domenica 27 settembre 2009

...Comportamenti virtuosi dagli Ordini ......

Gratuito patrocinio

Data Pubblicazione 25/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

L'Ordine di Torino si è affidato a una società di factoring

Recuperati 100 mila euro dallo stato

Per la prima volta in Italia un Ordine degli avvocati, quello di Torino, si è fatto coordinatore di un'operazione di factoring, ossia di cessione del credito vantato nei confronti dello Stato da numerosi avvocati che lamentano forti ritardi nel pagamento delle loro prestazioni professionali nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato e al momento, in via sperimentale, l'operazione ha riguardato 12 avvocati per complessivi 100 mila euro che sono ora stati liquidati ai diretti interessati. Secondo le stime dell'Oua, l'organismo unitario dell'avvocatura, sarebbero 5 mila avvocati in attesa di circa 10 milioni di euro di parcelle per il gratuito patrocinio non pagate dallo stato (si veda ItaliaOggi del 29 luglio 2009).

I compensi sono relativi a parcelle mai pagate da più di un anno o addirittura dal 2006 per processi celebrati davanti ai giudici del tribunale e della Corte d'appello. Torino, quindi fa da apripista su queste problematiche. L'annuncio è stato dato dal presidente dell'ordine degli avvocati torinesi, Mauro Ronco, che ieri ha illustrato contestualmente l'iniziativa a pochi giorni dalla conferenza nazionale, in programma sabato nel capoluogo piemontese, convocata per discutere il problema e nell'ambito della quale sarà presentata una proposta di legge che intende dare risposte concrete alla questione. «Nei mesi scorsi», spiega l'avvocato Ronco, «abbiamo provato a fare un monitoraggio informale su quanti colleghi sarebbero stati interessati all'operazione di factoring a cui pensavamo. Credevamo di arrivare a richieste di qualche migliaio di euro, invece abbiamo raggiunto la cifra di 800 mila euro». Sono quindi state analizzate le richieste ed è stato deciso di fare una prima sperimentazione riguardante 100 mila euro di crediti. A fine luglio è quindi stata avviata l'operazione con una società di factoring di Biella che ha ricevuto i crediti e ora i 12 legali coinvolti hanno ricevuto l'anticipo, pari all'80%, mentre allo Stato è stata notificata la cessione del credito.

«È un'iniziativa unica nel suo genere», sottolinea Ronco, «che abbiamo deciso di intraprendere a fronte di una situazione di gravissimi ritardi nei pagamenti, alcuni risalenti addirittura al 2006-2007 anche se l'anno più grave è stato il 2008. Come ordine abbiamo avuto la funzione di coordinare le diverse posizioni di credito e abbiamo sostenuto le spese della pratica». Accanto a questa iniziativa l'ordine degli avvocati torinesi ne ha però assunta anche un'altra «che vorrebbe risolvere il problema alla radice». Si tratta di una proposta di legge che chiede, da un lato, di compensare i crediti vantati dagli avvocati per questo patrocinio con quanto loro devono per imposte, tasse o contributi previdenziali o, dall'altro, di sospendere i termini relativi agli adempimenti fiscali fino all'incasso del credito vantato.


...Comportamenti virtuosi dagli Ordini ......

Gratuito patrocinio

Data Pubblicazione 25/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

L'Ordine di Torino si è affidato a una società di factoring

Recuperati 100 mila euro dallo stato

Per la prima volta in Italia un Ordine degli avvocati, quello di Torino, si è fatto coordinatore di un'operazione di factoring, ossia di cessione del credito vantato nei confronti dello Stato da numerosi avvocati che lamentano forti ritardi nel pagamento delle loro prestazioni professionali nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato e al momento, in via sperimentale, l'operazione ha riguardato 12 avvocati per complessivi 100 mila euro che sono ora stati liquidati ai diretti interessati. Secondo le stime dell'Oua, l'organismo unitario dell'avvocatura, sarebbero 5 mila avvocati in attesa di circa 10 milioni di euro di parcelle per il gratuito patrocinio non pagate dallo stato (si veda ItaliaOggi del 29 luglio 2009).

