venerdì 27 marzo 2009

In caso di doppia residenza fiscale prevale il luogo ove sono rinvenubili i legami personali



"Nel caso in cui una persona fisica abbia la residenza fiscale in due Stati membri della UE, in quanto in entrambi sia individuabile il centro degli interessi vitali, inteso come il luogo con il quale si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali, il problema della doppia residenza fiscale deve essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali."


Fatto e Diritto
Premesso che P.A. ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed avverso l’indicata sentenza della CTR del Veneto; che l’Agenzia si è costituita con controricorso;
che, ricorrendo i presupposti per la trattazione in Camera di consiglio a sensi dell’art. 375 c.p.c., sono state acquisite le conclusioni del P.M., che ha chiesto rimettersi la causa alla pubblica udienza;
che nella Camera di consiglio odierna il ricorso è stato deciso.
La sentenza impugnata in relazione alla impugnazione di avvisi di accertamento ERPEF per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, ha ritenuto la soggezione all’imposta del P. anche per gli anni 1996 e 1997 per avere mantenuto in Italia il domicilio, come era dato di evincere da circostanze non contestate dell’avere in Italia la sua famiglia, di vivere prevalentemente nel nostro paese ove era amministratore di molteplici società, essere anche abituale frequentatore di un golf club in Italia.
Con l’unico motivo di ricorso, denunziando violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2 e L. n. 448 del 1998, art. 10, comma 1, propone questione se competa o no all’Ufficio dare la prova della residenza in Italia, se detta prova possa essere data per semplici indizi, se detti indizi possano essere rilevanti malgrado il contrasto con le risultanze anagrafiche.
Il ricorso è manifestamente infondato in quanto la sentenza ha fondato la propria decisione sull’accertamento del domicilio e non su quello della residenza, anche se ha rilevato perplessità sulla stessa attesa la mancata esibizione di un certificato di residenza a Monaco o di altri elementi, a prescindere dall’iscrizione all’AIRE per i soli anni 1996 e 1997.
Va aggiunto per completezza che anche se si fosse voluto contestare l’accertamento del domicilio in Italia, come potrebbe evincersi dalla contestazione nel corpo del ricorso della mancanza di prova della prevalenza degli affari all’estero su quelli italiani, si deve rilevare che l’accertamento della CTR è immune da vizi logici e giuridici. Questa Corte, scrutinando analoga questione con sentenza 13803 del 2001, ha precisato in motivazione: deve osservarsi, infine, che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nella sentenza 12 luglio 2001, in causa C - 262-99, Louloudakis c. Stato Ellenico, ha enunciato il principio che “... nel caso in cui una persona abbia legami sia personali sia professionali in due Stati membri, il luogo della sua “normale residenza”, stabilito nell’ambito di una valutazione globale in funzione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, è quello in cui viene individuato il centro permanente degli interessi di tale persona e che, nell’ipotesi in cui tale valutazione globale non permetta siffatta valutazione, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali”. Affermando tale preminenza, e ribadito che, comunque, il giudice nazionale deve compiere una valutazione globale di tutti gli elementi, sia personali che patrimoniali, la Corte ha elencato alcuni degli elementi rilevanti per l’esistenza dei legami personali, come la presenza fisica della persona e dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo in cui i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo dell’esercizio delle attività professionali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali “nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali”.
Ed ha concluso affermando il principio: Nel caso in cui una persona fisica abbia la residenza fiscale in due Stati membri della UE, in quanto in entrambi sia individuabile il centro degli interessi vitali, inteso come il luogo con il quale si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali, il problema della doppia residenza fiscale deve essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali. Va conclusivamente rimarcato come nemmeno in sede di legittimità il P. abbia contestato che il suo centro degli interessi vitali sia rimasto in Italia.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 100,00 per spese vive, Euro 1900,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2008

In caso di doppia residenza fiscale prevale il luogo ove sono rinvenubili i legami personali



"Nel caso in cui una persona fisica abbia la residenza fiscale in due Stati membri della UE, in quanto in entrambi sia individuabile il centro degli interessi vitali, inteso come il luogo con il quale si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali, il problema della doppia residenza fiscale deve essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali."


Fatto e Diritto
Premesso che P.A. ha proposto ricorso per Cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed avverso l’indicata sentenza della CTR del Veneto; che l’Agenzia si è costituita con controricorso;
che, ricorrendo i presupposti per la trattazione in Camera di consiglio a sensi dell’art. 375 c.p.c., sono state acquisite le conclusioni del P.M., che ha chiesto rimettersi la causa alla pubblica udienza;
che nella Camera di consiglio odierna il ricorso è stato deciso.
La sentenza impugnata in relazione alla impugnazione di avvisi di accertamento ERPEF per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, ha ritenuto la soggezione all’imposta del P. anche per gli anni 1996 e 1997 per avere mantenuto in Italia il domicilio, come era dato di evincere da circostanze non contestate dell’avere in Italia la sua famiglia, di vivere prevalentemente nel nostro paese ove era amministratore di molteplici società, essere anche abituale frequentatore di un golf club in Italia.
Con l’unico motivo di ricorso, denunziando violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2 e L. n. 448 del 1998, art. 10, comma 1, propone questione se competa o no all’Ufficio dare la prova della residenza in Italia, se detta prova possa essere data per semplici indizi, se detti indizi possano essere rilevanti malgrado il contrasto con le risultanze anagrafiche.
Il ricorso è manifestamente infondato in quanto la sentenza ha fondato la propria decisione sull’accertamento del domicilio e non su quello della residenza, anche se ha rilevato perplessità sulla stessa attesa la mancata esibizione di un certificato di residenza a Monaco o di altri elementi, a prescindere dall’iscrizione all’AIRE per i soli anni 1996 e 1997.
Va aggiunto per completezza che anche se si fosse voluto contestare l’accertamento del domicilio in Italia, come potrebbe evincersi dalla contestazione nel corpo del ricorso della mancanza di prova della prevalenza degli affari all’estero su quelli italiani, si deve rilevare che l’accertamento della CTR è immune da vizi logici e giuridici. Questa Corte, scrutinando analoga questione con sentenza 13803 del 2001, ha precisato in motivazione: deve osservarsi, infine, che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nella sentenza 12 luglio 2001, in causa C - 262-99, Louloudakis c. Stato Ellenico, ha enunciato il principio che “... nel caso in cui una persona abbia legami sia personali sia professionali in due Stati membri, il luogo della sua “normale residenza”, stabilito nell’ambito di una valutazione globale in funzione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, è quello in cui viene individuato il centro permanente degli interessi di tale persona e che, nell’ipotesi in cui tale valutazione globale non permetta siffatta valutazione, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali”. Affermando tale preminenza, e ribadito che, comunque, il giudice nazionale deve compiere una valutazione globale di tutti gli elementi, sia personali che patrimoniali, la Corte ha elencato alcuni degli elementi rilevanti per l’esistenza dei legami personali, come la presenza fisica della persona e dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo in cui i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo dell’esercizio delle attività professionali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali “nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali”.
Ed ha concluso affermando il principio: Nel caso in cui una persona fisica abbia la residenza fiscale in due Stati membri della UE, in quanto in entrambi sia individuabile il centro degli interessi vitali, inteso come il luogo con il quale si ha un più stretto collegamento sotto l’aspetto degli interessi personali e patrimoniali, il problema della doppia residenza fiscale deve essere risolto attribuendola allo Stato in cui sono rinvenibili i legami personali. Va conclusivamente rimarcato come nemmeno in sede di legittimità il P. abbia contestato che il suo centro degli interessi vitali sia rimasto in Italia.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 100,00 per spese vive, Euro 1900,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2008

