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martedì 30 dicembre 2008

...La globalizzazione: Alcuni spunti per riflettere ...

Tra Oriente e Occidente
L’economia e il diritto nel raffronto tra due culture
di
Sergio Sabetta

La crescita economica nell’Est asiatico che ha coinvolto prepotentemente il continente Cina, pone il problema del confronto/raffronto fra due culture, due sistemi di pensiero maturati nei millenni i quali coinvolgono la visione che l’uomo ha di se stesso anche nel processo economico e quindi giuridico.
La prima e fondamentale questione è come si pone l’individuo nei confronti della collettività e la struttura gerarchica che ne deriva.
Vi sono due tipologie di poteri il “potere di fare” e il “potere di decidere”, il primo consiste nella suddivisione di procedure precise e rigide senza possibilità di variabili negli input – output, con attività standardizzate ripetitive efficaci nella produzione seriale di beni fisici, in cui il singolo ha una propria autonomia limitata e ben definita dalla sezione di procedura a lui assegnata, il secondo è sostanzialmente un potere di controllo costituito da una delega adeguata a gestire la variabilità nel settore assegnato e dal controllo sui subordinati addetti alle procedure a loro affidate.
Questa distinzione così rigida che presuppone una stretta gerarchia è di massima efficacia nella produzione di beni materiali, mentre viene a perdere efficacia nella produzione di servizi in cui si accresce la necessità dell’adattabilità decisionale del singolo alle variabili ambientali (Croci).
La gerarchia nel codificare la distribuzione del potere all’interno della comunità ne tutela al contempo la sopravvivenza nell’insieme a scapito dell’individualità, gli sforzi vengono coordinati e concentrati sia nella produzione che nella lotta agli elementi e alle altre comunità umane.
La gerarchia sostenibile presuppone un rispetto per il riconoscimento del ruolo e quindi la necessità per i vertici di restituire la delega di potere in termini di cura dei bisogni della base, interviene il principio di inclusione/esclusione nella comunità come premio/punizione al fine di motivare gli individui, i quali collaborano per il solo fatto di restare inclusi nella comunità il premio infatti è l’inclusione nella comunità stessa. La comunità come collettività è quindi posta al centro del tessuto sociale e non semplicemente una comunità composta da singoli individui.
Se l’esecuzione passiva delle procedure è alla base del sistema gerarchico cinese, l’individuo deve comunque essere convinto del suo agire pertanto la punizione in caso di violazione degli obblighi deve possedere una valenza rieducativa.
Nel suo agire quotidiano il singolo accumula un “patrimonio di rispettabilità” quale prodotto dei risultati ottenuti e dei suoi rapporti sociali, la rispettabilità è intesa quale combinazione di prestigio sociale e dignità personale, si crea quindi l’armonia sociale confuciana tramite il rispetto del potere gerarchico questo tuttavia non comporta una cieca obbedienza essendo la verità pragmaticamente adattabile alle situazioni quotidiane.
L’aggressività umana è controllata dalla gerarchia di rango che poggia sul riconoscimento dei meriti, questo tuttavia compromette in parte l’iniziativa del singolo il quale è naturalmente portato a scaricare la responsabilità lungo la scala gerarchica fino al giusto livello.
Ma qualsiasi sistema ha bisogno di un correttivo che nella cultura cinese è la rete di relazioni utili o guanxi, la quale consiste nell’obbligo di reciprocità senza limiti di spazio e di tempo fondata sul concetto di utilità e non necessariamente di amicizia. Questa permette di superare le eventuali disfunzioni che il sistema gerarchico presenti, ma perché funzioni l’obbligo di reciprocità deve essere certo ,pena l’esclusione dalla rete, i due sistemi non sono in contraddizione ma vengono ad integrarsi (Croci).
L’etica si risolve in una semplificazione organizzativa per una prevedibilità comportamentale, lo sviluppo economico è quindi slegato da una premessa democratica anche se si risolverà nel tempo in una democratizzazione più consona alla necessità di movimenti di merci e capitali con i minori controlli possibili ( Gavazzi, Tabelloni).