I compensi sono relativi a parcelle mai pagate da più di un anno o addirittura dal 2006 per processi celebrati davanti ai giudici del tribunale e della Corte d'appello. Torino, quindi fa da apripista su queste problematiche. L'annuncio è stato dato dal presidente dell'ordine degli avvocati torinesi, Mauro Ronco, che ieri ha illustrato contestualmente l'iniziativa a pochi giorni dalla conferenza nazionale, in programma sabato nel capoluogo piemontese, convocata per discutere il problema e nell'ambito della quale sarà presentata una proposta di legge che intende dare risposte concrete alla questione. «Nei mesi scorsi», spiega l'avvocato Ronco, «abbiamo provato a fare un monitoraggio informale su quanti colleghi sarebbero stati interessati all'operazione di factoring a cui pensavamo. Credevamo di arrivare a richieste di qualche migliaio di euro, invece abbiamo raggiunto la cifra di 800 mila euro». Sono quindi state analizzate le richieste ed è stato deciso di fare una prima sperimentazione riguardante 100 mila euro di crediti. A fine luglio è quindi stata avviata l'operazione con una società di factoring di Biella che ha ricevuto i crediti e ora i 12 legali coinvolti hanno ricevuto l'anticipo, pari all'80%, mentre allo Stato è stata notificata la cessione del credito.

«È un'iniziativa unica nel suo genere», sottolinea Ronco, «che abbiamo deciso di intraprendere a fronte di una situazione di gravissimi ritardi nei pagamenti, alcuni risalenti addirittura al 2006-2007 anche se l'anno più grave è stato il 2008. Come ordine abbiamo avuto la funzione di coordinare le diverse posizioni di credito e abbiamo sostenuto le spese della pratica». Accanto a questa iniziativa l'ordine degli avvocati torinesi ne ha però assunta anche un'altra «che vorrebbe risolvere il problema alla radice». Si tratta di una proposta di legge che chiede, da un lato, di compensare i crediti vantati dagli avvocati per questo patrocinio con quanto loro devono per imposte, tasse o contributi previdenziali o, dall'altro, di sospendere i termini relativi agli adempimenti fiscali fino all'incasso del credito vantato.


lunedì 21 settembre 2009

Disservizi subiti
dagli utenti in costanza di rapporto di
abbonamento con il fornitore telefonico:
excursus normativo e giurisprudenziale


Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it


1. - E’ noto che il cd. contratto di abbonamento telefonico sia dalla giurisprudenza inquadrato nella somministrazione (cfr. Corte Cost. 20 dicembre 1998 n. 1104, id., 30 dicembre 1994 n. 546; Cass. 28 maggio 2004 n. 10313, idd., 2 dicembre 2002 n. 17041, 29 aprile 1997 n. 3686 Cass. 29 novembre 1978 n. 5613, Trib. Roma 23 marzo 1987 [ord.], Giud. pace Pomigliano d’Arco 22 marzo 2007, Giud. pace Torre Annunziata 14 novembre 2005), la dove la dottrina lo inserisce nell’appalto di servizi (Di Fazio, Sulla natura del contratto di abbonamento telefonico, Temi Rom., 1972, 622 e ss., Cottino, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, Comm. Scialoja - Branca, artt. 1556 - 1570, Bologna - Roma, 1970).
Trattasi, in entrambi i casi, di contratto a prestazioni corrispettive e per adesione, in cui, a fronte dell’obbligo dell’utente finale di corrispondere il corrispettivo del servizio, vi è quello del gestore di fornirgli quest’ultimo, pena la violazione del fondamentale art. 1218 c.c.
A proposito della violazione di tale ultima norma, si ricordi che il recente diritto vivente, che qui s’invoca, ha notevolmente alleggerito l’onere probatorio dell’avente diritto alla prestazione, il quale ai fini dell’affermazione del suo diritto risarcitorio deve soltanto allegare la violazione contrattuale del debitore.
Cfr., Cass. 10 maggio 2002, n. 6735: «In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento; anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento della obbligazione, ma il suo inesatto inadempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (anche per difformità rispetto al dovuto), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento».
In chiusura, si ricordi l’importante disposto dell’art. 1175 c.c., che esige il generale dovere di correttezza, e l’art. 1176, comma 2, c.c.., che commisura la diligenza di un operatore professionale (differente per quantità e qualità da quella generica ex art. 1176, comma 1, c.c.) sulla natura dell’attività esercitata.
Sul punto, Trib. Brindisi 29 maggio - 6 giugno 2006, ha recentemente sanzionato un gestore telefonico per violazione della buona fede in danno dell’utente:
«. . . Tale dovere solidaristico (quello della b. f., ndr), peraltro s’impone con maggior forza nei casi di contratti per adesione (qual è indubbiamente il contratto di abbonamento telefonico), in cui le clausole contrattuali vengono predisposte unilateralmente dal contraente che si trova nella posizione di maggior potere contrattuale che gli consente di imporre alla controparte il contenuto del contratto, senza la possibilità di discutere o modificare le clausole predisposte».


2. - I pregnanti doveri solidaristici affermati in linea di principio nell’esposizione precedente, hanno ricevuto, con riferimento ai cc.dd. call centers, regolamentazione a mezzo della recente delibera del 14 giugno 2007 dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, di cui si trascrivono gli artt. 3 e 4 dell’Allegato A:
«I call center . . . assicurano oltre al rispetto delle disposizioni vigenti . . . un efficace canale di comunicazione per facilitare le relazioni e la gestione delle interazioni fra gli operatori e gli utenti.
La politica di comunicazione dei call center deve essere orientata alla massima trasparenza nei confronti dell’utente e alla coerenza con le finalità e gli obiettivi del servizio stesso e della presente direttiva, agevolando l’utente nell’accesso ai servizi erogati e nella conoscenza dell’albero per i sistemi di risposta automatica. . . . (art. 3, comma 1 e 2).
. . .
Il call center assicura che la modalità e i contenuti di relazione con gli utenti, che usufruiscono del servizio . . . siano conformi alle seguenti regole:
. . .
e) dotarsi di procedure di gestione delle segnalazioni o dei reclami che garantiscano all’utente di ricevere sempre una risposta adeguata entro i tempi contrattualmente definiti e indicati nelle carte dei servizi;
. . .
g) perseguire l’obiettivo dell’uniformità delle risposte e delle proposte commerciali al variare dell’addetto;
h) dare risposta in differita nel caso in cui l’addetto o il responsabile non abbiano a disposizione o non possano fornire in linea l’informazione richiesta, con prima richiamata o contatto, ad esempio via e - mail, di norma non oltre il secondo giorno lavorativo successivo (art. 4, comma 1).
Analogamente, l’art. 6 dell’Allegato A, prefissa ai centri di assistenza dei tempi stringenti di attesa per le chiamate effettuate dagli utenti, variabili, per i servizi fissi di telecomunicazione, tra i 60 ed i 90 secondi, il non rispetto dei quali integra violazione degli standard qualitativi del servizio e, quindi, della diligenza professionale di un operatore di telecomunicazioni.

