Interessi legali ridotti all'1% a partire dal 1° gennaio 2010
Decreto Ministero Economia e finanze 04.12.2009, G.U. 15.12.2009
Interessi legali all'1% in ragione d’anno a partire dal 1° gennaio 2010.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15.12.2009 il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 dicembre 2009, che modifica la misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile.
(Altalex, 16 dicembre 2009. Vedi anche la Tabella del saggio di interesse legale dal 1942 ad oggi)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 4 dicembre 2009
Modifica del saggio di interesse legale. (09A14939)
(GU n. 291 del 15-12-2009)
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «misure di razionalizzazione della finanza pubblica» che, nel fissare al 5 per cento il saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284, comma 1, del codice civile, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare detta misura sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno;
Visto il proprio decreto ministeriale 12 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2007, con il quale la misura del tasso di interesse legale e' stata fissata al 3 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008
Visto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia); Tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli di Stato e del tasso d'inflazione annuo registrato;
Decreta:
Art. 1
La misura del saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284 del codice civile e' fissata all'1% in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 4 dicembre 2009
Il Ministro: Tremonti
Blog di diritto e poesia. Il diritto è quella scienza che aiuta a comporre i bisogni dell'uomo nelle relazioni interpersonali. la poesia è quell'arte che, comunicando con parole scritte, aiuta a conoscersi nel profondo.
venerdì 25 dicembre 2009
Saggio d'Interesse. dal 1° gennaio è all'1%
Interessi legali ridotti all'1% a partire dal 1° gennaio 2010
Decreto Ministero Economia e finanze 04.12.2009, G.U. 15.12.2009
Interessi legali all'1% in ragione d’anno a partire dal 1° gennaio 2010.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15.12.2009 il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 dicembre 2009, che modifica la misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile.
(Altalex, 16 dicembre 2009. Vedi anche la Tabella del saggio di interesse legale dal 1942 ad oggi)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 4 dicembre 2009
Modifica del saggio di interesse legale. (09A14939)
(GU n. 291 del 15-12-2009)
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «misure di razionalizzazione della finanza pubblica» che, nel fissare al 5 per cento il saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284, comma 1, del codice civile, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare detta misura sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno;
Visto il proprio decreto ministeriale 12 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2007, con il quale la misura del tasso di interesse legale e' stata fissata al 3 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008
Visto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia); Tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli di Stato e del tasso d'inflazione annuo registrato;
Decreta:
Art. 1
La misura del saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284 del codice civile e' fissata all'1% in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 4 dicembre 2009
Il Ministro: Tremonti
Decreto Ministero Economia e finanze 04.12.2009, G.U. 15.12.2009
Interessi legali all'1% in ragione d’anno a partire dal 1° gennaio 2010.
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15.12.2009 il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 dicembre 2009, che modifica la misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile.
(Altalex, 16 dicembre 2009. Vedi anche la Tabella del saggio di interesse legale dal 1942 ad oggi)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 4 dicembre 2009
Modifica del saggio di interesse legale. (09A14939)
(GU n. 291 del 15-12-2009)
IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «misure di razionalizzazione della finanza pubblica» che, nel fissare al 5 per cento il saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284, comma 1, del codice civile, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare detta misura sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno;
Visto il proprio decreto ministeriale 12 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2007, con il quale la misura del tasso di interesse legale e' stata fissata al 3 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008
Visto il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia); Tenuto conto del rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli di Stato e del tasso d'inflazione annuo registrato;
Decreta:
Art. 1
La misura del saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284 del codice civile e' fissata all'1% in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2010.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 4 dicembre 2009
Il Ministro: Tremonti
Il Decreto Salvaleggi ...........
Decreto salva-leggi: la normativa anteriore al 1970 che rimane in vigore
Decreto legislativo 01.12.2009 n° 179 , G.U. 14.12.2009
Sono state individuate le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali è indispensabile la permanenza in vigore a norma dell'articolo 14, Legge 28 novembre 2005, n. 246.
Lo prevede il Decreto Legislativo 1 dicembre 2009, n. 179 (c.d. decreto "salva-leggi") pubblicato in Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 2009, n. 291.
In particolare il provvedimento ha individuato come indispensabili al funzionamento della macchina statale 2.400 leggi salvandole dal taglio previsto dagli interventi di semplificazione normativa previsti dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 e dal Decreto Legge 22 dicembre 2008, n. 200.
Con gli interventi legislativi di semplificazione sono state abrogate complessivamente circa 39 mila leggi, portando il totale delle leggi attualmente in vigore a poco più di 11 mila.
(Altalex, 18 dicembre 2009)
salvaleggi
DECRETO LEGISLATIVO 1 dicembre 2009, n. 179
Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246. (09G0187)
(GU n. 290 del 14-12-2009 - Suppl. Ordinario n. 234)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Vista la legge 28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005, e successive modificazioni;
Visto il decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 febbraio 2009, n. 9;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 giugno 2009;
Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in data 29 ottobre 2009, n. 43;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 14 luglio 2009;
Acquisito il parere espresso dalla Commissione parlamentare per la semplificazione in data 4 novembre 2009;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 novembre 2009;
Sulla proposta del Ministro per la semplificazione normativa;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Ambito di applicazione e definizioni
1. Ai fini e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, nell'Allegato 1 del presente decreto legislativo sono individuate le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali e' indispensabile la permanenza in vigore.
2. Sono sottratte all'effetto abrogativo di cui all'articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9, le disposizioni indicate nell'Allegato 2 al presente decreto legislativo, che permangono in vigore anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni.
3. Ai fini del presente decreto legislativo:
a) per «disposizioni legislative statali» si intendono tutte le disposizioni comprese in ogni singolo atto normativo statale con valore di legge indicato negli Allegati 1 e 2, con effetto limitato a singole disposizioni solo nei casi espressamente specificati;
b) per «pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970» si intendono tutte le disposizioni, contenute in atti legislativi statali, la cui pubblicazione, secondo le norme vigenti in materia di pubblicazione all'epoca di ciascun atto, e' avvenuta a far data dal 17 marzo 1861 fino a tutto il 31 dicembre 1969;
c) per «anche se modificate con provvedimenti successivi» si intende che sono compresi anche gli atti legislativi statali che abbiano subito qualsiasi modifica anche dopo il 31 dicembre 1969;
d) per «permanenza in vigore» si intende che restano in vigore le disposizioni legislative statali, indicate negli Allegati 1 e 2, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, in base agli atti normativi che le hanno introdotte a suo tempo nell'ordinamento e alle eventuali successive modificazioni anteriori alla stessa data, anche ai sensi dell'articolo 15 delle disposizioni preliminari al codice civile.
4. Le disposizioni legislative emanate ai sensi degli articoli 7, secondo comma, 8, terzo comma, e 116, primo comma, della Costituzione sono comunque escluse dall'effetto abrogativo di cui all'articolo 14, comma 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni.
5. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 1° dicembre 2009.
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Calderoli, Ministro per la semplificazione normativa
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Il Decreto Salvaleggi ...........
Decreto salva-leggi: la normativa anteriore al 1970 che rimane in vigore
Decreto legislativo 01.12.2009 n° 179 , G.U. 14.12.2009
Sono state individuate le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali è indispensabile la permanenza in vigore a norma dell'articolo 14, Legge 28 novembre 2005, n. 246.
Lo prevede il Decreto Legislativo 1 dicembre 2009, n. 179 (c.d. decreto "salva-leggi") pubblicato in Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 2009, n. 291.
In particolare il provvedimento ha individuato come indispensabili al funzionamento della macchina statale 2.400 leggi salvandole dal taglio previsto dagli interventi di semplificazione normativa previsti dal Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 e dal Decreto Legge 22 dicembre 2008, n. 200.
Con gli interventi legislativi di semplificazione sono state abrogate complessivamente circa 39 mila leggi, portando il totale delle leggi attualmente in vigore a poco più di 11 mila.
(Altalex, 18 dicembre 2009)
salvaleggi
DECRETO LEGISLATIVO 1 dicembre 2009, n. 179
Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246. (09G0187)
(GU n. 290 del 14-12-2009 - Suppl. Ordinario n. 234)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Vista la legge 28 novembre 2005, n. 246, recante semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005, e successive modificazioni;
Visto il decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 febbraio 2009, n. 9;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 giugno 2009;
Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in data 29 ottobre 2009, n. 43;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 14 luglio 2009;
Acquisito il parere espresso dalla Commissione parlamentare per la semplificazione in data 4 novembre 2009;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 novembre 2009;
Sulla proposta del Ministro per la semplificazione normativa;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1
Ambito di applicazione e definizioni
1. Ai fini e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, nell'Allegato 1 del presente decreto legislativo sono individuate le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali e' indispensabile la permanenza in vigore.
2. Sono sottratte all'effetto abrogativo di cui all'articolo 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9, le disposizioni indicate nell'Allegato 2 al presente decreto legislativo, che permangono in vigore anche ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14, commi 14, 14-bis e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni.
3. Ai fini del presente decreto legislativo:
a) per «disposizioni legislative statali» si intendono tutte le disposizioni comprese in ogni singolo atto normativo statale con valore di legge indicato negli Allegati 1 e 2, con effetto limitato a singole disposizioni solo nei casi espressamente specificati;
b) per «pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970» si intendono tutte le disposizioni, contenute in atti legislativi statali, la cui pubblicazione, secondo le norme vigenti in materia di pubblicazione all'epoca di ciascun atto, e' avvenuta a far data dal 17 marzo 1861 fino a tutto il 31 dicembre 1969;
c) per «anche se modificate con provvedimenti successivi» si intende che sono compresi anche gli atti legislativi statali che abbiano subito qualsiasi modifica anche dopo il 31 dicembre 1969;
d) per «permanenza in vigore» si intende che restano in vigore le disposizioni legislative statali, indicate negli Allegati 1 e 2, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, in base agli atti normativi che le hanno introdotte a suo tempo nell'ordinamento e alle eventuali successive modificazioni anteriori alla stessa data, anche ai sensi dell'articolo 15 delle disposizioni preliminari al codice civile.
4. Le disposizioni legislative emanate ai sensi degli articoli 7, secondo comma, 8, terzo comma, e 116, primo comma, della Costituzione sono comunque escluse dall'effetto abrogativo di cui all'articolo 14, comma 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni.
5. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 1° dicembre 2009.
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Calderoli, Ministro per la semplificazione normativa
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Copia per uso privato: news da Milano
Tribunale di Milano, sez. specializzata, n. 8787 del 14 maggio 2009 - (259)
Diritto d'autore, Dvd, copia privata,divieto
La copia sprotetta costituisce un pregiudizio per il titolare dei diritti d'autore.
"Nel quadro delle concrete possibilità offerte dalla tecnica – quantomeno all’epoca dell’acquisto del DVD da parte dell’ attore -l’apposizione di una misura tecnologica di protezione impeditiva di qualsiasi possibilità di riproduzione dell’opera non può dunque essere ritenuta illegittima, posto che l’alternativa di una libera riproducibilità dell’ opera stessa che avrebbe soddisfatto la possibilità di eseguire anche la copia privata – avrebbe determinato proprio quell’obbiettivo contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera, nonchè un ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti di utilizzazione economica dell’opera che escludono – a mente del più volte menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. – l’esercizio del diritto di copia privata."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale
nella seguente composizione:
dott. Stefano Rosa pres.
dott. Domenico Bonaretti giud.
dott. Claudio Marangoni giud. rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta n. 50121 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2006 vertente TRA
TIZIO elett. dom.to.to in Milano, Viale Premuda 21, presso lo studio dei procuratori avv. Ferdinando CIONTI e Lorenzo CIONTI che lo rappresentano e difendono; – attore
UNIVERSAL PICTURES ITALIA s. r .l., in persona del legale rappr. pro tempore elett. dom.ta in Milano, Via Visconti di Modrone 2, presso lo studio dei procuratori avv. Giorgio MONDINI e Giacomo BONELLI che la rappresentano e difendono; – convenuta
OGGETTO: diritto d’autore.
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 7.1.2009 i procuratori delle parti così concludevano:
per l’attore: “Nel merito:
accertare e dichiarare che UniversaI Pictures Italia s.r.l., con riferimento all’opera contenuta nel DVD intitolato Pink Floyd live at Pompei acquistato dal sig. TIZIO, ha violato quanto prescritto dall’art. 71 sexies, comma 4, l.d.a mediante l’apposizione di misure tecnologiche atte ad escludere la realizzazione di una copia privata; condannare Universal Pictures Italia S.r.l., in persona del legale rappr.te pro tempore, a porre in essere – immediatamente – immediatamente tutti gli atti, comportamenti e i provvedimenti idonei affinchè la copia privata del suddetto DVD possa essere realizzata dal signor TIZIO;
condannare Universal Pictures Italia s.r.l., in persona del legale rappr.te tempore, al risarcimento dei danni patiti dal signor TIZIO per effetto della descritta condotta nella misura che sarà accertata in corso di causa, da determinarsi anche in via equitativa; condannare Universal Pictures Italia s. r.l. in persona del rappr.te tempore, al pagamento in favore del signor TIZIO di una somma, equitativamente ritenuta congrua dall’Ill.mo Giudicante, quale risarcimento del danno sofferto per ogni giorno di ritardo nell’ adempimento del provvedimento giurisdizionale richiesto da parte del soccombente e condannare UniversaI Pictures Italia s.r.l., in persona del legale rappr. pro tempore, in caso di mancata ottemperanza entro 60 giorni dalla pubblicazione della pronuncia, a fornire direttamente la copia privata del DVD Pink Floyd live at Pompei e a consegnarla al signor TIZIO
disporre, a cura e spese di Universal Pictures Italia s.r.l., pubblicità della sentenza di condanna entro 30 giorni dal relativo deposito, mediante inserzione del dispositivo nei seguenti quotidiani di interesse nazionale: “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore”; in ogni caso: con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.”
Per la convenuta: “Preliminarmente in rito:
dichiarare la propria incompetenza per materia essendo competente a conoscere della causa la Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale; dichiarare la nullità dell’atto di citazione per omessa o insufficiente indicazione del petitum e della causa petendi,
nel merito:
rigettare le domande dell’attore in quanto infondate in fatto e in diritto;
in ogni caso: condannare l’attore a rifondere alla convenuta le spese di lite;
in via istruttoria:
ammettere prova per testi sui seguenti capitoli:
vero che a partire dal novembre 2003 e fino a tutto il febbraio 2006 il videogramma “Pink Floyd Live at Pompei” è stato distribuito in Italia anche su videocassetta;
vero che sulla versione in video cassetta di “Pink Floyd Live at Pompei” non è presente alcuna misura tecnica di protezione volta a impedire la effettuazione di una copia analogica;
vero che il filme “Pink Floyd live at Pompei” è stato trasmesso, su licenza della Universal, per due volte, una nel corso del 2001 e una nel corso del 2004, sul canale satellitare “Jimmy”, facente parte del pacchetto Sky, e che in tali occasioni è stato possibile per il pubblico effettuare una copia analogica del film.
Si indicano a testimoni il sig. sig. CAIO, c/o Universal Pictures Italia s.r.l. sul cap. 1; sig. SEMPRONIO c/o Universal Pictures International, Prospect House 80 -110 New Oxford street, Londra sul cap. 2; la sig.ra MEVIA, c/o Digicast, via Egidio Galbani 87/89, Roma sul cap. 3;
disporre consulenza tecnica di ufficio onde verificare:
a) la assenza sul mercato, al momento in cui il DVD “Pink FIoyd Live at Pompei” acquistato dall’attore venne materialmente prodotto, di misure tecniche di protezione che consentissero ai titolari dei diritti di fare effettuare dal privato una sola copia analogica;
b) la possibilità di effettuare una copia analogica a partire dalla videocassetta “Pink Floyd Live at Pompei””.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 26.7.2006 TIZIO conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Universal Pictures Italia s.r.l., esponendo
di avere acquistato in data 28.11.2004 presso un esercizio commerciale in XXXXX un DVD contenente l’opera cinematografica Pink Floyd Live at Pompei; di avere tentato di eseguire con i propri mezzi una copia privata di detta opera per uso esclusivamente personale, senza successo;
di avere più volte chiesto spiegazioni alla società convenuta sulle modalità per eseguire la copia privata di cui all’art. 71 sexies L.A., senza ottenere però alcuna risposta; che, a seguito di ulteriore richiesta trasmessa dal proprio procuratore, la società convenuta aveva quindi dichiarato che sussistevano condizioni che escludevano la possibilità di realizzare la copia privata;
che detto comportamento costituiva violazione del diritto alla copia privata di cui all’art. 71 sexies L.A. Chiedeva pertanto che, accertata la violazione al diritto dell’attore all’esecuzione di copia privata, la società convenuta fosse condannata ad attivarsi al fine di consentire l’esecuzione della copia dell’opera in questione nonché al risarcimento di tutti i conseguenti danni.
