martedì 22 aprile 2008

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo


Reato paesaggistico e reato edilizio: autonomia delle fattispecie criminose
Corte Costituzionale , ordinanza 20.12.2007 n° 439 (
Alessandro Del Dotto)

Considerato che, per giurisprudenza costante di questa Corte, non è possibile una pronuncia additiva tesa ad estendere una disposizione derogatoria ed eccezionale, a meno che non sussista piena identità di funzione tra le discipline poste a raffronto, e che, nella specie, tale estensione non è possibile, trattandosi di fattispecie criminose analoghe, ma non identiche, tanto è vero che possono essere in concorso tra di loro, il reato edilizio previsto dall’articolo 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed il reato paesaggistico previsto dall’art. 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, hanno oggetti giuridici diversi.
I reati paesistici ed ambientali tutelano il paesaggio e l’ambiente e cioè dei beni materiali, mentre i reati edilizi tutelano il rispetto di un bene astratto, e cioè la disciplina amministrativa dell’uso del territorio. Pertanto, pur avendo entrambi i reati la natura di reati di pericolo (avendo il legislatore in ambo i casi ritenuto necessario anticipare al massimo livello possibile la soglia di tutela degli interessi), la diversità degli oggetti “finali” protetti dai due reati giustifica discipline sanzionatorie e fattispecie estintive differenziate.
In particolare, la materialità del bene paesaggistico-ambientale conferisce un valore essenziale alla rimessione in pristino del paesaggio e dell’ambiente, alla quale, in definitiva, tende l’intero sistema sanzionatorio in questa materia, invece, nell’ambito della repressione degli illeciti edilizi, la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, con demolizione delle opere abusivamente realizzate, rappresenta solo uno dei possibili esiti sanzionatori dell’illecito, essendo prevista, in alternativa ad essa, (art. 31, comma 5, del
d.P.R. n. 380 del 2001) la possibilità per il Comune di mantenere, a determinate condizioni, l’opera coattivamente acquisita.
In questo senso si è espresso il Giudice delle Leggi nel respingere, per manifesta infondatezza, una questione di legittimità costituzionale sollevata da un giudice di primo grado in ordine all’articolo 181, comma 1 quinquies, del
d.lgs. n. 42/2004: quest’ultimo, infatti, aveva manifestato le proprie perplessità in ordine al mantenimento di un regime penalmente sanzionatorio diverso per i reati ambientali e paesaggistici rispetto ai reati edilizi di fronte alla fattispecie di ravvedimento del soggetto imputato che aveva agito ripristinando lo status quo ante e, dunque, demolendo l’abuso commesso.
Del resto, è noto che a tale ravvedimento consegue l’estinzione del reato paesaggistico e ambientale, mentre sopravvive l’imputazione relativa alla commissione di un abuso edilizio.
Significativi sono, peraltro, i rilievi dell’Avvocatura generale, richiamati nel corpo della motivazione, per cui «proprio la notevole rilevanza, anche costituzionale, del bene giuridico tutelato dalla disposizione censurata, rende del tutto ragionevole che la potestà punitiva dello Stato receda dinanzi all’esigenza di celere tutela del bene stesso»; ciò è vieppiù vero laddove si osservi che «la ratio del denunciato art. 181, comma 1-quinquies, del
decreto legislativo n. 42 del 2004 sarebbe da ravvisare, secondo l’Avvocatura generale, proprio nella incentivazione del ripristino immediato dello status quo ante, ratio che troverebbe conferma anche nei commi 1-ter ed 1-quater dello stesso articolo, per i quali la sanzione prevista non si applica quando l’autorità amministrativa competente accerti successivamente la compatibilità paesaggistica dell’opera realizzata in assenza di autorizzazione od in difformità da quanto disposto».
Sarebbe, allora, iniqua e ingiustificata «la scelta legislativa di non estendere il medesimo effetto estintivo al reato di cui all’art. 44, comma 1, lettera b), del
d.P.R. n. 380 del 2001, stante la diversità dei beni giuridici tutelati dalle due norme incriminatrici».
Visto dunque che – come afferma l’Avvocatura – una «ipotetica estensione avrebbe determinato il paradossale effetto di consentire l’estinzione del reato edilizio ove commesso su area sottoposta a vincolo paesaggistico e di negarla in caso di assenza del vincolo stesso», deve ritenersi che la scelta legislativa di non estendere l’effetto estintivo sia, invece, «ragionevole, dacché evit[a]erebbe che l’art. 181, comma 1-quinquies, del
d.lgs. n. 42 del 2004 possa risolversi in una incentivazione alla commissione di violazioni paesaggistiche, in quanto anche in caso di riduzione in pristino residua comunque la punibilità del soggetto attivo in relazione al reato di cui all’art. 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001».
Ciò conferma, dunque, che l’unica “via di uscita” dal reato edilizio è e resta la sanatoria, in via ordinaria o in via straordinaria.

(Altalex, 16 gennaio 2008. Nota di Alessandro Del Dotto)

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