3. - Ad integrazione di eventuali illeciti perpetrati dagli operatori telefonici, soccorrono altresì le disposizioni testuali delle cc.dd. condizioni generali di contratto e delle Carte dei servizi di cui essi sono tenute a dotarsi.
A solo scopo esemplificativo, si trascrivono l’art. 3.1. delle condizioni generali di contratto dell’operatore Wind s.p.a. (ma il discorso è estensibile anche agli altri operatori):
«3. Servizio clienti - segnalazione guasti
3.1. Le eventuali segnalazioni potranno essere inoltrate, telefonicamente al servizio clienti. . . o mediante comunicazione scritta al servizio clienti. Al cliente sarà dato riscontro con la massima celerità. È fatto salvo ogni diritto del cliente previsto dalla normativa vigente».
Ancora, sempre con riguardo all’operatore Wind s.p.a. - si ripete, preso solo ad esempio a fini scientifici nel presente scritto - la Carta dei servizi di cui si è dotata ha dettato pregnanti prescrizioni ai seguenti articoli: 1.2. (in tema di continuità del servizio), 1.4. (cortesia), 1.5. (efficacia ed efficienza), 2 (indicatori di qualità), 2.1. (attivazione del servizio) e 2.2 (irregolare funzionamento del servizio).
In conclusione, per comodità si trascrive tale ultima norma:
«Wind si impegna ad eliminare eventuali irregolarità funzionali del servizio entro il quarto giorno non festivo successivo a quello in cui è pervenuta la segnalazione, ad eccezione dei guasti di particolare complessità che verranno comunque riparati con la massima tempestività».
Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it

Disservizi subiti
dagli utenti in costanza di rapporto di
abbonamento con il fornitore telefonico:
excursus normativo e giurisprudenziale


Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it


1. - E’ noto che il cd. contratto di abbonamento telefonico sia dalla giurisprudenza inquadrato nella somministrazione (cfr. Corte Cost. 20 dicembre 1998 n. 1104, id., 30 dicembre 1994 n. 546; Cass. 28 maggio 2004 n. 10313, idd., 2 dicembre 2002 n. 17041, 29 aprile 1997 n. 3686 Cass. 29 novembre 1978 n. 5613, Trib. Roma 23 marzo 1987 [ord.], Giud. pace Pomigliano d’Arco 22 marzo 2007, Giud. pace Torre Annunziata 14 novembre 2005), la dove la dottrina lo inserisce nell’appalto di servizi (Di Fazio, Sulla natura del contratto di abbonamento telefonico, Temi Rom., 1972, 622 e ss., Cottino, Del contratto estimatorio. Della somministrazione, Comm. Scialoja - Branca, artt. 1556 - 1570, Bologna - Roma, 1970).
Trattasi, in entrambi i casi, di contratto a prestazioni corrispettive e per adesione, in cui, a fronte dell’obbligo dell’utente finale di corrispondere il corrispettivo del servizio, vi è quello del gestore di fornirgli quest’ultimo, pena la violazione del fondamentale art. 1218 c.c.
A proposito della violazione di tale ultima norma, si ricordi che il recente diritto vivente, che qui s’invoca, ha notevolmente alleggerito l’onere probatorio dell’avente diritto alla prestazione, il quale ai fini dell’affermazione del suo diritto risarcitorio deve soltanto allegare la violazione contrattuale del debitore.
Cfr., Cass. 10 maggio 2002, n. 6735: «In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento; anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento della obbligazione, ma il suo inesatto inadempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (anche per difformità rispetto al dovuto), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento».
In chiusura, si ricordi l’importante disposto dell’art. 1175 c.c., che esige il generale dovere di correttezza, e l’art. 1176, comma 2, c.c.., che commisura la diligenza di un operatore professionale (differente per quantità e qualità da quella generica ex art. 1176, comma 1, c.c.) sulla natura dell’attività esercitata.
Sul punto, Trib. Brindisi 29 maggio - 6 giugno 2006, ha recentemente sanzionato un gestore telefonico per violazione della buona fede in danno dell’utente:
«. . . Tale dovere solidaristico (quello della b. f., ndr), peraltro s’impone con maggior forza nei casi di contratti per adesione (qual è indubbiamente il contratto di abbonamento telefonico), in cui le clausole contrattuali vengono predisposte unilateralmente dal contraente che si trova nella posizione di maggior potere contrattuale che gli consente di imporre alla controparte il contenuto del contratto, senza la possibilità di discutere o modificare le clausole predisposte».


