mercoledì 26 maggio 2010

Corte di Cassazione Civile sez. II 10/5/2010 n. 11273

Sono valide le multe fatte con autovelox non sottoposto a taratura periodica (Cass. n. 11273/2010)

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Il Ministero dell'Interno e l'Ufficio Territoriale del Governo di Catania impugnano la sentenza del Giudice di Pace di Ramacca n. 61 del 2005 che aveva accolto l'opposizione proposta dall'odierno intimato, M.G., avverso il verbale di contestazione della Polizia stradale di Catania (omissis) per la violazione dell'art. 142 C.d.S., comma 9, accertata mediante apparecchiatura autovelox modello 104/C2. 2. L'opponente, a sostegno del ricorso, deduceva i seguenti profili di censura: a) violazione dell'obbligo di informazione di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 2, convertito in L. n. 168 del 2002; b) omessa indicazione nel verbale della velocità rilevata e della tolleranza strumentale; c) mancata indicazione della taratura dell'apparecchio rilevatore della velocità. 3. Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione per mancata prova in ordine alla omologazione dell'apparecchiatura e della sua periodica taratura, richiesta dalla normativa nazionale e comunitaria. Riteneva, quindi, inattendibile lo strumento utilizzato, non essendo sufficiente l'attestazione in ordine alla sua regolare funzionalità resa dagli agenti accertatori.

4. I ricorrenti articolano due complessi motivi di ricorso con i quali deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., dell'art. 115 c.p.c., comma 2, nonchè violazione e falsa applicazione della L. n. 273 del 1991, e dell'art. 45 C.d.S., art. 142 C.d.S., comma 6, e degli artt. 192, 345 e 383 reg. esec. C.d.S., nonchè vizi di motivazione.

5. L'intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.
6. Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., la Procura Generale concludeva con richiesta di trattazione del ricorso in pubblica udienza, con specifico riferimento alla questione di costituzionalità sollevata in ordine alla mancata previsione normativa della taratura per lo strumento utilizzato per l'accertamento della violazione ai limiti di velocità di velocità. 7. All'udienza camerale veniva disposta la rinnovazione della notifica all'intimato con rinvio a nuovo ruolo previo nuovo esame preliminare.

8. Parte ricorrente ha regolarmente provveduto a quanto disposto con tale ordinanza.


10. Nelle more della trattazione del ricorso e dopo le conclusioni scritte della Procura Generale, questa sezione ha affrontato (nella trattazione di altro ricorso) anche la questione di costituzionalità sollevata dalla Procura Generale, ritenendola manifestamente infondata (Cass. 2008 n. 29333).

11. Questo Collegio ritiene di dover confermare, in ordine alla questione di costituzionalità sollevata dalla Procura Generale, il proprio orientamento già espresso con tale sentenza e così massimato: "E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, prospettata con riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., relativa all'art. 45 C.d.S., comma 6, D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 3, (conv. in L. n. 168 del 2002), art. 142 C.d.S., comma 6, e art. 345 reg. esec. C.d.S., nella parte in cui non prevedono, per gli strumenti elettronici di misurazione dei limiti di velocità nella circolazione stradale, l'adozione dei sistemi di controllo, preventivi e periodici, previsti dalle relative normative (soprattutto dalla L. n. 273 del 1991), per tutti gli altri sistemi di misurazione (pesi, misure, etc.). Non vi è, infatti, alcuna violazione dell'art. 3 Cost., in quanto l'esistenza di evidenti difformità nei fini e negli oggetti delle discipline prese in considerazione impediscono di istituire un corretto raffronto fra le normative medesime, da cui poter desumere una disparità di trattamento rilevante ai fini della conformità alla norma costituzionale. Inoltre, la previsione, nel sistema normativo, di complessi sistemi di controllo - preventivi, in corso di utilizzazione e successivi - dei misuratori della velocità delle autovetture garantisce pienamente il cittadino, assoggettato all'accertamento, dalle possibili disfunzioni delle apparecchiature medesime ed esclude, quindi, ogni possibile lesione al diritto di difesa dei cittadini (art. 24 Cost.) ed alla legittimità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), non esistendo norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature". 12. - Il ricorso appare manifestamente fondato. In ordine alla normativa relativa alla necessità della taratura periodica dello strumento, occorre rilevare che la stessa non è richiesta dalla normativa nazionale, nè tantomeno da quella comunitaria direttamente applicabile.
La L. n. 273 del 1991, non è applicabile agli strumenti di misurazione della velocità. Infatti, tra i "campioni" nazionali delle unità di misura indicate in tale normativa non compare quello relativo alla velocità, mentre sono presenti quelli relativi alla lunghezza e al tempo. Patimenti non è applicabile il D.M. n. 182 del 2000. che riguarda le misure la cui utilizzazione è necessaria per la determinazione della quantità e/o del prezzo nelle transazioni commerciali.


Resta quindi applicabile la sola normativa nazionale, contenuta nel nuovo Codice della Strada agli artt. 45,192 e 345 reg. esec. C.d.S..

Tale normativa non contiene un'elencazione tassativa dei tipi di apparecchi elettronici utilizzabili per il rilevamento della velocità dei veicoli, ma si limita a prevedere in via generale una serie di requisiti in presenza dei quali gli strumenti di accertamento possono essere utilizzati. E' richiesto soltanto che l'apparecchio venga preventivamente omologato secondo i requisiti indicati nella legge. E ciò è avvenuto per l'apparecchiatura utilizzata nel caso in questione.

Nè è specificamente indicata la necessità di un controllo periodico finalizzato alla taratura dello strumento di misura, a meno che questa esigenza non venga indicata nel manuale del costruttore. Circostanza questa che non risulta nel caso in questione.

In definitiva le apparecchiature utilizzate per la rilevazione dei limiti di velocità e destinate ad essere impiegate sotto il costante controllo di un operatore tecnico sono dotate di sistemi di autodiagnosi dei guasti che avvisano l'operatore del loro cattivo funzionamento e per tali apparecchiature non è prevista una verifica periodica.

Il Giudice di Pace non si è attenuto a tali principi.

