giovedì 16 aprile 2009

News dalla Suprema Corte

Nel caso di alienazione immobiliare con garanzia di redditività si applica non l'art. 1468 c.c. (contratto con obbligazioni di una sola parte) bensì l'art. 1467 c.c. (contratto con prestazioni corrispettive)


SENTENZA N. 7225 DEL 25 MARZO 2009



ALIENAZIONE IMMOBILIARE CON GARANZIA DI REDDITIVITA’ – CONTRATTO SINALLAGMATICO – APPLICABILITA’ DELL’ART. 1467 COD. CIV.

L'atipicità della causa di un contratto di alienazione immobiliare determinata dall'assunzione della garanzia di redditività del bene costituente l'oggetto non esclude la corrispettività tra le prestazioni a carico delle parti e la conseguente operatività, nel caso di eccessiva onerosità, anziché del disposto dell'art. 1468 cod. civ., dettato in tema di obbligazioni di una sola parte, di quello previsto dall'art. 1467, primo e terzo comma, cod. civ., secondo cui è attribuito alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa per avvenimenti straordinari e imprevedibili unicamente il potere di chiedere la risoluzione del contratto e soltanto alla parte, contro la quale è domandata la risoluzione, quello di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Sentenza 25 marzo 2009, n. 7225.
(Sezione Seconda Civile, Presidente L. A. Rovelli, Relatore M. Oddo)

News dalla Suprema Corte

Nel caso di alienazione immobiliare con garanzia di redditività si applica non l'art. 1468 c.c. (contratto con obbligazioni di una sola parte) bensì l'art. 1467 c.c. (contratto con prestazioni corrispettive)


SENTENZA N. 7225 DEL 25 MARZO 2009



ALIENAZIONE IMMOBILIARE CON GARANZIA DI REDDITIVITA’ – CONTRATTO SINALLAGMATICO – APPLICABILITA’ DELL’ART. 1467 COD. CIV.

L'atipicità della causa di un contratto di alienazione immobiliare determinata dall'assunzione della garanzia di redditività del bene costituente l'oggetto non esclude la corrispettività tra le prestazioni a carico delle parti e la conseguente operatività, nel caso di eccessiva onerosità, anziché del disposto dell'art. 1468 cod. civ., dettato in tema di obbligazioni di una sola parte, di quello previsto dall'art. 1467, primo e terzo comma, cod. civ., secondo cui è attribuito alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa per avvenimenti straordinari e imprevedibili unicamente il potere di chiedere la risoluzione del contratto e soltanto alla parte, contro la quale è domandata la risoluzione, quello di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Sentenza 25 marzo 2009, n. 7225.
(Sezione Seconda Civile, Presidente L. A. Rovelli, Relatore M. Oddo)

sabato 11 aprile 2009

Caduta dalle scale bagnate: il custode non risarcisce il danno se il pericolo era evidente

