martedì 27 ottobre 2009

Quando il Notaio è Responsabile: tempi e prescrizione

Notaio, responsabilità, prescrizione, dies a quo, danno lungo latente


Cassazione civile , sez. III, sentenza 15.07.2009 n° 16463





In tema di responsabilità del notaio, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato. (1-6)



(*) Riferimenti normativi: artt. 1218 – 2935 c.c..

(1) In materia di responsabilità del notaio e natura di valore del debito risarcitorio, si veda Cassazione civile 1335/09.

(2) In materia di responsabilità del notaio ed omesse visure, si veda Cassazione civile 28753/2008.

(3) In materia di responsabilità del notaio e rappresentante legale di società iscritto nell’elenco dei protestati per un assegno a vuoto, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 06.05.2008 n° 11049.

(4) In materia di responsabilità del notaio e mancata agevolazione fiscale, si veda Cassazione civile 7857/2008.

(5) In materia di obbligo per il notaio di accertare la provenienza del bene, si veda Tribunale di Mantova 30 luglio 2007.

(6) Tra le monografie, si veda ZINGAROPOLI (Collana diretta da Luigi Viola), La responsabilità del notaio, Matelica (MC), 2006.



(Fonte: Altalex Massimario 37/2009. Cfr. nota di Raffaele Plenteda)

 

 

 

 






SEZIONE III CIVILE



Sentenza 15 luglio 2009, n. 16463



Svolgimento del processo



1.- Con sentenza del 25 settembre 2000 il Tribunale di Bologna adito dai coniugi Z.-A. rigettava la domanda da essi proposta contro il notaio S.P., intesa ad ottenere un risarcimento dei danni subiti per effetto di una sua negligenza professionale nella redazione del rogito del (…) circa l'acquisto di un immobile.



In punto di fatto, con citazione del 7 ottobre 1998 i suddetti coniugi, quali proprietari di un appartamento sito in (…), evocavano in giudizio il notaio.



Assumevano gli attori che con il rogito del (….) avevano inteso acquistare una zona terrazza - stenditoio, definita da loro "attico" che, invece, in un contenzioso successivamente instaurato con il condominio e deciso con sentenza n. 74/98 dal Tribunale di Bologna era stata dichiarata, in via incidentale, parzialmente di proprietà condominiale.



Nel costituirsi il notaio contestava la pretesa in fatto e in diritto; confermava la correttezza nella redazione del rogito, attribuiva agli attori la soccombenza nella causa con il condominio, neppure proseguita in appello ed eccepiva la prescrizione dell'azione.



Il Tribunale, come detto, rigettava la domanda dei coniugi.



2.- Contro questa sentenza i coniugi Z. interponevano appello, riproponendo la domanda.



Si costituiva il notaio, che riproponeva le proprie difese.



La Corte di appello, con sentenza non definitiva del 19 luglio 2002, riformava la decisione del giudice di primo grado in punto di responsabilità e rigettava la eccezione di prescrizione e le istanze istruttorie dell'appellato notaio.



Rimessa la causa sul ruolo per la quantificazione del danno e le istanze istruttorie dell'appellato, espletata una CTU sul minore valore del bene, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 16 dicembre 2003, condannava il notaio a corrispondere ai coniugi, a titolo risarcitorio, la somma di euro 39.811,29, oltre rivalutazione secondo indici ISTAT e interessi legali, rivalutati di anno in anno con decorrenza dal 7 ottobre 1998 al saldo, oltre alle spese generali che variamente governava.



Avverso le due sentenze insorge il notaio con un ricorso affidato a 6 motivi.



Resistono con controricorso i coniugi Z.-A..



Il ricorrente ha presentato memoria.



Motivi della decisione



1. - Osserva il Collegio che dei sei motivi di ricorso vanno esaminati in ordine logico, il terzo, il primo e il sesto motivo.



1.1. - Infatti, con il terzo motivo (violazione e mancata applicazione dei principi di legittimazione processuale e sostanziale, mancata applicazione dell'articolo 75 c.p.c., dell'articolo 100 c.p.c.: violazione e mancata applicazione dell'articolo 163 c.p.c., in entrambe le sentenze impugnate, con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3) il notaio assume che, avendo i coniugi avviato la loro azione con citazione del 7 ottobre 1998, avrebbero taciuto, fino all'espletamento della CTU, di non essere, al momento della notifica dell'atto di citazione di primo grado, più proprietari dell'immobile, oggetto del rogito.