2. - I pregnanti doveri solidaristici affermati in linea di principio nell’esposizione precedente, hanno ricevuto, con riferimento ai cc.dd. call centers, regolamentazione a mezzo della recente delibera del 14 giugno 2007 dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, di cui si trascrivono gli artt. 3 e 4 dell’Allegato A:
«I call center . . . assicurano oltre al rispetto delle disposizioni vigenti . . . un efficace canale di comunicazione per facilitare le relazioni e la gestione delle interazioni fra gli operatori e gli utenti.
La politica di comunicazione dei call center deve essere orientata alla massima trasparenza nei confronti dell’utente e alla coerenza con le finalità e gli obiettivi del servizio stesso e della presente direttiva, agevolando l’utente nell’accesso ai servizi erogati e nella conoscenza dell’albero per i sistemi di risposta automatica. . . . (art. 3, comma 1 e 2).
. . .
Il call center assicura che la modalità e i contenuti di relazione con gli utenti, che usufruiscono del servizio . . . siano conformi alle seguenti regole:
. . .
e) dotarsi di procedure di gestione delle segnalazioni o dei reclami che garantiscano all’utente di ricevere sempre una risposta adeguata entro i tempi contrattualmente definiti e indicati nelle carte dei servizi;
. . .
g) perseguire l’obiettivo dell’uniformità delle risposte e delle proposte commerciali al variare dell’addetto;
h) dare risposta in differita nel caso in cui l’addetto o il responsabile non abbiano a disposizione o non possano fornire in linea l’informazione richiesta, con prima richiamata o contatto, ad esempio via e - mail, di norma non oltre il secondo giorno lavorativo successivo (art. 4, comma 1).
Analogamente, l’art. 6 dell’Allegato A, prefissa ai centri di assistenza dei tempi stringenti di attesa per le chiamate effettuate dagli utenti, variabili, per i servizi fissi di telecomunicazione, tra i 60 ed i 90 secondi, il non rispetto dei quali integra violazione degli standard qualitativi del servizio e, quindi, della diligenza professionale di un operatore di telecomunicazioni.

3. - Ad integrazione di eventuali illeciti perpetrati dagli operatori telefonici, soccorrono altresì le disposizioni testuali delle cc.dd. condizioni generali di contratto e delle Carte dei servizi di cui essi sono tenute a dotarsi.
A solo scopo esemplificativo, si trascrivono l’art. 3.1. delle condizioni generali di contratto dell’operatore Wind s.p.a. (ma il discorso è estensibile anche agli altri operatori):
«3. Servizio clienti - segnalazione guasti
3.1. Le eventuali segnalazioni potranno essere inoltrate, telefonicamente al servizio clienti. . . o mediante comunicazione scritta al servizio clienti. Al cliente sarà dato riscontro con la massima celerità. È fatto salvo ogni diritto del cliente previsto dalla normativa vigente».
Ancora, sempre con riguardo all’operatore Wind s.p.a. - si ripete, preso solo ad esempio a fini scientifici nel presente scritto - la Carta dei servizi di cui si è dotata ha dettato pregnanti prescrizioni ai seguenti articoli: 1.2. (in tema di continuità del servizio), 1.4. (cortesia), 1.5. (efficacia ed efficienza), 2 (indicatori di qualità), 2.1. (attivazione del servizio) e 2.2 (irregolare funzionamento del servizio).
In conclusione, per comodità si trascrive tale ultima norma:
«Wind si impegna ad eliminare eventuali irregolarità funzionali del servizio entro il quarto giorno non festivo successivo a quello in cui è pervenuta la segnalazione, ad eccezione dei guasti di particolare complessità che verranno comunque riparati con la massima tempestività».
Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it

martedì 15 settembre 2009

Sottotetto , Utilizzabilità da parte di tutti i condomini , Presunzione di proprietà comune

Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764

In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi
Sottotetto , Utilizzabilità da parte di tutti i condomini , Presunzione di proprietà comune

Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764

In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi
Proprietario esclusivo del lastrico solare, pagamento delle spese condominiali, divieto di sopredificare

Cass., Sez.. 2 sentenza n. 13328 del 29/11/1999

Il proprietario esclusivo del lastrico solare e' tenuto al pagamento, in proporzione dei relativi millesimi, delle spese condominiali comuni anche nel caso in cui e' vietato sopredificare dalla normativa edilizia applicabile nella zona ove esiste l'edificio, perchè tale divieto - peraltro non immutabile - non fa venir meno il suo diritto di proprietà sul lastrico solare, ne' questo e' utilizzabile soltanto per sopraelevare.

Proprietario esclusivo del lastrico solare, pagamento delle spese condominiali, divieto di sopredificare

Cass., Sez.. 2 sentenza n. 13328 del 29/11/1999

Il proprietario esclusivo del lastrico solare e' tenuto al pagamento, in proporzione dei relativi millesimi, delle spese condominiali comuni anche nel caso in cui e' vietato sopredificare dalla normativa edilizia applicabile nella zona ove esiste l'edificio, perchè tale divieto - peraltro non immutabile - non fa venir meno il suo diritto di proprietà sul lastrico solare, ne' questo e' utilizzabile soltanto per sopraelevare.

Riforma ordinamento professione avvocato. riprende l'iter ....

Riforma forense, riprende l'iter

Data Pubblicazione 15/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

Scade oggi alle 15 il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato

Ritornano i minimi tariffari inderogabili. Ma è braccio di ferro

Riprende l'iter legislativo della riforma forense. E riprende proprio da dove il comitato ristretto della commissione giustizia del senato, che ha elaborato il testo unificato, si era fermato per la pausa estiva: ovvero la presentazione degli emendamenti. I senatori avranno tempo fino alle 15 di oggi per proporre dei correttivi a un disegno di legge partorito non senza difficoltà. Pomo della discordia il ritorno delle tariffe minime inderogabili. E un comitato ristretto fra due fuochi. Da un lato una categoria professionale compatta a chiedere l'annullamento del decreto Bersani del 2006. Dall'altra l'Unione europea che sull'inderogabilità dei compensi aveva nel 2004 avviata una procedura d'infrazione contro l'Italia, poi rientrata per via delle liberalizzazioni volute dall'ex ministro dello sviluppo economico (Pierluigi Bersani, appunto). Una situazione spinosa che ha portato il comitato ristretto, prima di fissare il termine per gli emendamenti (di veda anche ItaliaOggi del 16 luglio), a modificare più volte il testo. Fino a far prevalere le argomentazioni dell'avvocatura. Ma gli emendamenti potrebbero riaprire la partita. Ricapitolando il tira e molla tra professione e senato, il testo inviato dal Consiglio nazionale forense al ministro della giustizia, Angelino Alfano, a marzo scorso, conteneva, all'art. 12, il principio secondo cui «gli onorari minimi e massimi sono sempre vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe» (comma 5). E, al comma 9, l'abrogazione delle disposizioni del decreto Bersani per gli avvocati. Il comitato ristretto della commissione giustizia, guidata da Filippo Berselli, dopo varie riunioni, ha inviato alle anime rappresentative della categoria la bozza di riordino dell'ordinamento forense da sottoporre al vaglio della commissione, con alcune modifiche rispetto al testo del Cnf. Tra queste, la soppressione dell'abrogazione dell'art. 2 del decreto legge n. 223/2006 e la modifica del comma 5 («gli onorari minimi sono, in via di principio, vincolanti»). Formula che non è andata giù al Consiglio nazionale forense e all'Oua, che hanno contestato questa e altre modifiche alla riforma del Cnf. Dunque marcia indietro da parte del comitato ristretto che ha nuovamente inserito il comma 5 sull'inderogabilità dei minimi ma ha cancellato il comma 9 sull'abolizione delle disposizioni del Bersani. Fra le altre novità del testo, importanti modifiche attendono l'accesso alla professione. Per mettere un freno alla crescita numerica di una categoria che ha già superato le 200 mila unità. L'articolato del ddl, infatti, riscrive a 360 gradi l'esercizio della professione partendo proprio dal tirocinio per il quale è previsto un test informatico di ingresso per l'iscrizione all'apposito registro. Tirocinio che resta di 24 mesi ma che prevede la contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive. Ignazio Marino