13. Il ricorso va accolto, il provvedimento impugnato cassato, e la causa va rimessa per nuovo esame, residuando altri motivi di opposizione non esaminati, ad altro giudice del merito pari ordinato, che si indica in diverso magistrato dello stesso ufficio, cui è anche demandato, ex art. 385 c.p.c., di pronunziare sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altro magistrato dello stesso ufficio (Giudice di Pace di Ramacca), che deciderà anche sulle spese.

Per quanto riguarda la normativa comunitaria, precisato che non esistono norme comunitarie vincolanti applicabili alla materia della misurazione della velocità dei veicoli, occorre rilevare che non e vincolante la normativa UNI EN 30012 in assenza di leggi o regolamenti di recepimento. Nè è direttamente applicabile la raccomandazione OILM R91 del 1990 che in ogni caso riguarda apparecchiature radar non utilizzate nel caso in questione.
9. Disposta nuovamente trattazione in camera di consiglio, la Procura Generale ha chiesto nuovamente la trattazione del ricorso in pubblica udienza, proponendo nuovamente la questione di costituzionalità già avanzata ed in subordine l'accoglimento del ricorso.

Pensione di reversibilità: E ... Se ci si risposa solo con rito religioso ???

Diritto alla pensione di reversibilità: cessazione per sopravvenuto matrimonio (Cass. civ., n. 9464/2010)


M. Rinaldi (Nota a sentenza 17/5/2010)



Corte di Cassazione, Sez. Lav., 21 aprile 2010, n. 9464 - Pres. Sciarelli - Rel. D'Agostino



Massima


Nella ipotesi di trascrizione tardiva del matrimonio religioso, il diritto del coniuge superstite e beneficiario della pensione di reversibilità non viene riconosciuto.
Neppure in caso di cessazione dello stato vedovile al momento della sua celebrazione, poiché il sopra citato diritto viene a mancare a causa del sopravvenuto matrimonio.
Pertanto, la retroattività degli effetti della trascrizione tardiva è che l'eventuale stato vedovile del coniuge viene meno dal momento della celebrazione del matrimonio religioso, di conseguenza la "perdita dello status di vedovo" fa venir meno anche il diritto alla pensione di reversibilità dal momento della celebrazione del matrimonio.



DIRITTO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITA': CESSAZIONE PER SOPRAVVENUTO MATRIMONIO

1. Premessa

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha provveduto ad esaminare uno degli argomenti spinosi del diritto del lavoro, in materia previdenziale e assistenziale, "intrecciato" con il diritto di famiglia nei rapporti tra coniugi.

Nella sentenza de quo i giudici di legittimità hanno precisato che la pensione di reversibilità ha come presupposto quello dello stato vedovile del beneficiario.

Deve, pertanto, restituire quanto percepito la titolare della pensione di reversibilità INPS in seguito a matrimonio trascritto tardivamente (inizialmente non trascritto nei registri dello stato civile), e deve farlo a partire dalla data di celebrazione del matrimonio stesso.

In pratica, come hanno precisato i giudici di legittimità "la trascrizione tardiva del matrimonio religioso e la cessazione dello stato vedovile al momento della sua celebrazione, comporta il venir meno del diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge defunto".

La norma richiamata dai giudici era l'articolo 8, comma 5, della legge n. 121/1985 il quale dispone che "…………La trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, …………….".

In base alla sopra citata norma, quindi, è possibile evincere che il matrimonio religioso (a seguito di trascrizione) ha effetti civili a partire dalla data della celebrazione: e un simile principio non può essere certo derogato nella ipotesi di una trascrizione tardiva.

La pensione di reversibilità ha come presupposto quello dello stato vedovile e, pertanto, appena perduto tale stato, si perde automaticamente anche il diritto alla prestazione stessa a partire dalla data di celebrazione del nuovo matrimonio (non essendo più dovuta da tale momento la pensione).



2. La pensione di reversibilità: i presupposti

Le prestazioni pensionistiche si inseriscono nel quadro generale della previdenza sociale e sono costituite da quattro erogazioni fondamentali:

- la pensione di vecchiaia per i lavoratori autonomi;

- la pensione di vecchiaia per i lavoratori dipendenti;

- la pensione di anzianità;

- la pensione ai superstiti.

La pensione ai superstiti è quella che a noi interessa per l'oggetto della pronuncia in commento.

La pensione ai superstiti può rivestire due forme: indiretta e di reversibilità.

Quest'ultima spetta al defunto il quale fosse già titolare di pensione diretta (vecchiaia, inabilità, anzianità). Essa spetta, altresì, al coniuge separato e divorziato che ha diritto a tale pensione purché ricorrano le seguenti condizioni:

a) sia titolare di assegno di divorzio;

b) non si sia risposato;

c) l'ex coniuge abbia iniziato l'assicurazione presso l'INPS prima della sentenza di scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La L. 74/87 prevede, inoltre, che il coniuge divorziato abbia diritto alla pensione anche se il defunto si sia risposato e sia in vita il nuovo coniuge. In questo caso, però, l'INPS non paga automaticamente la pensione ma deve attendere una specifica sentenza del tribunale che divida la pensione tra i due interessati (coniuge ed ex coniuge) in proporzione alla durata del matrimonio di ciascuno (1).



2.1. La normativa di riferimento
Per quanto di interesse nella nostra trattazione, appare opportuno precisare che la questione è disciplinata dal secondo e terzo comma dell'art. 9, L. 898/70, come riformato dalla L. 74/87.

Il secondo comma dell'art. 9 della sopra citata legge dispone che il coniuge divorziato "in caso di morte dell'ex coniuge ed in assenza di un coniuge superstite, avente i requisiti per la pensione di reversibilità, ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza". Il terzo comma dispone, invece, che "qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5........".

