lunedì 14 luglio 2008

Chiusura di una tettoia: è ristrutturazione.

Edilizia, superficie edificabile, chiusura di una tettoia, intervento innovativo
TAR Abruzzo-L'Aquila, sez. I, sentenza 07.03.2008 n° 127

Edilizia – superficie edificabile – chiusura di una tettoia – intervento innovativo [art. 3, D.P.R. 380/2001]
La chiusura di una preesistente tettoia comporta non la sola copertura di una superficie, ma la piena utilizzabilità di un volume, in sicuro ampliamento del fabbricato cui accede. Ne deriva che tale intervento si configura come innovativo e non meramente manutentivo e, pertanto, deve rispettare la disciplina in tema di distanza e di superficie massima edificabile. (1)
(1) In materia di edificabilità, si vedano anche: Tar Campania-Napoli 15615/2007; Consiglio di Stato 6337/2007.
(Fonte: Altalex Massimario 24/2008. Cfr. nota di Alessandro Del Dotto)

T.A.R.
Abruzzo - L'Aquila
Sezione I
Sentenza 7 marzo 2008, n. 127
(Pres. Catoni, Est. Abbruzzese)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 134 del 2005, proposto da:
Costruzioni Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Anna Maria Nardis, Carmela Corneli, con domicilio eletto presso Anna Maria Avv. Nardis in L'Aquila, via Maiella, N. 2; Gallese & Catturuzza S.a.s., Ga.Pa. Costruzioni S.r.l.;
contro
Comune di Silvi, rappresentato e difeso dall'avv. Fausto Castelli, con domicilio eletto presso Vincenzo Avv. Salvi in L'Aquila, via Fontesecco 16;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’ingiunzione n.202 del 22.12.2004, avente ad oggetto demolizione di opere edilizie.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Silvi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30/01/2008 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente ha realizzato una struttura in cemento armato delle dimensioni di ml.6,85 x 13,65, con altezza minima di ml.2,53 e max di ml.3,24 al piano terra, sul lato sud del fabbricato principale ubicato in Silvi, Contrada Piombo Alta, in luogo della preesistente tettoia oggetto di condono, nonché, al piano interrato, sul lato est del medesimo fabbricato, un muro a distanza, come calcolata dai tecnici comunali, di ml.1,80 dal confine demaniale; le sopra descritte opere edilizie sono oggetto dell’ingiunzione di demolizione impugnata.
Il ricorso deduce: 1) violazione di legge, nullità dell’ordinanza ex art. 7 legge n.241/90, in ragione dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento e comunque dell’intervenuta estinzione della procedura non essendo stato emanato alcun provvedimento definitivo a seguito del decorso di 45 giorni dall’ordinanza di sospensione n.35/04; 2) eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e violazione di legge per illegittimità dell’ordine di demolizione della struttura in c.a. al posto della tettoia, non avendo tenuto conto il Comune della preesistenza della tettoia e della natura meramente manutentiva dell’intervento realizzato; 3) eccesso di potere per travisamento ed illegittimità dell’ordine di demolizione del muro al piano interrato, risultando perfettamente rispettata la distanza di legge dal confine demaniale.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.
Si costituiva il Comune di Silvi deducendo la piena legittimità dell’atto impugnato.
Il TAR adito accoglieva la proposta istanza cautelare.
Le parti depositavano memorie e documentazione.
All’esito della pubblica udienza del 30 gennaio 2008, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Dalla documentazione versata in atti, risulta che, con il rilascio del permesso di costruire n.50 dell’1.8.2006 (in produzione di parte ricorrente), che ha ad oggetto la sopraelevazione di una porzione di fabbricato e l’ampliamento del piano interrato del fabbricato di proprietà della ricorrente, inglobante il muro in contestazione, deve intendersi venuto meno l’interesse all’annullamento, quanto al punto 2), dell’ingiunzione impugnata, e del secondo motivo di ricorso, che riguardano appunto il muro, in ragione delle richiamate sopravvenienze procedimentali.
In parte qua, il ricorso va, pertanto, dichiarato improcedibile.
In ordine alla ulteriore contestazione operata, deve rilevarsi che essa ha ad oggetto una struttura in cemento armato delle dimensioni di ml.6,80 x 13,65 ed altezza, massima di ml.3,24 e minima di ml.2,53, realizzata in ampliamento dell’edificio principale, a destinazione ristorante, realizzata in assenza del permesso di costruire al posto di una preesistente tettoia in legno, già condonata, in data 8.11.2002, con concessione edilizia in sanatoria n.232/02/C.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’ingiunzione giacché non preceduta da comunicazione di avvio del procedimemto.
Premesso che, com’è noto, la comunicazione di avvio ha lo scopo di innescare il contraddittorio procedimentale con la parte destinataria del provvedimento, o comunque ad esso interessata, il Collegio non può non rilevare che la parte, nel caso di specie, ha effettivamente esercitato tale sua facoltà, intervenendo nel procedimento (cfr. controdeduzioni pervenute al Comune in data 6.4.2004/120567, citate nel corpo del provvedimento impugnato; cfr. pag.4), così determinando la scrupolosa e puntuale disamina della posizioni da essa sostenute da parte del Comune, che ne dà ampio conto proprio in sede motivazionale.
