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venerdì 21 maggio 2010

L'autovettura brucia e danneggia un immobile: chi paga ????

Danneggiamento di immobile causato da incendio di autovettura parcheggiata nelle vicinanze, risarcimento danni


Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2010, n. 3108


La sosta di un veicolo a motore su un'area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2054 c.c. e dell'art. 1 della legge n. 990 del 1969 (ed ora dell'art. 122 del D.L.vo n. 209 del 2005), anch'essa gli estremi della fattispecie "circolazione", con la conseguenza che dei danni derivati a terzi dall'incendio del veicolo in sosta sulle pubbliche vie o sulle aree equiparate risponde anche l'assicuratore, salvo che sia intervenuta una causa autonoma, ivi compreso il caso fortuito, che abbia determinato l'evento dannoso. (Nella specie la S.C. ha ritenuto risarcibili da parte dell'assicuratore i danni cagionati da un incendio propagatosi da un autocarro parcheggiato in sosta immediatamente dopo il manifestarsi di alcune avarie al motore).

L'autovettura brucia e danneggia un immobile: chi paga ????

Danneggiamento di immobile causato da incendio di autovettura parcheggiata nelle vicinanze, risarcimento danni

Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2010, n. 3108

La sosta di un veicolo a motore su un'area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2054 c.c. e dell'art. 1 della legge n. 990 del 1969 (ed ora dell'art. 122 del D.L.vo n. 209 del 2005), anch'essa gli estremi della fattispecie "circolazione", con la conseguenza che dei danni derivati a terzi dall'incendio del veicolo in sosta sulle pubbliche vie o sulle aree equiparate risponde anche l'assicuratore, salvo che sia intervenuta una causa autonoma, ivi compreso il caso fortuito, che abbia determinato l'evento dannoso. (Nella specie la S.C. ha ritenuto risarcibili da parte dell'assicuratore i danni cagionati da un incendio propagatosi da un autocarro parcheggiato in sosta immediatamente dopo il manifestarsi di alcune avarie al motore).

giovedì 5 marzo 2009

Danno da perdita di chance: le Sezioni Unite 1850 del 29 I 2009


Cassazione civile, SS.UU., sentenza 29.01.2009 n. 1850 - (787)
Perdita di chance,nesso causale,quantificazione,risarcimento,danni,civile
Fonte:
http://www.iusetnorma.it/news_giurisprudenza/giurisprudenza/cass-29-01-09n1850.htm

"il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta”
(Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).