I presupposti fondamentali a cui è subordinata la pensione di reversibilità del coniuge divorziato:

a) L'autonomia e la pari concorrenzialità con l'altro coniuge sottraggono alla discrezionalità del giudice la determinazione dell'attribuzione della pensione di reversibilità;

b) La norma non prevede la subordinazione del trattamento allo stato di bisogno del coniuge divorziato. Infatti, pur prevedendo quale requisito fondamentale per il riconoscimento al trattamento la titolarità dell'assegno di cui all'art. 5 (assegno divorzile), svincola la concreta attribuzione ai parametri che fondano il riconoscimento di quell'assegno (appunto lo stato di bisogno); analogo discorso vale per la determinazione del "quantum", attribuito qualunque sia l'ammontare dell'assegno divorzile, anche se minimo o meramente simbolico;

c) Ulteriore requisito consta nell'anteriorità della sentenza di divorzio al rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico (2).

In tema di trascrizione, l'articolo 8, comma 5 della legge n. 121/1985 dispone: il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione, anche se l'ufficiale dello stato civile, per qualsiasi ragione, abbia effettuato la trascrizione oltre il termine prescritto.

Il successivo comma 6 della legge stabilisce: la trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l'opposizione dell'altro, sempre che entrambi abbiano conservato ininterrottamente Io stato libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione, e senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti dai terzi"

In conseguenza di ciò si evince che il matrimonio religioso a seguito della trascrizione ha effetti civili dal momento della celebrazione.

Tale principio non "può soffrire" deroga in caso di trascrizione tardiva (oltre i cinque giorni previsti dal terzo comma) restando indifferente che il ritardo sia dipeso da fatto dell'ufficiale di stato civile o da volontà dei coniugi.

La retroattività degli effetti civili opera, sia nei confronti dei coniugi che dei terzi, a tutti gli effetti, ma comunque senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquistati dai terzi.


 
3. La vicenda
La vicenda può essere riassunta come segue:

la Cassazione accoglie il ricorso dell'Istituto previdenziale (INPS) proposto nei confronti di una donna che, vedova dal 1967, era passata a nuove nozze con solo rito religioso, nel 1983, usufruendo della pensione di reversibilità del primo marito anche in seguito al "nuovo matrimonio".

Nell'anno 1998 i "nuovi coniugi" provvedono alla trascrizione del matrimonio presso i registri di stato civile.

A questo punto interviene l'INPS che provvede a comunicare alla donna di aver indebitamente percepito le rate della pensione di reversibilità per 15 anni, e manifestando, ovviamente, la propria intenzione di recuperare il credito vantato.

Si passa al giudice del lavoro al quale la donna ricorre chiedendo che venisse accettata l'illegittimità del recupero del credito dall'INPS; il tribunale accoglie la domanda e la decisione viene confermata anche dai giudici di secondo grado.

I giudici di secondo grado avevano preso la loro decisione basandosi sul fatto che …."la retroattività degli effetti della trascrizione tardiva del matrimonio canonico, prevista dalla legge di ratifica dell'Accordo tra l'Italia e la Santa sede, riguardava esclusivamente i rapporti dei coniugi tra loro e non aveva alcuna incidenza nei confronti dei terzi, quale doveva ritenersi l'INPS".

La questione a questo punto viene spostata dinanzi all'attenzione della Suprema Corte che accoglie le doglianze dell'INPS affermando nello specifico che "il matrimonio religioso a seguito della trascrizione ha effetti civili dal momento della celebrazione".

Continua ancora il collegio che tale principio "non soffre deroga in caso di trascrizione tardiva, restando indifferente che il ritardo sia dipeso da fatto dell'ufficiale di stato civile o da volontà dei coniugi".



4. Conclusioni
Nella pronuncia commentata la Suprema Corte ha avuto modo di mettere un punto fermo su una delle questioni processuali più spinose del nostro ordinamento, precisando una volte per tutte che la conseguenza della trascrizione tardiva del matrimonio religioso e della cessazione dello stato vedovile al momento della celebrazione del matrimonio religioso, è il venir meno del diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge defunto poiché, ai sensi dell'art. 3 del decreto luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39 il diritto alla pensione di reversibilità cessa per sopravvenuto matrimonio.

In seguito a quanto pronunciato dai giudici di legittimità, quindi, perde il diritto alla reversibilità il coniuge superstite che contrae nuovo matrimonio (religioso).

Questo accade anche nella ipotesi in cui la trascrizione dello stesso nei registri dello stato civile sia avvenuta in ritardo poiché gli effetti della trascrizione retroagiscono fino dalla data della celebrazione.

Risulta, di conseguenza, illegittima l'eventuale percezione della pensione di reversibilità da parte del coniuge superstite risposatosi il cui nuovo matrimonio sia stato trascritto tardivamente.


 
5. Precedenti giurisprudenziali
In materia si possono segnalare svariati precedenti sui quali la giurisprudenza ha posto la propria attenzione; tra questi meritano di essere segnalate alcune sentenze in particolare, ovvero la Cassazione (sez. I civ. 19.06.2001, n. 8312), che intervenendo in ambito ha tenuto a precisare che "la norma di cui all'articolo 8 Conc. 11.02.1929, con la Santa Sede, comporta l'inefficacia civile del matrimonio concordatario e la conseguente inefficacia riflessa delle eventuali convenzioni patrimoniali tra coniugi inserite nell'atto di matrimonio canonico…. La dichiarazione dei coniugi in ordine alla scelta del regime patrimoniale della separazione dei beni, che può essere inserita nell'atto di matrimonio canonico, è collegata al matrimonio canonico, nell'ambito del quale essa viene effettuata da un rapporto di accessorietà. Una volta che la dichiarazione venga resa dai coniugi, essa rientrerà negli effetti civili del matrimonio canonico che sono riconosciuti a condizione che l'atto di matrimonio sia trascritto nei registri dello stato civile. Ma, se la trascrizione non può aver luogo, non possono essere riconosciuti effetti civili né al matrimonio né alla dichiarazione in ordine alla separazione dei beni effettuata all'atto della celebrazione dello stesso".

Sempre la Suprema Corte in tema di trascrizione tardiva (cfr. Cass. 4359 del 26 marzo 2001, sez. II), ha stabilito che "La trascrizione "post mortem" del matrimonio canonico non pregiudica i diritti successori personali e patrimoniali anteriormente acquisiti dagli eredi del coniuge defunto, avendo la trascrizione effetto retroattivo soltanto nei confronti dei coniugi, come risulta dalla chiara lettera del terzo comma dell'art. 14 della legge 27 maggio 1929, n. 847".


