sabato 6 giugno 2009

favoreggiamento Immigrazione Clandestina e affitti: il reato non c'è se il canone è contenuto

Alloggio per extracomunitari clandestini: l’affitto deve essere a prezzo di mercato, altrimenti il proprietario commette un reato
Tribunale di Milano, Sentenza 12/05/2009, est. Corbetta
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.12, comma 5, d.lgs n.286 del 1998 ( disposizioni contro le immigrazioni clandestine) non basta la concessione ad un immigrato clandestino di locali ad uso abitativo in quanto, accanto a tale requisito obiettivo della condotta tipica del reato in questione, deve sussistere il cd requisito soggettivo e cioè l’autorità giudiziaria deve accertare in concreto se il proprietario dell’alloggio abbia inteso trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero, quale contraente più debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto contrattuale. Nel caso di specie, l’importo versato era parti ad euro 600,00 mensili e quindi, secondo la Cassazione, non può affermarsi che il proprietario abbia agito con il dolo specifico richiesto dalla norma dato che quell’importo appare in linea con i prezzi di mercato relativi al canone di locazione di un appartamento situato nella città di Milano.

favoreggiamento Immigrazione Clandestina e affitti: il reato non c'è se il canone è contenuto

Alloggio per extracomunitari clandestini: l’affitto deve essere a prezzo di mercato, altrimenti il proprietario commette un reato
Tribunale di Milano, Sentenza 12/05/2009, est. Corbetta
Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art.12, comma 5, d.lgs n.286 del 1998 ( disposizioni contro le immigrazioni clandestine) non basta la concessione ad un immigrato clandestino di locali ad uso abitativo in quanto, accanto a tale requisito obiettivo della condotta tipica del reato in questione, deve sussistere il cd requisito soggettivo e cioè l’autorità giudiziaria deve accertare in concreto se il proprietario dell’alloggio abbia inteso trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità dello straniero, quale contraente più debole, imponendogli condizioni onerose ed esorbitanti dall’equilibrio del rapporto contrattuale. Nel caso di specie, l’importo versato era parti ad euro 600,00 mensili e quindi, secondo la Cassazione, non può affermarsi che il proprietario abbia agito con il dolo specifico richiesto dalla norma dato che quell’importo appare in linea con i prezzi di mercato relativi al canone di locazione di un appartamento situato nella città di Milano.

domenica 24 maggio 2009

Violazioni del codice della strada commesse dai dipendenti: onere della prova in capo al proprietario del veicolo

Cassazione n. 9847 del 24 aprile 2009

Circolazione stradale:
multe,contravvenzioni,automezzi aziendali,turni di servizio

"occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S."

FATTO E DIRITTO
Il Comune di PARMA impugna la sentenza n. 1797 del 2005 del Giudice di Pace di Parma, con la quale veniva l'accolta l'opposizione proposta dall'odierna parte intimata, T.M. quale legale rappresentante della Ditta T.E. e. f. , avverso il verbale di accertamento n. 869Z/2005, col quale veniva comminata una sanzione di euro 357,00, ai sensi dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, per aver la societa' omesso senza giustificato motivo di ottemperare all'invito di indicare le generalita' del conducente del veicolo di sua proprieta' in relazione al quale era stata accertata la violazione di cui all'articolo 142 C.d.S..
Ricevuta la contestazione dell'infrazione e la richiesta di indicazione del nominativo del conducente, l'intimato aveva comunicato di non essere in grado di fornire tale indicazione in relazione al numero delle persone autorizzate all'uso del veicolo.
Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione, ritenendo giustificata la mancata comunicazione per la difficolta' di individuare il conducente del mezzo al momento dell'accertata infrazione.
L'amministrazione ricorrente articola un motivo di ricorso col quale denuncia la violazione dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, e articolo 180 C.d.S., comma 8, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Parte intimata non ha svolto attivita' difensiva in questa sede.
Attivatasi procedura ex articolo 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso per la sua manifesta fondatezza.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso e' fondato e va accolto.
Il giudicante e' pervenuto a una decisione errata, considerato che l'obbligo di cui all'articolo 126 bis C.d.S. (come modificato dalla sentenza della corte costituzionale n. 27 del 2005), sanzionato dall'articolo 180 C.d.S., comma 8, non puo' essere eluso adducendo, come nel caso di specie, la difficolta' di individuazione del soggetto che ha utilizzato il veicolo.
Infatti, occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S..
Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare tale principio e di recente con Cass. 2007 n. 13748, la cui massima ufficiale e' la seguente:
In tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l'illecito amministrativo previsto dal combinato disposto dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, penultimo periodo, e articolo 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, e' tenuto sempre a conoscere l'identita' dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell'eventuale incapacita' d'identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l'identita' del conducente.
Peraltro, la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 - che pure ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, nella parte in cui era comminata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell'infrazione stradale - ha affermato, con asserzione che in quanto interpretativa e confermativa della validita' di norma vigente, trova applicazione anche ai fatti vendicatisi precedentemente e regolati dalla norma stessa, che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180 C.d.S., comma 8" e che "in tal modo viene anche fugato il dubbio in ordine ad una ingiustificata disparita' di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente". (Nella specie, il giudice di pace aveva rigettato l'opposizione al verbale di accertamento, per violazione dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, proposta da una societa' in a.s., secondo cui le era stato impossibile identificare il conducente a causa dei numerosi automezzi di sua proprieta' affidati a vari dipendenti e dell'insussistenza dell'obbligo di registrare ciascun affidamento; la S.C., poiche' non era stata fornita idonea ragione per esimersi da responsabilita', ha rigettato il ricorso per erronea interpretazione della norma suddetta in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005).
I ricorso va accolto e il provvedimento impugnato cassato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. questa Corte puo' pronunciare sul merito, rigettando l'opposizione originariamente proposta
.
P.Q.M.
LA CORTE

accoglie ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione originariamente proposta dall'intimato.
Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 400,00 euro per onorari e 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Violazioni del codice della strada commesse dai dipendenti: onere della prova in capo al proprietario del veicolo

Cassazione n. 9847 del 24 aprile 2009

Circolazione stradale:
multe,contravvenzioni,automezzi aziendali,turni di servizio

"occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S."

