunitario. Nel caso in cui si presentino due dichiarazioni per assistere la stessa persona, la certificazione medica in parola dovrà attestare anche la necessità di avvalersi di due lavoratori per lo svolgimento dell'attività di assistenza.





MINISTERO DELL'INTERNO, Circolare 7 agosto 2009, n. 10

...omissis...

MINISTERO DELL'INTERNO

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI

OGGETTO: Decreto Legge n. 78/2009 dell'1 luglio 2009, convertito nella legge n. 102 del 3 agosto 2009, recante "Provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali".
Emersione del lavoro irregolare nell'attività di assistenza e di sostegno alle famiglie".

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 4 agosto 2009, serie generale n. 179, la Legge 3 agosto 2009, n. 102, recante "Provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali" di conversione del Decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78.

L'art, 1-ter della predetta legge prevede la possibilità dell'emersione del rapporto di lavoro irregolare con i cittadini italiani e comunitari, oppure extracomunitari comunque presenti sul territorio nazionale, addetti al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza di persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza.

Ciò premesso, nell'evidenziare i punti principali della normativa in argomento, si forniscono indicazioni circa gli adempimenti di competenza degli Sportelli Unici per l'Immigrazione, relativamente all'emersione di lavoratori extracomunitari.

SOGGETTI INTERESSATI

Datori di lavoro

La dichiarazione di emersione può essere effettuata dai seguenti datori di lavoro:

  • cittadino italiano;
  • cittadino di un paese appartenente all'Unione Europea;
  • cittadino extracomunitario in possesso del titolo di soggiorno di cui all'art. 9 del Testo unico per l'Immigrazione (permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) nonché cittadino extracomunitario titolare di carta di soggiorno in quanto familiare di cittadino comunitario (D.Lgs. n. 30/2007).

Lavoratori

La dichiarazione di emersione può essere presentata esclusivamente a favore dei lavoratori extracomunitari che, alla data del 30 giugno 2009, erano occupati irregolarmente da almeno 3 mesi come addetti al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza di persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza e continuano ad essere occupati nello svolgimento delle attività sopra specificate, al momento della presentazione della domanda.

DICHIARAZIONE DI EMERSIONE

Il datore di lavoro potrà presentare la dichiarazione di emersione dal 1° al 30 settembre 2009; non sarà necessario concentrare la presentazione delle domande nella fase iniziale della procedura, in quanto non sono state fissate quote massime di ammissione delle stesse.

Si ricorda che potrà essere presentata dichiarazione per un numero massimo di tre lavoratori (n. 1 colf e n. 2 badanti)

a) Lavoro di sostegno al bisogno familiare.

Per il lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, potrà essere presentata una sola domanda per ciascun nucleo familiare e sarà necessaria, a pena di inammissibilità dell'istanza, l'attestazione del possesso di un reddito imponibile (risultante dalla dichiarazione dei redditi per l'anno 2008) non inferiore a 20.000,00 euro annui in caso di famiglia composta da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero di un reddito complessivo non inferiore a 25.000,00 euro per i nuclei familiari con più soggetti conviventi percettori di reddito. La documentazione relativa all'attestazione del reddito dovrà essere esibita, a pena di inammissibilità della domanda, allo Sportello Unico.

b) Assistenza a persone affette da patologie o handicap.

Per l'assistenza a persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza, sarà possibile presentare una o due domande per nucleo familiare (anche per assistere componenti della famiglia non conviventi), purché venga prodotta allo Sportello Unico per l'Immigrazione, pena l'inammissibilità della domanda, una certificazione, rilasciata dalla struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, che attesti la sussistenza della limitazione dell'autosufficienza della persona per cui si richiede l'assistenza al momento in cui è sorto il rapporto di lavoro con il cittadino extracomunitario. Al riguardo, si evidenzia che non sarà necessario produrre una nuova certificazione medica per quei cittadini per i quali viene richiesta l'assistenza, già riconosciuti in precedenza invalidi; in tal caso, sarà sufficiente esibire la documentazione relativa all'accertamento dello stato di invalidità civile, rilasciata dalle competenti Commissioni sanitarie nei riguardi del soggetto che dovrà essere assistito.