Le Sezioni Unite

Motivi della decisione
1. Riuniti i ricorsi in applicazione dell'art. 335 c.p.c., va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale, che propone due questioni pregiudiziali.
2.1 - Con il primo motivo la ricorrente incidentale ripropone infatti 1'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, già proposta nelle fasi di merito.
Sostiene che in tanto il giudice del merito ha dichiarato illegittimi i dinieghi dell'autorizzazione richiesta da G. C., in quanto ha ritenuto illegittimo e perciò disapplicato il regolamento provinciale di cui i provvedimenti controversi erano attuazione. Ma il regolamento provinciale, in quanto atto generale, non poteva essere disapplicato, non essendo idoneo a incidere su posizioni soggettive individuali. E ciò a maggior ragione in una materia, come quella dei servizi pubblici essenziali qual è quello di autoscuola, che l'art. 7 della legge 21 luglio 2005, n. 205, riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale eccepisce la violazione del giudicato formatosi sulla legittimità del regolamento provinciale. Infatti l'unico giudizio promosso davanti al giudice amministrativo, nel quale era stato formalmente impugnato il regolamento, si era concluso con una sentenza dichiarativa della perenzione del processo e mai impugnata. Sicché la legittimità del regolamento non poteva più essere rimessa in discussione.
2.2 - Il ricorso incidentale è infondato.
Quanto al primo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica proposta prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998, modificato poi dalla legge 21 luglio 2000 n. 205, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche se venga dedotta la lesione di un interesse legittimo che, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può esser fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo al risarcimento del danno ingiusto (Cass., sez. I, 17 ottobre 2007, n. 21850, m. 599711). Sicché in questi casi il giudice ordinario adito può procedere direttamente ad accertare l'illegittimità del provvedimento amministrativo nell'ambito della verifica della qualificabilità del fatto controverso come illecito a norma dell'art. 2043 c.c., “non essendo più ravvisabile la pregiudizialità del giudizio di annullamento dell'atto dinanzi al giudice amministrativo, in passato costantemente affermata in quanto solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo, unica situazione giuridica soggettiva la cui lesione si riteneva tutelabile dinanzi al giudice ordinario” (Cass., sez. III, 22 luglio 2004, n. 13619, m. 575434, Cass., sez. III, 25 agosto 2006, n. 18486, m. 592067).
Né la natura generale o regolamentare di un atto può essere considerata ostativa alla sua disapplicazione da parte del giudice ordinario, posto che sono appunto i “regolamenti generali e locali”, che, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giudice ha il potere dovere di disapplicare ove illegittimi (Cass., sez. L, 15 febbraio 1985, n. 1304, m. 439393), anche quando sono solo presupposto dell'atto direttamente lesivo della situazione soggettiva individuale (Cass., sez. L, 18 agosto 2004, n. 16175, m. 576531).
Quanto al secondo motivo, si tratta di censura manifestamente infondata, perché la sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia invocata dal ricorrente dichiarò improcedibile per carenza sopravvenuta di interesse il ricorso di C., che aveva ottenuto alla fine l'autorizzazione lungamente attesa. E la dichiarazione di improcedibilità per carenza di interesse è incompatibile con qualsiasi effetto di giudicato sulla legittimità dell'atto impugnato (Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 143).
3.1 - Con il primo motivo del suo ricorso il ricorrente principale deduce violazione degli art. 193 e 194 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, erroneamente fondata su una consulenza tecnica d'ufficio che aveva illegittimamente omesso di rispondere ai quesiti sul danno da mancato guadagno.
Sostiene che il consulente d'ufficio:
a) avrebbe dovuto rispondere ai quesiti postigli, indipendentemente dalla documentazione prodottagli dal consulente di parte e ritenuta carente o inidonea in quanto non ufficiale;
b) avrebbe dovuto accertare direttamente il costo medio di un corso di autoscuola, anche basandosi sulla dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999 prodotta in giudizio e anche in mancanza di elementi per determinare l'importo dei ricavi medi;
c) avrebbe dovuto determinare il numero dei potenziali utenti dell'autoscuola, fondandosi sul registro degli iscritti per l'anno 1992, anche in mancanza della dichiarazione IVA assurdamente ritenuta indispensabile;
d) avrebbe dovuto determinare la perdita assumendo le necessarie informazioni sui ricavi medi delle autoscuole della provincia, indipendentemente dalla documentazione relativa alla successiva attività della scuola, in quanto l'attore avrebbe potuto anche rinunciare a intraprendere la nuova attività dopo il 1991, senza per questo perdere il diritto al risarcimento dei danni subiti per gli anni precedenti.
Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 1226 e 2056 c.c., lamentando l'omessa determinazione equitativa dell'entità del danno da mancato guadagno.
Sostiene che, essendo certa l'esistenza del danno, l'incertezza ineliminabile sulla sua entità effettiva ne avrebbe imposto la liquidazione equitativa.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce infine vizi di motivazione nella valutazione delle testimonianze e della documentazione di spesa relativa alla sistemazione dei locali da destinare all'autoscuola.
Sostiene che le prove testimoniali e documentali acquisite avrebbero giustificato la liquidazione anche di tale voce di danno, arbitrariamente esclusa dalla corte d'appello.
3.2 - Anche il ricorso principale deve essere rigettato.
I due primi motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta” (Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).
Nel caso in esame l'attore C., che gestiva anche un'altra autoscuola in un diverso comune e aveva finalmente avviato nel 1992 la nuova autoscuola di Cazzano di Sant'Andrea, era nelle condizioni ottimali per offrire al consulente d'ufficio tutta la documentazione necessaria alla liquidazione in via presuntiva del danno da mancato guadagno.
Come risulta dalla sentenza impugnata, e non è sostanzialmente negato neppure nel ricorso, tale documentazione non fu invece fornita, benché ripetutamente richiesta. Lo stesso elenco degli iscritti all'autoscuola, prodotto solo con riferimento all'anno 1992, era inidoneo a provare qualsiasi danno, posto che il numero degli iscritti risultava insufficiente a coprire le spese di gestione.
Ciò nondimeno il ricorrente lamenta che il consulente non abbia proceduto autonomamente all'acquisizione delle informazioni necessarie.
Ma la consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse (Cass., sez. III, 26 novembre 2007, n. 24620, m. 600467, Cass., sez. I, 5 luglio 2007, n. 15219, m. 598314). Mentre la liquidazione equitativa del danno, di cui pure si lamenta l'omissione, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono (Cass., sez. II, 21 novembre 2006, n. 24680, m. 593216, Cass., sez. II, 28 giugno 2000, n. 8795, m. 538126).
Sicché risulta corretta e pertanto incensurabile la motivazione esibita dai giudici del merito per negare il risarcimento del dedotto danno da mancato guadagno.
Quanto alle spese di sistemazione dei locali da destinare ad autoscuola, i giudici del merito non negano che i relativi lavori siano stati effettivamente eseguiti. E quindi sono irrilevanti le prove testimoniali di cui si lamenta in ricorso la mancata valutazione.
I giudici del merito hanno escluso tale voce di danno per la mancanza di prova dell'effettivo esborso da parte del ricorrente della somma cui si riferisce la documentazione di spesa prodotta, che è intestata al proprietario dei locali. E nessuna censura il ricorrente ha proposto con riferimento a tale giustificazione della decisione.
Sicché il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
4. Il rigetto di entrambi i ricorsi, con la reciproca parziale soccombenza delle parti, giustifica la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni unite, riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Danno da perdita di chance: le Sezioni Unite 1850 del 29 I 2009


Cassazione civile, SS.UU., sentenza 29.01.2009 n. 1850 - (787)
Perdita di chance,nesso causale,quantificazione,risarcimento,danni,civile
Fonte:
http://www.iusetnorma.it/news_giurisprudenza/giurisprudenza/cass-29-01-09n1850.htm

"il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta”
(Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).

