SEZIONE III CIVILE
Sentenza 15 luglio 2009, n. 16463
Svolgimento del processo
1.- Con sentenza del 25 settembre 2000 il Tribunale di Bologna adito dai coniugi Z.-A. rigettava la domanda da essi proposta contro il notaio S.P., intesa ad ottenere un risarcimento dei danni subiti per effetto di una sua negligenza professionale nella redazione del rogito del (…) circa l'acquisto di un immobile.
In punto di fatto, con citazione del 7 ottobre 1998 i suddetti coniugi, quali proprietari di un appartamento sito in (…), evocavano in giudizio il notaio.
Assumevano gli attori che con il rogito del (….) avevano inteso acquistare una zona terrazza - stenditoio, definita da loro "attico" che, invece, in un contenzioso successivamente instaurato con il condominio e deciso con sentenza n. 74/98 dal Tribunale di Bologna era stata dichiarata, in via incidentale, parzialmente di proprietà condominiale.
Nel costituirsi il notaio contestava la pretesa in fatto e in diritto; confermava la correttezza nella redazione del rogito, attribuiva agli attori la soccombenza nella causa con il condominio, neppure proseguita in appello ed eccepiva la prescrizione dell'azione.
Il Tribunale, come detto, rigettava la domanda dei coniugi.
2.- Contro questa sentenza i coniugi Z. interponevano appello, riproponendo la domanda.
Si costituiva il notaio, che riproponeva le proprie difese.
La Corte di appello, con sentenza non definitiva del 19 luglio 2002, riformava la decisione del giudice di primo grado in punto di responsabilità e rigettava la eccezione di prescrizione e le istanze istruttorie dell'appellato notaio.
Rimessa la causa sul ruolo per la quantificazione del danno e le istanze istruttorie dell'appellato, espletata una CTU sul minore valore del bene, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 16 dicembre 2003, condannava il notaio a corrispondere ai coniugi, a titolo risarcitorio, la somma di euro 39.811,29, oltre rivalutazione secondo indici ISTAT e interessi legali, rivalutati di anno in anno con decorrenza dal 7 ottobre 1998 al saldo, oltre alle spese generali che variamente governava.
Avverso le due sentenze insorge il notaio con un ricorso affidato a 6 motivi.
Resistono con controricorso i coniugi Z.-A..
Il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
1. - Osserva il Collegio che dei sei motivi di ricorso vanno esaminati in ordine logico, il terzo, il primo e il sesto motivo.
1.1. - Infatti, con il terzo motivo (violazione e mancata applicazione dei principi di legittimazione processuale e sostanziale, mancata applicazione dell'articolo 75 c.p.c., dell'articolo 100 c.p.c.: violazione e mancata applicazione dell'articolo 163 c.p.c., in entrambe le sentenze impugnate, con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3) il notaio assume che, avendo i coniugi avviato la loro azione con citazione del 7 ottobre 1998, avrebbero taciuto, fino all'espletamento della CTU, di non essere, al momento della notifica dell'atto di citazione di primo grado, più proprietari dell'immobile, oggetto del rogito.
Avendo essi coniugi venduto l'immobile nel 1994, quattro anni prima della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna n. 74/98, avrebbero essi agito privi di legittimazione e, comunque, non avrebbero interesse alla decisione.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che avrebbe conosciuto ciò solo all'atto della CTU disposta in secondo grado e la Corte di appello nella sentenza definitiva avrebbe del tutto ignorato questa circostanza da lui puntualmente rilevata.
1.2. - La doglianza è priva di fondamento, sia sotto il profilo dell'articolo 75 c.p.c., che sotto quello dell'articolo 100 c.p.c..
Di vero, va tenuto presente che i coniugi, attuali resistenti, agiscono per inadempimento da parte del notaio della sua diligenza professionale e, quindi, gli unici legittimati ad agire, sia sostanzialmente che processualmente, non possono che essere solo loro, che avevano richiesto al notaio di procedere al rogito, concludendo con lui un contratto di opera professionale (Cass. n. 14934/02, par. 5 in motivazione).
E' noto che la legitimatio ad causam dal lato attivo consiste nella pretesa di esercitare in giudizio in nome proprio un diritto proprio, indipendentemente dalla titolarità del diritto azionato, la quale resta "affidata alla disponibilità delle parti.
Gli originari attori hanno agito onde ottenere il risarcimento dei danni, consistiti nel minore valore del bene da loro acquistato, perché, a loro giudizio, il notaio, non usando la diligenza che gli incombeva, avrebbe determinato un deprezzamento del bene stesso, realizzatosi con il minor introito del ricavato al momento della rivendita del bene (Cass. n. 623/77).
Vi è, dunque, in capo ai coniugi un interesse ad agire, in quanto essi tendevano ad ottenere una pronuncia onde conseguire un risultato utile (Cass. n. 13906/02), non altrimenti conseguibile se non con l'intervento del giudice (Cass. n. 4984/01; n. 13901/03).
2. - Circa il primo motivo la Corte osserva quanto segue.
Il ricorrente si duole che il giudice dell'appello non sarebbe stato in grado di individuare, in motivazione, in quale condotta si sarebbe dovuto concretare la diligenza professionale per porre il notaio rogante al riparo da ogni responsabilità professionale (p. 4 ricorso).
