Papà on-line e diritto di visita del minore
Tribunale Nicosia, decreto 22.04.2008
Tribunale Nicosia, decreto 22.04.2008
Il decreto del Tribunale di Nicosia del 22 aprile 2008, che dispone, tra l’altro, anche in merito all’esercizio del “diritto di visita” di un padre attraverso l’utilizzo di Internet, è destinato ad aprire nuovi scenari nel campo delle relazioni umane, in una dimensione innovativa ed arricchente e, seppur con i debiti correttivi e le ragionevoli limitazioni richiesti dal caso concreto, non scevra di prospettive prima inusitate, decisamente incoraggianti sul piano della qualità dei rapporti genitori-figli.
Il caso esaminato dalla magistratura siciliana è il seguente: un padre ha avanzato ricorso per la modifica dei patti stabiliti in sede di separazione consensuale omologata, sui quali è intervenuto decreto ex 710 c.p.c., che ha confermato l’affidamento esclusivo di due minori, figli del ricorrente, alla madre, stabilendo per il genitore non affidatario modalità di esercizio del diritto di visita piuttosto penalizzanti.
Con detto ricorso, l’istante ha invocato, in particolare, la revoca dell’affidamento esclusivo dei minori alla madre, quindi l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori ex art. 155 c.c., oltre a una rinnovata griglia della scansione dei tempi di visita allo stesso concessi nell’arco dell’anno.
Tra le istanze avanzate, si segnala la richiesta relativa alla possibilità da parte del Collegio di prevedere “il diritto di visita on line sul web” da parte del padre nei confronti dei suoi diretti discendenti, in considerazione del fatto che la madre dei due minori ha mutato la propria residenza, trasferendosi con i figli in altro Comune, al preordinato fine, secondo parte ricorrente, di eludere il provvedimento giudiziale relativo al diritto di visita della prole, sradicandola dal proprio contesto ambientale.
Disposta la comparizione delle parti dal Tribunale, si è costituita la parte resistente, la quale, in via preliminare, ha dedotto, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda per litispendenza di reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta ex art. 739 c.p.c..
Nel merito, la resistente ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, osservando che la scelta del genitore affidatario di trasferire la residenza dei minori, anche se diversa da quella del genitore non affidatario, è consentita e garantita dalla convenzione dell’Aja del 25.10.1980, ed è stata giustificata, nel caso concreto, da motivi di salute della stessa.
Il Tribunale, in via preliminare, rigetta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per litispendenza di reclamo, peraltro già deciso, innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta avverso decreto del medesimo Tribunale.
In effetti, la sopravvenienza del mutamento di residenza da parte della madre affidataria dei minori, rende ammissibile la proposizione da parte del coniuge di un autonomo giudizio al fine di ottenere la modifica dell’affidamento dei figli e del diritto di visita, ancorché penda reclamo avverso precedente decreto intervenuto tra le parti, data la differenza di petitum e causa petendi dei diversi procedimenti.
L’art. 155 c.c., modificato dalla L. 54/2006, sottolinea il diritto dei figli minori, in caso di separazione, a mantenere un rapporto significativo e continuativo con ciascuno dei genitori e con i parenti dei rispettivi rami genitoriali. L’interesse da valorizzare è soltanto quello morale e materiale del minore ad un percorso formativo ed educativo sereno ed equilibrato. Ove quest’ultimo non possa essere garantito attraverso la modalità di affidamento ad entrambi i genitori, il Tribunale dispone per l’affidamento esclusivo del minore ad uno di questi, determinando i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun coniuge, oltre a fissare la misura e il modo con cui i genitori devono contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Qualsiasi convenzione intervenuta tra i coniugi non può comunque porsi in contrasto con l’interesse dei minori.
