Articolo 05.02.09
Il divorzio nel diritto cinese: confronto con il divorzio italiano
Nell’ordinamento vigente nella Repubblica Popolare Cinese il diritto di famiglia è in massima parte contenuto nelle leggi sul matrimonio, sull’adozione e sulle successioni.La legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese è stata approvata il 10 Settembre 1980, emendata il 28 Aprile 2001 sulla base della “Risoluzione sulla riforma della Legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese” ed è entrata in vigore il 28 Aprile 2001. Questa legge ha abrogato quella precedente del 1950.In Italia non esiste il divorzio consensuale, che si basi sul mero accordo dei coniugi, ma è necessario l’accertamento giudiziale dell’esistenza dei seguenti presupposti:
a) Impossibilità di mantenere e ricostruire la comunione materiale e spirituale tra i coniugi;
b) Esistenza di una delle cause tassativamente indicate all’art. 3 legge 898/70.
Nell’ordinamento giuridico cinese è previsto e disciplinato il divorzio consensuale. Infatti la suddetta legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese all’art. 31 recita espressamente: “Ai coniugi che volontariamente decidono entrambi di divorziare, può essere concesso il divorzio. Le parti devono recarsi all’Ufficio per la Registrazione del Matrimonio per presentare istanza di divorzio. L’Ufficio, verificata la loro effettiva volontà e l’esistenza di appropriate disposizioni in tema di figli e di beni, rilascia il certificato di divorzio.” E’ chiaro quindi, che il divorzio consensuale è concesso non dal Tribunale ma dall’ufficio competente in materia di divorzio consensuale, i cui compiti sono disciplinati dal Regolamento sulla registrazione dei Matrimoni negli artt. 14-19. I coniugi devono presentare, tra l’altro, la Convenzione di divorzio (离婚协议书) che deve contenere la dichiarazione della volontà di entrambe le parti di divorziare, le disposizioni sul mantenimento dei figli, sulle misure di sostegno economico per il coniuge in difficoltà economiche, sulla divisione dei beni di famiglia e sulle obbligazioni contratte.L’Ufficio non può entrare nel merito della Convenzione, ma l’art. 15 del Regolamento sulla registrazione dei matrimoni precisa che “il contenuto della convenzione deve essere a vantaggio della tutela dei legittimi diritti e interessi delle donne e dei figli” (协议的内容应当有利于保护妇女和子女的合法权益).Ai sensi dell’art. 17 del suddetto Regolamento, la mancanza di accordo tra le parti sul mantenimento dei figli o sulle misure di sostegno al coniuge in eventuale stato d’indigenza o sulle disposizioni patrimoniali o sull’adempimento di eventuali obbligazioni contratte durante la vita matrimoniale, è da annoverarsi tra le cause d’impedimento alla presa in esame del caso da parte dell’Ufficio.In caso di disaccordo dei coniugi, se il divorzio è chiesto da uno solo di essi, l’art. 32 della legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese, oltre alla possibilità di ricorrere direttamente al Tribunale Popolare, come avviene in Italia, dove la domanda di divorzio si propone mediante ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente, prevede un istituto sconosciuto all’ordinamento giuridico italiano: la conciliazione extragiudiziale.