Nel caso in cui si presentino due dichiarazioni per assistere la stessa persona, la certificazione medica in parola dovrà attestare anche la necessità di avvalersi di due lavoratori per lo svolgimento dell'attività di assistenza.

c) Contributo forfetario.

In entrambi i casi - lavoro domestico o assistenza alla persona - è previsto il pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore, che dovrà essere versato utilizzando il modello "F24- versamenti con elementi identificativi" presso gli sportelli bancari, gli uffici postali o con modalità on line collegandosi al sito dell'Agenzia delle Entrate. A partire dai prossimi giorni il modello potrà essere reperito e scaricato dal sito www.agenziaentrate.gov.it ovvero dai siti www.interno.it, www.lavoro.gov.it, www.inps.it.

MODALITÀ' DI PRESENTAZIONE

Il datore di lavoro potrà presentare, esclusivamente in via telematica, la dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro domestico o di assistenza con il cittadino extracomunitario allo Sportello Unico per l'Immigrazione presso la Prefettura-UTG competente del luogo ove si svolge detto rapporto, utilizzando le modalità informatiche reperibili sul sito internet del Ministero dell'Interno (www.interno.it: inoltre, sarà attivo un servizio di help desk accessibile dallo stesso sito.

La data effettiva della dichiarazione sarà quella indicata nella e-mail che il sistema informatico provvede ad inviare all'indirizzo di posta elettronica associato all'utente che ha effettuato la richiesta.

Ai fini di garantire la trasmissione esclusivamente su connessione protetta della ricevuta, la stessa sarà resa disponibile all'interno del sito web nell'area "elenco domande inviate".

Attesa la complessità delle procedure, la stampa della ricevuta in formato pdf, potrà richiedere il tempo massimo di settantadue ore dalla ricezione della e-mail di conferma.

Copia della stessa ricevuta dovrà essere consegnata a cura del datore di lavoro al lavoratore ai fini dell'attestazione dell'avvenuta presentazione della domanda di emersione.

Infine, si rappresenta che la ricevuta avrà codici univoci di identificazione che consentiranno di verificare l'autenticità formale dei dati presenti nella stessa così da contrastare qualsiasi tentativo di falsificazione.

PROCEDIMENTO PRESSO LO SPORTELLO UNICO

Lo Sportello Unico per l'Immigrazione riceverà le domande dal sistema informatico del Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno a partire dal 1° ottobre 2009, nel rispetto dell'ordine cronologico di ricezione; quindi, verificherà che il datore di lavoro abbia presentato un numero di domande consentito dalla normativa; in caso contrario, le domande in esubero saranno considerate irricevibili secondo l'ordine di presentazione. Al riguardo, il sistema informatico consentirà di controllare il numero di domande presentate su tutto il territorio nazionale.

Lo Sportello Unico acquisisce, inoltre, dalla Questura il parere sull'insussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario.

Quindi, convoca le parti ed effettua i seguenti ulteriori adempimenti:

  1. verifica della corrispondenza delle dichiarazioni rese informaticamente nell'istanza acquisita dal sistema con quelle che risultano dalla documentazione che deve essere esibita dalle parti;

  2. acquisizione della copia della certificazione medica, nel caso in cui la dichiarazione di emersione riguardi l'attività di assistenza alla persona;

  3. verifica della sussistenza del requisito reddituale, previa esibizione da parte del datore di lavoro della dichiarazione relativa ai redditi dell'anno 2008, nel caso in cui la dichiarazione di emersione riguardi l'attività di sostegno al bisogno familiare;

  4. verifica dell'avvenuto versamento del contributo forfetario di 500 euro, mediante consegna della copia della ricevuta da parte del datore di lavoro;

  5. verifica del codice identificativo della marca da bollo.