Orbene, sulla scorta del pregresso procedimento civile, che era sfociato nel provvedimento di affidamento esclusivo dei minori alla madre (stanti i rilievi di una consulenza tecnica redatta da un’esperta psicologa con riferimento alla personalità del padre), il Tribunale ha ritenuto di rinnovare la consulenza tecnica, anche in considerazione del tempo trascorso rispetto allo svolgimento della precedente perizia, affidando il compito ad un neuro-psichiatra infantile, il quale, pur riconoscendo che il suddetto genitore non affidatario ha un carattere abbastanza controllato, oltre a un riconosciuto desiderio di non perdere il rapporto con i figli, ha rinvenuto tuttavia nello stesso “l’esistenza di profili di criticità nella gestione di situazioni caratterizzate da tensione con la moglie”.
Sulla scorta di quanto affermato dal c.t.u., il Tribunale ha rigettato la richiesta del padre di affidamento condiviso, avuto riguardo esclusivo all’interesse morale dei piccoli, ritenendo che la madre abbia manifestato un temperamento capace di dare corpo a una relazione affettiva tale da offrire ai minori un buon modello educativo e garantire loro una crescita sana ed un equilibrato sviluppo della personalità.
D’altro canto, il Tribunale non trascura il fatto che la madre dei piccoli, modificando unilateralmente la propria residenza e portando con sé i figli, ha reso inattuabile il diritto di visita (così come disciplinato nel precedente decreto) da parte del padre nei confronti dei minori, rendendolo in concreto più gravoso, vista la notevole distanza tra le diverse località in cui risiedono i due genitori.
Alla stregua delle nuove risultanze istruttorie circa la metabolizzazione da parte della figura paterna della separazione in atto, il Tribunale, virando rispetto alle proprie precedenti statuizioni, ritiene “opportuno estendere, in forza della riscontrata migliore situazione dei rapporti padre/figli, il regime delle visite in modo da consentire che i due bambini, quantunque affidati in via esclusiva alla madre, possano beneficiare di un rapporto significativo con il padre, che potranno frequentare in modo regolare e per periodi di tempo congrui. Ancora si deve notare che, durante il corso del presente giudizio, sull’accordo delle parti è stato adottato, sia pure in via provvisoria, un diverso regime del diritto di visita dei figli da parte del ricorrente che non ha prodotto risultati negativi; regime che, a norma dell’art. 155 ult. co. c.c., può essere ulteriormente valorizzato con le opportune modifiche ed integrazioni in quanto rispondente alle esigenze dei minori…”.
Il Collegio, quindi, tenuta in debito conto la necessità di evitare eccessivi spostamenti ai due fanciulli, rimodella le statuizioni circa il diritto di visita del genitore non affidatario in senso al lui più favorevole, fino alla svolta innovativa, che costituisce il profilo più affascinante di questo interessante provvedimento. Così, infatti, statuisce il decreto, nella sua parte motivo-conclusiva: “Infine, circa la richiesta di visitare i figli mediante collegamento in video-ripresa su internet, il Tribunale rileva che nulla osta ad una simile forma di comunicazione, purché il ricorrente metta a disposizione dei minori, a sue spese, idonea apparecchiatura, sopportando, sempre a sue esclusive spese, i relativi costi di gestione del collegamento. Tale forma di comunicazione, che non è comunque idonea a sostituire la relazione fisica tra i soggetti, potrà essere adottata per una durata massima di venti minuti due volte la settimana”.
Nella sua aurea stringatezza, quest’ultima parte del decreto riesce mirabilmente a compendiare le ragioni della fisicità affettiva con quelle della più incorporea emotività. Sul piano semantico, individua, infatti, la possibilità di estrinsecare una visita, che richiama alla mente un’attività puramente fattiva e dinamica (l’atto del visitare, appunto), attraverso lo strumento fisso e immobile di una web-cam, che tuttavia rimanda un flusso complesso di suoni ed immagini in movimento, pur non elevando quest’ultimo ad unico mezzo di comunicazione tra soggetti stretti da un profondo rapporto di prossimità affettiva sul piano parentale, eppure distanti sul piano fisico.
