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martedì 15 giugno 2010

Ordinanze contingibili ed urgenti e bonifica dei fondi

L'ordinanza di bonifica del sito non rientra fra le ordinanze contingibili ed urgenti


TAR Calabria-Catanzaro, sez. I, sentenza 31.05.2010 n° 959 (Aurelio Schiavone)


L’ordinanza resa dall’Ente comunale ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 242-244 del d.lgs. n. 152 del 2006 (TUA) per la bonifica dell’area inquinata non è sussumibile fra le ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 112/1998 ed all’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), disciplinate dall’ordinamento per far fronte ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero per prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
È quanto chiarito dal T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, Sezione I, con la sentenza 31 maggio 2010, n. 959.
Invero, l’esercizio del potere dell’ordinanza contingibile e urgente, adottata dal sindaco quale ufficiale di Governo, presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva[1]. Detto altrimenti, l’esercizio del potere extra ordinem presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento; situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica che impongono al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento extra ordinem, la cui ratio non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento[2]. Peraltro, siffatto potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione.
Di contro, in tema di bonifica di aree inquinate, gli artt. 242-244 TUA dettano un’articolata procedura ordinatoria. Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava, in primo luogo, sull'effettivo responsabile dell'inquinamento, responsabile che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244, D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).
Per tali ragioni, il T.A.R. Calabria ha accolto il ricorso avanzato dall’Agenzia del Demanio avverso l’ordinanza contingibile ed urgente adottata dal Sindaco per la bonifica di un bacino fluviale, avendo cura di chiarire inoltre che la competenza ad adottare l’ordinanza finalizzata ad assicurare la tutela ambientale è stata assegnata dal legislatore alla Provincia e non al Comune, in ragione dei molteplici interessi pubblici coinvolti in episodi di inquinamento, i quali normalmente trascendono l’ambito territoriale comunale.
Pertanto, al Comune spetta solo un apporto partecipativo al procedimento di bonifica dell’area ai sensi art. 244, comma 2, TUA, nella ben diversa veste di Ente esponenziale degli interessi localizzabili sul territorio, interessi la cui concreta tutela viene devoluta ex lege ad altri Enti ed organi[3].
Sotto altro profilo, l’azione amministrativa è stata censurata anche in ordine all’insufficiente istruttoria e al deficit motivazionale.
È infatti noto che in subiecta materia il legislatore ha previsto e sancito una procedura di cooperazione tra il responsabile del danno ambientale e le pubbliche amministrazioni preposte alla tutela, nonché una cooperazione tra le stesse amministrazioni territorialmente competenti fin anche a coinvolgere lo Stato, specie in ipotesi in cui si tratti di bonifica di aree di interesse nazionale. Sicchè, nei procedimenti amministrativi volti alla bonifica di siti inquinati vi è una maggiore e più profonda valenza dell’istruzione del procedimento al fine di perseguire al meglio con ogni efficacia ed efficienza la tutela dell’ambiente, con l’apporto partecipativo del responsabile dell’inquinamento e del proprietario incolpevole[4] [5].


(Altalex, 10 giugno 2010. Nota di Aurelio Schiavone)
________________


[1] Ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 10; Id., Sez. V, 28 maggio 2007, n. 2109; Id., Sez. II, 24 ottobre 2007, n. 2210, in www.giustizia-amministrativa.it.
[2] Cfr. Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Si veda, in tal senso, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 7 febbraio 2008, n. 372, in 
www.giustizia-amministrativa.it.


[4] Si veda, per un ampio commento organico alle procedure di rimozione rifiuti e a quella più complessa della bonifica di aree inquinate, la nota di commento di A.Mezzotero a T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20 ottobre 2009, n. 1118, in corso di pubblicazione su giurisprudenza di merito, Giuffrè.
[5] In ordine all’apporto partecipativo e alla necessaria comunicazione dell’avvio del procedimento sia in tema di rimozione rifiuti ex art. 192 TUA che di bonifica ex artt. 242-244, si vedano: T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254, in www.giustizia-amministrativa.it; in merito alla necessarietà della comunicazione dell’avvio del procedimento in ipotesi di ordinanza rimozione rifiuti ex art. 192 TUA, ex pluribus T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 31 gennaio 2008, n. 64, in www.giustamm.it; in senso conforme, T.A.R. Veneto, sez. III, 23 dicembre 2009, n. 3803, in www.giustizia-amministrativa.it. Si veda, altresì, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 7 maggio 2009, n. 1826, in www.ambientediritto.it; nello stesso senso, T.A.R. Toscana, sez. II, 6 maggio 2009, n. 772, ivi. Si veda, in dottrina, S. R. Cerruto, Note semi-brevi in tema di bonifiche. Analisi delle principali novità portate dal D.Lgs. n. 152/2006, par. 5, in www.giustizia-amministrativa.it.




T.A.R.
Calabria - Catanzaro
Sezione I
Sentenza 31 maggio 2010, n. 959
(Pres. Romeo, Est. Corrado)




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 254 del 2008, proposto da:
Agenzia del Demanio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso la quale è domiciliata per legge in Catanzaro, via G. Da Fiore;
contro
Comune di Serra D'Aiello;


per l'annullamento dell’ordinanza sindacale di bonifica del sito in agro di Serra d’Aiello.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2010 il dott. Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO E DIRITTO


La Procura della Repubblica di Paola in data 22 dicembre 2007 ha comunicato a diversi soggetti pubblici, tra cui il Dirigente Assessorato Ambiente della Provincia di Cosenza e il Sindaco del Comune di Serra d’Aiello, che nel corso di indagini e campionamenti di suolo in agro di Serra d’Aiello – bacino fluviale del fiume Oliva – sx idrauilica- effettuati da tecnici dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, per conto dell’Autorità giudiziaria, è stato accertato il superamento del valore di concentrazione della soglia di contaminazione (CSC) per il parametro chimico: rame.
Con ordinanza contingibile ed urgente n. 11/07 del 27 dicembre 2007 il Sindaco del Comune di Serra d’Aiello ha ordinato all’Agenzia del demanio, ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 152/2006, di provvedere alla bonifica del sito in agro di Serra d’Aiello – bacino fluviale del fiume Oliva –sx idraulica.
Detta ordinanza comunale è stata impugnata con il presente ricorso.
Dopo aver premesso alcune considerazioni in ordine alla sussistenza della legittimazione passiva del Comune intimato nonché in ordine alla correttezza della notifica effettuata presso la casa comunale, l’amministrazione ricorrente ha dedotto:
-1 - incompetenza – violazione erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 244, 2° comma, D.Lgs. n. 152 del 2006 (recante “norme in materia ambientale”). Violazione e falsa applicazione dell’art. 50, 4° e 5° comma e dell’art. 54 , 2° comma, del D. Lgs. n. 267/2000; l’impugnato provvedimento sarebbe, infatti, illegittimo, poiché emesso, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. n. 152 del 2006, nell’esercizio di una potestà ascrivibile all’ente Provincia, ma non al Sindaco. Inoltre l’ordinanza sindacale sarebbe stata emanata in mancanza dei presupposti propri del provvedimento contingibile ed urgente.
-2 -mancata comunicazione di avvio del procedimento: art. 7 legge 241/1990 e art. 192, comma 3 d. lgs. n. 152/2006- Violazione del contraddittorio. Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento. Mancanza assoluta di istruttoria. Violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost. e art. 1 , l. 241/1990).
L’ordinanza impugnata sarebbe stata emessa in dispregio dei fondamentali principi inerenti l’azione amministrativa, che presuppongono il rispetto della garanzie partecipative, l’onere motivazionale, l’espletamento di idonea e congrua istruttoria.

