lunedì 22 dicembre 2008




Controlli sui flussi di denaro nell'Unione Europea: le modifiche alla normativa
Decreto legislativo 19.11.2008 n° 195 , G.U. 13.12.2008

Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane.
E' questa una delle novità introdotte dal Decreto Legislativo 19 novembre 2008, n. 195 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 dicembre 2008, n. 291 (in attuazione del Regolamento CE 26 ottobre 2005, n. 1889) al fine di contrastare l'introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche e del corretto funzionamento del mercato interno.
In particolare, le nuove misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunità europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.
(Altalex, 15 dicembre 2008)




DECRETO LEGISLATIVO 19 novembre 2008, n. 195
Modifiche ed integrazioni alla normativa in materia valutaria in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005.
(
GU n. 291 del 13-12-2008)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto il testo unico delle norme in materia valutaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica;
Visto il decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ed in particolare l'articolo 3, relativo all'obbligo di dichiarazione dei trasferimenti al seguito, da e verso l'estero, da parte di residenti e non residenti, di denaro, titoli e valori mobiliari;
Vista la direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, recante norme in materia di circolazione transfrontaliera di capitali, in attuazione della direttiva 91/308/CEE;
Visto il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153, recante integrazione dell'attuazione della direttiva 91/308/CEE in materia di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita;
Vista la direttiva 2001/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' illecite;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali;Visto il regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunita' o in uscita dalla stessa;
Vista la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo;
Visto il decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attivita' dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE;
Visto il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita' criminose e di finanziamento del terrorismo, nonche' della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione;
Vista la legge 25 febbraio 2008, n. 34, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee (Legge comunitaria 2007), ed in particolare l'articolo 15;
Visto il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 settembre 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 19 novembre 2008;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della giustizia;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Definizioni
1. Nel presente decreto si intendono per:

a) autorita' competenti: l'Agenzia delle dogane, il Ministero dell'economia e delle finanze, la Unita' di informazione finanziaria e la Guardia di finanza, ciascuna per le competenze individuate nel presente decreto;

b) dati identificativi: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, lo Stato e il comune di residenza, nonche' il codice fiscale o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale, il codice fiscale o la partita IVA;

c) denaro contante:

1) le banconote e le monete metalliche aventi corso legale;

2) gli strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali traveller's cheque; gli strumenti negoziabili, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi altrimenti in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna; gli strumenti incompleti, compresi assegni, effetti all'ordine e mandati di pagamento, firmati ma privi del nome del beneficiario;

d) finanziamento del terrorismo: le attivita' definite dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109;

e) riciclaggio: le attivita' definite dall'articolo 2, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, puo' modificare o integrare la lettera c) del comma 1.

Art. 2.
Finalità
1. Le misure di cui al presente decreto sono dirette a contrastare, in attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, l'introduzione dei proventi di attivita' illecite nel sistema economico e finanziario, a protezione dello sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attivita' economiche e del corretto funzionamento del mercato interno, nonche' a coordinare la disciplina recata dal predetto regolamento con la normativa di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al fine di istituire un adeguato sistema di sorveglianza sui movimenti transfrontalieri di denaro contante.

2. Tali misure sono dirette a individuare, attraverso l'obbligo della dichiarazione, movimenti di denaro contante in entrata nella Comunita' europea o in uscita da essa e sono inoltre estese ai movimenti di denaro contante tra l'Italia e gli altri Paesi comunitari.

3. Il sistema di sorveglianza si realizza anche attraverso l'adozione di forme di coordinamento e di scambio di informazioni tra le autorita' competenti, da realizzarsi tramite l'utilizzo di supporti informatici.

4. Le informazioni possono essere raccolte e utilizzate anche per finalita' statistiche nell'ambito delle competenze e secondo le modalita' stabilite dal presente decreto.

Art. 3.
Obbligo di dichiarazione
1. Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane. L'obbligo di dichiarazione non e' soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete.

2. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto puo' essere, in alternativa:a) trasmessa telematicamente, prima dell'attraversamento della frontiera, secondo le modalita' e le specifiche pubblicate nel sito dell'Agenzia delle dogane. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione e il numero di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale;b) consegnata in forma scritta, al momento del passaggio, presso gli uffici doganali di confine o limitrofi, che ne rilasciano copia con attestazione del ricevimento da parte dell'ufficio. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione con attestazione del ricevimento.

3. Il comma 1 si applica anche a tutti i trasferimenti di denaro contante, da e verso l'estero, effettuati mediante plico postale o equivalente. La dichiarazione, redatta in conformita' al modello allegato al presente decreto, e' consegnata a Poste italiane s.p.a. o ai fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, all'atto della spedizione o nelle 48 ore successive al ricevimento. Nel computo dei termini non si tiene conto dei giorni festivi.

4. Gli uffici postali e i fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che ricevono la dichiarazione ne rilasciano ricevuta al dichiarante e provvedono alla trasmissione della dichiarazione per via telematica all'Agenzia delle dogane entro sette giorni.

5. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste italiane s.p.a. che rechino l'indicazione del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilita'. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze puo' modificare, con proprio decreto, il modello allegato al presente decreto.

Art. 4.
Poteri di accertamento e di contestazione
1. I funzionari dell'Agenzia delle dogane accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, dal decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, dall'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.2. I militari della Guardia di finanza accertano le violazioni al presente decreto esercitando i poteri e le facolta' attribuiti dal decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, dall'articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, dalla legge 7 gennaio 1929, n. 4, e dalle leggi tributarie laddove applicabili.

3. I militari appartenenti al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza esercitano altresi' i poteri attribuiti dall'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Ai fini della contestazione delle violazioni al presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 29 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

5. Copia dei verbali di contestazione elevati dagli appartenenti alla Guardia di finanza e' trasmessa all'Agenzia delle dogane.

6. I verbali di contestazione sono conservati in forma nominativa per la durata di dieci anni e sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite supporti informatici, entro sette giorni dalla data di contestazione ai fini del procedimento sanzionatorio di cui al presente decreto.7. Qualora nel corso degli accertamenti previsti dal presente articolo emergano fatti e situazioni che potrebbero essere correlati al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, ancorche' le somme di denaro contante al seguito siano inferiori alla soglia fissata all'articolo 3, l'Agenzia delle dogane conserva dette informazioni, nonche' i dati identificativi della persona fisica e i dati relativi al mezzo di trasporto utilizzato, e fornisce tali informazioni e dati all'Unita' di informazione finanziaria per l'adempimento delle proprie funzioni istituzionali.

Art. 5.
Collaborazione e scambio delle informazioni
1. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di altri Stati membri, qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse ad attivita' di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.2. Qualora emergano fatti e situazioni da cui si evinca che somme di denaro contante sono connesse al prodotto di una frode o di qualsiasi altra attivita' illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunita' europea, le informazioni di cui al comma 1 sono trasmesse dall'Agenzia delle dogane e dalla Guardia di finanza alla Commissione europea.3. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza scambiano le informazioni raccolte ai sensi del presente decreto con le omologhe autorita' di Paesi terzi, nel quadro della mutua assistenza amministrativa. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza comunicano l'avvenuto scambio di informazioni con i Paesi terzi al Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede a darne notizia alla Commissione europea, qualora cio' rivesta un interesse particolare per l'attuazione del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005.4. Gli scambi di informazioni di cui al presente articolo avvengono nel rispetto di quanto stabilito dalle norme nazionali e comunitarie in materia di protezione dei dati personali che disciplinano il trasferimento di dati all'estero e a condizioni di reciprocita', anche per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 9, commi 3 e 4, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Art. 6.
Sequestro
1. In caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 3, il denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, di importo pari o superiore a 10.000 euro, e' sequestrato dall'Agenzia delle dogane o dalla Guardia di finanza, con priorita' per banconote e monete aventi corso legale e, nei casi di mancanza o incapienza, per strumenti negoziabili al portatore di facile e pronto realizzo.

2. Il sequestro e' eseguito nel limite del quaranta per cento dell'importo in eccedenza. Il denaro contante sequestrato garantisce con preferenza su ogni altro credito il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.

3. Il limite di cui al comma 2 non opera se:

a) l'oggetto del sequestro e' indivisibile;

b) l'autore dei fatti accertati non e' conosciuto;

c) per la natura e l'entita' del denaro contante trasferito o che si tenta di trasferire, il relativo valore in euro non risulta agevolmente determinabile all'atto del sequestro medesimo.4. Nei casi di cui alle lettere b) e c), del comma 3, qualora l'autore dei fatti venga ad essere identificato ovvero quando sia determinato il valore in euro del denaro sequestrato, le somme eccedenti il limite indicato nel comma 2 sono restituite agli aventi diritto.

5. Contro il sequestro gli interessati possono proporre opposizione al Ministero dell'economia e delle finanze entro dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro. Il Ministero dell'economia e delle finanze decide sull'opposizione con ordinanza motivata entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell'opposizione e del relativo atto di contestazione.