Il decreto, cioè, non derogando mai all’inderogabile bisogno, che ogni fanciullo avverte, di sentirsi coinvolto sul piano emotivo dalla relazione fisica col proprio genitore (in termini di abbracci, gesti tangibili di approvazione, partecipazione dell’adulto alla dinamica del gioco infantile, etc.), coniuga, in modo sensibilmente pragmatico, tale necessità con la peculiarità di un mezzo atto ad annullare le distanze, nell’evenienza che anche il più semplice dei gesti (una carezza, ad esempio) di uno dei genitori non possa, per forza di cose (leggi, nel caso di specie: il cambio di residenza da parte della madre) essere comunque donato e restituito con la consueta naturalezza, con cui suole essere scambiato nelle famiglie non soggette ai drammi, spesso inesprimibili, di una separazione.
Ed ecco che il mondo, per certi versi, pericoloso, contraddittorio e trasversale di internet, si colora di una connotazione luminosa e rassicurante: perché consente ai giudici, e ancor più al genitore non affidatario, la possibilità di restituire a un fanciullo, attraverso una web-cam, non solo l’immagine frammentata del papà o della mamma, ma altresì la sua voce, i suoi pensieri, sotto forma anche di rimproveri come di atti di approvazione.
Come ha sottolineato, d’altra parte, Silvia Vegetti Finzi, soprattutto nella seconda infanzia, è importante che il figlio “trovi nel padre – o in una figura maschile che lo sostituisce – una guida e un riferimento sul piano dei valori e delle norme sociali, che si appresta a confrontare con quelle degli altri”.
La fisica distanza tra genitori e figli, ove immotivatamente prolungata, può tradursi quindi in un difetto di tutela delle diverse sfere di posizioni giuridiche, non solo in termini di obblighi genitoriali, ma di diritti tanto dei genitori stessi quanto, soprattutto, dei bambini.
E’ del tutto evidente, quindi, che le distanze e le diverse localizzazioni nonché la sempre più crescente nebulizzazione del concetto di famiglia tradizionale (“famiglie allargate”, coppie di fatto, divorzi plurimi…) spingano l’ordinamento civile verso forme di “compromesso”, che valorizzino il dato dell’affettività attraverso i moderni sistemi di comunicazione. Da questo punto di vista, la web-cam costituisce un rimedio, e lo si ribadisce: solo un rimedio, a quel vuoto di amorevolezza, che, senza tutele, danneggiando in primo luogo il fanciullo, rischia di riflettersi altresì sul genitore, ispessendo, magari, in lui, quel nucleo di aggressività e di rancoroso rimuginio nei confronti dell’altro coniuge, che il solo contatto con la naturale effervescenza affettiva dei figli contribuirebbe di molto a stemperare, a vantaggio della stessa salute psico-fisica dei minori.
In materia di diritto di visita del coniuge non affidatario, si registra un consolidato orientamento della Cassazione, che tende a renderlo “effettivo”. Sin da un risalente indirizzo (si veda, a questo proposito, Cass. Civ., Sez. I, n. 8109/1990), il Giudice di legittimità ha ribadito come il coniuge non affidatario, in base all’art. 155, co. III, ha il diritto di vedersi assicurata una sufficiente possibilità di rapporti con il figlio minore affidato all’altro coniuge, sia al fine di guadagnarsi l’affetto e il rispetto del figlio, sia al fine di conservare e rafforzare i rapporti affettivi con lo stesso. Ma tale diritto non si veste di assolutezza, essendo, com’è noto, subordinato al preminente interesse morale e materiale del minore, sicché può essere limitato o addirittura disconosciuto (sospeso) dal giudice, ove ricorrano gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore stesso (sebbene risalenti, si segnalano: Cass. Civ. Sez. I, nn. 3249/1989; 6312/1999; conforme: Tribunale di Napoli 2003). Tuttavia tale gravità non può essere correlazionata a una pregressa condotta del genitore, attinente, magari, all’addebito della separazione, per cui il diritto di visita non può essere negato in chiave sanzionatoria, dovendosi avere unico riguardo all’impatto psicologico sui minori delle vicende, da cui origina il provvedimento di sospensione del medesimo diritto (cfr., Cass. Civ., Sez. I, n. 6548/1994).
