Impugnazione cartelle esattoriali - giudice competente - giudice del rapporto sottostante - infrazioni valutarie - giudice ordinario
Nel caso di infrazioni valutarie, la cartella esattoriale deve essere impugnata avanti al Giudice ordinario e non innanzi al Giudice tributario.
Il fatto che la cartella esattoriale non contenga puntuali indicazioni circa la fonte del credito fatto valere può rendere inidoneo l’atto a determinare il decorso dei termini di impugnazione o costituire fonte di responsabilità civile per il concessionario, ma non incide sulla giurisdizione. (1)
(1) In materia di giurisdizione delle Commissioni tributarie, si veda Cassazione civile, SS.UU, 11082/2007 e Cassazione civile , SS.UU., 11077/2007.
SEZIONE TRIBUTARIA
Sentenza 6 novembre 2007 – 8 febbraio 2008, n. 3001
(Presidente Carbone – Relatore Cicala)
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 12 giugno 1998, T.P. impugnava nei confronti del l’Ufficio del registro, bollo, radio e assicurazioni di Roma, del Servizio Riscossione Tributi del Comune di Roma e del Ministero del Tesoro innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la cartella di pagamento n. 3582002 di L. 18.968.620, relativa ad un titolo che dichiarava di ignorare; ma che la sentenza di secondo grado ha attribuito al D.M. Tesoro 9 gennaio 1991. Il ricorrente deduceva la nullità della cartella e di tutti gli atti successivi per omessa notifica dell’atto ad essa prodromico, la notificazione della cartella oltre il termine quinquennale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43.Si costituiva l’Ufficio del registro, bollo, radio e assicurazioni di Roma deducendo l’improponibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, non rientrando tra le controversie oggetto di giurisdizione tributaria le sanzioni pecuniarie per infrazioni valutarie, ed allegando che la notifica del D.M. era avvenuta presso lo studio dell’Avv. T. sul presupposto che egli fosse il domiciliatario del T.. Sospesa l’esecuzione, con sentenza 19 gennaio 1999, la Commissione Tributaria accoglieva il ricorso. Avverso tale sentenza proponeva impugnazione il solo Ufficio del Registro deducendo difetto di giurisdizione, eccezione che veniva accolta dalla Commissione Tributaria Regionale con sentenza 15 maggio 2000. Le eredi del T., T.B. e T.M.G., proponevano ricorso per cassazione avverso tale sentenza sulla base di cinque motivi, tra cui l’erronea valutazione del difetto di giurisdizione.Con ordinanza interlocutoria n. 5238 del 17 gennaio — 7 marzo 2007, la Sezione Tributaria rimetteva la controversia alle Sezioni Unite per la decisione della questione di giurisdizione.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso con cui i contribuenti deducono la nullità dell’atto di appello per essere stato notificato mediante messo della Amministrazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53, 20, 16) è infondato.Il Collegio ritiene cioè di condividere l’orientamento costante della Sezioni tributaria (e che ha dato luogo a pronunce in applicazione dell’art. 375 c.p.c.) secondo cui le forme di notifica previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, sono applicabili nell’intero ambito del processo tributario, e perciò anche alla notifica dell’atto di appello, che viene quindi legittimamente curata da un messo autorizzato dell’Amministrazione finanziaria (in questi termini da ultimo cfr. la sentenza n. 13461 dell’8 giugno 2007). Deve quindi procedersi all’esame del quinto motivo con cui i ricorrenti denunciano erronea valutazione del difetto di giurisdizione Affermano che a torto si sarebbe ritenuto che oggetto dell’impugnazione del loro dante causa fosse l’atto impositivo, mai notificato; come primo atto del procedimento era stata ricevuta la cartella di pagamento, la quale non consentiva di conoscere natura e motivi della formazione del ruolo e quindi della pretesa dell’amministrazione finanziaria; oggetto dell’impugnazione non era dunque l’atto di applicazione della pena pecuniaria per infrazione valutaria, mai notificato, ma la cartella con il connesso ruolo, per vizi propri della stessa.Il motivo deve essere rigettato.La sentenza di merito ha accertato che il petitum alla base della cartella impugnata riguardava "infrazioni valutarie" cioè una materia non devoluta alla giurisdizione tributaria.I ricorrenti sostengono che invece la giurisdizione delle Commissioni Tributarie discenderebbe dalla circostanza che al loro dante causa è stata notificata una cartella esattoriale, in conformità alla normativa che concentra le riscossioni in favore di soggetti pubblici nel Servizio di Riscossioni Tributi (ed il ruolo e le cartelle di pagamento sono elencate dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, fra gli atti impugnabili avanti al Giudice tributario).Per altro la cartella di pagamento costituisce uno strumento in cui viene soltanto enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale; non possiede quindi (a differenza del fermo dei bei mobili registrati e della iscrizione di ipoteca) alcuna autonomia che consenta di impugnarla prescindendo dagli atti in cui la obbligazione è stata enunciata. Ed ove in un’unica cartella vengano incorporate più pretese ciascuna di esse conserva piena autonomia; di guisa che il regime delle impugnazioni è identico a quello che troverebbe applicazione ove fossero notificate più cartelle.Dunque la cartella esattoriale deve essere impugnata avanti al giudice competente a decidere in ordine al rapporto cui la cartella stessa è funzionale (Cfr. le sentenze di queste Sezioni unite n. 7399 del 27 marzo 2007 e n. 22514 del 20 ottobre 2006); nel caso di specie il Giudice ordinario.La circostanza che la cartella esattoriale non contenga una puntuale indicazione della fonte del credito fatto valere con la cartella stessa può indurre il destinatario in un errore scusabile; rendere inidoneo l’atto a determinare il decorso dei termini di impugnazione (cfr. la sentenza di questa Corte n. 21045 del 8 ottobre 2007) o costituire fonte di responsabilità civile per il concessionario. Ma non può determinare una deroga alle norme di ordine pubblico che individuano la giurisdizione competente in relazione alle diverse controversie.I residui motivi di ricorso risultano così assorbiti. Non vi è luogo a provvedere per le spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo e il quinto motivo, dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, assorbiti gli altri motivi.