6. L'interessato puo' ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze la restituzione del denaro contante sequestrato, previo deposito presso la Tesoreria provinciale dello Stato di una cauzione ovvero previa costituzione di una fideiussione bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari finanziari abilitati al rilascio di garanzie nei confronti della pubblica amministrazione. A garanzia del pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria, la cauzione o la fideiussione devono essere di importo pari all'ammontare massimo della sanzione, comprensivo delle spese.

7. Il denaro contante sequestrato ai sensi del presente articolo affluisce al fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

8. Alla conclusione del procedimento sanzionatorio il denaro contante sequestrato, nella misura in cui non e' servito per il pagamento delle sanzioni applicate, e' restituito agli aventi diritto che ne facciano istanza entro cinque anni dalla data del sequestro.

Art. 7.
Adempimenti oblatori
1. Il soggetto cui e' stata contestata una violazione puo' chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3, e comunque, non inferiore a 200 euro. Il pagamento puo' essere effettuato all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza al momento della contestazione, o al Ministero dell'economia e delle finanze con le modalita' di cui al comma 4, entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di finanza, con eventuale prova dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane.

2. L'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza inviano al Ministero dell'economia e delle finanze, insieme alla copia dell'atto di contestazione, la richiesta di effettuare il pagamento in misura ridotta o, in caso di pagamento contestuale, prova dell'avvenuto versamento.

3. Il pagamento in misura ridotta estingue l'illecito. Nel caso di pagamento contestuale non si procede al sequestro. Qualora il pagamento avvenga nei dieci giorni dalla contestazione, il Ministero dell'economia e delle finanze dispone la restituzione delle somme sequestrate entro dieci giorni dal ricevimento della prova dell'avvenuto pagamento.

4. Le modalita' di versamento delle somme di cui al comma 1 sono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, si applicano le modalita' vigenti.

5. E' precluso il pagamento in misura ridotta qualora:

a) l'importo del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3 superi 250.000 euro;

b) il soggetto cui e' stata contestata la violazione si sia gia' avvalso della stessa facolta' oblatoria, relativa alla violazione di cui all'articolo 3, nei trecentosessantacinque giorni antecedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede.

6. In mancanza dei requisiti richiesti, l'oblazione non e' valida, ancorche' il pagamento sia stato accettato dall'autorita' che ha effettuato la contestazione. Le somme incamerate sono trattenute a titolo di garanzia e in caso di irrogazione della sanzione sono imputate a titolo di sanzione.

Art. 8.
Istruttoria e provvedimento di irrogazione delle sanzioni
1. Chi non si avvale della facolta' prevista dall'articolo 7 puo' presentare scritti difensivi e documenti al Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' chiedere di essere sentito dalla stessa Amministrazione, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'atto di contestazione.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, udito il parere della commissione di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114, determina con decreto motivato la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento.

3. Il decreto di cui al comma 2 e' adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze nel termine perentorio di centottanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 1.4. L'Amministrazione ha facolta' di chiedere valutazioni tecniche di organi od enti appositi, che devono provvedere entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta.

5. In caso di richiesta di audizione, ai sensi del comma 1, o in caso di richiesta di valutazioni tecniche, di cui al comma 4, il termine di cui al comma 3 e' prorogato di sessanta giorni.

6. La mancata emanazione del decreto nel termine indicato al comma 3 comporta l'estinzione dell'obbligazione al pagamento delle somme dovute per le violazioni contestate.

7. Contro il decreto puo' essere proposta opposizione davanti al Tribunale del luogo in cui e' stata commessa la violazione, ai sensi ed entro i termini previsti dall'articolo 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689. Il giudizio e' regolato dall'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

8. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che infligge la sanzione pecuniaria ha efficacia di titolo esecutivo. Si applica l'articolo 18, comma 6, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 9.
Sanzioni
1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino al quaranta per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire, eccedente la soglia di cui all'articolo 3, con un minimo di 300 euro.2. Ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1, si applicano l'articolo 23, commi 1 e 3, l'articolo 23-bis e l'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, in quanto compatibili.

Art. 10.
Relazione annuale
1. La Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e l'Agenzia delle dogane forniscono al Comitato di sicurezza finanziaria, entro il 30 marzo di ogni anno, relazioni analitiche sulle attivita' rispettivamente svolte per prevenire e accertare le violazioni di cui al presente decreto.

2. Le relazioni di cui al comma 1 debbono contenere, quantomeno, il numero delle violazioni dell'articolo 3, il totale degli atti di contestazione di cui all'articolo 4, l'importo del denaro contante sottoposto a sequestro di cui all'articolo 6, la quantita' delle informazioni oggetto dello scambio di cui all'articolo 5, l'ammontare delle oblazioni di cui all'articolo 7.

3. Il Comitato di sicurezza finanziaria utilizza le informazioni di cui ai commi 1 e 2, al fine della predisposizione della relazione al Ministro dell'economia e delle finanze, prevista dall'articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

4. La relazione di cui al comma 3 e' parte integrante della relazione che il Ministro dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Art. 11.
Informazioni per finalita' conoscitive e statistiche
1. La Banca d'Italia compila e pubblica le statistiche della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Italia e contribuisce alla compilazione della bilancia dei pagamenti e della posizione patrimoniale verso l'estero dell'Unione europea e dell'area dell'euro. Per finalita' statistiche riguardanti la compilazione della bilancia dei pagamenti e degli altri indicatori monetari e finanziari per l'analisi economica, gli operatori residenti in Italia, come definiti dal regolamento (CE) n. 2533/1998 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sono tenuti a fornire i dati e le notizie necessari nei termini e con le modalita' per la trasmissione stabiliti dalla Banca d'Italia con proprio provvedimento.

2. Ferme restando le disposizioni contenute in leggi speciali, per le finalita' statistiche di cui al comma 1, la Banca d'Italia puo' chiedere notizie e dati alle banche e agli altri intermediari finanziari relativi alla propria attivita'. I termini e le modalita' per la trasmissione delle informazioni raccolte ai sensi del presente comma sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia.

3. I dati e le notizie di cui ai commi 1 e 2 possono essere acquisiti per le finalita' statistiche di cui al comma 1, anche sulla base di apposite convenzioni, presso amministrazioni, enti e organismi pubblici.

4. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono trattati in conformita' alle disposizioni comunitarie e nazionali in materia di segnalazioni statistiche di bilancia dei pagamenti e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa a tutela dei dati personali. Le informazioni e i dati di cui ai commi 1 e 2 sono coperti dal segreto di ufficio fino a quando non sono pubblicati. Il segreto non puo' essere opposto all'autorita' giudiziaria quando le informazioni richieste sono necessarie per le indagini o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.

5. Per le finalita' statistiche di cui al comma 1 e nel rispetto della normativa a tutela del segreto statistico e delle normative comunitarie e nazionali in materia di protezione dei dati personali, informazioni, dati ed elaborati statistici possono essere forniti dalla Banca d'Italia agli enti del Sistema statistico nazionale, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea e alle Banche centrali nazionali del SEBC, ad altri organismi pubblici nazionali e internazionali, nonche', verso rimborso di eventuali costi sostenuti, ad enti di ricerca e ad altri operatori.

6. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquecento euro a diecimila euro. I criteri per l'applicazione delle sanzioni sono stabiliti con provvedimento della Banca d'Italia. La Banca d'Italia, contestati gli addebiti e valutate le deduzioni presentate dagli interessati entro novanta giorni dalla data della notifica della lettera di contestazione, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, applica le sanzioni con provvedimento motivato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, fatta eccezione per quelle di cui all'articolo 16.

7. Ferme restando le sanzioni applicabili ai sensi di leggi speciali, l'inosservanza della disposizione di cui al comma 2 e' punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro diecimila. Si applica la procedura di cui all'articolo 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

8. Per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 la Banca d'Italia puo' chiedere la collaborazione di altre autorita'.

Art. 12.
Modifiche a disposizioni normative vigenti
1. Il comma 4 dell'articolo 5 della legge 17 gennaio 2000, n. 7, e' sostituito dal seguente: «4. Il limite d'importo previsto dall'articolo 1, comma 2, della presente legge puo' essere modificato dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto.».

2. Nell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125, le parole: «3, comma 1, 5, comma 3, e 5-ter, comma 2,» sono soppresse.

Art. 13.
Norme abrogate
1. Sono abrogati:

a) gli articoli 3, 3-bis, 3-ter, 5, comma 3, e 5-ter del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni;

b) gli articoli 21 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148;

c) l'articolo 4, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322;

d) gli articoli 4 e 6 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 125.

Art. 14.
Norme di coordinamento
1. All'articolo 5, comma 8-bis, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, per: «articolo 3», si intende:«l'articolo 3 del presente decreto» e per: «denaro, titoli e valori mobiliari» si intende: «denaro contante».

2. All'articolo 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, per: «articolo 30», si intende:«l'articolo 7 del presente decreto».

3. Per le violazioni dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni del titolo II del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148.

4. Per le violazioni dell'articolo 3 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, gia' accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 5-ter del medesimo decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni.

