venerdì 23 ottobre 2009

Riforme e Controriforme: Giustizia






Il Pdl apre il cantiere giustizia





Data Pubblicazione 21/10/2009 







Articolo tratto da: Il Sole 24 Ore 











Riforme. Si intensifica il pressing di Berlusconi, forse già oggi il prima incontro tra Ghedini e Bongiorno                                                                         
Mancino auspica larghe intese - Dal Csm pratica a tutela di Mesiano                
La decisione sul Lodo Alfa- no aveva scatenato la tempesta nel centrodestra; la motivazione della sentenza, invece, è accolta con poche parole, come quelle di Gaetano Quaglierello, vicecapogruppo Pdl al Senato: «Le motivazioni della i Corte non modificano il severo giudizio espresso il giorno della decisione. Anzi, se possibile, lo rafforzano». Ormai, nei piani alti di Governo e maggioranza si parla solo delle riforme da presentare. Il pressing in questo senso di Silvio Berlusconi sugli alleati è molto forte. A cominciare dalla giustizia, su cui aleggia lo spettro di uno sciopero dei magistrati: processo penale, separazione delle carriere, diversa composizione del Csm e della Consulta, prescrizione, obbligatorietà dell’azione penale. «Le riforme non vanno minacciate ma pensate e discusse», avverte il vicepresidente del Csm Nicola Mancino in un’intervista a Famiglia cristiana, auspicando «larghe intese», solo in mancanza delle quali si applica «il principio di maggioranza». Il numero due del Csm è favorevole a una «netta distinzione» tra giudici e Pm, ma non allo sdoppiamento del Consiglio, «uno sotto la presidenza del Capo dello Stato e, anche se lo si nega, l’altro sotto il dominio dell’Esecutivo». E proprio a palazzo dei Marescialli, ieri, è stata votata all’unanimità, in commissione, la pratica a tutela del giudice Raimondo Mesiano, che ha condannato la Fininvest a 750 milioni di euro in favore della Cir e che per quella sentenza è stato accusato dal premier Silvio Berlusconi («è un’enormità giuridica») e dai capigruppo Pdl («disegno eversivo»). Nel fascicolo del Csm sono finiti anche il video mandato in onda da Canale 5,in cui Mesiano è «spiato» in una giornata qualunque e, a più riprese, è definito stravagante» dal conduttore della trasmissione, nonché gli articoli «denigratori» pubblicati dal Giornale contro il magistrato. La pratica non è solo a tutela di Mesiano, ma soprattutto «della credibilità della giustizia civile», si fa notare al Csm, dove a sollecitarne l’apertura è stato Pino Berruti di Unicost insieme ai togati di tutte le correnti e ai due laici di centrosinistra Vacca e Volpi. Contrari i laici Pdl, che si accingono a dare battaglia. Il caso dovrebbe andare in plenum già oggi, con procedura d’urgenza, non appena il presidente della Repubblica avrà dato il suo via libera. Gianfranco Anedda, laico Pdl, è convinto che Napolitano si opporrà in quanto la pratica Mesiano «è contraria al nuovo regolamento che il Csm si è dato su invito del Capo dello Stato», poiché «non è a difesa dell’istituzione, ma di un singolo». Non la pensa così l’Anm, che nei giorni scorsi ha scritto a Napolitano proprio per segnalargli il crescendo di tensione verificatosi dopo le sentenze su Lodo Alfano e su Lodo Mondadori: «decisioni non condivise dalla politica», ha ribadito il segretario Giuseppe Cascini, e che perciò hanno determinato «violente aggressioni» verso i magistrati e la Consulta, aggiungendo a ciò la «minaccia» di «riforme punitive». Cioè quelle in cantiere nella maggioranza. In settimana, forse già oggi, Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno — “delegati” da Berlusconi e Fini - faranno il punto della situazione sulle priorità da dare alle riforme, sia ordinarie che costituzionali. Tra le prime, ci sono quelle già in Parlamento — intercettazioni e processo penale — mentre le seconde sono ancora da presentare. Ieri anche il finiano Italo Bocchino, numero due del Pdl alla Camera, ha ribadito che i cardini» della riforma sono la separazione delle carriere, la modifica del Csm e una riflessione sull’obbligatorietà dell’azione penale e ha confermato l’intenzione di far procedere la giustizia parallelamente — non più in coda — alle altre. «L’improvvisa furia riformatrice del Governo dopo mesi di immobilismo e, guarda caso, dopo la sentenza sul Lodo Alfano ci insospettisce», commenta Michele Vietti dell’Udc. Che mette le mani avanti: «Se saranno riforme utili ai cittadini-utenti daremo il nostro contributo, se serviranno solo al premier no». D.St.                                                                                                                  