- 3- Violazione dell’articolo 244, d. lgs n. 152/2006. Insussistenza dei presupposti per l’emissione dell’ordine di bonifica del sito nei confronti dell’Agenzia del Demanio. Assenza della qualità di proprietario e gestore dell’Agenzia fiscale ricorrente del sito da bonificare. In particolare la ricorrente afferma che l’ordinanza impugnata fa riferimento ad un bacino fluviale che non è né gestito né di proprietà dell’Agenzia del Demanio ricadendo nell’ambito del demanio idrico la cui proprietà e gestione competono alla Regione, ai sensi del d.lgs. 112/1998.
-4 Mancanza assoluta di istruttoria – violazione del principio “chi inquina paga”. Violazione dell’art. 244, comma 2, D. Lgvo n. 152 del 2006: omesso compimento delle opportune indagini “ volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento”.
La P.A. avrebbe illegittimamente posto a carico dell’Agenzia del Demanio la bonifica del sito individuato, senza aver previamente accertato la sussistenza o meno delle responsabilità dell’Amministrazione per l’inquinamento del sito.
Non risulta costituita in giudizio l’intimata amministrazione comunale.
Alla pubblica udienza del 22 aprile 2010 il ricorso è passato in decisione.
Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Preliminarmente appare opportuno richiamare il disposto dell’articolo 244 del D.Lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale, espressamente richiamato nell’ordinanza impugnata, a mente del quale: “Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250” .
Alla luce di tale disciplina va accolta la doglianza con cui si rileva la incompetenza del Comune di Serra d’Aiello..
La competenza ad adottare l’ordinanza finalizzata ad assicurare la tutela ambientale è stata infatti assegnata dal legislatore alla Provincia e non al Comune, in ragione verosimilmente dei molteplici interessi pubblici coinvolti in episodi di inquinamento i quali normalmente trascendono l’ambito territoriale comunale. Il Comune, quindi, per come espressamente dispone la norma richiamata, non è competente ad emanare l’avversata ordinanza.
Nè detta ordinanza può essere ricondotta, come invece fa l’ente locale, tra le ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’articolo 117del D. Lgs. 112/1998 ed all’articolo 54 del D. Lgs 267/2000, disciplinate dall’ordinamento per far fronte ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero per prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
L'esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente del sindaco presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento; situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica, che impongono al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento “extra ordinem”, la cui “ratio” non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento (ex plurimis: Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844). Peraltro, siffatto potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione: in sostanza, esso presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 10; Sez. V, 28.5.2007, n. 2109; Sez. II, 24.10.2007, n.2210).
Lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente non appare, quindi, legittimamente utilizzabile nella fattispecie di cui alla presente controversia, e cioè per disporre in ordine alla bonifica di un sito inquinato. Per queste ipotesi, infatti, l’articolo 244 appresta una articolata procedura che, in base a quanto si evince dall’ordinanza, non appare rispettata anche per quanto concerne lo specifico profilo della esatta individuazione del responsabile dell’inquinamento registrato.
Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava, in primo luogo, sull'effettivo responsabile dell'inquinamento, responsabile che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).
Il complesso di questa disciplina, conforme al diritto comunitario, appare ispirato al cosiddetto principio del “chi inquina paga”, da intendersi in senso sostanzialistico e che consiste, in definitiva, nell’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita.
Va quindi precisato, alla luce di tale esigenza di effettività della protezione dell’ambiente, che, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive ma anche per condotte omissive, prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, che si sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori. ( cfr. T.A.R Calabria – Catanzaro 1118/2009).
Per quanto concerne la fattispecie all’attenzione di questo Collegio si osserva che non è stato individuato dall’ente locale il soggetto responsabile dell’inquinamento, ma la detta responsabilità è stata attribuita direttamente all’Agenzia del Demanio in qualità di proprietario, per come individuato dalla Provincia di Cosenza senza “aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento” per come prevede il citato articolo 244.
In verità nell’ordinanza si dà atto che “non è stato possibile individuare il responsabile dell’evento di superamento di concentrazione soglia di contaminazione (CSC): rame”; tuttavia se si tiene conto che l’ordinanza è stata emessa a distanza di appena 5 giorni dalla comunicazione della Procura della Repubblica (senza considerare le festività natalizie) dal rilevato inquinamento, l’asserita impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento non trova effettivo riscontro in alcuna attività istruttoria espletata vista la ristrettezza dei tempi intercosi tra i due atti.
Ne consegue la condivisibilità delle doglianze svolte dalla parte ricorrente anche quanto al profilo dell’insufficiente istruttoria e del deficit motivazionale.
Alla luce delle svolte considerazioni il ricorso va accolto poiché fondato.
Le spese e gli onorari di giudizio possono essere compensate
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere
Anna Corrado, Referendario, Estensore






Ordinanze contingibili ed urgenti e bonifica dei fondi

L'ordinanza di bonifica del sito non rientra fra le ordinanze contingibili ed urgenti

TAR Calabria-Catanzaro, sez. I, sentenza 31.05.2010 n° 959 (Aurelio Schiavone)

L’ordinanza resa dall’Ente comunale ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 242-244 del d.lgs. n. 152 del 2006 (TUA) per la bonifica dell’area inquinata non è sussumibile fra le ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’art. 117 del d.lgs. n. 112/1998 ed all’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), disciplinate dall’ordinamento per far fronte ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero per prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
È quanto chiarito dal T.A.R. Calabria, sede di Catanzaro, Sezione I, con la sentenza 31 maggio 2010, n. 959.
Invero, l’esercizio del potere dell’ordinanza contingibile e urgente, adottata dal sindaco quale ufficiale di Governo, presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva[1]. Detto altrimenti, l’esercizio del potere extra ordinem presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento; situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica che impongono al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento extra ordinem, la cui ratio non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento[2]. Peraltro, siffatto potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione.
Di contro, in tema di bonifica di aree inquinate, gli artt. 242-244 TUA dettano un’articolata procedura ordinatoria. Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava, in primo luogo, sull'effettivo responsabile dell'inquinamento, responsabile che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244, D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).
Per tali ragioni, il T.A.R. Calabria ha accolto il ricorso avanzato dall’Agenzia del Demanio avverso l’ordinanza contingibile ed urgente adottata dal Sindaco per la bonifica di un bacino fluviale, avendo cura di chiarire inoltre che la competenza ad adottare l’ordinanza finalizzata ad assicurare la tutela ambientale è stata assegnata dal legislatore alla Provincia e non al Comune, in ragione dei molteplici interessi pubblici coinvolti in episodi di inquinamento, i quali normalmente trascendono l’ambito territoriale comunale.
Pertanto, al Comune spetta solo un apporto partecipativo al procedimento di bonifica dell’area ai sensi art. 244, comma 2, TUA, nella ben diversa veste di Ente esponenziale degli interessi localizzabili sul territorio, interessi la cui concreta tutela viene devoluta ex lege ad altri Enti ed organi[3].
Sotto altro profilo, l’azione amministrativa è stata censurata anche in ordine all’insufficiente istruttoria e al deficit motivazionale.
È infatti noto che in subiecta materia il legislatore ha previsto e sancito una procedura di cooperazione tra il responsabile del danno ambientale e le pubbliche amministrazioni preposte alla tutela, nonché una cooperazione tra le stesse amministrazioni territorialmente competenti fin anche a coinvolgere lo Stato, specie in ipotesi in cui si tratti di bonifica di aree di interesse nazionale. Sicchè, nei procedimenti amministrativi volti alla bonifica di siti inquinati vi è una maggiore e più profonda valenza dell’istruzione del procedimento al fine di perseguire al meglio con ogni efficacia ed efficienza la tutela dell’ambiente, con l’apporto partecipativo del responsabile dell’inquinamento e del proprietario incolpevole[4] [5].