Art. 15.
Disposizioni finanziarie
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le Amministrazioni pubbliche provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dalle disposizioni del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 16.
Entrata in vigore ed efficacia delle disposizioni
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.2. Le disposizioni del presente decreto hanno efficacia dal 1° gennaio 2009.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 19 novembre 2008


NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Ronchi, Ministro per le politiche europee

Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze

Frattini, Ministro degli affari esteri

Alfano, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Allegato
...omissis...

mercoledì 17 dicembre 2008

Contratto di trasporto e risarcimento del danno

Giudice di Pace
Sentenza 17.11.08
Giudice di Pace: sul danno esistenziale si seguono le Sezioni Unite
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L’avv. Italo BRUNO,Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli,ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa iscritta al n° 1706/08 R.G. - Affari Contenziosi Civili - avente ad oggetto:Risarcimento danni,
T R A
(Tizia), nata a (…) il (…) ed ivi res.te alla Via (…) n.(…) – c.f. (…) – elett.te dom.ta in (…) alla Via (…) n.(…) presso lo studio dell’avv. (Caio) che la rapp.ta e difende giusta mandato a margine dell’atto di citazione; ATTRICE
E
S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, con sede in (…) alla Via (…) n.(…); CONVENUTA-CONTUMACE
CONCLUSIONI
Per l’attrice: accogliere la domanda; dichiarare l’esclusiva responsabilità della Spa (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, in ordine alla causazione degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia patrimoniali in misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno biologico, morale, esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non inferiore ad € 1.500,00, oltre interessi dalla domanda sino al soddisfo, nonché spese, diritti ed onorari di giudizio con attribuzione al procuratore anticipatario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Tizia), con atto di citazione ritualmente notificato il 21/1/08 alla S.p.A. (Zeta) la conveniva innanzi a questo Giudice affinché fosse dichiarata la sua esclusiva responsabilità in ordine alla causazione degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia patrimoniali nella misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno biologico, morale, esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non inferiore ad € 1.500,00.Nell’atto di citazione assumeva:- che, in data 11/4/07 acquistava regolare titolo di viaggio con la Compagnia Aerea (Zeta), n. AP4401W, per il volo di andata Napoli – Rodi con partenza prevista da Napoli per il giorno 3/8/07, ore 10,30, scalo intermedio all’aeroporto di Atene, ripartenza per Rodi con la Compagnia Aerea (Ypsilon), n.AP1651W, delle ore 14,50 e arrivo a Rodi alle ore 15,50;- che, mentre il viaggio Napoli-Atene si svolgeva regolarmente, con arrivo all’orario previsto, recatasi al Check-in per le operazioni d’imbarco sul volo per Rodi, le veniva negato l’imbarco per mancanza di posti;- che, tale incresciosa situazione le procurava notevolissimi disagi consistenti in: a) mancata assistenza durante l’attesa del volo successivo; b) attesa protrattasi per ben 28 ore; c) acquisto di bene di prima necessità; d) grave forma di psoriasi da stress;- che, a nulla è valsa la richiesta di risarcimento danni avanzata alla Spa (Zeta) a mezzo racc.ta a.r. n.12957607615-6 ricevuta il 13/9/07.Instauratosi il procedimento, risultata contumace la Spa (Zeta), veniva articolata, ammessa ed espletata prova per testi, nonché deferito interrogatorio formale al legale rapp.te della Spa (Zeta) che, non lo rendeva.Sulle rassegnate conclusioni, all’udienza del 3/11/08, la causa veniva assegnata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia della convenuta S.p.A. (Zeta) regolarmente citata e non costituitasi.Le legittimazioni attiva e passiva sono state provate con il deposito di regolare titolo di viaggio.Non vi è dubbio che, nel caso di specie va applicata la normativa di cui alla Convenzione di Montreal.Il 28 giugno 2004 è entrata in vigore in Italia (e nella Comunità Europea) la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 sul trasporto aereo internazionale. Contestualmente è divenuto applicabile il Regolamento (CEE) n.889/2002 del 13 maggio 2002, che ha modificato il Regolamento (CEE) n.2027/1977 sulla responsabilità del vettore aereo nel trasporto di persone e di bagagli.La Convenzione di Montreal si applica ai trasporti internazionali, allorquando il luogo di partenza e quello di arrivo sono situati sul territorio di due Stati contraenti, o sul territorio di un solo Stato contraente se è previsto uno scalo nel territorio di un altro Stato non contraente (art. 1 n.2).L’art. 33 (competenza giurisdizionale) di detta Convenzione stabilisce che: l’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati Parti (criterio per la giurisdizione), o davanti al Tribunale (criterio per la competenza) del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al Tribunale del luogo di destinazione (criterio per la competenza).E’ ius receptum che, all’interno dell’ordinamento giudiziario dello Stato investito di giurisdizione, ex art. 33 Convenzione di Montreal, la distribuzione della competenza tra diversi ordini del potere giudiziario, o ratione materiae e valoris all’interno dello stesso ordine, è rimessa alla legge di tale Paese.E’, quindi, evidente che l’impiego del termine “Tribunale”, nella versione in lingua Francese delle predette fonti, è da intendersi nel senso generale di autorità giudiziaria senza alcuna pretesa di determinazione di una competenza per funzione o materia o valore.La norma in esame attribuisce solo una competenza internazionale, mentre quella interna è completamente rimessa alla lex fori, appunto chiamata a regolare la procedura.Rettamente, quindi, l’istante (residente in Pozzuoli, parte danneggiata e consumatore) ha adito il Giudice di Pace di Pozzuoli, competente per valore e per territorio.Infatti, anche per la competenza territoriale, la regola legislativa è contenuta nel codice del consumo (D.L.vo 6/9/05 n.206), secondo cui si presume la vessatorietà della clausola che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore. Detta regola viene interpretata dalla giurisprudenza nel senso che, nelle controversie tra consumatore e professionista, si è stabilita la competenza territoriale esclusiva ed inderogabile (se non con apposita trattativa individuale) del giudice del luogo del consumatore, a prescindere dell’avvenuta designazione di una determinata sede giudiziaria nel documento negoziale e dall’operatività dei criteri ordinariamente previsti.Nel merito, la domanda è fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione.E’ provato documentalmente, per testimonianza e per non reso interrogatorio formale, che l’attrice nel viaggio di andata Napoli-Rodi subiva un ritardo di ben ventotto ore a causa della mancanza di posti sul volo della Compagnia Aerea (Ypsilon), n.AP1651W, in regime di code sharing con la Compagnia Aerea (Zeta), con partenza da Atene alle ore 14,50 ed arrivo a Rodi alle ore 15,50.E’, altresì, provato che, durante l’attesa per il volo successivo l’attrice non ha avuto una ben che minima assistenza e/o informazione e nessun rimborso, così come previsto e disciplinato dalla normativa Comunitaria:- Regolamento (CE) n. 261/04 dell’11/2/04 entrato in vigore in Italia il 17/2/05, che ha abrogato e sostituito il previgente regolamento (CE) n.295/91, che disciplina, oltre al negato imbarco dipendente da overbooking, anche la cancellazione del volo e il ritardo prolungato.Tale normativa prevede che, nei casi di negato imbarco e di cancellazione del volo, il passeggero ha diritto, cumulativamente:- al rimborso del prezzo del biglietto e, se del caso, al volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, oppure ad un volo alternativo verso la destinazione finale da prendere immediatamente o in una data successiva di suo gradimento, oppure ad un volo verso un aeroporto diverso da quello prenotato e, in tal caso, con il rimborso delle spese di trasferimento