Appalti: illegittima l'esclusione dalla gara dell'impresa che non sia costituita sotto forma di società di capitali (Cons. Stato, n. 4242/2008)
R. Corapi (Nota a sentenza 12/12/2008)
Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4242
Non può essere vietata la partecipazione alle gare di appalto per la gestione dei servizi pubblici locali ai soggetti costituiti in forma diversa dalla società di capitali, in quanto una disposizione del genere deve ritenersi contraria alle prescrizioni del diritto comunitario. Lo ha chiarito la quinta sezione del Consiglio di stato con la sentenza n. 4242 dell'8 settembre 2008. La fattispecie in esame riguardava il ricorso presentato da un'impresa avverso il provvedimento con cui un'amministrazione comunale l'aveva esclusa dalla procedura di gara per l'affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, sul presupposto che la stessa, in quanto costituita con la forma giuridica della società in nome collettivo, non fosse abilitata a partecipare alle gare per il cui accesso l'art. 113 del Testo Unico degli enti locali prescrive la forma della società di capitali. A seguito della sentenza di rigetto ottenuta in primo grado, la società decideva di proporre appello, deducendo la violazione dell'art. 113 del Tuel, la violazione della direttiva comunitaria n. 75/442/CEE e l'eccesso di potere per difetto di istruttoria. Dopo aver esaminato la questione i giudici della quinta sezione del Consiglio di stato hanno però deciso di accogliere il primo motivo di appello, rigettando gli altri. Il collegio ha infatti spiegato che il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso richiamandosi alla prevalente interpretazione dell'art. 113 del Testo unico degli enti locali, approvato con il d.lgs. n. 267/2000, che prevede il conferimento della titolarità di servizi pubblici locali esclusivamente alle società di capitali e esclude che le società in nome collettivo siano abilitate a ottenere l'affidamento di tali servizi. Nelle more dell'appello era però sopravvenuta la sentenza n. 357 del 18 dicembre 2007 della Corte di giustizia, alla quale il Giudice nazionale è tenuto ad attenersi, e secondo cui, diversamente da quanto in precedenza affermato, alle gare di appalto per l'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali deve poter concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali. In tale sentenza la Corte Ue ha infatti stabilito che l'art. 26, n. 1 e 2, della direttiva del Consiglio n. 92/50/Ce osta all'applicazione di alcune disposizioni nazionali italiane, come quelle costituite dagli art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, art. 198, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 e art. 2, comma 6, della legge regionale Lombardia n. 26/2003, che impediscono agli operatori economici di partecipare agli appalti pubblici ove non rivestano la forma giuridica della società di capitali.In questi casi, come evidenziato dalla quinta sezione del Consiglio di stato, quando una norma interna risulti contraria al diritto comunitario, il giudice nazionale è obbligato a fornire un'interpretazione e un'applicazione della stessa conforme alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora ciò non sia possibile, a disapplicare ogni disposizione contraria a tali prescrizioni. In ragione di tali considerazioni bisogna dunque ritenere che il discrimine della forma societaria non operi nei riguardi dell'impresa partecipante a una gara quando la stessa concerna la gestione di un servizio al cui affidamento può concorrere qualsivoglia soggetto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali.
Dott.ssa Rossella Corapircorapi@studiolegaledirago.it