La conciliazione extragiudiziale, sebbene non obbligatoria, è estremamente diffusa a causa della tendenza alla composizione delle controversie che prescindono dall’intervento di un organo giudiziario pubblico.Uffici competenti per la conciliazione extragiudiziale possono essere le rispettive unità di lavoro dei coniugi, gli organismi collettivi di massa, gli organismi di conciliazione di base.Il tentativo di conciliazione può avere esito positivo oppure può fallire.In caso di esito positivo si può verificare:1) la riconciliazione dei coniugi con conseguente proseguimento del rapporto coniugale;2) il consenso di entrambe le parti al divorzio e quindi la stesura scritta della convenzione con le disposizioni riguardo ai figli ed alla divisione del patrimonio, per procedere poi al divorzio consensuale presso l’Ufficio per la Registrazione dei matrimoni.Se, invece, il tentativo di conciliazione fallisce, è necessario ricorrere al Tribunale per il divorzio giudiziale.Ai sensi dell’art. 32 della legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese, il Tribunale deve procedere al tentativo di conciliazione.La conciliazione in giudizio (诉讼调解) può avere esito positivo o negativo.Nel primo caso può avere per risultato o la riconciliazione dei coniugi o il pieno accordo sulle modalità di divorzio.In quest’ultima ipotesi viene stilato un documento che riporta il contenuto della conciliazione, controfirmato dalle parti, dal giudice e dal personale amministrativo addetto. Esso è vincolante per le parti ed ha efficacia dal momento della conclusione.Se il tentativo obbligatorio di conciliazione fallisce, il Tribunale prosegue il procedimento fino all’emanazione della sentenza che concede o nega il divorzio.L’art. 32 della legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese, che prevede che il deterioramento del rapporto affettivo tra i coniugi è causa di giustificazione della richiesta di divorzio, riconosce l’importanza dell’affetto tra i coniugi, rispetto al criterio della mera presenza di una giusta causa (正当理由) di divorzio. Prima dell’introduzione della locuzione 感情破裂 nella legge del 1980 all’art. 25, corrispondente all’attuale emendato art. 32, la giusta causa di divorzio prescindeva dalla dimensione affettiva e sovente poteva essere determinata da ragioni addirittura politiche. Infatti il divorzio poteva essere concesso a chi era costretto a ricorrervi per motivi politici, senza che fossero mutati i propri sentimenti nei confronti del coniuge e poteva, al contrario, essere negato, per esempio, a chi intendeva divorziare dal proprio coniuge avendo una relazione affettiva extraconiugale.Infatti quest’ultima condotta, considerata un cattivo costume, non poteva rappresentare una giusta causa.Nel 1989 la Corte Popolare Suprema ha disciplinato 14 casi da considerarsi indicativi di感情破裂 (tra i quali per esempio i matrimoni per compravendita, i casi di abbandono e maltrattamento, la bigamia, etc.) e quindi tali da consentire l’approvazione di una richiesta di divorzio, una volta fallito il tentativo di mediazione.Gli artt. 33 e 34 della legge sul matrimonio della Repubblica Popolare Cinese prevedono due istituti assolutamente estranei all’ordinamento giuridico italiano: il primo a favore dei militari in servizio ed il secondo a favore delle donne in gravidanza o puerpere entro l’anno dalla nascita del figlio, ovvero delle donne che hanno abortito entro sei mesi dall’aborto.Infatti recita testualmente l’art. 33: “se il coniuge di un militare in servizio chiede il divorzio, deve prima ottenere il consenso da quest’ultimo, salvo il caso di grave colpa del militare stesso”.Questa particolare protezione dei membri dell’Esercito Popolare risale alla legislazione del periodo rivoluzionario. Anche la Legge sul Matrimonio della Repubblica Sovietica Cinese del 1934 all’art. 11 stabiliva “se la moglie di un soldato dell’Esercito rosso chiede di divorziare, deve ottenere il consenso del marito”. Questa regola era prevista anche dall’art. 19 della legge sul matrimonio della RPC del 1950.L’emendamento del 2001, con l’aggiunta dell’ultima frase “salvo il caso di grave colpa del militare stesso”, rimedia ad una situazione che poteva essere in contrasto col principio della libertà di matrimonio, specialmente nei casi di violenza in famiglia esercitata dal militare o nei casi di sua colpa grave.L’art. 34 della legge sul Matrimonio della Repubblica Popolare Cinese recita testualmente: “l’uomo non può chiedere il divorzio mentre la donna è in stato di gravidanza o prima che sia trascorso un anno dal parto, oppure nei sei mesi successivi all’interruzione della gravidanza. Tali limitazioni non si applicano se sia la donna a chiedere il divorzio o se il Tribunale Popolare ritenga che sia effettivamente necessario esaminare nel merito la richiesta di divorzio dell’uomo”. Premesso che nell’ordinamento matrimoniale cinese non esiste l’istituto della separazione legale, confrontando il suddetto art. 34 con le norme sulla separazione personale dei coniugi nel diritto italiano, si osserva che nel nostro ordinamento non esistono analoghe norme di protezione della donna sposata.Di conseguenza, lo stato di gravidanza della moglie, il termine di un anno dal parto e di sei mesi dall’interruzione di una gravidanza, non sono nell’ordinamento giuridico italiano situazioni d’incapacità per il marito a presentare istanza di separazione giudiziale.