Riforma ordinamento professione avvocato. riprende l'iter ....

Riforma forense, riprende l'iter

Data Pubblicazione 15/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

Scade oggi alle 15 il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato

Ritornano i minimi tariffari inderogabili. Ma è braccio di ferro

Riprende l'iter legislativo della riforma forense. E riprende proprio da dove il comitato ristretto della commissione giustizia del senato, che ha elaborato il testo unificato, si era fermato per la pausa estiva: ovvero la presentazione degli emendamenti. I senatori avranno tempo fino alle 15 di oggi per proporre dei correttivi a un disegno di legge partorito non senza difficoltà. Pomo della discordia il ritorno delle tariffe minime inderogabili. E un comitato ristretto fra due fuochi. Da un lato una categoria professionale compatta a chiedere l'annullamento del decreto Bersani del 2006. Dall'altra l'Unione europea che sull'inderogabilità dei compensi aveva nel 2004 avviata una procedura d'infrazione contro l'Italia, poi rientrata per via delle liberalizzazioni volute dall'ex ministro dello sviluppo economico (Pierluigi Bersani, appunto). Una situazione spinosa che ha portato il comitato ristretto, prima di fissare il termine per gli emendamenti (di veda anche ItaliaOggi del 16 luglio), a modificare più volte il testo. Fino a far prevalere le argomentazioni dell'avvocatura. Ma gli emendamenti potrebbero riaprire la partita. Ricapitolando il tira e molla tra professione e senato, il testo inviato dal Consiglio nazionale forense al ministro della giustizia, Angelino Alfano, a marzo scorso, conteneva, all'art. 12, il principio secondo cui «gli onorari minimi e massimi sono sempre vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe» (comma 5). E, al comma 9, l'abrogazione delle disposizioni del decreto Bersani per gli avvocati. Il comitato ristretto della commissione giustizia, guidata da Filippo Berselli, dopo varie riunioni, ha inviato alle anime rappresentative della categoria la bozza di riordino dell'ordinamento forense da sottoporre al vaglio della commissione, con alcune modifiche rispetto al testo del Cnf. Tra queste, la soppressione dell'abrogazione dell'art. 2 del decreto legge n. 223/2006 e la modifica del comma 5 («gli onorari minimi sono, in via di principio, vincolanti»). Formula che non è andata giù al Consiglio nazionale forense e all'Oua, che hanno contestato questa e altre modifiche alla riforma del Cnf. Dunque marcia indietro da parte del comitato ristretto che ha nuovamente inserito il comma 5 sull'inderogabilità dei minimi ma ha cancellato il comma 9 sull'abolizione delle disposizioni del Bersani. Fra le altre novità del testo, importanti modifiche attendono l'accesso alla professione. Per mettere un freno alla crescita numerica di una categoria che ha già superato le 200 mila unità. L'articolato del ddl, infatti, riscrive a 360 gradi l'esercizio della professione partendo proprio dal tirocinio per il quale è previsto un test informatico di ingresso per l'iscrizione all'apposito registro. Tirocinio che resta di 24 mesi ma che prevede la contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive. Ignazio Marino

domenica 13 settembre 2009

la cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

(16/03/2009)

La cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

Avv. Luigi Modaffari

Il c.d. “Decreto Sicurezza” ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, finalizzata a reprimere e prevenire una forma di favoreggiamento al permanere sul territorio nazionale da parte di immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art.
12 del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”) si è aggiunto ilcomma 5-bis, salvo che il fatto costituisca un piu' grave reato, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita' ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

La finalità della fattispecie

La finalità della figura si ravvisa nella necessità di eliminare quelle condizioni, quei presupposti che possono contribuire ad alimentare la permanenza sul nostro territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Rientrano in tale ipotesi 1) gli extracomunitari clandestini entrati illegalmente o 2) quelli già espulsi 3) il comunitario allontanato dal territorio dello stato o 4)l'immigrato in genere che, a qualunque titolo, abbia fatto i scadere il permesso di soggiorno a tempo determinato.

L'elemento oggettivo

Si punisce specificatamente il dare alloggio e il cedere l'immobile a titolo di proprietà o di locazione. Con il “dare alloggio” ci si riferisce all'ipotesi in cui il “terzo” condivida la propria attuale abitazione con lo straniero irregolare.
Inoltre, si deve precisare che l'autore dell'illecito non necessariamente corrisponde con il
titolare dell'immobile, ma può essere sanzionato anche chi abbia agito in nome e per conto di quest'ultimo, quali per esempio, gli agenti o i mediatori immobiliari.

L'elemento soggettivo e consumazione

La norma richiede che la condotta del reo sia connotata dal dolo specifico, cioè dalla volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile all'irregolare, al fine di trarre un ingiusto profitto. Pertanto, il reo deve trarre un indebito e ingiusto vantaggio dalla condizione di straniero irregolare, imponendo per l'alloggio o per la cessione dell'immobile condizioni onerosissime ed illecitamente sproporzionate rispetto all'effettivo valore economico-commerciale.
Il reato si consuma nel momento in cui il reo ceda, per trarre un ingiusto vantaggio e ad indebitamente onerose condizioni, l'alloggio o il godimento un immobile allo straniero irregolare, in modo tale che questo possa permanere, o comunque continuare a permanere, irregolarmente sul territorio nazionale.

La confisca dell'immobile

Il Legislatore prevede che, nel caso di condanna irrevocabile per la commissione dell'illecito sopra descritto, si deve confiscare l'immobile in cui lo straniero è alloggiato o che a questo è stato ceduto.
Ovviamente,
la confisca non ha luogo nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al fatto. Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l'immobile venga “subaffittato” a terzi, senza il consenso del proprietario. Riguardo all'istituto della confisca, questo viene disposto ed è disciplinato in base alla disposizione vigenti del c.p.p.. E' evidente che prima e strumentalmente alla confisca possa essere disposto il sequestro preventivo dell'immobile ai sensi dell'art. 321, 2 comma, c.p.p.

Un caso ricorrente nella pratica

Il provvedimento della confisca dell'immobile (o meglio del sequestro preventivo), nelle sue prime ipotesi di applicazione, è stato attuato anche quando l'immobile sia stato concesso in locazione ad un extracomunitario con regolare permesso di soggiorno, il quale, però, invece che risiedervi solo (lui stesso o con la sua famiglia), ceda in sub-locazione o dia alloggio ad un canone altissimo, sproporzionato, ad altri stranieri irregolari. Ai fini della confisca, però, deve sussistere il dolo specifico da parte del proprietario e pertanto, nel caso suddetto, l'immobile non può essere confiscato al proprietario in quanto estraneo ai fatti.
Pertanto, a fini cautelativi, è buona cosa trascrivere sui contratti di locazione la seguente frase:
il contratto si considera risolto nel caso in cui il conduttore dia alloggio ad immigrati clandestini commettendo così il reato ai sensi all'art. 12, comma 5-bis del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”).

Avv. AzzeccagarbugliPubblica post


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