Riforme e Controriforme: Giustizia


Il Pdl apre il cantiere giustizia


Data Pubblicazione 21/10/2009 



Articolo tratto da: Il Sole 24 Ore 





Riforme. Si intensifica il pressing di Berlusconi, forse già oggi il prima incontro tra Ghedini e Bongiorno                                                                         
Mancino auspica larghe intese - Dal Csm pratica a tutela di Mesiano                
La decisione sul Lodo Alfa- no aveva scatenato la tempesta nel centrodestra; la motivazione della sentenza, invece, è accolta con poche parole, come quelle di Gaetano Quaglierello, vicecapogruppo Pdl al Senato: «Le motivazioni della i Corte non modificano il severo giudizio espresso il giorno della decisione. Anzi, se possibile, lo rafforzano». Ormai, nei piani alti di Governo e maggioranza si parla solo delle riforme da presentare. Il pressing in questo senso di Silvio Berlusconi sugli alleati è molto forte. A cominciare dalla giustizia, su cui aleggia lo spettro di uno sciopero dei magistrati: processo penale, separazione delle carriere, diversa composizione del Csm e della Consulta, prescrizione, obbligatorietà dell’azione penale. «Le riforme non vanno minacciate ma pensate e discusse», avverte il vicepresidente del Csm Nicola Mancino in un’intervista a Famiglia cristiana, auspicando «larghe intese», solo in mancanza delle quali si applica «il principio di maggioranza». Il numero due del Csm è favorevole a una «netta distinzione» tra giudici e Pm, ma non allo sdoppiamento del Consiglio, «uno sotto la presidenza del Capo dello Stato e, anche se lo si nega, l’altro sotto il dominio dell’Esecutivo». E proprio a palazzo dei Marescialli, ieri, è stata votata all’unanimità, in commissione, la pratica a tutela del giudice Raimondo Mesiano, che ha condannato la Fininvest a 750 milioni di euro in favore della Cir e che per quella sentenza è stato accusato dal premier Silvio Berlusconi («è un’enormità giuridica») e dai capigruppo Pdl («disegno eversivo»). Nel fascicolo del Csm sono finiti anche il video mandato in onda da Canale 5,in cui Mesiano è «spiato» in una giornata qualunque e, a più riprese, è definito stravagante» dal conduttore della trasmissione, nonché gli articoli «denigratori» pubblicati dal Giornale contro il magistrato. La pratica non è solo a tutela di Mesiano, ma soprattutto «della credibilità della giustizia civile», si fa notare al Csm, dove a sollecitarne l’apertura è stato Pino Berruti di Unicost insieme ai togati di tutte le correnti e ai due laici di centrosinistra Vacca e Volpi. Contrari i laici Pdl, che si accingono a dare battaglia. Il caso dovrebbe andare in plenum già oggi, con procedura d’urgenza, non appena il presidente della Repubblica avrà dato il suo via libera. Gianfranco Anedda, laico Pdl, è convinto che Napolitano si opporrà in quanto la pratica Mesiano «è contraria al nuovo regolamento che il Csm si è dato su invito del Capo dello Stato», poiché «non è a difesa dell’istituzione, ma di un singolo». Non la pensa così l’Anm, che nei giorni scorsi ha scritto a Napolitano proprio per segnalargli il crescendo di tensione verificatosi dopo le sentenze su Lodo Alfano e su Lodo Mondadori: «decisioni non condivise dalla politica», ha ribadito il segretario Giuseppe Cascini, e che perciò hanno determinato «violente aggressioni» verso i magistrati e la Consulta, aggiungendo a ciò la «minaccia» di «riforme punitive». Cioè quelle in cantiere nella maggioranza. In settimana, forse già oggi, Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno — “delegati” da Berlusconi e Fini - faranno il punto della situazione sulle priorità da dare alle riforme, sia ordinarie che costituzionali. Tra le prime, ci sono quelle già in Parlamento — intercettazioni e processo penale — mentre le seconde sono ancora da presentare. Ieri anche il finiano Italo Bocchino, numero due del Pdl alla Camera, ha ribadito che i cardini» della riforma sono la separazione delle carriere, la modifica del Csm e una riflessione sull’obbligatorietà dell’azione penale e ha confermato l’intenzione di far procedere la giustizia parallelamente — non più in coda — alle altre. «L’improvvisa furia riformatrice del Governo dopo mesi di immobilismo e, guarda caso, dopo la sentenza sul Lodo Alfano ci insospettisce», commenta Michele Vietti dell’Udc. Che mette le mani avanti: «Se saranno riforme utili ai cittadini-utenti daremo il nostro contributo, se serviranno solo al premier no». D.St.                                                                                                                  


Le intercettazioni telefoniche: focus sui dibattiti parlamentari






Intercettazioni e avvocati - Sì al Senato entro metà dicembre
Data Pubblicazione 21/10/2009 



