Blog di diritto e poesia. Il diritto è quella scienza che aiuta a comporre i bisogni dell'uomo nelle relazioni interpersonali. la poesia è quell'arte che, comunicando con parole scritte, aiuta a conoscersi nel profondo.
venerdì 7 agosto 2009
La Cassazione afferma che essere proprietari di un'auto di lusso non comporta automaticamente un maggior reddito in capo al soggetto dichiarante
Con Sentenza 23 luglio 2009, n. 17200, la Corte di Cassazione ha statuito che essere proprietari di un'auto di lusso non comporta automaticamente un maggior reddito in capo al soggetto dichiarante.
Posto che, a norma dell'art. 38 D.P.R. n. 600/1973, il reddito dichiarato può risultare non congruo rispetto a determinati elementi indicativi di capacità contributiva per almeno due anni, l'Amministrazione finanziaria non potrà procedere all'accertamento sintetico nei confronti di chi possiede un'auto di grossa cilindrata, salvo non dimostri il maggior reddito attraverso ulteriori elementi.
Fonte: www.seac.it
La Cassazione afferma che essere proprietari di un'auto di lusso non comporta automaticamente un maggior reddito in capo al soggetto dichiarante
Con Sentenza 23 luglio 2009, n. 17200, la Corte di Cassazione ha statuito che essere proprietari di un'auto di lusso non comporta automaticamente un maggior reddito in capo al soggetto dichiarante.
Posto che, a norma dell'art. 38 D.P.R. n. 600/1973, il reddito dichiarato può risultare non congruo rispetto a determinati elementi indicativi di capacità contributiva per almeno due anni, l'Amministrazione finanziaria non potrà procedere all'accertamento sintetico nei confronti di chi possiede un'auto di grossa cilindrata, salvo non dimostri il maggior reddito attraverso ulteriori elementi.
Fonte: www.seac.it
martedì 28 luglio 2009
Studi di Settore: Addio .....!!!
Studi di settore è l’ora dell’addio |
Data Pubblicazione 28/7/2009 La Cassazione dopo dieci anni di pareri ha tirato le somme. Gli studi di settore non bastano per accertare quante tasse un lavoratore autonomo debba pagare. Lo strumento fiscale creato nel 1998 da Vincenzo Visco per dimostrare a priori e statisticamente il fatturato teorico di una Partita Iva tornano così all’idea embrionale che li aveva generati: ovvero un mero strumento statistico. Solo in caso di non congruità, il Fisco farà partire l’accertamento o avviare il processo tributario dimostrando con prove concrete la colpevolezza del contribuente. La Cassazione ha così messo la parola fine a quell’aberrazione che ha contraddistinto il 2006 e il 2007, diventata celebre come inversione dell’onere della prova. La partita Iva presunta colpevole doveva dimostrare la propria innocenza. È come se in un Paese di 5 mila anime avvenisse un omicidio e tutti i cittadini venissero accusati per il semplice fatto di abitare lì. E a loro spetti dimostrare la propria innocenza. Invece che ai magistrati raccogliere le prove per inchiodare il colpevole. Già dal 2008 la pessima abitudine era stata abbandonata dal Fisco su impulso del ministro Tremonti e delle commissioni finanze di Camera e Senato. Ma ora è tutto nero su bianco grazie agli Ermellini della Suprema Corte. E non è la prima volta che la Cassazione scende in pista per difendere i cittadini contro il fisco. Un anno e mezzo fa sentenziò in materia di Iva. La controversia nacque per una detrazione ritenuta indebita I precedenti «Se l'Amministrazione è parte attrice del rapporto tributario dedotto in giudizio, spetta al Fisco dimostrare la falsità delle fatture come documenti contabili che attestano la realizzazione dell'operazione commerciale fra soggetti corrispondenti a quelli indicati dalle carte», disse la Cassazione con la sentenza 24201/08. Gli Ermellini smontarono la tesi riportando la causa alla prima fase del giudizio: «all’Amministrazione spetta allegare elementi significativi e indizi idonei a confutare la veridicità (oggettiva e soggettiva) dei documenti contabili». Le partite Iva Senza entrare in ulteriori dettagli di merito la sostanza della sentenza dimostra come la letteratura tributaria si stia sempre più orientando alla tutela del contribuente creando un panel di leggi strutturate in grado di contrastare filosofie fiscali che vedono le tasse come un modo per raccogliere denaro. «La recente sentenza della Corte di Cassazione in materia di studi di settore ribadisce un concetto già emerso in questo ultimo anno con una serie di circolari pubblicate dall’Amministrazione finanziaria», sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre. «Già a partire dal 2009 l’Agenzia delle Entrate ha ribadito con forza come gli studi di settore siano solo uno dei parametri sui quali si baserà il lavoro di accertamento fiscale. Se negli anni scorsi la non congruità poteva potenzialmente far scattare un accertamento da parte del fisco, oggi è stato chiarito che il mancato adeguamento non è più l'unico elemento sufficiente a sostenere le ulteriori pretese Erariali in sede di contenzioso». Ma le riflessioni del segretario degli artigiani di Mestre non si fermano qui. «Nel caso il contenzioso finisca presso la Commissione tributaria», conclude Bortolussi, «sarà l’Agenzia delle Entrate, e non più il contribuente, a dover dimostrare