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martedì 27 ottobre 2009

Quando il Notaio è Responsabile: tempi e prescrizione

Notaio, responsabilità, prescrizione, dies a quo, danno lungo latente





Cassazione civile , sez. III, sentenza 15.07.2009 n° 16463











In tema di responsabilità del notaio, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato. (1-6)







(*) Riferimenti normativi: artt. 1218 – 2935 c.c..



(1) In materia di responsabilità del notaio e natura di valore del debito risarcitorio, si veda Cassazione civile 1335/09.



(2) In materia di responsabilità del notaio ed omesse visure, si veda Cassazione civile 28753/2008.



(3) In materia di responsabilità del notaio e rappresentante legale di società iscritto nell’elenco dei protestati per un assegno a vuoto, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 06.05.2008 n° 11049.



(4) In materia di responsabilità del notaio e mancata agevolazione fiscale, si veda Cassazione civile 7857/2008.



(5) In materia di obbligo per il notaio di accertare la provenienza del bene, si veda Tribunale di Mantova 30 luglio 2007.



(6) Tra le monografie, si veda ZINGAROPOLI (Collana diretta da Luigi Viola), La responsabilità del notaio, Matelica (MC), 2006.







(Fonte: Altalex Massimario 37/2009. Cfr. nota di Raffaele Plenteda)



 


 


 


 












SEZIONE III CIVILE







Sentenza 15 luglio 2009, n. 16463







Svolgimento del processo







1.- Con sentenza del 25 settembre 2000 il Tribunale di Bologna adito dai coniugi Z.-A. rigettava la domanda da essi proposta contro il notaio S.P., intesa ad ottenere un risarcimento dei danni subiti per effetto di una sua negligenza professionale nella redazione del rogito del (…) circa l'acquisto di un immobile.







In punto di fatto, con citazione del 7 ottobre 1998 i suddetti coniugi, quali proprietari di un appartamento sito in (…), evocavano in giudizio il notaio.







Assumevano gli attori che con il rogito del (….) avevano inteso acquistare una zona terrazza - stenditoio, definita da loro "attico" che, invece, in un contenzioso successivamente instaurato con il condominio e deciso con sentenza n. 74/98 dal Tribunale di Bologna era stata dichiarata, in via incidentale, parzialmente di proprietà condominiale.







Nel costituirsi il notaio contestava la pretesa in fatto e in diritto; confermava la correttezza nella redazione del rogito, attribuiva agli attori la soccombenza nella causa con il condominio, neppure proseguita in appello ed eccepiva la prescrizione dell'azione.







Il Tribunale, come detto, rigettava la domanda dei coniugi.







2.- Contro questa sentenza i coniugi Z. interponevano appello, riproponendo la domanda.







Si costituiva il notaio, che riproponeva le proprie difese.







La Corte di appello, con sentenza non definitiva del 19 luglio 2002, riformava la decisione del giudice di primo grado in punto di responsabilità e rigettava la eccezione di prescrizione e le istanze istruttorie dell'appellato notaio.







Rimessa la causa sul ruolo per la quantificazione del danno e le istanze istruttorie dell'appellato, espletata una CTU sul minore valore del bene, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 16 dicembre 2003, condannava il notaio a corrispondere ai coniugi, a titolo risarcitorio, la somma di euro 39.811,29, oltre rivalutazione secondo indici ISTAT e interessi legali, rivalutati di anno in anno con decorrenza dal 7 ottobre 1998 al saldo, oltre alle spese generali che variamente governava.







Avverso le due sentenze insorge il notaio con un ricorso affidato a 6 motivi.







Resistono con controricorso i coniugi Z.-A..







Il ricorrente ha presentato memoria.







Motivi della decisione







1. - Osserva il Collegio che dei sei motivi di ricorso vanno esaminati in ordine logico, il terzo, il primo e il sesto motivo.







1.1. - Infatti, con il terzo motivo (violazione e mancata applicazione dei principi di legittimazione processuale e sostanziale, mancata applicazione dell'articolo 75 c.p.c., dell'articolo 100 c.p.c.: violazione e mancata applicazione dell'articolo 163 c.p.c., in entrambe le sentenze impugnate, con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3) il notaio assume che, avendo i coniugi avviato la loro azione con citazione del 7 ottobre 1998, avrebbero taciuto, fino all'espletamento della CTU, di non essere, al momento della notifica dell'atto di citazione di primo grado, più proprietari dell'immobile, oggetto del rogito.







Avendo essi coniugi venduto l'immobile nel 1994, quattro anni prima della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna n. 74/98, avrebbero essi agito privi di legittimazione e, comunque, non avrebbero interesse alla decisione.







Il ricorrente, inoltre, sostiene che avrebbe conosciuto ciò solo all'atto della CTU disposta in secondo grado e la Corte di appello nella sentenza definitiva avrebbe del tutto ignorato questa circostanza da lui puntualmente rilevata.