Si è costituita nel giudizio Universal Pictures Italia s.r.l., contestando in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza delle ragioni e dell’oggetto della domanda
nel merito rilevava che
l’apposizione da parte della titolare dei diritti di misure tecnologiche di protezione sulle opere immesse in commercio su supporto DVD era consentita dal disposto dell’art. 102 quater L.A., a tutela del diritto esclusivo di riproduzione e rispetto al quale la facoltà di copia privata costituisce deroga da interpretarsi in misura restrittiva,
che l’apposizione di tali misure è giustificata dalla necessità di impedire la violazione dei diritti esistenti sull’opera, risultando in caso contrario possibile una duplicazione illimitata di copie identiche all’originale per qualità;
che il diritto di copia privata stabilito dall’art. 71 sexies L.A. è condizionato alla possibilità tecnica di consentire l’esecuzione di una sola copia dell’opera stessa;
che le misure tecnologiche di protezione esistenti all’epoca in cui il DVD in questione era stato commercializzato non consentivano tale possibilità;
che pertanto un corretto bilanciamento degli interessi in gioco determinava necessariamente la prevalenza dell’interesse dei titolari dei diritti patrimoniali sulle opere.
Concludeva dunque per il rigetto delle domande di parte attrice.
Con provvedimento del 14.6.2007 il Tribunale ha proceduto alla conversione del rito speciale cui era soggetta la presente causa in quello ordinario, stante il disposto della sentenza della Corte costituzionale n. 170/07 nel frattempo intervenuta a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 134 comma 1 C. P. I. nella parte in cui “assoggettava i procedimenti assegnati alla Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale al rito di cui al D.Lgs.vo 5/03.
Con provvedimento del 10.12.2007 il giudice riteneva la causa matura per la decisione sulla base della documentazione già prodotta dalle parti.
Precisate conclusioni dalle parti, la causa veniva trattenuta per la decisione collegiale previa concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.
All’udienza del 14.5.2009 si è quindi proceduto alla discussione orale del causa dinanzi al Collegio, così come richiesto dalla parte attrice ai sensi dell’art. 275 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che domande svolte dall’attore non possano essere accolte.
Esse si fondano sul disposto dell’ art.71 sexies L.A., che consente la riproduzione privata di videogrammi per uso esclusivamente personale, nel caso di specie reso inapplicabili in ragione dell’apposizione da parte della società convenuta sul supporto da esso acquistato un DVD contenente l’opera cinematografica “Pink Floyd Live at Pompei”.
Deve rammentarsi, a tale proposito, che il comma 4 della medesima disposizione di legge se, per un verso, conferma che “i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l’applicazione delle misure tecnologiche di cui all’articolo 102 quater, la persona fisica che abbia acquistato il possesso legittimo di esemplari dell’opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica per uso personale”, tuttavia dispone che l’esercizio di tale diritto è subordinato alla “condizione che tale possibilità non sia in contrasto con 1o sfruttamento normale dell’ opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”. E’ ben noto alle parti che l’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 71 sexies L.A. è conseguente alla scelta del legislatore nazionale di avvalersi della facoltà ad esso attribuita dall’art. 5, comma 2, letto b) della Direttiva 2001/29/CE di disporre “eccezioni o limitazioni” al diritto di riproduzione dei titolari dei diritti (in questo caso) sulle opere cinematografiche, diritto comunque avente in via generale carattere di esclusività quale specifico aspetto del più ampio diritto di sfruttamento economico dell’opera in ogni forma e modalità (art. 2 Dir. 2001/29/CE).
Il riferimento alla normativa comunitaria di cui la norma invocata costituisce attuazione nell’ordinamento interno – riferimento evidentemente essenziale ai fini interpretativi della disposizione interna stessa – consente dunque di identificare il diritto alla copia privata così introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento quale eccezione o limitazione diritto esclusivo di riproduzione che costituisce uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette.
In tale prospettiva non sembra possa ritenersi che tra il diritto di riproduzione ed il diritto alla copia privata sussista una parità di condizione in base alla quale procedere in caso di conflitto ad individuare in quali casi e circostanze l’uno debba prevalere sull’altro, ma piuttosto una situazione per cui l’assolutezza del diritto del titolare dei diritti di utilizzazione economica sull’opera può ritenersi limitata da quello del legittimo possessore dell’esemplare dell’opera a condizione che sussistano i presupposti specificamente indicati dal menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. che ripropone testualmente il contenuto del comma 5 dell’ art. 5 della dir 2001/29/CE (e cioè il cd. “three step test” destinato a verificare l’ammissibilità di una eccezione al diritto d’autore) .
Per ciò che riguarda il caso di specie, non ritiene il Collegio che sussistano i presupposti e le condizioni che rendono esercitabile in concreto il diritto alla copia privata dell’opera cinematografica contenuta nel DVD prodotto e commercializzato dalla parte convenuta. Sotto il profilo strettamente tecnico, Universal Pictures Italia s.r.l. ha confermato che il supporto in questione è munito del sistema di protezione Macrovision che non consente di eseguire una singola copia dell’opera, anche in formato analogico, in quanto all’epoca in cui supporto è stato acquistato dall’attore (2004) non esistevano sistemi di protezione che tecnicamente consentissero tale possibilità. A tal fine parte convenuta ha sostenuto tale argomentazione producendo una consulenza di parte esplicativa dell’inesistenza di misure tecniche di protezione atte a consentire riproduzione di una sola copia, risultando di fatto possibile la sola alternativa tra l’esclusione in toto di ogni possibilità di eseguire copie dell’opera ed invece l’opposta soluzione di non applicare alcuna misura di protezione e dunque consentire la possibilità di riprodurre con facilità da un solo esemplare dell’opera un numero tendenzialmente infinito di copie identiche per qualità a quella dell’ esemplare oggetto riproduzione (v. doc. 5 fasc. conv.).
Ritiene il Collegio che non vi siano elementi in atti idonei a porre in discussione tale prospettazione tecnica, tenuto conto che parte attrice non ha in alcun modo contestato tali conclusioni. Né -evidentemente – in tale contesto Collegio potrebbe dare corso ad accertamenti tecnici d’ufficio sul punto, in quanto l’eventuale indagine avrebbe un indubbio carattere esplorativo in quanto il CTU dovrebbe autonomamente verificare l’esistenza di sistemi di protezione alternativi a quello apposto sul DVD in questione ed assolverebbe dunque ad uno specifico onere probatorio incombente invece sulla parte attrice. Nel quadro delle concrete possibilità offerte dalla tecnica – quantomeno all’epoca dell’acquisto del DVD da parte dell’ attore -l’apposizione di una misura tecnologica di protezione impeditiva di qualsiasi possibilità di riproduzione dell’opera non può dunque essere ritenuta illegittima, posto che l’alternativa di una libera riproducibilità dell’ opera stessa che avrebbe soddisfatto la possibilità di eseguire anche la copia privata – avrebbe determinato proprio quell’obbiettivo contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera, nonchè un ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti di utilizzazione economica dell’opera che escludono – a mente del più volte menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. – l’esercizio del diritto di copia privata.
L’effettiva sussistenza di tali pregiudizi – che evidentemente non può essere verificata in relazione alla specifica posizione individuale del solo attore, ancorchè legittimo possessore dell’esemplare dell’opera ed interessato ad un uso esclusivamente personale della copia privata -va ricercata nell’obbiettivo contesto in cui si inseriscono in le aspettative dei titolari dei diritti di utilizzazione economica del opere in questione, caratterizzato dall’utilizzazione diffusa e prevalente della tecnica digitale in sé suscettibile di creare copie del tutto identiche – in qualità – agli originali e dall’esistenza di un fenomeno di pirateria diffusa di nota ed indubbia rilevanza. Invero tale fenomeno è oggetto da tempo di specifiche iniziative di contrasto (tra le quali sul piano interno la modifica dell’ art. 171 ter L.A. ad opera della L. 248/00) e risulta espressamente oggetto della normativa comunitaria ed internazionale (v. ad esempio il quindicesimo considerando della Direttiva 2001/29/CE), in un quadro normativo teso a garantire un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale sia al fine di salvaguardia e sviluppo della creatività nell’interesse degli autori, interpreti, produttori sia dell’ industria e della cultura in generale, per garantire un soddisfacente rendimento degli investimenti nonché la salvaguardia e la creazione di nuovi posti di lavoro (in tal senso v. quarto, nono e decimo considerando della Direttiva 2001/29/CE) .
Deve dunque ritenersi che allo stato della tecnica quantomeno riferibile al 2004 l’apposizione di misure tecnologiche di protezione che impediscono anche l’esecuzione di una sola copia dell’opera non costituisce violazione del diritto di copia privata di cui all’art. 71 sexies L .A. Stima equo il Collegio provvedere all’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, tenuto conto della sostanziale assenza di precedenti sulla questione sollevata da parte attrice e dei contrasti giurisprudenziali rilevabili in altri Paesi europei e documentati in atti.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa:
respinge le domande avanzate da TIZIO nei confronti di UNIVERSAL PICTURES ITALIA s. r .l . con atto di citazione notificato in data 26.7.2006;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 14 maggio 2009.
Il Giudice est. Il Presidente
Tribunale di Milano
Depositato 1 luglio 2009
Depositato 1 luglio 2009
Il cancelliere
Copia per uso privato: news da Milano
Tribunale di Milano, sez. specializzata, n. 8787 del 14 maggio 2009 - (259)
Diritto d'autore, Dvd, copia privata,divieto
La copia sprotetta costituisce un pregiudizio per il titolare dei diritti d'autore.
"Nel quadro delle concrete possibilità offerte dalla tecnica – quantomeno all’epoca dell’acquisto del DVD da parte dell’ attore -l’apposizione di una misura tecnologica di protezione impeditiva di qualsiasi possibilità di riproduzione dell’opera non può dunque essere ritenuta illegittima, posto che l’alternativa di una libera riproducibilità dell’ opera stessa che avrebbe soddisfatto la possibilità di eseguire anche la copia privata – avrebbe determinato proprio quell’obbiettivo contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera, nonchè un ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti di utilizzazione economica dell’opera che escludono – a mente del più volte menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. – l’esercizio del diritto di copia privata."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale
nella seguente composizione:
dott. Stefano Rosa pres.
dott. Domenico Bonaretti giud.
dott. Claudio Marangoni giud. rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta n. 50121 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2006 vertente TRA
TIZIO elett. dom.to.to in Milano, Viale Premuda 21, presso lo studio dei procuratori avv. Ferdinando CIONTI e Lorenzo CIONTI che lo rappresentano e difendono; – attore
UNIVERSAL PICTURES ITALIA s. r .l., in persona del legale rappr. pro tempore elett. dom.ta in Milano, Via Visconti di Modrone 2, presso lo studio dei procuratori avv. Giorgio MONDINI e Giacomo BONELLI che la rappresentano e difendono; – convenuta
OGGETTO: diritto d’autore.
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 7.1.2009 i procuratori delle parti così concludevano:
per l’attore: “Nel merito:
accertare e dichiarare che UniversaI Pictures Italia s.r.l., con riferimento all’opera contenuta nel DVD intitolato Pink Floyd live at Pompei acquistato dal sig. TIZIO, ha violato quanto prescritto dall’art. 71 sexies, comma 4, l.d.a mediante l’apposizione di misure tecnologiche atte ad escludere la realizzazione di una copia privata; condannare Universal Pictures Italia S.r.l., in persona del legale rappr.te pro tempore, a porre in essere – immediatamente – immediatamente tutti gli atti, comportamenti e i provvedimenti idonei affinchè la copia privata del suddetto DVD possa essere realizzata dal signor TIZIO;
condannare Universal Pictures Italia s.r.l., in persona del legale rappr.te tempore, al risarcimento dei danni patiti dal signor TIZIO per effetto della descritta condotta nella misura che sarà accertata in corso di causa, da determinarsi anche in via equitativa; condannare Universal Pictures Italia s. r.l. in persona del rappr.te tempore, al pagamento in favore del signor TIZIO di una somma, equitativamente ritenuta congrua dall’Ill.mo Giudicante, quale risarcimento del danno sofferto per ogni giorno di ritardo nell’ adempimento del provvedimento giurisdizionale richiesto da parte del soccombente e condannare UniversaI Pictures Italia s.r.l., in persona del legale rappr. pro tempore, in caso di mancata ottemperanza entro 60 giorni dalla pubblicazione della pronuncia, a fornire direttamente la copia privata del DVD Pink Floyd live at Pompei e a consegnarla al signor TIZIO
disporre, a cura e spese di Universal Pictures Italia s.r.l., pubblicità della sentenza di condanna entro 30 giorni dal relativo deposito, mediante inserzione del dispositivo nei seguenti quotidiani di interesse nazionale: “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore”; in ogni caso: con vittoria di spese, competenze ed onorari di causa.”
Per la convenuta: “Preliminarmente in rito:
dichiarare la propria incompetenza per materia essendo competente a conoscere della causa la Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale; dichiarare la nullità dell’atto di citazione per omessa o insufficiente indicazione del petitum e della causa petendi,
nel merito:
rigettare le domande dell’attore in quanto infondate in fatto e in diritto;
in ogni caso: condannare l’attore a rifondere alla convenuta le spese di lite;
in via istruttoria:
ammettere prova per testi sui seguenti capitoli:
vero che a partire dal novembre 2003 e fino a tutto il febbraio 2006 il videogramma “Pink Floyd Live at Pompei” è stato distribuito in Italia anche su videocassetta;
vero che sulla versione in video cassetta di “Pink Floyd Live at Pompei” non è presente alcuna misura tecnica di protezione volta a impedire la effettuazione di una copia analogica;
vero che il filme “Pink Floyd live at Pompei” è stato trasmesso, su licenza della Universal, per due volte, una nel corso del 2001 e una nel corso del 2004, sul canale satellitare “Jimmy”, facente parte del pacchetto Sky, e che in tali occasioni è stato possibile per il pubblico effettuare una copia analogica del film.
Si indicano a testimoni il sig. sig. CAIO, c/o Universal Pictures Italia s.r.l. sul cap. 1; sig. SEMPRONIO c/o Universal Pictures International, Prospect House 80 -110 New Oxford street, Londra sul cap. 2; la sig.ra MEVIA, c/o Digicast, via Egidio Galbani 87/89, Roma sul cap. 3;
disporre consulenza tecnica di ufficio onde verificare:
a) la assenza sul mercato, al momento in cui il DVD “Pink FIoyd Live at Pompei” acquistato dall’attore venne materialmente prodotto, di misure tecniche di protezione che consentissero ai titolari dei diritti di fare effettuare dal privato una sola copia analogica;
b) la possibilità di effettuare una copia analogica a partire dalla videocassetta “Pink Floyd Live at Pompei””.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 26.7.2006 TIZIO conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Universal Pictures Italia s.r.l., esponendo
di avere acquistato in data 28.11.2004 presso un esercizio commerciale in XXXXX un DVD contenente l’opera cinematografica Pink Floyd Live at Pompei; di avere tentato di eseguire con i propri mezzi una copia privata di detta opera per uso esclusivamente personale, senza successo;
di avere più volte chiesto spiegazioni alla società convenuta sulle modalità per eseguire la copia privata di cui all’art. 71 sexies L.A., senza ottenere però alcuna risposta; che, a seguito di ulteriore richiesta trasmessa dal proprio procuratore, la società convenuta aveva quindi dichiarato che sussistevano condizioni che escludevano la possibilità di realizzare la copia privata;
che detto comportamento costituiva violazione del diritto alla copia privata di cui all’art. 71 sexies L.A. Chiedeva pertanto che, accertata la violazione al diritto dell’attore all’esecuzione di copia privata, la società convenuta fosse condannata ad attivarsi al fine di consentire l’esecuzione della copia dell’opera in questione nonché al risarcimento di tutti i conseguenti danni.
Si è costituita nel giudizio Universal Pictures Italia s.r.l., contestando in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza delle ragioni e dell’oggetto della domanda
nel merito rilevava che
l’apposizione da parte della titolare dei diritti di misure tecnologiche di protezione sulle opere immesse in commercio su supporto DVD era consentita dal disposto dell’art. 102 quater L.A., a tutela del diritto esclusivo di riproduzione e rispetto al quale la facoltà di copia privata costituisce deroga da interpretarsi in misura restrittiva,
che l’apposizione di tali misure è giustificata dalla necessità di impedire la violazione dei diritti esistenti sull’opera, risultando in caso contrario possibile una duplicazione illimitata di copie identiche all’originale per qualità;
che il diritto di copia privata stabilito dall’art. 71 sexies L.A. è condizionato alla possibilità tecnica di consentire l’esecuzione di una sola copia dell’opera stessa;
che le misure tecnologiche di protezione esistenti all’epoca in cui il DVD in questione era stato commercializzato non consentivano tale possibilità;
che pertanto un corretto bilanciamento degli interessi in gioco determinava necessariamente la prevalenza dell’interesse dei titolari dei diritti patrimoniali sulle opere.
Concludeva dunque per il rigetto delle domande di parte attrice.
Con provvedimento del 14.6.2007 il Tribunale ha proceduto alla conversione del rito speciale cui era soggetta la presente causa in quello ordinario, stante il disposto della sentenza della Corte costituzionale n. 170/07 nel frattempo intervenuta a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 134 comma 1 C. P. I. nella parte in cui “assoggettava i procedimenti assegnati alla Sezione specializzata per la proprietà industriale ed intellettuale al rito di cui al D.Lgs.vo 5/03.
Con provvedimento del 10.12.2007 il giudice riteneva la causa matura per la decisione sulla base della documentazione già prodotta dalle parti.
Precisate conclusioni dalle parti, la causa veniva trattenuta per la decisione collegiale previa concessione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.
All’udienza del 14.5.2009 si è quindi proceduto alla discussione orale del causa dinanzi al Collegio, così come richiesto dalla parte attrice ai sensi dell’art. 275 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che domande svolte dall’attore non possano essere accolte.