FATTO E DIRITTO
Il Comune di PARMA impugna la sentenza n. 1797 del 2005 del Giudice di Pace di Parma, con la quale veniva l'accolta l'opposizione proposta dall'odierna parte intimata, T.M. quale legale rappresentante della Ditta T.E. e. f. , avverso il verbale di accertamento n. 869Z/2005, col quale veniva comminata una sanzione di euro 357,00, ai sensi dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, per aver la societa' omesso senza giustificato motivo di ottemperare all'invito di indicare le generalita' del conducente del veicolo di sua proprieta' in relazione al quale era stata accertata la violazione di cui all'articolo 142 C.d.S..
Ricevuta la contestazione dell'infrazione e la richiesta di indicazione del nominativo del conducente, l'intimato aveva comunicato di non essere in grado di fornire tale indicazione in relazione al numero delle persone autorizzate all'uso del veicolo.
Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione, ritenendo giustificata la mancata comunicazione per la difficolta' di individuare il conducente del mezzo al momento dell'accertata infrazione.
L'amministrazione ricorrente articola un motivo di ricorso col quale denuncia la violazione dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, e articolo 180 C.d.S., comma 8, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3".
Parte intimata non ha svolto attivita' difensiva in questa sede.
Attivatasi procedura ex articolo 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso per la sua manifesta fondatezza.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso e' fondato e va accolto.
Il giudicante e' pervenuto a una decisione errata, considerato che l'obbligo di cui all'articolo 126 bis C.d.S. (come modificato dalla sentenza della corte costituzionale n. 27 del 2005), sanzionato dall'articolo 180 C.d.S., comma 8, non puo' essere eluso adducendo, come nel caso di specie, la difficolta' di individuazione del soggetto che ha utilizzato il veicolo.
Infatti, occorre tener conto che nell'ambito di un'attivita' correttamente organizzata, l'uso dei veicoli normalmente risulta dai turni di servizio e che comunque anche in organizzazione di piccole dimensioni spetta al proprietario del veicolo tener nota dell'utilizzo dei veicoli adottando gli opportuni accorgimenti e cio' ai fini di adempiere a quanto richiesto dall'articolo 180 C.d.S..
Questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare tale principio e di recente con Cass. 2007 n. 13748, la cui massima ufficiale e' la seguente:
In tema di violazioni alle norme del codice della strada, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l'illecito amministrativo previsto dal combinato disposto dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, penultimo periodo, e articolo 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni non meno che dei terzi, e' tenuto sempre a conoscere l'identita' dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell'eventuale incapacita' d'identificare detti soggetti necessariamente risponde, nei confronti delle une per le sanzioni e degli altri per i danni, a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull'affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l'identita' del conducente.
Peraltro, la sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 - che pure ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 126 bis C.d.S., comma 2, nella parte in cui era comminata la riduzione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo che non fosse stato anche responsabile dell'infrazione stradale - ha affermato, con asserzione che in quanto interpretativa e confermativa della validita' di norma vigente, trova applicazione anche ai fatti vendicatisi precedentemente e regolati dalla norma stessa, che "nel caso in cui il proprietario ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, trova applicazione la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 180 C.d.S., comma 8" e che "in tal modo viene anche fugato il dubbio in ordine ad una ingiustificata disparita' di trattamento realizzata tra i proprietari di veicoli, discriminati a seconda della loro natura di persone giuridiche o fisiche, ovvero, quanto a queste ultime, in base alla circostanza meramente accidentale che le stesse siano munite o meno di patente". (Nella specie, il giudice di pace aveva rigettato l'opposizione al verbale di accertamento, per violazione dell'articolo 180 C.d.S., comma 8, proposta da una societa' in a.s., secondo cui le era stato impossibile identificare il conducente a causa dei numerosi automezzi di sua proprieta' affidati a vari dipendenti e dell'insussistenza dell'obbligo di registrare ciascun affidamento; la S.C., poiche' non era stata fornita idonea ragione per esimersi da responsabilita', ha rigettato il ricorso per erronea interpretazione della norma suddetta in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005).
I ricorso va accolto e il provvedimento impugnato cassato. Sussistendone i presupposti, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. questa Corte puo' pronunciare sul merito, rigettando l'opposizione originariamente proposta
.
P.Q.M.
LA CORTE

accoglie ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione originariamente proposta dall'intimato.
Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 400,00 euro per onorari e 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

NEWS DALLA SUPREMA CORTE: Esecuzione per rilascio


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE TERZA CIVILE, ORDINANZA N. 9599 DEL 22 APRILE 2009



ESECUZIONE PER RILASCIO – LA FUNZIONE DEI PROVVEDIMENTI EX ART. 609 COD. PROC. CIV. E LE CONSEGUENZE DEL LORO INQUADRAMENTO IN ORDINE AI RIMEDI IMPUGNATORI

Nell'ambito dell'esecuzione forzata per rilascio di immobili, i provvedimenti adottati dal giudice ai sensi dell'art. 609 cod. proc. civ. non sono propriamente funzionali al rilascio, ma solo ad assicurare la custodia di beni che non costituiscono oggetto dell'esecuzione forzata, e sono, dunque, rivolti a superare contingenti e temporanee difficoltà attinenti all'esecuzione del rilascio stesso senza poterlo impedire, con la conseguenza che essi non risolvono, di norma, questioni relative all'"an"o al "quomodo" di detta esecuzione, che risultano, invece, rispettivamente deducibili con i rimedi dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione con cui lo stesso si era limitato a revocare un precedente ordine dato all'ufficiale giudiziario di asportare determinati beni dall'immobile oggetto del rilascio forzato, escludendosi, pertanto, che potesse ad esso attribuirsi la natura giuridica di sentenza resa su opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi).

Testo Completo:
Ordinanza n. 9599 del 22 aprile 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente e Relatore P. Vittoria)

NEWS DALLA SUPREMA CORTE: Esecuzione per rilascio


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE TERZA CIVILE, ORDINANZA N. 9599 DEL 22 APRILE 2009



ESECUZIONE PER RILASCIO – LA FUNZIONE DEI PROVVEDIMENTI EX ART. 609 COD. PROC. CIV. E LE CONSEGUENZE DEL LORO INQUADRAMENTO IN ORDINE AI RIMEDI IMPUGNATORI

Nell'ambito dell'esecuzione forzata per rilascio di immobili, i provvedimenti adottati dal giudice ai sensi dell'art. 609 cod. proc. civ. non sono propriamente funzionali al rilascio, ma solo ad assicurare la custodia di beni che non costituiscono oggetto dell'esecuzione forzata, e sono, dunque, rivolti a superare contingenti e temporanee difficoltà attinenti all'esecuzione del rilascio stesso senza poterlo impedire, con la conseguenza che essi non risolvono, di norma, questioni relative all'"an"o al "quomodo" di detta esecuzione, che risultano, invece, rispettivamente deducibili con i rimedi dell'opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione con cui lo stesso si era limitato a revocare un precedente ordine dato all'ufficiale giudiziario di asportare determinati beni dall'immobile oggetto del rilascio forzato, escludendosi, pertanto, che potesse ad esso attribuirsi la natura giuridica di sentenza resa su opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi).

Testo Completo:
Ordinanza n. 9599 del 22 aprile 2009
(Sezione Terza Civile, Presidente e Relatore P. Vittoria)

Ancora sull'omessa indicazione del conducente nel caso di violazioni del codice della strada .....