Le Sezioni Unite

Motivi della decisione
1. Riuniti i ricorsi in applicazione dell'art. 335 c.p.c., va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale, che propone due questioni pregiudiziali.
2.1 - Con il primo motivo la ricorrente incidentale ripropone infatti 1'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, già proposta nelle fasi di merito.
Sostiene che in tanto il giudice del merito ha dichiarato illegittimi i dinieghi dell'autorizzazione richiesta da G. C., in quanto ha ritenuto illegittimo e perciò disapplicato il regolamento provinciale di cui i provvedimenti controversi erano attuazione. Ma il regolamento provinciale, in quanto atto generale, non poteva essere disapplicato, non essendo idoneo a incidere su posizioni soggettive individuali. E ciò a maggior ragione in una materia, come quella dei servizi pubblici essenziali qual è quello di autoscuola, che l'art. 7 della legge 21 luglio 2005, n. 205, riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale eccepisce la violazione del giudicato formatosi sulla legittimità del regolamento provinciale. Infatti l'unico giudizio promosso davanti al giudice amministrativo, nel quale era stato formalmente impugnato il regolamento, si era concluso con una sentenza dichiarativa della perenzione del processo e mai impugnata. Sicché la legittimità del regolamento non poteva più essere rimessa in discussione.
2.2 - Il ricorso incidentale è infondato.
Quanto al primo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica proposta prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998, modificato poi dalla legge 21 luglio 2000 n. 205, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche se venga dedotta la lesione di un interesse legittimo che, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può esser fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo al risarcimento del danno ingiusto (Cass., sez. I, 17 ottobre 2007, n. 21850, m. 599711). Sicché in questi casi il giudice ordinario adito può procedere direttamente ad accertare l'illegittimità del provvedimento amministrativo nell'ambito della verifica della qualificabilità del fatto controverso come illecito a norma dell'art. 2043 c.c., “non essendo più ravvisabile la pregiudizialità del giudizio di annullamento dell'atto dinanzi al giudice amministrativo, in passato costantemente affermata in quanto solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo, unica situazione giuridica soggettiva la cui lesione si riteneva tutelabile dinanzi al giudice ordinario” (Cass., sez. III, 22 luglio 2004, n. 13619, m. 575434, Cass., sez. III, 25 agosto 2006, n. 18486, m. 592067).
Né la natura generale o regolamentare di un atto può essere considerata ostativa alla sua disapplicazione da parte del giudice ordinario, posto che sono appunto i “regolamenti generali e locali”, che, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giudice ha il potere dovere di disapplicare ove illegittimi (Cass., sez. L, 15 febbraio 1985, n. 1304, m. 439393), anche quando sono solo presupposto dell'atto direttamente lesivo della situazione soggettiva individuale (Cass., sez. L, 18 agosto 2004, n. 16175, m. 576531).
Quanto al secondo motivo, si tratta di censura manifestamente infondata, perché la sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia invocata dal ricorrente dichiarò improcedibile per carenza sopravvenuta di interesse il ricorso di C., che aveva ottenuto alla fine l'autorizzazione lungamente attesa. E la dichiarazione di improcedibilità per carenza di interesse è incompatibile con qualsiasi effetto di giudicato sulla legittimità dell'atto impugnato (Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 143).
3.1 - Con il primo motivo del suo ricorso il ricorrente principale deduce violazione degli art. 193 e 194 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, erroneamente fondata su una consulenza tecnica d'ufficio che aveva illegittimamente omesso di rispondere ai quesiti sul danno da mancato guadagno.
Sostiene che il consulente d'ufficio:
a) avrebbe dovuto rispondere ai quesiti postigli, indipendentemente dalla documentazione prodottagli dal consulente di parte e ritenuta carente o inidonea in quanto non ufficiale;
b) avrebbe dovuto accertare direttamente il costo medio di un corso di autoscuola, anche basandosi sulla dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999 prodotta in giudizio e anche in mancanza di elementi per determinare l'importo dei ricavi medi;
c) avrebbe dovuto determinare il numero dei potenziali utenti dell'autoscuola, fondandosi sul registro degli iscritti per l'anno 1992, anche in mancanza della dichiarazione IVA assurdamente ritenuta indispensabile;
d) avrebbe dovuto determinare la perdita assumendo le necessarie informazioni sui ricavi medi delle autoscuole della provincia, indipendentemente dalla documentazione relativa alla successiva attività della scuola, in quanto l'attore avrebbe potuto anche rinunciare a intraprendere la nuova attività dopo il 1991, senza per questo perdere il diritto al risarcimento dei danni subiti per gli anni precedenti.
Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 1226 e 2056 c.c., lamentando l'omessa determinazione equitativa dell'entità del danno da mancato guadagno.
Sostiene che, essendo certa l'esistenza del danno, l'incertezza ineliminabile sulla sua entità effettiva ne avrebbe imposto la liquidazione equitativa.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce infine vizi di motivazione nella valutazione delle testimonianze e della documentazione di spesa relativa alla sistemazione dei locali da destinare all'autoscuola.
Sostiene che le prove testimoniali e documentali acquisite avrebbero giustificato la liquidazione anche di tale voce di danno, arbitrariamente esclusa dalla corte d'appello.
3.2 - Anche il ricorso principale deve essere rigettato.
I due primi motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta” (Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).
Nel caso in esame l'attore C., che gestiva anche un'altra autoscuola in un diverso comune e aveva finalmente avviato nel 1992 la nuova autoscuola di Cazzano di Sant'Andrea, era nelle condizioni ottimali per offrire al consulente d'ufficio tutta la documentazione necessaria alla liquidazione in via presuntiva del danno da mancato guadagno.
Come risulta dalla sentenza impugnata, e non è sostanzialmente negato neppure nel ricorso, tale documentazione non fu invece fornita, benché ripetutamente richiesta. Lo stesso elenco degli iscritti all'autoscuola, prodotto solo con riferimento all'anno 1992, era inidoneo a provare qualsiasi danno, posto che il numero degli iscritti risultava insufficiente a coprire le spese di gestione.
Ciò nondimeno il ricorrente lamenta che il consulente non abbia proceduto autonomamente all'acquisizione delle informazioni necessarie.
Ma la consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse (Cass., sez. III, 26 novembre 2007, n. 24620, m. 600467, Cass., sez. I, 5 luglio 2007, n. 15219, m. 598314). Mentre la liquidazione equitativa del danno, di cui pure si lamenta l'omissione, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono (Cass., sez. II, 21 novembre 2006, n. 24680, m. 593216, Cass., sez. II, 28 giugno 2000, n. 8795, m. 538126).
Sicché risulta corretta e pertanto incensurabile la motivazione esibita dai giudici del merito per negare il risarcimento del dedotto danno da mancato guadagno.
Quanto alle spese di sistemazione dei locali da destinare ad autoscuola, i giudici del merito non negano che i relativi lavori siano stati effettivamente eseguiti. E quindi sono irrilevanti le prove testimoniali di cui si lamenta in ricorso la mancata valutazione.
I giudici del merito hanno escluso tale voce di danno per la mancanza di prova dell'effettivo esborso da parte del ricorrente della somma cui si riferisce la documentazione di spesa prodotta, che è intestata al proprietario dei locali. E nessuna censura il ricorrente ha proposto con riferimento a tale giustificazione della decisione.
Sicché il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
4. Il rigetto di entrambi i ricorsi, con la reciproca parziale soccombenza delle parti, giustifica la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni unite, riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