Manuela Rinaldi


Avvocato - Prof. Diritto del lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, sede dist. Avezzano

________


(1) Così GALLI L., La pensione di reversibilità: il concorso tra coniuge superstite e coniuge divorziato, in www.diritto.it


(2) GALLI, op. cit.


Pensione di reversibilità: E ... Se ci si risposa solo con rito religioso ???

Diritto alla pensione di reversibilità: cessazione per sopravvenuto matrimonio (Cass. civ., n. 9464/2010)

M. Rinaldi (Nota a sentenza 17/5/2010)

Corte di Cassazione, Sez. Lav., 21 aprile 2010, n. 9464 - Pres. Sciarelli - Rel. D'Agostino

Massima

Nella ipotesi di trascrizione tardiva del matrimonio religioso, il diritto del coniuge superstite e beneficiario della pensione di reversibilità non viene riconosciuto.
Neppure in caso di cessazione dello stato vedovile al momento della sua celebrazione, poiché il sopra citato diritto viene a mancare a causa del sopravvenuto matrimonio.
Pertanto, la retroattività degli effetti della trascrizione tardiva è che l'eventuale stato vedovile del coniuge viene meno dal momento della celebrazione del matrimonio religioso, di conseguenza la "perdita dello status di vedovo" fa venir meno anche il diritto alla pensione di reversibilità dal momento della celebrazione del matrimonio.

DIRITTO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITA': CESSAZIONE PER SOPRAVVENUTO MATRIMONIO
1. Premessa
Con la pronuncia in commento la Suprema Corte ha provveduto ad esaminare uno degli argomenti spinosi del diritto del lavoro, in materia previdenziale e assistenziale, "intrecciato" con il diritto di famiglia nei rapporti tra coniugi.
Nella sentenza de quo i giudici di legittimità hanno precisato che la pensione di reversibilità ha come presupposto quello dello stato vedovile del beneficiario.
Deve, pertanto, restituire quanto percepito la titolare della pensione di reversibilità INPS in seguito a matrimonio trascritto tardivamente (inizialmente non trascritto nei registri dello stato civile), e deve farlo a partire dalla data di celebrazione del matrimonio stesso.
In pratica, come hanno precisato i giudici di legittimità "la trascrizione tardiva del matrimonio religioso e la cessazione dello stato vedovile al momento della sua celebrazione, comporta il venir meno del diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge defunto".
La norma richiamata dai giudici era l'articolo 8, comma 5, della legge n. 121/1985 il quale dispone che "…………La trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, …………….".
In base alla sopra citata norma, quindi, è possibile evincere che il matrimonio religioso (a seguito di trascrizione) ha effetti civili a partire dalla data della celebrazione: e un simile principio non può essere certo derogato nella ipotesi di una trascrizione tardiva.
La pensione di reversibilità ha come presupposto quello dello stato vedovile e, pertanto, appena perduto tale stato, si perde automaticamente anche il diritto alla prestazione stessa a partire dalla data di celebrazione del nuovo matrimonio (non essendo più dovuta da tale momento la pensione).

2. La pensione di reversibilità: i presupposti
Le prestazioni pensionistiche si inseriscono nel quadro generale della previdenza sociale e sono costituite da quattro erogazioni fondamentali:
- la pensione di vecchiaia per i lavoratori autonomi;
- la pensione di vecchiaia per i lavoratori dipendenti;
- la pensione di anzianità;
- la pensione ai superstiti.
La pensione ai superstiti è quella che a noi interessa per l'oggetto della pronuncia in commento.
La pensione ai superstiti può rivestire due forme: indiretta e di reversibilità.
Quest'ultima spetta al defunto il quale fosse già titolare di pensione diretta (vecchiaia, inabilità, anzianità). Essa spetta, altresì, al coniuge separato e divorziato che ha diritto a tale pensione purché ricorrano le seguenti condizioni:
a) sia titolare di assegno di divorzio;
b) non si sia risposato;
c) l'ex coniuge abbia iniziato l'assicurazione presso l'INPS prima della sentenza di scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La L. 74/87 prevede, inoltre, che il coniuge divorziato abbia diritto alla pensione anche se il defunto si sia risposato e sia in vita il nuovo coniuge. In questo caso, però, l'INPS non paga automaticamente la pensione ma deve attendere una specifica sentenza del tribunale che divida la pensione tra i due interessati (coniuge ed ex coniuge) in proporzione alla durata del matrimonio di ciascuno (1).

2.1. La normativa di riferimento
Per quanto di interesse nella nostra trattazione, appare opportuno precisare che la questione è disciplinata dal secondo e terzo comma dell'art. 9, L. 898/70, come riformato dalla L. 74/87.
Il secondo comma dell'art. 9 della sopra citata legge dispone che il coniuge divorziato "in caso di morte dell'ex coniuge ed in assenza di un coniuge superstite, avente i requisiti per la pensione di reversibilità, ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza". Il terzo comma dispone, invece, che "qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5........".
I presupposti fondamentali a cui è subordinata la pensione di reversibilità del coniuge divorziato:
a) L'autonomia e la pari concorrenzialità con l'altro coniuge sottraggono alla discrezionalità del giudice la determinazione dell'attribuzione della pensione di reversibilità;
b) La norma non prevede la subordinazione del trattamento allo stato di bisogno del coniuge divorziato. Infatti, pur prevedendo quale requisito fondamentale per il riconoscimento al trattamento la titolarità dell'assegno di cui all'art. 5 (assegno divorzile), svincola la concreta attribuzione ai parametri che fondano il riconoscimento di quell'assegno (appunto lo stato di bisogno); analogo discorso vale per la determinazione del "quantum", attribuito qualunque sia l'ammontare dell'assegno divorzile, anche se minimo o meramente simbolico;
c) Ulteriore requisito consta nell'anteriorità della sentenza di divorzio al rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico (2).
In tema di trascrizione, l'articolo 8, comma 5 della legge n. 121/1985 dispone: il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione, anche se l'ufficiale dello stato civile, per qualsiasi ragione, abbia effettuato la trascrizione oltre il termine prescritto.
Il successivo comma 6 della legge stabilisce: la trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l'opposizione dell'altro, sempre che entrambi abbiano conservato ininterrottamente Io stato libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione, e senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti dai terzi"
In conseguenza di ciò si evince che il matrimonio religioso a seguito della trascrizione ha effetti civili dal momento della celebrazione.
Tale principio non "può soffrire" deroga in caso di trascrizione tardiva (oltre i cinque giorni previsti dal terzo comma) restando indifferente che il ritardo sia dipeso da fatto dell'ufficiale di stato civile o da volontà dei coniugi.
La retroattività degli effetti civili opera, sia nei confronti dei coniugi che dei terzi, a tutti gli effetti, ma comunque senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquistati dai terzi.