dall’aeroporto di arrivo a quello per il quale era stata effettuata la prenotazione;- ad una somma di denaro per il mancato imbarco che, deve qualificarsi come risarcimento determinato forfettariamente;- all’assistenza, consistente in pasti e bevande, sistemazione alberghiera, trasporto per il luogo di sistemazione, due chiamate telefoniche o messaggi via telex o fax o posta elettronica.A tutto ciò non ha ottemperato la Società (Zeta) e, pertanto, la stessa va condannata al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di € 250,00, così come previsto dal combinato disposto degli artt. 4 e 7 del Regolamento CE n.261/04; della somma di € 125,00 per spese sostenute per acquisto di pasti e bevande e di una somma per il risarcimento del danno biologico causato dalla lunga permanenza all’aeroporto di Atene che le ha procurato psoriasi generalizzata acuta (confr. Certificazione medica in atti), con un’invalidità temporanea di giorni 25.Pertanto, assumendo un valore economico di € 42,00/giorno si determina un indennizzo di € 1.200,00, comprensivo dei disagi derivati dall’infermità e delle spese mediche forfetizzate.Per quanto concerne la richiesta di risarcimento danni da “vacanza rovinata”, questo Giudice ritiene che la richiesta non possa essere accolta in tal senso in quanto, nel caso di specie, non si può parlare di “vacanza rovinata” nel ritardo di 28 ore all’arrivo nel luogo dove doveva iniziare la vacanza.Il non aver prestata la dovuta assistenza e/o informazione integra gli estremi dell’inadempimento contrattuale ai sensi della disciplina generale dettata in materia dal Codice Civile, art. 1218 (responsabilità del debitore) ed in particolare dell’art. 949 bis del Cod. nav. (responsabilità del vettore per mancata esecuzione del trasporto): il vettore è responsabile dei danni derivati dalla mancata esecuzione del trasporto del passeggero e del suo bagaglio a meno che non provi che egli stesso e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle. A tale inadempimento consegue la condanna al risarcimento dei danni sofferti secondo i criteri dettati dall’art. 1223 c.c. e, pertanto, a questo Giudice sembra equo liquidare la somma di € 300,00, ex art. 1226 c.c.Per quanto concerne la richiesta di liquidazione del danno morale ed esistenziale, questo Giudice si è già espresso, in merito, in altre sue sentenze nel senso che, il “fatto” accaduto all’attrice rientra nel novero degli “inconvenienti” che possono verificarsi nella normale “vita quotidiana” e che, il risarcimento del danno non può trovare ingresso nel c.d. “danno esistenziale”, così come definito dalla dottrina e dalla giurisprudenza:- danno non patrimoniale, inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona;- la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante per la persona, risarcibile nelle sue conseguenze non patrimoniali- un “non fare”, o meglio un non poter più fare, un dover agire altrimenti, un relazionarsi diversamente;- ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.Il ritardo del volo aereo non può avere comportato all’attrice una “lesione” tale da essere risarcita nel c.d. “danno esistenziale”.Diversamente, ogni “pregiudizio” che dovesse capitare alla persona umana, dovrebbe essere risarcita.Ogni perdita, anche se non incida sulle capacità di produrre reddito (danno patrimoniale), o sull’integrità psico-fisica (danno biologico), o non costituisca patema d’animo (danno morale), diventerebbe pienamente risarcibile.La funzione riparatoria si ha soltanto nei casi in cui si verta in tema di diritti costituzionalmente garantiti o in presenza di beni che ricevano una specifica protezione costituzionale.La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza 11 luglio 2003 n.233 ha così statuito: nell’astratta previsione della norma di cui all’art. 2059 c.c. deve ricomprendersi ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: sia il danno morale soggettivo, inteso come transuente turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia, infine, il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.Con la citata sentenza, la Corte Costituzionale ha inteso dare giustizia ai valori della persona ampliando il concetto del danno non patrimoniale, dando l’imprimatur al c.d. danno esistenziale derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona e, non a qualsiasi lesione di qualsivoglia interesse.Al suddetto insegnamento si sta allineando la recente giurisprudenza della Cassazione che afferma:- il c.d. danno esistenziale non è una figura autonoma diversa dal danno biologico, ma è necessario, in generale, tenere presente le ricadute sulla qualità della vita derivante dal danno biologico (Cass. 20 aprile 2007 n.9514).Già Cass. Sez. III, 31 maggio 2003 n.8827, aveva precisato che «la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto».Quindi, il danno esistenziale, diversamente da quello morale, non ha natura meramente emotiva ed interiore ma dev’essere oggettivamente accertabile ed aver determinato “scelte di vita” diverse da “quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso”, “alterandone l’equilibrio e le abitudini di vita”. In definitiva, il danno esistenziale si riferisce a “sconvolgimenti” delle abitudini di vita e delle relazioni interpersonali provocate da fatto illecito e si traduce in “cambiamenti peggiorativi permanenti, anche se non sempre definitivi” delle stesse.Infine, c’è da rilevare che, il danno esistenziale non è “in re ipsa”. Colui che lamenti un danno esistenziale deve darne prova, a mezzo di documenti, testimonianze, presunzioni. Dal lamentato pregiudizio non deriva automaticamente l’esistenza del danno, ossia questo non è, immancabilmente, ravvisabile a causa della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo (Cassazione, S.U. civili, sentenza 24.03.2006 n° 6572.E, finalmente, è arrivata la sentenza della Cassazione civile , SS.UU., sentenza 11/11/08 n° 26972 che ha dato la parola fine alla disputa sul “danno esistenziale” ed ha confortato l’interpretazione costituzionalmente orientata del danno esistenziale fatta da questo Giudice.Secondo la Cassazione a Sezioni Unite: - Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Non può, dunque, farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità.- Il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno.- Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale.- Nell’ambito della perdita subita e mancate utilità, ex art. 1223 c.c., vanno ricompresi anche i pregiudizi non patrimoniali.- Al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva.- Nel caso di danno da morte immediata (o danno tanatologico), il giudice potrà i correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine.- Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato. Il credito risarcitorio dell’istante (Tizia) ammonta, quindi, ad € 1.875,00 (250,00+125,00+1.200,00+300,00).Detto importo è liquidato all’attualità, comprensivo, cioè, dell’intervenuta svalutazione monetaria e degli interessi sino alla data della presente sentenza (Cass. 24/3/03 n.4242).Dalla data della sentenza sino al soddisfo saranno dovuti gli interessi legali.Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate, d’Ufficio, come in dispositivo, tenendo conto della somma liquidata e della relativa tariffa per scaglione, nonché dell’attività processuale svolta.La sentenza è esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (Tizia) nei confronti della S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
1) accoglie la domanda e, per l’effetto condanna la S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, al pagamento in favore di (Tizia) della somma di € 1.875,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al soddisfo;
2) condanna, altresì, la suddetta convenuta al pagamento delle spese processuali che liquida nella complessiva somma di € 1.550,00, di cui € 50,00 per spese, € 600,00 per diritti ed € 900,00 per onorari, oltre 12,50% ex art. 14 L.P., IVA e CPA se ed in quanto ricorrano i presupposti di legge per tale ripetibilità, oltre successive occorrende;
3) distrae la somma così liquidata per spese processuali a favore del procuratore anticipatario;
4) sentenza esecutiva ex lege.Così decisa in Pozzuoli e depositata in originale il giorno 17 novembre 2008 al n. 3047 del Mod. 16.
IL GIUDICE DI PACE
(Avv. Italo BRUNO)