Trattasi , comunque, di diritto indisponibile, e come tale è irrinunciabile. Una simile rinuncia, d’altra parte, espressa dal coniuge avente diritto o da entrambi i coniugi, specificatamente accordatisi sul punto, potrebbe essere non omologabile in sede di separazione consensuale ovvero non ratificabile in sede di separazione giudiziale con conclusioni congiunte, perché in palese contrasto con l’interesse di tutela del minore, la cui volontà, specie se in età adolescenziale, può tuttavia essere tenuta presente dal giudice della separazione, ai fini di statuire circa la sua sospensione (emblematico il caso affrontato dal Tribunale di Catania nel lontano 1996, relativo a un adolescente che rifiutava di vedere il padre, perché ossessionato dal continuo recriminare paterno nei confronti della madre).
Sul versante opposto, la giurisprudenza più recente pare orientata a garantire maggiormente tale diritto, anche sul piano penale: il coniuge cui sono affidati i figli minori ha infatti l’obbligo di porre in essere tutte le condizioni, affinché il coniuge non affidatario possa esercitare il diritto di visita, in caso contrario, l’elusione dei provvedimenti del Tribunale in questo senso integra il reato di cui all’art. 388, II comma, c.p.. A tal fine sono sufficienti la coscienza e volontà di eludere l’applicazione del provvedimento del giudice sub specie di semplice dolo generico. Né il genitore può accampare di non avere un dovere di “persuadere” il figlio a incontrare un genitore, nei cui confronti egli pure esprima un rifiuto, poiché egli ha pur sempre il dovere di comportarsi secondo buona fede, cooperando in modo che il provvedimento del giudice trovi esecuzione, non impedendo quindi di fatto l’esercizio del diritto di visita (in questo senso, si veda: Cassazione, sez. feriale, sent. 37814/2003).
Inoltre, quando il genitore non affidatario viene ostacolato nell'esercizio del diritto di visita al figlio minore, tale circostanza integra lesione di un diritto personale costituzionalmente garantito, e rappresenta un fatto costitutivo del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, sotto l'aspetto sia del danno morale soggettivo (patema d'animo), sia dell'ulteriore pregiudizio derivante dalla privazione delle positività derivanti dal rapporto parentale (cfr. Tribunale di Monza, 8 luglio 2004; Trib. Roma, 13 giugno 2000).
Si segnala, da ultimo, un’ordinanza del Tribunale di Napoli (Tribunale di Napoli, Sezione I Civile, Ordinanza 11 marzo 2008), che dispone l’adozione ex officio dei provvedimenti, di cui all’art. 709 ter c.p.c..
A fronte di gravi inadempienze di uno dei coniugi, pregiudizievoli ai fini di un corretto sviluppo dei rapporti tra padre e figlio, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e alla luce della novella dell’art. 155 c.c. da parte della L. 54/2006, anche nel silenzio dell’altra parte, il giudice può assumere d’ufficio i provvedimenti di ammonimento e di condanna a sanzione amministrativa pecuniaria, di cui ai nn. 1 e 4 art. 709 ter c.p.c., mentre quelli di cui ai nn. 2 e 3 è condizionata alla richiesta di parte e ciò sulla considerazione fondamentale che si tratta di diritti indisponibili (non mancano, tuttavia, soprattutto in dottrina, orientamenti divergenti rispetto a quello appena enunciato: vedi nota di Gennaro Lezzi a Tribunale Napoli, sez. I civile, ordinanza 11.03.2008).
Così esplorati gli aspetti più rilevanti del diritto di visita da parte del genitore non affidatario, al complessivo mosaico giurisprudenziale sin qui delineato, si aggiunge questo innovativo tassello, incastonato dal commentato decreto del Tribunale di Nicosia.