Successivamente, si procede alla stipula del contratto di soggiorno attraverso la sottoscrizione dell'apposito modello da parte del datore di lavoro e del lavoratore.

Al lavoratore viene consegnato il modello 209 da presentare, per la richiesta del permesso di soggiorno, con le consuete modalità, all'Ufficio Postale.

Nell'ipotesi di mancata presentazione della documentazione o di presentazione di documentazione priva dei requisiti previsti dalla legge, si procederà al rigetto dell'istanza.

Si precisa che, in caso di irricevibilità, archiviazione o rigetto delle domande di emersione, non si procederà comunque alla restituzione del contributo forfetario di 500 euro.

Nel caso, invece, di presentazione di documentazione insufficiente, potrà essere richiesta eventualmente un'integrazione, fissando una nuova data di convocazione.

La mancata presentazione delle parti allo Sportello Unico a seguito della convocazione, senza giustificati motivi, comporta l'archiviazione della dichiarazione.

Ovviamente, essendo lo straniero già presente sul territorio nazionale, il procedimento non prevede l'invio del nulla osta al MAE per il rilascio del visto di ingresso.

Comunque, ai fini della richiesta del permesso di soggiorno, dovrà essere indicata la data e la frontiera di ingresso dello straniero sul territorio nazionale.

A differenza di quanto previsto nella procedura inerente i flussi di ingresso, le verifiche di competenza della Direzione Provinciale del Lavoro, sulla documentazione cartacea prodotta dall'interessato, saranno effettuate direttamente dal personale del predetto Ufficio, presso gli Sportelli Unici; inoltre, le Direzioni provinciali del lavoro provvederanno anche ad accertare la corrispondenza delle condizioni di lavoro dichiarate con l'attività effettivamente prestata nel quadro del piano di controlli delle autocertificazioni relative al lavoro subordinato previsto dal DPR n. 445/2000.

Si evidenzia, inoltre, che, a seguito di apposite intese raggiunte con l'INPS, al fine di effettuare le verifiche di competenza relative all'avvenuto versamento del contributo forfetario, sarà presente in ogni Sportello Unico un operatore del medesimo Istituto, collegato con il proprio sistema informatico.

Ciò consentirà al datore di lavoro di effettuare la comunicazione obbligatoria di assunzione all'INPS, direttamente presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione.

Si segnala che, riguardo alle realtà territoriali ove perverrà il maggior numero di domande, saranno allestite più postazioni dello Sportello Unico da adibire al trattamento delle istanze, e da ubicare presso le sedi degli Uffici INPS che verranno successivamente individuati.

PROTOCOLLI DI INTESA

Si comunica che, al fine di favorire l'attivazione di positive sinergie nelle varie realtà territoriali, nell'ottica di una sempre maggiore efficienza e tempestività dei procedimenti amministrativi, è stata raggiunta un'intesa con l'ANCI per promuovere ed assicurare la qualificata collaborazione dei Comuni, già sperimentata in altre analoghe occasioni, anche per l'espletamento della nuova procedura di emersione del lavoro irregolare.

I Comuni che hanno già sottoscritto i Protocolli di intesa in materia di ricongiungimenti familiari saranno automaticamente abilitati all'invio delle domande di emersione.

Con l'occasione, si informa che resteranno validi, anche per la procedura in esame, i protocolli di intesa già sottoscritti con le Associazioni di categoria, le Organizzazioni sindacali ed i Patronati che vorranno fornire assistenza per la compilazione e l'inoltro delle domande.

EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI EMERSIONE

La presentazione della dichiarazione di emersione determina la rinuncia alla richiesta di nulla osta al lavoro subordinato per le attività di lavoro domestico o di assistenza alla persona già presentata per il medesimo lavoratore, ai sensi dei DPCM 30 ottobre 2007 e 3 dicembre 2008, concernenti la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio nazionale.