domenica 15 febbraio 2009

Il danno esistenziale ... esiste! (revirement della S.C. dopo le SS.UU. 26973 e 26974 del 2008)

Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.1343/2009 - (111)
Lavoro,domestico,risarcimento, danni
Commento alla fonte:
http://www.aziendalex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=87378&idCat=457
"il risarcimento del danno non patrimoniale (ora nell'ampia accezione definita dalle Ss UU del 2008 nella parte introduttiva e sistematica) non richiede che la responsabilità dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale o sia stata accertata con una imputabilità soggettiva in esclusiva, ma comprende tutte le fattispecie (inclusa quella del concorso di colpa anche in via di presunzione) corrispondenti alla astratta previsione di una figura di reato (nella specie lesioni colpose da fatto delle circolazioni)."

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Civile

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Michele Varrone -Presidente-
Dott. Giovanni Battisti Petti - Rel. Consigliere-
Dott. Camillo Filadoro - Consigliere-
Dott. Maurizio Massera - Consigliere-
Dott. Roberta Vivaldi . Consigliere-
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso 19736-2004 proposto da:
M. S. , elettivamente domiciliato in ROMA, Via Riccardo Grazioli Lante 76, presso lo studio dell'avvocato Iasonna Stefania, rappresentato e difeso dagli avvocati Procaccino Ernesto, Bevilacqua Alfredo, Ferraro Ermanno giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
Contro
Sas Pontecorvo di P. V. & C. Assitalia Spa -:
-intimate-
Avverso la sentenza n. 699/2004 della Corte d'appello di Napoli, quarta sezione civile, emessa il 12/02/2004, depositata iil24/02/2004, R.G. 4807/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2008 dal Consigliere dott . Giovanni Battista Petti;
udito l'avvocato Giovanni Attingenti (per delega Avv. Ernesto Procaccino, depositata in udienza);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Carlo Destro, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M. S. , nella veste di conducente di un motociclo, era investita in quel di Anacapri il 2 agosto 1994 da un motofurgone che usciva in retromarcia da uno stretto vicolo per immettersi sulla strada provinciale. Con citazione del 15 aprile 1995 la S. conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli la s.a.s. P. V. (proprietaria del veicolo ) e la assicuratrice Assitalia e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento dei danni conseguiti all'incidente provocato dalla imprudenza del conducente del motofurgone.
Il Tribunale, con sentenza del 16 giugno2001, nel contraddittorio tra le parti, condannava le parti convenute in solido al pagamento dei danni, in misura inferiore al chiesto, ma accertava il pari concorso di colpe e poneva le spese di lite nella misura della metà a carico delle convenute.
Contro la decisione proponeva appello la S. sia per l'an che per il quantum debeatur; resistevano le controparti chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 24 febbraio 2004, così decideva: rigetta l'appello conferma la sentenza impugnata e compensa tra le parti le spese del giudizio. Contro la decisione ricorre la S. deducendo tre censure illustrate da memorie; non hanno svolto difese le controparti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento quanto al primo motivo e nei sensi di cui alla presente motivazione devono accogliersi anche il secondo ed il terzo, per le seguenti considerazioni.
Nel primo motivo si deduce «violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2054, 2697, 2729 c.c., degli artt. 99, 112, 115, 116, 232, 246 c.p.c., e degli artt. 40 e 41 cod. pen. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. ed il vizio della motivazione su punto decisivo della controversia, successivamente argomentato (ff 10, 11 del ricorso) con la ricostruzione del fatto dannoso e del nesso causale con le lesioni, tenendo conto del valore della dichiarazione confessoria resa dal conducente del motofurgoncino, delal mancata risposta all'interrogatorio formale del legale rappresentante della società proprietaria di detto automezzo e del deferimento del giuramento decisorio (ud.14 novembre 2002) non valutato dai giudici dello appello, nonché della documentazione medica non contestata.
Il motivo è fondato in punto di vizio della motivazione ed in punto di corretta valutazione del quadro probatorio, da cui emerge chiaramente la responsabilità esclusiva del conducente del motofurgone: ed in verso da un lato F. F. , conducente del moto furgoncino, descrive la propria condotta imprudente di uscite in retromarcia da uno stretto veicolo senza poter controllare il traffico della provinciale,d'altro lato il proprietario del mezzo informato sui fatti evita di rendere l'interrogatorio formale,circostanziato in ordine alle modalità del fatto. Tali elementi, liberamente apprezzabili, in relazione alle circostanze descritte dalla parte danneggiata, concorrono da un lato ad evidenziare l'elevato grado della colpa di chi effettua una manovra a visuale cieca e senza dare la precedenza, e d'altro lato la impossibilità del conducente che sopravviene trovandosi l'improvviso ostacolo da evitare, ed è nella impossibilità di effettuare una manovra adeguata per evitare o ridurre il danno. La corte di appello, per contestare tale quadro, è costretta a sottovalutare il rilievo della mancata risposta all'interrogatorio formale, ad omettere la valutazione del giuramento decisorio, ed infine a considerare inidonea una dichiarazione stragiudiziale chiaramente confessoria, perché proveniente dal conducente, non parte in lite, ma in evidente incapacità ad essere escusso quale teste. Non senza rilevare che tale dichiarazione non risulta contestata dall'impresa, per il suo contenuto descrittivo, ma solo con il rilievo formale che non si tratta di testimonianza asseverata da un giuramento. Resta poi da valutare la documentazione medica non contestata, sulle lesioni conseguenti allo scontro.
L'accoglimento del ricorso, per il vizio della motivazione e per la valutazione delle prove (ai sensi degli artt. 116 e 117 c.p.c) esige dunque un nuovo esame, da parte del giudice del merito che tenga conto di un quadro probatorio che riguarda l'illecito della circolazione e le regole di cuiall'art. 2054 cod. civ. piu' volte precisate da questa Corte, nel senso che la presunzione stabilita dal secondo comma dall'art. 2054 c.c. non configura a carico dei conducenti antagonisti una ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui essi possono liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno secondale circostanze del caso concreto (cfr. Cass. 29 aprile 2006 n. 10031, cass. 4 febbraio 2002 n. 1432).
Nel secondo motivo si deduce error in iudicando e in procedendo (per la violazione degli artt. 1321, 1322, 2043, 2697 c.c., 99, 112, 115, 116 c.p.c., 35 e 36 della Costituzione, nonché il vizio della motivazione su punto decisivo.
La tesi è che la Corte di appello (ff 11 a 13 della sentenza) non considera la circostanza a prova scientifica della perdita della funzione deambulativi, con conseguente perdita di chances patrimoniali, come documentato in relazione alla vicenda della mancata assunzione quale contabile, da parte della società Nappo.