Articolo tratto da: 
Il Corriere della Sera 





Il piano della maggioranza Berselli: basta rinvii sulle nuove regole

«Più poteri ai legali». Alfano vede il presidente della Commissione giustizia

ROMA — L’appuntamento era stato fissato la scorsa settimana e dunque è soltanto un caso che si siano incontrati il giorno dopo il deposito della sentenza sul cosiddetto «Lodo Alfano». Ma l’accordo concluso tra il Guardasigilli Angelino Alfano e il presidente della Commissione giustizia del Senato Filippo Berselli rischia di rendere ancor più incandescente il dibattito sulla giustizia. Perché al centro del colloquio c’era la tabella di marcia da seguire per arrivare all’approvazione dei provvedimenti tuttora all’esame di palazzo Madama. E la scelta è caduta sui due disegni di legge ritenuti indispensabili per potèr poi cambiare le regole dei processi penali, così come vuole il premier Silvio Berlusconi. Dunque si comincia dalla riforma dell’ordine forense e dalle intercettazioni. Si andrà veloce, quasi di corsa. Berselli non lo nasconde, anche se con i suoi collaboratori rivendica il merito di aver preso tèmpo proprio sulla riforma più ampia, rilanciata dopo la bocciatura del Lodo, quasi a dover rappresentare una ritorsione nei confronti dei giudici. Sono stati diversi gli esponenti della maggioranza, in testa il presidente della Camera Gianfranco Fini, a mostrarsi contrari alla separazione delle carriere dei magistrati e ad affrontare in tempi stretti modifiche più profonde. Ma il capo del governo e lo stesso Alfano vogliono dare comunque un segnale forte e dunque si procede, cominciando proprio dagli avvocati, ma soprattutto avendo la garanzia che il provvedimento sulle intercettazion-i diventerà legge entro la fine del 2009. «Per metà dicembre - conferma Berselli - entrambi i provvedimenti saranno licenziati». Agli inizi di questo stesso mese si terrà a Rimini «11 salone della Giustizia», di cui Berselli è promotore. Ministri e parlamentari, magistrati e responsabili delle forze di polizia, si ritroveranno davanti ai cittadini per parlare di processi, di sicurezza, di riforme, di carcere. Una vera e propria fiera che nelle intenzioni di chi l’ha organizzata «dovrà essere terreno di incontro», ma che invece rischia di trasformarsi nella platea di uno scontro sempre più duro. Per quella data «gli avvocati avranno ottenuto più poteri per bilanciare quello che già hanno i pubblici ministeri», come conferma lo stesso senatore prima di confermare quale sia il vero obiettivo di queste norme in cantiere: «Arriveremo a una vera parità tra le parti del processo, senza che ci possano essere mai più sbilanciamenti». Proprio quello che Berlusconi ha evidenziato più volte come «una necessità». A seguire si approverà il testo delle intercettazioni. La materia è scivolosa e i rilievi del capo dello Stato — che nel luglio scorso convinsero i presidenti delle Camere a far slittare la discussione all’autunno — dovranno essere tenuti in conto. «Sentiremo il parere del procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso — chiarisce Berselli — e subito dopo disporremo i termini per la presentazione degli emendamenti. Ma non ci saranno pause, perché questi tre disegni di legge sono parte di una stessa riforma e non si può continuare a rinviare». Il nodo da sciogliere, per quanto riguarda il provvedimento sulle intercettazioni, rimane quello degli «evidenti indizi di colpevolezza» necessari per poter disporre l’ascolto ambientale o dei telefoni degli indagati. Nel luglio scorso, dopo che il testo era stato approvato alla Camera grazie alla mozione di fiducia posta dal governo, Alfano aveva mostrato «apertura» rispetto alle perplessità del capo dello Stato spiegando che «si possono fare modifiche». Era il momento della distensione e del dialogo, anche con l’opposizione. La bocciatura del Lodo ha fatto cambiare atteggiamento al governo, come più volte ha annunciato lo stesso presidente del Consiglio. Adesso l’intenzione è quella di procedere spediti, «anche da soli», come hanno sottolineano diversi parlamentari del Pdl. La volontà di Alfano era quella di cominciare dalla riforma del processo penale, ma Berselli ha frenato, sia pur soltanto sui tempi. E alla fine il patto è stato suggellato. Fiorenza Sarzanini



Le intercettazioni telefoniche: focus sui dibattiti parlamentari


Intercettazioni e avvocati - Sì al Senato entro metà dicembre
Data Pubblicazione 21/10/2009 

Articolo tratto da: 
Il Corriere della Sera 


Il piano della maggioranza Berselli: basta rinvii sulle nuove regole
«Più poteri ai legali». Alfano vede il presidente della Commissione giustizia
ROMA — L’appuntamento era stato fissato la scorsa settimana e dunque è soltanto un caso che si siano incontrati il giorno dopo il deposito della sentenza sul cosiddetto «Lodo Alfano». Ma l’accordo concluso tra il Guardasigilli Angelino Alfano e il presidente della Commissione giustizia del Senato Filippo Berselli rischia di rendere ancor più incandescente il dibattito sulla giustizia. Perché al centro del colloquio c’era la tabella di marcia da seguire per arrivare all’approvazione dei provvedimenti tuttora all’esame di palazzo Madama. E la scelta è caduta sui due disegni di legge ritenuti indispensabili per potèr poi cambiare le regole dei processi penali, così come vuole il premier Silvio Berlusconi. Dunque si comincia dalla riforma dell’ordine forense e dalle intercettazioni. Si andrà veloce, quasi di corsa. Berselli non lo nasconde, anche se con i suoi collaboratori rivendica il merito di aver preso tèmpo proprio sulla riforma più ampia, rilanciata dopo la bocciatura del Lodo, quasi a dover rappresentare una ritorsione nei confronti dei giudici. Sono stati diversi gli esponenti della maggioranza, in testa il presidente della Camera Gianfranco Fini, a mostrarsi contrari alla separazione delle carriere dei magistrati e ad affrontare in tempi stretti modifiche più profonde. Ma il capo del governo e lo stesso Alfano vogliono dare comunque un segnale forte e dunque si procede, cominciando proprio dagli avvocati, ma soprattutto avendo la garanzia che il provvedimento sulle intercettazion-i diventerà legge entro la fine del 2009. «Per metà dicembre - conferma Berselli - entrambi i provvedimenti saranno licenziati». Agli inizi di questo stesso mese si terrà a Rimini «11 salone della Giustizia», di cui Berselli è promotore. Ministri e parlamentari, magistrati e responsabili delle forze di polizia, si ritroveranno davanti ai cittadini per parlare di processi, di sicurezza, di riforme, di carcere. Una vera e propria fiera che nelle intenzioni di chi l’ha organizzata «dovrà essere terreno di incontro», ma che invece rischia di trasformarsi nella platea di uno scontro sempre più duro. Per quella data «gli avvocati avranno ottenuto più poteri per bilanciare quello che già hanno i pubblici ministeri», come conferma lo stesso senatore prima di confermare quale sia il vero obiettivo di queste norme in cantiere: «Arriveremo a una vera parità tra le parti del processo, senza che ci possano essere mai più sbilanciamenti». Proprio quello che Berlusconi ha evidenziato più volte come «una necessità». A seguire si approverà il testo delle intercettazioni. La materia è scivolosa e i rilievi del capo dello Stato — che nel luglio scorso convinsero i presidenti delle Camere a far slittare la discussione all’autunno — dovranno essere tenuti in conto. «Sentiremo il parere del procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso — chiarisce Berselli — e subito dopo disporremo i termini per la presentazione degli emendamenti. Ma non ci saranno pause, perché questi tre disegni di legge sono parte di una stessa riforma e non si può continuare a rinviare». Il nodo da sciogliere, per quanto riguarda il provvedimento sulle intercettazioni, rimane quello degli «evidenti indizi di colpevolezza» necessari per poter disporre l’ascolto ambientale o dei telefoni degli indagati. Nel luglio scorso, dopo che il testo era stato approvato alla Camera grazie alla mozione di fiducia posta dal governo, Alfano aveva mostrato «apertura» rispetto alle perplessità del capo dello Stato spiegando che «si possono fare modifiche». Era il momento della distensione e del dialogo, anche con l’opposizione. La bocciatura del Lodo ha fatto cambiare atteggiamento al governo, come più volte ha annunciato lo stesso presidente del Consiglio. Adesso l’intenzione è quella di procedere spediti, «anche da soli», come hanno sottolineano diversi parlamentari del Pdl. La volontà di Alfano era quella di cominciare dalla riforma del processo penale, ma Berselli ha frenato, sia pur soltanto sui tempi. E alla fine il patto è stato suggellato. Fiorenza Sarzanini

