lunedì 29 giugno 2009

Soccombenza ed overruling


Spese di giudizio, compensazione, soccombenza, giurisprudenza successiva, tributario

"sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio."

Ritenuto in fatto
che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto a Gian Paolo T., consulente fiscale, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2001;
che il contribuente non si è costituito.

Considerato in diritto
che il ricorso - con i cui due motivi si censura la sentenza impugnata per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo e per vizio di motivazione - è manifestamente fondato, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata (che ha negato la sussistenza di struttura organizzativa pur avendo accertato che il contribuente esercitava la professione “con l’ausilio di un solo collaboratore”) non è conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, in base al quale, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007);
che, in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.

Soccombenza ed overruling


Spese di giudizio, compensazione, soccombenza, giurisprudenza successiva, tributario

"sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio."

Ritenuto in fatto
che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto a Gian Paolo T., consulente fiscale, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2001;
che il contribuente non si è costituito.

Considerato in diritto
che il ricorso - con i cui due motivi si censura la sentenza impugnata per violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo e per vizio di motivazione - è manifestamente fondato, in quanto la ratio decidendi della sentenza impugnata (che ha negato la sussistenza di struttura organizzativa pur avendo accertato che il contribuente esercitava la professione “con l’ausilio di un solo collaboratore”) non è conforme al consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, in base al quale, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 è escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007);
che, in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che sussistono giusti motivi, in considerazione della circostanza che la giurisprudenza richiamata si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.

sabato 6 giugno 2009

Privacy e Condominio

Avvisi condominiali, scadenza del contratto di locazione, vietata la diffusione dei dati personali
Garante Privacy - Newsletter n. 319 del 12 febbraio 2009
Nelle bacheche del palazzo o in altri luoghi aperti al pubblico non si possono apporre avvisi contenenti dati personali che rendano identificabile, anche indirettamente, un condomino.Lo ha ribadito il Garante, nell'accogliere la segnalazione di un affittuario il quale lamentava una indebita diffusione di dati personali dovuta all'affissione di un avviso nella bacheca condominiale, in cui si dava notizia della prossima scadenza del suo contratto di locazione e della contestuale intimazione a lasciare l'immobile. Oltre al fatto che fossero stati diffusi nome, cognome e altri dati in grado di identificarlo l'interessato contestava anche il metodo utilizzato per dare la comunicazione agli altri condomini.A suo avviso, infatti, lo stesso risultato si sarebbe potuto raggiungere con modalità alternative, ad esempio con comunicazioni individuali lasciate nelle cassette per la posta. Dopo un primo intervento del Garante che aveva invitato il condominio ad adeguarsi alle prescrizioni già impartite in materia, in base alle quali si possono affiggere in spazi pubblici condominiali solo avvisi di carattere generale, finalizzati alla comunicazione di eventi di interesse comune, l'amministratore aveva risposto di aver sostituito il primo avviso con un secondo, di tenore analogo, ma privo di dati personali.Non soddisfatto il segnalante, faceva comunque notare che il nuovo avviso posto in bacheca conteneva ancora indicazioni (piano in cui si trova l'immobile, l'interno) in grado di identificarlo, seppur indirettamente. L'Autorità ha dato ragione al locatario dell'appartamento e ha vietato, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, la diffusione bacheca o in altro luogo visibile a chiunque - dei dati personali riferiti, anche indirettamente, al segnalante.