1.2. - La doglianza è priva di fondamento, sia sotto il profilo dell'articolo 75 c.p.c., che sotto quello dell'articolo 100 c.p.c..







Di vero, va tenuto presente che i coniugi, attuali resistenti, agiscono per inadempimento da parte del notaio della sua diligenza professionale e, quindi, gli unici legittimati ad agire, sia sostanzialmente che processualmente, non possono che essere solo loro, che avevano richiesto al notaio di procedere al rogito, concludendo con lui un contratto di opera professionale (Cass. n. 14934/02, par. 5 in motivazione).







E' noto che la legitimatio ad causam dal lato attivo consiste nella pretesa di esercitare in giudizio in nome proprio un diritto proprio, indipendentemente dalla titolarità del diritto azionato, la quale resta "affidata alla disponibilità delle parti.







Gli originari attori hanno agito onde ottenere il risarcimento dei danni, consistiti nel minore valore del bene da loro acquistato, perché, a loro giudizio, il notaio, non usando la diligenza che gli incombeva, avrebbe determinato un deprezzamento del bene stesso, realizzatosi con il minor introito del ricavato al momento della rivendita del bene (Cass. n. 623/77).







Vi è, dunque, in capo ai coniugi un interesse ad agire, in quanto essi tendevano ad ottenere una pronuncia onde conseguire un risultato utile (Cass. n. 13906/02), non altrimenti conseguibile se non con l'intervento del giudice (Cass. n. 4984/01; n. 13901/03).







2. - Circa il primo motivo la Corte osserva quanto segue.







Il ricorrente si duole che il giudice dell'appello non sarebbe stato in grado di individuare, in motivazione, in quale condotta si sarebbe dovuto concretare la diligenza professionale per porre il notaio rogante al riparo da ogni responsabilità professionale (p. 4 ricorso).







Questo motivo non é meritevole di accoglimento.







Di vero (e la censura è indubbiamente rivolta alla sentenza non definitiva, nella parte in cui riporta in sintesi la decisione del giudice di prime cure, per poi mostrare di condividerla (p. 14 - 16), nella sentenza si legge che dal rogito e dagli allegati non emergeva l'acquisto della proprietà' "stenditoio", perché venne citato solo "il terrazzo" che nominalmente è parte distinta dalla porzione a stenditoio; il regolamento condominale non era chiaro; la deposizione testimoniale parla di una parte del terrazzo separata da un cancello, ma non deponeva in modo sicuro per l'uso esclusivo a favore dei coniugi Z. ; l'errore del condominio nelle tabelle millesimali non può integrare valido titolo di proprietà.







In sostanza, il giudice dell'appello ha addebitato al notaio di non aver diligentemente, come era suo obbligo, proceduto a tutti quegli accertamenti preparatori e prodromici per far conseguire alle parti, che lo avevano investito, di conseguire il loro risultato, di cui il notaio stesso non poteva non essere a conoscenza.







Tale statuizione é immune da ogni censura di ordine logico e di ordine giuridico.







Infatti, da una parte il giudice dell'appello si è fatto carico di esaminare tutto il materiale processuale e, in piena aderenza ad esso, ne ha tratto il convincimento della responsabilità del notaio; dall'altro non ha fatto altro che applicare i principi sussistenti in materia di responsabilità contrattuale, qual è quella in esame, del notaio nello svolgimento della sua attività professionale.(p. 16 sentenza non definitiva).







3. - Con il sesto motivo, articolato in due profili, ci si duole della erronea e contraddittoria individuazione della fattispecie come integrante una responsabilità contrattuale e non già extracontrattuale; carenza e contraddittorietà di motivazione sul punto; mancata applicazione della prescrizione in entrambe le sentenze impugnate ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.







3.1. - Il primo profilo va respinto per le considerazioni esposte in precedenza, non potendosi accedere alla tesi del ricorrente.







Infatti, non si rinviene alcun elemento per ritenere di natura extracontrattuale la responsabilità del notaio, considerato che egli redasse un rogito, che si rilevò non rispecchiare appieno la volontà delle parti contraenti e specificamente dei coniugi Z. , che a lui si rivolsero, incaricandolo di redigere l'atto, ovviamente previo esame della situazione documentale (titolo di provenienza, visure catastali, regolamento di condominio).







Del secondo profilo di questo motivo, resta assorbito quello relativo alla prescrizione per responsabilità extracontrattuale, mentre della parti in cui ci si duole della non ritenuta prescrizione sotto il profilo della responsabilità contrattuale si tratterà di seguito.







3.2. - Le considerazioni svolte finora in ordine al sesto motivo inducono a ritenere assorbito il quarto motivo, con il quale, ci si duole della sentenze impugnate nella parte in cui hanno deciso sull'an, nonché sul quantum debeatur (p. 14 - 15 ricorso).







