sabato 21 marzo 2009

linea dura contro i pirati della strada

19.03.2009
Linea dura contro i “pirati della strada”

E’ applicabile la misura degli arresti domiciliari al conducente di un motociclo, già resosi responsabile di numerosi incidenti stradali, il quale abbia investito, uccidendola, una passante.

Tribunale Milano, Ordinanza 02/03/2009

Giro di vite contro chi colposamente provoca incidenti stradali dall’esito letale.
Con l’ordinanza in esame, ampiamente ripresa dai media, accogliendo la richiesta del p.m., il g.i.p. del tribunale di Milano ha applicato la misura degli arresti domiciliari al conducente di un motociclo che, lo scorso 23 febbraio, superando da destra un pullman, aveva mortalmente investito una ragazza, la quale stava attraversando la strada sulle strisce pedonali.
Nel caso di specie, vanno evidenziate altre peculiarità: da un lato, il repentino allontanamento dell’indagato dal nosocomio, prima che i medici lo prendessero in carico, effettuando anche gli opportuni accertamenti di rito sull’eventuale assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche; dall’altro, la circostanza che, dal 2001 al 2008, l’indagato si era reso responsabile di (quanto meno) cinque incidenti stradali, in alcuni casi mentre era alla guida di veicoli di proprietà di terzi, contrassegnati da una sua condotta in violazione di norme del c.d.s. e, in un caso, anche non ottemperando all'obbligo di fermarsi in caso di incidente stradale.
Di particolare interesse è la motivazione del provvedimento in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e ai criteri di scelta della misura.
Il g.i.p. ha dato atto della delicatezza della questione concernente «la valutazione circa la sussistenza di esigenze cautelari e segnatamente di esigenze di tutela sociale in materia di reati colposi (…), proprio in ragione della natura colposa - e quindi presumibilmente occasionale - dei reati stessi».
E tuttavia, ha chiarito il g.i.p. – in maniera a nostro avviso condivisibile – ciò non esclude «che determinate circostanze possono rivelare una attitudine costante del reo a tenere comportamenti che violano norme di prudenza generiche o specifiche. In tal caso, nulla vieta di considerare concreto e attuale il pericolo di reiterazione di condotte colpose, una volta accertata la sistematica noncuranza delle regole che disciplinano la convivenza civile».
Nel caso di specie il g.i.p. ha proprio valorizzato le circostanze del caso concreto, e cioè: il numero di incidenti stradali provocati dall’indagato negli ultimi otto anni, nonché delle infrazioni al c.d.s. che «costituiscono comunque comportamenti pericolosi, come parlare al telefono cellulare durante la marcia e non arrestarsi al semaforo rosso»; la condotta tenuta dall’indagato tenuta dopo il ricovero al pronto soccorso, dal quale si era repentinamente allontanato.
A fronte di questi elementi, il giudice ha ritenuto inadeguata l’applicazione di misure di carattere reale, ovvero di misure amministrative, le quali non sarebbero state in grado di prevenire, in concreto, «ulteriori condotte colpose e comportamenti pericolosi dell'indagato».
Di qui, dunque, l’applicazione di una misura cautelare personale, in grado di preservare il pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose, individuata negli arresti domiciliari.
Si tratta di una conclusione cui aderire. In primo luogo, si deve sottolineare che nulla osta alla configurabilità del pericolo di reiterazione del reato con riguardo ai delitti colposi; colposità non è sinonimo di occasionalità, ben potendo ipotizzarsi soggetti che sistematicamente si comportano, in determinati ambiti, violando le più comuni regole di diligenza.
La stessa Cassazione, peraltro, in un caso omicidio colposo per colpa professionale, ha ritenuto passibile di prognosi di reiterazione in relazione alle caratteristiche della struttura in cui il professionista operava e al comportamento da questi tenuto nel caso oggetto di giudizio (così Cass., Sez. IV 29.7.1994).
Si tratta di un problema di motivazione: il giudice deve indicare elementi concreti da cui desumere il pericolo di reiterazione, ciò che – come si è visto – è avvenuto nel caso in esame.
In secondo luogo, negli ultimi tempi il legislatore ha mostrato di voler irrobustire l’apparato sanzionatorio nei confronti dei “pirati della strada”. Il recente d.l. n. 92 del 2008, convertito dalla l. n. 125 del 2008, ha inciso, tra l’altro, proprio sull’art. 589, comma 2, c.p., elevando da cinque a sette anni il massimo edittale previsto per l’omicidio colposo con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; peraltro, già la L. n. 102 del 2006 aveva elevato innalzato il minimo edittale da uno a due anni di reclusione, ricorrendo l’aggravante in esame.
Pene ancor più severe – reclusione da tre a dieci anni - da sono previste dal comma 3 dell’art. 589 c.p. nel caso in cui l’omicidio sia colposamente commesso da persona che, al momento del fatto, si trovava in stato di ebbrezza alcolica in relazione alla quale sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, ovvero sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Ancora l’art. 590 bis c.p. pone una deroga al giudizio di bilanciamento delle circostanze, stabilendo che le aggravanti di cui si discute non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 c.p., e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.

Stefano Corbetta
Tratto da Quotidiano Ipsoa 2009

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