lunedì 14 luglio 2008

Annullamento Autorizzazione Paesaggistica rilasciata dal Comune: Non sempre segue la demolizione

Condono edilizio, autorizzazione paesaggistica, annullamento, demolizione
Consiglio di Stato , sez. IV, decisione 28.04.2008 n° 1865


Condono edilizio – autorizzazione paesaggistica – annullamento – demolizione del manufatto – esclusione [art. 82, D.Lgs. 616/77]

Qualora, nel corso del procedimento di condono, la Soprintendenza annulli per difetto di motivazione l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, il Comune non può disporre la demolizione del manufatto senza preventivamente esporre le ragioni per le quali ritiene che non sussistano i presupposti per il rilascio di una eventuale nuova autorizzazione fondata su motivazioni diverse. (1) (2) (3) (4) (5) (6)
(1) In tema di condono edilizio e demolizione di opere abusive, si veda TAR Campania-Napoli 3070/08.(2) In tema di condono edilizio e vincolo paesaggistico, si veda Consiglio di Stato 22/08.(3) In tema di condono edilizio e tutela dei terzi, si veda Consiglio di Stato 6332/07.(4) In tema di condono edilizio e silenzio-assenso, si veda TAR Toscana 441/07. (5) In tema di condono edilizio e competenze Stato-Regioni, si veda Corte Costituzionale 9/08.(6) Sul tema del rapporto tra condono e reati edilizi, si veda Cassazione penale 451/07.
(Fonte: Altalex Massimario 25/2008)

Consiglio di Stato
Sezione IV
Decisione 28 aprile 2008, n. 1865
(Presidente Trotta - Relatore Maruotti)