Il leasing e lo IAS 17

Il contratto di leasing : aspetti operativi e contabili
Corso teorico – pratico di contabilità generale e bilancio del Dott.Enrico Larocca
Il contratto d leasing è un contratto atipico che riassume le caratteristiche di tre contratti tipici: la locazione, il mutuo e la vendita a rate.
La forma più comunemente usata nella pratica aziendale, si denomina locazione finanziaria ( o leasing finanziario).
Gli standard contabili internazionali, in ossequio al principio della «prevalenza della sostanza sulla forma», inquadrano l’acquisizione di un bene strumentale in leasing finanziario, del tutto equivalente all’acquisto di un bene strumentale di proprietà con finanziamento ,ma la Cassazione, ancora oggi, inconformità alla concezione patrimonialistica del bilancio, ritiene illegittima la pratica di iscrivere i beni in leasing, nel bilancio dell’impresa utilizzatrice, come immobilizzazioni materiali nell’attivo e come debito di finanziamento nel passivo, prima dell’esercizio del diritto di riscatto.
Dovendo adempiere alle prescrizioni di cui all’art. 2427 punto 22) del codice civile, occorre fornire queste informazioni in Nota Integrativa.
Il contratto di leasing
Il termine leasing deriva dal verbo inglese to lease che significa affittare. Quindi la matrice terminologica del contratto attiene all’acquisizione in uso ovvero alla locazione.
Sennonché nella pratica aziendale, il contratto presenta i caratteri di tre contratti regolati dal codice civile: il contratto di locazione, il contratto di vendita con patto di riservato dominio e il contratto di mutuo.
Ed è in virtù di queste caratteristiche che gli IAS/IRFS considerano il leasing una formula di acquisizione di immobilizzazioni con finanziamento, in antitesi alla concezione patrimonialistica del bilancio, che considera il contratto a prestazioni reali, finalizzato all’acquisizione in uso.
Esistono diverse forme di leasing che possiamo riassumere in:
1. leasing finanziario: si tratta della forma di leasing più utilizzata nella pratica aziendale, che si sostanzia nell’acquisizione di un bene strumentale con una formula del tutto simile a quella dell’acquisto in proprietà con contrazione di mutuo;
2. leasing operativo: si tratta di una forma di leasing simile nelle caratteristiche al noleggio di beni strumentali;
3. leasing agevolato: si tratta di una formula di leasing che consente alle imprese utilizzatrici di fruire di sconti sugli oneri finanziari previsti dal piano di ammortamento del leasing, accedendo a sovvenzioni di carattere regionale, nazionale o comunitario.
Come è possibile verificare nella grafica che segue, nel leasing finanziario si istituisce un rapporto trilaterale che vede coinvolti tre soggetti: il produttore, la società di leasing e l’utilizzatore.
L’operazione parte con l’ordinativo di acquisto che viene presentato dalla società di leasing al produttore in base alle indicazioni fornite dall’utilizzatore finale.
E’ evidente che, se è vero che in senso giuridico la proprietà del bene, salvo l’esercizio della clausola di riscatto, resta della società di leasing, è altrettanto vero che l’immobilizzazione tecnica è assolutamente avulsa dal ciclo tecnico-produttivo della società proprietaria, cosicché l’ammortamento va calcolato sulla scorta della durata economica che tenga conto del ciclo tecnico dell’utilizzatore.
Che questa sia l’impostazione corretta anche sotto il profilo aziendalistico, lo dimostra il tenore dell’art. 102, co. 7 del TUIR che sul piano fiscale statuisce che l’ammortamento dei beni concessi in leasing, deve essere attuato avendo riguardo ai coefficienti previsti per il settore dell’impresa utilizzatrice.
IAS 17 e leasing finanziario
Esistono considerevoli differenze tra il leasing operativo e il leasing finanziario.
A tal proposito, il principio contabile internazionale IAS 17 indica quali sono le condizioni, al verificarsi delle quali, ricorre la formula di leasing finanziario. Affinché lo stesso possa essere qualificato come contratto di «leasing finanziario» occorre:
1. che l’utilizzatore al termine del contratto sia facoltizzato a diventare proprietario del bene;
2. che la clausola di riscatto si possa ragionevolmente ipotizzare per data, allorquando il prezzo finale del bene risulti sensibilmente inferiore al fair view;
3. che la durata del contratto copra la maggior parte della vita economica del bene e che il valore attuale dei canoni possa essere assunto pari al fair view.
Qualora ricorrano le ipotesi di cui ai punti precedenti, una rappresentazione del leasing con metodo finanziario, con iscrizione dell’immobilizzazione tecnica nello Stato Patrimoniale dell’utilizzatore tra le IMMOBILIZZAZIONI e del corrispondente del debito verso la società di leasing, nella voce DEBITI con separata indicazione delle quote esigibili oltre l’anno, permetterebbe meglio di cogliere le implicazioni economico-patrimoniali di tale scelta acquisitiva.
Sull’impostazione contabile del leasing finanziario, ritenuta più idonea in punto di diritto, già da tempo autorevoli rappresentanti della dottrina aziendalistica avevano affermato in maniera chiara ed univoca che l’unica impostazione contabile ritenuta civilisticamente corretta, era quella basata sul metodo patrimoniale, impostazione questa confermata anche dall’Agenzia delle Entrate che, facendo proprie le argomentazione della Sentenza n. 8292 del 26/05/2003 della Corte di Cassazione, ebbe a precisare che, pur potendo la società di leasing optare per la contabilizzazione dei beni concessi in locazione finanziaria per il metodo cosiddetto “finanziario” e pur potendo di conseguenza l’utilizzatore iscrivere tra le proprie immobilizzazioni i beni in leasing, l’unico soggetto legittimato al calcolo delle quote di ammortamento restava la società concedente e non l’utilizzatore, non essendo quest’ultimo proprietario dei beni in leasing.
Solo al fine di evitare una rappresentazione che potesse violare il principio del «substance over the form», in fase di riforma del diritto societario e nel tentativo di mediare con gli standards contabili internazionali, è stata introdotta la prescrizione di rappresentare in Nota Integrativa, l’effetto della differente modalità di contabilizzazione, attraverso l’obbligo di esporre in apposito prospetto, le conseguenze dell’esposizione del leasing con metodo patrimoniale e con metodo finanziario