Toulmin sostiene che la funzione dell’etica è quella di armonizzare gli interessi dell’insieme, ossia le azioni della gente, si che il concetto di dovere è ineliminabile dalla meccanica sociale infatti attraverso il riconoscimento dei doveri comuni si ha la formazione di un’unica comunità, questo tuttavia non esclude l’evoluzione del codice morale in sintonia con i mutamenti della società in modo che le stesse regole possano apparire o eccessivamente rigide o pericolosamente molli.
Sebbene i giudizi etici acquistano per tale via una certa flessibilità di loro permane tuttavia il carattere imperativo (Hare), il quale peraltro può assumere un aspetto individuale ossia soggettivo, affrancandosi dalla preminenza della collettività.
Spinoza su tale via afferma con decisione il diritto del singolo di perseguire la sua “utilitas”, di piegare le leggi naturali ai suoi scopi senza andare contro di essa ma utilizzandole.
Riconoscendo nell’uomo una anima desiderante (cupiditas) si pone l’individuo al centro della ricerca non come immagine divina, ma come essere posto nella natura e manipolatore di essa. Vi è quindi uno sviluppo del “libero arbitrio” di San Tommaso in cui l’uomo determina se stesso ad agire in cui tuttavia la prima causa resta Dio, anche se questo toglie nulla alla auto-causalità dell’uomo stesso.
Tipica dell’uomo è la mobilità con un passaggio da uno stato all’altro dei desideri e delle conoscenze, sia verso l’alto che verso il basso, con una sua necessaria auto-espansione comunque consapevole delle condizioni esistenti anche di tipo politico.
Se vi è la necessità di cambiare le proprie condizioni per rendere la vita più sicura, tuttavia l’intervento sul mondo dipende dalla capacità di utilizzare le situazioni per creare lo spazio di movimento necessario alle modifiche, è pertanto l’organizzazione che viene ad influire sull’etica secondo un concetto di etica organizzativa in cui l’interpretazione del mondo non è in contrasto con il cambiamento del mondo, da qui tuttavia nasce anche l’esigenza di modificare il mondo per modificare le coscienze (Marx).
Spinoza si avvicina all’etica cinese della persuasione quando, negando la riduzione della politica al solo timore per costringere all’obbedienza delle leggi (Hobbes), recupera la collettività e la necessità di una convinzione all’azione collettiva al fine di una possibile crescita reciproca.
Vi è quindi una impossibilità da giustificare in assoluto i giudizi etici (Ross) se non sulla base di principi sui quali ci sia accordo (Scarpelli).
Questo porta nell’occidente ad affermare che l’uomo non è niente all’inizio, ma sarà solo in seguito per quello che si sarà fatto, quindi è il singolo che si fa che si definisce nel mondo (esistenzialismo). Su ogni uomo ricade la responsabilità totale della sua esistenza non in termini puramente individuali, ma anche verso gli altri individui, il nostro punto di partenza è la soggettività dell’individuo, ma è solo tramite l’altro che si definisce, si scopre così l’intersoggettività ossia l’universalità umana di “condizione”, ossia i limiti a priori che definiscono la situazione dell’individuo nell’universo questa tuttavia non è data ma è in un perpetuo costituirsi (Sartre).
La libertà diventa per Sartre il fondamento di ogni altro valore, ma questa nostra libertà è il frutto di un interscambio di libertà. La libertà è stata anche vista come una “possibilità” (Abbagnano) o libertà condizionata pertanto relativa (Gurvitch).
Comunque mentre in un caso la libertà risiede nella sicurezza dell’inclusione nella comunità, nel secondo la libertà è l’interscambio della ricerca individuale di cui si discute esclusivamente dell’ampiezza.