l’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati. Per questo, anche alla luce dell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, stiamo invitando quegli operatori economici che sono vittime della crisi a non adeguarsi a quegli studi di settore che hanno pretese non giustificabili». Spetta ora alle numerose associazioni di categoria dal commercio all’artigianato dare indicazioni ai propri associati. Le conseguenze A tutti coloro che scelgono di non adeguarsi ai valori imposti dagli studi di settore (ed è il consiglio più diffuso nel Nordest) si apre la strada del contraddittorio. Al contribuente conviene partecipare per smontare le tesi del Fisco e dimostrare i mancati ricavi dovuti alla crisi economica. A quel punto gli uffici dell’Erario saranno costretti a “investigare” attivamente e dimostrare l’eventuale evasione lavorando al bilancio e spulciando le fatture. Se il fisco non è in grado di fornire una relazione concreta frutto di una investigazione attenta l’accusa decade. E con essa i costi del dibattimento tributario. Nel caso il contribuente che non voglia partecipare al contradditorio, potrà presentare le stesse eccezioni in sede di giudizio. A questo punto bisogna distinguere tra passato e futuro. Per le cause in corso ci sono più certezze perchè finalmente la Cassazione renderà nulle tutte le sentenze contrarie alla recente norma. Per il futuro tutto dipende da come si muoveranno le partite Iva. Il parere degli ermellini apre la strada a una valanga di contenziosi con il Fisco. Le scelte politiche Un milione e mezzo di contribuenti (tanti sono quelli non in regola secondo gli studi di settore) potrebbe chiedere giustizia tutti insieme bloccando le commissioni tributarie. E imponendo un intervento politico. A quel punto il governo dovrebbe dire addio una volta per tutte agli studi di settore e trovare un nuovo strumento per far pagare le tasse ai lavoratori autonomi. E sentite le recenti dichiarazioni di guerra lanciate da chi rappresenta il popolo delle partite Iva forse sarebbe il caso di non aspettare che la bomba esploda. |
Studi di Settore: Addio .....!!!
Studi di settore è l’ora dell’addio |
Data Pubblicazione 28/7/2009 La Cassazione dopo dieci anni di pareri ha tirato le somme. Gli studi di settore non bastano per accertare quante tasse un lavoratore autonomo debba pagare. Lo strumento fiscale creato nel 1998 da Vincenzo Visco per dimostrare a priori e statisticamente il fatturato teorico di una Partita Iva tornano così all’idea embrionale che li aveva generati: ovvero un mero strumento statistico. Solo in caso di non congruità, il Fisco farà partire l’accertamento o avviare il processo tributario dimostrando con prove concrete la colpevolezza del contribuente. La Cassazione ha così messo la parola fine a quell’aberrazione che ha contraddistinto il 2006 e il 2007, diventata celebre come inversione dell’onere della prova. La partita Iva presunta colpevole doveva dimostrare la propria innocenza. È come se in un Paese di 5 mila anime avvenisse un omicidio e tutti i cittadini venissero accusati per il semplice fatto di abitare lì. E a loro spetti dimostrare la propria innocenza. Invece che ai magistrati raccogliere le prove per inchiodare il colpevole. Già dal 2008 la pessima abitudine era stata abbandonata dal Fisco su impulso del ministro Tremonti e delle commissioni finanze di Camera e Senato. Ma ora è tutto nero su bianco grazie agli Ermellini della Suprema Corte. E non è la prima volta che la Cassazione scende in pista per difendere i cittadini contro il fisco. Un anno e mezzo fa sentenziò in materia di Iva. La controversia nacque per una detrazione ritenuta indebita I precedenti «Se l'Amministrazione è parte attrice del rapporto tributario dedotto in giudizio, spetta al Fisco dimostrare la falsità delle fatture come documenti contabili che attestano la realizzazione dell'operazione commerciale fra soggetti corrispondenti a quelli indicati dalle carte», disse la Cassazione con la sentenza 24201/08. Gli Ermellini smontarono la tesi riportando la causa alla prima fase del giudizio: «all’Amministrazione spetta allegare elementi significativi e indizi idonei a confutare la veridicità (oggettiva e soggettiva) dei documenti contabili». Le partite Iva Senza entrare in ulteriori dettagli di merito la sostanza della sentenza dimostra come la letteratura tributaria si stia sempre più orientando alla tutela del contribuente creando un panel di leggi strutturate in grado di contrastare filosofie fiscali che vedono le tasse come un modo per raccogliere denaro. «La recente sentenza della Corte di Cassazione in materia di studi di settore ribadisce un concetto già emerso in questo ultimo anno con una serie di circolari pubblicate dall’Amministrazione finanziaria», sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre. «Già a partire dal 2009 l’Agenzia delle Entrate ha ribadito con forza come gli studi di settore siano solo uno dei parametri sui quali si baserà il lavoro di accertamento fiscale. Se negli anni scorsi la non congruità poteva potenzialmente far scattare un accertamento da parte del fisco, oggi è stato chiarito che il mancato adeguamento non è più l'unico elemento sufficiente