Avendo essi coniugi venduto l'immobile nel 1994, quattro anni prima della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna n. 74/98, avrebbero essi agito privi di legittimazione e, comunque, non avrebbero interesse alla decisione.



Il ricorrente, inoltre, sostiene che avrebbe conosciuto ciò solo all'atto della CTU disposta in secondo grado e la Corte di appello nella sentenza definitiva avrebbe del tutto ignorato questa circostanza da lui puntualmente rilevata.



1.2. - La doglianza è priva di fondamento, sia sotto il profilo dell'articolo 75 c.p.c., che sotto quello dell'articolo 100 c.p.c..



Di vero, va tenuto presente che i coniugi, attuali resistenti, agiscono per inadempimento da parte del notaio della sua diligenza professionale e, quindi, gli unici legittimati ad agire, sia sostanzialmente che processualmente, non possono che essere solo loro, che avevano richiesto al notaio di procedere al rogito, concludendo con lui un contratto di opera professionale (Cass. n. 14934/02, par. 5 in motivazione).



E' noto che la legitimatio ad causam dal lato attivo consiste nella pretesa di esercitare in giudizio in nome proprio un diritto proprio, indipendentemente dalla titolarità del diritto azionato, la quale resta "affidata alla disponibilità delle parti.



Gli originari attori hanno agito onde ottenere il risarcimento dei danni, consistiti nel minore valore del bene da loro acquistato, perché, a loro giudizio, il notaio, non usando la diligenza che gli incombeva, avrebbe determinato un deprezzamento del bene stesso, realizzatosi con il minor introito del ricavato al momento della rivendita del bene (Cass. n. 623/77).



Vi è, dunque, in capo ai coniugi un interesse ad agire, in quanto essi tendevano ad ottenere una pronuncia onde conseguire un risultato utile (Cass. n. 13906/02), non altrimenti conseguibile se non con l'intervento del giudice (Cass. n. 4984/01; n. 13901/03).



2. - Circa il primo motivo la Corte osserva quanto segue.



Il ricorrente si duole che il giudice dell'appello non sarebbe stato in grado di individuare, in motivazione, in quale condotta si sarebbe dovuto concretare la diligenza professionale per porre il notaio rogante al riparo da ogni responsabilità professionale (p. 4 ricorso).



Questo motivo non é meritevole di accoglimento.



Di vero (e la censura è indubbiamente rivolta alla sentenza non definitiva, nella parte in cui riporta in sintesi la decisione del giudice di prime cure, per poi mostrare di condividerla (p. 14 - 16), nella sentenza si legge che dal rogito e dagli allegati non emergeva l'acquisto della proprietà' "stenditoio", perché venne citato solo "il terrazzo" che nominalmente è parte distinta dalla porzione a stenditoio; il regolamento condominale non era chiaro; la deposizione testimoniale parla di una parte del terrazzo separata da un cancello, ma non deponeva in modo sicuro per l'uso esclusivo a favore dei coniugi Z. ; l'errore del condominio nelle tabelle millesimali non può integrare valido titolo di proprietà.



In sostanza, il giudice dell'appello ha addebitato al notaio di non aver diligentemente, come era suo obbligo, proceduto a tutti quegli accertamenti preparatori e prodromici per far conseguire alle parti, che lo avevano investito, di conseguire il loro risultato, di cui il notaio stesso non poteva non essere a conoscenza.



Tale statuizione é immune da ogni censura di ordine logico e di ordine giuridico.



Infatti, da una parte il giudice dell'appello si è fatto carico di esaminare tutto il materiale processuale e, in piena aderenza ad esso, ne ha tratto il convincimento della responsabilità del notaio; dall'altro non ha fatto altro che applicare i principi sussistenti in materia di responsabilità contrattuale, qual è quella in esame, del notaio nello svolgimento della sua attività professionale.(p. 16 sentenza non definitiva).