Attraverso la web-cam passano, dunque, oggi anche per decreto, la faccia, la voce, con tutto il loro vibrato di sentimenti, di un genitore, i quali non sostituiscono e non possono sostituire la forza di una carezza, …eppure di fronte a un vuoto affettivo-temporale, al cospetto del vuoto inafferrabile, insostenibile delle distanze, possono valere quanto una carezza.
Il caso esaminato dalla magistratura siciliana è il seguente: un padre ha avanzato ricorso per la modifica dei patti stabiliti in sede di separazione consensuale omologata, sui quali è intervenuto decreto ex 710 c.p.c., che ha confermato l’affidamento esclusivo di due minori, figli del ricorrente, alla madre, stabilendo per il genitore non affidatario modalità di esercizio del diritto di visita piuttosto penalizzanti.
Con detto ricorso, l’istante ha invocato, in particolare, la revoca dell’affidamento esclusivo dei minori alla madre, quindi l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori ex art. 155 c.c., oltre a una rinnovata griglia della scansione dei tempi di visita allo stesso concessi nell’arco dell’anno.
Tra le istanze avanzate, si segnala la richiesta relativa alla possibilità da parte del Collegio di prevedere “il diritto di visita on line sul web” da parte del padre nei confronti dei suoi diretti discendenti, in considerazione del fatto che la madre dei due minori ha mutato la propria residenza, trasferendosi con i figli in altro Comune, al preordinato fine, secondo parte ricorrente, di eludere il provvedimento giudiziale relativo al diritto di visita della prole, sradicandola dal proprio contesto ambientale.
Disposta la comparizione delle parti dal Tribunale, si è costituita la parte resistente, la quale, in via preliminare, ha dedotto, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda per litispendenza di reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta ex art. 739 c.p.c..
Nel merito, la resistente ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, osservando che la scelta del genitore affidatario di trasferire la residenza dei minori, anche se diversa da quella del genitore non affidatario, è consentita e garantita dalla convenzione dell’Aja del 25.10.1980, ed è stata giustificata, nel caso concreto, da motivi di salute della stessa.
Il Tribunale, in via preliminare, rigetta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per litispendenza di reclamo, peraltro già deciso, innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta avverso decreto del medesimo Tribunale.
In effetti, la sopravvenienza del mutamento di residenza da parte della madre affidataria dei minori, rende ammissibile la proposizione da parte del coniuge di un autonomo giudizio al fine di ottenere la modifica dell’affidamento dei figli e del diritto di visita, ancorché penda reclamo avverso precedente decreto intervenuto tra le parti, data la differenza di petitum e causa petendi dei diversi procedimenti.
L’art. 155 c.c., modificato dalla L. 54/2006, sottolinea il diritto dei figli minori, in caso di separazione, a mantenere un rapporto significativo e continuativo con ciascuno dei genitori e con i parenti dei rispettivi rami genitoriali. L’interesse da valorizzare è soltanto quello morale e materiale del minore ad un percorso formativo ed educativo sereno ed equilibrato. Ove quest’ultimo non possa essere garantito attraverso la modalità di affidamento ad entrambi i genitori, il Tribunale dispone per l’affidamento esclusivo del minore ad uno di questi, determinando i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun coniuge, oltre a fissare la misura e il modo con cui i genitori devono contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Qualsiasi convenzione intervenuta tra i coniugi non può comunque porsi in contrasto con l’interesse dei minori.
Orbene, sulla scorta del pregresso procedimento civile, che era sfociato nel provvedimento di affidamento esclusivo dei minori alla madre (stanti i rilievi di una consulenza tecnica redatta da un’esperta psicologa con riferimento alla personalità del padre), il Tribunale ha ritenuto di rinnovare la consulenza tecnica, anche in considerazione del tempo trascorso rispetto allo svolgimento della precedente perizia, affidando il compito ad un neuro-psichiatra infantile, il quale, pur riconoscendo che il suddetto genitore non affidatario ha un carattere abbastanza controllato, oltre a un riconosciuto desiderio di non perdere il rapporto con i figli, ha rinvenuto tuttavia nello stesso “l’esistenza di profili di criticità nella gestione di situazioni caratterizzate da tensione con la moglie”.
