La Cassazione e il lavoro dei clandestini
(Cass. pen., n. 38079/2008)
G. De Falco
G. De Falco
(Nota a sentenza 9/2/2009)
E' purtroppo ancora assai frequente, nel mondo del lavoro, l'assunzione irregolare di lavoratori stranieri non in regola con le disposizioni che disciplinano l'ingresso e il soggiorno dei cittadini extracomunitari nel nostro paese. E' noto che la manodopera immigrata consente un notevole risparmio al datore di lavoro, sia in punto di retribuzione che in punto di oneri contributivi. Per fronteggiare tale fenomeno, a prescindere dalle violazioni circa l'irregolare instaurazione del rapporto di lavoro, le norme in tema di immigrazione delineano il reato di cui all'art. 22 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico in tema di immigrazione) che punisce il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso di soggiorno sia scaduto, revocato o annullato. La giurisprudenza è assai rigorosa nel ritenere configurabile il reato sia quando l'assunzione riguardi un solo lavoratore, sia quando ne concerna un numero superiore. Analogamente è irrilevante la tipologia del rapporto di lavoro perfezionato, sempreché questo dia luogo ad un rapporto di sostanziale subordinazione. Una recente sentenza della Cassazione penale (sezione feriale 6.10.08 - udienza 4.9.08 - n. 38079, ricorrente la Marca) precisa invero, in modo ineccepibile, che il reato in questione è configurabile qualunque sia la tipologia di lavoro subordinato instaurato, e quindi anche nel caso di lavoro in prova, e indipendentemente da qualunque delimitazione temporale dell'attività, e quindi anche nel caso di lavoro durato un solo giorno. Anche tali, in apparenza, marginali connotazioni del rapporto di lavoro ledono infatti l'interesse dello Stato a non consentire l'occupazione di soggetti che non siano in regola con le diposizioni in tema di ingresso e di permanenza nel territorio nazionale e a mantenere il controllo sulla disciplina di ogni tipo di rapporto lavorativo. Sempre a proposito dell'interpretazione rigorosa fornita dalla giurisprudenza in ordine alla fattispecie penale in parola va ricordato che sia i giudici di merito che la Cassazione ravvisano il reato con riferimento a qualunque tipo di attività svolta dal datore di lavoro; e dunque anche il semplice cittadino che assuma una badante o una colf clandestina, o comunque qualsiasi lavoratore non chiamato a lavoratore nell'ambito di un'attività imprenditoriale, incorre nel reato in questione.
Dott. Giuseppe De Falco
Magistrato