3. - Con il sesto motivo, articolato in due profili, ci si duole della erronea e contraddittoria individuazione della fattispecie come integrante una responsabilità contrattuale e non già extracontrattuale; carenza e contraddittorietà di motivazione sul punto; mancata applicazione della prescrizione in entrambe le sentenze impugnate ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.



3.1. - Il primo profilo va respinto per le considerazioni esposte in precedenza, non potendosi accedere alla tesi del ricorrente.



Infatti, non si rinviene alcun elemento per ritenere di natura extracontrattuale la responsabilità del notaio, considerato che egli redasse un rogito, che si rilevò non rispecchiare appieno la volontà delle parti contraenti e specificamente dei coniugi Z. , che a lui si rivolsero, incaricandolo di redigere l'atto, ovviamente previo esame della situazione documentale (titolo di provenienza, visure catastali, regolamento di condominio).



Del secondo profilo di questo motivo, resta assorbito quello relativo alla prescrizione per responsabilità extracontrattuale, mentre della parti in cui ci si duole della non ritenuta prescrizione sotto il profilo della responsabilità contrattuale si tratterà di seguito.



3.2. - Le considerazioni svolte finora in ordine al sesto motivo inducono a ritenere assorbito il quarto motivo, con il quale, ci si duole della sentenze impugnate nella parte in cui hanno deciso sull'an, nonché sul quantum debeatur (p. 14 - 15 ricorso).



4. - Passando all'esame del secondo motivo la Corte osserva quanto segue.



Con esso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2935 c.c., mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione; omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sul punto nel comb. disp. della sentenza non definiva e di quella definitiva ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.



Questa censura va letta in collegamento con l'altra contenuta nel sesto motivo circa, nella parte riguardante la non ritenuta prescrizione dell'azione (contrattuale) intentata dai coniugi Z. . La doglianza, per le considerazioni che seguono, non merita di essere accolto.



Di vero, é giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, secondo la quale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. n. 16658/07; n. 10493/06).



Nella specie, il giudice dell'appello ha correttamente applicato questo principio e con incontestabile apprezzamento di fatto, perché sorretto da logica e congrua motivazione (v. p. 19 sentenza non definitiva) ha statuito che i coniugi Z. avevano avuto contezza e percezione del danno subito, a cagione della negligenza professionale del notaio, solo dal momento dell'accertamento giudiziale (operato, sia pure, incidenter tantum) dal Tribunale di Bologna con la sent. n. 74/98.



Con quella decisione il danno, subito per la inesatta indicazione della consistenza dell'immobile da essi acquistato nel (…) per rogito del P., ebbe a manifestarsi all'esterno nella sua oggettività, divenendo, per l'effetto, percepibile, conoscibile ed azionabile sul piano della domanda risarcitoria, (come tiene a rilevarne i caratteri per la sua risarcibilità quale intesa dall'articolo 2935 c.c., la sentenza n. 10493/06, in motivazione, con richiami a Cass. n. 9927/00; n. 8845/95; n. 3691/93).



In sintesi, da quel momento il diritto al risarcimento poteva essere fatto valere, come, in effetti, avvenne.



Il quinto motivo censura le decisioni (non definitiva e definitiva) del giudice dell'appello, in quanto non sarebbe stato valutato il comportamento dei compratori (i coniugi Z. n.d.r.) "anche al fine di valutare un concorso di colpa nella causazione o nell'aggravamento del preteso danno" e, nello steso tempo avrebbe quel giudice "individuato e quantificato un danno inesistente e in ogni caso non adeguatamente accertato" (p. 15 ricorso).



Questa doglianza è inammissibile, in quanto non sembra proposta nella fase del merito.



Conclusivamente il ricorso va respinto, ma si rinvengono giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.



P.Q.M.



La Corte:



Rigetto il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.








Materiale di lex, iuris et praxis ....

Normativa





Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 16/10/2009 n. 3817





Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile





Provvedimento Agenzia del territorio 15/10/2009





Approvazione delle specifiche tecniche e della procedura Docfa 4 per le dichiarazioni delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e di variazione nello stato, consistenza e destinazione delle unità immobiliari censite.