Il leasing e lo IAS 17

Il contratto di leasing : aspetti operativi e contabili
Corso teorico – pratico di contabilità generale e bilancio del Dott.Enrico Larocca
Il contratto d leasing è un contratto atipico che riassume le caratteristiche di tre contratti tipici: la locazione, il mutuo e la vendita a rate.
La forma più comunemente usata nella pratica aziendale, si denomina locazione finanziaria ( o leasing finanziario).
Gli standard contabili internazionali, in ossequio al principio della «prevalenza della sostanza sulla forma», inquadrano l’acquisizione di un bene strumentale in leasing finanziario, del tutto equivalente all’acquisto di un bene strumentale di proprietà con finanziamento ,ma la Cassazione, ancora oggi, inconformità alla concezione patrimonialistica del bilancio, ritiene illegittima la pratica di iscrivere i beni in leasing, nel bilancio dell’impresa utilizzatrice, come immobilizzazioni materiali nell’attivo e come debito di finanziamento nel passivo, prima dell’esercizio del diritto di riscatto.
Dovendo adempiere alle prescrizioni di cui all’art. 2427 punto 22) del codice civile, occorre fornire queste informazioni in Nota Integrativa.
Il contratto di leasing
Il termine leasing deriva dal verbo inglese to lease che significa affittare. Quindi la matrice terminologica del contratto attiene all’acquisizione in uso ovvero alla locazione.
Sennonché nella pratica aziendale, il contratto presenta i caratteri di tre contratti regolati dal codice civile: il contratto di locazione, il contratto di vendita con patto di riservato dominio e il contratto di mutuo.
Ed è in virtù di queste caratteristiche che gli IAS/IRFS considerano il leasing una formula di acquisizione di immobilizzazioni con finanziamento, in antitesi alla concezione patrimonialistica del bilancio, che considera il contratto a prestazioni reali, finalizzato all’acquisizione in uso.
Esistono diverse forme di leasing che possiamo riassumere in:
1. leasing finanziario: si tratta della forma di leasing più utilizzata nella pratica aziendale, che si sostanzia nell’acquisizione di un bene strumentale con una formula del tutto simile a quella dell’acquisto in proprietà con contrazione di mutuo;
2. leasing operativo: si tratta di una forma di leasing simile nelle caratteristiche al noleggio di beni strumentali;
3. leasing agevolato: si tratta di una formula di leasing che consente alle imprese utilizzatrici di fruire di sconti sugli oneri finanziari previsti dal piano di ammortamento del leasing, accedendo a sovvenzioni di carattere regionale, nazionale o comunitario.
Come è possibile verificare nella grafica che segue, nel leasing finanziario si istituisce un rapporto trilaterale che vede coinvolti tre soggetti: il produttore, la società di leasing e l’utilizzatore.
L’operazione parte con l’ordinativo di acquisto che viene presentato dalla società di leasing al produttore in base alle indicazioni fornite dall’utilizzatore finale.
E’ evidente che, se è vero che in senso giuridico la proprietà del bene, salvo l’esercizio della clausola di riscatto, resta della società di leasing, è altrettanto vero che l’immobilizzazione tecnica è assolutamente avulsa dal ciclo tecnico-produttivo della società proprietaria, cosicché l’ammortamento va calcolato sulla scorta della durata economica che tenga conto del ciclo tecnico dell’utilizzatore.
Che questa sia l’impostazione corretta anche sotto il profilo aziendalistico, lo dimostra il tenore dell’art. 102, co. 7 del TUIR che sul piano fiscale statuisce che l’ammortamento dei beni concessi in leasing, deve essere attuato avendo riguardo ai coefficienti previsti per il settore dell’impresa utilizzatrice.
IAS 17 e leasing finanziario
Esistono considerevoli differenze tra il leasing operativo e il leasing finanziario.
A tal proposito, il principio contabile internazionale IAS 17 indica quali sono le condizioni, al verificarsi delle quali, ricorre la formula di leasing finanziario. Affinché lo stesso possa essere qualificato come contratto di «leasing finanziario» occorre:
1. che l’utilizzatore al termine del contratto sia facoltizzato a diventare proprietario del bene;
2. che la clausola di riscatto si possa ragionevolmente ipotizzare per data, allorquando il prezzo finale del bene risulti sensibilmente inferiore al fair view;
3. che la durata del contratto copra la maggior parte della vita economica del bene e che il valore attuale dei canoni possa essere assunto pari al fair view.
Qualora ricorrano le ipotesi di cui ai punti precedenti, una rappresentazione del leasing con metodo finanziario, con iscrizione dell’immobilizzazione tecnica nello Stato Patrimoniale dell’utilizzatore tra le IMMOBILIZZAZIONI e del corrispondente del debito verso la società di leasing, nella voce DEBITI con separata indicazione delle quote esigibili oltre l’anno, permetterebbe meglio di cogliere le implicazioni economico-patrimoniali di tale scelta acquisitiva.
Sull’impostazione contabile del leasing finanziario, ritenuta più idonea in punto di diritto, già da tempo autorevoli rappresentanti della dottrina aziendalistica avevano affermato in maniera chiara ed univoca che l’unica impostazione contabile ritenuta civilisticamente corretta, era quella basata sul metodo patrimoniale, impostazione questa confermata anche dall’Agenzia delle Entrate che, facendo proprie le argomentazione della Sentenza n. 8292 del 26/05/2003 della Corte di Cassazione, ebbe a precisare che, pur potendo la società di leasing optare per la contabilizzazione dei beni concessi in locazione finanziaria per il metodo cosiddetto “finanziario” e pur potendo di conseguenza l’utilizzatore iscrivere tra le proprie immobilizzazioni i beni in leasing, l’unico soggetto legittimato al calcolo delle quote di ammortamento restava la società concedente e non l’utilizzatore, non essendo quest’ultimo proprietario dei beni in leasing.
Solo al fine di evitare una rappresentazione che potesse violare il principio del «substance over the form», in fase di riforma del diritto societario e nel tentativo di mediare con gli standards contabili internazionali, è stata introdotta la prescrizione di rappresentare in Nota Integrativa, l’effetto della differente modalità di contabilizzazione, attraverso l’obbligo di esporre in apposito prospetto, le conseguenze dell’esposizione del leasing con metodo patrimoniale e con metodo finanziario

giovedì 26 marzo 2009

presunzione iuris tantum di coincidenza del termine di esecuzione delle opere con quello in cui ne è accertata l'esecuzione