Contratto di trasporto e risarcimento del danno

Giudice di Pace
Sentenza 17.11.08
Giudice di Pace: sul danno esistenziale si seguono le Sezioni Unite
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L’avv. Italo BRUNO,Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli,ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa iscritta al n° 1706/08 R.G. - Affari Contenziosi Civili - avente ad oggetto:Risarcimento danni,
T R A
(Tizia), nata a (…) il (…) ed ivi res.te alla Via (…) n.(…) – c.f. (…) – elett.te dom.ta in (…) alla Via (…) n.(…) presso lo studio dell’avv. (Caio) che la rapp.ta e difende giusta mandato a margine dell’atto di citazione; ATTRICE
E
S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, con sede in (…) alla Via (…) n.(…); CONVENUTA-CONTUMACE
CONCLUSIONI
Per l’attrice: accogliere la domanda; dichiarare l’esclusiva responsabilità della Spa (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, in ordine alla causazione degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia patrimoniali in misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno biologico, morale, esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non inferiore ad € 1.500,00, oltre interessi dalla domanda sino al soddisfo, nonché spese, diritti ed onorari di giudizio con attribuzione al procuratore anticipatario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Tizia), con atto di citazione ritualmente notificato il 21/1/08 alla S.p.A. (Zeta) la conveniva innanzi a questo Giudice affinché fosse dichiarata la sua esclusiva responsabilità in ordine alla causazione degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia patrimoniali nella misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno biologico, morale, esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non inferiore ad € 1.500,00.Nell’atto di citazione assumeva:- che, in data 11/4/07 acquistava regolare titolo di viaggio con la Compagnia Aerea (Zeta), n. AP4401W, per il volo di andata Napoli – Rodi con partenza prevista da Napoli per il giorno 3/8/07, ore 10,30, scalo intermedio all’aeroporto di Atene, ripartenza per Rodi con la Compagnia Aerea (Ypsilon), n.AP1651W, delle ore 14,50 e arrivo a Rodi alle ore 15,50;- che, mentre il viaggio Napoli-Atene si svolgeva regolarmente, con arrivo all’orario previsto, recatasi al Check-in per le operazioni d’imbarco sul volo per Rodi, le veniva negato l’imbarco per mancanza di posti;- che, tale incresciosa situazione le procurava notevolissimi disagi consistenti in: a) mancata assistenza durante l’attesa del volo successivo; b) attesa protrattasi per ben 28 ore; c) acquisto di bene di prima necessità; d) grave forma di psoriasi da stress;- che, a nulla è valsa la richiesta di risarcimento danni avanzata alla Spa (Zeta) a mezzo racc.ta a.r. n.12957607615-6 ricevuta il 13/9/07.Instauratosi il procedimento, risultata contumace la Spa (Zeta), veniva articolata, ammessa ed espletata prova per testi, nonché deferito interrogatorio formale al legale rapp.te della Spa (Zeta) che, non lo rendeva.Sulle rassegnate conclusioni, all’udienza del 3/11/08, la causa veniva assegnata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia della convenuta S.p.A. (Zeta) regolarmente citata e non costituitasi.Le legittimazioni attiva e passiva sono state provate con il deposito di regolare titolo di viaggio.Non vi è dubbio che, nel caso di specie va applicata la normativa di cui alla Convenzione di Montreal.Il 28 giugno 2004 è entrata in vigore in Italia (e nella Comunità Europea) la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 sul trasporto aereo internazionale. Contestualmente è divenuto applicabile il Regolamento (CEE) n.889/2002 del 13 maggio 2002, che ha modificato il Regolamento (CEE) n.2027/1977 sulla responsabilità del vettore aereo nel trasporto di persone e di bagagli.La Convenzione di Montreal si applica ai trasporti internazionali, allorquando il luogo di partenza e quello di arrivo sono situati sul territorio di due Stati contraenti, o sul territorio di un solo Stato contraente se è previsto uno scalo nel territorio di un altro Stato non contraente (art. 1 n.2).L’art. 33 (competenza giurisdizionale) di detta Convenzione stabilisce che: l’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati Parti (criterio per la giurisdizione), o davanti al Tribunale (criterio per la competenza) del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al Tribunale del luogo di destinazione (criterio per la competenza).E’ ius receptum che, all’interno dell’ordinamento giudiziario dello Stato investito di giurisdizione, ex art. 33 Convenzione di Montreal, la distribuzione della competenza tra diversi ordini del potere giudiziario, o ratione materiae e valoris all’interno dello stesso ordine, è rimessa alla legge di tale Paese.E’, quindi, evidente che l’impiego del termine “Tribunale”, nella versione in lingua Francese delle predette fonti, è da intendersi nel senso generale di autorità giudiziaria senza alcuna pretesa di determinazione di una competenza per funzione o materia o valore.La norma in esame attribuisce solo una competenza internazionale, mentre quella interna è completamente rimessa alla lex fori, appunto chiamata a regolare la procedura.Rettamente, quindi, l’istante (residente in Pozzuoli, parte danneggiata e consumatore) ha adito il Giudice di Pace di Pozzuoli, competente per valore e per territorio.Infatti, anche per la competenza territoriale, la regola legislativa è contenuta nel codice del consumo (D.L.vo 6/9/05 n.206), secondo cui si presume la vessatorietà della clausola che stabilisce come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore. Detta regola viene interpretata dalla giurisprudenza nel senso che, nelle controversie tra consumatore e professionista, si è stabilita la competenza territoriale esclusiva ed inderogabile (se non con apposita trattativa individuale) del giudice del luogo del consumatore, a prescindere dell’avvenuta designazione di una determinata sede giudiziaria nel documento negoziale e dall’operatività dei criteri ordinariamente previsti.Nel merito, la domanda è fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione.E’ provato documentalmente, per testimonianza e per non reso interrogatorio formale, che l’attrice nel viaggio di andata Napoli-Rodi subiva un ritardo di ben ventotto ore a causa della mancanza di posti sul volo della Compagnia Aerea (Ypsilon), n.AP1651W, in regime di code sharing con la Compagnia Aerea (Zeta), con partenza da Atene alle ore 14,50 ed arrivo a Rodi alle ore 15,50.E’, altresì, provato che, durante l’attesa per il volo successivo l’attrice non ha avuto una ben che minima assistenza e/o informazione e nessun rimborso, così come previsto e disciplinato dalla normativa Comunitaria:- Regolamento (CE) n. 261/04 dell’11/2/04 entrato in vigore in Italia il 17/2/05, che ha abrogato e sostituito il previgente regolamento (CE) n.295/91, che disciplina, oltre al negato imbarco dipendente da overbooking, anche la cancellazione del volo e il ritardo prolungato.Tale normativa prevede che, nei casi di negato imbarco e di cancellazione del volo, il passeggero ha diritto, cumulativamente:- al rimborso del prezzo del biglietto e, se del caso, al volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, oppure ad un volo alternativo verso la destinazione finale da prendere immediatamente o in una data successiva di suo gradimento, oppure ad un volo verso un aeroporto diverso da quello prenotato e, in tal caso, con il rimborso delle spese di trasferimento dall’aeroporto di arrivo a quello per il quale era stata effettuata la prenotazione;- ad una somma di denaro per il mancato imbarco che, deve qualificarsi come risarcimento determinato forfettariamente;- all’assistenza, consistente in pasti e bevande, sistemazione alberghiera, trasporto per il luogo di sistemazione, due chiamate telefoniche o messaggi via telex o fax o posta elettronica.A tutto ciò non ha ottemperato la Società (Zeta) e, pertanto, la stessa va condannata al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di € 250,00, così come previsto dal combinato disposto degli artt. 4 e 7 del Regolamento CE n.261/04; della somma di € 125,00 per spese sostenute per acquisto di pasti e bevande e di una somma per il risarcimento del danno biologico causato dalla lunga permanenza all’aeroporto di Atene che le ha procurato psoriasi generalizzata acuta (confr. Certificazione medica in atti), con un’invalidità temporanea di giorni 25.Pertanto, assumendo un valore economico di € 42,00/giorno si determina un indennizzo di € 1.200,00, comprensivo dei disagi derivati dall’infermità e delle spese mediche forfetizzate.Per quanto concerne la richiesta di risarcimento danni da “vacanza rovinata”, questo Giudice ritiene che la richiesta non possa essere accolta in tal senso in quanto, nel caso di specie, non si può parlare di “vacanza rovinata” nel ritardo di 28 ore all’arrivo nel luogo dove doveva iniziare la vacanza.Il non aver prestata la dovuta assistenza e/o informazione integra gli estremi dell’inadempimento contrattuale ai sensi della disciplina generale dettata in materia dal Codice Civile, art. 1218 (responsabilità del debitore) ed in particolare dell’art. 949 bis del Cod. nav. (responsabilità del vettore per mancata esecuzione del trasporto): il vettore è responsabile dei danni derivati dalla mancata esecuzione del trasporto del passeggero e del suo bagaglio a meno che non provi che egli stesso e i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle. A tale inadempimento consegue la condanna al risarcimento dei danni sofferti secondo i criteri dettati dall’art. 1223 c.c. e, pertanto, a questo Giudice sembra equo liquidare la somma di € 300,00, ex art. 1226 c.c.Per quanto concerne la richiesta di liquidazione del danno morale ed esistenziale, questo Giudice si è già espresso, in merito, in altre sue sentenze nel senso che, il “fatto” accaduto all’attrice rientra nel novero degli “inconvenienti” che possono verificarsi nella normale “vita quotidiana” e che, il risarcimento del danno non può trovare ingresso nel c.d. “danno esistenziale”, così come definito dalla dottrina e dalla giurisprudenza:- danno non patrimoniale, inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona;- la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante per la persona, risarcibile nelle sue conseguenze non patrimoniali- un “non fare”, o meglio un non poter più fare, un dover agire altrimenti, un relazionarsi diversamente;- ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.Il ritardo del volo aereo non può avere comportato all’attrice una “lesione” tale da essere risarcita nel c.d. “danno esistenziale”.Diversamente, ogni “pregiudizio” che dovesse capitare alla persona umana, dovrebbe essere risarcita.Ogni perdita, anche se non incida sulle capacità di produrre reddito (danno patrimoniale), o sull’integrità psico-fisica (danno biologico), o non costituisca patema d’animo (danno morale), diventerebbe pienamente risarcibile.La funzione riparatoria si ha soltanto nei casi in cui si verta in tema di diritti costituzionalmente garantiti o in presenza di beni che ricevano una specifica protezione costituzionale.La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza 11 luglio 2003 n.233 ha così statuito: nell’astratta previsione della norma di cui all’art. 2059 c.c. deve ricomprendersi ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: sia il danno morale soggettivo, inteso come transuente turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia, infine, il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona.Con la citata sentenza, la Corte Costituzionale ha inteso dare giustizia ai valori della persona ampliando il concetto del danno non patrimoniale, dando l’imprimatur al c.d. danno esistenziale derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona e, non a qualsiasi lesione di qualsivoglia interesse.Al suddetto insegnamento si sta allineando la recente giurisprudenza della Cassazione che afferma:- il c.d. danno esistenziale non è una figura autonoma diversa dal danno biologico, ma è necessario, in generale, tenere presente le ricadute sulla qualità della vita derivante dal danno biologico (Cass. 20 aprile 2007 n.9514).Già Cass. Sez. III, 31 maggio 2003 n.8827, aveva precisato che «la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando vi sia una lesione dell'integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto».Quindi, il danno esistenziale, diversamente da quello morale, non ha natura meramente emotiva ed interiore ma dev’essere oggettivamente accertabile ed aver determinato “scelte di vita” diverse da “quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso”, “alterandone l’equilibrio e le abitudini di vita”. In definitiva, il danno esistenziale si riferisce a “sconvolgimenti” delle abitudini di vita e delle relazioni interpersonali provocate da fatto illecito e si traduce in “cambiamenti peggiorativi permanenti, anche se non sempre definitivi” delle stesse.Infine, c’è da rilevare che, il danno esistenziale non è “in re ipsa”. Colui che lamenti un danno esistenziale deve darne prova, a mezzo di documenti, testimonianze, presunzioni. Dal lamentato pregiudizio non deriva automaticamente l’esistenza del danno, ossia questo non è, immancabilmente, ravvisabile a causa della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo (Cassazione, S.U. civili, sentenza 24.03.2006 n° 6572.E, finalmente, è arrivata la sentenza della Cassazione civile , SS.UU., sentenza 11/11/08 n° 26972 che ha dato la parola fine alla disputa sul “danno esistenziale” ed ha confortato l’interpretazione costituzionalmente orientata del danno esistenziale fatta da questo Giudice.Secondo la Cassazione a Sezioni Unite: - Il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Non può, dunque, farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata "danno esistenziale", perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità.- Il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell'evento di danno.- Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale.- Nell’ambito della perdita subita e mancate utilità, ex art. 1223 c.c., vanno ricompresi anche i pregiudizi non patrimoniali.- Al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva.- Nel caso di danno da morte immediata (o danno tanatologico), il giudice potrà i correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine.- Il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato. Il credito risarcitorio dell’istante (Tizia) ammonta, quindi, ad € 1.875,00 (250,00+125,00+1.200,00+300,00).Detto importo è liquidato all’attualità, comprensivo, cioè, dell’intervenuta svalutazione monetaria e degli interessi sino alla data della presente sentenza (Cass. 24/3/03 n.4242).Dalla data della sentenza sino al soddisfo saranno dovuti gli interessi legali.Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate, d’Ufficio, come in dispositivo, tenendo conto della somma liquidata e della relativa tariffa per scaglione, nonché dell’attività processuale svolta.La sentenza è esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (Tizia) nei confronti della S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
1) accoglie la domanda e, per l’effetto condanna la S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, al pagamento in favore di (Tizia) della somma di € 1.875,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al soddisfo;
2) condanna, altresì, la suddetta convenuta al pagamento delle spese processuali che liquida nella complessiva somma di € 1.550,00, di cui € 50,00 per spese, € 600,00 per diritti ed € 900,00 per onorari, oltre 12,50% ex art. 14 L.P., IVA e CPA se ed in quanto ricorrano i presupposti di legge per tale ripetibilità, oltre successive occorrende;
3) distrae la somma così liquidata per spese processuali a favore del procuratore anticipatario;
4) sentenza esecutiva ex lege.Così decisa in Pozzuoli e depositata in originale il giorno 17 novembre 2008 al n. 3047 del Mod. 16.
IL GIUDICE DI PACE
(Avv. Italo BRUNO)