Decreto Ministero dell'economia e delle finanze 1/10/2009





Monitoraggio semestrale del patto di stabilità interno per l'anno 2009 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti





Normativa regionale





Campania





Legge Regionale Campania 5/8/2009 n. 11





Variazione al bilancio di previsione della regione Campania per l'anno finanziario 2009





Piemonte





Legge Regionale Piemonte 5/10/2009 n. 23





Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2008





Giurisprudenza





Corte di Cassazione Civile 14/10/2009 n. 21764





ICI - Base imponibile delle aree fabbricabili - individuazione della edificabilità di un'area - determinazione del valore da parte del comune





Corte di Cassazione Civile sez.V 9/10/2009 n. 21459





Contenzioso - Riscossione - Concessionario - Giudizio con l’Avvocato





Tribunale Amministrativo Regionale Sicilia Palermo sez.I 1/10/2009 n. 1550





1. Enti locali - Determinazione delle tariffe per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Natura - Atto generale - Motivazione - Necessità





2. Enti locali - Regione siciliana - Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Variazione della (tarsu) - Competenza - Spetta al consiglio comunale





Tribunale Amministrativo Regionale Toscana sez.I 8/9/2009 n. 1430





Affidamenti in house di servizi pubblici locali a rilevanza economica





Prassi





Circolare Ministero dell'interno - Dip. affari interni e territoriali 20/10/2009 n. F.L. 13





Certificato del rendiconto al bilancio 2008 - ulteriori istruzioni circa la compilazione





Comunicato Stampa Agenzia del territorio 19/10/2009





Adozione della procedura docfa 4 per la dichiarazione delle unita' immobiliari urbane al catasto edilizio urbano





Deliberazione Corte dei Conti - sez. regionale controllo per l'Emilia Romagna 18/9/2009 n. 373





Aumento dei tributi comunali - Richiesta di parere dal Sindaco di ................ riguardante l'aumento di alcune imposte comunali conseguente alla riclassificazione del comune, per aumento della popolazione

Materiale di lex, iuris et praxis ....

Normativa


Ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 16/10/2009 n. 3817


Ulteriori interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile


Provvedimento Agenzia del territorio 15/10/2009


Approvazione delle specifiche tecniche e della procedura Docfa 4 per le dichiarazioni delle unità immobiliari urbane di nuova costruzione e di variazione nello stato, consistenza e destinazione delle unità immobiliari censite.


Decreto Ministero dell'economia e delle finanze 1/10/2009


Monitoraggio semestrale del patto di stabilità interno per l'anno 2009 per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti


Normativa regionale


Campania


Legge Regionale Campania 5/8/2009 n. 11


Variazione al bilancio di previsione della regione Campania per l'anno finanziario 2009


Piemonte


Legge Regionale Piemonte 5/10/2009 n. 23


Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2008


Giurisprudenza


Corte di Cassazione Civile 14/10/2009 n. 21764


ICI - Base imponibile delle aree fabbricabili - individuazione della edificabilità di un'area - determinazione del valore da parte del comune


Corte di Cassazione Civile sez.V 9/10/2009 n. 21459


Contenzioso - Riscossione - Concessionario - Giudizio con l’Avvocato


Tribunale Amministrativo Regionale Sicilia Palermo sez.I 1/10/2009 n. 1550


1. Enti locali - Determinazione delle tariffe per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Natura - Atto generale - Motivazione - Necessità


2. Enti locali - Regione siciliana - Tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Variazione della (tarsu) - Competenza - Spetta al consiglio comunale


Tribunale Amministrativo Regionale Toscana sez.I 8/9/2009 n. 1430


Affidamenti in house di servizi pubblici locali a rilevanza economica


Prassi


Circolare Ministero dell'interno - Dip. affari interni e territoriali 20/10/2009 n. F.L. 13


Certificato del rendiconto al bilancio 2008 - ulteriori istruzioni circa la compilazione


Comunicato Stampa Agenzia del territorio 19/10/2009


Adozione della procedura docfa 4 per la dichiarazione delle unita' immobiliari urbane al catasto edilizio urbano


Deliberazione Corte dei Conti - sez. regionale controllo per l'Emilia Romagna 18/9/2009 n. 373