Rilevato che, nel corso della camera di consiglio fissata per la definizione della domanda incidentale dell’appellante, è stata rappresentata alle parti la possibilità che si sarebbe potuto definire il secondo grado del giudizio;
Considerato che sussistono i presupposti per l’immediata definizione del secondo grado del giudizio;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
1. In data 28 febbraio 1995, la società appellante ha presentato al Comune di Bologna una domanda di condono avente per oggetto un manufatto in legno, realizzato senza titolo su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Con il provvedimento n. 20208-95 del 30 dicembre 1997, il Comune ha rilasciato l’autorizzazione prevista dall’art. 7 della legge n. 1497 del 1939 ed ha disposto il condono.
In data 9 giugno 1998, la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Bologna – nell’esercizio del potere previsto dall’art. 82 del d.lg. n. 616 del 1977 – ha annullato il provvedimento del 30 dicembre 1997 per eccesso di potere, poiché il Comune “non spiega come e perché l’intervento autorizzato sia compatibile con le caratteristiche e le peculiarità paesaggistiche dell’area tutelata”, della quale la Soprintendenza ha sottolineato il particolare pregio.
2. Nel dare seguito all’atto della Soprintendenza, il Comune di Bologna:
- ha emesso l’ordine di demolizione n. 34897 del 28 febbraio 2001, che si è basato sul “diniego di condono PG 30208/95 del 5 gennaio 1998”;
- ha emesso l’ulteriore ordinanza n. 63176 del 10 aprile 2001, che ha “rettificato” il precedente ordine del 28 febbraio 2001, nel senso che – constatato l’annullamento del provvedimento del 30 dicembre 1997 – ha ribadito l’ordine di demolizione.
3. Col ricorso di primo grado n. 1025 del 2001 (proposto al TAR per l’Emilia Romagna, Sede di Bologna), la società ha impugnato i provvedimenti emessi dal Comune in data 28 febbraio 2001 e 10 aprile 2001, di cui ha chiesto l’annullamento.
Il TAR, con la sentenza n. 2789 del 2007, ha dichiarato inammissibile il ricorso (condannando la società al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio), poiché:
- l’ordinanza del 28 febbraio 2001 risulta comunicata alla società il 5 marzo 2001, mentre il ricorso è stato notificato l’8 giugno 2001;
- l’ordinanza del 10 aprile 2001 sarebbe meramente confermativa di quella precedente, di cui ha disposto la rettifica in ordine al precedente richiamo al “diniego di condono”, specificando che il provvedimento del 30 dicembre 1997 è stato poi annullato dalla Soprintendenza.
4. Col gravame in esame, la società ha dedotto che il TAR ha erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, poiché l’ordinanza del 10 aprile 2001 non può essere qualificata come atto meramente confermativo.
Inoltre, la società ha riproposto le censure formulate in primo grado, sulla illegittimità dell’ordinanza del 28 marzo 2001 (per erroneità nei presupposti e difetto di motivazione) e di quella del 10 aprile 2001 (per difetto di motivazione, poiché il Comune avrebbe dovuto previamente valutare se l’istanza di condono poteva essere accolta sotto il profilo paesaggistico, con una motivazione adeguata, che superasse il vizio di eccesso di potere rilevato dalla Soprintendenza).
5. Così riassunte le articolate censure dell’appellante, ritiene la Sezione che esse siano fondate e vadano accolte.
6. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il provvedimento emesso dal Comune in data 10 aprile 2001 non ha natura meramente confermativa.
Esso, infatti, ha constatato come la precedente ordinanza del 28 febbraio 2001 avesse travisato le circostanze, nel ritenere che la demolizione dovesse conseguire all’emanazione di un provvedimento di “diniego di condono”, che in realtà non vi era mai stato.
Pertanto, l’ordinanza del 10 aprile 2001 – in relazione al vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti - va qualificata come atto di convalida di quella precedente del 28 febbraio 2001, e cioè come suo atto modificativo che ha rinnovato la lesione dell’interesse della società, sulla base di una motivazione parzialmente diversa.
Ciò comporta che il ricorso di primo grado:
- va dichiarato ammissibile, in quanto notificato in data 5 giugno 2001, nella parte in cui è stato proposto avverso il provvedimento del 10 aprile 2001 (in quanto non meramente confermativo di quello emesso il 28 febbraio 2001);
- va dichiarato ammissibile anche per la parte rivolta avverso l’ordinanza del 28 febbraio 2001, i cui effetti sono stati rinnovati dall’ordinanza del 10 aprile 2001, che ne ha inteso disporre la convalida con effetti ex tunc.
7. Le censure formulate in primo grado, riproposte in questa sede, risultano altresì fondate e vanno accolte.
7.1. Qualora nell’esercizio del potere previsto dall’art. 82 del d.lg. n. 616 del 1977 (trasfuso nel testo unico n. 190 del 1999 e poi nell’art. 146 del Codice n. 42 del 2994), e nel corso del procedimento di condono, la Soprintendenza annulli per difetto di motivazione l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune (quale autorità subdelegata dalla Regione), il Comune è titolare di un potere discrezionale, per il quale:
a) o ritiene che possa essere rilasciata una ulteriore autorizzazione paesaggistica, con una motivazione diversa da quella che ha condotto all’annullamento da parte dell’organo statale;
b) o ritiene – anche sulla base delle valutazioni formulate dall’organo statale – che non sussistano i presupposti per il rilascio della autorizzazione, ma in tal caso deve esporre le relative ragioni con adeguata motivazione, secondo i principi generali riguardanti l’esercizio delle pubbliche funzioni.
A seguito dell’annullamento della autorizzazione da parte dell’organo statale, non può invece il Comune senz’altro disporre la demolizione del manufatto per il quale è stata proposta la domanda di condono: anche se con un solo provvedimento, il Comune deve previamente valutare se l’istanza (già accolta sotto il profilo paesaggistico, con l’atto annullato per difetto di motivazione) sia meritevole di essere accolta.
Solo ove la relativa valutazione sia negativa, va emesso il conseguente ordine di demolizione.
7.2. Con riferimento al caso di specie, a seguito dell’annullamento della autorizzazione da parte della Soprintendenza, il Comune ha senz’altro emesso l’ordinanza di demolizione, senza valutare in alcun modo se l’originaria istanza – per la parte riguardante i valori paesaggistici - fosse meritevole di accoglimento sulla base di una motivazione diversa da quella ritenuta inadeguata dall’organo statale.
Pertanto, come ha dedotto l’appellante, i provvedimenti del 28 marzo 2005 e del 10 aprile 2001 si manifestano viziati per eccesso di potere, sotto i profili di difetto di motivazione e di inadeguata valutazione delle circostanze emerse nel corso del procedimento.
8. Per le ragioni che precedono, l’appello va accolto, sicché, in riforma della sentenza gravata, il ricorso originario va accolto perché risulta ammissibile e fondato.
Per l’effetto, va disposto l’annullamento degli atti impugnati in primo grado, così come è specificato nel dispositivo, salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune di Bologna.
La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio (nonché al rimborso del contributo unificato) segue la soccombenza.
Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie l’appello n. 2147 del 2001 e, in riforma della sentenza del TAR per l’Emilia Romagna n. 2789 del 2001, accoglie il ricorso di primo grado n. 1025 del 2001 ed annulla le ordinanze del Comune di Bologna n. 28 febbraio 2001 e del 10 aprile 2001, con cui è stata disposta la demolizione del manufatto realizzato alla via Ravone n. 26.
Condanna il Comune di Bologna al pagamento di euro 3.000 (tremila) in favore dell’appellante, per spese ed onorari dei due gradi del giudizio, oltre al rimborso delle spese sostenute per i contributi unificati.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

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