Varie: Lex et iudicata





In evidenza





22.10.2009

Risarcimento danni, se la domanda è incompleta il Giudice può colmare le lacune

Al bando i formalismi inutili. Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione l'attore non aveva specificato alcuna richiesta in merito al danno psichico subito in relazione alla contestazione di errato intervento chirurgico. La Corte ha stabilito che i danni devono essere tutti considerati, anche se le istanze sono formulate in forma riassuntiva o omnicomprensiva."


Cassazione civile Sentenza, Sez. III, 13/10/2009, n. 21680










22.10.2009

Alimenti non DOP o non IGP, l'indicazione "tipo" apposta in etichetta non deve confondere l'acquirente nella scelta


Per la Corte di giustizia UE, la denominazione di un prodotto alimentare, non registrata come DOP o IGP, contenente riferimenti geografici, può essere legittimamente utilizzata, ma a condizione che l'etichettatura del prodotto così denominato non induca in errore il consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto.


Corte Giust. CE Sentenza 10/09/2009, n. Causa C-446/07






22.10.2009

La colpa del lavoratore ed il rischio elettivo nella dinamica infortunistica


In materia di infortuni sul lavoro e di responsabilità relativa, la Suprema Corte interviene nuovamente per precisare la differenze, quanto a nozione ed a conseguenze giuridiche, delle ipotesi di colpa del lavoratore e di rischio elettivo.


Sentenza Cassazione civile 02/10/2009, n. 21113





Novità, leggi e sentenze

22.10.2009

Beni confluiti nel fondo patrimoniale: non si blocca la riscossione

Cassazione penale Sentenza, Sez. III, 07/10/2009, n. 38925











22.10.2009

P.A. e affidamento diretto a società miste: non serve la doppia procedura, purchè si rispettino le regole di evidenza pubblica

Corte Giust. CE Sentenza 15/10/2009, n. Causa C-196/09











22.10.2009

Marchi simili nulli se il pubblico riesce a coglierne il nesso

Tribunale di I grado CE Sentenza 14/10/2009, T-140/08






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Cassazione civile Sentenza, Sez. III, 13/10/2009, n. 21680





22.10.2009
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Per la Corte di giustizia UE, la denominazione di un prodotto alimentare, non registrata come DOP o IGP, contenente riferimenti geografici, può essere legittimamente utilizzata, ma a condizione che l'etichettatura del prodotto così denominato non induca in errore il consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto.

Corte Giust. CE Sentenza 10/09/2009, n. Causa C-446/07



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In materia di infortuni sul lavoro e di responsabilità relativa, la Suprema Corte interviene nuovamente per precisare la differenze, quanto a nozione ed a conseguenze giuridiche, delle ipotesi di colpa del lavoratore e di rischio elettivo.

Sentenza Cassazione civile 02/10/2009, n. 21113

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22.10.2009
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Tribunale di I grado CE Sentenza 14/10/2009, T-140/08



martedì 13 ottobre 2009

La natura dei Contributi di Bonifica:Quando si paga la tariffa relativa al servizio pubblico di fognatura non sono dovuti ex art. 14, co. 2 L. 36/94



Articolo 05.09.09
La natura dei contributi di bonifica …. storia di un camaleonte giuridico




In origine i contributi di bonifica erano volontari e si configuravano come corrispettivo di un servizio reso nell’interesse dei soci dal consorzio di appartenenza; successivamente, l’art.59 del r.d. 13/02/1933 n.215 li ha resi obbligatori e trasformati in persone giuridiche di diritto pubblico, attribuendo loro la potestà di imporre contributi alle proprietà consorziate.