(Altalex, 10 giugno 2010. Nota di Aurelio Schiavone)
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[1] Ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2007, n. 10; Id., Sez. V, 28 maggio 2007, n. 2109; Id., Sez. II, 24 ottobre 2007, n. 2210, in www.giustizia-amministrativa.it.
[2] Cfr. Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Si veda, in tal senso, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 7 febbraio 2008, n. 372, in 
www.giustizia-amministrativa.it.

[4] Si veda, per un ampio commento organico alle procedure di rimozione rifiuti e a quella più complessa della bonifica di aree inquinate, la nota di commento di A.Mezzotero a T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 20 ottobre 2009, n. 1118, in corso di pubblicazione su giurisprudenza di merito, Giuffrè.
[5] In ordine all’apporto partecipativo e alla necessaria comunicazione dell’avvio del procedimento sia in tema di rimozione rifiuti ex art. 192 TUA che di bonifica ex artt. 242-244, si vedano: T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254, in www.giustizia-amministrativa.it; in merito alla necessarietà della comunicazione dell’avvio del procedimento in ipotesi di ordinanza rimozione rifiuti ex art. 192 TUA, ex pluribus T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 31 gennaio 2008, n. 64, in www.giustamm.it; in senso conforme, T.A.R. Veneto, sez. III, 23 dicembre 2009, n. 3803, in www.giustizia-amministrativa.it. Si veda, altresì, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 7 maggio 2009, n. 1826, in www.ambientediritto.it; nello stesso senso, T.A.R. Toscana, sez. II, 6 maggio 2009, n. 772, ivi. Si veda, in dottrina, S. R. Cerruto, Note semi-brevi in tema di bonifiche. Analisi delle principali novità portate dal D.Lgs. n. 152/2006, par. 5, in www.giustizia-amministrativa.it.


T.A.R.
Calabria - Catanzaro
Sezione I
Sentenza 31 maggio 2010, n. 959
(Pres. Romeo, Est. Corrado)


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 254 del 2008, proposto da:
Agenzia del Demanio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, presso la quale è domiciliata per legge in Catanzaro, via G. Da Fiore;
contro
Comune di Serra D'Aiello;

per l'annullamento dell’ordinanza sindacale di bonifica del sito in agro di Serra d’Aiello.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2010 il dott. Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

La Procura della Repubblica di Paola in data 22 dicembre 2007 ha comunicato a diversi soggetti pubblici, tra cui il Dirigente Assessorato Ambiente della Provincia di Cosenza e il Sindaco del Comune di Serra d’Aiello, che nel corso di indagini e campionamenti di suolo in agro di Serra d’Aiello – bacino fluviale del fiume Oliva – sx idrauilica- effettuati da tecnici dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, per conto dell’Autorità giudiziaria, è stato accertato il superamento del valore di concentrazione della soglia di contaminazione (CSC) per il parametro chimico: rame.
Con ordinanza contingibile ed urgente n. 11/07 del 27 dicembre 2007 il Sindaco del Comune di Serra d’Aiello ha ordinato all’Agenzia del demanio, ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 152/2006, di provvedere alla bonifica del sito in agro di Serra d’Aiello – bacino fluviale del fiume Oliva –sx idraulica.
Detta ordinanza comunale è stata impugnata con il presente ricorso.
Dopo aver premesso alcune considerazioni in ordine alla sussistenza della legittimazione passiva del Comune intimato nonché in ordine alla correttezza della notifica effettuata presso la casa comunale, l’amministrazione ricorrente ha dedotto:
-1 - incompetenza – violazione erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 244, 2° comma, D.Lgs. n. 152 del 2006 (recante “norme in materia ambientale”). Violazione e falsa applicazione dell’art. 50, 4° e 5° comma e dell’art. 54 , 2° comma, del D. Lgs. n. 267/2000; l’impugnato provvedimento sarebbe, infatti, illegittimo, poiché emesso, ai sensi dell’art. 244 del D. Lgs. n. 152 del 2006, nell’esercizio di una potestà ascrivibile all’ente Provincia, ma non al Sindaco. Inoltre l’ordinanza sindacale sarebbe stata emanata in mancanza dei presupposti propri del provvedimento contingibile ed urgente.
-2 -mancata comunicazione di avvio del procedimento: art. 7 legge 241/1990 e art. 192, comma 3 d. lgs. n. 152/2006- Violazione del contraddittorio. Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento. Mancanza assoluta di istruttoria. Violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost. e art. 1 , l. 241/1990).
L’ordinanza impugnata sarebbe stata emessa in dispregio dei fondamentali principi inerenti l’azione amministrativa, che presuppongono il rispetto della garanzie partecipative, l’onere motivazionale, l’espletamento di idonea e congrua istruttoria.
- 3- Violazione dell’articolo 244, d. lgs n. 152/2006. Insussistenza dei presupposti per l’emissione dell’ordine di bonifica del sito nei confronti dell’Agenzia del Demanio. Assenza della qualità di proprietario e gestore dell’Agenzia fiscale ricorrente del sito da bonificare. In particolare la ricorrente afferma che l’ordinanza impugnata fa riferimento ad un bacino fluviale che non è né gestito né di proprietà dell’Agenzia del Demanio ricadendo nell’ambito del demanio idrico la cui proprietà e gestione competono alla Regione, ai sensi del d.lgs. 112/1998.
-4 Mancanza assoluta di istruttoria – violazione del principio “chi inquina paga”. Violazione dell’art. 244, comma 2, D. Lgvo n. 152 del 2006: omesso compimento delle opportune indagini “ volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento”.
La P.A. avrebbe illegittimamente posto a carico dell’Agenzia del Demanio la bonifica del sito individuato, senza aver previamente accertato la sussistenza o meno delle responsabilità dell’Amministrazione per l’inquinamento del sito.
Non risulta costituita in giudizio l’intimata amministrazione comunale.
Alla pubblica udienza del 22 aprile 2010 il ricorso è passato in decisione.
Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Preliminarmente appare opportuno richiamare il disposto dell’articolo 244 del D.Lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale, espressamente richiamato nell’ordinanza impugnata, a mente del quale: “Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti.
La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
L'ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 253.
Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250” .
Alla luce di tale disciplina va accolta la doglianza con cui si rileva la incompetenza del Comune di Serra d’Aiello..
La competenza ad adottare l’ordinanza finalizzata ad assicurare la tutela ambientale è stata infatti assegnata dal legislatore alla Provincia e non al Comune, in ragione verosimilmente dei molteplici interessi pubblici coinvolti in episodi di inquinamento i quali normalmente trascendono l’ambito territoriale comunale. Il Comune, quindi, per come espressamente dispone la norma richiamata, non è competente ad emanare l’avversata ordinanza.
Nè detta ordinanza può essere ricondotta, come invece fa l’ente locale, tra le ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’articolo 117del D. Lgs. 112/1998 ed all’articolo 54 del D. Lgs 267/2000, disciplinate dall’ordinamento per far fronte ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero per prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
L'esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente del sindaco presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento; situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica, che impongono al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento “extra ordinem”, la cui “ratio” non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento (ex plurimis: Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844). Peraltro, siffatto potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l’utilizzo, quali appunto la necessità e l’urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione: in sostanza, esso presuppone un’oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (ex plurimis: Cons. St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 10; Sez. V, 28.5.2007, n. 2109; Sez. II, 24.10.2007, n.2210).
Lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente non appare, quindi, legittimamente utilizzabile nella fattispecie di cui alla presente controversia, e cioè per disporre in ordine alla bonifica di un sito inquinato. Per queste ipotesi, infatti, l’articolo 244 appresta una articolata procedura che, in base a quanto si evince dall’ordinanza, non appare rispettata anche per quanto concerne lo specifico profilo della esatta individuazione del responsabile dell’inquinamento registrato.
Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava, in primo luogo, sull'effettivo responsabile dell'inquinamento, responsabile che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare (artt. 242 e 244 D.Lgs. 152/2006), mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera "facoltà" di effettuare interventi di bonifica (art. 245); nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica saranno realizzate dalle Amministrazioni competenti (art. 250), salvo, a fronte delle spese da esse sostenute, l'esistenza di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno (art. 253).
Il complesso di questa disciplina, conforme al diritto comunitario, appare ispirato al cosiddetto principio del “chi inquina paga”, da intendersi in senso sostanzialistico e che consiste, in definitiva, nell’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita.
Va quindi precisato, alla luce di tale esigenza di effettività della protezione dell’ambiente, che, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l’imputabilità dell’inquinamento può avvenire per condotte attive ma anche per condotte omissive, prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, che si sia verificato un inquinamento e che questo sia attribuibile a determinati autori. ( cfr. T.A.R Calabria – Catanzaro 1118/2009).
Per quanto concerne la fattispecie all’attenzione di questo Collegio si osserva che non è stato individuato dall’ente locale il soggetto responsabile dell’inquinamento, ma la detta responsabilità è stata attribuita direttamente all’Agenzia del Demanio in qualità di proprietario, per come individuato dalla Provincia di Cosenza senza “aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento” per come prevede il citato articolo 244.
In verità nell’ordinanza si dà atto che “non è stato possibile individuare il responsabile dell’evento di superamento di concentrazione soglia di contaminazione (CSC): rame”; tuttavia se si tiene conto che l’ordinanza è stata emessa a distanza di appena 5 giorni dalla comunicazione della Procura della Repubblica (senza considerare le festività natalizie) dal rilevato inquinamento, l’asserita impossibilità di individuare il responsabile dell’inquinamento non trova effettivo riscontro in alcuna attività istruttoria espletata vista la ristrettezza dei tempi intercosi tra i due atti.
Ne consegue la condivisibilità delle doglianze svolte dalla parte ricorrente anche quanto al profilo dell’insufficiente istruttoria e del deficit motivazionale.
Alla luce delle svolte considerazioni il ricorso va accolto poiché fondato.
Le spese e gli onorari di giudizio possono essere compensate
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere
Anna Corrado, Referendario, Estensore