Edilizia

DATA DI ESECUZIONE DELLE OPERE – ONERE A CARICO DELL’IMPUTATO


Tribunale Penale di Nola, Giudice Monocratico, Dr.ssa Daniela Critelli, sentenza depositata il 23 febbraio 2009]

(massima a cura dell’Avv. Angelo Pignatelli)



Massima

In assenza di una prova rigorosa della retrodatazione degli illeciti, il cui onere grava sull’imputato (che è il solo a poter concretamente allegare i relativi elementi), il termine di esecuzione delle opere va ritenuto coincidente con quello in cui ne è stata accertata l’esecuzione. (cfr. Cass. N. 10562/00)

presunzione iuris tantum di coincidenza del termine di esecuzione delle opere con quello in cui ne è accertata l'esecuzione

Edilizia

DATA DI ESECUZIONE DELLE OPERE – ONERE A CARICO DELL’IMPUTATO


Tribunale Penale di Nola, Giudice Monocratico, Dr.ssa Daniela Critelli, sentenza depositata il 23 febbraio 2009]

(massima a cura dell’Avv. Angelo Pignatelli)



Massima

In assenza di una prova rigorosa della retrodatazione degli illeciti, il cui onere grava sull’imputato (che è il solo a poter concretamente allegare i relativi elementi), il termine di esecuzione delle opere va ritenuto coincidente con quello in cui ne è stata accertata l’esecuzione. (cfr. Cass. N. 10562/00)

Infortunistica stradale ed omessa integrazione del contraddittorio


Rca. GdP, omessa integrazione contraddittorio, nullità sentenza


sabato 21 marzo 2009
Tribunale di Nola, sentenza (appello) del 9 dicembre 2008

Risarcimento danni – Rca

GIUDIZIO DI APPELLO IN TEMA DI INFORTUNISTICA STRADALE - OMESSA INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO DA PARTE DEL G.D.P. NEI CONFRONTI DI LITISCONSORTE NECESSARIO - OBBLIGO DI RIMESSIONE DEL GIUDICE DI APPELLO


[Tribunale di Nola, Dott. Alfonso Scermino, sentenza del 9 dicembre 2008]