4. - Passando all'esame del secondo motivo la Corte osserva quanto segue.







Con esso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2935 c.c., mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione; omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sul punto nel comb. disp. della sentenza non definiva e di quella definitiva ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.







Questa censura va letta in collegamento con l'altra contenuta nel sesto motivo circa, nella parte riguardante la non ritenuta prescrizione dell'azione (contrattuale) intentata dai coniugi Z. . La doglianza, per le considerazioni che seguono, non merita di essere accolto.







Di vero, é giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, secondo la quale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. n. 16658/07; n. 10493/06).







Nella specie, il giudice dell'appello ha correttamente applicato questo principio e con incontestabile apprezzamento di fatto, perché sorretto da logica e congrua motivazione (v. p. 19 sentenza non definitiva) ha statuito che i coniugi Z. avevano avuto contezza e percezione del danno subito, a cagione della negligenza professionale del notaio, solo dal momento dell'accertamento giudiziale (operato, sia pure, incidenter tantum) dal Tribunale di Bologna con la sent. n. 74/98.







Con quella decisione il danno, subito per la inesatta indicazione della consistenza dell'immobile da essi acquistato nel (…) per rogito del P., ebbe a manifestarsi all'esterno nella sua oggettività, divenendo, per l'effetto, percepibile, conoscibile ed azionabile sul piano della domanda risarcitoria, (come tiene a rilevarne i caratteri per la sua risarcibilità quale intesa dall'articolo 2935 c.c., la sentenza n. 10493/06, in motivazione, con richiami a Cass. n. 9927/00; n. 8845/95; n. 3691/93).







In sintesi, da quel momento il diritto al risarcimento poteva essere fatto valere, come, in effetti, avvenne.







Il quinto motivo censura le decisioni (non definitiva e definitiva) del giudice dell'appello, in quanto non sarebbe stato valutato il comportamento dei compratori (i coniugi Z. n.d.r.) "anche al fine di valutare un concorso di colpa nella causazione o nell'aggravamento del preteso danno" e, nello steso tempo avrebbe quel giudice "individuato e quantificato un danno inesistente e in ogni caso non adeguatamente accertato" (p. 15 ricorso).







Questa doglianza è inammissibile, in quanto non sembra proposta nella fase del merito.







Conclusivamente il ricorso va respinto, ma si rinvengono giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.







P.Q.M.







La Corte:







Rigetto il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

















Quando il Notaio è Responsabile: tempi e prescrizione

Notaio, responsabilità, prescrizione, dies a quo, danno lungo latente


Cassazione civile , sez. III, sentenza 15.07.2009 n° 16463





In tema di responsabilità del notaio, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato. (1-6)



(*) Riferimenti normativi: artt. 1218 – 2935 c.c..

(1) In materia di responsabilità del notaio e natura di valore del debito risarcitorio, si veda Cassazione civile 1335/09.

(2) In materia di responsabilità del notaio ed omesse visure, si veda Cassazione civile 28753/2008.

(3) In materia di responsabilità del notaio e rappresentante legale di società iscritto nell’elenco dei protestati per un assegno a vuoto, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 06.05.2008 n° 11049.

(4) In materia di responsabilità del notaio e mancata agevolazione fiscale, si veda Cassazione civile 7857/2008.

(5) In materia di obbligo per il notaio di accertare la provenienza del bene, si veda Tribunale di Mantova 30 luglio 2007.

(6) Tra le monografie, si veda ZINGAROPOLI (Collana diretta da Luigi Viola), La responsabilità del notaio, Matelica (MC), 2006.



(Fonte: Altalex Massimario 37/2009. Cfr. nota di Raffaele Plenteda)

 

 

 

 






SEZIONE III CIVILE



Sentenza 15 luglio 2009, n. 16463



Svolgimento del processo



1.- Con sentenza del 25 settembre 2000 il Tribunale di Bologna adito dai coniugi Z.-A. rigettava la domanda da essi proposta contro il notaio S.P., intesa ad ottenere un risarcimento dei danni subiti per effetto di una sua negligenza professionale nella redazione del rogito del (…) circa l'acquisto di un immobile.



In punto di fatto, con citazione del 7 ottobre 1998 i suddetti coniugi, quali proprietari di un appartamento sito in (…), evocavano in giudizio il notaio.



Assumevano gli attori che con il rogito del (….) avevano inteso acquistare una zona terrazza - stenditoio, definita da loro "attico" che, invece, in un contenzioso successivamente instaurato con il condominio e deciso con sentenza n. 74/98 dal Tribunale di Bologna era stata dichiarata, in via incidentale, parzialmente di proprietà condominiale.



Nel costituirsi il notaio contestava la pretesa in fatto e in diritto; confermava la correttezza nella redazione del rogito, attribuiva agli attori la soccombenza nella causa con il condominio, neppure proseguita in appello ed eccepiva la prescrizione dell'azione.