Sul punto il motivo è fondato per la difettosa motivazione. Ed in vero, il danno per la perdita di chances, sotto il profilo risarcitorio dev'essere ricondotto nell'ambito della bipolarità prevista dal codice vigente, tra danno patrimoniale (2043 cc) e danno non patrimoniale (2059 cc), con la puntualizzazione, ormai acquisita (v. cass. SSUU 11 novembre 2008 n. 6973 che concerne anche deduzione di danno futuro per perdita di chances ff.57 e 58) che il danno non patrimoniale va risarcito non solo nei casi previsti dalla legge , ma anche nei casi di lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, tra cui va ricompreso il danno da chance perduta la cui tutela è apprestata dal combinato disposto degli artt. 2, 3, 4, 32, 35 e 36 della Costituzione, tra di loro correlati, posto che nella specie il danno è inerente alla perdita rilevante della capacità lavorativa per la riduzione funzionale della deambulazione.
Il principio che consente di risarcire un danno futuro ed incerto deve essere individuato nel diritto delle vittime al risarcimento totale dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alla lesione dei diritti umani fondamentali (tra cui la salute ed il diritto al lavoro,che compete anche alla casalinga) ed in base all'artt. 1223 c.c. interpretato nel senso (accettato dalla migliore dottrina e dalla giurisprudenza cfr. Cass. 1987 n.495; 1985 n. 318 e Cons. stato 20 dicembre 2002) della sua risarcibilità non solo nel caso di assoluta certezza del danno, ma in base ad una fondata e ragionevole previsione del suo prodursi futuro (come è accaduto nell'immediato futuro nel caso di specie).
Il giudice del rinvio è pertanto vincolato al principio di diritto come sopra enunciato.
NEL TERZO MOTIVO si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione con riferimento a quattro voci che compongono un complesso danno non patrimoniale (secondo la ricostruzione sistematica unitaria data dalle SS UU civili nelle quattro sentenze del 11 novembre 2008 nn 26972 a nn 26975, cui questa sezione semplice è vincolata e così il giudice di rinvio).
Una prima censura contesta la valutazione del danno biologico nei limiti del 12% , mentre vi era perdita elevata dalla capacità lavorativa in relazione alla deambulazione (ff 28 del ricorso).
Una seconda censura contesta la mancata considerazione della perdita della vita di relazione; una terza contesta la mancata considerazione della claudicanza come danno estetico; una censura prospetta la omessa pronuncia in punto di liquidazione del danno morale che spetta anche in ipotesi di concorso di colpe.
Dette censure sono fondate ad eccezione della seconda che è priva di specificità.
Quanto alla prima censura, occorre ormai fare riferimento alla motivazione sistematica ed unitaria delle citate SS UU del 2008, che confermano la definizione complessa del danno biologico e considerano universale la definizione analitica, proposta dal legislatore negli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni.
Ovviamente le circostanze relative alle quattro componenti (fisica psichica, interrelazionale interna, relazionale sociale) devono essere provate, le prime due con valutazione medica o medico legale, le seconde due, con prova libera ed anche in via di presunzione.
La corte di appello (ff 13 a 15 della motivazione) non spiega le ragioni del contenimento della valutazione globale del danno biologico, senza tener conto della perdita elevata dalla capacità lavorativa e della perdita della deambulazione. Si tratta di valutazioni scientifiche, che dovevano essere considerate dalla CTU di ufficio o dalla documentazione medica ritualmente prodotta. La motivazione è oscura e la valutazione riduttiva. In relazione alla prima censura, vale dunque il principio affermato dalle SS Unite nella prima parte della motivazione unitaria, secondo cui nella valutazione analitica del danno biologico tutte e quattro le componenti devono essere considerate al fine della stima del valore statico e dinamico (per il danno permanente e le concrete possibilità di aggravamento) e ciò ai sensi dello art. 2059 c.c. costituzionalmente orientato ed inglobante il danno biologico.
In relazione alla seconda censura, si osserva che essa è inclusa, come componente del danno biologico, nella definizione generale contenuta nel codice delle assicurazioni (art. 138 secondo comma e art. 139 secondo comma) ed applicabile al caso di specie (fatto illecito da circolazione) e sul punto è ora vincolante il dictum delle SSUU civili nn.26973 e 26974 del 2008; si tratta tuttavia di una componente che deve essere oggetto di prova, anche in via presuntiva, con deduzione di specifiche circostanze circa la vita di relazione compromessa.
Il motivo di censura è invece del tutto generico e come tale privo di specificità.
La terza censura attiene alla considerazione del danno estetico, che per consolidata giurisprudenza (condivisa dalle citate SU) è da includere nel danno biologico (salvo la ulteriore prova di un danno patrimoniale per talune categorie di persone che utilizzano l'aspetto fisico per ragioni di lavoro); come tale la componente parrebbe essere inclusa nella stima (già insufficiente ed errata) del danno biologico. Sussiste sul punto difetto di adeguata motivazione (cfr. ff 14 della motivazione) e pertanto tale componente dovrà essere riconsiderata nella nuova stima analitica secondo i sopraricordati principi.
La quarta censura attiene infine alla mancata liquidazione del danno morale,che è stata esclusa per effetto della presunzione di colpa.
Anche sul punto, questa Corte, a partire dalle sentenze nn. 7281, 7282 e 7283 del 2003 e successive conformi, afferma un principio generale, applicabile anche alla fattispecie di cui all'art. 2054 c.c. secondo cui il risarcimento del danno non patrimoniale (ora nell'ampia accezione definita dalle Ss UU del 2008 nella parte introduttiva e sistematica) non richiede che la responsabilità dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale o sia stata accertata con una imputabilità soggettiva in esclusiva, ma comprende tutte le fattispecie (inclusa quella del concorso di colpa anche in via di presunzione) corrispondenti alla astratta previsione di una figura di reato (nella specie lesioni colpose da fatto delle circolazioni).
(Cfr. da ultimo Cass. 24 aprile 2007 n. 13953; cass. 6 agosto 2007 n. 17180 e vedi SU n. 6973 del2008 punto 3.4.1).
Si tratta di una omessa pronuncia, come tale correttamente denunciata, e la valutazione del danno morale dovrà essere esaminata e valutata, sulla base delle circostanze di fatto dedotte e non contestate.
In conclusione il giudice del rinvio,corte di appello di Napoli, in relazione ai motivi accolti ed ai principi di diritto come sopra enunciati, che si attestano sulle statuizioni vincolanti delle sezioni unite civili del2008, dovrà riesaminare la materia del contendere e sull'an e sul quantum debeatur e provvedere anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M
Accoglie il primo motivo e nei limiti della motivazione il secondo ed il terzo , e rinvia anche per le spese, alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Roma 3 novembre 2008.
Il Presidente M. Varrone
Il relatore G.B. Petti.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL 20 GENNAIO 2009.