Si precisa che i pareri positivi già resi dalle Questure in occasione della presentazione delle domande ai sensi dei DPCM 30 ottobre 2007 e 3 dicembre 2008 per le quali sia già stato consegnato il nulla osta al datore di lavoro, dovranno essere ritenuti validi dallo Sportello Unico nell' esaminare le domande di emersione; ciò, al fine di procedere nel modo più efficace e rapido possibile all'emersione del rapporto di lavoro irregolare.

SOSPENSIONE DEI PROCEDIMENTI PENALI ED AMMINISTRATIVI

Secondo quanto stabilito dall'art, i-ter comma 8 della legge in oggetto, dalla data di entrata in vigore della stessa legge e fino alla conclusione del procedimento, saranno sospesi i procedimenti penali e amministrativi a carico dei lavoratori extracomunitari, per i quali può essere presentata la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare, ed a carico dei datori di lavoro per le violazioni delle norme relative all'ingresso ed al soggiorno nel territorio

nazionale (con esclusione di quelle di cui all'art. 12 del T.U. per l'Immigrazione) e per quelle relative all'impiego dei lavoratori, anche se rivestono carattere finanziario, fiscale, previdenziale ed assistenziale.

Al contrario, la mancata presentazione della dichiarazione, ovvero l'archiviazione o il rigetto della dichiarazione stessa, farà cessare la sospensione dei procedimenti sanzionatori di cui sopra.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione all'INPS, ed il rilascio del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il datore di lavoro e per il lavoratore extracomunitario l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni delle norme testé richiamate.

Si evidenzia, infine, che, nelle more della definizione del procedimento in esame, il cittadino straniero non può essere destinatario di un provvedimento di espulsione, tranne che nei casi previsti al comma 13 dell'art. 1 ter della legge in oggetto.

PRESENTAZIONE DI FALSE DICHIARAZIONI

Chiunque presenti - nell'ambito della procedura di emersione in questione - false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorra al fatto, è punito ai sensi dell'art. 76 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445(che disciplina le fattispecie riguardanti le dichiarazioni mendaci e la forma o l'uso di atti falsi), salvo che il fatto costituisca reato più grave.

Se il reato viene commesso attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti, oppure mediante l'utilizzo di uno di tali documenti contraffatti o alterati, il reo è punito con la reclusione da uno a sei anni.

La pena è aumentata se il reato è commesso da un pubblico ufficiale.

Si ringrazia per la consueta collaborazione.

Colf e badanti: le istruzioni per la sanatoria
INPS , circolare 10.08.2009 n° 101

I datori di lavoro che, alla data del 30 giugno 2009, hanno occupato irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno 3 mesi lavoratori, cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero cittadini extracomunitari, comunque presenti nel territorio nazionale, possono denunciare, dal 1° al 30 settembre 2009, la sussistenza del rapporto di lavoro domestico mediante presentazione di apposita dichiarazione accompagnata dall’attestazione di versamento di un contributo forfetario pari a € 500,00.

E' quanto chiarisce la Circolare 10 agosto 2009, n. 101 con la quale l'Inps illustra alcuni aspetti delle nuove disposizioni in materia di legalizzazione del lavoro irregolare per attività di assistenza e di sostegno alle famiglie (badanti e colf) contenute nellalegge 3 agosto 2009, n. 102.

L’avvenuta presentazione della dichiarazione determina la sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno sul territori nazionale nonchè delle norme relative all’impiego di lavoratori, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale e comunque afferenti all’occupazione dei lavoratori indicati nella dichiarazione di emersione.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno e la comunicazione obbligatoria all’INPS comportano l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi.