giovedì 27 agosto 2009

Appalti: Annullamento dell'Aggiudicazione e riparto di giurisdizione

Appalti: sul riparto di giurisdizione in merito all’annullamento dell’aggiudicazione
Consiglio di Stato , sez. V, decisione 19.05.2009 n° 3070 (Francesco De Santis)

Sussiste la giurisdizione civile sulla domanda volta ad accertare, con efficacia di giudicato, l’inefficacia del contratto la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo, con conseguente estraneità alla cognizione del giudice amministrativo della domanda di reintegrazione in forma specifica.

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ribadito la sua adesione all’arresto giurisprudenziale nazionale formatosi in ordine alla delicata questione del riparto di giurisdizione in relazione all’annullamento dell’aggiudicazione della gara d’appalto e ad i suoi effetti sul contratto medio tempore stipulato.

Come noto, in un primo momento la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato n. 6666/03) aveva ritenuto opportuno attrarre a sé la giurisdizione in merito alla sorte del contratto stipulato a seguito dei una procedura ad evidenza pubblica i cui atti sono stati poi investiti da una pronuncia demolitoria intervenuta in sede giurisdizionale.

Complesso è stato, inoltre, il dibattito in merito agli effetti sul contratto dell’annullamento dell’aggiudicazione, il quale ha portato alla formulazione di varie ipotesi fondate su diversi assunti motivazionali (Cfr. Cons. Stato n. 3355/04), delle quali se ne riportano qui le quattro preminenti. La prima ipotesi propende per l’annullabilità del contratto per la sopravvenuta incapacità a contrarre di uno dei contraenti. La seconda ipotesi, invece, è orientata verso la nullità del contratto prodotta dal difetto della volontà (requisito essenziale) provocata dalla violazione delle norme imperative poste alla base dell’evidenza pubblica. La terza ipotesi tende verso la caducazione automatica del contratto al venir meno dell’aggiudicazione, poiché fra le due figure esisterebbe una connessione funzionale. La quarta ipotesi, invece, insiste sulla inefficacia del contratto basata sull’assenza della condizione necessaria costituita dalla legittima aggiudicazione.

Il primo indirizzo del Consiglio di Stato, volto ad attrarre a sé la giurisdizione in merito alla sorte del contratto, è stato poi confutato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte la quale ha ritenuto di escludere la giurisdizione dei giudici amministrativi in merito agli effetti sul contratto dell’annullamento dell’aggiudicazione. Secondo le SS.UU., infatti, il profilo pubblicistico relativo ad una procedura selettiva si arresta con l’aggiudicazione, momento questo che segna il passaggio della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario, poiché i rapporti a questa successivi, segnati da posizioni di diritto soggettivo, rivestono un carattere essenzialmente privatistico (Corte Cass. n. 27169/07).

Successivamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, rievocando così il concordato del 1930 siglato fra Santi Romano (Presidente del Consiglio di Stato) e D’Amelio (Presidente della Corte di Cassazione) sul criterio di riparto, ha condiviso l’appena citato indirizzo della Suprema Corte secondo il quale sussisterebbe la giurisdizione del giudice civile sulla domanda volta ad ottenere, con efficacia di giudicato, l’accertamento dell’inefficacia del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione.

Il massimo Consesso della giustizia amministrativa, inoltre, dopo aver condiviso la posizione della Suprema Corte ha rilevato un’ulteriore conseguente aspetto. I Giudici di Palazzo Spada, infatti, hanno ritenuto che la possibilità di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento in forma specifica, conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione, non debba rientrare nella cognizione del giudice amministrativo in quanto, seppur prevista dall’art. 35 del d.lgs. n. 80/98 come modificato dall’art. 7 della l. n. 205/2000, non rientra nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva così come prevista dall’art. 244 del d.lgs. n. 163/06 il quale prevede la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture non facendo riferimento, dunque, alla fase di esecuzione dei relativi contratti.

Ciò posto, il giudice amministrativo, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, potrà esclusivamente disporre il risarcimento per equivalente e non anche quello in forma specifica, che nella sostanza si realizzerebbe con il subentro del concorrente pretermesso a quello la cui aggiudicazione è stata annullata in via giurisdizionale.

L’Adunanza Plenaria ritiene, però, che tali determinazioni non comportino una diminuzione di tutela per il ricorrente vittorioso che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione, poiché la sentenza di annullamento comporterebbe in capo all’Amministrazione l’obbligo di conformarsi alle statuizioni in essa contenute. L’Amministrazione, quindi, non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione e, nel caso in cui questa non si conformasse alla sentenza di annullamento, il giudice amministrativo potrebbe, in sede di ottemperanza, adottare tutte le opportune misure per darne completa esecuzione.