Cassazione Civile sez.II 24/4/2009 n. 9852

Circolazione stradale & identificazione del conducente
"la giustificazione addotta nella specie dall'opponente - cioè l'esserle stato, in definitiva, impossibile comunicare le informazioni richieste per il gran tempo trascorso e per la complessità dell'organizzazione aziendale - è manifestamente insufficiente e inadeguata, perché né il trascorrere del tempo (non lungo, peraltro, nella specie), né la complessità dell'organizzazione o l'elevato numero dei dipendenti sono, di per sé, ostativi alla diligente registrazione - ai fini della successiva, eventuale comunicazione - dei conducenti degli autoveicoli;"

(omissis) Premesso che con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Rimini ha respinto l'opposizione proposta dalla ... avverso verbale di contestazione di violazione dell'art. 126 bis codice della strada, elevato il 23 marzo e notificatole il 30 marzo 2004 dalla Polizia Municipale di Rimini per omissione della comunicazione, richiesta dalla Polizia, delle generalità e dei dati della patente di guida del conducente di un autoveicolo di proprietà della cooperativa, con il quale era stata commessa violazione dell'art. 142, comma 9, del medesimo codice contestata l'8 novembre 2003;
che l’opponente ha quindi proposto ricorso per cassazione per cinque motivi, cui ha resistito l'intimato Comune di Rimini con controricorso, illustrato anche da memoria.
Considerato che con i primi tre motivi di ricorso - da trattare congiuntamente attesa la loro connessione - si lamenta, denunciando sia violazione di norme di diritto sia vizi di motivazione, che il Giudice di pace non abbia tenuto in alcun conto le giustificazioni della mancata comunicazione delle generalità e dei dati della patente del conducente addotte dall'opponente, la quale aveva tempestivamente risposto alla richiesta della Polizia Municipale facendo presente di non essere a conoscenza di quanto richiestole, per il lungo tempo trascorso e perché quasi tutti i suoi dipendenti potevano utilizzare gli autoveicoli aziendali;
che manifestamente la censura non può trovare accoglimento, in quanto, pur avendo il Giudice di pace errato nel trascurare del tutto le giustificazioni addotte dall'opponente, tuttavia la sua decisione è conforme a diritto, ancorché necessiti di correzione ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c. (come, del resto, già ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 13748 del 2007 relativa a fattispecie analoga);
che, infatti, l'art. 126 bis, comma 2, c.d.s. (nel testo qui applicabile ratione temporis, risultante dalle modifiche introdotte con d.l. 27 giugno 2003, n. 151, conv., con modif., dalla l. 1° agosto 2003, n. 214) pone a carico dei proprietari di autoveicoli un dovere di tenersi informati delle generalità e dei dati della patente di guida dei conducenti dei medesimi: dovere implicito in quello di comunicazione agli organi di polizia stradale e la cui violazione, con la conseguente violazione del dovere di comunicazione, comporta l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 180, comma 8, c.d.s.;
che gli eventuali “giustificati motivi” della violazione di tale dovere possono rilevare, se non ai sensi dell'art, 180, comma 8, cit. (che espressamente fa salva l'esistenza di un “giustificato motivo” di inottemperanza all'obbligo ivi contemplato), richiamato dall'art. 126 bis, comma 2, cit., solo nella parte sanzionatoria e non anche nella parte precettiva (ma si veda, per completezza, l'art. 2, comma 164, lett. b), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv., con modif., dalla l. 24 novembre 2006, n. 286 - qui dunque non applicabile ratione temporis - che ha introdotto anche nel richiamato secondo comma dell'art. 126 bis c.d.s. la salvezza del “giustificato e documentato motivo” di inottemperanza all'obbligo di comunicazione), certamente ai sensi del principio generale di colpevolezza di cui all'art. 3 l. 24 novembre 1981, n. 689;
che dunque è sempre consentito al preteso trasgressore dell'art. 126 bis, secondo comma, c.d.s. dimostrare di non essere in colpa avendo fatto tutto quanto dovuto, secondo l'ordinaria diligenza, per tenersi informato delle generalità e dei dati della patente dei conducenti degli autoveicoli di sua proprietà, sì da essere in condizione di comunicarli, all'occorrenza, agli organi di polizia (e ciò, conformando la previsione normativa di cui si discute al richiamato principio generale del sistema sanzionatorio amministrativo, manifestamente consente di superare i dubbi, cui si fa cenno in ricorso, di violazione dei principi costituzionali, di cui agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.);
che però la giustificazione addotta nella specie dall'opponente - cioè l'esserle stato, in definitiva, impossibile comunicare le informazioni richieste per il gran tempo trascorso e per la complessità dell'organizzazione aziendale - è manifestamente insufficiente e inadeguata, perché né il trascorrere del tempo (non lungo, peraltro, nella specie), né la complessità dell'organizzazione o l'elevato numero dei dipendenti sono, di per sé, ostativi alla diligente registrazione - ai fini della successiva, eventuale comunicazione - dei conducenti degli autoveicoli;
che il quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione dell'art. 23, sesto comma, l. n. 689/1981, sui poteri istruttori del giudice di pace, e dell'art. 112 c.p.c., è inammissibile essendo le censure formulate in termini del tutto generici;
che del pari inammissibile per genericità delle censure è il quinto motivo, con cui si denuncia violazione dell'art. 23, comma dodicesimo, l. n. 689/1981 osservando che il giudice avrebbe dovuto accogliere l'opposizione in difetto di sufficienti prove di responsabilità; che il ricorso va, in conclusione, respinto, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in euro 500,00, di cui 400,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge (omissis)

Ancora sull'omessa indicazione del conducente nel caso di violazioni del codice della strada .....

Cassazione Civile sez.II 24/4/2009 n. 9852

Circolazione stradale & identificazione del conducente
"la giustificazione addotta nella specie dall'opponente - cioè l'esserle stato, in definitiva, impossibile comunicare le informazioni richieste per il gran tempo trascorso e per la complessità dell'organizzazione aziendale - è manifestamente insufficiente e inadeguata, perché né il trascorrere del tempo (non lungo, peraltro, nella specie), né la complessità dell'organizzazione o l'elevato numero dei dipendenti sono, di per sé, ostativi alla diligente registrazione - ai fini della successiva, eventuale comunicazione - dei conducenti degli autoveicoli;"