 
3. La vicenda
La vicenda può essere riassunta come segue:
la Cassazione accoglie il ricorso dell'Istituto previdenziale (INPS) proposto nei confronti di una donna che, vedova dal 1967, era passata a nuove nozze con solo rito religioso, nel 1983, usufruendo della pensione di reversibilità del primo marito anche in seguito al "nuovo matrimonio".
Nell'anno 1998 i "nuovi coniugi" provvedono alla trascrizione del matrimonio presso i registri di stato civile.
A questo punto interviene l'INPS che provvede a comunicare alla donna di aver indebitamente percepito le rate della pensione di reversibilità per 15 anni, e manifestando, ovviamente, la propria intenzione di recuperare il credito vantato.
Si passa al giudice del lavoro al quale la donna ricorre chiedendo che venisse accettata l'illegittimità del recupero del credito dall'INPS; il tribunale accoglie la domanda e la decisione viene confermata anche dai giudici di secondo grado.
I giudici di secondo grado avevano preso la loro decisione basandosi sul fatto che …."la retroattività degli effetti della trascrizione tardiva del matrimonio canonico, prevista dalla legge di ratifica dell'Accordo tra l'Italia e la Santa sede, riguardava esclusivamente i rapporti dei coniugi tra loro e non aveva alcuna incidenza nei confronti dei terzi, quale doveva ritenersi l'INPS".
La questione a questo punto viene spostata dinanzi all'attenzione della Suprema Corte che accoglie le doglianze dell'INPS affermando nello specifico che "il matrimonio religioso a seguito della trascrizione ha effetti civili dal momento della celebrazione".
Continua ancora il collegio che tale principio "non soffre deroga in caso di trascrizione tardiva, restando indifferente che il ritardo sia dipeso da fatto dell'ufficiale di stato civile o da volontà dei coniugi".

4. Conclusioni
Nella pronuncia commentata la Suprema Corte ha avuto modo di mettere un punto fermo su una delle questioni processuali più spinose del nostro ordinamento, precisando una volte per tutte che la conseguenza della trascrizione tardiva del matrimonio religioso e della cessazione dello stato vedovile al momento della celebrazione del matrimonio religioso, è il venir meno del diritto del coniuge superstite alla pensione di reversibilità del coniuge defunto poiché, ai sensi dell'art. 3 del decreto luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39 il diritto alla pensione di reversibilità cessa per sopravvenuto matrimonio.
In seguito a quanto pronunciato dai giudici di legittimità, quindi, perde il diritto alla reversibilità il coniuge superstite che contrae nuovo matrimonio (religioso).
Questo accade anche nella ipotesi in cui la trascrizione dello stesso nei registri dello stato civile sia avvenuta in ritardo poiché gli effetti della trascrizione retroagiscono fino dalla data della celebrazione.
Risulta, di conseguenza, illegittima l'eventuale percezione della pensione di reversibilità da parte del coniuge superstite risposatosi il cui nuovo matrimonio sia stato trascritto tardivamente.

 
5. Precedenti giurisprudenziali
In materia si possono segnalare svariati precedenti sui quali la giurisprudenza ha posto la propria attenzione; tra questi meritano di essere segnalate alcune sentenze in particolare, ovvero la Cassazione (sez. I civ. 19.06.2001, n. 8312), che intervenendo in ambito ha tenuto a precisare che "la norma di cui all'articolo 8 Conc. 11.02.1929, con la Santa Sede, comporta l'inefficacia civile del matrimonio concordatario e la conseguente inefficacia riflessa delle eventuali convenzioni patrimoniali tra coniugi inserite nell'atto di matrimonio canonico…. La dichiarazione dei coniugi in ordine alla scelta del regime patrimoniale della separazione dei beni, che può essere inserita nell'atto di matrimonio canonico, è collegata al matrimonio canonico, nell'ambito del quale essa viene effettuata da un rapporto di accessorietà. Una volta che la dichiarazione venga resa dai coniugi, essa rientrerà negli effetti civili del matrimonio canonico che sono riconosciuti a condizione che l'atto di matrimonio sia trascritto nei registri dello stato civile. Ma, se la trascrizione non può aver luogo, non possono essere riconosciuti effetti civili né al matrimonio né alla dichiarazione in ordine alla separazione dei beni effettuata all'atto della celebrazione dello stesso".
Sempre la Suprema Corte in tema di trascrizione tardiva (cfr. Cass. 4359 del 26 marzo 2001, sez. II), ha stabilito che "La trascrizione "post mortem" del matrimonio canonico non pregiudica i diritti successori personali e patrimoniali anteriormente acquisiti dagli eredi del coniuge defunto, avendo la trascrizione effetto retroattivo soltanto nei confronti dei coniugi, come risulta dalla chiara lettera del terzo comma dell'art. 14 della legge 27 maggio 1929, n. 847".