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
Il Tribunale di Nola, II sezione civile, in composizione monocratica nella persona del signor dott. Alfonso Scermino, all’udienza del 9.12.2008, fatte precisare le conclusioni, ha ordinato la discussione orale della causa nella stessa udienza, a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., ed ha pronunciato al termine della discussione la seguente
SENTENZA
nella causa n. 2540/2007 R.G., vertente tra
Meviox Axx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di citazione di primo grado, dall’avv.to ….., con cui elettivamente domicilia in ….,
CONTRO
Tiziox Gxx e Tiziox Rxx , rappresentati e difesi dall’avv. …., giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, con cui elettivamente domicilia …..;
XXXX Ass.ni s.p.a., contumace;
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
KKKK Ass.ni s.c.r.l., in persona del legale rapp.te p.t. , rappresentata e difesa , giusta mandato in calce alla copia notificata dell’atto di citazione di primo grado, dall’avv. ….., con cui elettivamente domicilia ….,
dando lettura del dispositivo e dalla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione nei termini che seguono
.
Con atto di citazione regolarmente notificato Meviox Axx , premettendo che in data 26.10.2002 si verificava un incidente tra il motoveicolo Piaggio tg. …. di proprietà di Tiziox Rxx e il veicolo Fiat Fiorino tg. …. di proprietà di esso attore e che la responsabilità dell’incidente era da ascriversi in via esclusiva al motoveicolo, conveniva in giudizio Tiziox Rxx e la sua compagnia di assicurazione XXXX s.p.a., al fine di vedersi risarcire il danno materiale arrecato al suo mezzo.
Oltre a costituirsi i convenuti per resistere alla domanda, in prime cure produceva comparsa di intervento volontario autonomo Tiziox Gxx, il quale, nella sua qualità di conducente del motoveicolo coinvolto nel sinistro, adduceva la responsabilità esclusiva del mezzo Fiat Fiorino e reclamava anch’egli, dal canto suo, congruo risarcimento.
Sennonchè , sin da principio proprio Tiziox Gxx invocava di estendere il contraddittorio, mediante relativo ordine di integrazione, nei confronti della società MMMM Auto s.p.a., in quanto quest’ultima, a dispetto di quanto affermato da Meviox Axx, risultava dal certificato PRA prodotto in atti, l’unica proprietaria del veicolo asseritamente responsabile al momento del sinistro.
Ma il G.d.P. non ordinava alcuna integrazione del contraddittorio.
Anzi, il G.d.P. di Nola, con sentenza n. 1771/2006 emessa in data 26.6.2006, rigettava la domanda attorea, oltre a quella dell’interventore Tiziox Gxx, in quanto “esisteva precedente giudicato”.
In particolare, osservava il Giudice di Pace che “con (precedente) sentenza n. 1310/2004 il G.d.P. già si era pronunciato in merito alla controversia e perciò , in applicazione del principio del ne bis in idem, il Giudice non poteva esaminare nel merito la domanda del Meviox e quella dell’interventore”.
Con atto di citazione notificato in data 7 e 9 marzo 2007 Meviox Axx proponeva appello avverso la predetta pronuncia.
Deduceva la parte che la decisione era stata erronea in quanto la sentenza n. 1310/2004, asseritamente preclusiva dell’esame del merito della lite, era in realtà intervenuta tra Tiziox Rxx e la MMMM Auto s.p.a. (unitamente alla Verona KKKK s.p.a.), onde non gli era opponibile ex art. 2909 c.c., non essendo stato esso appellante parte di quel giudizio.
Dal che si insisteva nella delibazione del merito della domanda, unitamente all’accoglimento della stessa.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 21.6.2007 si costituivano Tiziox Rxx e Tiziox Gxx.
E quest’ultimo, rilevando che il Giudice di prime cure aveva omesso di integrare il contraddittorio nei confronti dell’effettiva proprietaria del Fiat Fiorino tg. ….., cioè la società MMMM s.p.a., avanzava appello incidentale per la rimessione al primo giudice della controversia ex art. 354 c.p.c., laddove solo in tal modo anch’egli avrebbe potuto vedersi esaminare correttamente la sua domanda risarcitoria.
La comparsa di appello incidentale era poi fatta notificare ritualmente anche alla XXXX Ass.ni s.p.a. ed alla KKKK Ass.ni s.p.a. in quanto inizialmente contumaci.
All’esito della notifica, si costituiva la sola KKKK s.p.a., che si associava alle deduzioni del Meviox quale suo consorte di lite.
L’appello incidentale è fondato, assorbendo in via di pregiudizialità logico-giuridica ogni ulteriore statuizione.
Emergeva, invero, in termini inequivoci dagli atti di causa (certificato PRA) che al momento del sinistro (ottobre 2002) l’autoveicolo Fiat Fiorino tg. …. risultava intestato alla società MMMM Auto s.p.a.
Ed è noto che le risultanze del pubblico registro automobilistico avevano il valore quantomeno di una presunzione semplice in ordine alla corrispondente titolarità del mezzo, presunzione che poteva essere vinta con ogni mezzo di prova da parte di colui che, di contro, reclamasse di essere proprietario dello stesso (Cassazione civile , sez. I, 28 settembre 2006, n. 21055).
Sennonchè, nessuna diversa prova documentale era offerta a riguardo dall’attore Meviox Axx , che si era qualificato titolare del mezzo in questione.
Sicchè, essendo stata avanzata una domanda risarcitoria da Tiziox Gxx (interventore) secondo cui la responsabilità esclusiva del sinistro andava imputata al Fiat Fiorino tg. …., una volta già costituita la compagnia di quest’ultimo mezzo , cioè la KKKK Ass.ni s.p.a. (in atti), avrebbe certamente dovuto integrarsi il contraddittorio ex art. 102 c.p.c. con l’unico soggetto che appariva il necessario legittimato passivo della pretesa avanzata dall’interventore.
Tanto, però, non era fatto ed in tal modo il G.d.P. cadeva in errore, non solo perché non teneva conto delle risultanze documentali predette, ma anche perché delibava in ordine alla portata di un giudicato precedente sulla sua controversia senza dapprima far cristallizzare validamente il rapporto processuale su cui ci si doveva pronunciare.
Invero, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, qualora il danneggiato agisca direttamente contro l'assicuratore (art. 18, comma 1, legge n. 990 del 1969), la domanda deve essere proposta anche contro il responsabile del danno (art. 23 legge citata), cioè il proprietario del veicolo, che assume, per l'effetto, la veste di litisconsorte necessario del primo in sede processuale, con la conseguenza che, ove manchi la prova che la domanda (nella specie, atto di intervento) sia stato notificato anche al detto responsabile, la domanda non va dichiarata improcedibile, dovendosi, per converso, ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte non evocata in giudizio , ex art. 102, comma 2, c.p.c.
Ne consegue, ancora, che la sentenza con la quale il primo Giudice dichiarava erroneamente la domanda inammissibile o improcedibile, non può che andare annullata ex art. 354, comma 1, e 383, comma 3, c.p.c. , per essere la lite rimessa nuovamente in prime cure (Cassazione civile , sez. III, 17 dicembre 2001, n. 15892).
Spese compensate attesa la natura della pronuncia.
P. Q. M.
Il Tribunale, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando in ordine alla causa in epigrafe,
- Accoglie l’appello incidentale e, rilevata la nullità della sentenza n. 1771/2006 emessa in data 26.6.2006 dal G.d.P. di Nola, dispone la rimessione della causa davanti al primo Giudice;
- Spese interamente compensate;
Così deciso in NOLA il 9.12.2008; si provveda all’immediato deposito in cancelleria.
Il Giudice
dott. Alfonso Scermino
(Allegato al verbale d’udienza del 9.12.2008)


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Infortunistica stradale ed omessa integrazione del contraddittorio


Rca. GdP, omessa integrazione contraddittorio, nullità sentenza


sabato 21 marzo 2009
Tribunale di Nola, sentenza (appello) del 9 dicembre 2008

Risarcimento danni – Rca

GIUDIZIO DI APPELLO IN TEMA DI INFORTUNISTICA STRADALE - OMESSA INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO DA PARTE DEL G.D.P. NEI CONFRONTI DI LITISCONSORTE NECESSARIO - OBBLIGO DI RIMESSIONE DEL GIUDICE DI APPELLO


[Tribunale di Nola, Dott. Alfonso Scermino, sentenza del 9 dicembre 2008]