Il danno esistenziale ... esiste! (revirement della S.C. dopo le SS.UU. 26973 e 26974 del 2008)

Cassazione, Sezione Terza Civile, sentenza n.1343/2009 - (111)
Lavoro,domestico,risarcimento, danni
Commento alla fonte:
http://www.aziendalex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=87378&idCat=457
"il risarcimento del danno non patrimoniale (ora nell'ampia accezione definita dalle Ss UU del 2008 nella parte introduttiva e sistematica) non richiede che la responsabilità dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale o sia stata accertata con una imputabilità soggettiva in esclusiva, ma comprende tutte le fattispecie (inclusa quella del concorso di colpa anche in via di presunzione) corrispondenti alla astratta previsione di una figura di reato (nella specie lesioni colpose da fatto delle circolazioni)."

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Civile

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Michele Varrone -Presidente-
Dott. Giovanni Battisti Petti - Rel. Consigliere-
Dott. Camillo Filadoro - Consigliere-
Dott. Maurizio Massera - Consigliere-
Dott. Roberta Vivaldi . Consigliere-
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso 19736-2004 proposto da:
M. S. , elettivamente domiciliato in ROMA, Via Riccardo Grazioli Lante 76, presso lo studio dell'avvocato Iasonna Stefania, rappresentato e difeso dagli avvocati Procaccino Ernesto, Bevilacqua Alfredo, Ferraro Ermanno giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
Contro
Sas Pontecorvo di P. V. & C. Assitalia Spa -:
-intimate-
Avverso la sentenza n. 699/2004 della Corte d'appello di Napoli, quarta sezione civile, emessa il 12/02/2004, depositata iil24/02/2004, R.G. 4807/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2008 dal Consigliere dott . Giovanni Battista Petti;
udito l'avvocato Giovanni Attingenti (per delega Avv. Ernesto Procaccino, depositata in udienza);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Carlo Destro, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M. S. , nella veste di conducente di un motociclo, era investita in quel di Anacapri il 2 agosto 1994 da un motofurgone che usciva in retromarcia da uno stretto vicolo per immettersi sulla strada provinciale. Con citazione del 15 aprile 1995 la S. conveniva dinanzi al Tribunale di Napoli la s.a.s. P. V. (proprietaria del veicolo ) e la assicuratrice Assitalia e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento dei danni conseguiti all'incidente provocato dalla imprudenza del conducente del motofurgone.
Il Tribunale, con sentenza del 16 giugno2001, nel contraddittorio tra le parti, condannava le parti convenute in solido al pagamento dei danni, in misura inferiore al chiesto, ma accertava il pari concorso di colpe e poneva le spese di lite nella misura della metà a carico delle convenute.
Contro la decisione proponeva appello la S. sia per l'an che per il quantum debeatur; resistevano le controparti chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 24 febbraio 2004, così decideva: rigetta l'appello conferma la sentenza impugnata e compensa tra le parti le spese del giudizio. Contro la decisione ricorre la S. deducendo tre censure illustrate da memorie; non hanno svolto difese le controparti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento quanto al primo motivo e nei sensi di cui alla presente motivazione devono accogliersi anche il secondo ed il terzo, per le seguenti considerazioni.
Nel primo motivo si deduce «violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2054, 2697, 2729 c.c., degli artt. 99, 112, 115, 116, 232, 246 c.p.c., e degli artt. 40 e 41 cod. pen. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. ed il vizio della motivazione su punto decisivo della controversia, successivamente argomentato (ff 10, 11 del ricorso) con la ricostruzione del fatto dannoso e del nesso causale con le lesioni, tenendo conto del valore della dichiarazione confessoria resa dal conducente del motofurgoncino, delal mancata risposta all'interrogatorio formale del legale rappresentante della società proprietaria di detto automezzo e del deferimento del giuramento decisorio (ud.14 novembre 2002) non valutato dai giudici dello appello, nonché della documentazione medica non contestata.