(omissis) Premesso che con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Rimini ha respinto l'opposizione proposta dalla ... avverso verbale di contestazione di violazione dell'art. 126 bis codice della strada, elevato il 23 marzo e notificatole il 30 marzo 2004 dalla Polizia Municipale di Rimini per omissione della comunicazione, richiesta dalla Polizia, delle generalità e dei dati della patente di guida del conducente di un autoveicolo di proprietà della cooperativa, con il quale era stata commessa violazione dell'art. 142, comma 9, del medesimo codice contestata l'8 novembre 2003;
che l’opponente ha quindi proposto ricorso per cassazione per cinque motivi, cui ha resistito l'intimato Comune di Rimini con controricorso, illustrato anche da memoria.
Considerato che con i primi tre motivi di ricorso - da trattare congiuntamente attesa la loro connessione - si lamenta, denunciando sia violazione di norme di diritto sia vizi di motivazione, che il Giudice di pace non abbia tenuto in alcun conto le giustificazioni della mancata comunicazione delle generalità e dei dati della patente del conducente addotte dall'opponente, la quale aveva tempestivamente risposto alla richiesta della Polizia Municipale facendo presente di non essere a conoscenza di quanto richiestole, per il lungo tempo trascorso e perché quasi tutti i suoi dipendenti potevano utilizzare gli autoveicoli aziendali;
che manifestamente la censura non può trovare accoglimento, in quanto, pur avendo il Giudice di pace errato nel trascurare del tutto le giustificazioni addotte dall'opponente, tuttavia la sua decisione è conforme a diritto, ancorché necessiti di correzione ai sensi dell'art. 384, secondo comma, c.p.c. (come, del resto, già ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 13748 del 2007 relativa a fattispecie analoga);
che, infatti, l'art. 126 bis, comma 2, c.d.s. (nel testo qui applicabile ratione temporis, risultante dalle modifiche introdotte con d.l. 27 giugno 2003, n. 151, conv., con modif., dalla l. 1° agosto 2003, n. 214) pone a carico dei proprietari di autoveicoli un dovere di tenersi informati delle generalità e dei dati della patente di guida dei conducenti dei medesimi: dovere implicito in quello di comunicazione agli organi di polizia stradale e la cui violazione, con la conseguente violazione del dovere di comunicazione, comporta l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 180, comma 8, c.d.s.;
che gli eventuali “giustificati motivi” della violazione di tale dovere possono rilevare, se non ai sensi dell'art, 180, comma 8, cit. (che espressamente fa salva l'esistenza di un “giustificato motivo” di inottemperanza all'obbligo ivi contemplato), richiamato dall'art. 126 bis, comma 2, cit., solo nella parte sanzionatoria e non anche nella parte precettiva (ma si veda, per completezza, l'art. 2, comma 164, lett. b), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, conv., con modif., dalla l. 24 novembre 2006, n. 286 - qui dunque non applicabile ratione temporis - che ha introdotto anche nel richiamato secondo comma dell'art. 126 bis c.d.s. la salvezza del “giustificato e documentato motivo” di inottemperanza all'obbligo di comunicazione), certamente ai sensi del principio generale di colpevolezza di cui all'art. 3 l. 24 novembre 1981, n. 689;
che dunque è sempre consentito al preteso trasgressore dell'art. 126 bis, secondo comma, c.d.s. dimostrare di non essere in colpa avendo fatto tutto quanto dovuto, secondo l'ordinaria diligenza, per tenersi informato delle generalità e dei dati della patente dei conducenti degli autoveicoli di sua proprietà, sì da essere in condizione di comunicarli, all'occorrenza, agli organi di polizia (e ciò, conformando la previsione normativa di cui si discute al richiamato principio generale del sistema sanzionatorio amministrativo, manifestamente consente di superare i dubbi, cui si fa cenno in ricorso, di violazione dei principi costituzionali, di cui agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.);
che però la giustificazione addotta nella specie dall'opponente - cioè l'esserle stato, in definitiva, impossibile comunicare le informazioni richieste per il gran tempo trascorso e per la complessità dell'organizzazione aziendale - è manifestamente insufficiente e inadeguata, perché né il trascorrere del tempo (non lungo, peraltro, nella specie), né la complessità dell'organizzazione o l'elevato numero dei dipendenti sono, di per sé, ostativi alla diligente registrazione - ai fini della successiva, eventuale comunicazione - dei conducenti degli autoveicoli;
che il quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione dell'art. 23, sesto comma, l. n. 689/1981, sui poteri istruttori del giudice di pace, e dell'art. 112 c.p.c., è inammissibile essendo le censure formulate in termini del tutto generici;
che del pari inammissibile per genericità delle censure è il quinto motivo, con cui si denuncia violazione dell'art. 23, comma dodicesimo, l. n. 689/1981 osservando che il giudice avrebbe dovuto accogliere l'opposizione in difetto di sufficienti prove di responsabilità; che il ricorso va, in conclusione, respinto, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in euro 500,00, di cui 400,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge (omissis)

domenica 17 maggio 2009

Ecco una bella causa per motivi di principio contro Poste Italiane S.P.A.!!!


Notificazione a mezzo posta – CAN - restituzione somma
www.iussit.eu



Giudice di Pace di Maddaloni, sentenza del 22 febbraio 2009


NOTIFICAZIONE A MEZZO POSTA A SOCIETA’, ED ENTI PUBBLICI:
NON NECESSITA’ CAN (comunicazione di avvenuta notifica) – RESTITUZIONE SOMME PAGATE

Atti indirizzati a enti collettivi, consegnati dall’ufficiale postale nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari

[Giudice Pace di Maddaloni, Dr. Alfonso di Nuzzo, sentenza del 22.02.09]

Nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, (secondo certi orientamenti) avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto l’atto notificato all’attenzione del destinatario.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma, per il GdP di Maddaloni, si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto



Nella Sentenza
>> … “La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.”