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
Il Tribunale di Nola, II sezione civile, in composizione monocratica nella persona del signor dott. Alfonso Scermino, all’udienza del 9.12.2008, fatte precisare le conclusioni, ha ordinato la discussione orale della causa nella stessa udienza, a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., ed ha pronunciato al termine della discussione la seguente
SENTENZA
nella causa n. 2540/2007 R.G., vertente tra
Meviox Axx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di citazione di primo grado, dall’avv.to ….., con cui elettivamente domicilia in ….,
CONTRO
Tiziox Gxx e Tiziox Rxx , rappresentati e difesi dall’avv. …., giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, con cui elettivamente domicilia …..;
XXXX Ass.ni s.p.a., contumace;
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
KKKK Ass.ni s.c.r.l., in persona del legale rapp.te p.t. , rappresentata e difesa , giusta mandato in calce alla copia notificata dell’atto di citazione di primo grado, dall’avv. ….., con cui elettivamente domicilia ….,
dando lettura del dispositivo e dalla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione nei termini che seguono
.
Con atto di citazione regolarmente notificato Meviox Axx , premettendo che in data 26.10.2002 si verificava un incidente tra il motoveicolo Piaggio tg. …. di proprietà di Tiziox Rxx e il veicolo Fiat Fiorino tg. …. di proprietà di esso attore e che la responsabilità dell’incidente era da ascriversi in via esclusiva al motoveicolo, conveniva in giudizio Tiziox Rxx e la sua compagnia di assicurazione XXXX s.p.a., al fine di vedersi risarcire il danno materiale arrecato al suo mezzo.
Oltre a costituirsi i convenuti per resistere alla domanda, in prime cure produceva comparsa di intervento volontario autonomo Tiziox Gxx, il quale, nella sua qualità di conducente del motoveicolo coinvolto nel sinistro, adduceva la responsabilità esclusiva del mezzo Fiat Fiorino e reclamava anch’egli, dal canto suo, congruo risarcimento.
Sennonchè , sin da principio proprio Tiziox Gxx invocava di estendere il contraddittorio, mediante relativo ordine di integrazione, nei confronti della società MMMM Auto s.p.a., in quanto quest’ultima, a dispetto di quanto affermato da Meviox Axx, risultava dal certificato PRA prodotto in atti, l’unica proprietaria del veicolo asseritamente responsabile al momento del sinistro.
Ma il G.d.P. non ordinava alcuna integrazione del contraddittorio.
Anzi, il G.d.P. di Nola, con sentenza n. 1771/2006 emessa in data 26.6.2006, rigettava la domanda attorea, oltre a quella dell’interventore Tiziox Gxx, in quanto “esisteva precedente giudicato”.
In particolare, osservava il Giudice di Pace che “con (precedente) sentenza n. 1310/2004 il G.d.P. già si era pronunciato in merito alla controversia e perciò , in applicazione del principio del ne bis in idem, il Giudice non poteva esaminare nel merito la domanda del Meviox e quella dell’interventore”.
Con atto di citazione notificato in data 7 e 9 marzo 2007 Meviox Axx proponeva appello avverso la predetta pronuncia.
Deduceva la parte che la decisione era stata erronea in quanto la sentenza n. 1310/2004, asseritamente preclusiva dell’esame del merito della lite, era in realtà intervenuta tra Tiziox Rxx e la MMMM Auto s.p.a. (unitamente alla Verona KKKK s.p.a.), onde non gli era opponibile ex art. 2909 c.c., non essendo stato esso appellante parte di quel giudizio.
Dal che si insisteva nella delibazione del merito della domanda, unitamente all’accoglimento della stessa.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 21.6.2007 si costituivano Tiziox Rxx e Tiziox Gxx.
E quest’ultimo, rilevando che il Giudice di prime cure aveva omesso di integrare il contraddittorio nei confronti dell’effettiva proprietaria del Fiat Fiorino tg. ….., cioè la società MMMM s.p.a., avanzava appello incidentale per la rimessione al primo giudice della controversia ex art. 354 c.p.c., laddove solo in tal modo anch’egli avrebbe potuto vedersi esaminare correttamente la sua domanda risarcitoria.
La comparsa di appello incidentale era poi fatta notificare ritualmente anche alla XXXX Ass.ni s.p.a. ed alla KKKK Ass.ni s.p.a. in quanto inizialmente contumaci.
All’esito della notifica, si costituiva la sola KKKK s.p.a., che si associava alle deduzioni del Meviox quale suo consorte di lite.
L’appello incidentale è fondato, assorbendo in via di pregiudizialità logico-giuridica ogni ulteriore statuizione.
Emergeva, invero, in termini inequivoci dagli atti di causa (certificato PRA) che al momento del sinistro (ottobre 2002) l’autoveicolo Fiat Fiorino tg. …. risultava intestato alla società MMMM Auto s.p.a.
Ed è noto che le risultanze del pubblico registro automobilistico avevano il valore quantomeno di una presunzione semplice in ordine alla corrispondente titolarità del mezzo, presunzione che poteva essere vinta con ogni mezzo di prova da parte di colui che, di contro, reclamasse di essere proprietario dello stesso (Cassazione civile , sez. I, 28 settembre 2006, n. 21055).
Sennonchè, nessuna diversa prova documentale era offerta a riguardo dall’attore Meviox Axx , che si era qualificato titolare del mezzo in questione.
Sicchè, essendo stata avanzata una domanda risarcitoria da Tiziox Gxx (interventore) secondo cui la responsabilità esclusiva del sinistro andava imputata al Fiat Fiorino tg. …., una volta già costituita la compagnia di quest’ultimo mezzo , cioè la KKKK Ass.ni s.p.a. (in atti), avrebbe certamente dovuto integrarsi il contraddittorio ex art. 102 c.p.c. con l’unico soggetto che appariva il necessario legittimato passivo della pretesa avanzata dall’interventore.
Tanto, però, non era fatto ed in tal modo il G.d.P. cadeva in errore, non solo perché non teneva conto delle risultanze documentali predette, ma anche perché delibava in ordine alla portata di un giudicato precedente sulla sua controversia senza dapprima far cristallizzare validamente il rapporto processuale su cui ci si doveva pronunciare.
Invero, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, qualora il danneggiato agisca direttamente contro l'assicuratore (art. 18, comma 1, legge n. 990 del 1969), la domanda deve essere proposta anche contro il responsabile del danno (art. 23 legge citata), cioè il proprietario del veicolo, che assume, per l'effetto, la veste di litisconsorte necessario del primo in sede processuale, con la conseguenza che, ove manchi la prova che la domanda (nella specie, atto di intervento) sia stato notificato anche al detto responsabile, la domanda non va dichiarata improcedibile, dovendosi, per converso, ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte non evocata in giudizio , ex art. 102, comma 2, c.p.c.
Ne consegue, ancora, che la sentenza con la quale il primo Giudice dichiarava erroneamente la domanda inammissibile o improcedibile, non può che andare annullata ex art. 354, comma 1, e 383, comma 3, c.p.c. , per essere la lite rimessa nuovamente in prime cure (Cassazione civile , sez. III, 17 dicembre 2001, n. 15892).
Spese compensate attesa la natura della pronuncia.
P. Q. M.
Il Tribunale, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando in ordine alla causa in epigrafe,
- Accoglie l’appello incidentale e, rilevata la nullità della sentenza n. 1771/2006 emessa in data 26.6.2006 dal G.d.P. di Nola, dispone la rimessione della causa davanti al primo Giudice;
- Spese interamente compensate;
Così deciso in NOLA il 9.12.2008; si provveda all’immediato deposito in cancelleria.
Il Giudice
dott. Alfonso Scermino
(Allegato al verbale d’udienza del 9.12.2008)


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sabato 21 marzo 2009

Concessionari della sosta: basta con le multe fuori dalle strisce blu


19.03.2009
Concessionari della sosta, stop alle multe fuori dalle strisce blu

La Cassazione a Sezioni Unite
pone la parola "fine" a una questione che si trascinava da tempo. Il personale
dipendente dalla società che ha in concessione le aree di parcheggio non può
elevare contravvenzioni su tutta l'area in gestione.