Il Tribunale, come detto, rigettava la domanda dei coniugi.



2.- Contro questa sentenza i coniugi Z. interponevano appello, riproponendo la domanda.



Si costituiva il notaio, che riproponeva le proprie difese.



La Corte di appello, con sentenza non definitiva del 19 luglio 2002, riformava la decisione del giudice di primo grado in punto di responsabilità e rigettava la eccezione di prescrizione e le istanze istruttorie dell'appellato notaio.



Rimessa la causa sul ruolo per la quantificazione del danno e le istanze istruttorie dell'appellato, espletata una CTU sul minore valore del bene, la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 16 dicembre 2003, condannava il notaio a corrispondere ai coniugi, a titolo risarcitorio, la somma di euro 39.811,29, oltre rivalutazione secondo indici ISTAT e interessi legali, rivalutati di anno in anno con decorrenza dal 7 ottobre 1998 al saldo, oltre alle spese generali che variamente governava.



Avverso le due sentenze insorge il notaio con un ricorso affidato a 6 motivi.



Resistono con controricorso i coniugi Z.-A..



Il ricorrente ha presentato memoria.



Motivi della decisione



1. - Osserva il Collegio che dei sei motivi di ricorso vanno esaminati in ordine logico, il terzo, il primo e il sesto motivo.



1.1. - Infatti, con il terzo motivo (violazione e mancata applicazione dei principi di legittimazione processuale e sostanziale, mancata applicazione dell'articolo 75 c.p.c., dell'articolo 100 c.p.c.: violazione e mancata applicazione dell'articolo 163 c.p.c., in entrambe le sentenze impugnate, con riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3) il notaio assume che, avendo i coniugi avviato la loro azione con citazione del 7 ottobre 1998, avrebbero taciuto, fino all'espletamento della CTU, di non essere, al momento della notifica dell'atto di citazione di primo grado, più proprietari dell'immobile, oggetto del rogito.



Avendo essi coniugi venduto l'immobile nel 1994, quattro anni prima della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna n. 74/98, avrebbero essi agito privi di legittimazione e, comunque, non avrebbero interesse alla decisione.



Il ricorrente, inoltre, sostiene che avrebbe conosciuto ciò solo all'atto della CTU disposta in secondo grado e la Corte di appello nella sentenza definitiva avrebbe del tutto ignorato questa circostanza da lui puntualmente rilevata.



1.2. - La doglianza è priva di fondamento, sia sotto il profilo dell'articolo 75 c.p.c., che sotto quello dell'articolo 100 c.p.c..



Di vero, va tenuto presente che i coniugi, attuali resistenti, agiscono per inadempimento da parte del notaio della sua diligenza professionale e, quindi, gli unici legittimati ad agire, sia sostanzialmente che processualmente, non possono che essere solo loro, che avevano richiesto al notaio di procedere al rogito, concludendo con lui un contratto di opera professionale (Cass. n. 14934/02, par. 5 in motivazione).



E' noto che la legitimatio ad causam dal lato attivo consiste nella pretesa di esercitare in giudizio in nome proprio un diritto proprio, indipendentemente dalla titolarità del diritto azionato, la quale resta "affidata alla disponibilità delle parti.



Gli originari attori hanno agito onde ottenere il risarcimento dei danni, consistiti nel minore valore del bene da loro acquistato, perché, a loro giudizio, il notaio, non usando la diligenza che gli incombeva, avrebbe determinato un deprezzamento del bene stesso, realizzatosi con il minor introito del ricavato al momento della rivendita del bene (Cass. n. 623/77).



Vi è, dunque, in capo ai coniugi un interesse ad agire, in quanto essi tendevano ad ottenere una pronuncia onde conseguire un risultato utile (Cass. n. 13906/02), non altrimenti conseguibile se non con l'intervento del giudice (Cass. n. 4984/01; n. 13901/03).



2. - Circa il primo motivo la Corte osserva quanto segue.



Il ricorrente si duole che il giudice dell'appello non sarebbe stato in grado di individuare, in motivazione, in quale condotta si sarebbe dovuto concretare la diligenza professionale per porre il notaio rogante al riparo da ogni responsabilità professionale (p. 4 ricorso).



Questo motivo non é meritevole di accoglimento.



Di vero (e la censura è indubbiamente rivolta alla sentenza non definitiva, nella parte in cui riporta in sintesi la decisione del giudice di prime cure, per poi mostrare di condividerla (p. 14 - 16), nella sentenza si legge che dal rogito e dagli allegati non emergeva l'acquisto della proprietà' "stenditoio", perché venne citato solo "il terrazzo" che nominalmente è parte distinta dalla porzione a stenditoio; il regolamento condominale non era chiaro; la deposizione testimoniale parla di una parte del terrazzo separata da un cancello, ma non deponeva in modo sicuro per l'uso esclusivo a favore dei coniugi Z. ; l'errore del condominio nelle tabelle millesimali non può integrare valido titolo di proprietà.