Aumento dei tributi comunali - Richiesta di parere dal Sindaco di ................ riguardante l'aumento di alcune imposte comunali conseguente alla riclassificazione del comune, per aumento della popolazione

focus in economia: Il Collegio Sindacale



ABSTRACT



Il collegio sindacale è l’organo di controllo giuridico – amministrativo delle società e nelle S.p.A. questa funzione è naturalmente scissa dal controllo contabile che è affidato al revisore contabile o al collegio dei revisori contabili. Nelle S.r.l., salvo che lo statuto non preveda diversamente, le funzioni di controllo giuridico- amministrativo e contabile sono accentrate nelle mani di sindaci che esplicano entrambe le funzioni. Per la loro attività il codice civile prevede un compenso che va classificato nella voce del Conto Economico B 7).







ASPETTI GENERALI







Il collegio sindacale costituisce ai sensi nelle S.p.A. (2400 e s.s. del c.c.) e nelle S.r.l. (2477 del c.c.) l’organo di controllo giuridico- amministrativo al quale spettano i seguenti compiti:



1) controllare l'amministrazione della società,;



2) vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo;



3) accertare la regolare tenuta della contabilità sociale, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili;



4) l'osservanza delle norme stabilite dall'articolo 2426 per la valutazione del patrimonio sociale;



5) accertare almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà sociale o ricevuti dalla società in pegno, cauzione o custodia.







Nelle S.p.A., come dicevamo in premessa, il controllo contabile è scisso dal controllo legale, con la conseguenza che le società con la governance delle S.p.A. potrebbero trovarsi nella condizione di essere esonerate dall’obbligo di nominare i sindaci, ma essere obbligate a nominare i revisori contabili o in forma di organo monocratico o in forma di organo collegiale.







ASPETTI GIURIDICI







Il compenso dei sindaci è regolato dall’art. 37 della Tariffa professionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (DPR n. 645/1994). Le attività regolamentate dalla tariffa sono le seguenti:







a) verifiche trimestrali;



b) controllo del bilancio e dei documenti accompagnatori;



c) partecipazioni alle riunioni degli amministratori e alle assemblee dei soci.

focus in economia: Il Collegio Sindacale


ABSTRACT

Il collegio sindacale è l’organo di controllo giuridico – amministrativo delle società e nelle S.p.A. questa funzione è naturalmente scissa dal controllo contabile che è affidato al revisore contabile o al collegio dei revisori contabili. Nelle S.r.l., salvo che lo statuto non preveda diversamente, le funzioni di controllo giuridico- amministrativo e contabile sono accentrate nelle mani di sindaci che esplicano entrambe le funzioni. Per la loro attività il codice civile prevede un compenso che va classificato nella voce del Conto Economico B 7).



ASPETTI GENERALI



Il collegio sindacale costituisce ai sensi nelle S.p.A. (2400 e s.s. del c.c.) e nelle S.r.l. (2477 del c.c.) l’organo di controllo giuridico- amministrativo al quale spettano i seguenti compiti:

1) controllare l'amministrazione della società,;

2) vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo;

3) accertare la regolare tenuta della contabilità sociale, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili;

4) l'osservanza delle norme stabilite dall'articolo 2426 per la valutazione del patrimonio sociale;

5) accertare almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà sociale o ricevuti dalla società in pegno, cauzione o custodia.



Nelle S.p.A., come dicevamo in premessa, il controllo contabile è scisso dal controllo legale, con la conseguenza che le società con la governance delle S.p.A. potrebbero trovarsi nella condizione di essere esonerate dall’obbligo di nominare i sindaci, ma essere obbligate a nominare i revisori contabili o in forma di organo monocratico o in forma di organo collegiale.



ASPETTI GIURIDICI



Il compenso dei sindaci è regolato dall’art. 37 della Tariffa professionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (DPR n. 645/1994). Le attività regolamentate dalla tariffa sono le seguenti:



a) verifiche trimestrali;

b) controllo del bilancio e dei documenti accompagnatori;

c) partecipazioni alle riunioni degli amministratori e alle assemblee dei soci.

News e varie ... di rilevanza giuridica e anche politica

Rassegna di notizie







- Diritto costituzionale, procedura penale:





CORTE COSTITUZIONALE:





NO ALLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO PENALE PER LE ALTE CARICHE DELLO STATO













La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato).