Esse si fondano sul disposto dell’ art.71 sexies L.A., che consente la riproduzione privata di videogrammi per uso esclusivamente personale, nel caso di specie reso inapplicabili in ragione dell’apposizione da parte della società convenuta sul supporto da esso acquistato un DVD contenente l’opera cinematografica “Pink Floyd Live at Pompei”.
Deve rammentarsi, a tale proposito, che il comma 4 della medesima disposizione di legge se, per un verso, conferma che “i titolari dei diritti sono tenuti a consentire che, nonostante l’applicazione delle misure tecnologiche di cui all’articolo 102 quater, la persona fisica che abbia acquistato il possesso legittimo di esemplari dell’opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia accesso legittimo, possa effettuare una copia privata, anche solo analogica per uso personale”, tuttavia dispone che l’esercizio di tale diritto è subordinato alla “condizione che tale possibilità non sia in contrasto con 1o sfruttamento normale dell’ opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”. E’ ben noto alle parti che l’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 71 sexies L.A. è conseguente alla scelta del legislatore nazionale di avvalersi della facoltà ad esso attribuita dall’art. 5, comma 2, letto b) della Direttiva 2001/29/CE di disporre “eccezioni o limitazioni” al diritto di riproduzione dei titolari dei diritti (in questo caso) sulle opere cinematografiche, diritto comunque avente in via generale carattere di esclusività quale specifico aspetto del più ampio diritto di sfruttamento economico dell’opera in ogni forma e modalità (art. 2 Dir. 2001/29/CE).
Il riferimento alla normativa comunitaria di cui la norma invocata costituisce attuazione nell’ordinamento interno – riferimento evidentemente essenziale ai fini interpretativi della disposizione interna stessa – consente dunque di identificare il diritto alla copia privata così introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento quale eccezione o limitazione diritto esclusivo di riproduzione che costituisce uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette.
In tale prospettiva non sembra possa ritenersi che tra il diritto di riproduzione ed il diritto alla copia privata sussista una parità di condizione in base alla quale procedere in caso di conflitto ad individuare in quali casi e circostanze l’uno debba prevalere sull’altro, ma piuttosto una situazione per cui l’assolutezza del diritto del titolare dei diritti di utilizzazione economica sull’opera può ritenersi limitata da quello del legittimo possessore dell’esemplare dell’opera a condizione che sussistano i presupposti specificamente indicati dal menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. che ripropone testualmente il contenuto del comma 5 dell’ art. 5 della dir 2001/29/CE (e cioè il cd. “three step test” destinato a verificare l’ammissibilità di una eccezione al diritto d’autore) .
Per ciò che riguarda il caso di specie, non ritiene il Collegio che sussistano i presupposti e le condizioni che rendono esercitabile in concreto il diritto alla copia privata dell’opera cinematografica contenuta nel DVD prodotto e commercializzato dalla parte convenuta. Sotto il profilo strettamente tecnico, Universal Pictures Italia s.r.l. ha confermato che il supporto in questione è munito del sistema di protezione Macrovision che non consente di eseguire una singola copia dell’opera, anche in formato analogico, in quanto all’epoca in cui supporto è stato acquistato dall’attore (2004) non esistevano sistemi di protezione che tecnicamente consentissero tale possibilità. A tal fine parte convenuta ha sostenuto tale argomentazione producendo una consulenza di parte esplicativa dell’inesistenza di misure tecniche di protezione atte a consentire riproduzione di una sola copia, risultando di fatto possibile la sola alternativa tra l’esclusione in toto di ogni possibilità di eseguire copie dell’opera ed invece l’opposta soluzione di non applicare alcuna misura di protezione e dunque consentire la possibilità di riprodurre con facilità da un solo esemplare dell’opera un numero tendenzialmente infinito di copie identiche per qualità a quella dell’ esemplare oggetto riproduzione (v. doc. 5 fasc. conv.).
Ritiene il Collegio che non vi siano elementi in atti idonei a porre in discussione tale prospettazione tecnica, tenuto conto che parte attrice non ha in alcun modo contestato tali conclusioni. Né -evidentemente – in tale contesto Collegio potrebbe dare corso ad accertamenti tecnici d’ufficio sul punto, in quanto l’eventuale indagine avrebbe un indubbio carattere esplorativo in quanto il CTU dovrebbe autonomamente verificare l’esistenza di sistemi di protezione alternativi a quello apposto sul DVD in questione ed assolverebbe dunque ad uno specifico onere probatorio incombente invece sulla parte attrice. Nel quadro delle concrete possibilità offerte dalla tecnica – quantomeno all’epoca dell’acquisto del DVD da parte dell’ attore -l’apposizione di una misura tecnologica di protezione impeditiva di qualsiasi possibilità di riproduzione dell’opera non può dunque essere ritenuta illegittima, posto che l’alternativa di una libera riproducibilità dell’ opera stessa che avrebbe soddisfatto la possibilità di eseguire anche la copia privata – avrebbe determinato proprio quell’obbiettivo contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera, nonchè un ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti di utilizzazione economica dell’opera che escludono – a mente del più volte menzionato comma 4 dell’art. 71 sexies L.A. – l’esercizio del diritto di copia privata.
L’effettiva sussistenza di tali pregiudizi – che evidentemente non può essere verificata in relazione alla specifica posizione individuale del solo attore, ancorchè legittimo possessore dell’esemplare dell’opera ed interessato ad un uso esclusivamente personale della copia privata -va ricercata nell’obbiettivo contesto in cui si inseriscono in le aspettative dei titolari dei diritti di utilizzazione economica del opere in questione, caratterizzato dall’utilizzazione diffusa e prevalente della tecnica digitale in sé suscettibile di creare copie del tutto identiche – in qualità – agli originali e dall’esistenza di un fenomeno di pirateria diffusa di nota ed indubbia rilevanza. Invero tale fenomeno è oggetto da tempo di specifiche iniziative di contrasto (tra le quali sul piano interno la modifica dell’ art. 171 ter L.A. ad opera della L. 248/00) e risulta espressamente oggetto della normativa comunitaria ed internazionale (v. ad esempio il quindicesimo considerando della Direttiva 2001/29/CE), in un quadro normativo teso a garantire un elevato livello di protezione della proprietà intellettuale sia al fine di salvaguardia e sviluppo della creatività nell’interesse degli autori, interpreti, produttori sia dell’ industria e della cultura in generale, per garantire un soddisfacente rendimento degli investimenti nonché la salvaguardia e la creazione di nuovi posti di lavoro (in tal senso v. quarto, nono e decimo considerando della Direttiva 2001/29/CE) .
Deve dunque ritenersi che allo stato della tecnica quantomeno riferibile al 2004 l’apposizione di misure tecnologiche di protezione che impediscono anche l’esecuzione di una sola copia dell’opera non costituisce violazione del diritto di copia privata di cui all’art. 71 sexies L .A. Stima equo il Collegio provvedere all’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio, tenuto conto della sostanziale assenza di precedenti sulla questione sollevata da parte attrice e dei contrasti giurisprudenziali rilevabili in altri Paesi europei e documentati in atti.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore domanda, eccezione o istanza disattesa:
respinge le domande avanzate da TIZIO nei confronti di UNIVERSAL PICTURES ITALIA s. r .l . con atto di citazione notificato in data 26.7.2006;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 14 maggio 2009.
Il Giudice est. Il Presidente
Tribunale di Milano
Depositato 1 luglio 2009
Depositato 1 luglio 2009
Il cancelliere
.... vacanze di Natale: ecco qualcosina sul danno da vacanza rovinata
Cassazione, SEZ. III CIVILE - 6 luglio 2009, n.15798 - (2177)
Viaggi,turismo,vacanza rovinata,eventi eccezionali,prospettivo informativo
"Di vero, l'assunto dell'attuale ricorrente, secondo il quale vi sarebbe stata omessa informazione di un pericolo e di un danno alla sua pelle, dovuti alla interazione tra la bassa marea e la presenza dell'alga ustionante, che, invece, la compagnia era tenuta a rappresentarli, non comporta, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, alcun nesso di causalita' tra l'asserita negligenza informativa e la fotodermatite, determinata, peraltro, da un raro, a dire della ricorrente, microrganismo."
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2729 c.c., in relazione agli artt. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e 360 n. 5 c.p.c. “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettata dalle parti”) la Z. sostiene che il giudice dell'appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la prova da lei articolata.
Riconosce la ricorrente che la prova fu articolata in primo grado, ma non venne coltivata in sede di precisazione delle conclusioni, sebbene poi riproposta in appello (p. 8 ricorso).
Il motivo e' inammissibile, perche' non censura la ratio decidendi del giudice dell'appello di cui riconosce i presupposti di fatto.
Ne consegue l'assorbimento del secondo motivo circa il nesso eziologico, disconosciuto dalla sentenza impugnata.
Peraltro, per suffragare il suo convincimento, il giudice del merito affronta anche “per esigenze di completezza argomentative” le doglianze dell'attuale ricorrente.
Argomenta il giudice che “la sorte del giudizio non sarebbe stata diversa se la Z. avesse dimostrato la rilevanza causale del microrganismo ustionante presente nelle acque antistanti al villaggio turistico, poiche' ai fini dell'accertamento della responsabilita' della compagnia di viaggio, la danneggiata avrebbe altresi' dovuto provare non solo che la controparte fosse stata a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della presenza dell'alga marina in quel tratto di mare e nel periodo in cui ebbe luogo la vacanza e della probabilita' di un contatto aggressivo facilitato dalla bassa marea, ma anche che ella, se informata di tale eventualita', si sarebbe astenuta dallo stipulare il contratto (di viaggio n.d.r.) o lo avrebbe concluso a condizioni diverse” (p. 5 sentenza impugnata).
Simile motivazione non risulta ne' insufficiente ne' contraddittoria non ravvisandosi nel ragionamento del giudice del merito ne' il mancato esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte (in quanto, come esposto, la Corte territoriale esamina proprio il punto sulla richiesta di apposita CTU per disattenderla) ne' un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate (Cass. n. 2399/04).
Ne' puo' dedursi di aver in tal modo posto a carico del viaggiatore-consumatore la prova di conoscenza delle circostanze da parte della Ventaglio.
Infatti, il giudice dell'appello, investito della domanda risarcitoria, ha accertato che la Ventaglio ha agito secondo il criterio della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) e della buona fede precontrattuale e contrattuale (artt. 1175, 1337, 1374, 1375 c.c.), in quanto ha ritenuto che “il fenomeno della bassa marea, quale situazione favorevole all'azione nociva di eventuali microrganismi acquatici” non fosse riconducibile “al novero di quelle informazioni di carattere generale” che l'organizzatore del viaggio deve mettere a disposizione del “consumatore”.
Al riguardo, va evidenziato che l'organizzatore di viaggi turistici, in base ai principi contenuti nella Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, concernente il contratto di viaggio deve adottare tutte le misure idonee ad evitare danni a coloro che vi partecipano (Cass. n. 4636/97); e' tenuto ad una condotta che non superi il livello medio di diligenza (Cass. n. 20787/04).
Pertanto, una volta informato il viaggiatore, come e' stato fatto nella specie, delle prestazioni promesse (trasporto, alloggio, attivita' sportive, escursioni e quant'altro), e messo a disposizione di questi il cd. opuscolo informativo menzionato dall'art. 9 del decr. leg.vo n. 111/95, che contempla tra le informazioni generali quelle sole notizie, di carattere per lo piu' amministrativo, necessarie per recarsi all'estero e indicato nel documento di viaggio i servizi forniti e le condizioni atte a giustificarne l'annullamento, nulla piu' incombe al detto organizzatore per dimostrare di aver adempiuto con la dovuta diligenza ai suoi obblighi.
Nella specie, il CTU e la relazione del CT di parte hanno solo indicato come causa probabile, ma non certa, che la fotodermatite sia stata causata da un microrganismo acquatico (p. 4 sentenza impugnata), per cui la probabilita' della causa non si configura come causalita' necessaria ed esclude di per se' ogni responsabilita' precontrattuale, rinvenibile soltanto in una negligenza informativa, che allo stato, non e' stata ritenuta, dovendosi ragionevolmente considerare che esula dalla esperienza dell'organizzatore del viaggio e dalla sua necessaria professionalita' la cognizione della bassa marea in un posto e della esistenza di microrganismi infetti nello stesso.
Di vero, l'assunto dell'attuale ricorrente, secondo il quale vi sarebbe stata omessa informazione di un pericolo e di un danno alla sua pelle, dovuti alla interazione tra la bassa marea e la presenza dell'alga ustionante, che, invece, la compagnia era tenuta a rappresentarli, non comporta, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, alcun nesso di causalita' tra l'asserita negligenza informativa e la fotodermatite, determinata, peraltro, da un raro, a dire della ricorrente, microrganismo.
Di qui l'assorbimento degli altri profili in esso contenuti circa il danno patrimoniale, danno morale, rimborso spese e da vacanza rovinata.
In conclusione il ricorso va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti integralmente le spese del presente giudizio.
.... vacanze di Natale: ecco qualcosina sul danno da vacanza rovinata
Cassazione, SEZ. III CIVILE - 6 luglio 2009, n.15798 - (2177)
Viaggi,turismo,vacanza rovinata,eventi eccezionali,prospettivo informativo
"Di vero, l'assunto dell'attuale ricorrente, secondo il quale vi sarebbe stata omessa informazione di un pericolo e di un danno alla sua pelle, dovuti alla interazione tra la bassa marea e la presenza dell'alga ustionante, che, invece, la compagnia era tenuta a rappresentarli, non comporta, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, alcun nesso di causalita' tra l'asserita negligenza informativa e la fotodermatite, determinata, peraltro, da un raro, a dire della ricorrente, microrganismo."
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2729 c.c., in relazione agli artt. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e 360 n. 5 c.p.c. “per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettata dalle parti”) la Z. sostiene che il giudice dell'appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la prova da lei articolata.
Riconosce la ricorrente che la prova fu articolata in primo grado, ma non venne coltivata in sede di precisazione delle conclusioni, sebbene poi riproposta in appello (p. 8 ricorso).
Il motivo e' inammissibile, perche' non censura la ratio decidendi del giudice dell'appello di cui riconosce i presupposti di fatto.
Ne consegue l'assorbimento del secondo motivo circa il nesso eziologico, disconosciuto dalla sentenza impugnata.
Peraltro, per suffragare il suo convincimento, il giudice del merito affronta anche “per esigenze di completezza argomentative” le doglianze dell'attuale ricorrente.
Argomenta il giudice che “la sorte del giudizio non sarebbe stata diversa se la Z. avesse dimostrato la rilevanza causale del microrganismo ustionante presente nelle acque antistanti al villaggio turistico, poiche' ai fini dell'accertamento della responsabilita' della compagnia di viaggio, la danneggiata avrebbe altresi' dovuto provare non solo che la controparte fosse stata a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della presenza dell'alga marina in quel tratto di mare e nel periodo in cui ebbe luogo la vacanza e della probabilita' di un contatto aggressivo facilitato dalla bassa marea, ma anche che ella, se informata di tale eventualita', si sarebbe astenuta dallo stipulare il contratto (di viaggio n.d.r.) o lo avrebbe concluso a condizioni diverse” (p. 5 sentenza impugnata).
Simile motivazione non risulta ne' insufficiente ne' contraddittoria non ravvisandosi nel ragionamento del giudice del merito ne' il mancato esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte (in quanto, come esposto, la Corte territoriale esamina proprio il punto sulla richiesta di apposita CTU per disattenderla) ne' un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate (Cass. n. 2399/04).
Ne' puo' dedursi di aver in tal modo posto a carico del viaggiatore-consumatore la prova di conoscenza delle circostanze da parte della Ventaglio.
Infatti, il giudice dell'appello, investito della domanda risarcitoria, ha accertato che la Ventaglio ha agito secondo il criterio della diligenza professionale (art. 1176 c.c.) e della buona fede precontrattuale e contrattuale (artt. 1175, 1337, 1374, 1375 c.c.), in quanto ha ritenuto che “il fenomeno della bassa marea, quale situazione favorevole all'azione nociva di eventuali microrganismi acquatici” non fosse riconducibile “al novero di quelle informazioni di carattere generale” che l'organizzatore del viaggio deve mettere a disposizione del “consumatore”.
Al riguardo, va evidenziato che l'organizzatore di viaggi turistici, in base ai principi contenuti nella Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, concernente il contratto di viaggio deve adottare tutte le misure idonee ad evitare danni a coloro che vi partecipano (Cass. n. 4636/97); e' tenuto ad una condotta che non superi il livello medio di diligenza (Cass. n. 20787/04).
Pertanto, una volta informato il viaggiatore, come e' stato fatto nella specie, delle prestazioni promesse (trasporto, alloggio, attivita' sportive, escursioni e quant'altro), e messo a disposizione di questi il cd. opuscolo informativo menzionato dall'art. 9 del decr. leg.vo n. 111/95, che contempla tra le informazioni generali quelle sole notizie, di carattere per lo piu' amministrativo, necessarie per recarsi all'estero e indicato nel documento di viaggio i servizi forniti e le condizioni atte a giustificarne l'annullamento, nulla piu' incombe al detto organizzatore per dimostrare di aver adempiuto con la dovuta diligenza ai suoi obblighi.
