lunedì 16 febbraio 2009

Divieto di sosta: quid iuris nel caso in cui vi sia la "prassi" di sosta illecita in quel luogo???

Divieto di sosta ed elemento psicologico nella condotta illecita
Cassazione civile , sez. II, sentenza 18.12.2008 n° 29709 (Giacomina Dingeo)
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Può essere ritenuto scusabile il comportamento dell’automobilista che parcheggia in divieto di sosta poiché si convince che detto comportamento non è passibile di sanzione, in quanto altri automobilisti, ugualmente inottemperanti, non vengono sanzionati?

Divieto di sosta ed elemento psicologico nella condotta illecita
(Cassazione civile, sez. II, 18 dicembre 2008, n. 29709)
di Giacomina Dingeo
(Fonte: Altalex Mese - Schede di Giurisprudenza 2/2009)
Il quesito:
Può essere ritenuto scusabile il comportamento dell’automobilista che parcheggia in divieto di sosta poiché si convince che detto comportamento non è passibile di sanzione, in quanto altri automobilisti, ugualmente inottemperanti, non vengono sanzionati?
Il fatto
Tizio, avendo parcheggiato la sua automobile in divieto di sosta ed essere stato, per conseguenza, multato ai sensi dei commi 5 e 8 dell’art. 157 del codice della strada, ricorreva al giudice di pace, chiedendo l’annullamento della sanzione poiché, osservava, altri veicoli erano parcheggiati in divieto ma non venivano sanzionati.
Il giudice di prime cure dava ragione al ricorrente, poiché il fatto non era sanzionabile per insufficienza di prove sull’elemento psicologico della condotta di Tizio. Infatti Tizio, in buona fede, pur sapendo che in quella zona era proibito parcheggiare, deduceva la tolleranza della pubblica autorità verso il comportamento vietato che, evidentemente, riteneva potersi applicare anche a lui.
Contro detta sentenza, perché venisse annullata, il Comune, sul cui territorio era avvenuto il fatto, ricorreva per Cassazione, con unico motivo di censura, consistente nella denunzia della omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, e violazione dell’art. 194 del codice della strada e dell’art. 3 della Legge n. 689/81.
La normativa
Codice della Strada
Articolo 157. Arresto, fermata e sosta dei veicoli
Agli effetti delle presenti norme: a) per arresto si intende l'interruzione della marcia del veicolo dovuta ad esigenze della circolazione; b) per fermata si intende la temporanea sospensione della marcia anche se in area ove non sia ammessa la sosta, per consentire la salita o la discesa delle persone, ovvero per altre esigenze di brevissima durata. Durante la fermata, che non deve comunque arrecare intralcio alla circolazione, il conducente deve essere presente e pronto a riprendere la marcia; c) per sosta si intende la sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilita' di allontanamento da parte del conducente; d) per sosta di emergenza si intende l'interruzione della marcia nel caso in cui il veicolo e' inutilizzabile per avaria ovvero deve arrestarsi per malessere fisico del conducente o di un passeggero
Salvo diversa segnalazione, ovvero nel caso previsto dal comma 4, in caso di fermata o di sosta il veicolo deve essere collocato il piu' vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Qualora non esista marciapiede rialzato, deve essere lasciato uno spazio sufficiente per il transito dei pedoni, comunque non inferiore ad un metro. Durante la sosta, il veicolo deve avere il motore spento.
Fuori dei centri abitati, i veicoli in sosta o in fermata devono essere collocati fuori della carreggiata, ma non sulle piste per velocipedi ne', salvo che sia appositamente segnalato, sulle banchine. In caso di impossibilita', la fermata e la sosta devono essere effettuate il piu' vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Sulle carreggiate delle strade con precedenza la sosta e' vietata.
Nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta e' consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, purche' sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a tre metri di larghezza.
Nelle zone di sosta all'uopo predisposte i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica.
Nei luoghi ove la sosta e' permessa per un tempo limitato e' fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l'orario in cui la sosta ha avuto inizio. Ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta e' fatto obbligo di porlo in funzione.
E' fatto divieto a chiunque di aprire le porte di un veicolo, di discendere dallo stesso, nonche' di lasciare aperte le porte, senza essersi assicurato che cio' non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada. 7-bis. È fatto divieto di tenere il motore acceso, durante la sosta o la fermata del veicolo, allo scopo di mantenere in funzione l’impianto di condizionamento d’aria del veicolo stesso; dalla violazione consegue la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 a euro 400;
Fatto salvo quanto disposto dal comma 7-bis, chiunque viola le disposizioni di cui al presente articolo e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 36 a euro 148 .
Articolo 194. Disposizioni di carattere generale
In tutte le ipotesi in cui il presente codice prevede che da una determinata violazione consegua una sanzione amministrativa pecuniaria, si applicano le disposizioni generali contenute nelle Sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salve le modifiche e le deroghe previste dalle norme del presente capo.
Legge 24 novembre 1981, n. 689
Articolo 3 - Elemento soggettivo
Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa.