(Cfr. Circolare n. 10/2009 congiunta Ministero Interno-Lavoro)




Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Circolare 10 agosto 2009, n. 101

Ai Dirigenti centrali e periferici
Ai Direttori delle Agenzie
Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali
Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici

e, per conoscenza,

Al Commissario Straordinario
Al Presidente e ai Componenti del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza
Al Presidente e ai Componenti del Collegio dei Sindaci
Al Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo
Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse
Al Presidente della Commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati
Ai Presidenti dei Comitati regionali
Ai Presidenti dei Comitati provinciali

OGGETTO: Art. 1-ter, della legge 3 agosto 2009, n. 102. Disposizioni in materia di legalizzazione del lavoro irregolare per attività di assistenza e di sostegno alle famiglie (badanti e colf) di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione Europea, ovvero cittadini extracomunitari.

SOMMARIO: La legge 3 agosto 2009, n. 102, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 prevede all’art. 1-ter che i datori di lavoro i quali, alla data del 30 giugno 2009, hanno occupato irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno 3 mesi lavoratori, cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero cittadini extracomunitari, comunque presenti nel territorio nazionale, possono denunciare, dal 1° al 30 settembre 2009, la sussistenza del rapporto di lavoro domestico mediante presentazione di apposita dichiarazione, accompagnata dall’attestazione di versamento di un contributo forfetario pari a € 500,00. L’avvenuta presentazione della dichiarazione determina la sospensione dei procedimenti penali ed amministrativi per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno sul territori nazionale nonchè delle norme relative all’impiego di lavoratori, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale e comunque afferenti all’occupazione dei lavoratori indicati nella dichiarazione di emersione.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno e la comunicazione obbligatoria all’INPS comportano l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi.

1. PREMESSA

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2009 è stata pubblicata la legge 3 agosto 2009, n. 102, recante “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, di conversione del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78.

L’art. 1-ter della predetta legge ha previsto disposizioni finalizzate all’emersione del lavoro irregolare di personale adibito ad attività di assistenza e di sostegno alle famiglie.

I datori di lavoro che alla data del 30 giugno 2009 occupavano irregolarmente alle proprie dipendenze, da almeno tre mesi, lavoratori domestici -sia addetti ad attività di assistenza alla persona che di sostegno alla famiglia- e continuano ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro, dal 1° al 30 settembre 2009 devono presentare una dichiarazione di emersione:

- all’ INPS per il lavoratore cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, mediante un apposito modulo. Peraltro, possono essere assimilati a tali lavoratori anche i cittadini extracomunitari in possesso di titolo di soggiorno in corso di validità che consente di svolgere attività lavorativa subordinata, irregolarmente impiegati nelle attività di assistenza a persona non autosufficiente o di sostegno al bisogno familiare;

- allo sportello unico per l’immigrazione, di cui all’art. 22 del testo unico di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, per il lavoratore extracomunitario comunque presente nel territorio nazionale, mediante apposita dichiarazione di cui al comma 4 dell’art. 1-ter citato.

Prima di presentare la dichiarazione di emersione il datore di lavoro deve provvedere al pagamento di un contributo forfetario, per ciascun lavoratore, di € 500,00 (comma 3, art. 1-ter citato), di cui una parte coprirà a fini previdenziali e assistenziali il periodo di lavoro 1° aprile - 30 giugno 2009 (2° trimestre 2009). Il pagamento deve essere effettuato attraverso il modello “F24 – versamenti con elementi identificativi”, disponibile sul sito dell’ Agenzia delle Entratewww.agenziaentrate.gov.it , sui siti www.interno.it, www.lavoro.gov.it, www.inps.it.

Dalla data di entrata in vigore della legge n. 102 del 2009 e fino alla conclusione del procedimento volto all’emersione, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale (con esclusione di quelle di cui all’art. 12 del T.U. per l’Immigrazione), nonché delle norme relative all’impiego di lavoratori, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale.

2. DESTINATARI DELLA NORMA

a) Datori di lavoro

Possono presentare la dichiarazione di emersione tutti i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero i datori di lavoro extracomunitari in possesso del titolo di soggiorno previsto dall’art. 9 di cui al Testo unico per l’Immigrazione ( permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) nonché cittadini extracomunitari titolari di carta di soggiorno in quanto familiari di cittadini comunitari.