Cassazione civile Sentenza, Sez. SS.UU., 09/03/2009, n. 5621

Sotto il profilo normativo, va ricordato che la legge 15 maggio 1977, n. 127, art. 17, ha stabilito che i comuni possono, con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione ed accertamento, delle violazioni in mrateria di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree ogetto di concessione.
La legge 23 dicembre 999 n. 488, all’ari 68, comma 1, ha successivamente chiarito che la legge n° 127 del 1997, art, 17, commi 132 e 133, si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di pevenzione e accertamento delle violazioni ivi previste comprende, ai sensi del d. lgs.. 30 aprile 192, n° 285, ari 12. comma I, tett. e) e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e di sottoscrizione del verbale di accertamento cori l’efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 del codice civile. Da tanto può desumersi che il legislatore, in presenza ed in funzione di particolari esigenze del traffico cittadino, tra cui sono da ritenere comprese le problematiche connesse alle aree da riservare a parcheggio a pagamento, ha stabilito, con le norme surrichiamate che determinate funzioni, obiettivamente pubbliche, possano essere eccezionalmente svolte anche da soggetti privati, i quali abbiano una particolare investitura,da parte della pubblica amministrazione, in relazione al servizio svolto, in considerazione “della progressiva rilevanza dei problemi delle soste e parcheggi (Corte cost. ord. no 157 dcl 2001).
Peraltro, l’ari 17, commi 132 e 133, in ragione della rilevanza e del carattere eccezionalmente derogatorio del conferimento di tali funzioni a soggetti che, sebbene siano estranei all’apparato della pubblica amministrazione, e non compresi nel novero di quelli ai quali le suddette funzioni sono ordinariamente attribuiti (alt. 12 C, d. s.), vengono con provvedimento sindacale legittimati all’esercizio di compiti di prevenzione ed accertamento di violazioni del Codice della strada sanzionate in via amministrativa, deve ritenersi norma di stretta interpretazione (v. Cass. 74.2005, n°7336).
Tale conclusione trova ulteriore conferma nel conflitto che il legislatore, conscio di tale natura delle dettate disposizioni, ha avuto cura di puntualizzare che le funzioni esperibili, per i dipendenti delle imprese che gestiscono pubblici parcheggi, riguardano soltanto le violazioni in materia di sosta e limitatamente alle ar oggetto di concessione, poiché la attribuzioni di esse è ritenuta strumentale rispetto allo scopo di garantire la funzionalità dei parcheggi, che concorre a ridurre, se non ad evitare, il problema, sempre più pressante, della circolazione nei centri abitati. Di preminente valore ai tini interpretativi deve essere considerata la disposizione secondo cui, al personale in questione può esser conferita anche la competenza a dispone .la rimozione dei veicoli, ma esclusivamente nei casi previsti dall’ari. 158, comma 2, lett. b). c) e d) (ari. 68. comma 3, cit..), ovvero dovunque venga impedito di accedere ad un altro veicolo regolarmente in sosta, oppure lo spostamento dei veicoli in sosta o bi seconda fila, 11 legislatore, ne! disciplinare tale delicata materia, che estende a soggetti compresi tra quelli ai quali tali funzioni sono istltuzionalmente attribuite., le suddette funzioni, ha pertanto delimitato con rigore il senso di tale attribuzione, precisando , come la competenza delegata ai dipendenti della concessionaria siano limitate alle violazioni in materia di sosta dci veicoli commesse nelle aree comunali oggetto di concessione e specificamente destinate al parcheggio, previo pagamento di ticket, potendosi estendere anche alle aree poste a servizio di quelle a pagamento, immediatamente limitrofe, se ed in quanto precludano la funzionalità del parcheggio stesso. La diversa tesi per un verso contrasta e con la natura di norma di stretta interpretazione, da attribuirsi per le ragioni dette all’ari. 17, commi 132 e 133, e con il contesto normativo che complessivamente regola la materia e per altro verso si base su di un argomento non sufficiente a svilire il senso dell’eccezione quale introdotta, finendo per basarsi su di un profilo di ordine economico, a vantaggio della conceessionaria che, pur se sussistendo, non giustificherebbe l’estensione dell’applicazione di una norma con connotazioni di eccezionalità.
Del resto, gli scarsi apporti dottrinari rinvenibili, pur non in modo esplicito, paiono anch’essi concordare con La tesi ritenuta corretta, mentre è appena il caso di sottolineare come dalla citata ordinanza della Corte costituzionale non sia possibile trarre alcun elemento di convincimento, in un senso, come nell’altro da tanto consegue che può essere enunciato il principio di diritto secondo cui le violazioni in materia di sosta che non riguardino le aree contrassegnate con le strisce blu e/o da segnaletica orizzontale e non comportanti pregiudizio alla funzionalità delle aree distinte come sopra precisato, non possono essere legittimamente rilevate da personale dipendente delle società concessionarie di aree adibite a parcheggio a pagamento, seppure commesse nell’area oggetto di concessione (ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu).

Tratto da Quotidiano Ipsoa 2009

Concessionari della sosta: basta con le multe fuori dalle strisce blu


19.03.2009
Concessionari della sosta, stop alle multe fuori dalle strisce blu

La Cassazione a Sezioni Unite
pone la parola "fine" a una questione che si trascinava da tempo. Il personale
dipendente dalla società che ha in concessione le aree di parcheggio non può
elevare contravvenzioni su tutta l'area in gestione.