Il motivo è pertanto infondato.
Con il terzo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’ingiunzione muovendo dalla qualificazione dell’intervento edilizio realizzato e deducendone la non assoggettabilità a sanzione demolitoria, in ragione della sua natura sostanzialmente manutentiva.
Si tratta, secondo la contestazione del Comune, di manufatto non condonabile ex D.L.269/2003, giacché realizzato in epoca posteriore al 31.3.2003, come risultante dal sopralluogo del 19.11.2003, e non conforme alle norme urbanistiche perché realizzato in violazione delle distanze minime dai confini dai fabbricati (rilevate pari a ml.1,15 dal confine sud ed a ml.4,20 dal fabbricato prospiciente, inferiori alle minime prescritte dagli artt, 35 e 36 delle vigneti NTA, pari a ml.5,00 per i confini e ml.10,00, o pari all’altezza del fabbricato più alto, per i fabbricati), oltre che esorbitante dalla superficie edificabile massima realizzabile nella zona di pertinenza (zona B1 – residenziale ambito urbano).
In proposito, la ricorrente sostiene la natura meramente manutentiva dell’intervento in questione, tenuto conto della preesistenza di una struttura in ferro (la tettoia), di identiche dimensioni, collegata a terra mediante sistema fondale, e dunque già stabilmente ancorata al suolo, anche perché realizzata unitamente al pavimento esterno al piano terra in cemento, e già condonata.
L’intervento sarebbe consistito nella sostituzione della struttura in ferro con altra analoga in cemento armato e nella successiva tompagnatura dei perimetrali, il che qualificherebbe l’opera in termini di manutenzione.
Il Collegio non condivide la tesi difensiva di parte ricorrente.
L’intervento in questione (chiusura di una preesistente tettoia) deve configurarsi, invero, non già come intervento manutentivo, che presupporrebbe la natura non innovativa degli apporti edilizi, e, nel caso di specie, della funzione di sola copertura propria della tettoia preesistente, ma di vera e propria ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 31, lett.d), legge 5 agosto 1978, n.457, ed ora dell’art. 3 del D.P.R. n.380 del 2001, trattandosi di trasformazione di un immobile tale da portare, come in effetti nella specie porta, ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la chiusura della tettoia importi non la sola copertura di una superficie, ma la piena utilizzabilità di un volume, in sicuro ampliamento del fabbricato cui accede.
Le dimensioni non certo trascurabili della struttura stessa (di circa mq.80) e i materiali utilizzati (cemento armato) confortano circa la qualificazione dell’opera ed il suo assoggettamento alla disciplina propria delle opere edilizie soggette a permesso di costruire (cfr., in termini, TAR Campania, Napoli, sez.IV, 7 giugno 2006, n.10444).
Né può surrettiziamente, come tenta di fare la difesa ricorrente, operarsi una distinzione tra le varie fasi di realizzazione dell’intervento, che ha comportato, com’ è ovvio, dapprima la sostituzione della preesistente struttura in ferro con altra, analoga, in cemento armato (si tratta delle opere strutturali), e, successivamente, la tompagnatura delle pareti aperte della tettoia, per desumerne la natura meramente sostitutiva e manutentiva, essendo viceversa chiaro che l’opera edilizia va vista nella sua globalità e, in tale ottica, non vi dubbio che la preesistente tettoia in ferro (ed è tutt’altro che trascurabile le scelta dei materiali), sia pure ancorata al suolo, è opera diversa dall’ampliamento chiuso su tutti i lati del fabbricato principale, sia pure inglobante la superficie prima coperta dalla detta tettoia.
Del resto, la distinzione concettuale tra tettoia aperta su tre lati e superficie chiusa su tutti i lati è chiaramente rappresentata dall’art. 47 del REC del Comune di Silvi, che esclude che possano essere qualificati portici, con conseguente possibilità di scomputo dal calcolo delle superfici edificabili, gli spazi interamente chiusi, che non presentino almeno un lato completamento aperto (art. 47, punto 4 lett.a), così come pure evidenziato nel corpo del provvedimento impugnato.
La qualificazione dell’opera, come sopra operata, e il suo sicuro assoggettamento alle disposizioni richiamate dal Comune in punto di distanza e di superficie massima edificabile comportano, per tale parte, la legittimità dell’ingiunzione impugnata ed il rigetto del ricorso in parte de qua.
La soccombenza, visto l’esito complessivo del ricorso, va posta sostanzialmente a carico di parte ricorrente; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, così provvede: dichiara il ricorso in parte improcedibile e rigetta per il resto, nei sensi di cui in motivazione.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Silvi, che si liquidano in complessivi Euro 2.000 (duemila).
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 30/01/2008 con l'intervento dei signori:
Antonio Catoni, Presidente
Rolando Speca, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 07/03/2008.

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