Le disposizioni di cui all’art. 1-ter citato individuano quali destinatari i datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze personale addetto alle attività di assistenza a persona non autosufficiente e di sostegno alle famiglie, riferibili quindi ai datori di lavoro domestico ai sensi del D.P.R. 31.12.1971, n. 1403 e successive modificazioni.

Sono pertanto equiparati ai datori di lavoro domestico persona fisica anche alcune particolari persone giuridiche, ovvero le convivenze di comunità religiose (conventi, seminari) e le convivenze militari (caserme, comandi, stazioni) - circ. INPS 3.5.1973, n. 1315 cv - che hanno lavoratori addetti al servizio diretto e personale dei conviventi nonché le comunità senza fini di lucro (orfanotrofi e i ricoveri per anziani il cui fine è prevalentemente assistenziale), qualunque sia il numero dei componenti.

Tra le predette comunità rientrano le case famiglia per handicappati, quelle per il recupero dei tossicodipendenti, per l’assistenza gratuita a fanciulli, anziani e ragazze madri, le comunità focolari, le convivenze di sacerdoti anziani cessati dal ministero parrocchiale o dal servizio diocesano.

Non rientrano in tali ipotesi:

gli alberghi, le pensioni, gli affittacamere e le cliniche private;

i collegi-convitti, anche se esercitati senza fine di lucro, perché la convivenza non è fine a se stessa ma mezzo per conseguire finalità educative.

b) Lavoratori

Le norme riguardano personale di qualunque nazionalità adibito ad attività di:

- assistenza personale o per componenti della famiglia, anche non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza (badanti);

ovvero

- lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare (colf).

Si precisa che, in caso di emersione di rapporti di lavoro con cittadini extracomunitari comunque presenti sul territorio nazionale, per ciascun nucleo familiare è possibile regolarizzare soltanto un lavoratore domestico di sostegno al bisogno familiare (colf), e non più di due lavoratori addetti all’assistenza a persona affetta da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza (badanti).

3. PRESUPPOSTI APPLICATIVI

Fondamentale presupposto del procedimento di emersione è che il datore di lavoro abbia effettivamente occupato in posizione irregolare da almeno 3 mesi alla data del 30 giugno 2009 e continui ad occupare, alla data di presentazione della dichiarazione di emersione, lavoratori domestici sia italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea che extracomunitari. Si precisa che tutti i periodi di lavoro denunciati devono essere stati effettivamente svolti senza interruzioni.

4. EFFETTI PREVIDENZIALI

a) Periodo compreso tra il 1.4.2009 e il 30.6.2009.

Il procedimento previsto dalla norma, oltre a essere destinato a regolarizzare la posizione del lavoratore domestico irregolare realizza anche l’adempimento degli obblighi previdenziali con riferimento al secondo trimestre 2009.

L’art. 1-ter, comma 14, della legge n. 102/2009, dispone che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e finanze determini con proprio decreto, in corso di emanazione, le modalità di destinazione del contributo forfetario versato di € 500,00 per ciascun lavoratore, sia per fare fronte all’organizzazione e allo svolgimento dei compiti di cui allo stesso articolo, sia per la copertura previdenziale ed assistenziale del periodo 1 aprile- 30 giugno 2009 (2° trimestre 2009).

b) Periodi di lavoro antecedenti il 1.4.2009 che siano denunciati dai datori di lavoro che si avvalgono della procedura di regolarizzazione.

Per quanto attiene, invece, l’adempimento degli obblighi previdenziali relativi ai periodi di lavoro irregolare svolti antecedentemente il trimestre oggetto di regolarizzazione che siano eventualmente denunciati, è prevista dall’art. 1-ter, comma 14, della legge n. 102/2009, la definizione con decreto del Ministro del Lavoro della salute e delle politiche sociali delle modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali e assistenziali, fermo restando che la misura del contributo è quella ordinariamente prevista sulla base delle disposizioni che regolano l’adempimento degli obblighi previdenziali.