Inquadramento della problematica
Con la pronuncia in oggetto, la Cassazione si occupa dell’elemento psicologico e della sua esatta determinazione nelle condotte illecite, nel caso di specie, di natura amministrativa.
Infatti, in discussione è il concetto di errore scusabile di chi viola una norma; ci si chiede che valore abbia il suo intimo convincimento sul significato della norma stessa, tale da giustificare o meno, il comportamento in violazione della medesima, fermo restando che non può sussistere scusabilità quando c’è conoscenza della illiceità della condotta.
Il giudice di primo grado aveva annullato la sanzione amministrativa della multa per divieto di sosta di Tizio sul fondamento che non era stata data la prova della contezza di Tizio di violare una norma: fatto deducibile dalla mancata comminazione della medesima sanzione ad altri automobilisti, che come Tizio, avevano parcheggiato in divieto di sosta. Da qui il giudice di pace aveva concluso che Tizio era caduto in errore scusabile nel parcheggiare illecitamente, ritenendo che la tolleranza dell’autorità fosse estensibile a tutti gli automobilisti.
La soluzione accolta dalla Suprema Corte
La Cassazione accoglie il ricorso del Comune.
Per il giudice nomofilattico infatti, il ricorso è manifestamente fondato essendo evidentemente illogica la motivazione addotta dal giudice di prime cure a sostegno della sua decisione di annullare la sanzione a carico di Tizio.
Tizio, infatti, pur sapendo che il suo comportamento è illecito, reclama a sua giustificazione che la circostanza che “così fan tutti” senza venir sanzionati. Da ciò si dovrebbe dedurre che la tolleranza verso i comportamenti vietati li renderebbe leciti; in tal modo chi scientemente violasse una norma, adeguandosi ad un comportamento generalmente adottato col tacito assenso della pubblica autorità, di fatto sarebbe tratto in errore scusabile; in altre parole sarebbe la stessa pubblica autorità che avrebbe “causato” l’erroneo convincimento delle liceità del comportamento.
Giustificazione che la Corte di Cassazione, ovviamente, non può accettare.
Anzitutto, il fatto che altri veicoli non venissero sanzionati può dipendere da altre cause e non dalla semplice “mirata” tolleranza a loro favore.
Poi perché l’errore per essere giustificabile deve essere incolpevole (art. 3, Legge n. 689/81, comma 3). E mai può esserlo se chi viola la legge sa di farlo, come nel caso di Tizio. Peraltro l’errore deve cadere sul “fatto”, non sulla conoscenza del diritto.
Inoltre, sia consentito riflettere sul fatto che il giudice di pace che ha dato tale sorprendente soluzione al ricorso di Tizio, sembra, in qualche modo, aver rimosso uno dei principi fondamentali del diritto (peraltro, reiterato, in campo penale, all’art. 5 del relativo codice), che i latini esprimevano col brocardo “ignorantia legis non excusat “. Che, a ben vedere, si spinge ben oltre della soluzione tanto appropriatamente adottata dalla suprema corte di Cassazione.
Il fatto che io non conosca la legge, non giustifica il fatto che io la violi. Nel caso in trattazione, poi, se io sapendo di violarla potessi addurre a mia scusante che gli altri la violano senza conseguenze significarebbe che ormai la legge ha perso di obbligatorietà.
Pertanto, essendo il motivo manifestamente fondato la Corte di Cassazione, correttamente, accoglie il ricorso e annulla la sentenza di merito, rinviando ad altro giudice di pace la trattazione della causa e il relativo pronunciamento.

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