a sostenere le ulteriori pretese Erariali in sede di contenzioso». Ma le riflessioni del segretario degli artigiani di Mestre non si fermano qui. «Nel caso il contenzioso finisca presso la Commissione tributaria», conclude Bortolussi, «sarà l’Agenzia delle Entrate, e non più il contribuente, a dover dimostrare l’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati. Per questo, anche alla luce dell’ultima sentenza della Corte di Cassazione, stiamo invitando quegli operatori economici che sono vittime della crisi a non adeguarsi a quegli studi di settore che hanno pretese non giustificabili». Spetta ora alle numerose associazioni di categoria dal commercio all’artigianato dare indicazioni ai propri associati. Le conseguenze A tutti coloro che scelgono di non adeguarsi ai valori imposti dagli studi di settore (ed è il consiglio più diffuso nel Nordest) si apre la strada del contraddittorio. Al contribuente conviene partecipare per smontare le tesi del Fisco e dimostrare i mancati ricavi dovuti alla crisi economica. A quel punto gli uffici dell’Erario saranno costretti a “investigare” attivamente e dimostrare l’eventuale evasione lavorando al bilancio e spulciando le fatture. Se il fisco non è in grado di fornire una relazione concreta frutto di una investigazione attenta l’accusa decade. E con essa i costi del dibattimento tributario. Nel caso il contribuente che non voglia partecipare al contradditorio, potrà presentare le stesse eccezioni in sede di giudizio. A questo punto bisogna distinguere tra passato e futuro. Per le cause in corso ci sono più certezze perchè finalmente la Cassazione renderà nulle tutte le sentenze contrarie alla recente norma. Per il futuro tutto dipende da come si muoveranno le partite Iva. Il parere degli ermellini apre la strada a una valanga di contenziosi con il Fisco. Le scelte politiche Un milione e mezzo di contribuenti (tanti sono quelli non in regola secondo gli studi di settore) potrebbe chiedere giustizia tutti insieme bloccando le commissioni tributarie. E imponendo un intervento politico. A quel punto il governo dovrebbe dire addio una volta per tutte agli studi di settore e trovare un nuovo strumento per far pagare le tasse ai lavoratori autonomi. E sentite le recenti dichiarazioni di guerra lanciate da chi rappresenta il popolo delle partite Iva forse sarebbe il caso di non aspettare che la bomba esploda. |
martedì 28 aprile 2009
News dall'Agenzia delle Entrate: Enti Associativi e No Profit
Agenzia delle Entrate Anno 2009
Agenzia delle Entrate, Circolare 9 aprile 2009, n. 12
Oggetto: Art. 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 - Enti associativi e norme in materia di ONLUS
INDICE
L'art. 30, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, al fine di consentire gli opportuni controlli, introduce per gli enti di tipo associativo, che siano in possesso dei requisiti qualificanti richiesti dalle norme fiscali per avvalersi delle disposizioni di favore previste dall'art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'onere di comunicare all'Agenzia delle entrate dati e notizie rilevanti ai fini fiscali.L'applicazione delle richiamate disposizioni fiscali di favore, rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA, è pertanto subordinata alla ricorrenza delle seguenti condizioni:a) possesso dei requisiti previsti dalla normativa tributaria;b) comunicazione dei dati e delle notizie rilevanti ai fini dell'accertamento.La comunicazione di dati e notizie deve essere effettuata con apposito modello approvato con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, nei termini e secondo le modalità stabilite con lo stesso provvedimento.La norma ha finalità esclusivamente fiscali e risponde a reali esigenze di controllo che l'Agenzia delle entrate potrà effettuare anche attraverso l'acquisizione di informazioni necessarie a garantire che i regimi tributari diretti ad incentivare il fenomeno del libero associazionismo non costituiscano di fatto uno strumento per eludere il pagamento delle imposte dovute.L'intento della norma è quello di acquisire una più ampia informazione e conoscenza del mondo associativo e dei soggetti assimilati sotto il profilo fiscale (società sportive dilettantistiche), con l'obiettivo primario di tutelare le vere forme associazionistiche incentivate dal legislatore fiscale e, conseguentemente, di isolare e contrastare l'uso distorto dello strumento associazionistico suscettibile di intralciare - tra l'altro - la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali.L'art. 30 in esame reca altresì alcune disposizioni in materia di ONLUS, ai commi 4, 5, 5-bis e 5-ter.Il comma 4 disciplina il settore della beneficenza, riconducendo nell'ambito di tale attività, oltre agli interventi diretti a favore di soggetti svantaggiati, le erogazioni effettuate ad altri enti che realizzano programmi di utilità sociale (c.d. beneficenza indiretta).Il comma 5 disciplina le organizzazioni di volontariato, fissando le condizioni necessarie perché le stesse possano acquisire la qualifica di ONLUS di diritto.Infine, i commi 5-bis e 5-ter dell'art. 30 introducono un'agevolazione temporanea in materia di imposta catastale a favore delle ONLUS.