Sotto un primo profilo la Consulta ha affermato che:













- "Il problema dell’individuazione dei limiti quantitativi e qualitativi delle prerogative assume una particolare importanza nello Stato di diritto, perché, da un lato, come già rilevato da questa Corte, «alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione» (sentenza n. 24 del 2004) e, dall’altro, gli indicati istituti di protezione non solo implicano necessariamente una deroga al suddetto principio, ma sono anche diretti a realizzare un delicato ed essenziale equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, potendo incidere sulla funzione politica propria dei diversi organi. Questa complessiva architettura istituzionale, ispirata ai princípi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, esige che la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione debba essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non è consentito al legislatore ordinario alterare né in peius né in melius.













Tale conclusione, dunque, non deriva dal riconoscimento di una espressa riserva di legge costituzionale in materia, ma dal fatto che le suddette prerogative sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale. Tali sono, ad esempio, le norme che attengono alle funzioni connesse alle alte cariche considerate dalla norma denunciata, come: l’art. 68 Cost., il quale prevede per i parlamentari (e, quindi, anche per i Presidenti delle Camere) alcune prerogative sostanziali e processuali in relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati anche extrafunzionali (secondo e terzo comma); l’art. 90 Cost., il quale prevede l’irresponsabilità del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; l’art. 96 Cost., il quale prevede per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la sottoposizione alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, secondo modalità stabilite con legge costituzionale".













Sotto un secondo profilo, la Consulta ha argomentato come segue:













- "La denunciata sospensione è, infatti, derogatoria rispetto al regime processuale comune, perché si applica solo a favore dei titolari di quattro alte cariche dello Stato, con riferimento ai processi instaurati nei loro confronti, per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi e, in particolare, ai reati extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica. La deroga si risolve, in particolare, in una evidente disparità di trattamento delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini che, pure, svolgono attività che la Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzioni pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora piú generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale o spirituale della società (art. 4, secondo comma, Cost.).













È ben vero che il principio di uguaglianza comporta che, se situazioni uguali esigono uguale disciplina, situazioni diverse possono richiedere differenti discipline. Tuttavia, in base alla giurisprudenza di questa Corte citata al punto 7.3.1., deve ribadirsi che, nel caso in cui la differenziazione di trattamento di fronte alla giurisdizione riguardi il titolare o un componente di un organo costituzionale e si alleghi, quale ragione giustificatrice di essa, l’esigenza di proteggere le funzioni di quell’organo, si rende necessario che un tale ius singulare abbia una precisa copertura costituzionale. Si è visto, infatti, che il complessivo sistema delle suddette prerogative è regolato da norme di rango costituzionale, in quanto incide sull’equilibrio dei poteri dello Stato e contribuisce a connotare l’identità costituzionale dell’ordinamento.













Le pur significative differenze che esistono sul piano strutturale e funzionale tra i Presidenti e i componenti di detti organi non sono tali da alterare il complessivo disegno del Costituente, che è quello di attribuire, rispettivamente, alle Camere e al Governo, e non ai loro Presidenti, la funzione legislativa (art. 70 Cost.) e la funzione di indirizzo politico ed amministrativo (art. 95 Cost.). Non è, infatti, configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perché egli non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l’unità, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri e ricopre, perciò, una posizione tradizionalmente definita di primus inter pares".













La Corte ha così concluso: "la sospensione processuale prevista dalla norma censurata è diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, crea un’evidente disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistono, pertanto, entrambi i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con conseguente inidoneità della legge ordinaria a disciplinare la materia. In particolare, la normativa censurata attribuisce ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status protettivo, che non è desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e che, pertanto, è privo di copertura costituzionale. Essa, dunque, non costituisce fonte di rango idoneo a disporre in materia".













(Corte Costituzionale, Sentenza 19 ottobre 2009, n.262: Sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato - Incostituzionalità).













- Diritto processuale civile, diritto della responsabilità civile e risarcimento dei danni:





CASSAZIONE CIVILE:





RISARCIMENTO DEL DANNO FUTURO DI SOGGETTO NON PRODUTTIVO DI REDDITO













La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla risarcibilità e sulle modalità di liquidazione del danno patrimoniale futuro di soggetti non ancora produttivi di reddito a causa della giovane (o giovanissima) età.