L’imposizione forzosa di tali contributi ha posto il problema della natura giuridica di questi. Secondo un primo orientamento i contributi consortili non sono assimilabili ai tributi se non per alcuni aspetti, fra cui quello delle modalità di esazione; riprova ulteriore ne è la loro mancata inclusione tra quelli devoluti alla cognizione delle commissioni tributarie in base all’elencazione contenuta nell’art. 2 della legge 546 del 31/12/1992.


Secondo una seconda impostazione, prevalente in dottrina e giurisprudenza, i contributi consortili si configurano, in ragione del dettato normativo posto dagli articoli 860 c.c. e dal r.d. n.215 del 13/02/1933 e successive modifiche, come prestazioni patrimoniali di natura pubblicistica, rientrante nella categoria generale dei tributi (Sentenza 9493 del 23 settembre 1998 della Corte di Cassazione SS.UU. Civ.), e, in particolare, delle tasse, con riguardo ai quali la legge fissa direttamente i presupposti e i requisiti per la spettanza del potere impositivo e l’assoggettamento ad esso, rimanendo affidata alla discrezionalità del consorzio solo la loro quantificazione; per cui, in assenza di detti presupposti e requisiti l’imposizione del tributo si qualifica come illegittima.


L’obbligo di contribuire alle opere di bonifica ha, quindi, quali suoi indefettibili presupposti, ex art. 10 del regio decreto n.215 del 1933 e 860 c.c., la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e l’esistenza di uno specifico vantaggio direttamente tratto dalle opere consortili stesse e che si traduca in una utilitas per il fondo (Sentenza 7511/93 della Corte di Cassazione Prima Sez. Civ.). 


A tal fine non è sufficiente che l’utilità sia in rapporto eziologico con l’attività consortile e che si riverberi in favore del proprietario di uno di detti immobili, ma è necessario che tale utilitas si traduca in un vantaggio di tipo fondiario, cioè incidente strettamente sull’immobile stesso(Sentenza 968 del 30 gennaio 1998 della Corte di Cassazione SS.UU. Civ.). Tale vantaggio, inoltre, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una qualità del fondo (Cass. S.U. n.8960 del 14/10/1996, in Arch. Loc. 1996, PAG.683).


Inoltre, a conforto della tesi “tributaria” dei contributi consortili, è giunta di recente la legge 448 del 2001 che, all’art.12 comma 2, ha attribuito alla competenza delle commissioni tributarie tutte le controversie aventi ad oggetto i “tributi di ogni genere e specie”, facendovi rientrare, quindi, anche le liti aventi ad oggetto i contributi sulla bonifica.


Un terzo orientamento, minoritario in dottrina (Massimiliano Balloriani, Roberto De Rosa, Salvatore Mezzanotte, Manuale Breve Diritto civile, Percorsi Giuffrè, 2008, pag.189 ss), riconduce i contributi sulla bonifica agli oneri reali. La riconducibilità di tali contributi all’onere reale comporta, perciò solo, la debenza del contributo per il sol fatto che gli immobili si trovino nel comprensorio gestito dal Consorzio per cui, di conseguenza, il beneficio dagli stessi fruibile avrebbe potuto essere anche potenziale o futuro.


Optare per la tesi “tributaria” o per quella “reale” non è soltanto una questione dogmatica ma comporta, invece, diverse conseguenze giuridiche.


Ritenere, infatti, il contributo di bonifica una figura peculiare di tassa impone, perciò solo, al giudice tributario di verificare se le attività del consorzio abbiano effettivamente apportato agli immobili presenti nel comprensorio un beneficio attuale e concreto tale da giustificare il giusto e proporzionato corrispettivo. In concreto, quindi, si dovrà valutare se si è verificato un aumento di valore degli immobili in funzione delle attività, opere o strutture del consorzio come, ad esempio, quelle inerenti l’attività manutentiva dei canali consortili o le opere necessarie volte a preservare gli immobili da alluvioni o frane.


Scegliendo, invece, la tesi dell’onere reale il giudice tributario dovrebbe verificare soltanto la titolarità dell’immobile sito nel perimetro oggetto del raggio d’azione del Consorzio e valutare la congruità della prestazione pecuniaria dovuta all’ente creditore. In caso d’inadempimento il Consorzio potrà espropriare il fondo che fungerà, quindi, da garanzia reale (secondo una certa impostazione l’onere reale costituisce una sorta di obbligazione rafforzata dalla garanzia costituita dal fondo).


A parere di chi scrive i contributi di bonifica rientrano in un tertium genus ossia rientrano tra le prestazioni patrimoniali atipiche (sul punto vedi AA.VV., DIRITTO TRIBUTARIO, 2008, Simone, pag.20).


Il contributo sulla bonifica ha lo schema giuridico dell’imposta ma è dovuto dal singolo proprietario o titolare di altro diritto reale per un particolare vantaggio da lui ricevuto e per le spese da lui provocate e poste a carico dell’ente pubblico.


