15.05.2008
Indennizzo per l'uso del bene prima della sua sostituzione, il no della Corte di Giustizia
Può il venditore di bene di consumo non conforme pretendere dal consumatore un indennizzo per l'uso del bene prima della sua sostituzione con un bene nuovo? Negativa la risposta della Corte di giustizia.
Corte di Giustizia Sentenza 17/04/2008, n. Causa C 404/06
Il caso prospettato dalla Cassazione tedesca alla Corte di giustizia prende le mosse dal contratto di vendita di un set forno che non mostrava nel primo periodo di sua utilizzazione alcuna anomalia.
Accortosi però che il bene presentava un difetto di conformità il consumatore segnalava l’inconveniente al venditore che provvedeva alla sostituzione del forno pretendendo, tuttavia, il pagamento di un indennizzo per l’uso del bene non conforme del quale aveva goduto l’acquirente alla stregua della normativa interna tedesca -artt. 439, n. 4, e 346, nn. 1 e 2, punto l, del BGB - che autorizza il venditore, in caso di sostituzione di un bene non conforme, ad ottenere un’indennità a titolo di compensazione dei vantaggi che l’acquirente ha ritratto dall’uso di tale bene fino alla sua sostituzione con un nuovo bene.
Nel giudizio proposto innanzi al giudice tedesco l’acquirente aveva chiesto la restituzione dell’indennizzo e la Cassazione si è rivolta alla Corte di Lussemburgo per sapere se la possibilità, riconosciuta dall’ordinamento tedesco, di pretendere un’indennità in caso di sostituzione del bene fosse o meno compatibile con il diritto comunitario, ritenendo che nessuna interpretazione conforme della normativa interna al diritto comunitario era possibile.
Vale la pena di rammentare che secondo l’art.3 dir.99/44/CEE «Il venditore risponde al consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma del paragrafo 3, o ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto relativo a tale bene, conformemente ai paragrafi 5 e 6. In primo luogo il consumatore può chiedere al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che ciò sia impossibile o sproporzionato.Un rimedio è da considerare sproporzionato se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro rimedio (...).Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha voluto il bene. L’espressione “senza spese” nei paragrafi 2 e 3 si riferisce ai costi necessari per rendere conformi i beni, in particolar modo con riferimento alle spese di spedizione e per la mano d’opera e i materiali. Il consumatore può chiedere una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto:– se il consumatore non ha diritto né alla [riparazione] né alla sostituzione o–se il venditore non ha esperito il rimedio entro un periodo ragionevole ovverse il venditore non ha esperito il rimedio senza notevoli inconvenienti per il consumatore(.)».Inoltre, va menzionato il quindicesimo ‘considerando’ della direttiva, «gli Stati membri possono prevedere che il rimborso al consumatore può essere ridotto, in considerazione dell’uso che quest’ultimo ha fatto del bene dal momento della consegna; (...) [le modalità di] risoluzione del contratto [possono] essere stabilit[e] dalla legislazione nazionale».
Orbene, il giudice comunitario ha così stabilito che l’art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale consenta al venditore, nel caso in cui abbia venduto un bene di consumo presentante un difetto di conformità, di esigere dal consumatore un’indennità per l’uso di tale bene non conforme fino alla sua sostituzione con un bene nuovo.
Nessuna disposizione della direttiva sulla vendita di beni di consumo abilita infatti a ritenere che la sostituzione del bene non conforme possa essere agganciata al pagamento di un indennizzo da parte dell’acquirente per l’utilizzazione del bene non conforme, essa dipendendo in via esclusiva da un inadempimento del venditore, i cui effetti non possono ripercuotersi negativamente sull’acquirente. Ciò perché il legislatore comunitario ha inteso fare della gratuità del ripristino della conformità del bene da parte del venditore un elemento essenziale della tutela garantita al consumatore da tale direttiva. Tale obbligo mira a tutelare il consumatore dal rischio di oneri finanziari che potrebbe dissuadere il consumatore stesso dal far valere i propri diritti in caso di assenza di una tutela di questo tipo. Tale garanzia di gratuità voluta dal legislatore comunitario porta ad escludere la possibilità di qualsiasi rivendicazione economica da parte del venditore nell’ambito dell’esecuzione dell’obbligo a lui incombente di ripristino della conformità del bene oggetto del contratto.
L’unica possibilità in cui la direttiva consente al venditore di pretendere il pagamento di un indennizzo è quella che ricorre in caso di risoluzione del contratto, caso nel quale, in applicazione del principio della mutua restituzione dei vantaggi ricevuti, il venditore deve rimborsare al consumatore il prezzo di vendita del bene.
Roberto Conti, Magistrato in PalermoTratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2008