La riattribuzione delle ritenute residue: aspetti operativi e contabili
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La Circ. N. 18/IR del 12 maggio 2010 dell’Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti dal titolo: Compensabilità delle eccedenze IRPEF dei soci o associati con i debiti tributari e contributivi di società di persone e associazioni professionali, ci offre lo spunto per trattare un tema di stringente attualità che è quello della riattribuzione delle ritenute alla fonte in acconto che i soci possono effettuare a favore delle società di persone o delle associazioni professionali partecipate, una volta azzerato il carico tributario personale per IRPEF. Anche l’Agenzia delle Entrate, con C.M. 23/12/2009 n. 56, ne aveva riconosciuto la possibilità.
Aspetti generali
Il tema della retrocessione delle ritenute residue IRPEF alla società, non fruibili da parte dei soci per avvenuto azzeramento del proprio carico tributario IRPEF, permette di realizzare, nel comparto delle società di persone e delle associazioni professionali, una sorta di cash pooling fiscale bidirezionale. In altri termini, a fronte dell’obbligo della società di persone e delle associazioni professionali di trasferire ai soci o associati le ritenute subite a titolo di IRPEF, per inesistenza in capo alla società della soggettività passiva ai fini del tributo personale, si introduce la possibilità che per mezzo di apposito atto avente data certa, i soci o associati possano riattribuire alla società ; o associazione, quanto residui a titolo di ritenute IRPEF, dopo l’azzeramento del proprio debito tributario, affinché la società possa compensare i crediti ritrasferiti, con i propri debiti tributari e contributivi.
Aspetti giuridici
Il punto di partenza è una diversa lettura (sistematica ed evolutiva viene definita dal documento interpretativo dell’IRDCEC citato in precedenza) dell’art. 22, comma 1, lettera c) ultimo periodo del TUIR stabilisce che “Le ritenute operate sui redditi delle società, associazioni e imprese indicate nell’articolo 5 si scomputano, nella proporzione ivi stabilita, dalle imposte dovute dai singoli soci, associati o partecipanti”. La disposizione, se letta singolarmente, non lascerebbe spazi di manovra al contribuente; in tal senso, pertanto, prima della diffusione delle conclusioni raggiunte con la circ. n. 56/E del 23 dicembre 2009, la prassi ne aveva decretato l’esclusivo utilizzo da parte del socio o associato, escludendo qualsivoglia forma di riattribuzione alla societ&ag rave; o associazione delle ritenute non utilizzate. Questa impostazione si è tuttavia rivelata penalizzante in tutta una serie di circostanze in cui l’impatto dei componenti negativi rispetto a quelli positivi sia risultata particolarmente elevata, situazioni in cui, a seguito del trasferimento delle ritenute connesso all’applicazione del regime di trasparenza fiscale da parte, ad esempio, di associazioni professionali, maturano importi a credito in capo all’associato destinati ad essere riportati a nuovo in dichiarazione o a essere richiesti a rimborso, a dispetto della possibilità per l’associazione di compensare sin da subito il credito IRPEF rimasto inutilizzato in capo all’associato, ad esempio al momento di versare gli importi dovuti all’Erario a titolo di IVA o di IRAP. Analoghe situazioni possono verificarsi nel caso di società di persone o comunque di soggetti “trasparenti” sul piano fiscale che effettuano prestazioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, in quanto anche su tali provvigioni viene ad essere applicata una ritenuta a titolo di acconto.
Nel merito, secondo l’Amministrazione finanziaria, la riportata previsione recata dall’art. 22 del TUIR richiede all’interprete una necessaria operazione di coordinamento con quanto previsto riguardo alla facoltà di compensare imposte e contributi, riconosciuta dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, a tutti i contribuenti che effettuano versamenti diretti. Da un lato, siamo infatti in presenza di una disposizione il cui tenore letterale depone per lo scomputo delle ritenute esclusivamente dalle imposte dovute dai soci o associati, mentre dall’altro è stata prevista, alla luce della facoltà introdotta dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, la generalizzata possibilità di compensazione tra imposte e contributi di natura diversa. Detto articolo, in particolare, al comma s econdo, elenca i crediti e i debiti che possono formare oggetto di compensazione, menzionando espressamente, al numero 1), quelli relativi alle imposte sui redditi.
Si rende necessario, dunque, adottare una chiave di lettura “evolutiva e sistematica”, che non può trascurare, a parere dell’Amministrazione finanziaria, che la predetta posizione creditoria, essendo relativa alla sfera dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, rientra da un punto di vista oggettivo tra i crediti che possono essere utilizzati in compensazione, ai sensi del già citato art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997. Inoltre, va considerato che la disposizione attualmente recata dall’art. 22 del TUIR rappresentava, in origine, una norma necessitata in quanto consentiva lo scomputo delle ritenute a un soggetto diverso da quello che le aveva subite (società o associazione) soltanto perché quest’ultimo, in virtù del principio di trasparenza, non costituiva (così come ancora attualmente) il soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi. Tale norma, dunque, nelle intenzioni originarie del Legislatore, non conteneva alcun divieto nei confronti della società o associazione, ma sanciva soltanto un diritto a favore dei soci o associati.
In definitiva, secondo l’Amministrazione finanziaria, i soci o associati di società e associazioni di cui all’art. 5 del TUIR possono accordare espressamente il proprio consenso all’utilizzo da parte della società o associazione delle ritenute che residuano una volta operato lo scomputo dal proprio debito IRPEF, con la conseguenza che il credito ad esse relativo potrà essere utilizzato dalle prime in compensazione per i pagamenti di altre imposte e contributi attraverso il modello F24.
È chiaro, peraltro, che questa maggiore elasticità nei riguardi delle esigenze di carattere finanziario del contribuente non può tramutarsi in un vero e proprio arbitrio in relazione alla gestione di poste creditorie nei confronti dell’Erario. Conseguentemente, l’Agenzia delle Entrate, nella circ. n. 56/E del 2009, ha posto l’accento sul fatto che non sono ammessi ripensamenti in ordine alla scelta effettuata, nel senso che una volta che le ritenute residue siano state riattribuite alla società o associazione e tale credito sia stato da queste utilizzato in compensazione con i propri debiti tributari e previdenziali, eventuali ulteriori importi residui di credito non potranno più essere ritrasferiti ai soci medesimi.
Tornando alla procedura di riattribuzione delle ritenute residue, tale scelta deve essere manifestata, secondo la C.M. 23/12/2009 n. 56, con un apposito atto avente data certa, che potrà essere costituito da:
a) una scrittura privata autenticata;
b) una clausola inserita nell’atto costitutivo;