In definitiva si può affermare che il contributo consortile per la bonifica è una entrata pubblica di natura latamente tributaria che l’ente pubblico impositore realizza sotto forma di prelievo coattivo di ricchezza a carico di determinati soggetti, per il fatto che costoro traggono un vantaggio diretto o indiretto dai servizi di bonifica e manutenzione dei canali d’irrigazione, anche senza che essi li abbiano richiesti.


La difficoltà di collocare nella giusta dimensione giuridica i contributi sulla bonifica comporta anche ulteriori interrogativi sia sulla costituzionalità della legge istitutiva dei consorzi di bonifica e sia sulla possibilità di una sovrapposizione impositiva dovuta ai tributi sul servizio idrico integrato. Con riferimento a questi ultimi, infatti, quando gli immobili sono serviti da rete fognaria i proprietari sono tenuti al pagamento della tariffa relativa al servizio di pubblica fognatura e la legge 36/94, all’art.14 comma 2, esenta costoro dal pagamento di qualsiasi altra tariffa al medesimo titolo dovuta ad altri enti. Inoltre, parecchie leggi regionali (vedi, ad esempio, la legge regionale campana n.4 del 25/02/03) hanno espressamente sancito l’esenzione dal contributo consortile per i privati che sono già contribuenti del servizio di pubblica fognatura del comune di residenza per cui l’ulteriore richiesta del tributo di bonifica diverrebbe illegittimo e, se versato, ripetibile ex art.2033 c.c..


Con riferimento alla costituzionalità della legge istitutiva dei consorzi di bonifica occorre ora valutare la compatibilità del r.d. del 23 con l’117 e 118 della Costituzione nonché con l’art.41, secondo comma, della Carta.


Già prima della modifica del titolo V la legge 59/97 e il dlgs. 112/98 stabilivano che le funzioni della difesa del suolo dovevano essere attribuite ai comuni (che hanno già la competenza in materia di primo intervento di protezione civile) e alle province (che già oggi conformano il territorio con il piano territoriale di coordinamento). In base a tali norme ai consorzi di bonifica residuerebbero soltanto le funzioni che riguardano il servizio irriguo, ossia la fornitura d’acqua alle aziende agricole. Se consideriamo che l’agricoltura è una materia oggetto di competenza legislativa regionale (in quanto non compresa negli elenchi previsti dall’art.117) e il governo del territorio è una materia concorrente ex art.117, secondo comma, sembra evidente che l’attuale normativa sembri contrastare con le attuali esigenze di autonomia legislativa e finanziaria garantita alle regioni. Il r.d. del 23 sembrerebbe contrastare anche con l’art.118, ultimo comma, il quale stabilisce che “Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività d’interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà…”. Del resto l’art.860 c.c., norma successiva al r.d. del 23, stabilisce che “i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica….” mentre l’art. 862 c.c. afferma che all’escuzione, alla manutenzione e all’esercizio delle opere di bonifica può provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati. Solo in assenza dell’iniziativa dei privati questi si costituiscono d’ufficio.


Tuttavia la legge del 23 non consente il consorzio ad iniziativa dei privati contrastando con l’art.118, ultimo comma, mentre il r.d. 23 contrasta con l’art. 41 secondo comma e 42 secondo comma della Costituzione nella parte in cui non prevede le cause di scioglimento di tali forme peculiari di consorzio. Non prevedendo specificamente ed espressamente le cause di scioglimento degli stessi potrebbe provocare una compressione intollerabile del diritto di proprietà e, in particolare, di tutte le attività imprenditoriali, soprattutto agricole, insistenti sul comprensorio di bonifica.
 

La natura dei Contributi di Bonifica:Quando si paga la tariffa relativa al servizio pubblico di fognatura non sono dovuti ex art. 14, co. 2 L. 36/94


Articolo 05.09.09
La natura dei contributi di bonifica …. storia di un camaleonte giuridico


In origine i contributi di bonifica erano volontari e si configuravano come corrispettivo di un servizio reso nell’interesse dei soci dal consorzio di appartenenza; successivamente, l’art.59 del r.d. 13/02/1933 n.215 li ha resi obbligatori e trasformati in persone giuridiche di diritto pubblico, attribuendo loro la potestà di imporre contributi alle proprietà consorziate.

L’imposizione forzosa di tali contributi ha posto il problema della natura giuridica di questi. Secondo un primo orientamento i contributi consortili non sono assimilabili ai tributi se non per alcuni aspetti, fra cui quello delle modalità di esazione; riprova ulteriore ne è la loro mancata inclusione tra quelli devoluti alla cognizione delle commissioni tributarie in base all’elencazione contenuta nell’art. 2 della legge 546 del 31/12/1992.

Secondo una seconda impostazione, prevalente in dottrina e giurisprudenza, i contributi consortili si configurano, in ragione del dettato normativo posto dagli articoli 860 c.c. e dal r.d. n.215 del 13/02/1933 e successive modifiche, come prestazioni patrimoniali di natura pubblicistica, rientrante nella categoria generale dei tributi (Sentenza 9493 del 23 settembre 1998 della Corte di Cassazione SS.UU. Civ.), e, in particolare, delle tasse, con riguardo ai quali la legge fissa direttamente i presupposti e i requisiti per la spettanza del potere impositivo e l’assoggettamento ad esso, rimanendo affidata alla discrezionalità del consorzio solo la loro quantificazione; per cui, in assenza di detti presupposti e requisiti l’imposizione del tributo si qualifica come illegittima.