News dall'Agenzia delle Entrate: Enti Associativi e No Profit
Agenzia delle Entrate Anno 2009
Agenzia delle Entrate, Circolare 9 aprile 2009, n. 12
Oggetto: Art. 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 - Enti associativi e norme in materia di ONLUS
INDICE
L'art. 30, commi 1, 2, 3 e 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, al fine di consentire gli opportuni controlli, introduce per gli enti di tipo associativo, che siano in possesso dei requisiti qualificanti richiesti dalle norme fiscali per avvalersi delle disposizioni di favore previste dall'art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'onere di comunicare all'Agenzia delle entrate dati e notizie rilevanti ai fini fiscali.L'applicazione delle richiamate disposizioni fiscali di favore, rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA, è pertanto subordinata alla ricorrenza delle seguenti condizioni:a) possesso dei requisiti previsti dalla normativa tributaria;b) comunicazione dei dati e delle notizie rilevanti ai fini dell'accertamento.La comunicazione di dati e notizie deve essere effettuata con apposito modello approvato con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, nei termini e secondo le modalità stabilite con lo stesso provvedimento.La norma ha finalità esclusivamente fiscali e risponde a reali esigenze di controllo che l'Agenzia delle entrate potrà effettuare anche attraverso l'acquisizione di informazioni necessarie a garantire che i regimi tributari diretti ad incentivare il fenomeno del libero associazionismo non costituiscano di fatto uno strumento per eludere il pagamento delle imposte dovute.L'intento della norma è quello di acquisire una più ampia informazione e conoscenza del mondo associativo e dei soggetti assimilati sotto il profilo fiscale (società sportive dilettantistiche), con l'obiettivo primario di tutelare le vere forme associazionistiche incentivate dal legislatore fiscale e, conseguentemente, di isolare e contrastare l'uso distorto dello strumento associazionistico suscettibile di intralciare - tra l'altro - la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali.L'art. 30 in esame reca altresì alcune disposizioni in materia di ONLUS, ai commi 4, 5, 5-bis e 5-ter.Il comma 4 disciplina il settore della beneficenza, riconducendo nell'ambito di tale attività, oltre agli interventi diretti a favore di soggetti svantaggiati, le erogazioni effettuate ad altri enti che realizzano programmi di utilità sociale (c.d. beneficenza indiretta).Il comma 5 disciplina le organizzazioni di volontariato, fissando le condizioni necessarie perché le stesse possano acquisire la qualifica di ONLUS di diritto.Infine, i commi 5-bis e 5-ter dell'art. 30 introducono un'agevolazione temporanea in materia di imposta catastale a favore delle ONLUS.
lunedì 2 febbraio 2009
Opposizione a fermo amministrativo: va proposta non solum nei confronti dell'agente della riscossione, sed etiam nei cofronti dell'ente creditore
Preavviso fermo amministrativo, opposizione, improcedibilità
martedì 27 gennaio 2009
Giudice di Pace di Caserta, sentenza del 22 gennaio 2009
Preavviso fermo amministrativo
L’OPPOSIZIONE AL PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO NON PUÒ ESSERE PROPOSTA NEI SOLI CONFRONTI DELL’AGENTE DELLA RISCOSSIONE, SEPPUR ABILITATO IN EXECUTIVIS, MA DEVE ESSERE PROPOSTA ANCHE NEI CONFRONTI DELL’ENTE CREDITORE
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GIURISDIZIONE – CREDITI TRIBUTARI, GIUDICE TRIBUTARIO – CREDITI NON TRIBUTARI, GIUDICE ORDINARIO
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[Giudice di Pace di Caserta, Avv. Generoso Bello, sentenza del 22 gennaio 2009]
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REPUBBLICA ITALIANA
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI CASERTA – Ia SEZIONE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace di Caserta, Avv. G. Bello, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 7348/08 R.G., avente ad oggetto: opposizione a preavviso di fermo amministrativo, introitata in decisione il 16.1.2009, vertente
TRA
MEVIAX , nata a Napoli …, elettivamente domiciliata in … presso lo studio dell’Avv. … che la rappresenta e difende per mandato a margine dell’atto di citazione; (opponente)
E
EQUITALIA POLIS S.p.A., Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in S. Maria C. V. (CE) alla Via ..., presso lo studio dell’Avv. ... che la rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta; (opposta)
.
CONCLUSIONI: come da verbale di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato, Meviax , rappresentata e difesa come in epigrafe, conveniva innanzi a questa Giustizia la Equitalia Polis S.p.A., Agente per la Riscossione dei Tributi per la Provincia di Caserta, in persona del l.r.p.t., per ivi sentir accogliersi le seguenti conclusioni: a) dichiarare l’illegittimità, vessatorietà e inammissibilità dell’operato della convenuta nella procedura del fermo amministrativo, con relative spese e more, in danno dell’istante; b) per l’effetto, previo provvedimento di sospensione, dichiarare l’inammissibilità ed inefficacia del dello stesso fermo amministrativo opposto, per mancanza di legittimazione e per mancanza del presupposto impositivo; c) condannare la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e personali, esistenziali e morali; d) vinte le spese e competenze di giudizio, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., con attribuzione.
A fondamento della domanda, l’istante esponeva: 1. che esso non aveva alcun debito nei confronti della convenuta, né era inadempiente; 2. esso non era proprietario dell’auto tg. …. per averla alienata in data 29.11.2007 a tale Meviox, come da certificato di proprietà; 3. il fermo eventuale si baserebbe su carichi di ruolo e cartelle di pagamento nei confronti delle quali pende ricorso dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, non ancora definiti; 4. il regolamento di attuazione ex comma IV dell’art. 86 DPR 602/73 non è stato ancora emanato, rendendo inapplicabile la normativa vigente in tema di fermo amministrativo; 5. vi era assoluta carenza di potere della convenuta ad emanare provvedimenti di fermo amministrativo; 6. tutte le pretese impositive alla base del fermo amministrativo sono genericamente quantificate a danno dell’istante, in palese violazione delle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi; 7. è legittimo opporsi e chiedere il risarcimento dei danni in via equitativa; 8) la convenuta dimostra di ignorare una serie di norme di legge in merito al tassativo contenuto della cartella esattoriale; 9. a nulla erano valsi i reiterati tentativi, né le telefonate, file, attese e reclami proposti al fine di giungere ad un bonario componimento ed archiviazione della controversia.
