martedì 23 dicembre 2008

L'IRAP ed i piccoli professionisti


Irap piccoli professionisti
S. Bottero (Approfondimento 17/10/2008)

La scintilla che ha determinato la presentazione di numerosi ricorsi è stata la sentenza della Corte Costituzionale 21 maggio 2001, n. 156 in cui i giudici considerarono legittimo l'assoggettamento all'IRAP di ogni tipo di attività autonomamente organizzata sia imprenditoriale sia professionale, ma allo stesso tempo evidenziarono la possibilità di attività di lavoro autonomo prive di organizzazione e, quindi, probabili escluse dall'applicazione del tributo.In sostanza, la Corte Costituzionale ha dato il via alla presentazione dei ricorsi da parte di tutti i lavoratori autonomi non operanti tramite una stabile organizzazione.L'Amministrazione finanziaria ha sempre sostenuto in giudizio che l'organizzazione è un elemento presente in ogni attività imprenditoriale o professionale. Nell'ultimo periodo, però, l'Agenzia delle Entrate ha dovuto prendere atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E.
Un po' di storia: le tre tesiLa Corte di Cassazione, con la sentenza 7 marzo 2007, n. 3676, ha fornito una ricostruzione puntuale delle tre tesi in merito all'ambito di applicazione dell'IRAP.Secondo la tesi, sostenuta dagli esercenti arti e professioni, essi non sono soggetti passivi di imposta data la prevalenza dell'aspetto professionale su quello organizzativo. L'intuitus personae, ovvero l'importanza del professionista e della sua opera professionale, è talmente rilevante da non consentire allo studio di avere un going concern indipendente nonostante la presenza di un'organizzazione. L'IRAP, pertanto, in base a questo orientamento, non è dovuta.A tale interpretazione, si contrappone la tesi dell'Agenzia delle Entrate secondo cui coloro che svolgono un'arte o una professione, ai sensi dell'art. 49, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.), sono sempre e comunque soggetti passivi di imposta, nonostante il legislatore abbia inserito l'espressione "autonomamente organizzata" nell'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell'IRAP. L'inserimento, appena citato, infatti sarebbe solo una conferma di ciò che era già desumibile dalla norma originaria ovvero che sono soggette all'IRAP tutte le attività gestite in proprio e non sotto la direzione o all'interno di una struttura altrui. Per l'Agenzia delle Entrate, quindi, rientrano tra i soggetti obbligati al versamento del tributo tutti i titolari di partita IVA, esclusi i co.co.co. e gli occasionali.Tra i due orientamenti, appena esposti, la Corte di Cassazione ha adottato, come già anticipato, una via intermedia, sostenendo che la risposta deve ricercarsi nel concreto dello svolgimento dell'attività professionale, verificando se il professionista si giovi o meno di un supporto organizzativo.Pertanto, secondo la Corte Suprema, l'espressione "autonoma organizzazione", aggiunta dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 137/1998 all'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, non è ininfluente.L'autonoma organizzazione non esisterebbe per il solo svolgimento di un'attività artistica o professionale, ma bensì per l'esistenza di un apparato distinto dal professionista e composto da beni strumentali e lavoro altrui.Quindi, per la Corte di Cassazione, ad esempio nel caso del medico-pediatra trattato con la pronuncia 16 febbraio 2007, n. 3674, è errato quanto asserito dalla Commissione Tributaria Regionale, ovvero che l'elemento organizzativo viene meno quando l'opera del professionista sia prevalente su capitali e lavoro altrui. Tale ipotesi, infatti, comporterebbe nella maggior parte dei casi la non applicazione dell'IRAP data la tradizionale struttura delle attività professionali costituite in Italia.