Sulla scorta di quanto affermato dal c.t.u., il Tribunale ha rigettato la richiesta del padre di affidamento condiviso, avuto riguardo esclusivo all’interesse morale dei piccoli, ritenendo che la madre abbia manifestato un temperamento capace di dare corpo a una relazione affettiva tale da offrire ai minori un buon modello educativo e garantire loro una crescita sana ed un equilibrato sviluppo della personalità.
D’altro canto, il Tribunale non trascura il fatto che la madre dei piccoli, modificando unilateralmente la propria residenza e portando con sé i figli, ha reso inattuabile il diritto di visita (così come disciplinato nel precedente decreto) da parte del padre nei confronti dei minori, rendendolo in concreto più gravoso, vista la notevole distanza tra le diverse località in cui risiedono i due genitori.
Alla stregua delle nuove risultanze istruttorie circa la metabolizzazione da parte della figura paterna della separazione in atto, il Tribunale, virando rispetto alle proprie precedenti statuizioni, ritiene “opportuno estendere, in forza della riscontrata migliore situazione dei rapporti padre/figli, il regime delle visite in modo da consentire che i due bambini, quantunque affidati in via esclusiva alla madre, possano beneficiare di un rapporto significativo con il padre, che potranno frequentare in modo regolare e per periodi di tempo congrui. Ancora si deve notare che, durante il corso del presente giudizio, sull’accordo delle parti è stato adottato, sia pure in via provvisoria, un diverso regime del diritto di visita dei figli da parte del ricorrente che non ha prodotto risultati negativi; regime che, a norma dell’art. 155 ult. co. c.c., può essere ulteriormente valorizzato con le opportune modifiche ed integrazioni in quanto rispondente alle esigenze dei minori…”.
Il Collegio, quindi, tenuta in debito conto la necessità di evitare eccessivi spostamenti ai due fanciulli, rimodella le statuizioni circa il diritto di visita del genitore non affidatario in senso al lui più favorevole, fino alla svolta innovativa, che costituisce il profilo più affascinante di questo interessante provvedimento. Così, infatti, statuisce il decreto, nella sua parte motivo-conclusiva: “Infine, circa la richiesta di visitare i figli mediante collegamento in video-ripresa su internet, il Tribunale rileva che nulla osta ad una simile forma di comunicazione, purché il ricorrente metta a disposizione dei minori, a sue spese, idonea apparecchiatura, sopportando, sempre a sue esclusive spese, i relativi costi di gestione del collegamento. Tale forma di comunicazione, che non è comunque idonea a sostituire la relazione fisica tra i soggetti, potrà essere adottata per una durata massima di venti minuti due volte la settimana”.
Nella sua aurea stringatezza, quest’ultima parte del decreto riesce mirabilmente a compendiare le ragioni della fisicità affettiva con quelle della più incorporea emotività. Sul piano semantico, individua, infatti, la possibilità di estrinsecare una visita, che richiama alla mente un’attività puramente fattiva e dinamica (l’atto del visitare, appunto), attraverso lo strumento fisso e immobile di una web-cam, che tuttavia rimanda un flusso complesso di suoni ed immagini in movimento, pur non elevando quest’ultimo ad unico mezzo di comunicazione tra soggetti stretti da un profondo rapporto di prossimità affettiva sul piano parentale, eppure distanti sul piano fisico.
Il decreto, cioè, non derogando mai all’inderogabile bisogno, che ogni fanciullo avverte, di sentirsi coinvolto sul piano emotivo dalla relazione fisica col proprio genitore (in termini di abbracci, gesti tangibili di approvazione, partecipazione dell’adulto alla dinamica del gioco infantile, etc.), coniuga, in modo sensibilmente pragmatico, tale necessità con la peculiarità di un mezzo atto ad annullare le distanze, nell’evenienza che anche il più semplice dei gesti (una carezza, ad esempio) di uno dei genitori non possa, per forza di cose (leggi, nel caso di specie: il cambio di residenza da parte della madre) essere comunque donato e restituito con la consueta naturalezza, con cui suole essere scambiato nelle famiglie non soggette ai drammi, spesso inesprimibili, di una separazione.