In questa sede il giudice amministrativo, quindi, in forza della sua giurisdizione di merito, potrà adottare, direttamente o per il tramite di un commissario ad acta, tutte le misure necessarie per dare completa soddisfazione alle pretese del ricorrente, anche, a questo punto, il risarcimento in forma specifica (Cons. Stato, Ad. Plen., sentenza n. 9/08).

L’assunto motivazionale appena esposto è richiamato in toto dalla sentenza in commento, a riprova della solidità dell’intesa raggiunta fra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione sulle dibattute problematiche connesse alla sorte del contratto in seguito all’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione.

Pare opportuno, tuttavia, segnalare la possibilità che un intervento legislativo apporti delle importanti modifiche a tale impostazione giurisprudenziale, devolvendo ad un unico giudice la giurisdizione sia sulle questioni attinenti le procedure selettive che su quelle relative agli effetti di un’eventuale pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione sulle vicende contrattuali a quest’ultima connesse.

L’Unione Europea, infatti, con la direttiva 2007/66/CE, da recepire entro il 20 dicembre 2009, è orientata a far conseguire il massimo della tutela possibile al ricorrente vittorioso che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione.

Inoltre, la recente legge n. 69/2009, recante anche disposizioni per la riforma del processo civile, all’art. 44 contiene una delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo. Secondo i princìpi e i criteri direttivi di tale delega il riassetto dovrà, fra l’altro, assicurare la concentrazione e l’effettività della tutela e dovrà riordinare le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni.

L’assetto giurisprudenziale attuale, infatti, mal si concilia con le finalità concrete che spingono il ricorrente ad adire l’autorità giurisdizionale, dalla quale vorrebbe essenzialmente ottenere in breve tempo il bene delle vita ricercato, cioè il subentro al concorrente vittorioso e la possibilità di eseguire l’opera o il servizio.

Sembra auspicabile, dunque, che venga introdotta una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva, devolvendo al giudice amministrativo la giurisdizione anche sulle conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione, non costringendo, così, il ricorrente a dividersi fra due plessi giurisdizionali al fine di ottenere una tutela piena.

(Altalex, 21 luglio 2009. Nota di Francesco De Santis)




Consiglio di Stato

Sezione V

Decisione 19 maggio 2009, n. 3070


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2008

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi in appello:

n. 4882/08 Reg. Gen., proposto da X. RISTORAZIONE s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giustino Ciampoli, Francesco Bellocchio e Diego Vaiano, elettivamente domiciliata presso l’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;

CONTRO

Y. S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Zoppolato ed elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via del Mascherino n. 72;

E NEI CONFRONTI

del COMUNE di MAGENTA, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;

n. 5398/08 Reg. Gen., proposto dal COMUNE di MAGENTA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Guido Bardelli e Andrea Manzi, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, via Confalonieri n. 5;

CONTRO

Y. S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Zoppolato ed elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, via del Mascherino n. 72;

E NEI CONFRONTI

di X. RISTORAZIONE s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giustino Ciampoli, Francesco Bellocchio e Diego Vaiano, elettivamente domiciliata presso l’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;

entrambi per la riforma

della sentenza 8 maggio 2008 n. 1370 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sezione prima, resa tra le parti.

Visti i ricorsi principali con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;

Visti i ricorsi incidentali di Y. S.p.A. e di X. Ristorazione s.r.l.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2009, relatore il consigliere Angelica Dell’Utri Costagliola, uditi per le parti gli Avv.ti Resta, su delega dell’Avv. Vaiano, Manzi e Caputo, quest’ultimo su delega dell’Avv. Zoppolato;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

I.- Con atto inviato per le notifiche il 13 giugno 2008 e depositato il 16 seguente la X. Ristorazione s.r.l., aggiudicataria della gara col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa indetta dal Comune di Magenta per l’affidamento per nove anni della “gestione del servizio di ristorazione per gli asili nido e le scuole d’infanzia, scuole primarie, scuole secondarie di primo grado e servizio agli anziani”, ha appellato la sentenza 8 maggio 2008 n. 1370 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sezione prima, con la quale l’aggiudicazione, i sottostanti verbali ed il disciplinare (nella parte relativa al monte ore) sono stati annullati in accoglimento del ricorso proposto da Y. S.p.A., classificata al secondo posto della graduatoria di gara.

Premesso di aver interesse solo secondario alla riforma della pronuncia con riguardo all’accoglimento del primo motivo di gravame, concernente l’omessa verifica dell’anomalia dell’offerta che, una volta eseguita, potrebbe avere esito favorevole, a sostegno dell’appello ha dedotto:

1.- Erroneità e contraddittorietà della sentenza, apoditticità e carenza della motivazione; omessa pronuncia.

Il TAR, nell’accogliere il secondo motivo, concernente le modalità di attribuzione del punteggio per l’elemento B.2 dell’offerta tecnica “monte ore del personale per la durata del contratto”, e pur riconoscendo in linea di principio legittima la scelta di escludere il criterio di attribuzione del punteggio massimo al concorrente che avesse offerto il monte ore più alto, ha ritenuto illegittimo quello adottato dall’Amministrazione (punteggio massimo al concorrente che offra un numero di ore più vicino al valore medio) perché non legato a parametri oggettivi e prevedibili, tali da permettere ai concorrenti di determinarsi nelle loro offerte in modo consapevole e ponderato. Non ha però chiarito come abbia riscontrato tale carenza di oggettività e prevedibilità. Di contro, le offerte, attestatesi tutte intorno al valore medio, comprovano la preventivabilità del dato medio e l’efficacia e logicità di siffatto parametro, il quale intendeva premiare l’offerta di un monte ore più coerente, nella prospettiva di un uso ottimale del personale ai fini della maggior efficienza del servizio e del consequenziale aumento delle risorse destinate alla qualità delle derrate.

Peraltro, come eccepito in primo grado la censura era inammissibile perché relativa a valutazioni dell’amministrazione sottratte al sindacato giurisdizionale, salvo che per manifesta illogicità o contraddittorietà (vizi nella specie insussistenti, tanto che in sentenza non se ne fa menzione anzi si afferma – come detto - che la scelta è in linea di principio legittima), tardiva, avendo la ricorrente deciso di competere senza riserve ed accettando le regole di gara, ed inammissibile per carenza di interesse (sul punto, la sentenza omette ogni pronuncia), giacché anche applicando il parametro propugnato dalla Y. l’esito della gara non muterebbe.

2.- Erroneità e contraddittorietà della sentenza; carenza di motivazione.

Circa il motivo concernente l’elemento qualitativo B.1 “coerenza generale dell’organizzazione del servizio per le attività richieste dal CSO”, il TAR ha ritenuto mancante nel disciplinare un’adeguata indicazione dei criteri di valutazione ed illegittima l’attribuzione del punteggio (massimo) all’appellante perché immotivata. Circa il primo punto, non si spiega perché il sottocriterio non fosse sufficiente a guidare la Commissione, nonostante che il disciplinare indicasse le modalità di attribuzione del relativo punteggio (dalle quali è possibile risalire all’iter logico seguito dalla commissione), e nel contempo si dà atto della difficoltà di predeterminare criteri in relazione ad un fattore esprimente, nella sostanza, il gradimento dell’amministrazione. Peraltro, la censura era, oltre che infondata, inammissibile per omessa indicazione di indici sintomatici di eccesso di potere che giustificassero l’interesse ad agire della ricorrente, l’intervento giurisdizionale nell’ambito discrezionale delle scelte della stazione appaltante e la soltanto presunta assenza di logicità e motivazione dell’assegnazione del punteggio all’appellante.