Gli elementi da verificareL'esclusione dall'IRAP, secondo i giudici della Corte di Cassazione, non sarebbe giustificata dalla prevalenza della struttura rispetto al lavoro del titolare, ma bensì dalla mancanza di un insieme di fattori generatori di una condizione più favorevole per il professionista.In sostanza, ogni giudice di merito deve valutare caso per caso con un mero accertamento di fatto, cercando di individuare l'eventuale "surplus" che crea valore aggiunto rispetto alla sola attività intellettuale.Due sono gli elementi qualificanti secondo la Corte di Cassazione affinché ci sia un'autonoma organizzazione:· la responsabilità dell'organizzazione;· la presenza di una struttura, composta da uomini e da mezzi, operante al servizio del professionista.La mancanza o la carenza di questi fattori, che il contribuente deve dimostrare, determina l'inapplicabilità dell'IRAP.Sul punto, la Corte di Cassazione, con la sentenza 16 febbraio 2007, n. 3678, afferma che "è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista nelle incombenze ordinarie ad essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività autoorganizzata del solo lavoro personale". Inoltre, la sentenza n. 3678/2007 contiene indicazioni per il giudice di merito che deve verificare il quadro RE del modello Unico in cui si determina il reddito di lavoro autonomo ai fini IRPEF, focalizzando la propria attenzione sulla composizione dei costi (righi da 16 a 18).In particolare, le voci di maggiore interesse al fine di valutare l'applicabilità o meno dell'IRAP sono le quote di ammortamento dei beni strumentali, i canoni di locazione finanziaria e non, le spese relative agli immobili, le spese per prestazioni di lavoro dipendente, per le collaborazioni e i compensi elargiti a terzi e gli interessi passivi.Nel caso in cui il giudice, con una valutazione sia logica sia socio-economica, non rilevi la presenza di dipendenti e/o collaboratori o l'impiego di beni strumentali oltre quelli indispensabili alla professione, quali ad esempio il pc o il lettino per le visite, sarà possibile dichiarare l'assenza di una struttura organizzativa e produttiva tassabile ai fini IRAP.
La circolare n. 45/E/2008L'Agenzia delle Entrate con la circolare 13 giugno 2008, n. 45/E ha affermato che, preso atto dell'ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, non è ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa dell'assoggettamento generalizzato all'IRAP degli esercenti arti e professioni. Tale intervento dell'Amministrazione finanziaria, che rappresenta sicuramente un passo avanti a favore del contribuente, si aggiunge alle indicazioni rinvenibili nella circolare del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili 5 giugno 2008, n. 2/IR e nella risposta all'Interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072.Nonostante questi primi segnali positivi oltre alle sentenze della Suprema Corte, l'Agenzia delle Entrate non ha inserito limiti "numerici" così da consentire un'identificazione oggettiva dei professionisti per i quali l'IRAP non è dovuta, ma ha analizzato alcuni concetti.In particolare, nella circolare, l'Agenzia afferma che, ai fini dell'esistenza dell'autonoma organizzazione:· rileva la disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo per lo svolgimento dell'attività, anche qualora non siano acquisiti direttamente, ma da terzi a qualunque titolo;· i beni strumentali, così come indicati, rilevano anche quando il loro costo è stato interamente dedotto.Il test sui beni strumentali è da considerare superato, ai fini della non assoggettabilità all'IRAP, se il professionista ha i requisiti per l'adesione ai regimi dei minimi.Ovviamente, è escluso da IRAP il professionista che ha anche gli altri requisiti previsti dal citato regime, quali per esempio la mancanza di spese sostenute per lavoro dipendente o per collaboratori.Una prima base di valutazione è, pertanto, il regime dei contribuenti minimi. Al di fuori di questa ipotesi, è necessario valutare caso per caso. Per quanto riguarda la fattispecie in esame, pur mancando indicazioni puntuali, è plausibile ritenere che il professionista sia escluso dall'applicazione dell'IRAP in quanto il fatto di lavorare presso terzi senza una propria struttura rappresenta una condizione oggettiva difficilmente contestabile.
Riferimenti normativi- D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49- Agenzia delle Entrate, Circolare 13 giugno 2008, n. 45/E- Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Circolare 5 giugno 2008, n. 2/IR- Risposta all'interrogazione parlamentare 4 giugno 2008, n. 5-00072- Corte di Cassazione, sentenza 7 marzo 2007, n. 5258- Corte di Cassazione, sentenze 16 febbraio 2007, dalla n. 3672 alla n. 3682- Corte Costituzionale, sentenza 10 aprile 2002, n. 103- Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 2001, n. 286- Corte Costituzionale, sentenza 21 maggio 2001, n. 156

Simone Bottero
Dottore Commercialista, Revisore Contabile e Pubblicista in Milano

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