I datori di lavoro che hanno indicato nella denuncia di emersione all’INPS o nella comunicazione successiva alla stipula del contratto di soggiorno una data di inizio del rapporto di lavoro antecedente al 1° aprile 2009, saranno invitati a compilare apposito Mod. LD15-ter, fermi restando i limiti della prescrizione quinquennale (art. 3, comma 9 e 10, della L. 8.8.95, n. 335).

Peraltro è data possibilità al datore di lavoro di regolarizzare, alle condizioni previste dal Decreto di cui al citato comma 14, periodi di lavoro pregressi, nei limiti della prescrizione quinquennale, anche nel caso in cui sia stata indicata come data di inizio lavoro il 1 aprile 2009 nella domanda di emersione. Si fa riserva di successive istruzioni al riguardo.

c) Periodi di lavoro successivi al 30.06.2009.

Definito il procedimento di emersione, l’Inps provvede ad aprire una posizione assicurativa a favore del lavoratore domestico e il datore di lavoro è tenuto al pagamento dei contributi nella misura ed in relazione, in particolare, all’orario di lavoro e alla retribuzione mensile o oraria indicati nella dichiarazione, secondo le norme di carattere generale (circolare n. 20 del 17 febbraio 2009).

Per facilitare il pagamento dei contributi, saranno inviati al datore di lavoro dei bollettini di conto corrente postale già compilati in base alle informazioni acquisite, oltre a bollettini in bianco.

5. PROCEDIMENTO

A ) Cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea e cittadini extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno che permette attività di lavoro subordinato

Per i cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, così come per i cittadini extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno che permette attività di lavoro subordinato, in corso di validità, il procedimento di emersione prende avvio con la presentazione della “Dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro” all’INPS, mediante il Mod. LD-EM2009, scaricabile dal sito www.inps.it nella sezione Moduli, che potrà essere presentato:

- attraverso il Contact Center al numero 803 164;

- attraverso la procedura on-line collegandosi al sito www.inps.it – Moduli – Aziende e Contributi;

- agli sportelli dell’INPS, allegando la fotocopia del documento di identità del datore di lavoro;

- per posta con raccomandata con ricevuta di ritorno, allegando la fotocopia del documento di identità del datore di lavoro.

Lo stesso Mod. LD-EM2009 ha valore anche come comunicazione obbligatoria di assunzione, ai sensi dell’art. 16 bis del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009 n. 2, che ha previsto - ai commi 11 e 12, in deroga alla normativa vigente - che i datori di lavoro domestico presentino all’INPS le comunicazioni di assunzione, cessazione, trasformazione e proroga del rapporto di lavoro, assolvendo in tal modo agli obblighi previsti dall’art. 9 bis, D.L. 1 ottobre 1996, convertito con modificazioni dalla legge 28 novembre 1996, n. 608 e agli obblighi previsti dall’art. 4 bis, comma 6, D.Lgs. 181/2000 e successive modificazioni.

Nel caso in cui il procedimento di emersione riguardi un rapporto di lavoro instaurato con un cittadino extracomunitario in possesso di permesso di soggiorno valido per lavoro subordinato, permane l’obbligo per il datore di lavoro di trasmettere il Contratto di soggiorno (Mod. Q) allo Sportello Unico dell’Immigrazione competente per territorio, obbligatorio dal 25 febbraio 2005 ai sensi del DPR 334/2004.

L’iscrizione del rapporto di lavoro all’INPS, che avverrà dopo la verifica dell’avvenuto pagamento della quota forfetaria e della rispondenza di quanto dichiarato alle norme vigenti in materia di lavoro domestico, comporta l’estinzione degli illeciti amministrativi derivanti dalla violazione delle norme relative all’impiego di lavoratori, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

B) Cittadini extracomunitari comunque presenti nel territorio nazionale

Si fa breve cenno sul procedimento riguardante tali lavoratori e si rinvia, per informazioni esaustive e disposizioni specifiche, a quanto contenuto nella Circolare Interministeriale n. 10/2009 del 7 agosto 2009.