Manuela Rinaldi

Avvocato - Prof. Diritto del lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, sede dist. Avezzano
________

(1) Così GALLI L., La pensione di reversibilità: il concorso tra coniuge superstite e coniuge divorziato, in www.diritto.it

(2) GALLI, op. cit.

martedì 25 maggio 2010

Il diritto in Pillole: Focus sulle novità

Ambiente





Misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2





Decreto Legge 20 maggio 2010













Modifica degli allegati III, IV e V del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti





Commissione Europea Regolamento 12 maggio 2010













Appalti





Regolamento sulla istruttoria dei quesiti giuridici





Autorità per la Vigilanza Provvedimento 4 maggio 2010





















Enti Locali





Proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2010, da parte degli enti locali





Ministero dell'Interno Decreto 29 aprile 2010





















Certificazione Energetica





Firmato protocollo d'intesa fra Agenzia del Territorio ed ENEA per al realizzazione di un programma di "Miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici utilizzati dall'Agenzia del Territorio"





















Legge comunitaria





Ambiente, credito al consumo, tutela del consumatore: varata la nuova legge comunitaria





















Fisco - Professione





Architetti, Ingegneri, Geometri, Avvocati e Notai: nuove metodologie di controllo fiscale













Esenzione da bolli, imposte e spese per le procedure di recupero crediti professionali del difensore d'ufficio





Risoluzione 4 maggio 2010





















Fisco - Vendita





Agevolazioni in materia di piccola proprietà contadina





Risoluzione 17 maggio 2010

Il diritto in Pillole: Focus sulle novità

Ambiente


Misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di CO2


Decreto Legge 20 maggio 2010






Modifica degli allegati III, IV e V del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle spedizioni di rifiuti


Commissione Europea Regolamento 12 maggio 2010






Appalti


Regolamento sulla istruttoria dei quesiti giuridici


Autorità per la Vigilanza Provvedimento 4 maggio 2010










Enti Locali


Proroga del termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2010, da parte degli enti locali


Ministero dell'Interno Decreto 29 aprile 2010










Certificazione Energetica


Firmato protocollo d'intesa fra Agenzia del Territorio ed ENEA per al realizzazione di un programma di "Miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici utilizzati dall'Agenzia del Territorio"










Legge comunitaria


Ambiente, credito al consumo, tutela del consumatore: varata la nuova legge comunitaria










Fisco - Professione


Architetti, Ingegneri, Geometri, Avvocati e Notai: nuove metodologie di controllo fiscale






Esenzione da bolli, imposte e spese per le procedure di recupero crediti professionali del difensore d'ufficio


Risoluzione 4 maggio 2010










Fisco - Vendita


Agevolazioni in materia di piccola proprietà contadina


Risoluzione 17 maggio 2010

lunedì 24 maggio 2010

ULTERIORE CONTRIBUTO IN RELAZIONE AI PROBLEMI RELATIVI AL CERTIFICATO ENERGETICO DEGLI EDIFICI


 
La complessità degli aspetti giuridici, relativi al problema che ci occupa, rende opportuno affrontare il tema medesimo con più interventi affinchè vengano evidenziati tutti gli aspetti di incertezza e di dubbio ed anche di eventuale diversa interpretazione che, come frequentemente avviene nel mondo del diritto, sorgono nell’applicazione delle disposizioni di legge.






La certificazione energetica degli edifici – Dall’1 luglio 2007 obbligo anche per la compravendita di singole unità immobiliari






La certificazione energetica degli edifici ha come obiettivo primario quello di migliorare la trasparenza del mercato immobiliare, consentendo agli acquirenti ed ai locatari degli immobili di acquisire informazioni oggettive e dettagliate circa le caratteristiche energetiche dei medesimi e, conseguentemente, circa il loro cosiddetto “consumo energetico”.


L’utilizzo dei suddetti parametri può, infatti, influenzare significativamente la determinazione del valore degli immobili, in base alla semplice considerazione secondo la quale meno un fabbricato “consuma”, più aumenta il valore del medesimo.


L’ art. 7 della Direttiva 2002/91/CE, che costituisce la norma di riferimento in ambito comunitario, impone l’elaborazione di un attestato di certificazione energetica, che contenga i dati di riferimento necessari per valutare e raffrontare il rendimento energetico degli edifici e che venga messo a disposizione in fase di costruzione, compravendita o locazione degli stessi. Tale certificazione va, dunque e correttamente, intesa non soltanto come strumento di controllo, ex post, del rispetto, durante la realizzazione degli edifici, delle prescrizioni volte a migliorare le prestazioni energetiche dei medesimi, ma anche come indispensabile strumento di “informazione” per acquirenti e/o conduttori.


Il Decreto Legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, di attuazione della Direttiva 2002/91/CE, successivamente modificato dal D. Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311, ha previsto un’applicazione graduale della normativa, ovvero a decorrere dall’1 luglio 2007, agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile; a decorrere dal’1 luglio 2008, agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari; a decorrere dall’1 luglio 2009, alle singole unità immobiliari, nel caso di trasferimento a titolo oneroso.


Ha, inoltre, disposto che la certificazione per gli appartamenti di un condominio possa fondarsi, oltre che sulla valutazione dell'appartamento interessato, su una certificazione comune dell'intero edificio, per i condomini dotati di un impianto termico comune, oppure sulla valutazione di un altro appartamento rappresentativo dello stesso condominio e della stessa tipologia.


Il suddetto attestato, ai sensi del comma 5 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 192/05, ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio e deve essere aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifica la prestazione energetica dell'edificio o dell'impianto interessato.


L’articolo 35, comma 2-bis, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, in sede di conversione, ha abrogato i commi 3 e 4 dell’art. 6 del D. Lgs. 192/2005, che prevedevano l’obbligo di allegazione dell’attestato di certificazione energetica all'atto di trasferimento a titolo oneroso, per l’ipotesi di trasferimento a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari, oppure l’obbligo di consegna del medesimo al conduttore, per l’ipotesi di locazione di interi immobili o di singole unità immobiliari.


A seguito di tale abrogazione, è doveroso precisare che, mentre sembra certa la soppressione del suddetto obbligo di allegazione per quelle Regioni che non hanno legiferato a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 192/2005, lo stesso non può dirsi in relazione a quelle Regioni, come ad esempio, l’Emilia-Romagna, che hanno espressamente previsto tale obbligo di allegazione, in taluni casi, introducendo anche le relative sanzioni, queste ultime di assai dubbia legittimità.