16/03/2009)
Se cadi sulle scale bagnate del condominio il custode non risarcisce il danno sofferto se il pericolo era evidente
Avv. Valter Marchetti
Cass. civ., Sez. III, sentenza 19 giugno 2008, n. 16607
Il fatto ed i giudizi di primo e secondo grado. Una signora era scivolata nell'atrio dell'edificio codominiale a causa della cera applicata dal custode dello stabile, combinata con l’acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini. La stessa conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Condominio milanese per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da essa patiti ai sensi dell'art. 2051 cc, quale custode delle parti comuni dell'edificio o, in subordine, ai sensi dell'art. 2043 CC. Il Condominio si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.Il Tribunale adito rigettava le domande e, dopo la proposizione da parte della signora dell'appello, resistito dall'appellato, che a sua volta spiegava appello incidentale relativamente alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio, la Corte di appello di Milano, rigettava entrambi gli appelli, con la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado di giudizio; avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la signora. La Cassazione.I giudici della Cassazione nella sentenza in esame riaffermano il principio, più volte espresso in sede di legittimità, secondo cui la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è esclusa soltanto quando il danno sia eziologicamente riconducibile non alla cosa, ma al fortuito senza che rilevi che questo sia costituito da un comportamento umano, nel fatto cioè dello stesso danneggiato o di un terzo.La signora T., in punto di fatto della sentenza di secondo grado così come richiamata dai giudici della Cassazione, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi; siamo, quindi, in presenza di un accertamento in punto di fatto, che, sorretto com'è da congrua e coerente motivazione, deve ritenersi sottratto ad ogni sindacato sul piano di legittimità. Questo il ragionamento della Corte di Cassazione.Né può sostenersi che i giudici di merito si siano sottratti all'onere di motivazione sul punto decisivo che l'accertata condotta negligente e disattenta della ricorrente sia stata l’esclusiva causa della sua scivolata sul pavimento, atteso che le argomentate considerazioni su detto comportamento, sopra richiamate, hanno correttamente evidenziato che l’evento dannoso era stato cagionato esclusivamente da caso fortuito (nella specie rappresentato da un fatto imputabile alla stessa persona danneggiata), che per sua intrinseca natura risulta idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno (v. Cass. 17.1.2001, n. 584).Accertato, anche in via di fatto, che l’evento lesivo sia stato cagionato esclusivamente dal comportamento della danneggiata, giustamente la Corte di merito ha escluso che possa trovare applicazione la responsabilità oggettive del custode ex art. 2051 cc, che presuppone invece la diversa ipotesi dei danni cagionati dal la cosa in custodia per la sua intrinseca natura ovvero per l’insorgenza in essa di fattori, dannosi.Ed invero, ad avviso dei giudici di legittimità, la scivolosità del pavimento è stata congruamente valutata dai giudici di merito, che hanno però motivatamente ritenuto che la conseguente scivolata della ricorrente sia dipesa esclusivamente dalla condotta negligente della medesima, con inevitabile interruzione del nesso causale tra la cosa custodita ed il danno patito.La sentenza impugnata ha escluso nella fattispecie la possibilità di applicazione dell'art. 1227 primo comma c.c. che, presupponendo l’individuazione di un fatto colposo ascrivibile - in termini di responsabilità aquilana - al creditore, non può applicarsi nel caso in esame, nel quale con decisione ormai passata in giudicato è stata esclusa la responsabilità extracontrattuale del condominio, e dunque la relativa responsabilità. Inoltre la Corte di merito ha specificamente individuato il comportamento ascritto alla T.A. a titolo di colpa che abbia cagionato in via esclusiva il danno dalla medesima patito, precisando che il mancato uso, da parte della danneggiata, della normale diligenza era consistito nell'avere alzato il piede sinistro sul primo gradino prima ancora di assicurarsi la presa al corrimani delle scale.È evidente, quindi, che la Corte di merito ha attribuito alla T.A. un preciso comportamento, valutato come colposo nel contesto delle accertate condizioni di fatto del momento (pavimento che presentava una situazione di percepibile possibile scivolosità) ed idoneo a cagionare in via esclusiva il danno lamentato, e che tale comportamento non può certamente risolversi in un mero "atteggiamento mentale" della T.A. medesima, come quest'ultima pretenderebbe.Sul punto in questione la Corte di Cassazione riscontra una valida ed insindacabile motivazione della sentenza di secondo grado, la quale ha adeguatamente spiegato quale avrebbe dovuto essere lo specifico comportamento che la ricorrente avrebbe dovuto tenere per evitare il danno, e cioè quello di sorreggersi al corrimani delle scale prima di iniziarne la salita.
Valter Marchetti, Foro di Savona

Caduta dalle scale bagnate: il custode non risarcisce il danno se il pericolo era evidente

