Per l’ex nuora niente casa coniugale anche se assegnata dal giudice
Cassazione civile , sezione III, sentenza 07.07.2010 n° 15986 (Manuela Rinaldi)
Comodato e separazione? Nuovo orientamento della Suprema Corte sul tema del diritto alla permanenza nella casa coniugale, dopo la separazione, nell’ipotesi in cui la stessa venne concessa in comodato agli sposi dai genitori di uno di essi affinché la stessa venisse adibita ad abitazione familiare.
In caso di separazione la nuora deve restituire la casa coniugale.
I giudici di legittimità con la sentenza 15986/2010 hanno segnato un’importante e rilevante svolta (visto il precedente e consolidato orientamento giurisprudenziale in tale ambito) sul tema del comodato e della assegnazione della casa coniugale in caso di separazione tra coniugi, precisando che l’abitazione deve essere restituita ai suoceri, che la concessero, appunto, in comodato.
In base alla decisione della Corte la fattispecie integra il c.d. comodato precario caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vincolo è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante.
La questione
I giudici della terza sezione civile sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso presentato da una coppia che aveva concesso in comodato la casa (di loro proprietà) al figlio sposato.
Il figlio successivamente si separa e la casa viene assegnata dal giudice alla moglie affidataria dei figli.
In primo grado il tribunale aveva dato ragione alla coppia di suoceri ordinando alla nuora la restituzione dell’immobile; ma poi la Corte d’Appello aveva ribaltato le carte in tavola assegnando nuovamente la casa alla donna affidataria dei figli.
La questione si sposta, quindi, dinanzi all’attenzione della Suprema Corte.
I Giudici di legittimità nella sentenza de qua hanno evidenziato che nel caso in cui sia in atto un comodato precario, senza la previsione di un termine per la restituzione dell’immobile, è nella facoltà del proprietario dell’immobile (nel caso di specie i suoceri) chiedere alla ex moglie di lasciare l’alloggio anche se assegnato alla stessa con provvedimento del giudice.
In tal caso la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante che ha la facoltà di manifestarla ad nutum.
Per la Corte non ha alcuna rilevanza il fatto che la casa familiare sia stata assegnata in sede di separazione personale dei coniugi al coniuge affidatario dei figli.
(Altalex, 15 luglio 2010. Nota di Manuela Rinaldi)
Manuela Rinaldi
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 7 luglio 2010, n. 15986
Svolgimento del processo
S.A. e R.S. convennero in giudizio C.A. dinanzi al tribunale di Lecce chiedendo la restituzione di un immobile da essi attori concesso in comodato al proprio figlio e alla convenuta, all'epoca marito e moglie, perchè entrambi lo adibissero temporaneamente ad abitazione familiare.
Il giudice di primo grado accolse la domanda, ordinando alla C. il rilascio dell'immobile.
L'impugnazione proposta da quest'ultima fu accolta dalla corte di appello di Lecce.
La sentenza è stata impugnata dalla S. e dal R. con ricorso per cassazione sorretto da due motivi illustrati da memoria.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo.
Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345, 416, 431 c.p.c..
La doglianza non può essere accolta.
Esso si infrange difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che la deduzione dell'insussistenza di un fatto costitutivo dal quale non possa prescindersi ai fini dell'accoglimento della domanda non costituisca eccezione in senso proprio, ma mera difesa, come tale proponibile per la prima volta in appello.
Esso si infrange difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che la deduzione dell'insussistenza di un fatto costitutivo dal quale non possa prescindersi ai fini dell'accoglimento della domanda non costituisca eccezione in senso proprio, ma mera difesa, come tale proponibile per la prima volta in appello.
La decisione, conforme a diritto, si sottrae alle censure mosse dai ricorrenti.
Con il secondo motivo, si denuncia una ulteriore violazione ed erronea applicazione degli artt. 1803 e 1810 c.c..
Il motivo è fondato.
Correttamente osservano i ricorrenti come la convenzione negoziale per la quale è processo fosse privo di termine, integrando così la fattispecie del c.d. comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l'immobile sia stato adibito ad uso familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra coniugi, all'affidatario dei figli, come condivisibilmente affermato da questa corte regolatrice con la sentenza 10258/1997.
E' pertanto viziata da errore di diritto la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che condizione di legittimità della richiesta di restituzione fosse la sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno, falsamente applicando, nella specie, la norma di cui all'art. 1809 c.c., comma 2.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, e il procedimento rinviato alla stessa corte di appello di Lecce che, in diversa composizione, farà applicazione del principio di diritto suesposto.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Lecce in altra composizione.