In sostanza, il giudice dell'appello ha addebitato al notaio di non aver diligentemente, come era suo obbligo, proceduto a tutti quegli accertamenti preparatori e prodromici per far conseguire alle parti, che lo avevano investito, di conseguire il loro risultato, di cui il notaio stesso non poteva non essere a conoscenza.



Tale statuizione é immune da ogni censura di ordine logico e di ordine giuridico.



Infatti, da una parte il giudice dell'appello si è fatto carico di esaminare tutto il materiale processuale e, in piena aderenza ad esso, ne ha tratto il convincimento della responsabilità del notaio; dall'altro non ha fatto altro che applicare i principi sussistenti in materia di responsabilità contrattuale, qual è quella in esame, del notaio nello svolgimento della sua attività professionale.(p. 16 sentenza non definitiva).



3. - Con il sesto motivo, articolato in due profili, ci si duole della erronea e contraddittoria individuazione della fattispecie come integrante una responsabilità contrattuale e non già extracontrattuale; carenza e contraddittorietà di motivazione sul punto; mancata applicazione della prescrizione in entrambe le sentenze impugnate ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.



3.1. - Il primo profilo va respinto per le considerazioni esposte in precedenza, non potendosi accedere alla tesi del ricorrente.



Infatti, non si rinviene alcun elemento per ritenere di natura extracontrattuale la responsabilità del notaio, considerato che egli redasse un rogito, che si rilevò non rispecchiare appieno la volontà delle parti contraenti e specificamente dei coniugi Z. , che a lui si rivolsero, incaricandolo di redigere l'atto, ovviamente previo esame della situazione documentale (titolo di provenienza, visure catastali, regolamento di condominio).



Del secondo profilo di questo motivo, resta assorbito quello relativo alla prescrizione per responsabilità extracontrattuale, mentre della parti in cui ci si duole della non ritenuta prescrizione sotto il profilo della responsabilità contrattuale si tratterà di seguito.



3.2. - Le considerazioni svolte finora in ordine al sesto motivo inducono a ritenere assorbito il quarto motivo, con il quale, ci si duole della sentenze impugnate nella parte in cui hanno deciso sull'an, nonché sul quantum debeatur (p. 14 - 15 ricorso).



4. - Passando all'esame del secondo motivo la Corte osserva quanto segue.



Con esso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2935 c.c., mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione; omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sul punto nel comb. disp. della sentenza non definiva e di quella definitiva ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.



Questa censura va letta in collegamento con l'altra contenuta nel sesto motivo circa, nella parte riguardante la non ritenuta prescrizione dell'azione (contrattuale) intentata dai coniugi Z. . La doglianza, per le considerazioni che seguono, non merita di essere accolto.



Di vero, é giurisprudenza di questa Corte, da cui non vi è motivo di discostarsi, secondo la quale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del danneggiato (Cass. n. 16658/07; n. 10493/06).



Nella specie, il giudice dell'appello ha correttamente applicato questo principio e con incontestabile apprezzamento di fatto, perché sorretto da logica e congrua motivazione (v. p. 19 sentenza non definitiva) ha statuito che i coniugi Z. avevano avuto contezza e percezione del danno subito, a cagione della negligenza professionale del notaio, solo dal momento dell'accertamento giudiziale (operato, sia pure, incidenter tantum) dal Tribunale di Bologna con la sent. n. 74/98.



Con quella decisione il danno, subito per la inesatta indicazione della consistenza dell'immobile da essi acquistato nel (…) per rogito del P., ebbe a manifestarsi all'esterno nella sua oggettività, divenendo, per l'effetto, percepibile, conoscibile ed azionabile sul piano della domanda risarcitoria, (come tiene a rilevarne i caratteri per la sua risarcibilità quale intesa dall'articolo 2935 c.c., la sentenza n. 10493/06, in motivazione, con richiami a Cass. n. 9927/00; n. 8845/95; n. 3691/93).



In sintesi, da quel momento il diritto al risarcimento poteva essere fatto valere, come, in effetti, avvenne.



Il quinto motivo censura le decisioni (non definitiva e definitiva) del giudice dell'appello, in quanto non sarebbe stato valutato il comportamento dei compratori (i coniugi Z. n.d.r.) "anche al fine di valutare un concorso di colpa nella causazione o nell'aggravamento del preteso danno" e, nello steso tempo avrebbe quel giudice "individuato e quantificato un danno inesistente e in ogni caso non adeguatamente accertato" (p. 15 ricorso).



Questa doglianza è inammissibile, in quanto non sembra proposta nella fase del merito.



Conclusivamente il ricorso va respinto, ma si rinvengono giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.



P.Q.M.