Ed ecco che il mondo, per certi versi, pericoloso, contraddittorio e trasversale di internet, si colora di una connotazione luminosa e rassicurante: perché consente ai giudici, e ancor più al genitore non affidatario, la possibilità di restituire a un fanciullo, attraverso una web-cam, non solo l’immagine frammentata del papà o della mamma, ma altresì la sua voce, i suoi pensieri, sotto forma anche di rimproveri come di atti di approvazione.
Come ha sottolineato, d’altra parte, Silvia Vegetti Finzi, soprattutto nella seconda infanzia, è importante che il figlio “trovi nel padre – o in una figura maschile che lo sostituisce – una guida e un riferimento sul piano dei valori e delle norme sociali, che si appresta a confrontare con quelle degli altri”.
La fisica distanza tra genitori e figli, ove immotivatamente prolungata, può tradursi quindi in un difetto di tutela delle diverse sfere di posizioni giuridiche, non solo in termini di obblighi genitoriali, ma di diritti tanto dei genitori stessi quanto, soprattutto, dei bambini.
E’ del tutto evidente, quindi, che le distanze e le diverse localizzazioni nonché la sempre più crescente nebulizzazione del concetto di famiglia tradizionale (“famiglie allargate”, coppie di fatto, divorzi plurimi…) spingano l’ordinamento civile verso forme di “compromesso”, che valorizzino il dato dell’affettività attraverso i moderni sistemi di comunicazione. Da questo punto di vista, la web-cam costituisce un rimedio, e lo si ribadisce: solo un rimedio, a quel vuoto di amorevolezza, che, senza tutele, danneggiando in primo luogo il fanciullo, rischia di riflettersi altresì sul genitore, ispessendo, magari, in lui, quel nucleo di aggressività e di rancoroso rimuginio nei confronti dell’altro coniuge, che il solo contatto con la naturale effervescenza affettiva dei figli contribuirebbe di molto a stemperare, a vantaggio della stessa salute psico-fisica dei minori.
In materia di diritto di visita del coniuge non affidatario, si registra un consolidato orientamento della Cassazione, che tende a renderlo “effettivo”. Sin da un risalente indirizzo (si veda, a questo proposito, Cass. Civ., Sez. I, n. 8109/1990), il Giudice di legittimità ha ribadito come il coniuge non affidatario, in base all’art. 155, co. III, ha il diritto di vedersi assicurata una sufficiente possibilità di rapporti con il figlio minore affidato all’altro coniuge, sia al fine di guadagnarsi l’affetto e il rispetto del figlio, sia al fine di conservare e rafforzare i rapporti affettivi con lo stesso. Ma tale diritto non si veste di assolutezza, essendo, com’è noto, subordinato al preminente interesse morale e materiale del minore, sicché può essere limitato o addirittura disconosciuto (sospeso) dal giudice, ove ricorrano gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore stesso (sebbene risalenti, si segnalano: Cass. Civ. Sez. I, nn. 3249/1989; 6312/1999; conforme: Tribunale di Napoli 2003). Tuttavia tale gravità non può essere correlazionata a una pregressa condotta del genitore, attinente, magari, all’addebito della separazione, per cui il diritto di visita non può essere negato in chiave sanzionatoria, dovendosi avere unico riguardo all’impatto psicologico sui minori delle vicende, da cui origina il provvedimento di sospensione del medesimo diritto (cfr., Cass. Civ., Sez. I, n. 6548/1994).