Nella specie, il CTU e la relazione del CT di parte hanno solo indicato come causa probabile, ma non certa, che la fotodermatite sia stata causata da un microrganismo acquatico (p. 4 sentenza impugnata), per cui la probabilita' della causa non si configura come causalita' necessaria ed esclude di per se' ogni responsabilita' precontrattuale, rinvenibile soltanto in una negligenza informativa, che allo stato, non e' stata ritenuta, dovendosi ragionevolmente considerare che esula dalla esperienza dell'organizzatore del viaggio e dalla sua necessaria professionalita' la cognizione della bassa marea in un posto e della esistenza di microrganismi infetti nello stesso.
Di vero, l'assunto dell'attuale ricorrente, secondo il quale vi sarebbe stata omessa informazione di un pericolo e di un danno alla sua pelle, dovuti alla interazione tra la bassa marea e la presenza dell'alga ustionante, che, invece, la compagnia era tenuta a rappresentarli, non comporta, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, alcun nesso di causalita' tra l'asserita negligenza informativa e la fotodermatite, determinata, peraltro, da un raro, a dire della ricorrente, microrganismo.
Di qui l'assorbimento degli altri profili in esso contenuti circa il danno patrimoniale, danno morale, rimborso spese e da vacanza rovinata.
In conclusione il ricorso va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti integralmente le spese del presente giudizio.
domenica 20 dicembre 2009
le micropermanenti, il danno morale e quello esistenziale: ancora qualche spunto di incostituzionalità
Il risarcimento delle micro-permanenti e l’incostituzionalità dell’art. 139 C.D.A.
Giudice di Pace , sez. V civile, ordinanza 30.11.2009 (Fabio Quadri)
Dopo le note sentenze “gemelle” delle Sezioni Unite della Corti di Cassazione, il dibattito si è spostato sulla risarcibilità o meno del danno morale. Il problema principale è senz’altro da ravvisarsi in quei casi, come quelli previsti dall’art. 139 del C.d.A., laddove il risarcimento è determinato da tabelle stabilite per legge nelle quali non si fa menzione del danno morale ma si “codifica” unicamente il risarcimento del danno biologico.
Il Giudice di Pace di Torino, con l’ordinanza depositata in data 30 novembre 2009, ha ulteriormente approfondito l’argomento ed ha ritenuto che, senza modifica legislativa, l’art. 139 C.d.A. debba ritenrsi incostituzionale.
L’ordinanza in questione spicca senza dubbio per l’approfondimento degli argomenti e per la confutazione di tutte le precedenti ordinanze della Corte Costituzionale sul tema. Crediamo che, questa volta, la Corte Costituzionale non potrà dichiarare semplicemente “l’inammissibilità” della stessa, come ha fatto ripetutamente in passato, ravvisando omissioni o incoerenze nelle varie ordinanze di remissione agli atti. Il Giudice di Pace di Torino, infatti, non ha lasciato nulla al caso ed ha affrontato la questione a 360°, indicando esattamente quali, e perché, siano le norme della carta costituzionale violate e perché non sia possibile dare una “interpretazione costituzionalmente orientata” alla norma. Scriva il Giudice di Pace: “ L’art. 139 del D.Lgs. n. 209/2005 non consente invece al Giudice alcuna possibilità di adeguare al caso concreto la sua liquidazione soprattutto nei casi in cui gli importi previsti da detta norma risultino inferiori alla reale entità del danno; per contro, non potrebbe escludersi nemmeno che, in certi casi del tutto particolari, gli importi previsti possano risultare addirittura superiori al danno effettivo ed il Giudice finisca quindi per dover liquidare somma appunto superiore al danno effettivo senza poter intervenire in alcun modo. Non si vede quindi in quale modo poter salvare la norma con un’interpretazione costituzionalmente orientata”.
Certo che, il numero elevato delle ordinanze trasmesse alla Corte Costituzionale sull’argomento dovrebbe a questo punto far riflettere in maniera un po’ più approfondita i Giudici delle leggi.
(Altalex, 11 dicembre 2009. Nota di Fabio Quadri)
risarcimento
micro-permanenti
Fabio Quadri
Giudice di Pace
Torino
Sezione V Civile
Ordinanza 30 novembre 2009
Nella causa civile iscritta al n.15643/09 del Ruolo Generale
avente per oggetto: risarcimento danni da incidente stradale
Promossa da:
C. D. residente in Torino, ed elettivamente domiciliato in Torino, c. Tassoni, n. 12 presso lo studio dell’avvocato Massimo Perrini che lo rappresenta e difende come da delega in atti.
Contro:
UNIQA PROTEZIONE s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Udine, Viale Venezia n. 99 ed elettivamente domiciliata in Torino c. Matteotti n. 53 presso lo studio dell’avvocato Angelo Formica che la rappresenta e difende in forza di delega in atti.
CONVENUTA
Nonché Contro:
A. T. residente in Rivalta (TO), v, Giaveno n. 46/2
Altro CONVENUTO CONTUMACE
Il Giudice di Pace dott. Polotti di Zumaglia Alberto
ha depositato la seguente
ORDINANZA
Premesso:
- con atto di citazione notificato il 26/3/2009 il sig. C. D. conveniva in giudizio la Uniqa Assicurazioni s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni patiti a seguito di incidente stradale verificatosi il 31/1/2008; asseriva l’attore che in tale data era trasportato sulla Lancia Y targata XXXXXXX di proprietà e condotta dal sig. A. T. assicurata per la responsabilità civile obbligatoria dalla Uniqa Assicurazioni s.p.a., e che detto veicolo veniva urtato dalla Fiat Tipo targata ZZZZZZZ di proprietà del sig. XXXXXXXXXXXXXXXXXX ed assicurata per la responsabilità civile obbligatoria dalla Reale Mutua Assicurazioni;
- all’udienza di comparizione il G.d.P. rilevava la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del vettore che veniva quindi evocato in giudizio dalla difesa attorea senza che peraltro esso vettore provvedesse a costituirsi in giudizio alla successiva udienza, per cui verificata la presenza delle condizioni di legge ne veniva dichiarata la contumacia; sempre all’udienza di comparizione la difesa attorea dichiarava che per mero errore aveva evocato in giudizio l’Uniqa Assicurazioni s.p.a. omettendo l’esatta sua denominazione di Uniqa Protezione e quest’ultima si costituiva regolarmente in giudizio alla successiva udienza dichiarando in sostanza di assumere la gestione della lite in luogo di Uniqa Assicurazioni s.p.a che veniva quindi estromessa dal giudizio;
- espletate le prove ammesse, le parti all’udienza del 19/10/2009 precisavano le conclusioni e chiedevano che la causa venisse trattenuta a sentenza; la difesa attorea chiedeva in via preliminare, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 139 d.l.vo 7/9/2005 n. 209 in riferimento agli articoli 2, 3, 10 , 24 e 32 della Costituzione, sospendersi il giudizio e disporre l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
- la risoluzione della questione di legittimità costituzionale così preliminarmente sollevata può indubbiamente esplicare notevoli conseguenze sulla decisione del giudizio in corso, posto che nello stesso non è in discussione la responsabilità di parte convenuta ma essenzialmente il risarcimento del danno alla persona patito dall’attore per la cui quantificazione dovrebbe farsi obbligatoriamente riferimento a quanto stabilito dall’articolo139 del d.l.vo n. 209/2005, il che non consentirebbe di giungere ad un’adeguata personalizzazione del danno, per cui si ritiene necessario sollevarla per quanto in appresso verrà precisato, sospendendo il giudizio in attesa della decisione della corte Costituzionale;
- le argomentazioni esposte dalla difesa dell’attore possono sinteticamente così riassumersi: premesso che il danno patito dallo stesso attore è tale da non poter essere adeguatamente risarcito in considerazione delle sue particolari caratteristiche che fanno si che la sua quantificazione, ove effettuata con riferimento ad un’adeguata sua personalizzazione come ritenuto dall’attuale evoluzione legislativa esuli dai criteri di legge, vengono effettuate le seguenti critiche all’art 139 del d.lvo n. 209/2005: a) violazione dell’art. 76 della Costituzione da parte di detta norma per l’introduzione di un limite per la liquidazione del danno alla persona non previsto dalla legge delega 23/7/2003 n. 229 ed inferiore a quanto in precedenza liquidato con le tabelle in uso presso i vari tribunali; a 1) illegittimità costituzionale degli artt. 5 della legge n. 57/2001 e 23 della legge n. 273/2002 laddove, a seguito di caducazione dell’art. 139, si giungesse ad una reviviscenza di dette norme dovendosi applicare gli ordinari criteri risarcitori del danno alla persona comunemente adottati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità; b) violazione dell’articolo 3 comma 2 della Costituzione a fronte dello squilibrio esistente tra la personalizzazione del danno dell’infortunato effettuata secondo le tabelle in uso presso i vari Tribunali e quella concessa dai criteri di cui all’art. 139 che pongono limiti rigidi, squilibrio che è ancora più evidente se si prende in considerazione anche solo il fatto che un’invalidità del 10%, allo stato, viene liquidata con le suindicate tabelle, mentre quella del 9% viene liquidata con i criteri di detta norma ed ulteriore difformità di trattamento è evidenziabile dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte laddove venne rivisitata la liquidazione del danno non patrimoniale soprattutto con riferimento ai contenuti del danno biologico con conseguente impossibilità di riconoscere il danno morale come in precedenza accadeva nella pratica; c) violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione con riferimento al soggetto danneggiante od alla tipologia della causa del danno; sotto il primo aspetto viene preso in considerazione il fatto che la procedura di risarcimento diretto prevista dall’art. 149 del d.l.vo n. 209/2005 si affianca senza sostituirla, alla procedura ordinaria, nel senso che il danneggiato può agire per il risarcimento del suo danno sia nei confronti della propria assicurazione sia nei confronti del danneggiante con il risultato che nel rapporto assicurato assicuratore operano necessariamente i criteri dell’articolo 139 mentre nel rapporto tra danneggiante e danneggiato regolato dalle norme ordinarie potrebbe aversi una liquidazione dello stesso danno secondo le tabelle in uso presso i singoli Tribunali con risultati ovviamente difformi; riguardo al secondo aspetto viene invece in considerazione il fatto che il danneggiato da eventi della circolazione stradale viene risarcito con i limiti di legge, mentre questi finirebbero per non operare per il soggetto danneggiato da altri eventi; d) violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione in relazione ad una corretta e necessaria personalizzazione del danno, posto che il limitato incremento del 20% concesso dalla legge non tiene conto delle diverse effettive ricadute che uno stesso pregiudizio può provocare a vari soggetti portando ad un livellamento dei risarcimenti soprattutto nella valutazione dei risvolti dinamico relazionali che in concreto possono avere conseguenze differenti da soggetto a soggetto; e) violazione dell’articolo 32 della Costituzione per il mancato risarcimento della sofferenza fisica e morale quale limite del diritto alla salute e ciò in particolare dopo l‘intervento delle Sezioni Unite della Cassazione laddove si ritenga che il danno morale resti compreso nel danno biologico tanto più che il primo non consiste solo nel dolore fisico preso in considerazione nella quantificazione del secondo ma anche nella sofferenza morale. La difesa attorea rilevava infine l’impossibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 139 in relazione ai mutati indirizzi giurisprudenziali quali recepiti dal diritto vivente posto che detta norma non lascia spazi di manovra al giudicante il quale si deve limitare ad un conteggio matematico che impedisce un’adeguata personalizzazione del danno.
OSSERVA
Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 139 del d.l.vo 7/9/2005 n. 209
1) Richiami sui precedenti legislativi e sulle questioni sorte in ordine agli stessi
Prima di procedere all’esame della questione di legittimità costituzionale sollevata è opportuno ricordare quanto a suo tempo osservato in ordine all’articolo 5 della legge 5/3/2001 n. 57 con il quale si introdussero le tabelle per la liquidazione del danno biologico per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento ed all’art. 23 della legge 12/12/2002 n. 273 che introdusse la possibilità di aumento dell’ammontare del danno biologico liquidato in forza di tali tabelle, in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
In ordine al momento in cui entrarono in vigore dette norme, che si può dire rappresentino l’antecedente storico dell’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005, si deve ricordare che lo stesso art. 5 della legge n. 57/2001 prevedeva che i competenti Ministeri provvedessero alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità il che avvenne con il decreto ministeriale 3/7/2003 (in G.U. 11/9/2003 n. 211) per cui l’articolo 5 della legge n. 57/2001 risultò di fatto applicabile solo dopo l’entrata in vigore di detto decreto ministeriale.
Di recente si è osservato che da quel momento venne introdotto “…un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente (sino a 9 punti) in deroga al regime ordinario codificato dall’articolo 2056 c.c. e con la previsione (introdotta da successiva novella n. 273 del 2002) del potere di correzione della stima del danno nella misura del 25%, così delimitando il potere di personalizzazione del danno, ampiamente sostenuto dalla Corte Costituzionale (1986 n. 194) e della Corte di Cassazione (incluso il punto 4.9 del preambolo sistematico delle SU 11/11/1008 n. 26973 e 26974).
Le tabelle ministeriali in questione, per atto amministrativo, appaiono in contrasto con la definizione amplia del danno biologico considerata, anche per le micropermanenti, dall’art. 139 secondo comma del codice delle assicurazioni, che determina la struttura complessa del danno biologico nelle sue quattro componenti essenziali ( fisica e psichica e riferito alle perdite della vita attiva e della vita di relazione), tanto da determinare gli stessi tribunali a ritenerle orientative e non vincolanti, in attesa di una loro riformulazione nel rispetto della forma regolamentare e per decreto presidenziale.” ( così in motivazione Cass.13/5/2009 n. 11048)
Si ritiene poi di ricordare che attenta dottrina, all’entrata in vigore dell’articolo 5 della legge n. 57/2001, rilevò trattarsi di norma di portata generale ma con tre limiti applicativi e cioè causale, oggettivo e temporale. In ordine alla limitazione causale che qui maggiormente può interessare, detta dottrina osservò che tale norma appariva difficilmente compatibile con il combinato disposto degli articoli 3 e 32 Costit. perché se la salute è un bene dell’individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende perché una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi da una caduta dal motorino piuttosto che da una caduta da cavallo; inoltre se l’intento del legislatore era stato quello di eliminare le disparità di trattamento derivanti da diversi orientamenti giurisprudenziali le stesse non sarebbero state eliminate permanendo in tutti quei casi in cui il danno alla salute sia derivato da un fattore estraneo alla circolazione dei veicoli.
La giurisprudenza di merito, con riferimento al richiamato articolo 5 della legge n. 57/2001 sollevò a suo tempo numerose questioni di sua illegittimità costituzionale che si conclusero con le ordinanze della Corte Costituzionale n. 126/2003, 64/2004, 434/2004 e 33/2006 le quali, con varie motivazioni, dichiararono la manifesta inammissibilità delle questioni poste.
Di fatto si deve però rilevare:
- l’ordinanza n. 126/2003 dichiarò la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art 5 della legge n. 57/2001 perché le questioni di incostituzionalità risultarono sollevate con ordinanza “…priva, nel suo complesso, degli elementi idonei a dare valido ingresso al giudizio di legittimità costituzionale, quanto alla necessaria motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni stesse, non essendovi sufficienti indicazioni sulle ragioni per cui si configurerebbe la violazione del parametro costituzionale…”;
- l’ordinanza n. 64/2004 si limitò a restituire gli atti al giudice rimettente al fine di una nuova valutazione sulla rilevanza, alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 23 comma 3 della legge n. 273/2002 che aveva sostituito il comma 4 dell’art. 5 della legge n. 57/2001, cui seguì, dopo che il giudice rimettente aveva nuovamente rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, l’ordinanza n. 33/2006 che, a sua volta, rilevò che detto giudice aveva omesso ogni descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale limitandosi a confermare la rilevanza delle questioni evidenziate con la precedente ordinanza di rimessione e la Corte escluse l’idoneità di una motivazione per relationem anche se dello stesso Giudice ed anche se già ad essa sottoposta con conseguente inammissibilità della proposta questione di legittimità;
- l’ordinanza n. 434/2004 affermò che l’art. 5 della legge n. 57/2001 nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti “…è applicabile soltanto all’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo..” per cui trattandosi nel caso di specie di danno di una convenuta che aveva esplicato domanda riconvenzionale senza che poi si sia fatto intervenire nel giudizio l’assicuratore dell’attrice, che tale danno avrebbe dovuto pagare, la questione è stata dichiarata inammissibile, mentre per quanto poteva riguardare l’eventuale rilevanza della questione nel rapporto tra danneggiato e danneggiante la questione è stata dichiarata inammissibile per mancanza di motivazione al riguardo.
Da quanto sin qui rilevato può desumersi che la questione nodale e cioè l’eventuale incostituzionalità di una norma che ponga una tabellazione rigida per la liquidazione delle micro permanenti solo per i danni da circolazione dei veicoli, non è stata di fatto esaminata con riferimento all’art 5 della legge n. 57/2001, posto che le varie ordinanze di rimessione alla Corte vennero respinte solo perché prive di basilari elementi che potessero venir presi in considerazione dalla stessa.
Tanto rende dunque ancora attuali le critiche come sopra ricordate a suo tempo formulate dalla dottrina alla predetta legge n. 57/2001 alle quali, si può tuttora far riferimento, per avvalorare i dubbi di incostituzionalità dell’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005, dubbi, che devono essere ora esaminati anche con riferimento agli attuali indirizzi della giurisprudenza in tema di valutazione del danno alla persona per gli ulteriori motivi che in appresso verranno svolti.
