Accessione invertita – legittimità accessione orizzontale – legittimità – accessione verticale – illegittimità – buona fede - precisazioni [art. 938 c.c.]
L’accessione invertita riguarda l’occupazione orizzontale di parte del suolo del vicino, ma non il caso di edificazione avvenuta al di sotto del suolo altrui e, quindi, di occupazione verticale del medesimo, che è fuori della previsione legislativa.
La buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita, comunque, consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione in danno del vicino, sicché la mancata opposizione di costui non vale a dimostrare lo stato soggettivo di buona fede dell'occupante, che deve, invece, riguardare le condizioni in cui il costruttore si è trovato ad operare, sì da generare il convincimento di esercitare un suo preteso diritto. (1)
(1) Sul tema dell’occupazione della P.A. ed accessione invertita, si veda Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 12/2007.
(Fonte: Altalex Massimario 15/2008)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 20 dicembre 2007 – 27 febbraio 2008, n. 5133
(Presidente Spadone – Relatore Malzone)
Svolgimento del processo
Con citazione 25.3.1992 la Parrocchia di S. Michele Arcangelo di Fabbri di Montefalco conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Spoleto, la società Rocca di Fabbri srl, per sentirla condannare alla rimozione del tunnel costruito dalla convenuta al di sotto della sua proprietà e alla remissione dell'opera o, nel denegato caso di costituzione di servitù coattiva, alla determinazione della relativa indennità e del danno da occupazione abusiva.
Istauratosi il contraddittorio, la convenuta chiedeva il rigetto della domanda, controdeducendo che la servitù era stata concessa volontariamente; in via riconvenzionale chiedeva la costituzione della servitù coattiva di passaggio e, in via subordinata, la determinazione dell'indennità di occupazione in favore della controparte. L'adito Tribunale, con sentenza n. 121/1996, condannava la convenuta a rimuovere il tunnel oggetto di causa e a versare all'attrice la somma di £. 1.000.000 a titolo risarcitorio, con interessi dalla decisione al saldo,oltre alle spese di lite.
La Corte di Appello di Perugia con sentenza n. 350/02,depositata il 14.12.02, rigettava l'appello proposto dalla Rocca di Fabbri srl, che condannava alle spese del grado.
Per la cassazione della decisione ricorre la parte soccombente esponendo quattro motivi, cui resiste l'intimata con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso,deducendo violazione degli artt. 949 c.c. - 28 legge 20.5.1965 n. 222 e 100 cpc, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cpc, si eccepisce il difetto di legittimazione ad agire della Parrocchia di San Michele Arcangelo, in quanto "gli Istituti Diocesani per il Sostentamento del Clero sono succeduti ex legge in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo ai Benefici Parrocchiali".
Il motivo è infondato. Vale infatti considerare che la c.t.u. espletata in primo grado ha accertato che la Parrocchia era rimasta proprietaria della particella 10 interessata all'attraversamento sotterraneo e che tale asserzione trova implicito riconoscimento,oltre che nella mancata contestazione da parte della convenuta, nel disposto del quarto comma dell'art. 29 legge n. 222/1985, che ha rimesso alla facoltà del Vescovo Diocesano l'individuazione e l'assegnazione dei beni ,che sebbene trasferiti all'Istituto Diocesano per il Sostentamento del clero a norma dell'art. 28 stessa legge,siano assegnati alle parrocchie.
Con il secondo motivo di ricorso,deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c. e 132,quarto comma, cpc,in relazione all'art. 360 nn. 3 – 4 - 5 cpc,si censura la sentenza impugnata,perchè, pur avendo correttamente individuato che la funzione del sottopassaggio è quella di mettere in collegamento tra loro due reparti di lavorazione dell'industria vinicola di proprietà della ricorrente, ha applicato l'art. 1051 c.c, anziché l'art. 1052,quarto comma, stesso codice, rispondente alle esigenze dell'industria.
Il motivo è infondato,in quanto la Corte di merito ha esaminato cumulativamente entrambe le ipotesi prospettate dalla società e cioè di costituzione della servitù ex art. 1051 e 1052 c.c., ed ha escluso che ricorressero le condizioni per la costituzione dell'una e dell'altra ipotesi,assumendo,con motivazione implicita,che la pretesa della società ricorrente è quella di collegare due parti dello stesso fondo,ciascuna delle quali ha un proprio accesso dalla via pubblica ed escludendo,quindi,la sussistenza di bisogni insuscettibili di essere soddisfatti con gli accessi esistenti.
Ed invero, presupposto indefettibile per il riconoscimento delle esigenze dell'agricoltura e dell'industria, ai fini della costituzione del passaggio coattivo,è il riscontro in positivo delle concrete possibilità di un più intenso sfruttamento del fondo ai fini della produzione e che lo stato attuale dei fondi non risponde alle esigenze migliorative della produzione stessa.