Il motivo è fondato in punto di vizio della motivazione ed in punto di corretta valutazione del quadro probatorio, da cui emerge chiaramente la responsabilità esclusiva del conducente del motofurgone: ed in verso da un lato F. F. , conducente del moto furgoncino, descrive la propria condotta imprudente di uscite in retromarcia da uno stretto veicolo senza poter controllare il traffico della provinciale,d'altro lato il proprietario del mezzo informato sui fatti evita di rendere l'interrogatorio formale,circostanziato in ordine alle modalità del fatto. Tali elementi, liberamente apprezzabili, in relazione alle circostanze descritte dalla parte danneggiata, concorrono da un lato ad evidenziare l'elevato grado della colpa di chi effettua una manovra a visuale cieca e senza dare la precedenza, e d'altro lato la impossibilità del conducente che sopravviene trovandosi l'improvviso ostacolo da evitare, ed è nella impossibilità di effettuare una manovra adeguata per evitare o ridurre il danno. La corte di appello, per contestare tale quadro, è costretta a sottovalutare il rilievo della mancata risposta all'interrogatorio formale, ad omettere la valutazione del giuramento decisorio, ed infine a considerare inidonea una dichiarazione stragiudiziale chiaramente confessoria, perché proveniente dal conducente, non parte in lite, ma in evidente incapacità ad essere escusso quale teste. Non senza rilevare che tale dichiarazione non risulta contestata dall'impresa, per il suo contenuto descrittivo, ma solo con il rilievo formale che non si tratta di testimonianza asseverata da un giuramento. Resta poi da valutare la documentazione medica non contestata, sulle lesioni conseguenti allo scontro.
L'accoglimento del ricorso, per il vizio della motivazione e per la valutazione delle prove (ai sensi degli artt. 116 e 117 c.p.c) esige dunque un nuovo esame, da parte del giudice del merito che tenga conto di un quadro probatorio che riguarda l'illecito della circolazione e le regole di cuiall'art. 2054 cod. civ. piu' volte precisate da questa Corte, nel senso che la presunzione stabilita dal secondo comma dall'art. 2054 c.c. non configura a carico dei conducenti antagonisti una ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui essi possono liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno secondale circostanze del caso concreto (cfr. Cass. 29 aprile 2006 n. 10031, cass. 4 febbraio 2002 n. 1432).
Nel secondo motivo si deduce error in iudicando e in procedendo (per la violazione degli artt. 1321, 1322, 2043, 2697 c.c., 99, 112, 115, 116 c.p.c., 35 e 36 della Costituzione, nonché il vizio della motivazione su punto decisivo.
La tesi è che la Corte di appello (ff 11 a 13 della sentenza) non considera la circostanza a prova scientifica della perdita della funzione deambulativi, con conseguente perdita di chances patrimoniali, come documentato in relazione alla vicenda della mancata assunzione quale contabile, da parte della società Nappo.
Sul punto il motivo è fondato per la difettosa motivazione. Ed in vero, il danno per la perdita di chances, sotto il profilo risarcitorio dev'essere ricondotto nell'ambito della bipolarità prevista dal codice vigente, tra danno patrimoniale (2043 cc) e danno non patrimoniale (2059 cc), con la puntualizzazione, ormai acquisita (v. cass. SSUU 11 novembre 2008 n. 6973 che concerne anche deduzione di danno futuro per perdita di chances ff.57 e 58) che il danno non patrimoniale va risarcito non solo nei casi previsti dalla legge , ma anche nei casi di lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, tra cui va ricompreso il danno da chance perduta la cui tutela è apprestata dal combinato disposto degli artt. 2, 3, 4, 32, 35 e 36 della Costituzione, tra di loro correlati, posto che nella specie il danno è inerente alla perdita rilevante della capacità lavorativa per la riduzione funzionale della deambulazione.
Il principio che consente di risarcire un danno futuro ed incerto deve essere individuato nel diritto delle vittime al risarcimento totale dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguenti alla lesione dei diritti umani fondamentali (tra cui la salute ed il diritto al lavoro,che compete anche alla casalinga) ed in base all'artt. 1223 c.c. interpretato nel senso (accettato dalla migliore dottrina e dalla giurisprudenza cfr. Cass. 1987 n.495; 1985 n. 318 e Cons. stato 20 dicembre 2002) della sua risarcibilità non solo nel caso di assoluta certezza del danno, ma in base ad una fondata e ragionevole previsione del suo prodursi futuro (come è accaduto nell'immediato futuro nel caso di specie).
Il giudice del rinvio è pertanto vincolato al principio di diritto come sopra enunciato.
NEL TERZO MOTIVO si deduce l'error in iudicando ed il vizio della motivazione con riferimento a quattro voci che compongono un complesso danno non patrimoniale (secondo la ricostruzione sistematica unitaria data dalle SS UU civili nelle quattro sentenze del 11 novembre 2008 nn 26972 a nn 26975, cui questa sezione semplice è vincolata e così il giudice di rinvio).
Una prima censura contesta la valutazione del danno biologico nei limiti del 12% , mentre vi era perdita elevata dalla capacità lavorativa in relazione alla deambulazione (ff 28 del ricorso).
Una seconda censura contesta la mancata considerazione della perdita della vita di relazione; una terza contesta la mancata considerazione della claudicanza come danno estetico; una censura prospetta la omessa pronuncia in punto di liquidazione del danno morale che spetta anche in ipotesi di concorso di colpe.