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace dott. Tiziox di Nuzzo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n° 995/08 di R.G. trattenuta in decisione il 7 gennaio 2009, avente ad oggetto “ restituzione somme “, vertente
TRA
Tiziox, attore, avvocato e procuratore di se medesimo, elettivamente domicilia in … ,
CONTRO
Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura in margine alla comparsa costitutiva, dall’avv. …, col quale elettivamente domicilia in ….
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All’udienza conclusionale le parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi, a tutte le deduzioni di udienza e alla documentazione prodotta in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’atto di citazione ritualmente notificato, deduce l’attore d’aver notificato, per il tramite del servizio postale fornito da Poste Italiane S.p.A., tre atti indirizzati a enti collettivi che dall’ufficiale postale erano consegnati nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari. Poiché l’ente convenuto, deduce altresì l’attore, ha ritenuto che agli atti consegnati nelle mani di persone diverse dai destinatari dovessero esser seguiti dalla comunicazione al legale rappresentante dell’ente (comunicazione di avvenuta notifica, in acronimo C.A.N.), ha addebitato al mittente, odierno attore, la somma di € 2,80 per ogni singola CAN e , in totale, la somma di € 8,40 che l’attore vanta in restituzione ritenuta falsamente applicata dal Poste Italiane S.p.A. la norma dell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 248.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata nell’udienza di comparizione, si è costituito in giudizio il legale rappresentante pro tempore di Poste Italiane S.p.A. a sua volta deducendo l’infondatezza dell’avversa tesi, secondo la quale la CAN andrebbe effettuata solo alle persone fisiche e non anche alle persone giuridiche. Insiste perciò per il rigetto della domanda con tutte le conseguenze di legge.
Incardinato il giudizio, soltanto l’attore è comparso all’udienza di scadenza del 28 novembre 2008 riportandosi alle proprie ragioni chiedendo rinvio per conclusioni e discussione.
La natura squisitamente documentale della vertenza ha determinato il giudice a raccogliere l’istanza e, difatti, nell’udienza del 7 gennaio 2009 sulle conclusioni dell’attore e previa discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve darsi atto all’attore d’aver depositato nell’ultima udienza note scritte di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In limine litis.
Non è stato possibile, per l’indisponibilità delle parti in causa, conseguire la conciliazione della lite.
Nel merito.
I) La legge n. 31 del 28 febbraio del 2008, di conversione del decreto legge n. 248 del 31 dicembre 2007, ha modificato l’art. 7 della legge 890/82 recante disposizioni circa la “notificazione di atti a mezzo del servizio postale e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”; l’art. 36 comma 2-quater della citata legge, infatti, ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 7 della legge 890/82 che prevede:”Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale da' notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata”.
La previsione solo apparentemente riproduce la disciplina prevista dall’art. 139 C.P.C.; se ne discosta laddove prevede la comunicazione dell’avvenuta notifica se l’atto non è consegnato personalmente al destinatario ma, al terzo comma, al portiere o al vicino e in questo caso fa onere all’ufficiale giudiziario incaricato della notifica di indirizzare alla persona del destinatario l’avviso dell’avvenuta notificazione.
Ora, sia nell’ipotesi di notifica ex art 139 C.P.C. che a mezzo del servizio postale ex novellato art. 7 della legge 890/81, è la consegna il momento perfezionativo della notifica. La giurisprudenza di legittimità, a proposito della mancata spedizione dell’avviso da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 139, comma 4°, C.P.C., ha chiarito che tale omissione è mera irregolarità formale di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 C.P.C. (Cass. 4 aprile 2006 n. 7816, Cass. 3 marzo 1983 n. 1581); di recente, la sezione tributaria dell’Alta Corte ha ritenuto la notificazione effettuata al portiere dello stabile del destinatario nulla qualora l'ufficiale giudiziario si limiti a dare atto dell'assenza del destinatario senza certificare l'avvenuta ricerca delle ulteriori persone abilitate a ricevere il plico. Al contrario, l'atto si deve considerare comunque valido quando le parole usate dall'incaricato alla notifica lascino intendere il mancato rinvenimento nel luogo della notifica di ogni altra persona abilitata a ricevere l'atto in luogo del destinatario (Cass. sez. tributaria, sentenza 18 febbraio 2009 n. 3828).
Rimane da chiedersi, tuttavia, se il principio di diritto può essere esteso anche all’ipotesi di mancata spedizione dell’avviso da parte dell’agente postale prevista dal novellato art. 7, comma 6, della legge 890/82.
Considerazione che comporta la risposta a una domanda: qual è la ratio legis che ha determinato il legislatore del 2008 a una disciplina severa al punto da richiedere la spedizione dell’avviso in tutte le ipotesi in cui il piego non è consegnato nelle mani del destinatario?
Sicuramente, com’è stato osservato (F. Miele, www.iussit.eu, 8 aprile 2008), la necessità di ridurre il confine tra conoscenza effettiva e conoscenza formale, prevedendo garanzie di maggiore certezza di conoscenza effettiva dell’atto o, quanto meno, di conoscibilità dello stesso da parte del destinatario; ma anche un’altra lettura è lecita se la norma è interpretata sistematicamente e logicamente con riferimento diretto al suo scopo, ovvero al risultato che il legislatore aveva in mente quando ha creato la norma.
In buona sostanza, la questione posta dall’attore attiene all’interpretazione delle parole “destinatario dell’atto” contenute nell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, che modificando l’art. 7 della legge 890/82, a decorrere dal 1o marzo 2008, è precisamente il seguente: “L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.
Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni.
In mancanza delle persone suindicate, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.
L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo.
Qualora il consegnatario non sappia firmare o ne sia impossibilitato, l'agente postale fa menzione di tale circostanza sia sul registro di consegna sia sull'avviso di ricevimento, apponendovi la data e la propria sottoscrizione.
Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata".
Appare piuttosto evidente che nella stessa norma coesistono due sistemi di notificazione al destinatario non personalmente raggiunto dall’agente notificatore: il primo, <>; il secondo, <<>>.
Ebbene, nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto all’attenzione del destinatario dell’atto notificato.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto.
II) Da un punto di vista puramente empirico, le leggi sono documenti, insiemi di enunciati redatti mediante i segni grafici della lingua naturale, approvati dagli organi titolari della funzione legislativa e pubblicati, secondo procedure stabilite da norme sulla produzione giuridica; in quanto approvati e pubblicati nei suddetti modi, esprimono “norme”, o “regole”, o “precetti” giuridici.
Diversamente dalla diffusa abitudine di usare i sostantivi “disposizione” e “norma” come termini intercambiabili – a denotare ora gli enunciati legislativi, ora i significati precettivi di tali enunciati, o indistintamente, le due cose insieme –, appare a questo giudice più corretto ritenere per “disposizioni” gli enunciati del discorso legislativo, e di riservare il titolo di “norme” al quid e al quantum di comunicazione precettiva che gli enunciati esprimono. Tale stipulazione è utile per meglio comprendere l’attività d’interpretazione, che è caratterizzata da un procedimento intellettuale condotto secondo regole semantico - grammaticali, canoni ermeneutici dottrinali e precetti di diritto positivo, consistente nell’attribuire significato a una o più disposizioni individuando la funzione logica dei vocaboli in esse utilizzati, la struttura sintattica, se semplice oppure complessa - e in quest’ultimo caso, se paratattica o ipotattica -, il senso dei vocaboli e delle locuzioni utilizzati, mostrando le parti di comunicazione implicite o omesse, per ragioni di economia della formulazione, rendendo comprensibile, ove mai il caso, le parti di comunicazione implicite.
I significati così attribuiti sono gli enunciati del discorso dell’interprete che quest’ultimo considera, usa e propone di usare come sinonimi di una o più disposizioni. In questa prospettiva, com’è stato detto (P. Chiassoni, www.ambientediritto.it), le norme non preesistono all’interpretazione ma ne costituiscono i risultati o, come usa dirsi, interpretazioni - prodotto.
L'art. 12 delle preleggi, se da un lato, con l'espressione "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse" àncora l'attività dell'interprete alla lettera della legge (c.d. interpretazione letterale), dall'altro, attraverso la locuzione "intenzione del legislatore", riconosce e legittima la c.d. interpretazione sistematica o logica, cioè quell'attività ermeneutica che muovendo dall'intero sistema normativo vigente, e non solo dalla singola norma, giunge a ricostruire la ratio legis, ovvero la finalità sociale o economica della norma giuridica stessa.
L’interpretazione sistematica o logica apre la strada alla c.d. interpretazione teleologica o finalistica, che dà un valore preponderante allo scopo della norma consentendo, nello stesso tempo, di attualizzare il significato stesso della norma.
III) È difficile immaginare che il legislatore abbia voluto subordinare validità a validità, ovvero che la notificazione ritenuta, al secondo comma dell’art. 7 della legge 890/82, valida nelle mani dell’addetto al servizio del destinatario, debba esser poi nuovamente avvalorata dalla notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, che raccoglierà certamente, ovvero riceverà materialmente, l’addetto al servizio nominato dal capo dell’ente destinatario.
.
Accade sovente che le stesse parole e proposizioni se usate in situazioni diverse abbiano significato differenti.
La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.
In questi termini, è accolta la domanda dell’attore e condannata Poste Italiane S.p.A., a restituire la somma di € 8,40 oltre agli interessi, al saggio legale corrente, dalla domanda al saldo, e alla refusione delle spese di lite che, in mancanza di note, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenendo conto della natura della controversia, del decisum e dell’attività difensiva effettivamente svolta.