Vi è un ben definito diritto naturale del singolo alla libera ricerca della propria “utilitas” nel rapporto con la comunità a cui non devono essere trasferiti in modo assoluto e inappellabile i propri diritti, attraverso un confronto / raffronto il bilanciamento degli interessi e delle volontà singole si forgeranno nello stato democratico. Le conseguenze di questo porsi dell’individuo nei confronti della collettività che affonda le sue radici già nel mondo antico in particolare con gli stoici, viene ripreso dal giusnaturalismo di Grozio e Rousseau che sebbene criticato nella sua distinzione tra diritto giusto e diritto ingiusto, fino a parlare della giustizia solo come di un “valore interno” al diritto e pertanto frutto di una scelta arbitraria (Kelsen, Ross), non può negare lo spirito individuale della ricerca e la libertà che ne consegue di cui circolarmente ne è anche fondamento.
Le conseguenze politiche ed economiche sono quindi profondamente differenti dal modello di comunità confuciano proprio della Cina, basti pensare allo sviluppo del pensiero sociale di Comte e Marx da cui nacquero nel XIX secolo i sindacati e nel XX secolo il welfare, in economia al liberismo e al keynesismo fino all’attuale sviluppo nell’ambito del management delle teorie relative alle risorse umane, come il knolewdge management. Questo sebbene vi siano stati nell’età moderna il fordismo e la produzione tayloristica, gli assolutismi ideologici e le dittature quali estremismi di un irrigidimento produttivo e sociale della Grande Guerra frutto avvelenato di un tecnicismo non elaborato pragmaticamente, bensì idealizzato o demonizzato.
______________
Bibliografia
A. Merli, Quei leader senza democrazia, Il Sole 24 Ore, 28/5/08 (Festival dell’Economia);
M. Croci, L’importanza della gerarchia in Cina, “E. & M.” S.D.A. Bocconi, 43-52, 4/08;
R. Bodei, La filosofia di Spinoza: l’importanza delle passioni, Emsf.rai.it/interviste;
G. Carcatezza, Principi di giustizia e fondamento del diritto A. A. 2004/2005, I-LEX.it/quaderni/4, 4/2/2006;
A. Abbagnano, Storia della filosofia, UTET, 1974;
F. Guoato – L. Riveda, Una visione strategica del knowledge management, in Harvard Business Review, 56-65, 7- 8/2008.

...La globalizzazione: Alcuni spunti per riflettere ...

Tra Oriente e Occidente
L’economia e il diritto nel raffronto tra due culture
di
Sergio Sabetta

La crescita economica nell’Est asiatico che ha coinvolto prepotentemente il continente Cina, pone il problema del confronto/raffronto fra due culture, due sistemi di pensiero maturati nei millenni i quali coinvolgono la visione che l’uomo ha di se stesso anche nel processo economico e quindi giuridico.
La prima e fondamentale questione è come si pone l’individuo nei confronti della collettività e la struttura gerarchica che ne deriva.
Vi sono due tipologie di poteri il “potere di fare” e il “potere di decidere”, il primo consiste nella suddivisione di procedure precise e rigide senza possibilità di variabili negli input – output, con attività standardizzate ripetitive efficaci nella produzione seriale di beni fisici, in cui il singolo ha una propria autonomia limitata e ben definita dalla sezione di procedura a lui assegnata, il secondo è sostanzialmente un potere di controllo costituito da una delega adeguata a gestire la variabilità nel settore assegnato e dal controllo sui subordinati addetti alle procedure a loro affidate.
Questa distinzione così rigida che presuppone una stretta gerarchia è di massima efficacia nella produzione di beni materiali, mentre viene a perdere efficacia nella produzione di servizi in cui si accresce la necessità dell’adattabilità decisionale del singolo alle variabili ambientali (Croci).
La gerarchia nel codificare la distribuzione del potere all’interno della comunità ne tutela al contempo la sopravvivenza nell’insieme a scapito dell’individualità, gli sforzi vengono coordinati e concentrati sia nella produzione che nella lotta agli elementi e alle altre comunità umane.
La gerarchia sostenibile presuppone un rispetto per il riconoscimento del ruolo e quindi la necessità per i vertici di restituire la delega di potere in termini di cura dei bisogni della base, interviene il principio di inclusione/esclusione nella comunità come premio/punizione al fine di motivare gli individui, i quali collaborano per il solo fatto di restare inclusi nella comunità il premio infatti è l’inclusione nella comunità stessa. La comunità come collettività è quindi posta al centro del tessuto sociale e non semplicemente una comunità composta da singoli individui.