Cassazione civile Sentenza, Sez. SS.UU., 09/03/2009, n. 5621

Sotto il profilo normativo, va ricordato che la legge 15 maggio 1977, n. 127, art. 17, ha stabilito che i comuni possono, con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione ed accertamento, delle violazioni in mrateria di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree ogetto di concessione.
La legge 23 dicembre 999 n. 488, all’ari 68, comma 1, ha successivamente chiarito che la legge n° 127 del 1997, art, 17, commi 132 e 133, si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di pevenzione e accertamento delle violazioni ivi previste comprende, ai sensi del d. lgs.. 30 aprile 192, n° 285, ari 12. comma I, tett. e) e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e di sottoscrizione del verbale di accertamento cori l’efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 del codice civile. Da tanto può desumersi che il legislatore, in presenza ed in funzione di particolari esigenze del traffico cittadino, tra cui sono da ritenere comprese le problematiche connesse alle aree da riservare a parcheggio a pagamento, ha stabilito, con le norme surrichiamate che determinate funzioni, obiettivamente pubbliche, possano essere eccezionalmente svolte anche da soggetti privati, i quali abbiano una particolare investitura,da parte della pubblica amministrazione, in relazione al servizio svolto, in considerazione “della progressiva rilevanza dei problemi delle soste e parcheggi (Corte cost. ord. no 157 dcl 2001).
Peraltro, l’ari 17, commi 132 e 133, in ragione della rilevanza e del carattere eccezionalmente derogatorio del conferimento di tali funzioni a soggetti che, sebbene siano estranei all’apparato della pubblica amministrazione, e non compresi nel novero di quelli ai quali le suddette funzioni sono ordinariamente attribuiti (alt. 12 C, d. s.), vengono con provvedimento sindacale legittimati all’esercizio di compiti di prevenzione ed accertamento di violazioni del Codice della strada sanzionate in via amministrativa, deve ritenersi norma di stretta interpretazione (v. Cass. 74.2005, n°7336).
Tale conclusione trova ulteriore conferma nel conflitto che il legislatore, conscio di tale natura delle dettate disposizioni, ha avuto cura di puntualizzare che le funzioni esperibili, per i dipendenti delle imprese che gestiscono pubblici parcheggi, riguardano soltanto le violazioni in materia di sosta e limitatamente alle ar oggetto di concessione, poiché la attribuzioni di esse è ritenuta strumentale rispetto allo scopo di garantire la funzionalità dei parcheggi, che concorre a ridurre, se non ad evitare, il problema, sempre più pressante, della circolazione nei centri abitati. Di preminente valore ai tini interpretativi deve essere considerata la disposizione secondo cui, al personale in questione può esser conferita anche la competenza a dispone .la rimozione dei veicoli, ma esclusivamente nei casi previsti dall’ari. 158, comma 2, lett. b). c) e d) (ari. 68. comma 3, cit..), ovvero dovunque venga impedito di accedere ad un altro veicolo regolarmente in sosta, oppure lo spostamento dei veicoli in sosta o bi seconda fila, 11 legislatore, ne! disciplinare tale delicata materia, che estende a soggetti compresi tra quelli ai quali tali funzioni sono istltuzionalmente attribuite., le suddette funzioni, ha pertanto delimitato con rigore il senso di tale attribuzione, precisando , come la competenza delegata ai dipendenti della concessionaria siano limitate alle violazioni in materia di sosta dci veicoli commesse nelle aree comunali oggetto di concessione e specificamente destinate al parcheggio, previo pagamento di ticket, potendosi estendere anche alle aree poste a servizio di quelle a pagamento, immediatamente limitrofe, se ed in quanto precludano la funzionalità del parcheggio stesso. La diversa tesi per un verso contrasta e con la natura di norma di stretta interpretazione, da attribuirsi per le ragioni dette all’ari. 17, commi 132 e 133, e con il contesto normativo che complessivamente regola la materia e per altro verso si base su di un argomento non sufficiente a svilire il senso dell’eccezione quale introdotta, finendo per basarsi su di un profilo di ordine economico, a vantaggio della conceessionaria che, pur se sussistendo, non giustificherebbe l’estensione dell’applicazione di una norma con connotazioni di eccezionalità.
Del resto, gli scarsi apporti dottrinari rinvenibili, pur non in modo esplicito, paiono anch’essi concordare con La tesi ritenuta corretta, mentre è appena il caso di sottolineare come dalla citata ordinanza della Corte costituzionale non sia possibile trarre alcun elemento di convincimento, in un senso, come nell’altro da tanto consegue che può essere enunciato il principio di diritto secondo cui le violazioni in materia di sosta che non riguardino le aree contrassegnate con le strisce blu e/o da segnaletica orizzontale e non comportanti pregiudizio alla funzionalità delle aree distinte come sopra precisato, non possono essere legittimamente rilevate da personale dipendente delle società concessionarie di aree adibite a parcheggio a pagamento, seppure commesse nell’area oggetto di concessione (ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu).

Tratto da Quotidiano Ipsoa 2009

parità di trattamento e legittime disparità

19.03.2009
Parità di trattamento e legittime disparità

Il diritto nazionale può prevedere talune forme
di disparità di trattamento fondate sull'età, qualora siano 'oggettivamente e
ragionevolmente' giustificate da una finalità legittima, quale la politica del
lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale.

Corte Giust. CE Sentenza 05/03/2009, n. C-388/07

Mentre in Italia si discute sulle disparità di trattamento fondate sul sesso (si ricorderà che lo scorso novembre la Corte ha stabilito che, avendo fissato un limite di età pensionabile diverso per uomini e donne, la legge italiana opera una discriminazione tra i sessi), il giudice comunitario si pronuncia in merito alle disparità fondate sull’età.
L’art. 6 della direttiva 2000/78/CE, la quale garantisce la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, prevede che gli Stati membri possono stabilire che talune disparità di trattamento fondate sull’età non costituiscano discriminazione, ove siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima (come ad es. obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale), e sia dimostrato che i mezzi di conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.
L’art. 6 elenca una serie di casi di disparità di trattamento che possono essere giustificati.
Secondo il diritto inglese, i lavoratori dipendenti che hanno raggiunto la normale età pensionabile stabilita dal datore di lavoro, ovvero, in assenza di questa, i 65 anni, possono essere licenziati a causa del loro collocamento a riposo.
Il giudice inglese si domanda se la direttiva deve essere interpretata nel senso che essa imponga agli Stati membri di adottare un elenco delle diverse tipologie di discriminazioni potenzialmente giustificate.
Dopo aver ricordato che la direttiva, a differenza del regolamento, impone degli obiettivi che gli Stati membri possono raggiungere con i mezzi che ritengono più opportuni, la Corte dichiara che la direttiva 2000/78/CE non impone di stabilire un elenco specifico delle disparità di trattamento che possono essere giustificate.
Essa consente di derogare al principio di parità di trattamento in presenza di finalità legittime di politica sociale, come quelle connesse alla politica del lavoro, del mercato del lavoro e della formazione professionale.
Le finalità che giustificano un’eventuale deroga al divieto di discriminazione fondata sull’età non devono necessariamente essere contenute in un elenco puntuale. Sarà infatti il giudice nazionale stabilire di volta in volta se la normativa interna che pone la disparità risponda effettivamente ad una legittima finalità e se i mezzi prescelti siano appropriati e necessari al fine da raggiungere.

Giuditta Merone, avvocato e docente a contratto presso l'Università degli Studi di Cassino
Tratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2009

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...