3.- Erroneità e contraddittorietà della sentenza e difetto dei presupposti di fatto e di diritto.

In ordine al primo motivo, il TAR ha ritenuto la sussistenza dell’obbligo di verificare l’anomalia dell’offerta ai sensi dell’art. 86, co. 2, del d.lgs. n. 163 del 2006 in quanto, ancorché tale norma sia inapplicabile alle gare riguardanti appalti di servizi, dal rinvio dell’art. 6 del disciplinare alle norme in materia di giustificazioni preventive sarebbe ragionevole inferire la volontà dell’amministrazione di assoggettarsi alla disciplina sull’anomalia nel suo complesso. In tal modo si travisa la portata delle norme espressamente richiamate dal disciplinare, riguardanti esclusivamente l’allegazione di giustificazioni (sicché in tal senso era la volontà dell’amministrazione) e non anche la determinazione dei criteri per l’individuazione delle offerte anormalmente basse. Né è corretto il riferimento fatto in sentenza agli artt. 1367 e 1368 c.c., poiché non vi era alcuna clausola dubbia, dunque non vi era necessità di ricostruire ulteriori ed inespressi significati attraverso indagini ermeneutiche ed integrative.

4.- Sui motivi di ricorso assorbiti dalla sentenza impugnata.

I restanti due motivi, secondo i quali la commissione avrebbe stabilito sottocriteri dopo l’apertura delle offerte (quarto motivo) ed in violazione dei criteri fissati dal disciplinare (quinto motivo), sono infondati ed erronei. Anche i sottocriteri erano dettagliatamente indicati nel disciplinare e la commissione si è limitata a semplici annotazioni relative all’iter logico valutativo seguito nell’attribuzione dei punteggi per taluni elementi, puntualmente aderenti ai criteri predetti. Peraltro, si tratta di contestazioni di merito su scelte valutative, perciò inammissibili anche per carenza di interesse.

5.- Sul capo della pronuncia circa la “caducazione” del contratto stipulato.

Il TAR ha accolto la domanda di annullamento del contratto accertandone incidenter tantum la caducazione, ma nella specie detta pronuncia incidentale esorbita dai limiti del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo poiché finisce per riguardare direttamente la domanda, superando i limiti della risoluzione di una questione incidentale ed investendo un profilo autonomo, meritevole di pronuncia in via principale, nonché producendo propri e rilevantissimi effetti giuridici e materiali.

In data 23 giugno 2008 la Y. S.p.A. si è costituita in giudizio, poi con atto notificato i giorni 14, 18, 21 e 28 luglio 2008, depositato il 21 e 19 luglio 1008, ha svolto controdeduzioni ed argomentazioni a sostegno delle riproposte domande avanzate in primo grado, a valere anche come appello incidentale.

Infine, con memorie del 12 e 13 febbraio 2009 le parti hanno insistito nelle rispettive tesi e pretese.

II.- Con atto notificato il 19 ed il 20 giugno 2008 e depositato il 1° luglio seguente anche il Comune di Magenta ha appellato la stessa sentenza ed ha svolto, al riguardo, argomenti sui seguenti punti:

1.- Sull’infondatezza, illogicità, erroneità e difetto di motivazione della sentenza del TAR Lombardia – Milano, n. 1370/2008.

1.1.- Sulla verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria.

1.2.- Sull’attribuzione del punteggio relativamente alla voce B.2 dell’offerta tecnica.

1.3.- Sull’omessa specificazione dei criteri di valutazione dell’offerta con riferimento alla voce B.1.

1.4.- Sulla domanda di annullamento del contratto.

Anche in questo giudizio l’Y. S.p.A. si è costituita in data 4 luglio 2008 e con atto notificato i giorni 18, 21 e 28 luglio 2008, depositato il 21 luglio 2008, ha svolto controdeduzioni a valere anche come appello incidentale pure con riguardo ai motivi del proprio gravame assorbiti dal TAR.

Con atto inviato per le notifiche il 16 luglio 2008 e depositato il 17 luglio 2008 la X. Ristorazione si è costituita in giudizio ed ha proposto appello incidentale, trascrivendo il proprio appello principale.

Con memorie del 12, 13 e 14 febbraio 2009 le parti hanno insistito nelle rispettive tesi e pretese.

III.- All’odierna udienza pubblica entrambi gli appelli sono stati posti in decisione.

DIRITTO

1.- Gli appelli riassunti nella narrativa che precede riguardano la stessa sentenza, sicché devono essere riuniti per essere decisi contestualmente.

2.- Si discute della gara, da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, indetta dal Comune di Magenta per l’affidamento per nove anni della “gestione del servizio di ristorazione per gli asili nido e le scuole d’infanzia, scuole primarie, scuole secondarie di primo grado e servizio agli anziani”. Il relativo disciplinare dispone, per quanto qui rileva, nelle premesse che la procedura sarà esperita “con le modalità di cui al D.Lgs. 163/2006 (relativamente ai servizi previsti nell’allegato IIB e per gli articoli espressamente richiamati nel presente disciplinare); al punto 6 (Busta C) che “l’offerta economica deve essere corredata, ai sensi dell’art. 86 comma 5 e dell’art. 87 comma 2 del D.lgs. 163/2006 (Codice degli Appalti) da una relazione contenente le giustificazioni a supporto dell’offerta economica presentata”; ed al punto 7 (Criterio di aggiudicazione) che i 50 punti riservati agli elementi qualitativi sia ripartiti come segue:

B.1.- Coerenza generale dell’organizzazione del servizio per le attività richieste dal CSO: punti 20;

B.2.- Monte ore del personale per tutta la durata del contratto: punti 5;

B.3.- Organizzazione del servizio durante le fasi di ristrutturazione: punti 5;

B.4.- Quantità e varietà di prodotti a marchio Parco del Ticino: punti 5;

B.5.- …;

B.8.- Varianti: punti 6.

In quest’ultimo punto 7 è inoltre precisato che per l’elemento B.1 “il punteggio verrà assegnato in base alla chiarezza, la puntualità, l’accuratezza e la coerenza complessiva dell’offerta in relazione all’organizzazione complessiva del servizio per le attività richieste dal CSO”; per l’elemento B.2 “il punteggio (…), nel caso vi siano almeno tre offerte, verrà determinato applicando la seguente formula: X = punteggio max assegnato al monte ore x (1 - | Valore medio – Valore offerta in esame | / Valore medio); per l’elemento B.3 “sarà valutata la funzionalità del servizio durante le fasi di ristrutturazione; per l’elemento B.4 “sarà valutata la varietà dei prodotti, il periodo e la frequenza di somministrazione. Il punteggio sarà assegnato il maniera direttamente proporzionale”; per l’elemento B.5 “sarà valutato l’organicità del Piano e il minor tempo di percorrenza dal Centro Cottura ai rispettivi plessi scolastici”.

Infine, al punto 10 (Fasi della procedura di affidamento), n. 5, è stabilito che “il Presidente, sulla base del punteggio totale conseguito, proporrà aggiudicataria la Ditta che avrà ottenuto il punteggio globale più alto lasciando impregiudicata la possibilità dell’esame della congruità del prezzo stesso”, precisandosi che “il verbale col quale viene individuata la ditta aggiudicataria equivale ad aggiudicazione provvisoria”.

La gara, a cui hanno partecipato cinque concorrenti, è stata aggiudicata in favore della X. Ristorazione s.r.l., prima in graduatoria con punti 90,95 (di cui 46,61 per gli elementi qualitativi); al secondo posto si è classificata la Y. S.p.A. con punti 89,394 (di cui 39,55 per gli elementi qualitativi).