Per i cittadini extracomunitari comunque presenti nel territorio nazionale, invece, la dichiarazione di emersione deve essere presentata allo Sportello Unico per l’Immigrazione, di cui all’art. 22 del testo unico di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con modalità informatiche.

La dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro deve contenere, a pena di inammissibilità, i seguenti dati:

- dati identificativi del datore di lavoro, compresi i dati relativi al titolo di soggiorno nel caso di datore di lavoro extracomunitario;

- generalità e nazionalità del lavoratore extracomunitario occupato al quale si riferisce la dichiarazione ed estremi del passaporto o di altro documento equipollente valido per l’ingresso nel territorio dello Stato;

- tipologia e modalità d’impiego;

- attestazione, per la richiesta di assunzione di un lavoratore addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare (cd. Colf), del possesso di un reddito imponibile, risultante dalla dichiarazione dei redditi per l’anno 2008, non inferiore a 20.000 € annui in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero di un reddito complessivo non inferiore a 25.000 € annui in caso di nucleo familiare composto da più soggetti conviventi percettori di reddito;

- attestazione dell’occupazione del lavoratore alla data del 30 giugno 2009 e da almeno tre mesi;

- dichiarazione che la retribuzione convenuta non è inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento e che, in caso di lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, l’orario lavorativo non è inferiore alle 20 ore settimanali, come stabilito dall’art. 30-bis, comma 3, lettera c), del regolamento di cui al DPR n. 394/1999;

- proposta di contratto di soggiorno (art. 5-bis del T.U. D.Lgs. n. 286/1998);

- estremi della ricevuta di pagamento del contributo forfetario.

Il datore di lavoro che ha presentato la dichiarazione per uno o due lavoratori domestici extracomunitari addetti all’assistenza alla persona, all’atto della stipula del contratto di soggiorno, deve presentare allo Sportello Unico per l’Immigrazione una certificazione, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il SSN, che attesti la limitazione dell’autosufficienza del soggetto per il quale viene richiesta l’assistenza e, nel caso, la necessità di avvalersi di due unità, a pena di inammissibilità della dichiarazione.

Lo Sportello Unico per l’Immigrazione provvede ad effettuare la verifica di ricevibilità e di ammissibilità della dichiarazione e, acquisito il parere della questura che non sussistano motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno, convoca le parti a presentarsi per la stipulazione del contratto di soggiorno di cui all’art. 5bis del T.U. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, e per la presentazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo determina l’improcedibilità e l’archiviazione del procedimento.

Si precisa che in caso di irricevibilità, archiviazione o rigetto delle domande di emersione, non si procederà comunque alla restituzione del contributo forfetario di 500 euro.

Per i cittadini extracomunitari per i quali era stato chiesto nulla osta al lavoro subordinato, la dichiarazione di emersione determina la rinuncia alla richiesta di nulla osta al lavoro subordinato per le attività di lavoro domestico (colf e badanti) per il medesimo lavoratore , presentata ai sensi dei Decreti Flussi 2007 e 2008 (Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 30 ottobre 2007 e 3 dicembre 2008 – Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2007 e n. 288 del 10 dicembre 2008).

Il datore di lavoro, entro ventiquattro ore dalla data della stipulazione del contratto di soggiorno deve effettuare la comunicazione obbligatoria di assunzione all’INPS, ai sensi dell’art. 16-bis del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2, presentando l’apposito modulo LDEM09extraUE, disponibile dal 1° ottobre 2009 sul sito Internet dell’Istituto.

L’Inps provvede poi a trasmettere i dati necessari per gli altri adempimenti ai Servizi competenti del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, all’Inail, nonché ai Servizi regionali.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria all’INPS e il rilascio del permesso di soggiorno comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi derivanti dalla violazione delle norme relative all’ingresso e al soggiorno sul territorio nazionale e all’impiego di lavoratori, anche di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

Il Vicario del Direttore generale

Nori

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...