2) Violazione dell’articolo 2 della Costituzione per la fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona senza un adeguato contemperamento degli interessi in gioco.
Il quesito che ci si deve preliminarmente porre è se il legislatore possa stabilire che la vittima di un illecito aquiliano non possa pretendere più di una somma predeterminata a titolo di risarcimento indipendentemente dall’effettiva consistenza del pregiudizio subito.
Di tale questione la Corte Costituzionale ebbe ad occuparsi in svariate occasioni.
Per quanto qui interessa e per i risvolti che le decisioni adottate possono riverberare sulla questione qui sollevata, si può ricordare la sentenza 2/5/1985 n. 132 con la quale la Corte Costituzionale venne chiamata a stabilire se fossero o meno contrari alla Costituzione gli articoli 1 della legge 19/5/1932 n. 841 e 2 della legge 3/12/1962 n. 1832 nella parte in cui, dando esecuzione all’articolo 22 della Convenzione di Varsavia del 12/10/1929 e successive modifiche, stabilivano che la responsabilità del vettore aereo per il risarcimento del danno alla persona fosse contenuta entro il limite di 250.000 franche Poincaré.
In motivazione detta sentenza osservò: “ Si può intanto precisare che l’aver comunque sancito un limite alla responsabilità del vettore non basta ad integrare la prospettata ipotesi di illegittimità costituzionale sebbene importi una deroga al principio del risarcimento integrale del danno …Occorre vedere più da vicino se la limitazione dell’obbligo risarcitorio sia giustificata dallo stesso contesto normativo in cui essa si colloca, nel senso che la denunciata disciplina pattizia riesca a comporre gli interessi del vettore con un sistema di ristoro del danno non lesivo della norma costituzionale di raffronto…Ad avviso della Corte deve trattarsi di una soluzione normativa atta ad assicurare l’equilibrato componimento degli interessi in gioco: e dunque, per un verso sostenuta dalla necessità di non comprimere indebitamente la sfera di iniziativa economica del vettore, per l’altro, congeniata secondo criteri che, in ordine all’imputazione della responsabilità o alla determinazione della consistenza del limite in discorso, comportano idonee e specifiche salvaguardie del diritto fatto valere da chi subisce il danno ….”
Nei termini in cui essa è configurata “.. la norma che di fronte alle lesioni corporee…esclude il ristoro integrale del danno non è assistita da un idoneo titolo giustificativo .
Occorre quindi concludere che essa lede la garanzia eretta dall’articolo 2 Costituzione a presidio inviolabile della persona.”
Come rilevato da attenta dottrina le norme limitatrici della responsabilità del vettore aereo vennero dichiarate costituzionalmente illegittime non perché fissassero un limite al risarcimento, ma perché non realizzavano l’”equo contemperamento” tra l’interesse della vittima al risarcimento integrale e quello del vettore aereo allo svolgimento della propria attività, in particolare non fissando né un meccanismo che garantisse alla vittima la certezza del ristoro ( ad esempio per una responsabilità oggettiva), né criteri di adeguamento dell’importo del massimale.
Si tratta a questo punto di vedere se l’articolo 139 del codice delle assicurazioni violi o meno l’articolo 2 della Costituzione facendo applicazione dei principi come sopra affermati: premesso dunque che la semplice previsione di un tetto risarcitorio non può costituire di per se violazione del richiamato articolo2 Costit, occorre allora vedere se tale norma realizzi l’equo contemperamento degli interessi in gioco.
Ma il contemperamento degli interessi in gioco si deve ammettere che da tale norma non è realizzato, visto che a fronte della rigida limitazione risarcitoria imposta al danneggiato questi non ottiene alcun vantaggio diretto od indiretto nei confronti del responsabile o del suo assicuratore come potrebbe essere ad esempio una responsabilità oggettiva dell’assicuratore stesso. Non pare poi ragionevole sostenere che l’interesse all’esercizio dell’attività assicurativa possa essere ritenuto preminente su quello all’integrale risarcimento del danno alla persona. In sostanza, la sproporzione del trattamento delle rispettive posizioni risulta evidente tanto più se si considera anche che l’assicuratore ha già ottenuto un vantaggio, sul piano commerciale, dall’introduzione dell’obbligatorietà dell’assicurazione contro il rischio della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli.
Di conseguenza, si può rilevare l’assenza dell’equo contemperamento tra i contrapposti interessi che come si è visto è il presupposto della legittimità costituzionale di qualsiasi norma limitativa del diritto al risarcimento e da ciò deriva il contrasto dell’articolo 139 cod. assic. con il richiamato articolo 2 della Costituzione.
A conclusioni similari, sia pur esaminando il problema da diversa angolatura, è pervenuta la giurisprudenza di merito laddove venne precisato: “ Da più parti ci si è interrogati, tenuto conto della valenza costituzionale del risarcimento del danno alla persona, alla luce del secondo comma dell’art. 3 della Costituzione e del principio della necessaria integralità del risarcimento, circa il rischio di illegittimità costituzionale dell’introduzione di limitazioni massime al risarcimento del danno alla persona, che non appaiano ragionevolmente giustificate da un interesse pubblico di rilievo costituzionale.
Almeno in linea di principio non sembra da escludersi la sussistenza di un apprezzabile interesse pubblico all’introduzione di un limite legale massimo al risarcimento, al fine di stabilizzare il mercato assicurativo e soprattutto di garantire una certa uniformità dei risarcimenti sul territorio nazionale di una loro minima prevedibilità da parte degli operatori del settore.
Il riconoscimento astratto dell’ammissibilità dell’introduzione di soglie-limite, di per sé non contrastanti con la Costituzione, non significa però che il legislatore non debba rispettare parametri di ragionevolezza per introdurre le soglie.
E’ in tale scenario che matura il sospetto di incostituzionalità delle norme di cui agli articoli 138 e 139 Codice delle Assicurazioni ove le stesse fossero reinterpretate alla luce del<<nuovo>> art. 2059 c.c. così come concepito dalle Sezioni Unite.” ( così in motivazione Corte d’Appello di Torino 30/10/2009 n. 1315)
3) Violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione con riferimento all’eziologia del danno ed al soggetto danneggiante.
Già si è in precedenza accennato come in dottrina, criticando l’articolo 5 della legge n. 57/2001, si sia osservato come tale norma apparisse difficilmente compatibile con il combinato disposto degli articoli 3 e 32 Costit. perché se la salute è un bene dell’individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende perché una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi da una caduta dal motorino piuttosto che da una caduta da cavallo.
Identico ragionamento può ora venir fatto nei confronti dell’articolo 139 codice delle assicurazioni il cui disposto vale nei confronti dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei veicoli ed in caso di azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore non essendovi ragione per discostarsi anche da quanto affermato dall’ordinanza n. 434/2004 in riferimento all’art. 5 della legge n. 57/2001 laddove precisò che detta noma nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti “…è applicabile soltanto all’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo..”
Ed allora identica lesione può venir risarcita con gli importi di cui al d.m. 19/6/2009 se conseguente a circolazione dei veicoli mentre può venir risarcita con i criteri di cui alla tabella adottata dal Tribunale di Milano, che risulta oggi utilizzata da ben 44 Tribunali (v. Guida al diritto - Dossier n. 9 Novembre 2009, p. 6), se conseguente ad altra e diversa causa, come cadere in una buca stradale, eccetera.
Ma le differenze in termini monetari risultano notevoli se si pensa che nel primo caso in forza del punto base del decreto ministeriale ad un soggetto di dieci anni che abbia riportato un 1% di invalidità da circolazione, viene corrisposto euro 728,16, mentre allo stesso soggetto che abbia riportato sempre un’invalidità dell’1% cadendo in una buca può venir corrisposto l’importo di euro 1.276,00 e con l’aumentare dell’invalidità le differenze risultano ancora maggiori se si pensa che un 9% in un soggetto di 24 anni con la tabella ministeriale viene risarcito con euro 14.017,81 e con euro 18.620,00 con la tabella di Milano.
La differenza di trattamento in presenza di identiche situazioni, che consegue a quanto appena rilevato, risulta allora evidente con conseguente violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione.
Quanto appena rilevato si riflette anche nei confronti del soggetto danneggiante tenuto al risarcimento, posto che se questi è un assicuratore contro il quale sia stata proposta l’azione diretta sarà obbligato ad un risarcimento calcolato con i criteri di cui alla tabella ministeriale, mentre tanto non avverrà per il danneggiante tenuto a sensi dell’art. 2043 e seguenti c.c.
Ma le conseguenze di tale situazione possono avere effetti particolari anche nei confronti dell’assicuratore che sia tenuto in forza di un contratto per garanzie che non consentano l’azione diretta contro di esso.
Può di fatto accadere che un soggetto responsabile, ad esempio, a sensi dell’art. 2051 c.c. per danno cagionato da cose in custodia od a sensi dell’art. 2052 c.c. per danni cagionati da animale, venga convenuto in giudizio per rispondere di danni a persona dei quali debba rispondere a sensi di dette norme e venga condannato al risarcimento degli stessi; ma la quantificazione di detti danni potrà essere effettuata non necessariamente con i criteri di cui all’art. 139 codice delle assicurazioni non essendo impedito al giudicante di adottare anche altri criteri che potrebbero essere magari quelli di cui alla tabella di Milano o comunque quella del Tribunale competente.
Ed allora al momento in cui il danneggiante – assicurato si rivolgerà alla propria compagnia di assicurazione per essere manlevato dalle richieste del danneggiato, a sensi dell’art. 1917 c.c., l’assicuratore si troverà a dover intervenire per il risarcimento di un danno liquidato con criteri diversi e quasi sicuramente ben più elevati da quelli che sarebbero stati utilizzati se il danno fosse stato invece provocato dalla circolazione dei veicoli.
Nell’ambito dei giudizi per il risarcimento di danni alla persona da circolazione stradale si potrà avere una situazione anche più complessa come osservato nelle esaurienti e ben motivate note conclusive depositate dalla difesa attorea, nelle quali si rileva come dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 19/6/2009 n. 180 la procedura di risarcimento prevista dall’art. 149 cod. assic. si affianca, senza sostituirla obbligatoriamente, a quella ordinaria, nel senso che al danneggiato è consentito agire sia contro la propria assicuratrice che contro il responsabile del danno, il che comporta risultati economici diversi, visto che, nel primo caso, la liquidazione del danno sarebbe vincolata ai parametri della tabella ministeriale e nel secondo caso si avrebbe invece una liquidazione con i più favorevoli valori tabellari in uso presso i vari Tribunali, con evidenti e irragionevoli disparità di trattamento a seconda del soggetto che venga evocato in giudizio.
La situazione diventa poi ancora più complessa nel caso in cui il danneggiato agisca cumulativamente contro l’assicuratore con l’azione diretta , magari a sensi dell’articolo 149 cod. assic. e contestualmente contro il responsabile del danno a sensi degli artt. 2043- 2054 c.c. con il risultato che al primo potrebbe chiedere il risarcimento del danno da micro permanente ma con il limite della tabella di legge ed al secondo potrebbe chiedere il risarcimento con le altre tabelle per ottenere il totale risarcimento e quest’ultimo potrebbe venir così condannato ad importo superiore a quello invece posto a carico dell’assicuratore per cui per non essere poi esposto in proprio dovrebbe porre una domanda di manleva a sensi dell’art. 1917 c.c. nei confronti del proprio stesso assicuratore.
Da quanto sin qui precisato resta dunque confermata l’irragionevolezza della scelta legislativa con evidente violazione della norma costituzionale ed in particolare dell’art. 3 comma 1.
4) Violazione dell’articolo 3 della Costituzione come principio di uguaglianza dinanzi alla legge sotto il profilo dell’uguale trattamento di situazioni di fatto diverse , dell’articolo 2 per la limitazione all’effettiva tutela giurisdizionale conseguente alla limitazione al risarcimento e dell’articolo 24.
L’articolo 139 cod. assic., fissati i criteri e le misure per il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, come precisa al suo primo comma, prevede al comma 3 che l’ammontare del danno biologico, liquidato a sensi di detta norma, possa essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
E’ appena il caso di sottolineare che, in ogni caso, l’aumento del quinto non può prescindere dal concreto accertamento, nel singolo caso, della sussistenza di conseguenze pregiudizievoli ulteriori e diverse rispetto a quelle ordinariamente derivanti da invalidità dello stesso grado di quella accertata, e tali da incidere negativamente su una qualsiasi delle attività vitali cui la vittima era dedita prima del sinistro.
E’ evidente anzitutto che il differente aumento del risarcimento consentito in relazione all’entità delle lesioni, potrebbe porre una certa discriminazione, visto che per le lesioni di lieve entità si è mantenuto il limite del 20% già in precedenza prefissato, mentre per le altre si è previsto il limite del 30% il che peraltro potrebbe essere giustificato dalla maggior importanza di queste ultime.
Si deve però, rilevare, per quanto riguarda le lesioni di lieve entità, che è senz’altro vero che le stesse non comportano, in genere, conseguenze pratiche immediate sull’attività dinamico relazionale del soggetto, ma ciò non può escludere la presenza di casi del tutto particolari nei quali un limite alla personalizzazione può risultare irragionevole.
Basti pensare ad esempio che determinate menomazioni di un ginocchio o di un piede vengono quantificate con percentuali che, a seconda dell’importanza delle medesime, possono venir quantificate dal 5 al 9 %.
Ma le conseguenze di lesioni del genere possono influire anche pesantemente su attività ludico sportive che il singolo infortunato dimostri di praticare. Si pensi ad un soggetto che nel tempo libero partecipi a gare amatoriali di ballo e che in conseguenza di una anchilosi della I metatarso – falangea del piede (per la quale si riconosce un 5%) non possa più ballare a quel livello, dovendo così rinunciare a gareggiare con le soddisfazioni di prima, o ad un soggetto appassionato sciatore che a causa di una ridotta flessione del ginocchio (che può giungere sino al 9%) si ritrovi con evidenti difficoltà a praticare detto sport, dovendo così rinunciare ad escursioni di un certo impegno.
L’adeguamento al caso concreto concesso al giudice per una personalizzazione del danno consente di riconoscere, con la tabella ministeriale attuale, nei casi ipotizzati, ad un soggetto di 40 anni, che abbia riportato un 5% di invalidità per la lesione al piede un risarcimento di euro 4.642,02 per il danno biologico, ed al massimo euro 928,40 (corrispondente all’aumento del 20%) per le conseguenze influenti sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita concretantisi nel caso di specie nel non poter più partecipare a gare amatoriali di ballo. Nel caso dello sciatore, sempre quarantenne, che si ritrovi a dover limitare sensibilmente la sua attività sportiva, avremo, per il 9% di riduzione della flessione del ginocchio, euro 12.811,98 per il biologico, ed euro 2.562,39, come massimo di aumento per l’adeguamento del risarcimento al suo reale danno. Come si può rilevare gli aumenti consentiti dalla legge non sono certo tali da compensare i pregiudizi che in tali casi vengono provocati.
Si tratta ovviamente di casi limite che però rappresentano danni rientranti certo nel danno non patrimoniale di cui all’articolo 2059 c.c. che “…costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del cosiddetto danno morale soggettivo ( e cioè della sofferenza contingente e del turbamento d’animo transeunte, determinati da un fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’articolo 185 c.p.)” ( Cass. 19/2/2009 n. 4053)
Resta comunque il fatto che in casi del genere, nei quali le conseguenze delle lesioni influiscono pesantemente sulle condizioni soggettive dei danneggiati, si vengono ad avere liquidazioni in forza dell’art. 139 cod. che non coprono la reale entità del danno, mentre altrettanto non potrebbe dirsi per identiche lesioni che abbiano colpito individui con diverse condizioni soggettive. E’ infatti bensì vero che sarebbe praticamente impossibile trovare due soggetti che conducano vite assolutamente identiche, ma è altrettanto vero che fratture agli arti da cui siano derivate menomazioni motorie provocheranno disagi ben diversi a chi pratichi attività sportiva rispetto a chi non la pratichi.
E tanto evidenzia come il sistema posto in essere con l’articolo 139 cod. assic. porta a trattare in maniera uguale situazioni di fatto diverse con evidente violazione del principio di uguaglianza di fronte alla legge.
La situazione si è però resa ancora più complessa dopo che le Sezioni Unite con la sentenza 11/11/2008 n. 26972 hanno affermato la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale ed hanno anche precisato che “ Quando il fatto illecito integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale, nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato. Tale pregiudizio può essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilità), e può sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad esempio derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto): in quest’ultimo caso, però, di esso il giudice dovrà tener conto nella personalizzazione del danno biologico o di quello causato dall’evento luttuoso, mentre non ne è consentita una autonoma liquidazione.”
Ed allora del danno non patrimoniale di cui ai casi particolari in precedenza evidenziati si dovrebbe tenere conto globalmente nella personalizzazione del danno biologico con il limite dell’aumento del 20% che finisce, però, per determinare un livellamento del risarcimento particolarmente con riferimento ai risvolti dinamico relazionali provocati dallo stesso danno.
Di conseguenza, impedendosi al giudicante di personalizzare la liquidazione del danno biologico adeguandola alle caratteristiche del singolo caso concreto con il limite suindicato che porta a concedere importi inadeguati, si deve ammettere la violazione anche dell’articolo 2 della Costituzione determinandosi un’irragionevole compressione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale il che porta anche ad una violazione dell’articolo 24 della Costituzione.