3.- Avverso l’aggiudicazione definitiva quest’ultima ha proposto ricorso, articolato in cinque motivi. Con la sentenza appellata sono stati accolti il primo motivo, concernente l’omessa verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria (in quanto tale verifica era richiesta tanto dal disciplinare che dall’art. 86 del D.Lgs. n. 163 del 2006, ivi più volte richiamato, nonché preannunciata dalla commissione), il secondo motivo, con cui si censurava la prefissata modalità di valutazione dell’elemento B.2 (in quanto distorsiva della concorrenza, irragionevole ed illogica), ed il terzo motivo con cui si deduceva l’omessa predeterminazione da parte della commissione dei “criteri motivazionali” (come invece sarebbe prescritto dall’art. 83 del menzionato decreto legislativo), specie con riguardo all’elemento B.1, nonché la conseguente impossibilità di ricostruire l’iter logico del punteggio numerico assegnato.

Assorbiti i restanti motivi quarto e quinto, il TAR ha così annullato gli atti di gara, compreso il disciplinare nella parte relativa al monte ore, nonché ha accertato incidenter tantum la caducazione del contratto, chiamando l’Amministrazione a “dare seguito alle conseguenti doverose statuizioni”, mentre ha respinto la domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente.

4.- Ciò posto, la Sezione ritiene che, come dedotto dalla X. e dal Comune di Magenta con i motivi primo e, rispettivamente, secondo della prima parte (in narrativa sub 1.2) degli appelli principali, la pronuncia sia errata con riguardo al capo in cui è stato annullato in parte qua il disciplinare (secondo motivo del ricorso di primo grado).

In particolare il TAR, respinta l’eccezione di inammissibilità della censura per insindacabilità della scelta amministrativa e per tardiva impugnazione della clausola, ha osservato che, nel prevedere l’anzidetta formula, il disciplinare premi con un punteggio maggiore non chi offre maggior numero di ore (così garantendo maggiormente l’efficiente espletamento del servizio), ma chi più si avvicina al valore medio calcolato mediante la combinazione casuale delle offerte dei vari concorrenti, ossia non ancorato a parametri obiettivi e facilmente controllabili, nonché preventivabili al fine di consentire la formulazione di offerte consapevoli e ponderate; sicché, pur giudicando in sé legittima l’adozione di un criterio alternativo all’attribuzione del punteggio massimo al monte ore più alto, nel sistema – definito non oggettivo - utilizzato ha ravvisato irragionevolezza e distorsione della concorrenza. Inoltre, pur dando atto che il concorrente il quale offra un numero di ore sproporzionato in eccesso potrebbe essere in mala fede, ha ritenuto tale inconveniente ovviabile in via preventiva, con l’istituto della verifica dell’anomalia, e successiva, con il controllo del personale effettivamente utilizzato ed i rimedi civilistici per l’inadempimento contrattuale.

A ciò va opposto che la scelta discrezionale della stazione appaltante di premiare l’offerente un monte ore più vicino al valore medio non appare, nei noti limiti in cui siffatta scelta è sindacabile in sede di legittimità, arbitraria o illogica, poiché indirizzata ad individuare l’efficacia organizzativa dell’impresa con riguardo allo specifico servizio da espletare, ossia la capacità dell’impresa stessa di ottimizzazione dell’utilizzo del personale in relazione alla distribuzione delle risorse disponibili tra le varie voci dell’offerta nel suo complesso al fine di coniugare nel modo più consono la sostenibilità economica dell’offerta stessa con la sua concreta realizzabilità. Né arbitrario ed irragionevole, perché casuale, può ritenersi il porre a base della formula i valori delle offerte presentate, i quali evidentemente rappresentano proprio quanto i concorrenti hanno preventivato nel caso concreto ed alla luce del parametro ben conoscibile dai medesimi, in quanto predeterminato nella lex specialis di gara. Che, poi, il pur riconosciuto inconveniente nascente da un’offerta eccessiva fosse in altro modo ovviabile, non toglie validità alla stessa scelta, incidente a monte di un eventuale verifica dell’anomalia e diretta a prevenire inadempimenti contrattuali. Infine, l’assunta non preventivabilità del dato medio è smentita in fatto, posto che ad esso le cinque concorrenti si sono in realtà tutte avvicinate, riportando punteggi che si discostano di poco, collocandosi tra il minimo di 4,65 ed il massimo di 4,92.

Ne consegue che i predetti motivi d’appello devono essere condivisi nel merito, senza che occorra esaminare le riproposte eccezioni di inammissibilità dell’originaria censura accolta dal TAR.

5.- Diversamente, devono essere disattesi i motivi secondo e terzo della prima parte (in narrativasub 1.3) degli appelli principali, concernenti l’accoglimento da parte del TAR del già ricordato terzo motivo del ricorso di primo grado.

Sia quanto all’elemento B.1 (su cui si incentra la pronuncia appellata), sia quanto all’elemento B.4 (oggetto anch’esso della censura originaria), menzionati al precedente paragrafo 2, la Sezione osserva che trattasi effettivamente di elementi qualitativi articolati, i quali, in applicazione del generalissimi principi dell’attività amministrativa ed indipendentemente dall’applicazione in via diretta alla fattispecie dell’art. 83 del D.Lgs. n. 163 del 2006, abbisognavano indubbiamente di specificazione da parte della commissione al fine di circoscrivere la propria ampia discrezionalità, non essendo all’uopo sufficienti le indicazioni, sopra riportate, fornite nel disciplinare. L’effetto della mancata predeterminazione da parte della commissione stessa dei “criteri motivazionali” è l’incomprensibilità delle ragioni per le quali sono stati espressi i relativi giudizi soltanto numerici, privi cioè di qualsiasi altro elemento.

Invero, sulla questione dell’idoneità del punteggio numerico a supportare sul piano motivazionale le valutazioni delle commissioni di gara, la giurisprudenza del Consiglio di Stato e, in particolare, della Sezione è giunta, pur dopo iniziali oscillazioni, alla soluzione tendente a coniugare efficienza e razionalità nella tutela delle parti, pienamente condivisa dal Collegio, secondo cui il solo punteggio numerico può essere ritenuto sufficiente, in relazione agli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quando i criteri prefissati siano estremamente dettagliati, di modo che appunto anche il solo punteggio numerico, di cui sono prestabiliti il minimo e il massimo, sia idoneo a dimostrare la logicità e congruità del giudizio tecnico. Altrimenti occorre che, al fine di rendere percepibile l’iter logico seguito, nei verbali siano esposti, se non diffuse argomentazioni relative al contenuto delle varie voci e punti dell’offerta tecnica ed ai singoli giudizi resi, quanto meno taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio e le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica. E’ stato inoltre evidenziato che, ora, il codice dei contratti pubblici affronta in parte detto tema, stabilendo all’art. 83 che la commissione giudicatrice, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, fissi in via generale i menzionati “criteri motivazionali” ai quali attenersi per attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando. Al riguardo, è stato affermato come la norma esprima, al tempo stesso, il limite negativo e il potere positivo dell’organo collegiale, nel tentativo di enucleare un delicato punto di equilibrio tra il principio di trasparenza, il quale impone di definire nel bando il peso, anche relativo, attribuito a ciascuno dei criteri di valutazione, e la necessità che, in ogni caso, anche l’attività della commissione sia predefinita nel suo svolgimento. In tale quadro, la formula utilizzata dalla legge sottolinea lo stretto collegamento con la motivazione concreta della valutazione di ciascuna offerta ed il ruolo della commissione, più in linea con gli indirizzi espressi dal giudice comunitario (e, giova aggiungere, dal giudice amministrativo nazionale). E’ stato altresì sottolineato come la previsione di una rete fittissima di criteri e modalità di attribuzione dei punteggi, spesso incentrata su formule matematiche, renda più facile il ricorso alla motivazione espressa con dati numerici (cfr., in tal senso, questa Sez. V, 11 maggio 2007 n. 2355, nonché, in generale, 7 novembre 2007 n. 5776, richiamata dallo stesso Comune appellante).