P. Q. M.

Il Giudice di Pace di Maddaloni, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
r e s p i n g e
la domanda di Poste Italiane S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, e lo
c o n d a n n a
a pagare all’attore la somma di € 8,40 in uno alla refusione delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in € 510,00 di cui € 193,00 per diritti, € 287,00 per onorario ed € 30,00 per spese vive, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi anticipatario che ne fa espressa richiesta.
Sentenza esecutiva come per legge.
Così deciso in Maddaloni il 22 febbraio 2009
Il Giudice di Pace
(dott. Alfonso di Nuzzo)


Ecco una bella causa per motivi di principio contro Poste Italiane S.P.A.!!!


Notificazione a mezzo posta – CAN - restituzione somma
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Giudice di Pace di Maddaloni, sentenza del 22 febbraio 2009


NOTIFICAZIONE A MEZZO POSTA A SOCIETA’, ED ENTI PUBBLICI:
NON NECESSITA’ CAN (comunicazione di avvenuta notifica) – RESTITUZIONE SOMME PAGATE

Atti indirizzati a enti collettivi, consegnati dall’ufficiale postale nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari

[Giudice Pace di Maddaloni, Dr. Alfonso di Nuzzo, sentenza del 22.02.09]

Nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, (secondo certi orientamenti) avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto l’atto notificato all’attenzione del destinatario.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma, per il GdP di Maddaloni, si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto



Nella Sentenza
>> … “La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.”

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace dott. Tiziox di Nuzzo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n° 995/08 di R.G. trattenuta in decisione il 7 gennaio 2009, avente ad oggetto “ restituzione somme “, vertente
TRA
Tiziox, attore, avvocato e procuratore di se medesimo, elettivamente domicilia in … ,
CONTRO
Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura in margine alla comparsa costitutiva, dall’avv. …, col quale elettivamente domicilia in ….
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All’udienza conclusionale le parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi, a tutte le deduzioni di udienza e alla documentazione prodotta in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’atto di citazione ritualmente notificato, deduce l’attore d’aver notificato, per il tramite del servizio postale fornito da Poste Italiane S.p.A., tre atti indirizzati a enti collettivi che dall’ufficiale postale erano consegnati nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari. Poiché l’ente convenuto, deduce altresì l’attore, ha ritenuto che agli atti consegnati nelle mani di persone diverse dai destinatari dovessero esser seguiti dalla comunicazione al legale rappresentante dell’ente (comunicazione di avvenuta notifica, in acronimo C.A.N.), ha addebitato al mittente, odierno attore, la somma di € 2,80 per ogni singola CAN e , in totale, la somma di € 8,40 che l’attore vanta in restituzione ritenuta falsamente applicata dal Poste Italiane S.p.A. la norma dell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 248.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata nell’udienza di comparizione, si è costituito in giudizio il legale rappresentante pro tempore di Poste Italiane S.p.A. a sua volta deducendo l’infondatezza dell’avversa tesi, secondo la quale la CAN andrebbe effettuata solo alle persone fisiche e non anche alle persone giuridiche. Insiste perciò per il rigetto della domanda con tutte le conseguenze di legge.
Incardinato il giudizio, soltanto l’attore è comparso all’udienza di scadenza del 28 novembre 2008 riportandosi alle proprie ragioni chiedendo rinvio per conclusioni e discussione.
La natura squisitamente documentale della vertenza ha determinato il giudice a raccogliere l’istanza e, difatti, nell’udienza del 7 gennaio 2009 sulle conclusioni dell’attore e previa discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve darsi atto all’attore d’aver depositato nell’ultima udienza note scritte di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In limine litis.
Non è stato possibile, per l’indisponibilità delle parti in causa, conseguire la conciliazione della lite.
Nel merito.
I) La legge n. 31 del 28 febbraio del 2008, di conversione del decreto legge n. 248 del 31 dicembre 2007, ha modificato l’art. 7 della legge 890/82 recante disposizioni circa la “notificazione di atti a mezzo del servizio postale e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”; l’art. 36 comma 2-quater della citata legge, infatti, ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 7 della legge 890/82 che prevede:”Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale da' notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata”.
La previsione solo apparentemente riproduce la disciplina prevista dall’art. 139 C.P.C.; se ne discosta laddove prevede la comunicazione dell’avvenuta notifica se l’atto non è consegnato personalmente al destinatario ma, al terzo comma, al portiere o al vicino e in questo caso fa onere all’ufficiale giudiziario incaricato della notifica di indirizzare alla persona del destinatario l’avviso dell’avvenuta notificazione.
Ora, sia nell’ipotesi di notifica ex art 139 C.P.C. che a mezzo del servizio postale ex novellato art. 7 della legge 890/81, è la consegna il momento perfezionativo della notifica. La giurisprudenza di legittimità, a proposito della mancata spedizione dell’avviso da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 139, comma 4°, C.P.C., ha chiarito che tale omissione è mera irregolarità formale di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 C.P.C. (Cass. 4 aprile 2006 n. 7816, Cass. 3 marzo 1983 n. 1581); di recente, la sezione tributaria dell’Alta Corte ha ritenuto la notificazione effettuata al portiere dello stabile del destinatario nulla qualora l'ufficiale giudiziario si limiti a dare atto dell'assenza del destinatario senza certificare l'avvenuta ricerca delle ulteriori persone abilitate a ricevere il plico. Al contrario, l'atto si deve considerare comunque valido quando le parole usate dall'incaricato alla notifica lascino intendere il mancato rinvenimento nel luogo della notifica di ogni altra persona abilitata a ricevere l'atto in luogo del destinatario (Cass. sez. tributaria, sentenza 18 febbraio 2009 n. 3828).