Questo motivo non é meritevole di accoglimento.
Di vero (e la censura è indubbiamente rivolta alla sentenza non definitiva, nella parte in cui riporta in sintesi la decisione del giudice di prime cure, per poi mostrare di condividerla (p. 14 - 16), nella sentenza si legge che dal rogito e dagli allegati non emergeva l'acquisto della proprietà' "stenditoio", perché venne citato solo "il terrazzo" che nominalmente è parte distinta dalla porzione a stenditoio; il regolamento condominale non era chiaro; la deposizione testimoniale parla di una parte del terrazzo separata da un cancello, ma non deponeva in modo sicuro per l'uso esclusivo a favore dei coniugi Z. ; l'errore del condominio nelle tabelle millesimali non può integrare valido titolo di proprietà.
In sostanza, il giudice dell'appello ha addebitato al notaio di non aver diligentemente, come era suo obbligo, proceduto a tutti quegli accertamenti preparatori e prodromici per far conseguire alle parti, che lo avevano investito, di conseguire il loro risultato, di cui il notaio stesso non poteva non essere a conoscenza.
Tale statuizione é immune da ogni censura di ordine logico e di ordine giuridico.
Infatti, da una parte il giudice dell'appello si è fatto carico di esaminare tutto il materiale processuale e, in piena aderenza ad esso, ne ha tratto il convincimento della responsabilità del notaio; dall'altro non ha fatto altro che applicare i principi sussistenti in materia di responsabilità contrattuale, qual è quella in esame, del notaio nello svolgimento della sua attività professionale.(p. 16 sentenza non definitiva).
3. - Con il sesto motivo, articolato in due profili, ci si duole della erronea e contraddittoria individuazione della fattispecie come integrante una responsabilità contrattuale e non già extracontrattuale; carenza e contraddittorietà di motivazione sul punto; mancata applicazione della prescrizione in entrambe le sentenze impugnate ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
3.1. - Il primo profilo va respinto per le considerazioni esposte in precedenza, non potendosi accedere alla tesi del ricorrente.
Infatti, non si rinviene alcun elemento per ritenere di natura extracontrattuale la responsabilità del notaio, considerato che egli redasse un rogito, che si rilevò non rispecchiare appieno la volontà delle parti contraenti e specificamente dei coniugi Z. , che a lui si rivolsero, incaricandolo di redigere l'atto, ovviamente previo esame della situazione documentale (titolo di provenienza, visure catastali, regolamento di condominio).
Del secondo profilo di questo motivo, resta assorbito quello relativo alla prescrizione per responsabilità extracontrattuale, mentre della parti in cui ci si duole della non ritenuta prescrizione sotto il profilo della responsabilità contrattuale si tratterà di seguito.
3.2. - Le considerazioni svolte finora in ordine al sesto motivo inducono a ritenere assorbito il quarto motivo, con il quale, ci si duole della sentenze impugnate nella parte in cui hanno deciso sull'an, nonché sul quantum debeatur (p. 14 - 15 ricorso).
4. - Passando all'esame del secondo motivo la Corte osserva quanto segue.
Con esso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2935 c.c., mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione; omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sul punto nel comb. disp. della sentenza non definiva e di quella definitiva ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Questa censura va letta in collegamento con l'altra contenuta nel sesto motivo circa, nella parte riguardante la non ritenuta prescrizione dell'azione (contrattuale) intentata dai coniugi Z. . La doglianza, per le considerazioni che seguono, non merita di essere accolto.
Di vero, é giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, secondo la quale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. n. 16658/07; n. 10493/06).
Nella specie, il giudice dell'appello ha correttamente applicato questo principio e con incontestabile apprezzamento di fatto, perché sorretto da logica e congrua motivazione (v. p. 19 sentenza non definitiva) ha statuito che i coniugi Z. avevano avuto contezza e percezione del danno subito, a cagione della negligenza professionale del notaio, solo dal momento dell'accertamento giudiziale (operato, sia pure, incidenter tantum) dal Tribunale di Bologna con la sent. n. 74/98.
Con quella decisione il danno, subito per la inesatta indicazione della consistenza dell'immobile da essi acquistato nel (…) per rogito del P., ebbe a manifestarsi all'esterno nella sua oggettività, divenendo, per l'effetto, percepibile, conoscibile ed azionabile sul piano della domanda risarcitoria, (come tiene a rilevarne i caratteri per la sua risarcibilità quale intesa dall'articolo 2935 c.c., la sentenza n. 10493/06, in motivazione, con richiami a Cass. n. 9927/00; n. 8845/95; n. 3691/93).
In sintesi, da quel momento il diritto al risarcimento poteva essere fatto valere, come, in effetti, avvenne.
Il quinto motivo censura le decisioni (non definitiva e definitiva) del giudice dell'appello, in quanto non sarebbe stato valutato il comportamento dei compratori (i coniugi Z. n.d.r.) "anche al fine di valutare un concorso di colpa nella causazione o nell'aggravamento del preteso danno" e, nello steso tempo avrebbe quel giudice "individuato e quantificato un danno inesistente e in ogni caso non adeguatamente accertato" (p. 15 ricorso).
Questa doglianza è inammissibile, in quanto non sembra proposta nella fase del merito.
Conclusivamente il ricorso va respinto, ma si rinvengono giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetto il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.