E’ appena il caso di ricordare che nella prassi precedente si consideravano come pregiudizi distinti e separati il danno biologico e quello cosiddetto morale e si giungeva ad una loro separata liquidazione, per cui attraverso la liquidazione del secondo si poteva tener conto di quelle conseguenze dannose il cui risarcimento avrebbe potuto superare la soglia del quinto di legge.
Con l’attuale indirizzo, che non consente la duplicazione del risarcimento di danni già di fatto risarciti con il danno biologico non è più possibile per le micro permanenti cercare di adeguare il risarcimento alla reale entità del danno quale risultante da situazioni, sia pur particolari, come quelle in precedenza evidenziate, quanto meno prendendo in considerazione quella parte di danno che costituendo una sofferenza dell’individuo, già rientra nel danno biologico. Ed allora si potrebbe cercare di giungere ad una liquidazione adeguata del danno sulla scorta delle allegazioni e prove fornite dal danneggiato al fine di individuare quella norma la cui violazione ha provocato un danno non patrimoniale, ovviamente diverso dal danno biologico inteso nella sua più ampia accezione, operazione questa che per le micro permanenti, in genere, diventa operazione di indubbia difficoltà se non impossibilità, mentre nei casi di cui sopra potrebbe forse risultare una via praticabile.
In punto si ritiene opportuno ricordare essere stato affermato che “…la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell’art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest’ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e non il pregiudizio conseguentemente sofferto che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave ( e cioè superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile ( vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura immaginario).”
(Cass. SS. UU. 19/8/2009 n. 18356; v. anche Cass. 25/9/2009 n. 20684)
5) Violazione dell’articolo 76 della Costituzione per la previsione di un limite non previsto dalla legge delega 23/7/2003 n. 229
La l. n. 229/2003 all’art. 4 dispone testualmente: “ Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15/3/1997 n. 59, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio…”
Il codice delle assicurazioni doveva quindi tutelare i contraenti più deboli con adeguata informazione avendo anche riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del relativo servizio. Ma aver riguardo alla correttezza del processo di liquidazione dei sinistri compresi gli aspetti strutturali del servizio non sembra possa significare anche porre dei limiti al risarcimento, limite questo che non risulta sia stato previsto dalla legge delega.
Si può dunque rilevare come l’introduzione di valori tabellari vincolanti per il Giudice oltre tutto con importi inferiori a quelli normalmente utilizzati dai Tribunali nelle vicende diverse da quelle di cui alla circolazione dei veicoli, si ponga in posizione opposta rispetto ai criteri guida della legge delega che risultano pur sempre indirizzati alla tutela del contraente più debole e comunque del consumatore del servizio assicurativo, posizione questa che indubbiamente può certamente rinvenirsi nell’assicurato che a sensi dell’art. 149 agisca direttamente contro il proprio assicuratore per i danni alla persona che restano contenuti nel limite previsto dall’articolo 139.
Infatti, l’assicurato che come conducente del proprio veicolo abbia riportato un danno alla persona che si sia concretato in una micro permanente, otterrà un risarcimento che non necessariamente potrebbe corrispondere al suo intero danno proprio per la presenza del limite al risarcimento previsto dall’art. 139 richiamato dall’articolo 149, e tanto non pare in linea con la tutela del contraente più debole il ché pare oggi contrastare anche con gli accordi internazionali, se si pensa che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (in G.U. 23/1/2008 n. 223) precisa testualmente all’articolo 38: “ Nella politica dell’Unione è garantito un elevato livello di protezione dei consumatori.”
Da quanto sin qui detto emerge allora come l’articolo139 del d.l.vo n. 209/2005 risulti costituzionalmente illegittimo difettando della necessaria autorizzazione parlamentare e ponendosi quindi in contrasto con l’articolo 76 della Costituzione.
IMPOSSIBILITA’ DI UN’INTERPRETAZIONE COSTITUZIONALMENTE ORIENTATA DELLA NORMA
L’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005 segue di fatto quanto già previsto dall’articolo 5 della legge n. 57/2001 che aveva il chiaro intento di contenere i costi del servizio assicurativo, intento che evidentemente si è inteso proseguire anche con il predetto articolo139.
Ma oltre all’eccesso di delega come sopra evidenziato del quale indubbiamente si deve tenere conto, resta il fatto che un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma non può allo stato, prescindere dagli attuali principi giurisprudenziali, quali recepiti dal diritto vivente ed indirizzati alla personalizzazione della liquidazione del singolo danno alla persona ed al suo intero ristoro cui tende appunto tale operazione.
L’art. 139 del d.l.vo n. 209/2005 non consente invece al Giudice alcuna possibilità di adeguare al caso concreto la sua liquidazione soprattutto nei casi in cui gli importi previsti da detta norma risultino inferiori alla reale entità del danno; per contro, non potrebbe escludersi nemmeno che, in certi casi del tutto particolari, gli importi previsti possano risultare addirittura superiori al danno effettivo ed il Giudice finisca quindi per dover liquidare somma appunto superiore al danno effettivo senza poter intervenire in alcun modo.
Non si vede quindi in quale modo poter salvare la norma con un’interpretazione costituzionalmente orientata.
SULLA RILEVANZA DELLA QUESTIONE DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE FORMULATA
Occorre preliminarmente osservare che nel caso di specie lo stesso assicuratore con sua comunicazione scritta precisò di aver valutato il danno alla persona patito dall’attore riconoscendo un danno biologico dell’1,5% ed una invalidità temporanea massima di giorni10 oltre ad una invalidità temporanea minima di giorni 15, conclusioni queste cui l’attore aderì.
Si tratta di vertenza nella quale non si sono poste discussioni sulla responsabilità che non risulta contestata dall’assicuratrice che, anzi, formulò una precisa offerta, ma si discute essenzialmente sull’entità del danno risarcibile che l’assicuratrice parrebbe aver valutato rigorosamente secondo i parametri dell’art .139 e non tenendo conto del danno morale transeunte, ne delle condizioni soggettive dell’infortunato che, ove considerate, già avrebbero consentito un’offerta di maggior importo in forza dell’aumento del 20% previsto dalla norma. Non si dimentichi che non è da escludersi a priori la possibilità che in determinati casi anche una micro permanente possa provocare un danno non patrimoniale di una certa evidenza.
Peraltro, secondo l’attore, il suo danno supera l’importo offerto dall’assicuratrice e chiede per un suo integrale risarcimento adottarsi quanto meno le tabelle normalmente utilizzate dal Tribunale per le controversie diverse da quelle derivanti dalla circolazione dei veicoli con esclusione dunque della tabella prevista dall’art. 139 cod. assic. a suo avviso non satisfattiva del suo intero danno.
Al di la delle considerazioni che potranno venir fatte in sede di sentenza resta il fatto che la difesa attorea, chiedendo il risarcimento del danno sulla base della tabella ordinaria, tende a superare, di fatto, anche l’eventuale incremento del 20% di cui alla tabella dell’art. 139 e ciò per l’influenza delle lesioni sulla sua vita lavorativa e di relazione che di fatto non si possono escludere a priori, mentre quanto risultante agli atti potrebbe darne conferma, eventualmente anche solo in via indiretta o comunque presuntiva.
A sostegno di tale impostazione si deve rilevare che con una copiosa documentazione relativa a prestazioni mediche corredate con ricevute di esborsi di una certa rilevanza non certo usuale per casi del genere, si tende a comprovare la necessità di terapie antalgiche anche oltre la durata della temporanea con evidenti problematiche fisiche e conseguenti ripercussioni sulla vita di relazione del danneggiato.
Il teste escusso nel corso dell’istruttoria confermò poi che il danneggiato accusa ancora difficoltà nell’effettuare attività che comportino uno spostamento della sua testa con ripercussioni sulla sua attività lavorativa e chiaramente anche sulla sua vita di relazione.
Resta dunque il fatto che l’attuale domanda non potrebbe essere esaminata nella sua completezza, laddove si debbano applicare rigorosamente i criteri dell’art. 139 che impedirebbero di procedere ad una adeguata valutazione del danno o meglio ad una sua personalizzazione alla luce dell’articolo 2059 c.c. come ora concepito dalle Sezioni Unite. E’ allora evidente l’interesse della parte ad una pronuncia sulla legittimità costituzionale di detta norma che, laddove confermata, impedirebbe appunto una valutazione adeguata della sua domanda impedendo comunque una personalizzazione del suo danno quale da essa richiesta, che potrebbe quindi non venir integralmente risarcito.
Tanto precisato la questione di legittimità costituzionale come sopra enunciata appare a questo Giudice seria e non manifestamente infondata e rilevante nel processo il cui esito resta ad essa collegato per cui lo stesso non può essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Torino, visti gli articoli 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1984 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimità costituzionale dell’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 76, della Costituzione nonché del principio della ragionevolezza.
Ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Torino 26 novembre 2009
Depositata il 30 novembre 2009.
Giudice di Pace , sez. V civile, ordinanza 30.11.2009 (Fabio Quadri)
Dopo le note sentenze “gemelle” delle Sezioni Unite della Corti di Cassazione, il dibattito si è spostato sulla risarcibilità o meno del danno morale. Il problema principale è senz’altro da ravvisarsi in quei casi, come quelli previsti dall’art. 139 del C.d.A., laddove il risarcimento è determinato da tabelle stabilite per legge nelle quali non si fa menzione del danno morale ma si “codifica” unicamente il risarcimento del danno biologico.
Il Giudice di Pace di Torino, con l’ordinanza depositata in data 30 novembre 2009, ha ulteriormente approfondito l’argomento ed ha ritenuto che, senza modifica legislativa, l’art. 139 C.d.A. debba ritenrsi incostituzionale.
L’ordinanza in questione spicca senza dubbio per l’approfondimento degli argomenti e per la confutazione di tutte le precedenti ordinanze della Corte Costituzionale sul tema. Crediamo che, questa volta, la Corte Costituzionale non potrà dichiarare semplicemente “l’inammissibilità” della stessa, come ha fatto ripetutamente in passato, ravvisando omissioni o incoerenze nelle varie ordinanze di remissione agli atti. Il Giudice di Pace di Torino, infatti, non ha lasciato nulla al caso ed ha affrontato la questione a 360°, indicando esattamente quali, e perché, siano le norme della carta costituzionale violate e perché non sia possibile dare una “interpretazione costituzionalmente orientata” alla norma. Scriva il Giudice di Pace: “ L’art. 139 del D.Lgs. n. 209/2005 non consente invece al Giudice alcuna possibilità di adeguare al caso concreto la sua liquidazione soprattutto nei casi in cui gli importi previsti da detta norma risultino inferiori alla reale entità del danno; per contro, non potrebbe escludersi nemmeno che, in certi casi del tutto particolari, gli importi previsti possano risultare addirittura superiori al danno effettivo ed il Giudice finisca quindi per dover liquidare somma appunto superiore al danno effettivo senza poter intervenire in alcun modo. Non si vede quindi in quale modo poter salvare la norma con un’interpretazione costituzionalmente orientata”.
Certo che, il numero elevato delle ordinanze trasmesse alla Corte Costituzionale sull’argomento dovrebbe a questo punto far riflettere in maniera un po’ più approfondita i Giudici delle leggi.
(Altalex, 11 dicembre 2009. Nota di Fabio Quadri)
risarcimento
micro-permanenti
Fabio Quadri
Giudice di Pace
Torino
Sezione V Civile
Ordinanza 30 novembre 2009
Nella causa civile iscritta al n.15643/09 del Ruolo Generale
avente per oggetto: risarcimento danni da incidente stradale
Promossa da:
C. D. residente in Torino, ed elettivamente domiciliato in Torino, c. Tassoni, n. 12 presso lo studio dell’avvocato Massimo Perrini che lo rappresenta e difende come da delega in atti.
Contro:
UNIQA PROTEZIONE s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Udine, Viale Venezia n. 99 ed elettivamente domiciliata in Torino c. Matteotti n. 53 presso lo studio dell’avvocato Angelo Formica che la rappresenta e difende in forza di delega in atti.
CONVENUTA
Nonché Contro:
A. T. residente in Rivalta (TO), v, Giaveno n. 46/2
Altro CONVENUTO CONTUMACE
Il Giudice di Pace dott. Polotti di Zumaglia Alberto
ha depositato la seguente
ORDINANZA
Premesso:
- con atto di citazione notificato il 26/3/2009 il sig. C. D. conveniva in giudizio la Uniqa Assicurazioni s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni patiti a seguito di incidente stradale verificatosi il 31/1/2008; asseriva l’attore che in tale data era trasportato sulla Lancia Y targata XXXXXXX di proprietà e condotta dal sig. A. T. assicurata per la responsabilità civile obbligatoria dalla Uniqa Assicurazioni s.p.a., e che detto veicolo veniva urtato dalla Fiat Tipo targata ZZZZZZZ di proprietà del sig. XXXXXXXXXXXXXXXXXX ed assicurata per la responsabilità civile obbligatoria dalla Reale Mutua Assicurazioni;
- all’udienza di comparizione il G.d.P. rilevava la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del vettore che veniva quindi evocato in giudizio dalla difesa attorea senza che peraltro esso vettore provvedesse a costituirsi in giudizio alla successiva udienza, per cui verificata la presenza delle condizioni di legge ne veniva dichiarata la contumacia; sempre all’udienza di comparizione la difesa attorea dichiarava che per mero errore aveva evocato in giudizio l’Uniqa Assicurazioni s.p.a. omettendo l’esatta sua denominazione di Uniqa Protezione e quest’ultima si costituiva regolarmente in giudizio alla successiva udienza dichiarando in sostanza di assumere la gestione della lite in luogo di Uniqa Assicurazioni s.p.a che veniva quindi estromessa dal giudizio;
- espletate le prove ammesse, le parti all’udienza del 19/10/2009 precisavano le conclusioni e chiedevano che la causa venisse trattenuta a sentenza; la difesa attorea chiedeva in via preliminare, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 139 d.l.vo 7/9/2005 n. 209 in riferimento agli articoli 2, 3, 10 , 24 e 32 della Costituzione, sospendersi il giudizio e disporre l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
- la risoluzione della questione di legittimità costituzionale così preliminarmente sollevata può indubbiamente esplicare notevoli conseguenze sulla decisione del giudizio in corso, posto che nello stesso non è in discussione la responsabilità di parte convenuta ma essenzialmente il risarcimento del danno alla persona patito dall’attore per la cui quantificazione dovrebbe farsi obbligatoriamente riferimento a quanto stabilito dall’articolo139 del d.l.vo n. 209/2005, il che non consentirebbe di giungere ad un’adeguata personalizzazione del danno, per cui si ritiene necessario sollevarla per quanto in appresso verrà precisato, sospendendo il giudizio in attesa della decisione della corte Costituzionale;
- le argomentazioni esposte dalla difesa dell’attore possono sinteticamente così riassumersi: premesso che il danno patito dallo stesso attore è tale da non poter essere adeguatamente risarcito in considerazione delle sue particolari caratteristiche che fanno si che la sua quantificazione, ove effettuata con riferimento ad un’adeguata sua personalizzazione come ritenuto dall’attuale evoluzione legislativa esuli dai criteri di legge, vengono effettuate le seguenti critiche all’art 139 del d.lvo n. 209/2005: a) violazione dell’art. 76 della Costituzione da parte di detta norma per l’introduzione di un limite per la liquidazione del danno alla persona non previsto dalla legge delega 23/7/2003 n. 229 ed inferiore a quanto in precedenza liquidato con le tabelle in uso presso i vari tribunali; a 1) illegittimità costituzionale degli artt. 5 della legge n. 57/2001 e 23 della legge n. 273/2002 laddove, a seguito di caducazione dell’art. 139, si giungesse ad una reviviscenza di dette norme dovendosi applicare gli ordinari criteri risarcitori del danno alla persona comunemente adottati dalla giurisprudenza di merito e di legittimità; b) violazione dell’articolo 3 comma 2 della Costituzione a fronte dello squilibrio esistente tra la personalizzazione del danno dell’infortunato effettuata secondo le tabelle in uso presso i vari Tribunali e quella concessa dai criteri di cui all’art. 139 che pongono limiti rigidi, squilibrio che è ancora più evidente se si prende in considerazione anche solo il fatto che un’invalidità del 10%, allo stato, viene liquidata con le suindicate tabelle, mentre quella del 9% viene liquidata con i criteri di detta norma ed ulteriore difformità di trattamento è evidenziabile dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte laddove venne rivisitata la liquidazione del danno non patrimoniale soprattutto con riferimento ai contenuti del danno biologico con conseguente impossibilità di riconoscere il danno morale come in precedenza accadeva nella pratica; c) violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione con riferimento al soggetto danneggiante od alla tipologia della causa del danno; sotto il primo aspetto viene preso in considerazione il fatto che la procedura di risarcimento diretto prevista dall’art. 149 del d.l.vo n. 209/2005 si affianca senza sostituirla, alla procedura ordinaria, nel senso che il danneggiato può agire per il risarcimento del suo danno sia nei confronti della propria assicurazione sia nei confronti del danneggiante con il risultato che nel rapporto assicurato assicuratore operano necessariamente i criteri dell’articolo 139 mentre nel rapporto tra danneggiante e danneggiato regolato dalle norme ordinarie potrebbe aversi una liquidazione dello stesso danno secondo le tabelle in uso presso i singoli Tribunali con risultati ovviamente difformi; riguardo al secondo aspetto viene invece in considerazione il fatto che il danneggiato da eventi della circolazione stradale viene risarcito con i limiti di legge, mentre questi finirebbero per non operare per il soggetto danneggiato da altri eventi; d) violazione degli articoli 2 e 24 della Costituzione in relazione ad una corretta e necessaria personalizzazione del danno, posto che il limitato incremento del 20% concesso dalla legge non tiene conto delle diverse effettive ricadute che uno stesso pregiudizio può provocare a vari soggetti portando ad un livellamento dei risarcimenti soprattutto nella valutazione dei risvolti dinamico relazionali che in concreto possono avere conseguenze differenti da soggetto a soggetto; e) violazione dell’articolo 32 della Costituzione per il mancato risarcimento della sofferenza fisica e morale quale limite del diritto alla salute e ciò in particolare dopo l‘intervento delle Sezioni Unite della Cassazione laddove si ritenga che il danno morale resti compreso nel danno biologico tanto più che il primo non consiste solo nel dolore fisico preso in considerazione nella quantificazione del secondo ma anche nella sofferenza morale. La difesa attorea rilevava infine l’impossibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 139 in relazione ai mutati indirizzi giurisprudenziali quali recepiti dal diritto vivente posto che detta norma non lascia spazi di manovra al giudicante il quale si deve limitare ad un conteggio matematico che impedisce un’adeguata personalizzazione del danno.