Rimane da chiedersi, tuttavia, se il principio di diritto può essere esteso anche all’ipotesi di mancata spedizione dell’avviso da parte dell’agente postale prevista dal novellato art. 7, comma 6, della legge 890/82.
Considerazione che comporta la risposta a una domanda: qual è la ratio legis che ha determinato il legislatore del 2008 a una disciplina severa al punto da richiedere la spedizione dell’avviso in tutte le ipotesi in cui il piego non è consegnato nelle mani del destinatario?
Sicuramente, com’è stato osservato (F. Miele, www.iussit.eu, 8 aprile 2008), la necessità di ridurre il confine tra conoscenza effettiva e conoscenza formale, prevedendo garanzie di maggiore certezza di conoscenza effettiva dell’atto o, quanto meno, di conoscibilità dello stesso da parte del destinatario; ma anche un’altra lettura è lecita se la norma è interpretata sistematicamente e logicamente con riferimento diretto al suo scopo, ovvero al risultato che il legislatore aveva in mente quando ha creato la norma.
In buona sostanza, la questione posta dall’attore attiene all’interpretazione delle parole “destinatario dell’atto” contenute nell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, che modificando l’art. 7 della legge 890/82, a decorrere dal 1o marzo 2008, è precisamente il seguente: “L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.
Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni.
In mancanza delle persone suindicate, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.
L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo.
Qualora il consegnatario non sappia firmare o ne sia impossibilitato, l'agente postale fa menzione di tale circostanza sia sul registro di consegna sia sull'avviso di ricevimento, apponendovi la data e la propria sottoscrizione.
Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata".
Appare piuttosto evidente che nella stessa norma coesistono due sistemi di notificazione al destinatario non personalmente raggiunto dall’agente notificatore: il primo, <>; il secondo, <<>>.
Ebbene, nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto all’attenzione del destinatario dell’atto notificato.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto.
II) Da un punto di vista puramente empirico, le leggi sono documenti, insiemi di enunciati redatti mediante i segni grafici della lingua naturale, approvati dagli organi titolari della funzione legislativa e pubblicati, secondo procedure stabilite da norme sulla produzione giuridica; in quanto approvati e pubblicati nei suddetti modi, esprimono “norme”, o “regole”, o “precetti” giuridici.
Diversamente dalla diffusa abitudine di usare i sostantivi “disposizione” e “norma” come termini intercambiabili – a denotare ora gli enunciati legislativi, ora i significati precettivi di tali enunciati, o indistintamente, le due cose insieme –, appare a questo giudice più corretto ritenere per “disposizioni” gli enunciati del discorso legislativo, e di riservare il titolo di “norme” al quid e al quantum di comunicazione precettiva che gli enunciati esprimono. Tale stipulazione è utile per meglio comprendere l’attività d’interpretazione, che è caratterizzata da un procedimento intellettuale condotto secondo regole semantico - grammaticali, canoni ermeneutici dottrinali e precetti di diritto positivo, consistente nell’attribuire significato a una o più disposizioni individuando la funzione logica dei vocaboli in esse utilizzati, la struttura sintattica, se semplice oppure complessa - e in quest’ultimo caso, se paratattica o ipotattica -, il senso dei vocaboli e delle locuzioni utilizzati, mostrando le parti di comunicazione implicite o omesse, per ragioni di economia della formulazione, rendendo comprensibile, ove mai il caso, le parti di comunicazione implicite.
I significati così attribuiti sono gli enunciati del discorso dell’interprete che quest’ultimo considera, usa e propone di usare come sinonimi di una o più disposizioni. In questa prospettiva, com’è stato detto (P. Chiassoni, www.ambientediritto.it), le norme non preesistono all’interpretazione ma ne costituiscono i risultati o, come usa dirsi, interpretazioni - prodotto.
L'art. 12 delle preleggi, se da un lato, con l'espressione "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse" àncora l'attività dell'interprete alla lettera della legge (c.d. interpretazione letterale), dall'altro, attraverso la locuzione "intenzione del legislatore", riconosce e legittima la c.d. interpretazione sistematica o logica, cioè quell'attività ermeneutica che muovendo dall'intero sistema normativo vigente, e non solo dalla singola norma, giunge a ricostruire la ratio legis, ovvero la finalità sociale o economica della norma giuridica stessa.
L’interpretazione sistematica o logica apre la strada alla c.d. interpretazione teleologica o finalistica, che dà un valore preponderante allo scopo della norma consentendo, nello stesso tempo, di attualizzare il significato stesso della norma.
III) È difficile immaginare che il legislatore abbia voluto subordinare validità a validità, ovvero che la notificazione ritenuta, al secondo comma dell’art. 7 della legge 890/82, valida nelle mani dell’addetto al servizio del destinatario, debba esser poi nuovamente avvalorata dalla notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, che raccoglierà certamente, ovvero riceverà materialmente, l’addetto al servizio nominato dal capo dell’ente destinatario.
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Accade sovente che le stesse parole e proposizioni se usate in situazioni diverse abbiano significato differenti.
La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.
In questi termini, è accolta la domanda dell’attore e condannata Poste Italiane S.p.A., a restituire la somma di € 8,40 oltre agli interessi, al saggio legale corrente, dalla domanda al saldo, e alla refusione delle spese di lite che, in mancanza di note, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenendo conto della natura della controversia, del decisum e dell’attività difensiva effettivamente svolta.