Si costituiva la Equitalia Polis S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa come in epigrafe, che resisteva alla domanda introduttiva e chiedeva: a. in via del tutto preliminare, dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice adito per essere la cognizione della materia affidata, in via esclusiva, alla Commissione Tributaria; b. sempre in rito, in via subordinata, si dichiari l’illegittimità ed inammissibilità dell’azione per violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c.; c. in via gradata, si dichiari l’improcedibilità ed inammissibilità della domanda per violazione dell’art. 57 DPR n. 602/72 e art. 617 c.p.c.; d. si rigetti la domanda in quanto inammissibile ed infondata, in fatto ed in diritto; e. vinte le spese e competenze di giudizio, con distrazione.
A sostegno delle proprie tesi, la Equitalia Polis S.p.A. deduceva, tra l’altro: 1) vi era il difetto di giurisdizione per essere competente la Giustizia Tributaria, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. e-ter del D.Lgs. 546/92, come modificato dall’art. 35, comma quinquies del D.L. 223/2006, convertito nella L. 248/2006; 2) l’azione era stata introdotta esclusivamente contro l’Agente della riscossione, mentre non sono stati chiamati in giudizio, quali litisconsorti necessari, gli enti impositori; 3) la domanda, così come formulata, ha natura di opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c.; 4) la notificazione dell’atto introduttivo era avvenuta oltre il termine perentorio di gg. 20 richiesti dal codice di rito; 5) la doglianza avanzata ex adverso relativamente alla presunta inesistenza dei titoli per nullità della notifica delle cartelle è del tutto infondata e come tale non merita accoglimento. Invero, parte attrice, da un lato, assume di non aver mai avuto la notifica delle cartelle di pagamento e, dall’altro, asserisce che avverso le stesse cartelle pendono i rispettivi giudizi dinanzi al giudice di pace di Napoli.
Nessun mezzo istruttorio veniva espletato e la causa veniva introitata a sentenza sulla scorta della documentazione in atti, delle conclusioni rassegnate e della discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La proposta opposizione è improcedibile.
Preliminarmente, deve chiarirsi che, effettivamente, la Legge 4.8.2006 n. 248, di conversione con modificazioni del D.L. 4.7.2006, n. 223, all’art. 35, comma 26 quinquies, ha statuito che all’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 31.12.1992 n. 546, dopo la lettera e), sono state aggiunte le seguenti: e-bis) “l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni”; e-ter) “il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni”.
Non v’è, dunque, alcun dubbio che la citata norma ha statuito la competenza del giudice tributario nei casi di fermo amministrativo di beni mobili registrati.
Tuttavia, il Supremo Collegio, a Sezioni Unite, ha sancito la ripartizione della competenza tra giudice ordinario e giudice tributario nei casi di fermo amministrativo di beni mobili registrati, stabilendo che: “Con riferimento alle controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati, di cui all'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1972, ai fini della giurisdizione rileva la natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo, con la conseguenza che la giurisdizione spetterà al giudice tributario o al giudice ordinario a seconda della natura tributaria o meno dei crediti, ovvero ad entrambi se il provvedimento di fermo si riferisce in parte a crediti tributari e in parte a crediti non tributari”. (Cfr. Cass. civ. (Ord.), Sez. Unite, 05/06/2008, n. 14831).
E poiché nel caso di specie, almeno per quanto si legge dal preavviso di fermo amministrativo, si verte in tema di crediti non tributari, per infrazioni al codice della strada, sussiste la competenza del giudice ordinario.
Pertanto, l’eccezione sul difetto di giurisdizione, proposta da parte convenuta va rigettata.
Deve, inoltre, osservarsi che nel caso in esame non si tratta specificatamente di fermo amministrativo di autoveicolo ma di preavviso di fermo amministrativo e, dunque, di preavviso di esecuzione forzata o, comunque, di misura cautelare tendente ad ottenere la riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo conseguenti a sanzioni amministrative per violazioni al C.d.S..
E’, invece, condivisibile che il 4° c., l’art. 86, DPR 602/73, prevede che “con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con i ministri dell’In-terno e dei lavori Pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”, quindi anche, e soprattutto, la disciplina del fermo amministrativo.
Senonché, tale ultimo decreto non é mai stato emanato, ma ciò mai potrebbe dar luogo all’ipotesi del cd. “vuoto normativo”, poiché l’unico regolamento tuttora in vigore é rimasto quello di cui al D.M. n. 503/98, relativo però al fermo previsto dall’art. 91bis del DPR n.602/73, prima della riforma del-l’art. 86 del DPR n. 602/73, di cui al D.Lgs n.46/99, ulteriormente modificato dal D.Lgs 27.4.2001 n.193, che, all’art.1, c. 1°, lett. Q), prevede che: “decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50 c. 1°, il concessionario (60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, ndr) può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate (DRE) ed alla Regione di residenza (del debitore)”.
Deve, dunque, affermarsi che il fermo amministrativo può essere regolarmente attuato anche senza il regolamento previsto dal 4 comma dell’art. 86 DPR n. 602/73, modificato dal D.Lgs n. 46/99 e dal D.Lgs n.193/01, ed è corretta la soluzione di ritenere tuttora applicabili le norme del precedente regolamento, di cui al D.M. n. 503/98, in quanto compatibili con la nuova disciplina.
Orbene, se é vero che si può ancora applicare il vecchio regolamento (per non creare vuoti normativi), é anche vero che deve, però, esaminarsi lo spirito di quest’ultimo, ovvero lo scopo per cui era stato disciplinato il fermo amministrativo con il D.M. n. 503/98.