La Corte afferma innanzitutto che “è indubbia la validità generale (e quindi anche nelle fattispecie come quella in esame) del principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) e del principio secondo cui (ex art. 1226 cod. civ.) è consentita la liquidazione equitativa del danno solo se quest’ultimo è provato (o non è contestato) nella sua esistenza e non dimostrabile, se non con grande difficoltà, nel suo preciso ammontare”.













Secondo la Corte “il modo con cui tali due principi sono stati applicati ha talora condotto a rendere in sostanza la liquidabilità del danno in questione meramente teorica ma non concretamente realizzabile in pratica”, e aggiunge “È in realtà ovvio che è (quasi) sempre impossibile dare la prova rigorosa, precisa ed incontestabile di un danno futuro; infatti, persino se il danneggiato produceva un reddito al momento del sinistro, l’evoluzione successiva della sua capacità di produrlo (ovviamente nell’eventualità che il sinistro medesimo non si fosse verificato) può essere oggetto solo di un giudizio prognostico meramente probabilistico (potrebbe infatti persino accadere che in concreto tale capacità venga successivamente a mancare) basato su presunzioni; la più importante e basilare delle quali è certamente costituita dall’entità del reddito già prodotto. È palese che tale impossibilità è ancora più evidente nell’ipotesi di danneggiato che al momento del sinistro non produceva reddito, in quanto in tal caso viene meno pure quell’elemento presuntivo che è costituito dall’entità del reddito già prodotto”.













Tuttavia, “Ciò non significa però che tale danneggiato debba sempre e comunque restare privato (applicando un errato “rigore” interpretativo che porterebbe in concreto ad escludere sempre la liquidabilità in questione) del risarcimento del danno patrimoniale; che ben può essere liquidato invece in base ad una corretta interpretazione della normativa in questione (in particolare in tema di presunzioni). Va precisato a questo punto che è nell’ordine naturale delle cose che un soggetto ancora in età scolastica, qualora non abbia particolari deficienze, in futuro produrrà un reddito. Si potrà discutere in ordine all’entità di tale presumibile reddito futuro in relazione agli elementi prognostici offerti, con riferimento allo specifico soggetto in questione, dalle risultanze processuali della particolare causa di cui si tratta”.













La Cassazione ha così elaborato questo principio di diritto (nel solco di un ormai consolidato filone interpretativo): “In tema di risarcimento di danno patrimoniale subito da una persona minore o comunque in età giovanile, qualora sia accertata non una “micro permanente” ma una percentuale superiore di invalidità permanente, la mera circostanza che il soggetto danneggiato, all’epoca dell’incidente, non avesse una specifica capacità professionale e non svolgesse attività lavorativa non autorizza ad escludere un danno futuro solo sulla base di ciò e senza ulteriori indagini. Al contrario il Giudice, con giudizio prognostico fondato su basi probabilistiche, deve valutare se ed in che misura i postumi permanenti ridurranno la futura capacità di guadagno di detta persona, tenendo conto in primo luogo della percentuale di invalidità medicalmente accertata, della natura e qualità dei postumi stessi, dell’orientamento eventualmente manifestato dal danneggiato medesimo verso una determinata attività redditizia, degli studi da lui portati a termine, dell’educazione ricevuta dalla famiglia nonché delle presumibili opportunità di lavoro che si presenteranno al danneggiato anche in relazione al prevedibile futuro mercato del lavoro; ed in secondo luogo della posizione sociale ed economica di quest’ultima; nonché di ogni altra circostanza rilevante (ferma restando la possibilità per colui che è chiamato a rispondere di dette lesioni di dimostrare che il minore, da quel particolare tipo di invalidità, non risentirà alcun danno o risentirà danni minori rispetto a quelli prospettati). In assenza di riscontri concreti dai quali desumere gli elementi suddetti, (e, perciò, in mancanza della possibilità di ricorrere alla prova presuntiva), la liquidazione potrà avvenire attraverso il ricorso al triplo della pensione sociale. La scelta tra l’uno o l’altro tipo di liquidazione costituisce un giudizio tipicamente di merito ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata”.