Le verifiche fiscali: elementi a base dell'accertamernto analitico-induttivo

rassegna giurisprudenziale del mese di dicembre 2008 (Avv. Azzeccagarbugli)

Il cosiddetto accertamento presuntivo (o analitico-induttivo) trova origine nell’articolo 39 comma 1 lett. d) del Dpr n. 600/1973, che dispone che “per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica ……… se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi alla impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32. L’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. ……………...”
Continuiamo in questo numero della rassegna mensile ad illustrare le ultime sentenze che si sono occupate di questi aspetti dell’accertamento, evidenziando quali possono essere gli elementi che possono legittimare il Fisco alla rettifica del reddito dichiarato.

Rinvenimento di documentazione extracontabile
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale il ritrovamento di scritture contabili informali tenute su documenti non ufficiali quali brogliacci, appunti, annotazioni ovvero il rinvenimento di matrici di assegni, agende o block-notes, costituiscono indizi forniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tali da legittimare l’Amministrazione finanziaria a procedere alla determinazione del maggior reddito imponibile con accertamento induttivo.
(Cassazione, sentenza n. 24206/2008)


I conti dei soci insufficienti a produrre un accertamento per la società

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale i prelevamenti e versamenti su conti correnti intestati al contribuente sono imputabili - in sede di accertamento induttivo e con presunzione ex lege - a maggiori proventi non dichiarati laddove non sia dimostrato che le relative movimentazioni siano già computate nell’ambito della dichiarazione ovvero non riferibili ad operazioni imponibili.
La disciplina dell’accertamento fondato sulle risultanze ed elementi emersi da indagini condotte su rapporti e conti correnti detenuti presso istituti di credito non contempla alcuna presunzione di imputazione di attività fiscalmente rilevante nei confronti del contribuente giusta il rapporto organico o familiare dei titolari dei conti, rapporti o posizioni verificati. Sebbene l’ambito della verifica possa naturalmente essere esteso sino a ricomprendere soggetti terzi - legati al contribuente da particolari vincoli (lavorativi o familiari) tali da ingenerare sospetti secondo la comune esperienza e l’id quod plerumque accidit - tale circostanza non è di per sé stessa sufficiente a superare il dato formale dovendosi dimostrare - con onere da assolversi a carico dell’Amministrazione finanziaria - l’intestazione fittizia e l’utilizzazione in concreto da parte del contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 27186/2008)

Elementi extracontabili decisivi
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la regolare tenuta della contabilità non osta all’adozione dell’accertamento con metodo induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Del pari, il rinvenimento di documenti e dati extracontabili costituisce indizio munito dei caratteri di gravità, precisione e concordanza tali da rendere complessivamente inattendibile la contabilità ufficiale, consentire la rettifica ed invertire l’onere della prova a carico del contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 25101/2008)

No all’accertamento se ci si è avvalsi di un mutuo
Deve ritenersi illegittimo e, pertanto, meritevole di annullamento l’avviso di accertamento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria abbia determinato con metodo sintetico-induttivo un maggior reddito nei confronti del contribuente il quale abbia documentato che i beni ritenuti indici rivelatori di capacità contributiva erano stati acquistati per il tramite di un mutuo e, dunque, non riconducibili ai proventi dell’attività.
(Cassazione, sentenza n. 11389/2008)


Il floppy dell’ex socio elemento indiziario pesante

In tema di IVA, l’uso di elementi acquisiti nell’ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che l’art. 63, comma 1, Dpr n. 633/1972, dispone espressamente che, nell’ambito dei doveri di cooperazione con gli uffici, la Guardia di Finanza trasmette agli uffici stessi tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e che l’art. 54 del citato D.P.R. dispone che gli uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (viene perciò cassata la sentenza di merito che aveva escluso la rilevanza della “contabilità in nero”, tenuta su floppy disk, di un piano bar e reperita presso l’abitazione dell’ex amministratore dell’esercizio).
(Cassazione, sentenza n. 8255/2008)


L’esistenza di contabilità parallela

Il ritrovamento, al di fuori della sede sociale, di una contabilità parallela costituisce indizio grave preciso e concordante nonché circostanza sufficiente a legittimare la rettifica delle dichiarazioni. E’ onere del contribuente fornire la dimostrazione dell’insussistenza di qualsiasi movimento extracontabile riferibile alle operazioni di cui ai documenti rinvenuti in sede di verifica in quanto regolarmente trascritte ovvero mai avvenute.
(Cassazione, sentenza n. 7915/2007)


Il consumo di materie sussidiarie all’attività
In materia tributaria, è sufficiente, quale prova presuntiva, un unico indizio, preciso e grave (ancorché l’art. 2729 del codice civile si esprima al plurale) e la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevolezza e probabilità. Si deve perciò ribadire che il consumo di tovaglioli costituisce sufficiente indizio per l’accertamento del reddito di un ristorante e ciò in quanto è consentito l’utilizzo di “presunzioni di secondo grado”, in cui si deduce da un fatto noto, nella specie, dal numero dei tovaglioli, un primo fatto ignoto, il numero dei coperti e da questo fatto un terzo elemento, il reddito.
(Cassazione, sentenza n. 12438/2007)


La contabilità informale innesca l’accertamento
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale il ritrovamento di scritture contabili informali tenute su documenti non ufficiali quali brogliacci, appunti, annotazioni ovvero il rinvenimento di matrici di assegni, agende o block-notes,
costituiscono indizi forniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tali da legittimare l’Amministrazione finanziaria a procedere alla determinazione del maggior reddito imponibile con accertamento induttivo.
(Cassazione, sentenza n. 7701/2008)


Ancora sulla documentazione extracontabile

Costituisce principio consolidato, che consente il rigetto in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. del ricorso del contribuente, l’affermazione secondo cui, in tema di IVA, alla luce delle previsioni degli artt. 52, comma quarto, e 54, comma secondo, del D.P.R. n. 633 del 1972, la documentazione extracontabile reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità
nella tenuta della contabilità.
(Cassazione, sentenza n. 1400/2008)


Presunzioni sui versamenti bancari
Laddove il contribuente, sul quale grava il relativo onere probatorio, non dimostri l’estraneità alla determinazione del reddito imponibile di movimenti relativi a versamenti e prelevamenti in conto corrente gli importi corrispondenti si considerano componenti del reddito, anche in virtù di relazioni economiche o personali intercorrenti fra il titolare del rapporto di conto corrente ed il soggetto verificato.
(Cassazione, sentenza n. 26836/2008)