Con la nuova norma, di cui al D.Lgs n. 193/01 é stato, tra l’altro, eliminato ogni riferimento al mancato reperimento del bene e il fermo é disposto direttamente dal concessionario della riscossione - che ora non deve ricercare, obbligatoriamente prima del fermo, il bene da pignorare - ma la natura del fermo amministrativo non muta solo per questo, perché esso é sempre diretto a garantire l’esecuzione forzata sui beni del debitore ed ha natura cautelare e rafforzativa dell’obbligo di pagamento già accertato e non più discutibile.
Nella fattispecie, peraltro, l’atto impugnato non attiene ad un fermo amministrativo già avvenuto, ma si tratta di un semplice “avviso di fermo amministrativo”, con l’indicazione di un termine per il pagamento delle somme iscritte a ruolo, alla cui scadenza, in caso di mancato pagamento, il Concessionario del Servizio riscossione si riserva o provvederà al fermo di che trattasi.
Ciò posto, il preavviso di azione esecutiva, emesso dalla Equitalia Polis S.p.A., quale Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, reca semplicemente l’invito al pagamento della somma di € 1.487,81 sul presupposto che alla data del 5.9.2007 risulterebbero, a nome dell’opponente, le cartelle di pagamento insolute delle quali sono riportati i numeri (esattamente le n. … e n. ….), entrambe relative a infrazioni del codice della strada; Ente creditore: il Comune di Napoli.
In sostanza, manca il titolo idoneo alla preavvisata azione esecutiva. Non si rileva, infatti, né è dimostrato se le cartelle di pagamento siano state regolarmente notificate.
Tale ultimo profilo, però, è superato dalle affermazioni della stessa opponente che, pur senza offrire alcun dato probatorio sul punto, assume che le due dette cartelle di pagamento sarebbero state oggetto di ricorso in opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, ammettendo, implicitamente, che le ripetute cartelle di pagamento sono state ad essa regolarmente notificate.
Per altro verso, giova sottolineare che il preavviso di fermo amministrativo di bene mobile registrato, non può essere confuso o ritenuto identico all’atto di precetto di pagamento, poiché mancante del titolo esecutivo ad esso allegato e, quindi, la disquisizione di parte opposta, secondo cui si tratterebbe di opposizione ex art. 617 c.p.c. e non ex art. 615 c.p.c., ha solo valore teorico poiché non è in discussione la qualificazione dell’azione, comunque proposta con evidente approssimazione.
Il dato saliente è che l’opposizione al preavviso di fermo amministrativo non può essere proposta nei soli confronti dell’Agente della Riscossione, seppur abilitato in executivis, ma deve essere proposta anche nei confronti dell’Ente creditore, nel caso di specie il Comune di Napoli, in litisconsorzio necessario con l’Agente della Riscossione.
E poiché la vocatio in ius è avvenuta nei soli confronti della Equitalia Polis S.p.A., va dichiarata l’improcedibilità dell’azione di che trattasi.
La natura della controversia ed i motivi che hanno portato alla declaratoria di improcedibilità dell’azione giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Giudice di Pace di Caserta, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Meviax , contro la Equitalia Polis S.p.A., in persona del l.r.p.t., disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede:
1) Dichiara l’improcedibilità della domanda;
2) Dichiara le spese di giudizio interamente compensate tra le parti.
Caserta, lì 22 Gennaio 2009
Il Giudice Coordinatore
Avv. Generoso Bello
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Opposizione a fermo amministrativo: va proposta non solum nei confronti dell'agente della riscossione, sed etiam nei cofronti dell'ente creditore
Preavviso fermo amministrativo, opposizione, improcedibilità
martedì 27 gennaio 2009
Giudice di Pace di Caserta, sentenza del 22 gennaio 2009
Preavviso fermo amministrativo
L’OPPOSIZIONE AL PREAVVISO DI FERMO AMMINISTRATIVO NON PUÒ ESSERE PROPOSTA NEI SOLI CONFRONTI DELL’AGENTE DELLA RISCOSSIONE, SEPPUR ABILITATO IN EXECUTIVIS, MA DEVE ESSERE PROPOSTA ANCHE NEI CONFRONTI DELL’ENTE CREDITORE
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GIURISDIZIONE – CREDITI TRIBUTARI, GIUDICE TRIBUTARIO – CREDITI NON TRIBUTARI, GIUDICE ORDINARIO
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[Giudice di Pace di Caserta, Avv. Generoso Bello, sentenza del 22 gennaio 2009]
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REPUBBLICA ITALIANA
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI CASERTA – Ia SEZIONE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace di Caserta, Avv. G. Bello, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 7348/08 R.G., avente ad oggetto: opposizione a preavviso di fermo amministrativo, introitata in decisione il 16.1.2009, vertente
TRA
MEVIAX , nata a Napoli …, elettivamente domiciliata in … presso lo studio dell’Avv. … che la rappresenta e difende per mandato a margine dell’atto di citazione; (opponente)
E
EQUITALIA POLIS S.p.A., Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in S. Maria C. V. (CE) alla Via ..., presso lo studio dell’Avv. ... che la rappresenta e difende per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta; (opposta)
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CONCLUSIONI: come da verbale di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato, Meviax , rappresentata e difesa come in epigrafe, conveniva innanzi a questa Giustizia la Equitalia Polis S.p.A., Agente per la Riscossione dei Tributi per la Provincia di Caserta, in persona del l.r.p.t., per ivi sentir accogliersi le seguenti conclusioni: a) dichiarare l’illegittimità, vessatorietà e inammissibilità dell’operato della convenuta nella procedura del fermo amministrativo, con relative spese e more, in danno dell’istante; b) per l’effetto, previo provvedimento di sospensione, dichiarare l’inammissibilità ed inefficacia del dello stesso fermo amministrativo opposto, per mancanza di legittimazione e per mancanza del presupposto impositivo; c) condannare la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e personali, esistenziali e morali; d) vinte le spese e competenze di giudizio, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., con attribuzione.