L’obbligo di contribuire alle opere di bonifica ha, quindi, quali suoi indefettibili presupposti, ex art. 10 del regio decreto n.215 del 1933 e 860 c.c., la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e l’esistenza di uno specifico vantaggio direttamente tratto dalle opere consortili stesse e che si traduca in una utilitas per il fondo (Sentenza 7511/93 della Corte di Cassazione Prima Sez. Civ.). 

A tal fine non è sufficiente che l’utilità sia in rapporto eziologico con l’attività consortile e che si riverberi in favore del proprietario di uno di detti immobili, ma è necessario che tale utilitas si traduca in un vantaggio di tipo fondiario, cioè incidente strettamente sull’immobile stesso(Sentenza 968 del 30 gennaio 1998 della Corte di Cassazione SS.UU. Civ.). Tale vantaggio, inoltre, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, tale cioè da tradursi in una qualità del fondo (Cass. S.U. n.8960 del 14/10/1996, in Arch. Loc. 1996, PAG.683).

Inoltre, a conforto della tesi “tributaria” dei contributi consortili, è giunta di recente la legge 448 del 2001 che, all’art.12 comma 2, ha attribuito alla competenza delle commissioni tributarie tutte le controversie aventi ad oggetto i “tributi di ogni genere e specie”, facendovi rientrare, quindi, anche le liti aventi ad oggetto i contributi sulla bonifica.

Un terzo orientamento, minoritario in dottrina (Massimiliano Balloriani, Roberto De Rosa, Salvatore Mezzanotte, Manuale Breve Diritto civile, Percorsi Giuffrè, 2008, pag.189 ss), riconduce i contributi sulla bonifica agli oneri reali. La riconducibilità di tali contributi all’onere reale comporta, perciò solo, la debenza del contributo per il sol fatto che gli immobili si trovino nel comprensorio gestito dal Consorzio per cui, di conseguenza, il beneficio dagli stessi fruibile avrebbe potuto essere anche potenziale o futuro.

Optare per la tesi “tributaria” o per quella “reale” non è soltanto una questione dogmatica ma comporta, invece, diverse conseguenze giuridiche.

Ritenere, infatti, il contributo di bonifica una figura peculiare di tassa impone, perciò solo, al giudice tributario di verificare se le attività del consorzio abbiano effettivamente apportato agli immobili presenti nel comprensorio un beneficio attuale e concreto tale da giustificare il giusto e proporzionato corrispettivo. In concreto, quindi, si dovrà valutare se si è verificato un aumento di valore degli immobili in funzione delle attività, opere o strutture del consorzio come, ad esempio, quelle inerenti l’attività manutentiva dei canali consortili o le opere necessarie volte a preservare gli immobili da alluvioni o frane.

Scegliendo, invece, la tesi dell’onere reale il giudice tributario dovrebbe verificare soltanto la titolarità dell’immobile sito nel perimetro oggetto del raggio d’azione del Consorzio e valutare la congruità della prestazione pecuniaria dovuta all’ente creditore. In caso d’inadempimento il Consorzio potrà espropriare il fondo che fungerà, quindi, da garanzia reale (secondo una certa impostazione l’onere reale costituisce una sorta di obbligazione rafforzata dalla garanzia costituita dal fondo).

A parere di chi scrive i contributi di bonifica rientrano in un tertium genus ossia rientrano tra le prestazioni patrimoniali atipiche (sul punto vedi AA.VV., DIRITTO TRIBUTARIO, 2008, Simone, pag.20).

Il contributo sulla bonifica ha lo schema giuridico dell’imposta ma è dovuto dal singolo proprietario o titolare di altro diritto reale per un particolare vantaggio da lui ricevuto e per le spese da lui provocate e poste a carico dell’ente pubblico.

In definitiva si può affermare che il contributo consortile per la bonifica è una entrata pubblica di natura latamente tributaria che l’ente pubblico impositore realizza sotto forma di prelievo coattivo di ricchezza a carico di determinati soggetti, per il fatto che costoro traggono un vantaggio diretto o indiretto dai servizi di bonifica e manutenzione dei canali d’irrigazione, anche senza che essi li abbiano richiesti.

La difficoltà di collocare nella giusta dimensione giuridica i contributi sulla bonifica comporta anche ulteriori interrogativi sia sulla costituzionalità della legge istitutiva dei consorzi di bonifica e sia sulla possibilità di una sovrapposizione impositiva dovuta ai tributi sul servizio idrico integrato. Con riferimento a questi ultimi, infatti, quando gli immobili sono serviti da rete fognaria i proprietari sono tenuti al pagamento della tariffa relativa al servizio di pubblica fognatura e la legge 36/94, all’art.14 comma 2, esenta costoro dal pagamento di qualsiasi altra tariffa al medesimo titolo dovuta ad altri enti. Inoltre, parecchie leggi regionali (vedi, ad esempio, la legge regionale campana n.4 del 25/02/03) hanno espressamente sancito l’esenzione dal contributo consortile per i privati che sono già contribuenti del servizio di pubblica fognatura del comune di residenza per cui l’ulteriore richiesta del tributo di bonifica diverrebbe illegittimo e, se versato, ripetibile ex art.2033 c.c..

Con riferimento alla costituzionalità della legge istitutiva dei consorzi di bonifica occorre ora valutare la compatibilità del r.d. del 23 con l’117 e 118 della Costituzione nonché con l’art.41, secondo comma, della Carta.