Privacy e Condominio

Avvisi condominiali, scadenza del contratto di locazione, vietata la diffusione dei dati personali
Garante Privacy - Newsletter n. 319 del 12 febbraio 2009
Nelle bacheche del palazzo o in altri luoghi aperti al pubblico non si possono apporre avvisi contenenti dati personali che rendano identificabile, anche indirettamente, un condomino.Lo ha ribadito il Garante, nell'accogliere la segnalazione di un affittuario il quale lamentava una indebita diffusione di dati personali dovuta all'affissione di un avviso nella bacheca condominiale, in cui si dava notizia della prossima scadenza del suo contratto di locazione e della contestuale intimazione a lasciare l'immobile. Oltre al fatto che fossero stati diffusi nome, cognome e altri dati in grado di identificarlo l'interessato contestava anche il metodo utilizzato per dare la comunicazione agli altri condomini.A suo avviso, infatti, lo stesso risultato si sarebbe potuto raggiungere con modalità alternative, ad esempio con comunicazioni individuali lasciate nelle cassette per la posta. Dopo un primo intervento del Garante che aveva invitato il condominio ad adeguarsi alle prescrizioni già impartite in materia, in base alle quali si possono affiggere in spazi pubblici condominiali solo avvisi di carattere generale, finalizzati alla comunicazione di eventi di interesse comune, l'amministratore aveva risposto di aver sostituito il primo avviso con un secondo, di tenore analogo, ma privo di dati personali.Non soddisfatto il segnalante, faceva comunque notare che il nuovo avviso posto in bacheca conteneva ancora indicazioni (piano in cui si trova l'immobile, l'interno) in grado di identificarlo, seppur indirettamente. L'Autorità ha dato ragione al locatario dell'appartamento e ha vietato, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, la diffusione bacheca o in altro luogo visibile a chiunque - dei dati personali riferiti, anche indirettamente, al segnalante.

DURC e quant'altro: un breve memento perchè "repetita iuvant"

Obbligatoria la comunicazione per chi affida lavori a imprese edili

La normativa in materia di lavoro, approvata con decreto legislativo 276 del 2003, prevede che nel settore dell’edilizia privata il committente dei lavori deve richiedere all’impresa esecutrice il certificato di iscrizione alla Camera di commercio, la dichiarazione sull’organico medio annuo e sul tipo di contrattoapplicato alla manodopera e, infine, il certificato di regolarità contributiva (DURC) rilasciato da INAIL, INPS o Casse edili.Tutta la documentazione di cui sopra deve essere trasmessa al comune, indicando l’impresa esecutrice dei lavori. La mancanza del DURC comporta la sospensione della efficacia delle autorizzazioni comunali anche nel caso in cui nella esecuzione dei lavori subentri una nuova impresa a quelle inizialmente in attività.

DURC e quant'altro: un breve memento perchè "repetita iuvant"

Obbligatoria la comunicazione per chi affida lavori a imprese edili

La normativa in materia di lavoro, approvata con decreto legislativo 276 del 2003, prevede che nel settore dell’edilizia privata il committente dei lavori deve richiedere all’impresa esecutrice il certificato di iscrizione alla Camera di commercio, la dichiarazione sull’organico medio annuo e sul tipo di contrattoapplicato alla manodopera e, infine, il certificato di regolarità contributiva (DURC) rilasciato da INAIL, INPS o Casse edili.Tutta la documentazione di cui sopra deve essere trasmessa al comune, indicando l’impresa esecutrice dei lavori. La mancanza del DURC comporta la sospensione della efficacia delle autorizzazioni comunali anche nel caso in cui nella esecuzione dei lavori subentri una nuova impresa a quelle inizialmente in attività.

Esenzione I.C.I. anche con due unità immobiliari

L’aliquota Ici agevolata per l’abitazione principale si applica anche con due unità immobiliari
Cass. civ., sez. V, 29 ottobre 2008, n. 25902
Ai fini dell'applicabilità dell'imposta comunale sugli immobili, La Suprema Corte, attraverso la sentenza in esame ha disposto che, il contemporaneo utilizzo di più di un'unità catastale come abitazione principale non costituisce ostacolo all'applicazione, per tutte le unità coinvolte, dell'aliquota prevista per l'abitazione principale.Pertanto l’aliquota Ici agevolata per l’abitazione principale si applica anche con due unità immobiliari, distintamente accatastate, purché per entrambe vi sia l’utilizzo come dimora abituale da parte del contribuente.Per i giudici la definizione di abitazione principale ( rigettando la risoluzione 6/2002 del Dipartimento per le politiche fiscali) non richiede l’unicità del fabbricato, quanto la sussistenza della specifica destinazione d’uso agevolata.Unico limite all'agevolazione è costituito dal fatto che il complesso immobiliare non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il numero delle unità catastali ma (la prova del) l'effettiva utilizzazione ad abitazione principale dell'immobile complessivamente considerato. Di conseguenza, tale principio dovrebbe valere anche agli effetti dell’esenzione Ici prevista per l’abitazione principale dal periodo di imposta 2008 dal D.L. n.93/08.