Trattasi , comunque, di diritto indisponibile, e come tale è irrinunciabile. Una simile rinuncia, d’altra parte, espressa dal coniuge avente diritto o da entrambi i coniugi, specificatamente accordatisi sul punto, potrebbe essere non omologabile in sede di separazione consensuale ovvero non ratificabile in sede di separazione giudiziale con conclusioni congiunte, perché in palese contrasto con l’interesse di tutela del minore, la cui volontà, specie se in età adolescenziale, può tuttavia essere tenuta presente dal giudice della separazione, ai fini di statuire circa la sua sospensione (emblematico il caso affrontato dal Tribunale di Catania nel lontano 1996, relativo a un adolescente che rifiutava di vedere il padre, perché ossessionato dal continuo recriminare paterno nei confronti della madre).
Sul versante opposto, la giurisprudenza più recente pare orientata a garantire maggiormente tale diritto, anche sul piano penale: il coniuge cui sono affidati i figli minori ha infatti l’obbligo di porre in essere tutte le condizioni, affinché il coniuge non affidatario possa esercitare il diritto di visita, in caso contrario, l’elusione dei provvedimenti del Tribunale in questo senso integra il reato di cui all’art. 388, II comma, c.p.. A tal fine sono sufficienti la coscienza e volontà di eludere l’applicazione del provvedimento del giudice sub specie di semplice dolo generico. Né il genitore può accampare di non avere un dovere di “persuadere” il figlio a incontrare un genitore, nei cui confronti egli pure esprima un rifiuto, poiché egli ha pur sempre il dovere di comportarsi secondo buona fede, cooperando in modo che il provvedimento del giudice trovi esecuzione, non impedendo quindi di fatto l’esercizio del diritto di visita (in questo senso, si veda: Cassazione, sez. feriale, sent. 37814/2003).
Inoltre, quando il genitore non affidatario viene ostacolato nell'esercizio del diritto di visita al figlio minore, tale circostanza integra lesione di un diritto personale costituzionalmente garantito, e rappresenta un fatto costitutivo del diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, sotto l'aspetto sia del danno morale soggettivo (patema d'animo), sia dell'ulteriore pregiudizio derivante dalla privazione delle positività derivanti dal rapporto parentale (cfr. Tribunale di Monza, 8 luglio 2004; Trib. Roma, 13 giugno 2000).
Si segnala, da ultimo, un’ordinanza del Tribunale di Napoli (Tribunale di Napoli, Sezione I Civile, Ordinanza 11 marzo 2008), che dispone l’adozione ex officio dei provvedimenti, di cui all’art. 709 ter c.p.c..
A fronte di gravi inadempienze di uno dei coniugi, pregiudizievoli ai fini di un corretto sviluppo dei rapporti tra padre e figlio, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e alla luce della novella dell’art. 155 c.c. da parte della L. 54/2006, anche nel silenzio dell’altra parte, il giudice può assumere d’ufficio i provvedimenti di ammonimento e di condanna a sanzione amministrativa pecuniaria, di cui ai nn. 1 e 4 art. 709 ter c.p.c., mentre quelli di cui ai nn. 2 e 3 è condizionata alla richiesta di parte e ciò sulla considerazione fondamentale che si tratta di diritti indisponibili (non mancano, tuttavia, soprattutto in dottrina, orientamenti divergenti rispetto a quello appena enunciato: vedi nota di Gennaro Lezzi a Tribunale Napoli, sez. I civile, ordinanza 11.03.2008).
Così esplorati gli aspetti più rilevanti del diritto di visita da parte del genitore non affidatario, al complessivo mosaico giurisprudenziale sin qui delineato, si aggiunge questo innovativo tassello, incastonato dal commentato decreto del Tribunale di Nicosia.
Attraverso la web-cam passano, dunque, oggi anche per decreto, la faccia, la voce, con tutto il loro vibrato di sentimenti, di un genitore, i quali non sostituiscono e non possono sostituire la forza di una carezza, …eppure di fronte a un vuoto affettivo-temporale, al cospetto del vuoto inafferrabile, insostenibile delle distanze, possono valere quanto una carezza.
(Altalex, 16 ottobre 2008. Nota di Paola Marino)