(SCORDINO C. ITALIA) LA VIOLAZIONE DELLA PROTEZIONE DELLA PROPRIETA' MEDIANTE ESPROPRIAZIONE INDIRETTA SENZA EQUO INDENNIZZO - CRITERI PER STABILIRE L'EQUA SODDISFAZIONE
Con una sentenza del 17 maggio 2005 la Corte aveva condannato l’Italia per la violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1, in relazione all’occupazione d’urgenza subita dai ricorrenti, ritenendo il relativo sistema espropriativo non idoneo a garantire un “grado sufficiente di sicurezza giuridica”. Si trattava di una violazione che la Corte aveva constatato per decine di casi simili. Nel caso di specie era stata chiesta dai ricorrenti a titolo di equa soddisfazione il pagamento da parte dello Stato italiano di una somma corrispondente al valore del terreno occupato, dedotta dell'indennità
ottenuta dalle autorità nazionali, ma aumentata del valore delle costruzioni ivi costruite, oltre ad un’indennità per il danno morale subito e al rimborso delle spese di giustizia sostenute dinanzi alle giurisdizioni nazionali e nella procedura a Strasburgo. Sulla questione dell'applicazione dell'art. 41 la Corte si era riservata, invitando le parti a presentare le proprie osservazioni. La
Corte ha ritenuto che l'indennità versata dallo Stato a titolo dell’occupazione d’urgenza non fosse sufficiente a realizzare la "riparazione integrale del pregiudizio subito" dai ricorrenti. Ha ricordato infatti che la compensazione deve mirare alla “cancellazione totale” delle conseguenze derivanti dalla violazione constatata, ristabilendo la situazione precedente alla violazione.
Nel caso in cui non sia possibile la restituzione del terreno alle parti, la riparazione deve essere ottenuta con il versamento di una somma, corrispondente alla “restitutio in integrum”, alla quale deve aggiungersi il pagamento dei danni e degli interessi. Già in precedenza la Corte in casi simili, per riparare completamente il pregiudizio subito, aveva assegnato ai ricorrenti somme che includevano il valore corrente del terreno rispetto al mercato immobiliare, oltre che il suo valore potenziale, calcolato, se necessario, sulla base del costo delle costruzioni ivi esistenti. Applicando tali principi nel presente affare, la Corte ha stabilito che lo Stato italiano deve versare una somma
corrispondente al valore attuale del terreno, alla quale deve essere dedotta l'indennità ottenuta a livello nazionale, oltre alla plusvalenza data dalla presenza di edifici – quantificata con il loro costo di costruzione. Per quanto riguarda il danno morale, la Corte ha stabilito che la violazione subita ha arrecato alle parti private un “torto morale certo, risultante dalla sensazione d'impotenza e di frustrazione di fronte all'espropriazione illegale dei loro beni”, quantificandolo per ogni ricorrente nella somma di euro 10.000,00.
ottenuta dalle autorità nazionali, ma aumentata del valore delle costruzioni ivi costruite, oltre ad un’indennità per il danno morale subito e al rimborso delle spese di giustizia sostenute dinanzi alle giurisdizioni nazionali e nella procedura a Strasburgo. Sulla questione dell'applicazione dell'art. 41 la Corte si era riservata, invitando le parti a presentare le proprie osservazioni. La
Corte ha ritenuto che l'indennità versata dallo Stato a titolo dell’occupazione d’urgenza non fosse sufficiente a realizzare la "riparazione integrale del pregiudizio subito" dai ricorrenti. Ha ricordato infatti che la compensazione deve mirare alla “cancellazione totale” delle conseguenze derivanti dalla violazione constatata, ristabilendo la situazione precedente alla violazione.
Nel caso in cui non sia possibile la restituzione del terreno alle parti, la riparazione deve essere ottenuta con il versamento di una somma, corrispondente alla “restitutio in integrum”, alla quale deve aggiungersi il pagamento dei danni e degli interessi. Già in precedenza la Corte in casi simili, per riparare completamente il pregiudizio subito, aveva assegnato ai ricorrenti somme che includevano il valore corrente del terreno rispetto al mercato immobiliare, oltre che il suo valore potenziale, calcolato, se necessario, sulla base del costo delle costruzioni ivi esistenti. Applicando tali principi nel presente affare, la Corte ha stabilito che lo Stato italiano deve versare una somma
corrispondente al valore attuale del terreno, alla quale deve essere dedotta l'indennità ottenuta a livello nazionale, oltre alla plusvalenza data dalla presenza di edifici – quantificata con il loro costo di costruzione. Per quanto riguarda il danno morale, la Corte ha stabilito che la violazione subita ha arrecato alle parti private un “torto morale certo, risultante dalla sensazione d'impotenza e di frustrazione di fronte all'espropriazione illegale dei loro beni”, quantificandolo per ogni ricorrente nella somma di euro 10.000,00.
tratto da "Massimario della Suprema Corte di Cassazione " in http://www.giustizia.it/