Dette censure sono fondate ad eccezione della seconda che è priva di specificità.
Quanto alla prima censura, occorre ormai fare riferimento alla motivazione sistematica ed unitaria delle citate SS UU del 2008, che confermano la definizione complessa del danno biologico e considerano universale la definizione analitica, proposta dal legislatore negli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni.
Ovviamente le circostanze relative alle quattro componenti (fisica psichica, interrelazionale interna, relazionale sociale) devono essere provate, le prime due con valutazione medica o medico legale, le seconde due, con prova libera ed anche in via di presunzione.
La corte di appello (ff 13 a 15 della motivazione) non spiega le ragioni del contenimento della valutazione globale del danno biologico, senza tener conto della perdita elevata dalla capacità lavorativa e della perdita della deambulazione. Si tratta di valutazioni scientifiche, che dovevano essere considerate dalla CTU di ufficio o dalla documentazione medica ritualmente prodotta. La motivazione è oscura e la valutazione riduttiva. In relazione alla prima censura, vale dunque il principio affermato dalle SS Unite nella prima parte della motivazione unitaria, secondo cui nella valutazione analitica del danno biologico tutte e quattro le componenti devono essere considerate al fine della stima del valore statico e dinamico (per il danno permanente e le concrete possibilità di aggravamento) e ciò ai sensi dello art. 2059 c.c. costituzionalmente orientato ed inglobante il danno biologico.
In relazione alla seconda censura, si osserva che essa è inclusa, come componente del danno biologico, nella definizione generale contenuta nel codice delle assicurazioni (art. 138 secondo comma e art. 139 secondo comma) ed applicabile al caso di specie (fatto illecito da circolazione) e sul punto è ora vincolante il dictum delle SSUU civili nn.26973 e 26974 del 2008; si tratta tuttavia di una componente che deve essere oggetto di prova, anche in via presuntiva, con deduzione di specifiche circostanze circa la vita di relazione compromessa.
Il motivo di censura è invece del tutto generico e come tale privo di specificità.
La terza censura attiene alla considerazione del danno estetico, che per consolidata giurisprudenza (condivisa dalle citate SU) è da includere nel danno biologico (salvo la ulteriore prova di un danno patrimoniale per talune categorie di persone che utilizzano l'aspetto fisico per ragioni di lavoro); come tale la componente parrebbe essere inclusa nella stima (già insufficiente ed errata) del danno biologico. Sussiste sul punto difetto di adeguata motivazione (cfr. ff 14 della motivazione) e pertanto tale componente dovrà essere riconsiderata nella nuova stima analitica secondo i sopraricordati principi.
La quarta censura attiene infine alla mancata liquidazione del danno morale,che è stata esclusa per effetto della presunzione di colpa.
Anche sul punto, questa Corte, a partire dalle sentenze nn. 7281, 7282 e 7283 del 2003 e successive conformi, afferma un principio generale, applicabile anche alla fattispecie di cui all'art. 2054 c.c. secondo cui il risarcimento del danno non patrimoniale (ora nell'ampia accezione definita dalle Ss UU del 2008 nella parte introduttiva e sistematica) non richiede che la responsabilità dell'autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale o sia stata accertata con una imputabilità soggettiva in esclusiva, ma comprende tutte le fattispecie (inclusa quella del concorso di colpa anche in via di presunzione) corrispondenti alla astratta previsione di una figura di reato (nella specie lesioni colpose da fatto delle circolazioni).
(Cfr. da ultimo Cass. 24 aprile 2007 n. 13953; cass. 6 agosto 2007 n. 17180 e vedi SU n. 6973 del2008 punto 3.4.1).
Si tratta di una omessa pronuncia, come tale correttamente denunciata, e la valutazione del danno morale dovrà essere esaminata e valutata, sulla base delle circostanze di fatto dedotte e non contestate.
In conclusione il giudice del rinvio,corte di appello di Napoli, in relazione ai motivi accolti ed ai principi di diritto come sopra enunciati, che si attestano sulle statuizioni vincolanti delle sezioni unite civili del2008, dovrà riesaminare la materia del contendere e sull'an e sul quantum debeatur e provvedere anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M
Accoglie il primo motivo e nei limiti della motivazione il secondo ed il terzo , e rinvia anche per le spese, alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Roma 3 novembre 2008.
Il Presidente M. Varrone
Il relatore G.B. Petti.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL 20 GENNAIO 2009.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...