Esenzione I.C.I. anche con due unità immobiliari

L’aliquota Ici agevolata per l’abitazione principale si applica anche con due unità immobiliari
Cass. civ., sez. V, 29 ottobre 2008, n. 25902
Ai fini dell'applicabilità dell'imposta comunale sugli immobili, La Suprema Corte, attraverso la sentenza in esame ha disposto che, il contemporaneo utilizzo di più di un'unità catastale come abitazione principale non costituisce ostacolo all'applicazione, per tutte le unità coinvolte, dell'aliquota prevista per l'abitazione principale.Pertanto l’aliquota Ici agevolata per l’abitazione principale si applica anche con due unità immobiliari, distintamente accatastate, purché per entrambe vi sia l’utilizzo come dimora abituale da parte del contribuente.Per i giudici la definizione di abitazione principale ( rigettando la risoluzione 6/2002 del Dipartimento per le politiche fiscali) non richiede l’unicità del fabbricato, quanto la sussistenza della specifica destinazione d’uso agevolata.Unico limite all'agevolazione è costituito dal fatto che il complesso immobiliare non trascenda la categoria catastale delle unità che lo compongono, assumendo rilievo, a tal fine, non il numero delle unità catastali ma (la prova del) l'effettiva utilizzazione ad abitazione principale dell'immobile complessivamente considerato. Di conseguenza, tale principio dovrebbe valere anche agli effetti dell’esenzione Ici prevista per l’abitazione principale dal periodo di imposta 2008 dal D.L. n.93/08.

favoreggiamento Immigrazione Clandestina e affitti: il reato non c'è se il canone è contenuto

Alloggio per extracomunitari clandestini: l’affitto deve essere a prezzo di mercato, altrimenti il proprietario commette un reato
Tribunale di Milano, Sentenza 12/05/2009, est. Corbetta
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.12, comma 5, d.lgs n.286 del 1998 ( disposizioni contro le immigrazioni clandestine) non basta la concessione ad un immigrato clandestino di locali ad uso abitativo in quanto, accanto a tale requisito obiettivo della condotta tipica del reato in questione, deve sussistere il cd requisito soggettivo e cioè l’autorità giudiziaria deve accertare in concreto se il proprietario dell’alloggio abbia inteso trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero, quale contraente più debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto contrattuale. Nel caso di specie, l’importo versato era parti ad euro 600,00 mensili e quindi, secondo la Cassazione, non può affermarsi che il proprietario abbia agito con il dolo specifico richiesto dalla norma dato che quell’importo appare in linea con i prezzi di mercato relativi al canone di locazione di un appartamento situato nella città di Milano.

favoreggiamento Immigrazione Clandestina e affitti: il reato non c'è se il canone è contenuto

Alloggio per extracomunitari clandestini: l’affitto deve essere a prezzo di mercato, altrimenti il proprietario commette un reato
Tribunale di Milano, Sentenza 12/05/2009, est. Corbetta
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.12, comma 5, d.lgs n.286 del 1998 ( disposizioni contro le immigrazioni clandestine) non basta la concessione ad un immigrato clandestino di locali ad uso abitativo in quanto, accanto a tale requisito obiettivo della condotta tipica del reato in questione, deve sussistere il cd requisito soggettivo e cioè l’autorità giudiziaria deve accertare in concreto se il proprietario dell’alloggio abbia inteso trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero, quale contraente più debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto contrattuale. Nel caso di specie, l’importo versato era parti ad euro 600,00 mensili e quindi, secondo la Cassazione, non può affermarsi che il proprietario abbia agito con il dolo specifico richiesto dalla norma dato che quell’importo appare in linea con i prezzi di mercato relativi al canone di locazione di un appartamento situato nella città di Milano.