Se l’esecuzione passiva delle procedure è alla base del sistema gerarchico cinese, l’individuo deve comunque essere convinto del suo agire pertanto la punizione in caso di violazione degli obblighi deve possedere una valenza rieducativa.
Nel suo agire quotidiano il singolo accumula un “patrimonio di rispettabilità” quale prodotto dei risultati ottenuti e dei suoi rapporti sociali, la rispettabilità è intesa quale combinazione di prestigio sociale e dignità personale, si crea quindi l’armonia sociale confuciana tramite il rispetto del potere gerarchico questo tuttavia non comporta una cieca obbedienza essendo la verità pragmaticamente adattabile alle situazioni quotidiane.
L’aggressività umana è controllata dalla gerarchia di rango che poggia sul riconoscimento dei meriti, questo tuttavia compromette in parte l’iniziativa del singolo il quale è naturalmente portato a scaricare la responsabilità lungo la scala gerarchica fino al giusto livello.
Ma qualsiasi sistema ha bisogno di un correttivo che nella cultura cinese è la rete di relazioni utili o guanxi, la quale consiste nell’obbligo di reciprocità senza limiti di spazio e di tempo fondata sul concetto di utilità e non necessariamente di amicizia. Questa permette di superare le eventuali disfunzioni che il sistema gerarchico presenti, ma perché funzioni l’obbligo di reciprocità deve essere certo ,pena l’esclusione dalla rete, i due sistemi non sono in contraddizione ma vengono ad integrarsi (Croci).
L’etica si risolve in una semplificazione organizzativa per una prevedibilità comportamentale, lo sviluppo economico è quindi slegato da una premessa democratica anche se si risolverà nel tempo in una democratizzazione più consona alla necessità di movimenti di merci e capitali con i minori controlli possibili ( Gavazzi, Tabelloni).
Toulmin sostiene che la funzione dell’etica è quella di armonizzare gli interessi dell’insieme, ossia le azioni della gente, si che il concetto di dovere è ineliminabile dalla meccanica sociale infatti attraverso il riconoscimento dei doveri comuni si ha la formazione di un’unica comunità, questo tuttavia non esclude l’evoluzione del codice morale in sintonia con i mutamenti della società in modo che le stesse regole possano apparire o eccessivamente rigide o pericolosamente molli.
Sebbene i giudizi etici acquistano per tale via una certa flessibilità di loro permane tuttavia il carattere imperativo (Hare), il quale peraltro può assumere un aspetto individuale ossia soggettivo, affrancandosi dalla preminenza della collettività.
Spinoza su tale via afferma con decisione il diritto del singolo di perseguire la sua “utilitas”, di piegare le leggi naturali ai suoi scopi senza andare contro di essa ma utilizzandole.
Riconoscendo nell’uomo una anima desiderante (cupiditas) si pone l’individuo al centro della ricerca non come immagine divina, ma come essere posto nella natura e manipolatore di essa. Vi è quindi uno sviluppo del “libero arbitrio” di San Tommaso in cui l’uomo determina se stesso ad agire in cui tuttavia la prima causa resta Dio, anche se questo toglie nulla alla auto-causalità dell’uomo stesso.
Tipica dell’uomo è la mobilità con un passaggio da uno stato all’altro dei desideri e delle conoscenze, sia verso l’alto che verso il basso, con una sua necessaria auto-espansione comunque consapevole delle condizioni esistenti anche di tipo politico.
Se vi è la necessità di cambiare le proprie condizioni per rendere la vita più sicura, tuttavia l’intervento sul mondo dipende dalla capacità di utilizzare le situazioni per creare lo spazio di movimento necessario alle modifiche, è pertanto l’organizzazione che viene ad influire sull’etica secondo un concetto di etica organizzativa in cui l’interpretazione del mondo non è in contrasto con il cambiamento del mondo, da qui tuttavia nasce anche l’esigenza di modificare il mondo per modificare le coscienze (Marx).