16/03/2009)
Se cadi sulle scale bagnate del condominio il custode non risarcisce il danno sofferto se il pericolo era evidente
Avv. Valter Marchetti
Cass. civ., Sez. III, sentenza 19 giugno 2008, n. 16607
Il fatto ed i giudizi di primo e secondo grado. Una signora era scivolata nell'atrio dell'edificio codominiale a causa della cera applicata dal custode dello stabile, combinata con l’acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini. La stessa conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Condominio milanese per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da essa patiti ai sensi dell'art. 2051 cc, quale custode delle parti comuni dell'edificio o, in subordine, ai sensi dell'art. 2043 CC. Il Condominio si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.Il Tribunale adito rigettava le domande e, dopo la proposizione da parte della signora dell'appello, resistito dall'appellato, che a sua volta spiegava appello incidentale relativamente alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio, la Corte di appello di Milano, rigettava entrambi gli appelli, con la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado di giudizio; avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la signora. La Cassazione.I giudici della Cassazione nella sentenza in esame riaffermano il principio, più volte espresso in sede di legittimità, secondo cui la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è esclusa soltanto quando il danno sia eziologicamente riconducibile non alla cosa, ma al fortuito senza che rilevi che questo sia costituito da un comportamento umano, nel fatto cioè dello stesso danneggiato o di un terzo.La signora T., in punto di fatto della sentenza di secondo grado così come richiamata dai giudici della Cassazione, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi; siamo, quindi, in presenza di un accertamento in punto di fatto, che, sorretto com'è da congrua e coerente motivazione, deve ritenersi sottratto ad ogni sindacato sul piano di legittimità. Questo il ragionamento della Corte di Cassazione.Né può sostenersi che i giudici di merito si siano sottratti all'onere di motivazione sul punto decisivo che l'accertata condotta negligente e disattenta della ricorrente sia stata l’esclusiva causa della sua scivolata sul pavimento, atteso che le argomentate considerazioni su detto comportamento, sopra richiamate, hanno correttamente evidenziato che l’evento dannoso era stato cagionato esclusivamente da caso fortuito (nella specie rappresentato da un fatto imputabile alla stessa persona danneggiata), che per sua intrinseca natura risulta idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno (v. Cass. 17.1.2001, n. 584).Accertato, anche in via di fatto, che l’evento lesivo sia stato cagionato esclusivamente dal comportamento della danneggiata, giustamente la Corte di merito ha escluso che possa trovare applicazione la responsabilità oggettive del custode ex art. 2051 cc, che presuppone invece la diversa ipotesi dei danni cagionati dal la cosa in custodia per la sua intrinseca natura ovvero per l’insorgenza in essa di fattori, dannosi.Ed invero, ad avviso dei giudici di legittimità, la scivolosità del pavimento è stata congruamente valutata dai giudici di merito, che hanno però motivatamente ritenuto che la conseguente scivolata della ricorrente sia dipesa esclusivamente dalla condotta negligente della medesima, con inevitabile interruzione del nesso causale tra la cosa custodita ed il danno patito.La sentenza impugnata ha escluso nella fattispecie la possibilità di applicazione dell'art. 1227 primo comma c.c. che, presupponendo l’individuazione di un fatto colposo ascrivibile - in termini di responsabilità aquilana - al creditore, non può applicarsi nel caso in esame, nel quale con decisione ormai passata in giudicato è stata esclusa la responsabilità extracontrattuale del condominio, e dunque la relativa responsabilità. Inoltre la Corte di merito ha specificamente individuato il comportamento ascritto alla T.A. a titolo di colpa che abbia cagionato in via esclusiva il danno dalla medesima patito, precisando che il mancato uso, da parte della danneggiata, della normale diligenza era consistito nell'avere alzato il piede sinistro sul primo gradino prima ancora di assicurarsi la presa al corrimani delle scale.È evidente, quindi, che la Corte di merito ha attribuito alla T.A. un preciso comportamento, valutato come colposo nel contesto delle accertate condizioni di fatto del momento (pavimento che presentava una situazione di percepibile possibile scivolosità) ed idoneo a cagionare in via esclusiva il danno lamentato, e che tale comportamento non può certamente risolversi in un mero "atteggiamento mentale" della T.A. medesima, come quest'ultima pretenderebbe.Sul punto in questione la Corte di Cassazione riscontra una valida ed insindacabile motivazione della sentenza di secondo grado, la quale ha adeguatamente spiegato quale avrebbe dovuto essere lo specifico comportamento che la ricorrente avrebbe dovuto tenere per evitare il danno, e cioè quello di sorreggersi al corrimani delle scale prima di iniziarne la salita.
Valter Marchetti, Foro di Savona

residenza anagrafica e agevolazioni prima casa

(09/04/2009)
La residenza anagrafica del contribuente costituisce requisito indispensabile per usufruire delle agevolazioni prima casa
Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, sentenza del 16 aprile 2008, n. 9949
il contribuente non ha diritto al beneficio delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa quando, pur essendosi già trasferito nell’immobile comperato, non risulta ancora all’anagrafe come residente. Sella sentenza della Cassazione 9949/2008, si legge: "il tenore letterale della disposizione contenuta nell’art. 2, D.L. n. 12/1985, in tema di agevolazioni per l’acquisto della c.d. prima casa induce a ritenere insufficiente la circostanza che l’acquirente abbia trasferito la propria residenza nell’immobile compravenduto laddove detta modificazione non sia recepita presso l’ufficio dell’anagrafe. Conseguentemente, è irrilevante alla data dell’acquisto la residenza di fatto difforme da quella fatta constare dall’esame delle iscrizioni all’anagrafe della popolazione residente".