domenica 24 maggio 2009

Violazioni del codice della strada commesse dai dipendenti: onere della prova in capo al proprietario del veicolo

Cassazione n. 9847 del 24 aprile 2009

Circolazione stradale:
multe,contravvenzioni,automezzi aziendali,turni di servizio

"occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S."

FATTO E DIRITTO
Il Comune di PARMA impugna la sentenza n. 1797 del 2005 del Giudice di Pace di Parma, con la quale veniva l'accolta l'opposizione proposta dall'odierna parte intimata, T.M. quale legale rappresentante della Ditta T.E. e. f. , avverso il verbale di accertamento n. 869Z/2005, col quale veniva comminata una sanzione di euro 357,00, ai sensi dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, per aver la societa' omesso senza giustificato motivo di ottemperare all'invito di indicare le generalita' del conducente del veicolo di sua proprieta' in relazione al quale era stata accertata la violazione di cui all'articolo 142 C.d.S..
Ricevuta la contestazione dell'infrazione e la richiesta di indicazione del nominativo del conducente, l'intimato aveva comunicato di non essere in grado di fornire tale indicazione in relazione al numero delle persone autorizzate all'uso del veicolo.
Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione, ritenendo giustificata la mancata comunicazione per la difficolta' di individuare il conducente del mezzo al momento dell'accertata infrazione.
L'amministrazione ricorrente articola un motivo di ricorso col quale denuncia la violazione dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, e articolo 180 C.d.S., comma 8, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Parte intimata non ha svolto attivita' difensiva in questa sede.
Attivatasi procedura ex articolo 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso per la sua manifesta fondatezza.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso e' fondato e va accolto.
Il giudicante e' pervenuto a una decisione errata, considerato che l'obbligo di cui all'articolo 126 bis C.d.S. (come modificato dalla sentenza della corte costituzionale n. 27 del 2005), sanzionato dall'articolo 180 C.d.S., comma 8, non puo' essere eluso adducendo, come nel caso di specie, la difficolta' di individuazione del soggetto che ha utilizzato il veicolo.
Infatti, occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S..
Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare tale principio e di recente con Cass. 2007 n. 13748, la cui massima ufficiale e' la seguente:
In tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l'illecito amministrativo previsto dal combinato disposto dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, penultimo periodo, e articolo 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, e' tenuto sempre a conoscere l'identita' dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell'eventuale incapacita' d'identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l'identita' del conducente.
Peraltro, la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 - che pure ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, nella parte in cui era comminata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell'infrazione stradale - ha affermato, con asserzione che in quanto interpretativa e confermativa della validita' di norma vigente, trova applicazione anche ai fatti vendicatisi precedentemente e regolati dalla norma stessa, che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180 C.d.S., comma 8" e che "in tal modo viene anche fugato il dubbio in ordine ad una ingiustificata disparita' di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente". (Nella specie, il giudice di pace aveva rigettato l'opposizione al verbale di accertamento, per violazione dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, proposta da una societa' in a.s., secondo cui le era stato impossibile identificare il conducente a causa dei numerosi automezzi di sua proprieta' affidati a vari dipendenti e dell'insussistenza dell'obbligo di registrare ciascun affidamento; la S.C., poiche' non era stata fornita idonea ragione per esimersi da responsabilita', ha rigettato il ricorso per erronea interpretazione della norma suddetta in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005).
I ricorso va accolto e il provvedimento impugnato cassato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. questa Corte puo' pronunciare sul merito, rigettando l'opposizione originariamente proposta
.
P.Q.M.
LA CORTE

accoglie ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione originariamente proposta dall'intimato.
Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 400,00 euro per onorari e 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...