La Corte:



Rigetto il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.








mercoledì 7 ottobre 2009

Copertura Rischio e Contratto non rientrante tra i tipi riservati ad una professione con albi















Consulenza,legale,lavoro,atipico,assicurazione,

copertura,rischio,civile

fonte:



http://www.iusetnorma.it/news_giurisprudenza/giurisprudenza/cass-321-08-09n18912.htm

Commento:

http://www.telediritto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=956:cass-civ-sez-iii-31-agosto-2009-n-18912-professioni-intellettuali&catid=92:angolo-del-professionista&Itemid=100



"Tutti i motivi indicati sono incentrati sulla questione se la coperture assicurativa comprendesse anche l'attività prestata dal ricorrente, di predisposizione di un contratto di locazione, che non rientra certamente nell'attività tipica del consulente del lavoro, secondo quanto prevede la L. 11 gennaio 1979, n. 12. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il contratto di assicurazione aveva per oggetto la responsabilità civile derivante all'assicurato nella sua qualità di esercente la libera professione di consulente del lavoro; si precisava quindi che tale garanzia si estendeva anche alla consulenza fiscale e tributaria,"

...



"la predisposizione di un contratto di locazione, pur non essendo in linea di principio vietata al consulente del lavoro, in quanto si tratta di attività per la quale non è prevista alcuna riserva a favore di specifiche categorie di professionisti"







La Sezione Lavoro



Svolgimento del processo

**** conveniva in giudizio davanti alla Pretura di Siena ****, consulente del lavoro, per essere risarcita delle somme che era stata costretta a pagare a tale **** (ex conduttore di un immobile di sua proprietà) per colpa professionale del convenuto stesso, il quale aveva predisposto il contratto di locazione che prevedeva clausole nulle perchè in violazione della normativa sull'equo canone; la parte attrice era stata condannata a pagare la somma di L. 27.363.129, nonchè quella di L. 1.500.000 al proprio legale.

Il **** si costituiva chiamando in garanzia la ****.

Con sentenza 14 maggio 2001 il Tribunale di Siena condannava il **** al pagamento della somma suddetta, oltre interessi; condannava inoltre la **** a tenere indenne il **** per quanto era stato condannato a pagare alla ****.

La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza 24 maggio 2004, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dal **** nei confronti della **** e condannava il soccombente alle spese di ambedue i gradi.

Propone ricorso per cassazione **** con quattro motivi.

La **** non ha svolto difese.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la errata, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d'Appello aveva ritenuto che la redazione di un contratto di locazione non fosse propria della professione di consulente del lavoro: poichè non è prevista alcuna riserva per una categoria di professionisti, che siano abilitati alla redazione di detto contratto; la valutazione della sentenza impugnata sarebbe erronea.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alle norme sulla interpretazione dei contratti (art. 1362 c.c. e segg.), nella parte in cui era stata esclusa la copertura assicurativa per l'attività suddetta. Tale attività non soltanto non sarebbe vietata, ma rientrerebbe comunque nella previsione della polizza, tenuto conto che si tratta di clausole predisposte dalla compagnia su modulo della stessa predisposto e quindi non sarebbe ammessa una interpretazione limitativa e restrittiva.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto cioè della L. 11 gennaio 1979, n. 12, artt. 2 e 13,che disciplina le materie riservate alla competenza dei consulenti del lavoro, tra le quali si ricorso ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente ... e per quant'altro previsto dalla normativa fiscale e tributaria in genere.

Con il quarto motivo si denuncia l'errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punto decisivo della controversia, giacchè la sentenza impugnata aveva omesso di dare alcuna giustificazione sulla esclusione della attività professionale del consulente del lavoro della redazione di contratti di locazione.

Tutti i motivi indicati sono incentrati sulla questione se la coperture assicurativa comprendesse anche l'attività prestata dal ricorrente, di predisposizione di un contratto di locazione, che non rientra certamente nell'attività tipica del consulente del lavoro, secondo quanto prevede la L. 11 gennaio 1979, n. 12. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il contratto di assicurazione aveva per oggetto la responsabilità civile derivante all'assicurato nella sua qualità di esercente la libera professione di consulente del lavoro; si precisava quindi che tale garanzia si estendeva anche alla consulenza fiscale e tributaria, quali compilazioni della dichiarazione dei redditi ed allegati, denuncia annuale IVA, compresi i relativi allegati, registrazioni e quant'altro previsto dalla normativa fiscale e tributaria in generale. Si rammenta poi che la L. n. 12 del 1979, art. 2, prevede che il consulente del lavoro svolga per conto del datore di lavoro tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per l'amministrazione del personale dipendente nonchè ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente a quanto previsto nel comma precedente.