L’incidenza dei costi per materie prime
L’accertamento dell’incidenza del costo delle materie prime sull’intero ammontare degli acquisti di un determinato periodo d’imposta può consentire all’Amministrazione finanziaria di utilizzare tale dato anche per differenti periodi d’imposta avuto riguardo all’invarianza della natura dell’attività d’impresa esercitata dal contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 22531/2007)


L’accertamento alla società di famiglia conferitaria di soci con redditi bassi
L’Amministrazione può legittimamente presumere che i soci (che non dispongano di propri rilevanti redditi) di una società a base azionaria ristretta e familiare abbiano proceduto ad un considerevole aumento del capitale sociale mediante il versamento di utili occulti in precedenza percepito dalla società stessa; di conseguenza, può procedere ad accertamento nei confronti della società senza che sia necessaria la preventiva emissione del relativo avviso nei confronti dei singoli soci. Tali elementi, che integrano una presunzione semplice, possono essere disattesi dal giudice di merito solo all’esito di un’adeguata valutazione critica.
(Cassazione, sentenza n. 24531/2007)



Perdite frequenti originano incongruenza
L’Amministrazione finanziaria può ricorrere alla determinazione induttiva del reddito imponibile, anche fuori dai casi previsti dall’art. 39, D.P.R n. 600/1973, laddove sia riscontrabile una grave ed ingiustificabile incongruenza fra i componenti positivi dichiarati e quelli desumibili dall’attività svolta o dagli studi di settore, anche alla luce di una sequenza di esercizi nei quali si registrano come risultati costanti perdite. La circostanza che le scritture contabili siano state regolarmente tenute non costituisce causa ostativa all’accertamento.
(Cassazione, sentenza n. 24436/2008)

Rilevanti anche gli appunti trovati presso i dipendenti
Gli appunti rinvenuti in sede di verifica sono ricondotti nel novero dei documenti riepilogativi e costitutivi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa. È pertanto legittimo l’utilizzo, in qualità di indizio avente caratteri di gravità, precisione e concordanza, al fine di valutare l’attendibilità delle scritture contabili - ai sensi dell’art. 2709 c.c. - che contemplano tutti i documenti che rilevano fatti di gestione. Grava sull’imprenditore assolvere l’onere probatorio circa l’esclusione dei movimenti indicati dal contesto dell’attività esercitata.
(Cassazione, sentenza n. 25104/2008)

Le verifiche fiscali: elementi a base dell'accertamernto analitico-induttivo

rassegna giurisprudenziale del mese di dicembre 2008 (Avv. Azzeccagarbugli)

Il cosiddetto accertamento presuntivo (o analitico-induttivo) trova origine nell’articolo 39 comma 1 lett. d) del Dpr n. 600/1973, che dispone che “per i redditi d’impresa delle persone fisiche l’ufficio procede alla rettifica ……… se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi alla impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32. L’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. ……………...”
Continuiamo in questo numero della rassegna mensile ad illustrare le ultime sentenze che si sono occupate di questi aspetti dell’accertamento, evidenziando quali possono essere gli elementi che possono legittimare il Fisco alla rettifica del reddito dichiarato.

Rinvenimento di documentazione extracontabile
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale il ritrovamento di scritture contabili informali tenute su documenti non ufficiali quali brogliacci, appunti, annotazioni ovvero il rinvenimento di matrici di assegni, agende o block-notes, costituiscono indizi forniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tali da legittimare l’Amministrazione finanziaria a procedere alla determinazione del maggior reddito imponibile con accertamento induttivo.
(Cassazione, sentenza n. 24206/2008)


I conti dei soci insufficienti a produrre un accertamento per la società

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale i prelevamenti e versamenti su conti correnti intestati al contribuente sono imputabili - in sede di accertamento induttivo e con presunzione ex lege - a maggiori proventi non dichiarati laddove non sia dimostrato che le relative movimentazioni siano già computate nell’ambito della dichiarazione ovvero non riferibili ad operazioni imponibili.
La disciplina dell’accertamento fondato sulle risultanze ed elementi emersi da indagini condotte su rapporti e conti correnti detenuti presso istituti di credito non contempla alcuna presunzione di imputazione di attività fiscalmente rilevante nei confronti del contribuente giusta il rapporto organico o familiare dei titolari dei conti, rapporti o posizioni verificati. Sebbene l’ambito della verifica possa naturalmente essere esteso sino a ricomprendere soggetti terzi - legati al contribuente da particolari vincoli (lavorativi o familiari) tali da ingenerare sospetti secondo la comune esperienza e l’id quod plerumque accidit - tale circostanza non è di per sé stessa sufficiente a superare il dato formale dovendosi dimostrare - con onere da assolversi a carico dell’Amministrazione finanziaria - l’intestazione fittizia e l’utilizzazione in concreto da parte del contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 27186/2008)

Elementi extracontabili decisivi
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la regolare tenuta della contabilità non osta all’adozione dell’accertamento con metodo induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Del pari, il rinvenimento di documenti e dati extracontabili costituisce indizio munito dei caratteri di gravità, precisione e concordanza tali da rendere complessivamente inattendibile la contabilità ufficiale, consentire la rettifica ed invertire l’onere della prova a carico del contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 25101/2008)

No all’accertamento se ci si è avvalsi di un mutuo
Deve ritenersi illegittimo e, pertanto, meritevole di annullamento l’avviso di accertamento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria abbia determinato con metodo sintetico-induttivo un maggior reddito nei confronti del contribuente il quale abbia documentato che i beni ritenuti indici rivelatori di capacità contributiva erano stati acquistati per il tramite di un mutuo e, dunque, non riconducibili ai proventi dell’attività.
(Cassazione, sentenza n. 11389/2008)


Il floppy dell’ex socio elemento indiziario pesante

In tema di IVA, l’uso di elementi acquisiti nell’ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola disposizioni che regolano l’accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che l’art. 63, comma 1, Dpr n. 633/1972, dispone espressamente che, nell’ambito dei doveri di cooperazione con gli uffici, la Guardia di Finanza trasmette agli uffici stessi tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e che l’art. 54 del citato D.P.R. dispone che gli uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti (viene perciò cassata la sentenza di merito che aveva escluso la rilevanza della “contabilità in nero”, tenuta su floppy disk, di un piano bar e reperita presso l’abitazione dell’ex amministratore dell’esercizio).
(Cassazione, sentenza n. 8255/2008)


L’esistenza di contabilità parallela

Il ritrovamento, al di fuori della sede sociale, di una contabilità parallela costituisce indizio grave preciso e concordante nonché circostanza sufficiente a legittimare la rettifica delle dichiarazioni. E’ onere del contribuente fornire la dimostrazione dell’insussistenza di qualsiasi movimento extracontabile riferibile alle operazioni di cui ai documenti rinvenuti in sede di verifica in quanto regolarmente trascritte ovvero mai avvenute.
(Cassazione, sentenza n. 7915/2007)


Il consumo di materie sussidiarie all’attività
In materia tributaria, è sufficiente, quale prova presuntiva, un unico indizio, preciso e grave (ancorché l’art. 2729 del codice civile si esprima al plurale) e la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevolezza e probabilità. Si deve perciò ribadire che il consumo di tovaglioli costituisce sufficiente indizio per l’accertamento del reddito di un ristorante e ciò in quanto è consentito l’utilizzo di “presunzioni di secondo grado”, in cui si deduce da un fatto noto, nella specie, dal numero dei tovaglioli, un primo fatto ignoto, il numero dei coperti e da questo fatto un terzo elemento, il reddito.
(Cassazione, sentenza n. 12438/2007)


La contabilità informale innesca l’accertamento
Costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale il ritrovamento di scritture contabili informali tenute su documenti non ufficiali quali brogliacci, appunti, annotazioni ovvero il rinvenimento di matrici di assegni, agende o block-notes,
costituiscono indizi forniti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tali da legittimare l’Amministrazione finanziaria a procedere alla determinazione del maggior reddito imponibile con accertamento induttivo.
(Cassazione, sentenza n. 7701/2008)


Ancora sulla documentazione extracontabile

Costituisce principio consolidato, che consente il rigetto in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. del ricorso del contribuente, l’affermazione secondo cui, in tema di IVA, alla luce delle previsioni degli artt. 52, comma quarto, e 54, comma secondo, del D.P.R. n. 633 del 1972, la documentazione extracontabile reperita presso la sede dell’impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità
nella tenuta della contabilità.
(Cassazione, sentenza n. 1400/2008)


Presunzioni sui versamenti bancari
Laddove il contribuente, sul quale grava il relativo onere probatorio, non dimostri l’estraneità alla determinazione del reddito imponibile di movimenti relativi a versamenti e prelevamenti in conto corrente gli importi corrispondenti si considerano componenti del reddito, anche in virtù di relazioni economiche o personali intercorrenti fra il titolare del rapporto di conto corrente ed il soggetto verificato.
(Cassazione, sentenza n. 26836/2008)


L’incidenza dei costi per materie prime
L’accertamento dell’incidenza del costo delle materie prime sull’intero ammontare degli acquisti di un determinato periodo d’imposta può consentire all’Amministrazione finanziaria di utilizzare tale dato anche per differenti periodi d’imposta avuto riguardo all’invarianza della natura dell’attività d’impresa esercitata dal contribuente.
(Cassazione, sentenza n. 22531/2007)