A fondamento della domanda, l’istante esponeva: 1. che esso non aveva alcun debito nei confronti della convenuta, né era inadempiente; 2. esso non era proprietario dell’auto tg. …. per averla alienata in data 29.11.2007 a tale Meviox, come da certificato di proprietà; 3. il fermo eventuale si baserebbe su carichi di ruolo e cartelle di pagamento nei confronti delle quali pende ricorso dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, non ancora definiti; 4. il regolamento di attuazione ex comma IV dell’art. 86 DPR 602/73 non è stato ancora emanato, rendendo inapplicabile la normativa vigente in tema di fermo amministrativo; 5. vi era assoluta carenza di potere della convenuta ad emanare provvedimenti di fermo amministrativo; 6. tutte le pretese impositive alla base del fermo amministrativo sono genericamente quantificate a danno dell’istante, in palese violazione delle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi; 7. è legittimo opporsi e chiedere il risarcimento dei danni in via equitativa; 8) la convenuta dimostra di ignorare una serie di norme di legge in merito al tassativo contenuto della cartella esattoriale; 9. a nulla erano valsi i reiterati tentativi, né le telefonate, file, attese e reclami proposti al fine di giungere ad un bonario componimento ed archiviazione della controversia.
Si costituiva la Equitalia Polis S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa come in epigrafe, che resisteva alla domanda introduttiva e chiedeva: a. in via del tutto preliminare, dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice adito per essere la cognizione della materia affidata, in via esclusiva, alla Commissione Tributaria; b. sempre in rito, in via subordinata, si dichiari l’illegittimità ed inammissibilità dell’azione per violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c.; c. in via gradata, si dichiari l’improcedibilità ed inammissibilità della domanda per violazione dell’art. 57 DPR n. 602/72 e art. 617 c.p.c.; d. si rigetti la domanda in quanto inammissibile ed infondata, in fatto ed in diritto; e. vinte le spese e competenze di giudizio, con distrazione.
A sostegno delle proprie tesi, la Equitalia Polis S.p.A. deduceva, tra l’altro: 1) vi era il difetto di giurisdizione per essere competente la Giustizia Tributaria, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. e-ter del D.Lgs. 546/92, come modificato dall’art. 35, comma quinquies del D.L. 223/2006, convertito nella L. 248/2006; 2) l’azione era stata introdotta esclusivamente contro l’Agente della riscossione, mentre non sono stati chiamati in giudizio, quali litisconsorti necessari, gli enti impositori; 3) la domanda, così come formulata, ha natura di opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c.; 4) la notificazione dell’atto introduttivo era avvenuta oltre il termine perentorio di gg. 20 richiesti dal codice di rito; 5) la doglianza avanzata ex adverso relativamente alla presunta inesistenza dei titoli per nullità della notifica delle cartelle è del tutto infondata e come tale non merita accoglimento. Invero, parte attrice, da un lato, assume di non aver mai avuto la notifica delle cartelle di pagamento e, dall’altro, asserisce che avverso le stesse cartelle pendono i rispettivi giudizi dinanzi al giudice di pace di Napoli.
Nessun mezzo istruttorio veniva espletato e la causa veniva introitata a sentenza sulla scorta della documentazione in atti, delle conclusioni rassegnate e della discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La proposta opposizione è improcedibile.
Preliminarmente, deve chiarirsi che, effettivamente, la Legge 4.8.2006 n. 248, di conversione con modificazioni del D.L. 4.7.2006, n. 223, all’art. 35, comma 26 quinquies, ha statuito che all’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 31.12.1992 n. 546, dopo la lettera e), sono state aggiunte le seguenti: e-bis) “l'iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni”; e-ter) “il fermo di beni mobili registrati di cui all'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni”.
Non v’è, dunque, alcun dubbio che la citata norma ha statuito la competenza del giudice tributario nei casi di fermo amministrativo di beni mobili registrati.
Tuttavia, il Supremo Collegio, a Sezioni Unite, ha sancito la ripartizione della competenza tra giudice ordinario e giudice tributario nei casi di fermo amministrativo di beni mobili registrati, stabilendo che: “Con riferimento alle controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati, di cui all'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1972, ai fini della giurisdizione rileva la natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo, con la conseguenza che la giurisdizione spetterà al giudice tributario o al giudice ordinario a seconda della natura tributaria o meno dei crediti, ovvero ad entrambi se il provvedimento di fermo si riferisce in parte a crediti tributari e in parte a crediti non tributari”. (Cfr. Cass. civ. (Ord.), Sez. Unite, 05/06/2008, n. 14831).
E poiché nel caso di specie, almeno per quanto si legge dal preavviso di fermo amministrativo, si verte in tema di crediti non tributari, per infrazioni al codice della strada, sussiste la competenza del giudice ordinario.
Pertanto, l’eccezione sul difetto di giurisdizione, proposta da parte convenuta va rigettata.