OSSERVA
Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 139 del d.l.vo 7/9/2005 n. 209
1) Richiami sui precedenti legislativi e sulle questioni sorte in ordine agli stessi
Prima di procedere all’esame della questione di legittimità costituzionale sollevata è opportuno ricordare quanto a suo tempo osservato in ordine all’articolo 5 della legge 5/3/2001 n. 57 con il quale si introdussero le tabelle per la liquidazione del danno biologico per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento ed all’art. 23 della legge 12/12/2002 n. 273 che introdusse la possibilità di aumento dell’ammontare del danno biologico liquidato in forza di tali tabelle, in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
In ordine al momento in cui entrarono in vigore dette norme, che si può dire rappresentino l’antecedente storico dell’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005, si deve ricordare che lo stesso art. 5 della legge n. 57/2001 prevedeva che i competenti Ministeri provvedessero alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità il che avvenne con il decreto ministeriale 3/7/2003 (in G.U. 11/9/2003 n. 211) per cui l’articolo 5 della legge n. 57/2001 risultò di fatto applicabile solo dopo l’entrata in vigore di detto decreto ministeriale.
Di recente si è osservato che da quel momento venne introdotto “…un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente (sino a 9 punti) in deroga al regime ordinario codificato dall’articolo 2056 c.c. e con la previsione (introdotta da successiva novella n. 273 del 2002) del potere di correzione della stima del danno nella misura del 25%, così delimitando il potere di personalizzazione del danno, ampiamente sostenuto dalla Corte Costituzionale (1986 n. 194) e della Corte di Cassazione (incluso il punto 4.9 del preambolo sistematico delle SU 11/11/1008 n. 26973 e 26974).
Le tabelle ministeriali in questione, per atto amministrativo, appaiono in contrasto con la definizione amplia del danno biologico considerata, anche per le micropermanenti, dall’art. 139 secondo comma del codice delle assicurazioni, che determina la struttura complessa del danno biologico nelle sue quattro componenti essenziali ( fisica e psichica e riferito alle perdite della vita attiva e della vita di relazione), tanto da determinare gli stessi tribunali a ritenerle orientative e non vincolanti, in attesa di una loro riformulazione nel rispetto della forma regolamentare e per decreto presidenziale.” ( così in motivazione Cass.13/5/2009 n. 11048)
Si ritiene poi di ricordare che attenta dottrina, all’entrata in vigore dell’articolo 5 della legge n. 57/2001, rilevò trattarsi di norma di portata generale ma con tre limiti applicativi e cioè causale, oggettivo e temporale. In ordine alla limitazione causale che qui maggiormente può interessare, detta dottrina osservò che tale norma appariva difficilmente compatibile con il combinato disposto degli articoli 3 e 32 Costit. perché se la salute è un bene dell’individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende perché una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi da una caduta dal motorino piuttosto che da una caduta da cavallo; inoltre se l’intento del legislatore era stato quello di eliminare le disparità di trattamento derivanti da diversi orientamenti giurisprudenziali le stesse non sarebbero state eliminate permanendo in tutti quei casi in cui il danno alla salute sia derivato da un fattore estraneo alla circolazione dei veicoli.
La giurisprudenza di merito, con riferimento al richiamato articolo 5 della legge n. 57/2001 sollevò a suo tempo numerose questioni di sua illegittimità costituzionale che si conclusero con le ordinanze della Corte Costituzionale n. 126/2003, 64/2004, 434/2004 e 33/2006 le quali, con varie motivazioni, dichiararono la manifesta inammissibilità delle questioni poste.
Di fatto si deve però rilevare:
- l’ordinanza n. 126/2003 dichiarò la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art 5 della legge n. 57/2001 perché le questioni di incostituzionalità risultarono sollevate con ordinanza “…priva, nel suo complesso, degli elementi idonei a dare valido ingresso al giudizio di legittimità costituzionale, quanto alla necessaria motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza delle questioni stesse, non essendovi sufficienti indicazioni sulle ragioni per cui si configurerebbe la violazione del parametro costituzionale…”;
- l’ordinanza n. 64/2004 si limitò a restituire gli atti al giudice rimettente al fine di una nuova valutazione sulla rilevanza, alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 23 comma 3 della legge n. 273/2002 che aveva sostituito il comma 4 dell’art. 5 della legge n. 57/2001, cui seguì, dopo che il giudice rimettente aveva nuovamente rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, l’ordinanza n. 33/2006 che, a sua volta, rilevò che detto giudice aveva omesso ogni descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale limitandosi a confermare la rilevanza delle questioni evidenziate con la precedente ordinanza di rimessione e la Corte escluse l’idoneità di una motivazione per relationem anche se dello stesso Giudice ed anche se già ad essa sottoposta con conseguente inammissibilità della proposta questione di legittimità;
- l’ordinanza n. 434/2004 affermò che l’art. 5 della legge n. 57/2001 nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti “…è applicabile soltanto all’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo..” per cui trattandosi nel caso di specie di danno di una convenuta che aveva esplicato domanda riconvenzionale senza che poi si sia fatto intervenire nel giudizio l’assicuratore dell’attrice, che tale danno avrebbe dovuto pagare, la questione è stata dichiarata inammissibile, mentre per quanto poteva riguardare l’eventuale rilevanza della questione nel rapporto tra danneggiato e danneggiante la questione è stata dichiarata inammissibile per mancanza di motivazione al riguardo.
Da quanto sin qui rilevato può desumersi che la questione nodale e cioè l’eventuale incostituzionalità di una norma che ponga una tabellazione rigida per la liquidazione delle micro permanenti solo per i danni da circolazione dei veicoli, non è stata di fatto esaminata con riferimento all’art 5 della legge n. 57/2001, posto che le varie ordinanze di rimessione alla Corte vennero respinte solo perché prive di basilari elementi che potessero venir presi in considerazione dalla stessa.
Tanto rende dunque ancora attuali le critiche come sopra ricordate a suo tempo formulate dalla dottrina alla predetta legge n. 57/2001 alle quali, si può tuttora far riferimento, per avvalorare i dubbi di incostituzionalità dell’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005, dubbi, che devono essere ora esaminati anche con riferimento agli attuali indirizzi della giurisprudenza in tema di valutazione del danno alla persona per gli ulteriori motivi che in appresso verranno svolti.
2) Violazione dell’articolo 2 della Costituzione per la fissazione di un limite al risarcimento del danno alla persona senza un adeguato contemperamento degli interessi in gioco.
Il quesito che ci si deve preliminarmente porre è se il legislatore possa stabilire che la vittima di un illecito aquiliano non possa pretendere più di una somma predeterminata a titolo di risarcimento indipendentemente dall’effettiva consistenza del pregiudizio subito.
Di tale questione la Corte Costituzionale ebbe ad occuparsi in svariate occasioni.
Per quanto qui interessa e per i risvolti che le decisioni adottate possono riverberare sulla questione qui sollevata, si può ricordare la sentenza 2/5/1985 n. 132 con la quale la Corte Costituzionale venne chiamata a stabilire se fossero o meno contrari alla Costituzione gli articoli 1 della legge 19/5/1932 n. 841 e 2 della legge 3/12/1962 n. 1832 nella parte in cui, dando esecuzione all’articolo 22 della Convenzione di Varsavia del 12/10/1929 e successive modifiche, stabilivano che la responsabilità del vettore aereo per il risarcimento del danno alla persona fosse contenuta entro il limite di 250.000 franche Poincaré.
In motivazione detta sentenza osservò: “ Si può intanto precisare che l’aver comunque sancito un limite alla responsabilità del vettore non basta ad integrare la prospettata ipotesi di illegittimità costituzionale sebbene importi una deroga al principio del risarcimento integrale del danno …Occorre vedere più da vicino se la limitazione dell’obbligo risarcitorio sia giustificata dallo stesso contesto normativo in cui essa si colloca, nel senso che la denunciata disciplina pattizia riesca a comporre gli interessi del vettore con un sistema di ristoro del danno non lesivo della norma costituzionale di raffronto…Ad avviso della Corte deve trattarsi di una soluzione normativa atta ad assicurare l’equilibrato componimento degli interessi in gioco: e dunque, per un verso sostenuta dalla necessità di non comprimere indebitamente la sfera di iniziativa economica del vettore, per l’altro, congeniata secondo criteri che, in ordine all’imputazione della responsabilità o alla determinazione della consistenza del limite in discorso, comportano idonee e specifiche salvaguardie del diritto fatto valere da chi subisce il danno ….”
Nei termini in cui essa è configurata “.. la norma che di fronte alle lesioni corporee…esclude il ristoro integrale del danno non è assistita da un idoneo titolo giustificativo .
Occorre quindi concludere che essa lede la garanzia eretta dall’articolo 2 Costituzione a presidio inviolabile della persona.”
Come rilevato da attenta dottrina le norme limitatrici della responsabilità del vettore aereo vennero dichiarate costituzionalmente illegittime non perché fissassero un limite al risarcimento, ma perché non realizzavano l’”equo contemperamento” tra l’interesse della vittima al risarcimento integrale e quello del vettore aereo allo svolgimento della propria attività, in particolare non fissando né un meccanismo che garantisse alla vittima la certezza del ristoro ( ad esempio per una responsabilità oggettiva), né criteri di adeguamento dell’importo del massimale.
Si tratta a questo punto di vedere se l’articolo 139 del codice delle assicurazioni violi o meno l’articolo 2 della Costituzione facendo applicazione dei principi come sopra affermati: premesso dunque che la semplice previsione di un tetto risarcitorio non può costituire di per se violazione del richiamato articolo2 Costit, occorre allora vedere se tale norma realizzi l’equo contemperamento degli interessi in gioco.
Ma il contemperamento degli interessi in gioco si deve ammettere che da tale norma non è realizzato, visto che a fronte della rigida limitazione risarcitoria imposta al danneggiato questi non ottiene alcun vantaggio diretto od indiretto nei confronti del responsabile o del suo assicuratore come potrebbe essere ad esempio una responsabilità oggettiva dell’assicuratore stesso. Non pare poi ragionevole sostenere che l’interesse all’esercizio dell’attività assicurativa possa essere ritenuto preminente su quello all’integrale risarcimento del danno alla persona. In sostanza, la sproporzione del trattamento delle rispettive posizioni risulta evidente tanto più se si considera anche che l’assicuratore ha già ottenuto un vantaggio, sul piano commerciale, dall’introduzione dell’obbligatorietà dell’assicurazione contro il rischio della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli.
Di conseguenza, si può rilevare l’assenza dell’equo contemperamento tra i contrapposti interessi che come si è visto è il presupposto della legittimità costituzionale di qualsiasi norma limitativa del diritto al risarcimento e da ciò deriva il contrasto dell’articolo 139 cod. assic. con il richiamato articolo 2 della Costituzione.
A conclusioni similari, sia pur esaminando il problema da diversa angolatura, è pervenuta la giurisprudenza di merito laddove venne precisato: “ Da più parti ci si è interrogati, tenuto conto della valenza costituzionale del risarcimento del danno alla persona, alla luce del secondo comma dell’art. 3 della Costituzione e del principio della necessaria integralità del risarcimento, circa il rischio di illegittimità costituzionale dell’introduzione di limitazioni massime al risarcimento del danno alla persona, che non appaiano ragionevolmente giustificate da un interesse pubblico di rilievo costituzionale.
Almeno in linea di principio non sembra da escludersi la sussistenza di un apprezzabile interesse pubblico all’introduzione di un limite legale massimo al risarcimento, al fine di stabilizzare il mercato assicurativo e soprattutto di garantire una certa uniformità dei risarcimenti sul territorio nazionale di una loro minima prevedibilità da parte degli operatori del settore.
Il riconoscimento astratto dell’ammissibilità dell’introduzione di soglie-limite, di per sé non contrastanti con la Costituzione, non significa però che il legislatore non debba rispettare parametri di ragionevolezza per introdurre le soglie.
E’ in tale scenario che matura il sospetto di incostituzionalità delle norme di cui agli articoli 138 e 139 Codice delle Assicurazioni ove le stesse fossero reinterpretate alla luce del<<nuovo>> art. 2059 c.c. così come concepito dalle Sezioni Unite.” ( così in motivazione Corte d’Appello di Torino 30/10/2009 n. 1315)
3) Violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione con riferimento all’eziologia del danno ed al soggetto danneggiante.
Già si è in precedenza accennato come in dottrina, criticando l’articolo 5 della legge n. 57/2001, si sia osservato come tale norma apparisse difficilmente compatibile con il combinato disposto degli articoli 3 e 32 Costit. perché se la salute è un bene dell’individuo e tutti gli individui sono uguali non si comprende perché una stessa lesione debba essere risarcita in modo diverso a seconda che derivi da una caduta dal motorino piuttosto che da una caduta da cavallo.
Identico ragionamento può ora venir fatto nei confronti dell’articolo 139 codice delle assicurazioni il cui disposto vale nei confronti dei danni alla persona conseguenti alla circolazione dei veicoli ed in caso di azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore non essendovi ragione per discostarsi anche da quanto affermato dall’ordinanza n. 434/2004 in riferimento all’art. 5 della legge n. 57/2001 laddove precisò che detta noma nella parte in cui disciplina la liquidazione delle micropermanenti “…è applicabile soltanto all’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo..”
Ed allora identica lesione può venir risarcita con gli importi di cui al d.m. 19/6/2009 se conseguente a circolazione dei veicoli mentre può venir risarcita con i criteri di cui alla tabella adottata dal Tribunale di Milano, che risulta oggi utilizzata da ben 44 Tribunali (v. Guida al diritto - Dossier n. 9 Novembre 2009, p. 6), se conseguente ad altra e diversa causa, come cadere in una buca stradale, eccetera.
Ma le differenze in termini monetari risultano notevoli se si pensa che nel primo caso in forza del punto base del decreto ministeriale ad un soggetto di dieci anni che abbia riportato un 1% di invalidità da circolazione, viene corrisposto euro 728,16, mentre allo stesso soggetto che abbia riportato sempre un’invalidità dell’1% cadendo in una buca può venir corrisposto l’importo di euro 1.276,00 e con l’aumentare dell’invalidità le differenze risultano ancora maggiori se si pensa che un 9% in un soggetto di 24 anni con la tabella ministeriale viene risarcito con euro 14.017,81 e con euro 18.620,00 con la tabella di Milano.
La differenza di trattamento in presenza di identiche situazioni, che consegue a quanto appena rilevato, risulta allora evidente con conseguente violazione dell’articolo 3 comma 1 della Costituzione.
Quanto appena rilevato si riflette anche nei confronti del soggetto danneggiante tenuto al risarcimento, posto che se questi è un assicuratore contro il quale sia stata proposta l’azione diretta sarà obbligato ad un risarcimento calcolato con i criteri di cui alla tabella ministeriale, mentre tanto non avverrà per il danneggiante tenuto a sensi dell’art. 2043 e seguenti c.c.
Ma le conseguenze di tale situazione possono avere effetti particolari anche nei confronti dell’assicuratore che sia tenuto in forza di un contratto per garanzie che non consentano l’azione diretta contro di esso.
Può di fatto accadere che un soggetto responsabile, ad esempio, a sensi dell’art. 2051 c.c. per danno cagionato da cose in custodia od a sensi dell’art. 2052 c.c. per danni cagionati da animale, venga convenuto in giudizio per rispondere di danni a persona dei quali debba rispondere a sensi di dette norme e venga condannato al risarcimento degli stessi; ma la quantificazione di detti danni potrà essere effettuata non necessariamente con i criteri di cui all’art. 139 codice delle assicurazioni non essendo impedito al giudicante di adottare anche altri criteri che potrebbero essere magari quelli di cui alla tabella di Milano o comunque quella del Tribunale competente.
Ed allora al momento in cui il danneggiante – assicurato si rivolgerà alla propria compagnia di assicurazione per essere manlevato dalle richieste del danneggiato, a sensi dell’art. 1917 c.c., l’assicuratore si troverà a dover intervenire per il risarcimento di un danno liquidato con criteri diversi e quasi sicuramente ben più elevati da quelli che sarebbero stati utilizzati se il danno fosse stato invece provocato dalla circolazione dei veicoli.