A tal proposito, si ricorda come il Consiglio Nazionale del Notariato, con note del 6 agosto 2008, abbia espresso vive perplessità in merito alla suddetta frettolosa abrogazione, indicando, quantomeno in via prudenziale, la necessità di continuare ad applicare la disciplina che prevede l’obbligo di allegazione della certificazione energetica quantomeno in quelle Regioni che hanno emanato norme in materia, pur nella consapevolezza dell’incertezza della soluzione da adottare con riferimento al rapporto tra legislazione statale e regionale.


Per quanto concerne, invece, le Regioni che non hanno legiferato in materia di prestazione energetica degli edifici, le conclusioni a cui perviene il Consiglio nazionale del Notariato, escludendo la sussistenza di un qualunque obbligo di documentazione, pongono a carico del notaio gli obblighi di informazione e chiarimento nell’interesse delle parti sugli altri aspetti del D. Lgs. n. 192/05, non toccati dalla legge di conversione, “in particolare, quelli relativi agli obblighi in capo all’alienante di dotare l’edificio dell’AQE e di metterlo a disposizione dell’acquirente; quanto a tale obbligo di consegna, pur in assenza di una testuale previsione, esso sembra ricavarsi dall’art. 6 commi 1 e 1-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, da cui si evince che l’obbligo di dotare l’edificio (dell’AQE) diventa “giuridicamente rilevante” nel momento in cui l’immobile viene trasferito all’acquirente”.


In conclusione, pare si possa affermare che, a prescindere dai già citati problemi di compatibilità tra la legislazione nazionale e quella regionale posti dalle disposizioni in commento, l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 192/2005, poiché non accompagnata dalla previsione di altre disposizioni volte ad attuare, nell’ordinamento interno, le previsioni della Direttiva 2002/91/CE, contrasta con il chiaro obbligo, imposto dalla medesima, di prevedere che l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del futuro acquirente o locatario dell’immobile, venendo in tal modo a frustare le esigenze di trasparenza del mercato immobiliare e di riqualificazione energetica degli edifici poste alla base della normativa comunitaria in materia di risparmio energetico.
ULTERIORE CONTRIBUTO IN RELAZIONE AI PROBLEMI RELATIVI AL CERTIFICATO ENERGETICO DEGLI EDIFICI

 
La complessità degli aspetti giuridici, relativi al problema che ci occupa, rende opportuno affrontare il tema medesimo con più interventi affinchè vengano evidenziati tutti gli aspetti di incertezza e di dubbio ed anche di eventuale diversa interpretazione che, come frequentemente avviene nel mondo del diritto, sorgono nell’applicazione delle disposizioni di legge.



La certificazione energetica degli edifici – Dall’1 luglio 2007 obbligo anche per la compravendita di singole unità immobiliari



La certificazione energetica degli edifici ha come obiettivo primario quello di migliorare la trasparenza del mercato immobiliare, consentendo agli acquirenti ed ai locatari degli immobili di acquisire informazioni oggettive e dettagliate circa le caratteristiche energetiche dei medesimi e, conseguentemente, circa il loro cosiddetto “consumo energetico”.

L’utilizzo dei suddetti parametri può, infatti, influenzare significativamente la determinazione del valore degli immobili, in base alla semplice considerazione secondo la quale meno un fabbricato “consuma”, più aumenta il valore del medesimo.

L’ art. 7 della Direttiva 2002/91/CE, che costituisce la norma di riferimento in ambito comunitario, impone l’elaborazione di un attestato di certificazione energetica, che contenga i dati di riferimento necessari per valutare e raffrontare il rendimento energetico degli edifici e che venga messo a disposizione in fase di costruzione, compravendita o locazione degli stessi. Tale certificazione va, dunque e correttamente, intesa non soltanto come strumento di controllo, ex post, del rispetto, durante la realizzazione degli edifici, delle prescrizioni volte a migliorare le prestazioni energetiche dei medesimi, ma anche come indispensabile strumento di “informazione” per acquirenti e/o conduttori.

Il Decreto Legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, di attuazione della Direttiva 2002/91/CE, successivamente modificato dal D. Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311, ha previsto un’applicazione graduale della normativa, ovvero a decorrere dall’1 luglio 2007, agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile; a decorrere dal’1 luglio 2008, agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari; a decorrere dall’1 luglio 2009, alle singole unità immobiliari, nel caso di trasferimento a titolo oneroso.

Ha, inoltre, disposto che la certificazione per gli appartamenti di un condominio possa fondarsi, oltre che sulla valutazione dell'appartamento interessato, su una certificazione comune dell'intero edificio, per i condomini dotati di un impianto termico comune, oppure sulla valutazione di un altro appartamento rappresentativo dello stesso condominio e della stessa tipologia.

Il suddetto attestato, ai sensi del comma 5 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 192/05, ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio e deve essere aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifica la prestazione energetica dell'edificio o dell'impianto interessato.

L’articolo 35, comma 2-bis, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, in sede di conversione, ha abrogato i commi 3 e 4 dell’art. 6 del D. Lgs. 192/2005, che prevedevano l’obbligo di allegazione dell’attestato di certificazione energetica all'atto di trasferimento a titolo oneroso, per l’ipotesi di trasferimento a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari, oppure l’obbligo di consegna del medesimo al conduttore, per l’ipotesi di locazione di interi immobili o di singole unità immobiliari.

A seguito di tale abrogazione, è doveroso precisare che, mentre sembra certa la soppressione del suddetto obbligo di allegazione per quelle Regioni che non hanno legiferato a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 192/2005, lo stesso non può dirsi in relazione a quelle Regioni, come ad esempio, l’Emilia-Romagna, che hanno espressamente previsto tale obbligo di allegazione, in taluni casi, introducendo anche le relative sanzioni, queste ultime di assai dubbia legittimità.

A tal proposito, si ricorda come il Consiglio Nazionale del Notariato, con note del 6 agosto 2008, abbia espresso vive perplessità in merito alla suddetta frettolosa abrogazione, indicando, quantomeno in via prudenziale, la necessità di continuare ad applicare la disciplina che prevede l’obbligo di allegazione della certificazione energetica quantomeno in quelle Regioni che hanno emanato norme in materia, pur nella consapevolezza dell’incertezza della soluzione da adottare con riferimento al rapporto tra legislazione statale e regionale.

