Innanzitutto, per area destinata a parcheggio si
intende quella porzione di suolo, posta sia in
superficie che nel sottosuolo degli edifici, necessaria
alla sosta, alla manovra o all'accesso dei veicoli.
La disciplina giuridica di tale aree è stata caratterizzata
da vari interventi legislativi, che si sono succeduti
nel tempo, nonchè da un forte dibattito dottrinale
e giurisprudenziale che sembra non essere ancora
terminato.
La legge 267 del 1967 (Legge Ponte)
Il primo intervento legislativo finalizzato a
disciplinare organicamente la materie venne
posto in essere con la legge 765/1967
(Legge Ponte) che prevedeva, all'art 18,
che le costruzioni realizzate in seguito
alla data del 1 settembre 1967 fossero
provviste di spazi destinati a parcheggio
in misura non inferiore ad un metro
quadrato per ogni venti metri cubi di
costruzione. Tali parcheggi avrebbero
dovuto essere posti nelle adiacenze
degli edifici, o ubicati sia all'interno che
nel sottosuolo degli edifici stessi.
Tuttavia, tale primo intervento legislativo
non definiva la natura del vincolo delle
aree adibite a parcheggio per cui dovette
intervenire prima la dottrina e poi la
giurisprudenza.
1) Secondo un primo orientamento
dottrinario, il vincolo de quo avrebbe
dovuto essere considerato un vincolo
oggettivo di destinazione, per cui i legittimi
proprietari di tali aree avrebbero potuto
liberamente disporne anche verso
soggetti “esterni”. Si tratterebbe,
quindi, di un mero vincolo oggettivo,
cioè la semplice destinazione a parcheggi
di determinate aree ubicate presso le
abitazioni.
2) Un altro orientamento, invece,
individuava nei parcheggi un vincolo
di destinazione di tipo soggettivo,
cioè tali aree avrebbero potuto essere
utilizzate soltanto dai proprietari o dai
detentori qualificati delle unità abitative
di riferimento. In base a ciò, se il parcheggio
fosse interno all'edificio, quello si sarebbe
dovuto ascrivere ai servizi comuni ex
art. 1117 c.c.. Se invece il parcheggio
fosse adiacente all'edificio, quello
avrebbe dovuto qualificarsi come
pertinenza ex lege
(sul punto si veda anche:
Cass. Civ. Sent. 244 del 1995).
3) Infine, un terzo orientamento
riteneva che i proprietari delle unità
abitative avessero un diritto d'uso
sui parcheggi. Tale diritto avrebbe potuto
farsi valere anche in caso di trasferimento
delle aree a tale fine destinate. La mancata
previsione di detto diritto d'uso avrebbe
comportato la nullità ex art. 1418 c.c.
del contratto di compravendita dell'unità
abitativa considerata (sul punto si veda anche:
Cass. Civ. Sez. Unite Sent. 9631 del 1996).
Al di là del dibattito dottrinale, invece,
la Suprema Corte con la Sentenza a
Sezioni Unite n. 6600 del 1984 enunciò
alcuni punti fermi sulla portata e
sull'applicazione dell'art 18 della Legge
Ponte. Innanzitutto, l'art 18 venne
considerato norma imperativa operante
anche tra privati. In secondo luogo,
il posto auto venne considerato una
pertinenza ex lege dell'immobile adibito
ad abitazione. Infine, una ipotetica
vendita dell'unità abitativa senza il
parcheggio avrebbe comportato
l'integrazione ex art. 1347 c.c. del
contratto di compravendita,
determinando in capo all'ex proprietario
un diritto reale d'uso sull'area adibita a
parcheggio.
In seguito, il Legislatore intervenne
ancora sul regime giuridico riguardante
dette aree con l'art 26 della legge 47 del
1985. Tale articolo stabiliva testualmente
che le aree destinate a parcheggio
costituivano delle vere e proprie pertinenze
delle costruzioni ai sensi
degli art. 817, 818, 819 c.c. e seguenti.
La portata di tale intervento normativo
venne poi precisata dalla pronuncia della
Cassazione a S.U. n. 3363 del 1989,
la quale chiarì il valore normativo della
legge 47/1985 e ribadì che l'ex proprietario
avrebbe avuto diritto
a godere di un diritto reale d'uso
sulle aree adibite
a parcheggio.
La legge n. 122 del 1989 (Legge Tognoli )
Di seguito, la Legge Tognoli (L. 122 del 1989) disciplinò
ulteriormente l'ambito in esame, immettendo notevoli
innovazioni. In primo luogo, stabilì un nuovo
rapporto di un metro quadro di parcheggi
per ogni dieci metri cubi di costruzione.
Inoltre, veniva disposto un nuovo regime
di agevolazioni fiscali per i costruttori.
Infine, venne stabilito che le aree
adibite a parcheggio non avrebbero
potuto essere cedute separatamente
rispetto all'unità abitativa alla quale
erano legate da vincolo pertinenziale.
In caso contrario, l'atto di compravendita
sarebbe stato nullo ex art. 1418 c.c..
Tale legge, però, portò ulteriori problemi
interpretativi ed applicativi, soprattutto
riguardo all'ipotesi, molto frequente nella
pratica, di realizzazione di posti auto in
eccedenza rispetto a quanto richiesto dalla
disciplina di settore.
Quindi, tali dubbi vennero fugati ancora
dalla Suprema Corte.
In base ad un primo orientamento
giurisprudenziale, dettato
dalla Cassazione conSent. 10459 del 2001,
il vincolo di destinazione
riguarderebbe l'intera area adibita
a parcheggio, a prescindere dal fatto
per cui una parte dei posti
auto sarebbe eccessiva rispetto a quanto
richiesto della legge. Invece, in base ad un secondo
orientamento, peraltro confermato dalla Sezioni Unite
con Sent. 12793 del 2005, la aree che eccedono la misura
imposta dalla legge non sarebbero soggette
a nessun vincolo e quindi il proprietario potrebbe
legittimamente cederle a terzi.
In ultimo, si registra un ulteriore intervento
legislativo con la recente
L. 246 del 2005. In base a tale norma gli spazi
adibiti a parcheggi non
sono gravati da vincoli pertinenziali di
sorta né da diritti d'uso
a favore dei proprietari di altre unità immobiliari
e sono trasferibili
autonomamente da esse. Dalla predetta
disposizione si evince che
è stato tolto da tale aree sia il vincolo
pertinenziale che il relativo
diritto d'uso. Inoltre, viene finalmente
stabilita la possibilità per gli aventi diritto di
cedere liberamente i posti auto, senza alcun
obbligo verso i titolari delle unità
abitative a cui si riferiscono.
Infine, la Cassazione con la Sent. 4264
del 2006, in sostanza, chiarisce che
la sopra detta norma si applica solo
per i parcheggi realizzati con le
nuove abitazioni ed ha come destinatari
i privati e la loro autonomia negoziale.
Avv. Azzeccagarbugli