Deve, inoltre, osservarsi che nel caso in esame non si tratta specificatamente di fermo amministrativo di autoveicolo ma di preavviso di fermo amministrativo e, dunque, di preavviso di esecuzione forzata o, comunque, di misura cautelare tendente ad ottenere la riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo conseguenti a sanzioni amministrative per violazioni al C.d.S..
E’, invece, condivisibile che il 4° c., l’art. 86, DPR 602/73, prevede che “con decreto del Ministro delle Finanze, di concerto con i ministri dell’In-terno e dei lavori Pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”, quindi anche, e soprattutto, la disciplina del fermo amministrativo.
Senonché, tale ultimo decreto non é mai stato emanato, ma ciò mai potrebbe dar luogo all’ipotesi del cd. “vuoto normativo”, poiché l’unico regolamento tuttora in vigore é rimasto quello di cui al D.M. n. 503/98, relativo però al fermo previsto dall’art. 91bis del DPR n.602/73, prima della riforma del-l’art. 86 del DPR n. 602/73, di cui al D.Lgs n.46/99, ulteriormente modificato dal D.Lgs 27.4.2001 n.193, che, all’art.1, c. 1°, lett. Q), prevede che: “decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50 c. 1°, il concessionario (60 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, ndr) può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate (DRE) ed alla Regione di residenza (del debitore)”.
Deve, dunque, affermarsi che il fermo amministrativo può essere regolarmente attuato anche senza il regolamento previsto dal 4 comma dell’art. 86 DPR n. 602/73, modificato dal D.Lgs n. 46/99 e dal D.Lgs n.193/01, ed è corretta la soluzione di ritenere tuttora applicabili le norme del precedente regolamento, di cui al D.M. n. 503/98, in quanto compatibili con la nuova disciplina.
Orbene, se é vero che si può ancora applicare il vecchio regolamento (per non creare vuoti normativi), é anche vero che deve, però, esaminarsi lo spirito di quest’ultimo, ovvero lo scopo per cui era stato disciplinato il fermo amministrativo con il D.M. n. 503/98.
Con la nuova norma, di cui al D.Lgs n. 193/01 é stato, tra l’altro, eliminato ogni riferimento al mancato reperimento del bene e il fermo é disposto direttamente dal concessionario della riscossione - che ora non deve ricercare, obbligatoriamente prima del fermo, il bene da pignorare - ma la natura del fermo amministrativo non muta solo per questo, perché esso é sempre diretto a garantire l’esecuzione forzata sui beni del debitore ed ha natura cautelare e rafforzativa dell’obbligo di pagamento già accertato e non più discutibile.
Nella fattispecie, peraltro, l’atto impugnato non attiene ad un fermo amministrativo già avvenuto, ma si tratta di un semplice “avviso di fermo amministrativo”, con l’indicazione di un termine per il pagamento delle somme iscritte a ruolo, alla cui scadenza, in caso di mancato pagamento, il Concessionario del Servizio riscossione si riserva o provvederà al fermo di che trattasi.
Ciò posto, il preavviso di azione esecutiva, emesso dalla Equitalia Polis S.p.A., quale Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, reca semplicemente l’invito al pagamento della somma di € 1.487,81 sul presupposto che alla data del 5.9.2007 risulterebbero, a nome dell’opponente, le cartelle di pagamento insolute delle quali sono riportati i numeri (esattamente le n. … e n. ….), entrambe relative a infrazioni del codice della strada; Ente creditore: il Comune di Napoli.
In sostanza, manca il titolo idoneo alla preavvisata azione esecutiva. Non si rileva, infatti, né è dimostrato se le cartelle di pagamento siano state regolarmente notificate.
Tale ultimo profilo, però, è superato dalle affermazioni della stessa opponente che, pur senza offrire alcun dato probatorio sul punto, assume che le due dette cartelle di pagamento sarebbero state oggetto di ricorso in opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Napoli, ammettendo, implicitamente, che le ripetute cartelle di pagamento sono state ad essa regolarmente notificate.
Per altro verso, giova sottolineare che il preavviso di fermo amministrativo di bene mobile registrato, non può essere confuso o ritenuto identico all’atto di precetto di pagamento, poiché mancante del titolo esecutivo ad esso allegato e, quindi, la disquisizione di parte opposta, secondo cui si tratterebbe di opposizione ex art. 617 c.p.c. e non ex art. 615 c.p.c., ha solo valore teorico poiché non è in discussione la qualificazione dell’azione, comunque proposta con evidente approssimazione.
Il dato saliente è che l’opposizione al preavviso di fermo amministrativo non può essere proposta nei soli confronti dell’Agente della Riscossione, seppur abilitato in executivis, ma deve essere proposta anche nei confronti dell’Ente creditore, nel caso di specie il Comune di Napoli, in litisconsorzio necessario con l’Agente della Riscossione.
E poiché la vocatio in ius è avvenuta nei soli confronti della Equitalia Polis S.p.A., va dichiarata l’improcedibilità dell’azione di che trattasi.
La natura della controversia ed i motivi che hanno portato alla declaratoria di improcedibilità dell’azione giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Giudice di Pace di Caserta, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Meviax , contro la Equitalia Polis S.p.A., in persona del l.r.p.t., disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede:
1) Dichiara l’improcedibilità della domanda;
2) Dichiara le spese di giudizio interamente compensate tra le parti.
Caserta, lì 22 Gennaio 2009
Il Giudice Coordinatore
Avv. Generoso Bello
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