Con il quarto motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt. 938 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cpc, si censura la sentenza impugnata, per avere escluso l'applicabilità alla fattispecie sostanziale dell'istituto dell'accessione invertita, per difetto del requisito della buona fede del costruttore e per avere disposto la rimozione dell'opera senza tener conto che erano trascorsi sei mesi dalla sua effettiva esecuzione: si sostiene che l'art. 938 c.c., nella sua formulazione letterale,non esige che lo sconfinamento avvenga consapevolmente o inconsapevolmente, bensì che "che si occupi in buona fede una porzione del fondo attiguo e che il proprietario di questo non faccia opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione".
Anche tale motivo è infondato. Ben vero, per escludere l'applicabilità dell'art. 938 c.c. alla fattispecie sostanziale in esame,è sufficiente rilevare che non si versa in ipotesi di occupazione orizzontale di parte del suolo del vicino, bensì di edificazione avvenuta al di sotto del suolo altrui e ,quindi,di occupazione verticale del medesimo,che è fuori della previsione legislativa.
Vale, comunque, rilevare che la buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione in danno del vicino,sicché la mancata opposizione di costui non vale a dimostrare lo stato soggettivo di buona fede dell'occupante, che deve, invece, riguardare le condizioni in cui il costruttore si è trovato ad operare,sì da generare il convincimento di esercitare un suo preteso diritto.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in forza del princìpio della soccombenza.
Il motivo è infondato. Vale infatti considerare che la c.t.u. espletata in primo grado ha accertato che la Parrocchia era rimasta proprietaria della particella 10 interessata all'attraversamento sotterraneo e che tale asserzione trova implicito riconoscimento,oltre che nella mancata contestazione da parte della convenuta, nel disposto del quarto comma dell'art. 29 legge n. 222/1985, che ha rimesso alla facoltà del Vescovo Diocesano l'individuazione e l'assegnazione dei beni ,che sebbene trasferiti all'Istituto Diocesano per il Sostentamento del clero a norma dell'art. 28 stessa legge,siano assegnati alle parrocchie.
Con il secondo motivo di ricorso,deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c. e 132,quarto comma, cpc,in relazione all'art. 360 nn. 3 – 4 - 5 cpc,si censura la sentenza impugnata,perchè, pur avendo correttamente individuato che la funzione del sottopassaggio è quella di mettere in collegamento tra loro due reparti di lavorazione dell'industria vinicola di proprietà della ricorrente, ha applicato l'art. 1051 c.c, anziché l'art. 1052,quarto comma, stesso codice, rispondente alle esigenze dell'industria.
Il motivo è infondato,in quanto la Corte di merito ha esaminato cumulativamente entrambe le ipotesi prospettate dalla società e cioè di costituzione della servitù ex art. 1051 e 1052 c.c., ed ha escluso che ricorressero le condizioni per la costituzione dell'una e dell'altra ipotesi,assumendo,con motivazione implicita,che la pretesa della società ricorrente è quella di collegare due parti dello stesso fondo,ciascuna delle quali ha un proprio accesso dalla via pubblica ed escludendo,quindi,la sussistenza di bisogni insuscettibili di essere soddisfatti con gli accessi esistenti.
Ed invero, presupposto indefettibile per il riconoscimento delle esigenze dell'agricoltura e dell'industria, ai fini della costituzione del passaggio coattivo,è il riscontro in positivo delle concrete possibilità di un più intenso sfruttamento del fondo ai fini della produzione e che lo stato attuale dei fondi non risponde alle esigenze migliorative della produzione stessa.
Con il quarto motivo di ricorso, deducendo violazione degli artt. 938 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cpc, si censura la sentenza impugnata, per avere escluso l'applicabilità alla fattispecie sostanziale dell'istituto dell'accessione invertita, per difetto del requisito della buona fede del costruttore e per avere disposto la rimozione dell'opera senza tener conto che erano trascorsi sei mesi dalla sua effettiva esecuzione: si sostiene che l'art. 938 c.c., nella sua formulazione letterale,non esige che lo sconfinamento avvenga consapevolmente o inconsapevolmente, bensì che "che si occupi in buona fede una porzione del fondo attiguo e che il proprietario di questo non faccia opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione".
Anche tale motivo è infondato. Ben vero, per escludere l'applicabilità dell'art. 938 c.c. alla fattispecie sostanziale in esame,è sufficiente rilevare che non si versa in ipotesi di occupazione orizzontale di parte del suolo del vicino, bensì di edificazione avvenuta al di sotto del suolo altrui e ,quindi,di occupazione verticale del medesimo,che è fuori della previsione legislativa.
Vale, comunque, rilevare che la buona fede rilevante ai fini dell'accessione invertita consiste nel ragionevole convincimento del costruttore di edificare sul proprio suolo e di non commettere alcuna usurpazione in danno del vicino,sicché la mancata opposizione di costui non vale a dimostrare lo stato soggettivo di buona fede dell'occupante, che deve, invece, riguardare le condizioni in cui il costruttore si è trovato ad operare,sì da generare il convincimento di esercitare un suo preteso diritto.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in forza del princìpio della soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,che liquida in euro 1.600,00, dei cui euro 100.00 per spese,oltre spese generali ed oneri accessori.