residenza anagrafica e agevolazioni prima casa

(09/04/2009)
La residenza anagrafica del contribuente costituisce requisito indispensabile per usufruire delle agevolazioni prima casa
Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, sentenza del 16 aprile 2008, n. 9949
il contribuente non ha diritto al beneficio delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa quando, pur essendosi già trasferito nell’immobile comperato, non risulta ancora all’anagrafe come residente. Sella sentenza della Cassazione 9949/2008, si legge: "il tenore letterale della disposizione contenuta nell’art. 2, D.L. n. 12/1985, in tema di agevolazioni per l’acquisto della c.d. prima casa induce a ritenere insufficiente la circostanza che l’acquirente abbia trasferito la propria residenza nell’immobile compravenduto laddove detta modificazione non sia recepita presso l’ufficio dell’anagrafe. Conseguentemente, è irrilevante alla data dell’acquisto la residenza di fatto difforme da quella fatta constare dall’esame delle iscrizioni all’anagrafe della popolazione residente".

venerdì 10 aprile 2009

Infiltrazioni causate da terrazzo a livello deteriorato: la responsabilità segue l'art. 1126 c.c.

(07/04/2009)
Risarcimento danni, infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione
Cassazione, civ. Sez. III, del 12 dicembre 2008 n. 29212
In tema di condominio, la terrazza a livello, anche se di proprietà o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve anche alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che a norma dell'art. 1126 c.c., alla manutenzione della terrazza a livello sono tenuti, a norma della stessa disposizione, tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, dei danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art. 1126 c.c.. Ulteriore conseguenza è che la domanda di risarcimento dei danni è proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza

Infiltrazioni causate da terrazzo a livello deteriorato: la responsabilità segue l'art. 1126 c.c.

(07/04/2009)
Risarcimento danni, infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione
Cassazione, civ. Sez. III, del 12 dicembre 2008 n. 29212
In tema di condominio, la terrazza a livello, anche se di proprietà o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve anche alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che a norma dell'art. 1126 c.c., alla manutenzione della terrazza a livello sono tenuti, a norma della stessa disposizione, tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, dei danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art. 1126 c.c.. Ulteriore conseguenza è che la domanda di risarcimento dei danni è proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza

L'indennità per i miglioramenti spetta esclusivamente se c'è il consenso del locatore


(06/04/2009)
Nessuna indennità per i miglioramenti effettuati dal conduttore senza il consenso del locatore
Cassazione Civile, Sezione III, sentenza del 30 gennaio 2009 n. 2494
Il diritto del conduttore all'indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ex art 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore. Il consenso, il quale importa una valutazione sia riguardo all'opportunità che alla convenienza delle opere stesse, non può essere considerato implicito o desumersi da atti di tolleranza, ma deve risultare da una manifestazione esplicita ed inequivoca di volontà, senza la quale deve ritenersi applicabile il principio secondo cui il conduttore non ha diritto all'indennità per i miglioramenti apportati al bene oggetto di locazione senza il consenso del locatore. Con la recente pronuncia, la Suprema Corte, in ottemperanza ad un forte orientamento giurisprudenziale, ribadisce che il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità per i miglioramenti effettuati dallo stesso conduttore senza il consenso del locatore. E, si badi bene, detto consenso non può essere manifestato per mera tolleranza o accettazione o non opposizione, bensì in modo esplicito o per facta concludentia o anche con un comportamento incompatibile ad un contrario proposito. Non sussistendo il consenso reso esplicito nelle succitate ultime modalità, il conduttore non può vantare alcun diritto all'indennizzo ex art 1592 c.c., indennizzo che peraltro corrisponde alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del miglioramento al momento della consegna.Il principio espresso dalla Cassazione nella sopra indicata sentenza, infine, deve essere applicato a maggior ragione, come peraltro accade sovente nella pratica quotidiana, nell'ipotesi in cui i contraenti hanno previsto nel contratto di locazione che nessuna opera può essere effettuata senza l'autorizzazione del locatore.
Avv. Luigi Modaffari

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...