Infine, è evidente l’interesse strumentale della società Y. ad inficiare anche solo sotto il profilo dedotto le valutazioni relative alla propria offerta ed a quella della controinteressata, sol che si consideri come i punteggi relativi agli elementi B.1 e B.4 - ma pure unicamente B.1, a cui è riservato il punteggio massimo di ben 20 su 50 - siano sufficienti a stravolgere la graduatoria.

6.- In ordine alle valutazioni effettuate dalla commissione conviene ora esaminare i motivi di primo grado assorbiti dal primo giudice, riproposti dall’appellante incidentale Y. ed avversati dall’appellante principale X. col quarto motivo. Tra detti motivi originari, dirimente è il quarto, inteso a far valere l’avvenuta, surrettizia adozione da parte della commissione, solo dopo l’apertura delle offerte tecniche, di specificazioni dei criteri indicati dalla lex specialis della procedura in ordine agli elementi B.3, B.4 e B.8.

Sul principio invocato dalla ricorrente originaria non vi sono dubbi: infatti le specificazioni od integrazioni dei criteri di valutazione indicati dal bando di gara o dalla lettera d’invito possono essere stabilite dalle commissioni giudicatrici soltanto prima della apertura delle buste relative alle offerte (cfr., per tutte, questa Sez. V, 19 settembre 2007 n. 4879). E nella specie non v’è dubbio che, senza che risulti previamente stabilito alcunché, solo in sede di valutazione delle offerte tecniche la commissione ha suddiviso gli elementi B.3, B.4 e B.8, precedentemente ricordati, nei rispettivi sub-elementi “a.- distanza” e “b.- organizz. Centro di Cottura”, “Varietà 1 punto” e “Quantità 4 punti”, “prodotti bio 3 punti” e “strutture 3 punti”, in tal modo evidentemente introducendo una specificazione non prevista nel disciplinare, non già, come pretenderebbe l’appellante principale X., formulando mere annotazioni relative all’iter logico seguito.

7.- Quanto esposto in ordine alla sussistenza del vizio appena detto, che inficia fin dall’origine le valutazioni della commissione, consente in via logica di assorbire l’ulteriore motivo originario, con cui si contestano le stesse valutazioni, ed i motivi terzo e primo degli appelli principali, riguardanti la necessità, ritenuta dal TAR, dell’espletamento della fase di verifica dell’anomalia successiva, ovviamente, a quella valutativa.

8.- Viene pertanto in rilievo la questione riguardante la “caducazione” incidenter tantum del contratto, posta con gli ultimi motivi degli appelli principali.

Detti motivi sono fondati e, di contro, è infondata la tesi dell’appellante incidentale Y., secondo cui il TAR avrebbe dovuto esaminare in via diretta la stessa questione, né sussistono gli estremi per la rimessione della questione alla Corte di giustizia europea per violazione del principio di effettività della tutela. A tal proposito è agevole ricordare che con la recente decisione 30 luglio 2008 n. 9 l’Adunanza plenaria - in linea con l’orientamento espresso e ribadito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr. sent. 28 dicembre 2007 n. 27169) ed alle cui ampie argomentazioni può farsi rinvio - ha affermato, in estrema sintesi, che sussiste la giurisdizione civile sulla domanda volta ad accertare, con efficacia di giudicato, l’inefficacia del contratto la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo, con conseguente estraneità alla cognizione del giudice amministrativo della domanda di reintegrazione in forma specifica; e, tenuto conto che la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione determina in capo all’amministrazione soccombente l’obbligo di conformarsi alle relative statuizioni e di orientare conseguentemente la sua ulteriore azione, qualora la stessa amministrazione non si conformi puntualmente ai principi contenuti nella sentenza, oppure non constati le conseguenze giuridiche che da essa discendono o, ancora, nel caso di successiva sua inerzia, l’interessato potrà instaurare il giudizio di ottemperanza, solo nel quale il giudice amministrativo, nell’esercizio della sua giurisdizione di merito, ben potrà sindacare in modo pieno, completo e satisfattivo per il ricorrente l’attività posta in essere dall’amministrazione o il suo comportamento omissivo, adottando tutte le misure (direttamente o per il tramite di un commissario) necessarie ed opportune per dare esatta ed integrale esecuzione alla sentenza e per consentire una corretta riedizione del potere amministrativo. Tanto perché il giudice amministrativo può realizzare il contenuto conformativo della sentenza, di per sé riferibile alla fase pubblicistica successiva all’annullamento, ed emanare tutti i provvedimenti idonei ad assicurare al ricorrente vittorioso il bene della vita effettivamente perseguito attraverso il giudizio di legittimità, reintegrandolo pienamente nella situazione concreta che avrebbe dovuto già conseguire qualora l’amministrazione non avesse adottato l’atto di aggiudicazione illegittimo.

D’altro canto, come già evidenziato dalla Sezione in sede cautelare, nel caso in trattazione non vi era spazio per un pronuncia ai sensi dell’art. 8, co. 1, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 – pronuncia peraltro senza efficacia di giudicato, perciò insuscettibile di esecuzione in via di ottemperanza, e con effetti limitati alla controversia principale -, trattandosi di questione principale esulante dalla sfera di cognizione del giudice amministrativo.

Ne consegue l’ultroneità della statuizione del TAR qui in parola.

8.- L’ultima questione da affrontare concerne il risarcimento del danno richiesto dall’appellante incidentale.

Esclusa per quanto innanzi la reintegrazione in forma specifica, va altresì esclusa la forma per equivalente, non essendo contestato in questa sede l’assunto del TAR secondo cui potrebbe essere risarcita solo la perdita di chance, tuttavia “allegata in termini assolutamente generici”.

9.- In conclusione, in parziale accoglimento degli appelli principali (restando irrilevante l’appello incidentale di X. nell’appello del Comune di Magenta, riproduttivo del rispettivo appello principale), la sentenza appellata va riformata quanto ai capi con i quali è stato annullato in parte qua il disciplinare di gara ed è stato ritenuto “caducato” il contratto come “effetto” del pronunciato annullamento dell’aggiudicazione; nel contempo, vanno parzialmente accolti gli appelli incidentali di Y. S.p.A., con riguardo all’ulteriore ragione di annullamento dell’aggiudicazione e dei sottostanti verbali di cui si è discusso al precedente paragrafo 6.

La complessità della controversia ed il recente emergere degli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati giustificano la compensazione tra tutte le parti presenti delle spese di causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, riuniti i ricorsi in epigrafe, accoglie gli appelli principali ed incidentali nelle parti rispettivamente indicate in motivazione e per l’effetto, in riforma parziale della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado limitatamente all’annullamento degli atti impugnati con il medesimo ricorso, eccettuato il disciplinare di gara.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 febbraio 2009 con l’intervento dei magistrati:

Domenico La Medica Presidente

G. Paolo Cirillo Consigliere

Marzio Branca Consigliere

Aniello Cerreto Consigliere

Angelica Dell’Utri Costagliola Consigliere, estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Angelica Dell’Utri Costagliola f.to Domenico La Medica

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 19/05/2009.


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