Già prima della modifica del titolo V la legge 59/97 e il dlgs. 112/98 stabilivano che le funzioni della difesa del suolo dovevano essere attribuite ai comuni (che hanno già la competenza in materia di primo intervento di protezione civile) e alle province (che già oggi conformano il territorio con il piano territoriale di coordinamento). In base a tali norme ai consorzi di bonifica residuerebbero soltanto le funzioni che riguardano il servizio irriguo, ossia la fornitura d’acqua alle aziende agricole. Se consideriamo che l’agricoltura è una materia oggetto di competenza legislativa regionale (in quanto non compresa negli elenchi previsti dall’art.117) e il governo del territorio è una materia concorrente ex art.117, secondo comma, sembra evidente che l’attuale normativa sembri contrastare con le attuali esigenze di autonomia legislativa e finanziaria garantita alle regioni. Il r.d. del 23 sembrerebbe contrastare anche con l’art.118, ultimo comma, il quale stabilisce che “Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività d’interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà…”. Del resto l’art.860 c.c., norma successiva al r.d. del 23, stabilisce che “i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica….” mentre l’art. 862 c.c. afferma che all’escuzione, alla manutenzione e all’esercizio delle opere di bonifica può provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati. Solo in assenza dell’iniziativa dei privati questi si costituiscono d’ufficio.

Tuttavia la legge del 23 non consente il consorzio ad iniziativa dei privati contrastando con l’art.118, ultimo comma, mentre il r.d. 23 contrasta con l’art. 41 secondo comma e 42 secondo comma della Costituzione nella parte in cui non prevede le cause di scioglimento di tali forme peculiari di consorzio. Non prevedendo specificamente ed espressamente le cause di scioglimento degli stessi potrebbe provocare una compressione intollerabile del diritto di proprietà e, in particolare, di tutte le attività imprenditoriali, soprattutto agricole, insistenti sul comprensorio di bonifica.
 

mercoledì 7 ottobre 2009

Abbandono in stato di incapacità: Anziani







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fonte:



http://www.webjus.it/sentenze/28-cassazione-penale/543-e-reato-abbandonare-gli-anziani-non-in-grado-di-provvedere-a-se-stessi-cassazione-319052009







"Questa la premessa maggiore, risulta incensurabile la premessa minore della sentenza che, preso conto della vecchiaia e di taluna infermità, a fronte delle pessime condizioni igieniche personali ed ambientali in cui è stato ritrovato l’offeso, ha ritenuto il suo abbandono in istato di incapacità di provvedere ai propri bisogni elementari."





LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:



Dott. CALABRESE RENATO LUIGI – PRESIDENTE



1. Dott. CARROZZA ARTURO



2.Dott. ROTELLA MARIO



3. Dott. SANDRELLI GIAN GIACOMO



4. Dott. PALLA STEFANO





ha pronunciato la seguente



SENTENZA



sul ricorso proposto da […]



avverso SENTENZA del 21/11/2008



CORTE APPELLO DI PALERMO





[…]





Ritenuto





1 – La Corte di Appello di Palermo ha confermato la condanna alla pena sospesa di mesi 4 di reclusione con generiche inflitta dal Tribunale di Castelvetrano a […] per l’abbandono ai sensi dell’art.591 CP [1] del coniuge […], ritenuto incapace di badare a se stesso per l’età avanzata e motivi di salute, accertato il 22.8.01.



Il fatto era denunciato dal figlio […] mentre la […] era in casa di villeggiatura altrove. E la Polizia Giudiziaria verificava, come poi testimoniato, che l’uomo si trovava in istato di grave degrado anche igienico, in una stanza adiacente al numero civico dell’abitazione dell’imputata e di altra figlia, intensamente maleodorante di urina, di cui erano impregnate le lenzuola ed il materasso, come il pigiama da lui indossato.



Il ricorso denuncia: violazione dell’art.591 CP e vizio di motivazione, essenzialmente perché la sentenza non ha motivato circa il collegamento tra la situazione di incuria in cui venne trovato il […] e l’asserito stato di incapacità di costui, che invece ha reso dichiarazioni lucide, coerenti e logiche, dimostrando la propria incapacità di determinarsi e correttamente porsi nel tempo e nello spazio. Tali dichiarazioni sono state laconicamente liquidate dalla Corte di Appello con affermazioni apodittiche di irrilevanza.



2 – Il ricorso è infondato.



Giusta lettera dell’art.591 CP, la vecchiaia, al pari di altre non specificate, è intesa causa di incapacità dell’offeso di provvedere a se stesso, alternativa all’infermità fisica o mentale della persona abbandonata. Essa implica la "cura" della persona incapace, se non la sua "custodia", perché le siano assicurate le misure necessarie per l’igiene propria e dell’ambiente in cui vive. Pertanto l’abbandono integra in tal caso l’estremo di condotta criminosa, da cui dipende l’evento di pericolo.



Questa la premessa maggiore, risulta incensurabile la premessa minore della sentenza che, preso conto della vecchiaia e di taluna infermità, a fronte delle pessime condizioni igieniche personali ed ambientali in cui è stato ritrovato l’offeso, ha ritenuto il suo abbandono in istato di incapacità di provvedere ai propri bisogni elementari.



Ed è evidente che non è affatto decisivo ai fini di tale particolare incapacità, l’argomento qui ripetuto della lucidità delle dichiarazioni dell’offeso.



P.Q.M.



rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.



Roma, 2.7.2009.





DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 4 AGOSTO 2009-09-01

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...