Nell’ambito dei giudizi per il risarcimento di danni alla persona da circolazione stradale si potrà avere una situazione anche più complessa come osservato nelle esaurienti e ben motivate note conclusive depositate dalla difesa attorea, nelle quali si rileva come dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 19/6/2009 n. 180 la procedura di risarcimento prevista dall’art. 149 cod. assic. si affianca, senza sostituirla obbligatoriamente, a quella ordinaria, nel senso che al danneggiato è consentito agire sia contro la propria assicuratrice che contro il responsabile del danno, il che comporta risultati economici diversi, visto che, nel primo caso, la liquidazione del danno sarebbe vincolata ai parametri della tabella ministeriale e nel secondo caso si avrebbe invece una liquidazione con i più favorevoli valori tabellari in uso presso i vari Tribunali, con evidenti e irragionevoli disparità di trattamento a seconda del soggetto che venga evocato in giudizio.
La situazione diventa poi ancora più complessa nel caso in cui il danneggiato agisca cumulativamente contro l’assicuratore con l’azione diretta , magari a sensi dell’articolo 149 cod. assic. e contestualmente contro il responsabile del danno a sensi degli artt. 2043- 2054 c.c. con il risultato che al primo potrebbe chiedere il risarcimento del danno da micro permanente ma con il limite della tabella di legge ed al secondo potrebbe chiedere il risarcimento con le altre tabelle per ottenere il totale risarcimento e quest’ultimo potrebbe venir così condannato ad importo superiore a quello invece posto a carico dell’assicuratore per cui per non essere poi esposto in proprio dovrebbe porre una domanda di manleva a sensi dell’art. 1917 c.c. nei confronti del proprio stesso assicuratore.
Da quanto sin qui precisato resta dunque confermata l’irragionevolezza della scelta legislativa con evidente violazione della norma costituzionale ed in particolare dell’art. 3 comma 1.
4) Violazione dell’articolo 3 della Costituzione come principio di uguaglianza dinanzi alla legge sotto il profilo dell’uguale trattamento di situazioni di fatto diverse , dell’articolo 2 per la limitazione all’effettiva tutela giurisdizionale conseguente alla limitazione al risarcimento e dell’articolo 24.
L’articolo 139 cod. assic., fissati i criteri e le misure per il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, come precisa al suo primo comma, prevede al comma 3 che l’ammontare del danno biologico, liquidato a sensi di detta norma, possa essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato.
E’ appena il caso di sottolineare che, in ogni caso, l’aumento del quinto non può prescindere dal concreto accertamento, nel singolo caso, della sussistenza di conseguenze pregiudizievoli ulteriori e diverse rispetto a quelle ordinariamente derivanti da invalidità dello stesso grado di quella accertata, e tali da incidere negativamente su una qualsiasi delle attività vitali cui la vittima era dedita prima del sinistro.
E’ evidente anzitutto che il differente aumento del risarcimento consentito in relazione all’entità delle lesioni, potrebbe porre una certa discriminazione, visto che per le lesioni di lieve entità si è mantenuto il limite del 20% già in precedenza prefissato, mentre per le altre si è previsto il limite del 30% il che peraltro potrebbe essere giustificato dalla maggior importanza di queste ultime.
Si deve però, rilevare, per quanto riguarda le lesioni di lieve entità, che è senz’altro vero che le stesse non comportano, in genere, conseguenze pratiche immediate sull’attività dinamico relazionale del soggetto, ma ciò non può escludere la presenza di casi del tutto particolari nei quali un limite alla personalizzazione può risultare irragionevole.
Basti pensare ad esempio che determinate menomazioni di un ginocchio o di un piede vengono quantificate con percentuali che, a seconda dell’importanza delle medesime, possono venir quantificate dal 5 al 9 %.
Ma le conseguenze di lesioni del genere possono influire anche pesantemente su attività ludico sportive che il singolo infortunato dimostri di praticare. Si pensi ad un soggetto che nel tempo libero partecipi a gare amatoriali di ballo e che in conseguenza di una anchilosi della I metatarso – falangea del piede (per la quale si riconosce un 5%) non possa più ballare a quel livello, dovendo così rinunciare a gareggiare con le soddisfazioni di prima, o ad un soggetto appassionato sciatore che a causa di una ridotta flessione del ginocchio (che può giungere sino al 9%) si ritrovi con evidenti difficoltà a praticare detto sport, dovendo così rinunciare ad escursioni di un certo impegno.
L’adeguamento al caso concreto concesso al giudice per una personalizzazione del danno consente di riconoscere, con la tabella ministeriale attuale, nei casi ipotizzati, ad un soggetto di 40 anni, che abbia riportato un 5% di invalidità per la lesione al piede un risarcimento di euro 4.642,02 per il danno biologico, ed al massimo euro 928,40 (corrispondente all’aumento del 20%) per le conseguenze influenti sugli aspetti dinamico relazionali della sua vita concretantisi nel caso di specie nel non poter più partecipare a gare amatoriali di ballo. Nel caso dello sciatore, sempre quarantenne, che si ritrovi a dover limitare sensibilmente la sua attività sportiva, avremo, per il 9% di riduzione della flessione del ginocchio, euro 12.811,98 per il biologico, ed euro 2.562,39, come massimo di aumento per l’adeguamento del risarcimento al suo reale danno. Come si può rilevare gli aumenti consentiti dalla legge non sono certo tali da compensare i pregiudizi che in tali casi vengono provocati.
Si tratta ovviamente di casi limite che però rappresentano danni rientranti certo nel danno non patrimoniale di cui all’articolo 2059 c.c. che “…costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del cosiddetto danno morale soggettivo ( e cioè della sofferenza contingente e del turbamento d’animo transeunte, determinati da un fatto illecito integrante reato), ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’articolo 185 c.p.)” ( Cass. 19/2/2009 n. 4053)
Resta comunque il fatto che in casi del genere, nei quali le conseguenze delle lesioni influiscono pesantemente sulle condizioni soggettive dei danneggiati, si vengono ad avere liquidazioni in forza dell’art. 139 cod. che non coprono la reale entità del danno, mentre altrettanto non potrebbe dirsi per identiche lesioni che abbiano colpito individui con diverse condizioni soggettive. E’ infatti bensì vero che sarebbe praticamente impossibile trovare due soggetti che conducano vite assolutamente identiche, ma è altrettanto vero che fratture agli arti da cui siano derivate menomazioni motorie provocheranno disagi ben diversi a chi pratichi attività sportiva rispetto a chi non la pratichi.
E tanto evidenzia come il sistema posto in essere con l’articolo 139 cod. assic. porta a trattare in maniera uguale situazioni di fatto diverse con evidente violazione del principio di uguaglianza di fronte alla legge.
La situazione si è però resa ancora più complessa dopo che le Sezioni Unite con la sentenza 11/11/2008 n. 26972 hanno affermato la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale ed hanno anche precisato che “ Quando il fatto illecito integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale, nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato. Tale pregiudizio può essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilità), e può sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali (ad esempio derivanti da lesioni personali o dalla morte di un congiunto): in quest’ultimo caso, però, di esso il giudice dovrà tener conto nella personalizzazione del danno biologico o di quello causato dall’evento luttuoso, mentre non ne è consentita una autonoma liquidazione.”
Ed allora del danno non patrimoniale di cui ai casi particolari in precedenza evidenziati si dovrebbe tenere conto globalmente nella personalizzazione del danno biologico con il limite dell’aumento del 20% che finisce, però, per determinare un livellamento del risarcimento particolarmente con riferimento ai risvolti dinamico relazionali provocati dallo stesso danno.
Di conseguenza, impedendosi al giudicante di personalizzare la liquidazione del danno biologico adeguandola alle caratteristiche del singolo caso concreto con il limite suindicato che porta a concedere importi inadeguati, si deve ammettere la violazione anche dell’articolo 2 della Costituzione determinandosi un’irragionevole compressione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale il che porta anche ad una violazione dell’articolo 24 della Costituzione.
E’ appena il caso di ricordare che nella prassi precedente si consideravano come pregiudizi distinti e separati il danno biologico e quello cosiddetto morale e si giungeva ad una loro separata liquidazione, per cui attraverso la liquidazione del secondo si poteva tener conto di quelle conseguenze dannose il cui risarcimento avrebbe potuto superare la soglia del quinto di legge.
Con l’attuale indirizzo, che non consente la duplicazione del risarcimento di danni già di fatto risarciti con il danno biologico non è più possibile per le micro permanenti cercare di adeguare il risarcimento alla reale entità del danno quale risultante da situazioni, sia pur particolari, come quelle in precedenza evidenziate, quanto meno prendendo in considerazione quella parte di danno che costituendo una sofferenza dell’individuo, già rientra nel danno biologico. Ed allora si potrebbe cercare di giungere ad una liquidazione adeguata del danno sulla scorta delle allegazioni e prove fornite dal danneggiato al fine di individuare quella norma la cui violazione ha provocato un danno non patrimoniale, ovviamente diverso dal danno biologico inteso nella sua più ampia accezione, operazione questa che per le micro permanenti, in genere, diventa operazione di indubbia difficoltà se non impossibilità, mentre nei casi di cui sopra potrebbe forse risultare una via praticabile.
In punto si ritiene opportuno ricordare essere stato affermato che “…la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell’art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e quindi ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest’ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l’interesse leso e non il pregiudizio conseguentemente sofferto che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave ( e cioè superi la soglia minima di tollerabilità, imposta dai doveri di solidarietà sociale) e che il danno non sia futile ( vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura immaginario).”
(Cass. SS. UU. 19/8/2009 n. 18356; v. anche Cass. 25/9/2009 n. 20684)
5) Violazione dell’articolo 76 della Costituzione per la previsione di un limite non previsto dalla legge delega 23/7/2003 n. 229
La l. n. 229/2003 all’art. 4 dispone testualmente: “ Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15/3/1997 n. 59, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio…”
Il codice delle assicurazioni doveva quindi tutelare i contraenti più deboli con adeguata informazione avendo anche riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali del relativo servizio. Ma aver riguardo alla correttezza del processo di liquidazione dei sinistri compresi gli aspetti strutturali del servizio non sembra possa significare anche porre dei limiti al risarcimento, limite questo che non risulta sia stato previsto dalla legge delega.
Si può dunque rilevare come l’introduzione di valori tabellari vincolanti per il Giudice oltre tutto con importi inferiori a quelli normalmente utilizzati dai Tribunali nelle vicende diverse da quelle di cui alla circolazione dei veicoli, si ponga in posizione opposta rispetto ai criteri guida della legge delega che risultano pur sempre indirizzati alla tutela del contraente più debole e comunque del consumatore del servizio assicurativo, posizione questa che indubbiamente può certamente rinvenirsi nell’assicurato che a sensi dell’art. 149 agisca direttamente contro il proprio assicuratore per i danni alla persona che restano contenuti nel limite previsto dall’articolo 139.
Infatti, l’assicurato che come conducente del proprio veicolo abbia riportato un danno alla persona che si sia concretato in una micro permanente, otterrà un risarcimento che non necessariamente potrebbe corrispondere al suo intero danno proprio per la presenza del limite al risarcimento previsto dall’art. 139 richiamato dall’articolo 149, e tanto non pare in linea con la tutela del contraente più debole il ché pare oggi contrastare anche con gli accordi internazionali, se si pensa che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (in G.U. 23/1/2008 n. 223) precisa testualmente all’articolo 38: “ Nella politica dell’Unione è garantito un elevato livello di protezione dei consumatori.”
Da quanto sin qui detto emerge allora come l’articolo139 del d.l.vo n. 209/2005 risulti costituzionalmente illegittimo difettando della necessaria autorizzazione parlamentare e ponendosi quindi in contrasto con l’articolo 76 della Costituzione.
IMPOSSIBILITA’ DI UN’INTERPRETAZIONE COSTITUZIONALMENTE ORIENTATA DELLA NORMA
L’articolo 139 del d.l.vo n. 209/2005 segue di fatto quanto già previsto dall’articolo 5 della legge n. 57/2001 che aveva il chiaro intento di contenere i costi del servizio assicurativo, intento che evidentemente si è inteso proseguire anche con il predetto articolo139.
Ma oltre all’eccesso di delega come sopra evidenziato del quale indubbiamente si deve tenere conto, resta il fatto che un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma non può allo stato, prescindere dagli attuali principi giurisprudenziali, quali recepiti dal diritto vivente ed indirizzati alla personalizzazione della liquidazione del singolo danno alla persona ed al suo intero ristoro cui tende appunto tale operazione.
L’art. 139 del d.l.vo n. 209/2005 non consente invece al Giudice alcuna possibilità di adeguare al caso concreto la sua liquidazione soprattutto nei casi in cui gli importi previsti da detta norma risultino inferiori alla reale entità del danno; per contro, non potrebbe escludersi nemmeno che, in certi casi del tutto particolari, gli importi previsti possano risultare addirittura superiori al danno effettivo ed il Giudice finisca quindi per dover liquidare somma appunto superiore al danno effettivo senza poter intervenire in alcun modo.
Non si vede quindi in quale modo poter salvare la norma con un’interpretazione costituzionalmente orientata.
SULLA RILEVANZA DELLA QUESTIONE DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE FORMULATA
Occorre preliminarmente osservare che nel caso di specie lo stesso assicuratore con sua comunicazione scritta precisò di aver valutato il danno alla persona patito dall’attore riconoscendo un danno biologico dell’1,5% ed una invalidità temporanea massima di giorni10 oltre ad una invalidità temporanea minima di giorni 15, conclusioni queste cui l’attore aderì.
Si tratta di vertenza nella quale non si sono poste discussioni sulla responsabilità che non risulta contestata dall’assicuratrice che, anzi, formulò una precisa offerta, ma si discute essenzialmente sull’entità del danno risarcibile che l’assicuratrice parrebbe aver valutato rigorosamente secondo i parametri dell’art .139 e non tenendo conto del danno morale transeunte, ne delle condizioni soggettive dell’infortunato che, ove considerate, già avrebbero consentito un’offerta di maggior importo in forza dell’aumento del 20% previsto dalla norma. Non si dimentichi che non è da escludersi a priori la possibilità che in determinati casi anche una micro permanente possa provocare un danno non patrimoniale di una certa evidenza.
Peraltro, secondo l’attore, il suo danno supera l’importo offerto dall’assicuratrice e chiede per un suo integrale risarcimento adottarsi quanto meno le tabelle normalmente utilizzate dal Tribunale per le controversie diverse da quelle derivanti dalla circolazione dei veicoli con esclusione dunque della tabella prevista dall’art. 139 cod. assic. a suo avviso non satisfattiva del suo intero danno.
Al di la delle considerazioni che potranno venir fatte in sede di sentenza resta il fatto che la difesa attorea, chiedendo il risarcimento del danno sulla base della tabella ordinaria, tende a superare, di fatto, anche l’eventuale incremento del 20% di cui alla tabella dell’art. 139 e ciò per l’influenza delle lesioni sulla sua vita lavorativa e di relazione che di fatto non si possono escludere a priori, mentre quanto risultante agli atti potrebbe darne conferma, eventualmente anche solo in via indiretta o comunque presuntiva.
A sostegno di tale impostazione si deve rilevare che con una copiosa documentazione relativa a prestazioni mediche corredate con ricevute di esborsi di una certa rilevanza non certo usuale per casi del genere, si tende a comprovare la necessità di terapie antalgiche anche oltre la durata della temporanea con evidenti problematiche fisiche e conseguenti ripercussioni sulla vita di relazione del danneggiato.
Il teste escusso nel corso dell’istruttoria confermò poi che il danneggiato accusa ancora difficoltà nell’effettuare attività che comportino uno spostamento della sua testa con ripercussioni sulla sua attività lavorativa e chiaramente anche sulla sua vita di relazione.
Resta dunque il fatto che l’attuale domanda non potrebbe essere esaminata nella sua completezza, laddove si debbano applicare rigorosamente i criteri dell’art. 139 che impedirebbero di procedere ad una adeguata valutazione del danno o meglio ad una sua personalizzazione alla luce dell’articolo 2059 c.c. come ora concepito dalle Sezioni Unite. E’ allora evidente l’interesse della parte ad una pronuncia sulla legittimità costituzionale di detta norma che, laddove confermata, impedirebbe appunto una valutazione adeguata della sua domanda impedendo comunque una personalizzazione del suo danno quale da essa richiesta, che potrebbe quindi non venir integralmente risarcito.
Tanto precisato la questione di legittimità costituzionale come sopra enunciata appare a questo Giudice seria e non manifestamente infondata e rilevante nel processo il cui esito resta ad essa collegato per cui lo stesso non può essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Torino, visti gli articoli 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1984 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimità costituzionale dell’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 76, della Costituzione nonché del principio della ragionevolezza.
Ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Torino 26 novembre 2009
Depositata il 30 novembre 2009.
Iscriviti a:
Post (Atom)
Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione
Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...
-
Consiglio di Stato sentenza 1162 del 2 marzo 2009 IL DANNO DA RITARDO, TRA DRITTO AMMINISTRATIVO E CIVILE Il danno da ritardo, quindi, non ...
-
La Messa alla prova: cosa è? Con la messa alla prova è consentito all'imputato, nel caso si proceda per reati puniti entro un certo limi...