Del tutto ineccepibile risulta quindi la conclusione alla quale perviene la sentenza impugnata, secondo la quale la predisposizione di un contratto di locazione, pur non essendo in linea di principio vietata al consulente del lavoro, in quanto si tratta di attività per la quale non è prevista alcuna riserva a favore di specifiche categorie di professionisti, non rientra tuttavia nè nelle attività tipiche previste per il consulente del lavoro, nè nella previsione contrattuale della polizza assicurativa di cui sopra.

Il ricorso merita quindi rigetto; nulla per le spese poichè la Milano Assicurazioni s.p.a. non ha svolto difese.



P.Q.M.



La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2009.

Copertura Rischio e Contratto non rientrante tra i tipi riservati ad una professione con albi







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fonte:

http://www.iusetnorma.it/news_giurisprudenza/giurisprudenza/cass-321-08-09n18912.htm
Commento:
http://www.telediritto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=956:cass-civ-sez-iii-31-agosto-2009-n-18912-professioni-intellettuali&catid=92:angolo-del-professionista&Itemid=100

"Tutti i motivi indicati sono incentrati sulla questione se la coperture assicurativa comprendesse anche l'attività prestata dal ricorrente, di predisposizione di un contratto di locazione, che non rientra certamente nell'attività tipica del consulente del lavoro, secondo quanto prevede la L. 11 gennaio 1979, n. 12. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il contratto di assicurazione aveva per oggetto la responsabilità civile derivante all'assicurato nella sua qualità di esercente la libera professione di consulente del lavoro; si precisava quindi che tale garanzia si estendeva anche alla consulenza fiscale e tributaria,"
...

"la predisposizione di un contratto di locazione, pur non essendo in linea di principio vietata al consulente del lavoro, in quanto si tratta di attività per la quale non è prevista alcuna riserva a favore di specifiche categorie di professionisti"



La Sezione Lavoro

Svolgimento del processo
**** conveniva in giudizio davanti alla Pretura di Siena ****, consulente del lavoro, per essere risarcita delle somme che era stata costretta a pagare a tale **** (ex conduttore di un immobile di sua proprietà) per colpa professionale del convenuto stesso, il quale aveva predisposto il contratto di locazione che prevedeva clausole nulle perchè in violazione della normativa sull'equo canone; la parte attrice era stata condannata a pagare la somma di L. 27.363.129, nonchè quella di L. 1.500.000 al proprio legale.
Il **** si costituiva chiamando in garanzia la ****.
Con sentenza 14 maggio 2001 il Tribunale di Siena condannava il **** al pagamento della somma suddetta, oltre interessi; condannava inoltre la **** a tenere indenne il **** per quanto era stato condannato a pagare alla ****.
La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza 24 maggio 2004, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dal **** nei confronti della **** e condannava il soccombente alle spese di ambedue i gradi.
Propone ricorso per cassazione **** con quattro motivi.
La **** non ha svolto difese.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la errata, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d'Appello aveva ritenuto che la redazione di un contratto di locazione non fosse propria della professione di consulente del lavoro: poichè non è prevista alcuna riserva per una categoria di professionisti, che siano abilitati alla redazione di detto contratto; la valutazione della sentenza impugnata sarebbe erronea.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge in relazione alle norme sulla interpretazione dei contratti (art. 1362 c.c. e segg.), nella parte in cui era stata esclusa la copertura assicurativa per l'attività suddetta. Tale attività non soltanto non sarebbe vietata, ma rientrerebbe comunque nella previsione della polizza, tenuto conto che si tratta di clausole predisposte dalla compagnia su modulo della stessa predisposto e quindi non sarebbe ammessa una interpretazione limitativa e restrittiva.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto cioè della L. 11 gennaio 1979, n. 12, artt. 2 e 13,che disciplina le materie riservate alla competenza dei consulenti del lavoro, tra le quali si ricorso ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente ... e per quant'altro previsto dalla normativa fiscale e tributaria in genere.
Con il quarto motivo si denuncia l'errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punto decisivo della controversia, giacchè la sentenza impugnata aveva omesso di dare alcuna giustificazione sulla esclusione della attività professionale del consulente del lavoro della redazione di contratti di locazione.
Tutti i motivi indicati sono incentrati sulla questione se la coperture assicurativa comprendesse anche l'attività prestata dal ricorrente, di predisposizione di un contratto di locazione, che non rientra certamente nell'attività tipica del consulente del lavoro, secondo quanto prevede la L. 11 gennaio 1979, n. 12. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il contratto di assicurazione aveva per oggetto la responsabilità civile derivante all'assicurato nella sua qualità di esercente la libera professione di consulente del lavoro; si precisava quindi che tale garanzia si estendeva anche alla consulenza fiscale e tributaria, quali compilazioni della dichiarazione dei redditi ed allegati, denuncia annuale IVA, compresi i relativi allegati, registrazioni e quant'altro previsto dalla normativa fiscale e tributaria in generale. Si rammenta poi che la L. n. 12 del 1979, art. 2, prevede che il consulente del lavoro svolga per conto del datore di lavoro tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per l'amministrazione del personale dipendente nonchè ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente a quanto previsto nel comma precedente.
Del tutto ineccepibile risulta quindi la conclusione alla quale perviene la sentenza impugnata, secondo la quale la predisposizione di un contratto di locazione, pur non essendo in linea di principio vietata al consulente del lavoro, in quanto si tratta di attività per la quale non è prevista alcuna riserva a favore di specifiche categorie di professionisti, non rientra tuttavia nè nelle attività tipiche previste per il consulente del lavoro, nè nella previsione contrattuale della polizza assicurativa di cui sopra.
Il ricorso merita quindi rigetto; nulla per le spese poichè la Milano Assicurazioni s.p.a. non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2009.