Per quanto concerne, invece, le Regioni che non hanno legiferato in materia di prestazione energetica degli edifici, le conclusioni a cui perviene il Consiglio nazionale del Notariato, escludendo la sussistenza di un qualunque obbligo di documentazione, pongono a carico del notaio gli obblighi di informazione e chiarimento nell’interesse delle parti sugli altri aspetti del D. Lgs. n. 192/05, non toccati dalla legge di conversione, “in particolare, quelli relativi agli obblighi in capo all’alienante di dotare l’edificio dell’AQE e di metterlo a disposizione dell’acquirente; quanto a tale obbligo di consegna, pur in assenza di una testuale previsione, esso sembra ricavarsi dall’art. 6 commi 1 e 1-bis del d.lgs. n. 192 del 2005, da cui si evince che l’obbligo di dotare l’edificio (dell’AQE) diventa “giuridicamente rilevante” nel momento in cui l’immobile viene trasferito all’acquirente”.

In conclusione, pare si possa affermare che, a prescindere dai già citati problemi di compatibilità tra la legislazione nazionale e quella regionale posti dalle disposizioni in commento, l’abrogazione dei commi 3 e 4 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 192/2005, poiché non accompagnata dalla previsione di altre disposizioni volte ad attuare, nell’ordinamento interno, le previsioni della Direttiva 2002/91/CE, contrasta con il chiaro obbligo, imposto dalla medesima, di prevedere che l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del futuro acquirente o locatario dell’immobile, venendo in tal modo a frustare le esigenze di trasparenza del mercato immobiliare e di riqualificazione energetica degli edifici poste alla base della normativa comunitaria in materia di risparmio energetico.

sabato 22 maggio 2010



Edilizia e immobili, Urbanistica


Attività edilizia libera: novità nella conversione in legge del D.L. 40/2010




Il nuovo testo reintroduce l'obbligo della relazione tecnica, la cui inosservanza ha però sanzioni lievi. Norme per reti in banda larga e fibra ottica.










Nella seduta del 19/05/2010 il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del D.L. 40/2010 (cosiddetto «decreto Incentivi»).






Attività edilizia libera


Come noto l'art. 5, il cui testo è stato ora interamente sostituito rispetto alla versione originaria, è volto ad ampliare, mediante la sostituzione dell'art. 6 del D.P.R. 380/2001, le tipologie di interventi rientranti nell'attività edilizia libera, realizzabili senza alcun titolo abilitativo anziché mediante denuncia di inizio attività (DIA). Le nuove tipologie riguardano, in particolare, interventi di manutenzione straordinaria, opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoio di accumulo esterno, aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici (commi 1 e 2).


Il nuovo testo, nel sopprimere la clausola che faceva salve le disposizioni più restrittive della disciplina regionale, prevede peraltro che le Regioni a statuto ordinario possano estendere la semplificazione a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti, individuare ulteriori interventi edilizi per i quali è necessario trasmettere al comune la relazione tecnica ovvero stabilire ulteriori contenuti per la medesima relazione tecnica (comma 6).


Il nuovo testo dell'art. 6 differenzia l'attività edilizia libera in due categorie, a seconda che occorra una previa comunicazione all'amministrazione comunale dell'inizio dei lavori, anche per via telematica, da parte dell'interessato, insieme con le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore (comma 2). Esclusivamente per i lavori di manutenzione straordinaria, che includono nel nuovo testo l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, la comunicazione deve contenere i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.


Per tali lavori, inoltre, il nuovo testo prevede la trasmissione all'amministrazione di una relazione tecnica, con la quale un tecnico abilitato assevera che i lavori siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non preveda alcun titolo abilitativo. Il tecnico deve altresì dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente (comma 4).


Su tale ultimo punto si osserva che la nuova norma sembra essere addirittura più restrittiva rispetto alla normativa vigente prima dell'emanazione del decreto-legge, secondo la quale, pur in presenza di dichiarazione di inizio attività (DIA), il progettista abilitato non deve necessariamente dichiarare di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente.


Ai sensi del nuovo comma 5, per tutti gli interventi l'interessato provvede alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 30 giorni dal momento della variazione, secondo quanto previsto dall'articolo 34-quinquies, comma 2, lettera b), della L. 80/2006.


Viene inoltre specificato che la mancata comunicazione dell'inizio dei lavori o la mancata trasmissione della relazione tecnica comportano la sanzione pecuniaria di 258 euro che può essere ridotta a due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione (comma 7).


Il comma 8, infine, semplifica la procedura relativa al rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) per gli interventi citati, prevedendo che il CPI, ove richiesto, sia rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista.






Installazione di reti e di impianti di comunicazione elettronica


Il maxi-emendamento ha introdotto anche il nuovo art. 5-bis, che mediante inserimento dell'art. 87-bis del D. Leg.vo 259/2003 introduce procedure semplificate per la realizzazione delle infrastrutture necessarie alla rete di banda larga mobile.


In particolare, si prevede che per avviare l'installazione di apparati con tecnologia UMTS[53] o di altre tecnologie, su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti, è richiesta la sola denuncia di inizio attività. La denuncia resta priva di effetti ove entro 30 giorni dalla presentazione della domanda sia intervenuto un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale competente, ovvero un parere negativo da parte dell'organismo di controllo.


Il comma 2, sostituendo il comma 15-bis dell'art. 2 della L. 133/2008, interviene sulle procedure di installazione delle reti e degli impianti di comunicazione in fibra ottica. Il comma 15-bis dispone attualmente che per le predette opere la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente proprietario della strada. Secondo il nuovo testo, la possibile riduzione della profondità viene condizionata alla circostanza che l'ente gestore dell'infrastruttura civile non comunichi specifici motivi ostativi entro 30 giorni dal ricevimento della denuncia di inizio attività che deve essere presentata all'Amministrazione territoriale competente da parte dell'operatore della comunicazione, entro 30 giorni dall'inizio dei lavori.














Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...