L’accertamento alla società di famiglia conferitaria di soci con redditi bassi
L’Amministrazione può legittimamente presumere che i soci (che non dispongano di propri rilevanti redditi) di una società a base azionaria ristretta e familiare abbiano proceduto ad un considerevole aumento del capitale sociale mediante il versamento di utili occulti in precedenza percepito dalla società stessa; di conseguenza, può procedere ad accertamento nei confronti della società senza che sia necessaria la preventiva emissione del relativo avviso nei confronti dei singoli soci. Tali elementi, che integrano una presunzione semplice, possono essere disattesi dal giudice di merito solo all’esito di un’adeguata valutazione critica.
(Cassazione, sentenza n. 24531/2007)



Perdite frequenti originano incongruenza
L’Amministrazione finanziaria può ricorrere alla determinazione induttiva del reddito imponibile, anche fuori dai casi previsti dall’art. 39, D.P.R n. 600/1973, laddove sia riscontrabile una grave ed ingiustificabile incongruenza fra i componenti positivi dichiarati e quelli desumibili dall’attività svolta o dagli studi di settore, anche alla luce di una sequenza di esercizi nei quali si registrano come risultati costanti perdite. La circostanza che le scritture contabili siano state regolarmente tenute non costituisce causa ostativa all’accertamento.
(Cassazione, sentenza n. 24436/2008)

Rilevanti anche gli appunti trovati presso i dipendenti
Gli appunti rinvenuti in sede di verifica sono ricondotti nel novero dei documenti riepilogativi e costitutivi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa. È pertanto legittimo l’utilizzo, in qualità di indizio avente caratteri di gravità, precisione e concordanza, al fine di valutare l’attendibilità delle scritture contabili - ai sensi dell’art. 2709 c.c. - che contemplano tutti i documenti che rilevano fatti di gestione. Grava sull’imprenditore assolvere l’onere probatorio circa l’esclusione dei movimenti indicati dal contesto dell’attività esercitata.
(Cassazione, sentenza n. 25104/2008)

...Il decreto flussi ...


Sono ammessi in Italia per l'anno 2008, per motivi di lavoro subordinato non stagionale, i cittadini stranieri non comunitari, entro una quota massima di 150.000 unità.
E' quanto previsto dal Decreto 3 dicembre 2008, firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) in considerazione dell’attuale congiuntura economica e dell’esigenza di dare riscontro in via prioritaria ai bisogni delle famiglie, consentendo in prevalenza gli ingressi per lavoro domestico e di assistenza alla persona.
Il particolare, sono previste le seguenti quote:
per lavoro domestico e altri settori produttivi, 44.600 cittadini di Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria, così suddifivi:
4.500 cittadini albanesi;
1.000 cittadini algerini;
3.000 cittadini del Bangladesh;
8.000 cittadini egiziani;
5.000 cittadini filippini;
1.000 cittadini ghanesi;
4.500 cittadini marocchini;
6.500 cittadini moldavi;
1.500 cittadini nigeriani;
1.000 cittadini pakistani;
1.000 cittadini senegalesi;
100 cittadini somali;
3.500 cittadini dello Sri Lanka;
4.000 cittadini tunisini.
per lavoro domestico o di assistenza alla persona, 105.400 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero provenienti da altri paesi.
(Altalex, 12 dicembre 2008. Si ringrazia
Cesira Cruciani per la segnalazione)
Immigrazione Flussi
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 3 dicembre 2008
Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l’anno 2008 (“Decreto Flussi 2008”).
Il Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, Regolamento recante norme di attuazione del Testo unico sull’immigrazione;
Visto, in particolare, l’articolo 3 del Testo unico sull’immigrazione, che dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d’ingresso individuati nel Documento programmatico triennale relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che prevede che, "in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l’anno precedente";
Considerato che il Documento programmatico triennale non è stato emanato;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 novembre 2007, concernente la Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali nel territorio dello Stato per l’anno 2008;
Considerata l’attuale congiuntura economica e l’esigenza di dare riscontro in via prioritaria ai bisogni delle famiglie, consentendo in prevalenza gli ingressi per lavoro domestico e di assistenza alla persona;Rilevato che alla data del 31 maggio 2008 è stato, inviato agli sportelli unici per l’immigrazione un numero di richieste di concessione di nulla osta al lavoro subordinato non stagionale per cittadini extracomunitari notevolmente superiore alla corrispondente quota massima di ingressi prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007;
Considerato che l’elevato numero di richieste di assunzione inviate agli sportelli unici per l’immigrazione, rimaste non soddisfatte dopo l’esaurimento delle quote relative alla programmazione transitoria per l’anno, 2007, esprime un fabbisogno socialmente rilevante, con particolare riferimento al settore dell’assistenza domiciliare che si ritiene di dover soddisfare;
Ritenuto di dover introdurre, per l’attuazione del presente provvedimento nuovi criteri di selezione rispetto alle richieste di assunzione inviate da persone fisiche di nazionalità non comunitaria, in qualità di datori di lavoro, accogliendo le istanze solo delle persone fisiche che dimostrano maggiore radicamento sul territorio nazionale e che in tal modo possono offrire, come datori di lavoro, le opportune garanzie di stabilità del rapporto di lavoro;
Ritenuta l’urgenza di definire, per le esigenze del mercato del lavoro italiano, la quota di lavoratori extracomunitari non stagionali da ammettere nel territorio dello Stato per l’anno 2008;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 ottobre 2007, con il quale la quota complessiva massima dei lavoratori extracomunitari non stagionali ammessi in Italia per l’anno 2007 è stata determinata in 170.000 unità;
Visto l’articolo 21 del Testo unico sull’immigrazione, circa la previsione di quote riservate a favore di Paesi che collaborano nelle politiche di regolamentazione dei flussi di ingresso e nelle procedure di riammissione;
Decreta:
Art. 1
1. In via di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l’anno 2008, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale, i cittadini stranieri non comunitari, entro una quota massima di 150.000 unità da ripartire tra le regioni e le province autonome a cura del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in base ai dati forniti dal Ministero dell’interno sulle richieste inviate agli sportelli unici per l’immigrazione entro il 31 maggio 2008.
Art. 2
1. Nell’ambito della quota di cui all’articolo 1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale, da riferire al lavoro domestico e altri settori produttivi, 44.600 cittadini di Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria, così ripartiti:
a) 4.500 cittadini albanesi;b) 1.000 cittadini algerini;c) 3.000 cittadini del Bangladesh;d) 8.000 cittadini egiziani;e) 5.000 cittadini filippini;f) 1.000 cittadini ghanesi;g) 4.500 cittadini marocchini;h) 6.500 cittadini moldavi;i) 1.500 cittadini nigeriani;l) 1.000 cittadini pakistani;m) 1.000 cittadini senegalesi;n) 100 cittadini somali;o) 3.500 cittadini dello Sri Lanka;p) 4.000 cittadini tunisini.
Art. 3
1. Nell’ambito della quota di cui all’articolo 1, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale, i cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero provenienti dai paesi non elencati all’articolo 2, entro una quota di 105.400 unità per motivi di lavoro domestico o di assistenza alla persona.
Art 4.
1. La quota complessiva massima di 150,000 unità di cui all’articolo 1, è soddisfatta tramite le domande di nulla-osta al lavoro valide ed ammissibili presentate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 ottobre 2007, risultate in esubero rispetto alla quota complessiva di ingressi autorizzata sulla base dell’articolo 1 dello stesso decreto 30 ottobre 2007.
2. Le domande di cui al precedente comma saranno utilizzate per soddisfare la quota massima di cui all’articolo 1 del presente decreto, sulla base del rispettivo ordine cronologico di presentazione.
3. Nel caso in cui la domanda di nulla-osta al lavoro sia stata presentata da un datore di lavoro non comunitario, persona fisica, è necessario che il richiedente sia in possesso del titolo di soggiorno di cui all’articolo 9 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n.286, o ne abbia presentato richiesta, alla data di pubblicazione del presente decreto.
4. Entro il termine perentorio di venti giorni a decorrere dal 15 dicembre 2008, il datore di lavoro non comunitario deve confermare, a pena di esclusione, il permanere dell’interesse all’assunzione del lavoratore straniero in favore del quale aveva presentato l’istanza di nulla-osta, ai sensi del D.P.C.M. 30 ottobre 2007, nonché il possesso del requisito prescritto di cui al comma 3 del presente articolo. La conferma dovrà essere effettuata attraverso la compilazione di una apposita pagina web resa disponibile sul sito
www.interno.it.
Art. 5
1. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate, le quote stabilite nel presente decreto, ferma restando la quota massima di cui all’articolo 1, possono essere diversamente ripartite, tenendo conto di quanto previsto all’articolo 3; sulla base delle effettive necessità riscontrate nel mercato del lavoro.
Roma, 3 dicembre 2008
Silvio Berlusconi

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...