giovedì 27 agosto 2009

le nuove tabelle di Milano "cumulano" danno biologico e danno morale

Le nuove tabelle di Milano “cumulano” danno biologico e danno morale
Articolo di Giuseppe Buffone 15.06.2009

Sono da considerare inadeguate quelle prassi assicurative che vanno proponendo, tout court, una liquidazione del solo danno alla salute senza tenere in considerazione la lesione dell’integrità morale....



Un’altra smentita delle Sezioni Unite 26972/2008: le nuove tabelle di Milano “cumulano” danno biologico e danno morale

di Giuseppe Buffone

Dopo l’intervento del d.P.R. 37/2009 – che ha continuato a cumulare, in via risarcitoria, danno morale e danno biologico – è la volta di una nuova smentita delle SS.UU. dell’11 novembre 2008 n. 26972, in punto di rapporti tra danno biologico e danno morale nella fase della restaurazione della persona nella fase liquidatoria.

L’osservatorio per la giustizia civile di Milano ha depositato, in data 22 maggio 2009, le nuove tabelle “2009” per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale1.

Il tavolo dei lavori, preso atto della inadeguatezza dei valori monetati utilizzati nella liquidazione del cd. danno biologico, alla luce dei nuovi principi espressi dalle Sezioni Unite, propone laliquidazione congiunta di:

  1. Danno non patrimoniale conseguente a “lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale”, sia nei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali medi ovvero peculiari;

  2. Danno non patrimoniale conseguente alle medesimi lesioni in termini di “dolore”, “sofferenza soggettiva”, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione

Vale a dire, precisa l’Osservatorio, la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di:

  • Cd. danno biologico standard

  • Cd. personalizzazione del danno biologico

  • Cd. danno morale

Altrimenti detto: DB + DM = danno non patrimoniale2.

L’osservatorio ha, così, proposto di partire dai valori monetari medi, cui dovere sommare una percentuale di aumento di tali valori laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, ferma restando la possibilità di liquidare una somma oltre i valori massimi in relazione a fattispecie del tutto eccezionali rispetto alla casistica comune degli illeciti.

La struttura delle nuove tabelle è, quindi, la seguente:

  1. Individuano, in primis, un nuovo valore del cd. punto, relativo alla sola componente di danno non patrimoniale anatomo-funzionale, ovvero il cd. danno biologico permanente.

  2. Individuano un aumento per la componente del danno non patrimoniale relativa alla sofferenza soggettiva, di una percentuale ponderata:

    1. Lesioni dall’1% al 9%: aumento fisso del 25%;

    2. Lesioni dal 10 al 34%: aumento dal 26% al 50%

    3. Lesioni dal 35% al 100%, aumento fisso del 50%

  3. Individuano, infine, una percentuale massima di aumento da utilizzarsi in via di cd. personalizzazione.

Struttura delle tabelle


Punto biologico


Aumento


Punto danno non patrimoniale


Aumento personalizzato


Valore monetario per danno biologico


Aumento % sul danno biologico a titolo di danno morale


Danno biologico + danno morale


Eventuale aumento

Alla luce delle tabelle sopra menzionate, è chiaro come la tesi della somatizzazione sia stata respinta dall’Osservatorio: il danno biologico non assorbe il danno morale.

Si tratta, in realtà, dell’interpretazione “autentica” che le sezioni semplici vanno offrendo delleSS.UU. 26972/2008; basta citare la recentissima decisione Cass. civ., sez. III, sentenza 20 maggio 2009 n. 11701 (Pres. Varrone, rel. Petti):

i danni morali consequenziali (…) restano estranei alla definizione complessa del danno biologico

Sono, allora, da considerare inadeguate quelle prassi assicurative che vanno proponendo, tout court, una liquidazione del solo danno alla salute senza tenere in considerazione la lesione dell’integrità morale.

Sui criteri proposto dall’Osservatorio milanese, il dibattito è aperto.

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1 Tabelle disponibili su Diritto&Giustizia.

2 In termini esattamente identici a quanto sancito da d.P.R. 37/2009.

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