(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, 30 settembre 2009, n.20943: Risarcimento danno futuro del giovane).













- Diritto immobiliare, del condominio e dei diritti reali, diritto processuale civile:





CASSAZIONE CIVILE:





PARCHEGGIO PERTINENZIALE NEL SOTTOSUOLO CONDOMINIALE













La Cassazione ha giudicato del tutto corrette le motivazioni e le conclusioni ha cui è pervenuta la Corte d'appello in un giudizio relativo alla realizzazione di parcheggi pertinenziali nel sottosuolo del condominio.













In particolare:





- la sottrazione del sottosuolo comune al pari uso di tutti i condomini per la edificazione di autorimesse di proprietà esclusiva di una parte di essi trova giustificazione nel disposto dell'articolo 9 della legge 122/1989;





- la detta norma si riferisce esclusivamente al sottosuolo o ai locali siti al piano terreno e non ad altri beni comuni;





- il richiamo al secondo comma dell'articolo 1120 c.c. operato dall'articolo 9 della legge 122/1989 è riferibile solo ai beni comuni diversi dal sottosuolo;





- è possibile realizzare box sotterranei - previa delibera condominiale approvata con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 c.c. - pur se in numero inferiore a quello della totalità dei condomini non potendo i condomini dissenzienti impedire tale realizzazione voluta invece dalla maggioranza dei partecipanti al condominio;





- è lecito l'uso del sottosuolo per frazioni corrispondenti alle singole autorimesse pertinenziali da realizzare - con esclusione di qualsiasi uso su ciascuna porzione da parte di tutti gli altri condomini - purché venga rispettato il pari diritto sul sottosuolo comune in capo ai condomini contrari o rimasti estranei all'innovazione di tale bene comune;





- tale rispetto è assicurato ove il numero delle autorimesse sotterranee realizzate sia inferiore al numero delle unità di proprietà esclusiva ed ove sia possibile per i condomini dissenzienti "senza restrizioni o difficoltà maggiori di quelle degli altri condomini", dotare "le loro unità di analoghe autorimesse pertinenziali sotterranee".













La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.













(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 18 settembre 2009, n.20254).













- Diritto dei contratti e delle obbligazioni, diritto commerciale, diritto del lavoro:





MINISTERO LAVORO:





IL FRANCHISING PER LE AZIENDE DI SERVIZI













Il Ministero del Lavoro ha risposto ad una istanza di interpello formulata dalla Confcommercio in ordine alla applicazione del contratto di franchising di alla L. n. 129/2004 alle aziende di servizi e alla gestione dei relativi rapporti di lavoro instaurati dal franchisor e dal franchisee.













Innanzitutto il Ministero non si ravvisa motivi per escludere il ricorso al franchising da parte di soggetti che svolgono attività nel settore dei servizi. Quanto alla gestione dei rapporti di lavoro facenti capo al franchisor ed al franchisee, il Ministero afferma che il franchisee o il franchisor soggiacciono alle vigenti disposizioni in materia di rapporti di lavoro alla stregua di ogni altro soggetto di natura imprenditoriale. "Ne deriva, in capo al franchisor e al franchisee, la piena e assoluta titolarità del potere direttivo sulla forza lavoro alle rispettive dipendenze e la responsabilità esclusiva di ciascuno degli imprenditori individualmente per quanto riguarda gli obblighi e le responsabilità relativi ai rapporti di lavoro utilizzati nelle proprie organizzazioni. L’appartenenza alla rete di franchising infatti non incide sui normali criteri di imputazione dei rapporti di lavoro anche quando, elementi che in altre circostanze potrebbero essere ritenuti sintomatici di una unicità di impresa trovino invece adeguato e razionale riscontro in un genuino rapporto di franchising. Da ciò discende, inoltre, che i diritti dei lavoratori possono essere esercitati esclusivamente nei confronti del proprio datore di lavoro (franchisor ovvero franchisee) che, unico responsabile del rapporto di lavoro, rimane altresì unico destinatario di cause o rivendicazioni eventualmente avanzate dai propri dipendenti".





(Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, Interpello 12 ottobre 2009, n.73: Il franchising per le aziende di servizi).















Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...