Spinoza si avvicina all’etica cinese della persuasione quando, negando la riduzione della politica al solo timore per costringere all’obbedienza delle leggi (Hobbes), recupera la collettività e la necessità di una convinzione all’azione collettiva al fine di una possibile crescita reciproca.
Vi è quindi una impossibilità da giustificare in assoluto i giudizi etici (Ross) se non sulla base di principi sui quali ci sia accordo (Scarpelli).
Questo porta nell’occidente ad affermare che l’uomo non è niente all’inizio, ma sarà solo in seguito per quello che si sarà fatto, quindi è il singolo che si fa che si definisce nel mondo (esistenzialismo). Su ogni uomo ricade la responsabilità totale della sua esistenza non in termini puramente individuali, ma anche verso gli altri individui, il nostro punto di partenza è la soggettività dell’individuo, ma è solo tramite l’altro che si definisce, si scopre così l’intersoggettività ossia l’universalità umana di “condizione”, ossia i limiti a priori che definiscono la situazione dell’individuo nell’universo questa tuttavia non è data ma è in un perpetuo costituirsi (Sartre).
La libertà diventa per Sartre il fondamento di ogni altro valore, ma questa nostra libertà è il frutto di un interscambio di libertà. La libertà è stata anche vista come una “possibilità” (Abbagnano) o libertà condizionata pertanto relativa (Gurvitch).
Comunque mentre in un caso la libertà risiede nella sicurezza dell’inclusione nella comunità, nel secondo la libertà è l’interscambio della ricerca individuale di cui si discute esclusivamente dell’ampiezza.
Vi è un ben definito diritto naturale del singolo alla libera ricerca della propria “utilitas” nel rapporto con la comunità a cui non devono essere trasferiti in modo assoluto e inappellabile i propri diritti, attraverso un confronto / raffronto il bilanciamento degli interessi e delle volontà singole si forgeranno nello stato democratico. Le conseguenze di questo porsi dell’individuo nei confronti della collettività che affonda le sue radici già nel mondo antico in particolare con gli stoici, viene ripreso dal giusnaturalismo di Grozio e Rousseau che sebbene criticato nella sua distinzione tra diritto giusto e diritto ingiusto, fino a parlare della giustizia solo come di un “valore interno” al diritto e pertanto frutto di una scelta arbitraria (Kelsen, Ross), non può negare lo spirito individuale della ricerca e la libertà che ne consegue di cui circolarmente ne è anche fondamento.
Le conseguenze politiche ed economiche sono quindi profondamente differenti dal modello di comunità confuciano proprio della Cina, basti pensare allo sviluppo del pensiero sociale di Comte e Marx da cui nacquero nel XIX secolo i sindacati e nel XX secolo il welfare, in economia al liberismo e al keynesismo fino all’attuale sviluppo nell’ambito del management delle teorie relative alle risorse umane, come il knolewdge management. Questo sebbene vi siano stati nell’età moderna il fordismo e la produzione tayloristica, gli assolutismi ideologici e le dittature quali estremismi di un irrigidimento produttivo e sociale della Grande Guerra frutto avvelenato di un tecnicismo non elaborato pragmaticamente, bensì idealizzato o demonizzato.
______________
Bibliografia
A. Merli, Quei leader senza democrazia, Il Sole 24 Ore, 28/5/08 (Festival dell’Economia);
M. Croci, L’importanza della gerarchia in Cina, “E. & M.” S.D.A. Bocconi, 43-52, 4/08;
R. Bodei, La filosofia di Spinoza: l’importanza delle passioni, Emsf.rai.it/interviste;
G. Carcatezza, Principi di giustizia e fondamento del diritto A. A. 2004/2005, I-LEX.it/quaderni/4, 4/2/2006;
A. Abbagnano, Storia della filosofia, UTET, 1974;
F. Guoato – L. Riveda, Una visione strategica del knowledge management, in Harvard Business Review, 56-65, 7- 8/2008.

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