P. Q. M.

Il Giudice di Pace di Maddaloni, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
r e s p i n g e
la domanda di Poste Italiane S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, e lo
c o n d a n n a
a pagare all’attore la somma di € 8,40 in uno alla refusione delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in € 510,00 di cui € 193,00 per diritti, € 287,00 per onorario ed € 30,00 per spese vive, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi anticipatario che ne fa espressa richiesta.
Sentenza esecutiva come per legge.
Così deciso in Maddaloni il 22 febbraio 2009
Il Giudice di Pace
(dott. Alfonso di Nuzzo)


martedì 12 maggio 2009

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo..LUIGI VIOLA "Pecunia Doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le S.U."

Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico
Articolo di Luigi Viola 06.05.2009 in www.altalex.com

Pubblichiamo la sintesi della relazione tenuta dall'avv. Luigi Viola al Convegno Nazionale dal titolo "Pecunia doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le Sezioni Unite" tenutosi presso la Sala delle Conferenze, Palazzo Marini, Camera dei Deputati il 6 maggio 2009.
Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico quale prassi difforme dai criteri indicati dalle Sezioni Unite e conseguente incongruità delle offerte risarcitorie assicurative
di Luigi Viola
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Prassi delle compagnie assicurative
Sempre più spesso le assicurazioni negano, in fase stragiudiziale, il risarcimento del danno morale, sul presupposto che sia stato espunto dal risarcimento del danno alla persona, in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite dell’11 novembre 20081; facendo leva sulla tendenziale omnicomprensività del danno biologico, soprattutto alla luce degli artt. 138-139 cod. assicurazione, si ritiene che il danno morale sia compreso in quello biologico, con la connessa limitazione ivi prevista2.
E’ davvero giuridicamente corretto l’operato delle compagnie assicurative?
Le Sezioni Unite dell’11 novembre 2008: cambia la forma, ma non la sostanza
Le Sezioni Unite hanno, per così dire, individuato una nuova trilogia risarcitoria, rispetto a quella precedente3; nella prospettiva della Suprema Corte sono risarcibili i danni non patrimoniali, derivanti:
- da reato, ex art. 185 c.p. (c.d. danno morale), tenendo presente che il danno subiettivo può riguardare anche un periodo di tempo lungo;
- da altri casi previsti da leggi ordinarie (come riservatezza4 ed irragionevole durata del processo5, ecc.);
- al di fuori dei casi determinati dalla legge (in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili), la tutela è estesa ai casi di danni non patrimoniali prodotti dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione6.
Esiste ancora il danno morale cumulabile con altri pregiudizi
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la categoria del danno morale non esiste più, tranne nel caso di reato e danno morale terminale7; per cui, il danno morale non è stato per nulla espunto, ma è stata abbattuta solo la categoria formale priva di ancoraggio normativo.
Anzi, a rigore, viene pure rafforzato8 ed esteso:
- con la considerazione che tale danno non può essere limitato ai casi di transitorietà, ma va esteso alle ipotesi di lungo periodo9; se, pertanto, il danno morale, inteso come lesione della dignità della persona umana, va riferito anche ad un periodo più lungo, allora, non solo è necessario tenerlo presente in sede liquidativa, ma altresì aumentare il quantum in considerazione della sua durata (non più solo “transeunte”);
- condividendo l’impianto generale della giurisprudenza del 200310, per cui è risarcibile tale danno laddove si configuri astrattamente un reato; se, difatti, è risarcibile il danno non patrimoniale anche in assenza di reato in concreto accertato, vuol dire che si risarcisce un danno inerente un puro sentire, rispettando a pieno la lettera dell’art. 185 c.p., nonché la ratio storica sottesa; viene non solo ricordata la risarcibilità del danno (morale) da reato, ma altresì viene confermato che si può prescindere dall’accertamento concreto dello stesso (come dire: va condiviso, in tema di danno morale, sia il profilo dell’an, che quello del quommodo).
Inoltre, la Cassazione11, dopo aver parlato dei danni da reato, si riferisce ad “altri casi previsti”, ipotizzando chiaramente un legittimo cumulo tra tale danno e lesione di altri diritti, previsti da leggi ordinarie o dalla Costituzione (purchè caratterizzati dall’inviolabilità): la Cassazione opta per il cumulo, dunque, e non per l’alternatività, in un’ottica di risarcimento integrale della persona (non vi può essere integralità, se si tralascia il “sentire”).
D’altronde, i danni non patrimoniali spiegano effetti negativi, tanto in senso soggettivo (con riferimento a soggetti colpiti dall’evento, per così dire, di rimbalzo, chiamati anche vittime secondarie) che oggettivo (con riguardo alla plurioffensività, idonea a ledere più interessi costituzionali): se, pertanto, vi è plurioffensività oggettiva, allora, più saranno gli interessi lesi meritevoli di tutela, al fine di un’integrale risarcimento (si tratterebbe di un concorso formale tra danni, impostato sulla falsariga del concorso formale di reati12).
Diversamente argomentando, si individuerebbe un vulnus al principio di integralità del risarcimento del danno13, perché si tralascerebbero lesioni, inerenti a diritti e/o interessi di rango costituzionale, pur subiti dalla vittima.
Danno morale ed artt. 138-139 Codice delle Assicurazioni14
Non è possibile far rientrare anche il danno morale nell’ambito degli artt. 138 e 13915 del Codice delle assicurazioni, perché:
- il danno morale tutela la dignità umana (ex artt. 2, 3 Cost.), diversamente dal biologico ex art. 32 Cost. (se sono lesi più interessi – c.d. plurioffensività del danno – allora, ai fini dell’integralità del risarcimento, tutti devono essere ristorati);
- il danno morale riguarda il “sentire” e non il profilo dinamico – relazionale, a cui fa riferimento il Codice delle assicurazioni, ex artt. 138 e 13916; la stessa nozione di “relazionalità” esclude che possa essere compreso un pregiudizio intimo della persona;
- il danno biologico è tendenzialmente omnicomprensivo nel senso che, se non sono vulnerati altri interessi oltre la salute, allora, è sufficiente il risarcimento del solo danno biologico, ma questo non esclude che, laddove si dia prova di altri pregiudizi subiti, se ne dovrà tener conto in sede liquidativa; il danno biologico è omnicomprensivo solo in via tendenziale, ma non assoluta;
- quando fu scritto il Codice della assicurazioni, il danno morale era sempre separato da quello biologico, con la conseguenza che non è legittimo ritenere che il legislatore del 2005 abbia fatto riferimento ad un contesto normativo - giurisprudenziale in cui il danno biologico assorbe il morale; ne segue che ritenere il danno morale assorbito nel biologico, vorrebbe dire vulnerare, non soltanto la lettera della legge17, ma anche la sua ratio ispiratrice.
In base a tali rilievi, pertanto, non è giuridicamente corretto assoggettare il danno morale alle limitazioni previste negli artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni.
La giurisprudenza
D’altronde, nel senso dell’autonomia del danno morale rispetto a quello alla salute depone anche la giurisprudenza successiva alle SS.UU. che ha avuto il pregio di affermare pure che il danno morale può essere superiore a quello biologico: nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto , che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale: art.2 della Costituzione in relazione allo art.l della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia con legge 2 agosto 2008 n.190, collocando la Dignità umana come la massima espressione della sua integrità morale e biologica) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute (Cassazione civile , sez. III, sentenza 12.12.2008 n° 2919118, pres. Marrone, est. Petti).
______________
1 Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11.11.2008 n° 26972, in Altalex Massimario, 39, 2008, con nota di VIOLA e commento di BUFFONE. Per approfondimenti VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in Obbligazioni e Contratti, 2009, 2; FRANZONI, I diritti della personalità, il danno esistenziale e la funzione della responsabilità civile, in Contratto e Impr., 2009, 1; FRANZONI, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il Corriere Giuridico, 2009, 1; VIOLA, Danni da morte e da lesioni alla persona, Cedam, 2009; BILOTTA, I pregiudizi esistenziali: il cuore del danno non patrimoniale dopo le S.U. del 2008, in La Responsabilità Civile, 2009, 01; BUSNELLI, Le sezioni unite e il danno non patrimoniale, in Riv. Dir. Civ., 2009, 1; CENDON, Danno esistenziale e Sezioni Unite: “Ha da passà 'a nuttata"; CESARI, Il risarcimento del nuovo danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali; CASSANO (a cura di), Il danno alla persona, Cedam, 2006.
2 L’art. 138 cod. assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità), afferma che “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; vi è, quindi, un limite risarcitorio del 30% rispetto alle tabelle uniche nazionali, non ancora predisposte.
L’art. 139 cod assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di lieve entità), recita “L'ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; il quantum debeatur sarebbe limitato ad un massimo di un quinto.
3 Riferita al cumulo tra danno morale, biologico ed esistenziale (Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003).
4 Il riferimento va individuato nel d.lgs. 196/2003 e non alla legge 675/1996, come erroneamente indicato dalla Corte.
5 Il riferimento è alla c.d. Legge Pinto (L. 89/2001).
6 Caratterizzati da serietà e gravità.
7 Tale figura è stata usata per risolvere, almeno in parte, l’annoso problema del c.d. danno tanatologico.
8 Secondo CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio,in Danno e Resp., 2009, 1, 5: “il danno morale, nel quale si identificava il danno non patrimoniale nell'intenzione del legislatore e nella lettura tradizionale dell'art. 2059 c.c., rimane quello che è sempre stato, ma il suo ambito di rilevanza viepiù risulta accresciuto quanto più numerosi sono divenuti e probabilmente diverranno i casi in cui la legge lo dichiara risarcibile. Con la precisazione che, transeunte o no, nei limiti di tali "casi determinati dalla legge" esso è comunque risarcibile, dovendosi trarre dalla sua gravità soltanto argomento circa il quantum, non circa l'an, che non è in questione”.
9 Affermano letteralmente le Sezioni Unite (26972/2098): “la limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. La figura, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poiché né l'art. 2059 c.c. né l'art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio, ed era carente anche sul piano della adeguatezza della tutela, poiché la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo”.
10 Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003.
11 Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, già cit.
12 Per approfondimenti su questo tema, sia consentito il rinvio a VIOLA, Concorso apparente e formale tra i danni nella responsabilità civile.
13 Si ricorda che Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, ha affermato “il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”.
14 D.lgs. 209/2005.
15 Con le connesse limitazioni; si rinvia alla nota n. 2.
16 D.lgs. 209/2005.
17 Come visto, con riferimento alla nozione di “relazionalità”.
18 In Altalex Massimario, 1, 2009.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...