martedì 15 settembre 2009

Sottotetto , Utilizzabilità da parte di tutti i condomini , Presunzione di proprietà comune

Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764

In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi
Sottotetto , Utilizzabilità da parte di tutti i condomini , Presunzione di proprietà comune

Cass. civ., se. II, 20 luglio 1999, n. 7764

In un edificio di più piani appartenenti a proprietari diversi, l'appartenenza del sottotetto ( non indicato nell'articolo 1117, Codice civile, tra le parti comuni dell'edificio ) si determina in base al titolo ed in mancanza in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. Pertanto, ove trattasi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell'appartamento dell'ultimo piano, esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell'ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi
Proprietario esclusivo del lastrico solare, pagamento delle spese condominiali, divieto di sopredificare

Cass., Sez.. 2 sentenza n. 13328 del 29/11/1999

Il proprietario esclusivo del lastrico solare e' tenuto al pagamento, in proporzione dei relativi millesimi, delle spese condominiali comuni anche nel caso in cui e' vietato sopredificare dalla normativa edilizia applicabile nella zona ove esiste l'edificio, perchè tale divieto - peraltro non immutabile - non fa venir meno il suo diritto di proprietà sul lastrico solare, ne' questo e' utilizzabile soltanto per sopraelevare.

Proprietario esclusivo del lastrico solare, pagamento delle spese condominiali, divieto di sopredificare

Cass., Sez.. 2 sentenza n. 13328 del 29/11/1999

Il proprietario esclusivo del lastrico solare e' tenuto al pagamento, in proporzione dei relativi millesimi, delle spese condominiali comuni anche nel caso in cui e' vietato sopredificare dalla normativa edilizia applicabile nella zona ove esiste l'edificio, perchè tale divieto - peraltro non immutabile - non fa venir meno il suo diritto di proprietà sul lastrico solare, ne' questo e' utilizzabile soltanto per sopraelevare.

Riforma ordinamento professione avvocato. riprende l'iter ....

Riforma forense, riprende l'iter

Data Pubblicazione 15/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

Scade oggi alle 15 il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato

Ritornano i minimi tariffari inderogabili. Ma è braccio di ferro

Riprende l'iter legislativo della riforma forense. E riprende proprio da dove il comitato ristretto della commissione giustizia del senato, che ha elaborato il testo unificato, si era fermato per la pausa estiva: ovvero la presentazione degli emendamenti. I senatori avranno tempo fino alle 15 di oggi per proporre dei correttivi a un disegno di legge partorito non senza difficoltà. Pomo della discordia il ritorno delle tariffe minime inderogabili. E un comitato ristretto fra due fuochi. Da un lato una categoria professionale compatta a chiedere l'annullamento del decreto Bersani del 2006. Dall'altra l'Unione europea che sull'inderogabilità dei compensi aveva nel 2004 avviata una procedura d'infrazione contro l'Italia, poi rientrata per via delle liberalizzazioni volute dall'ex ministro dello sviluppo economico (Pierluigi Bersani, appunto). Una situazione spinosa che ha portato il comitato ristretto, prima di fissare il termine per gli emendamenti (di veda anche ItaliaOggi del 16 luglio), a modificare più volte il testo. Fino a far prevalere le argomentazioni dell'avvocatura. Ma gli emendamenti potrebbero riaprire la partita. Ricapitolando il tira e molla tra professione e senato, il testo inviato dal Consiglio nazionale forense al ministro della giustizia, Angelino Alfano, a marzo scorso, conteneva, all'art. 12, il principio secondo cui «gli onorari minimi e massimi sono sempre vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe» (comma 5). E, al comma 9, l'abrogazione delle disposizioni del decreto Bersani per gli avvocati. Il comitato ristretto della commissione giustizia, guidata da Filippo Berselli, dopo varie riunioni, ha inviato alle anime rappresentative della categoria la bozza di riordino dell'ordinamento forense da sottoporre al vaglio della commissione, con alcune modifiche rispetto al testo del Cnf. Tra queste, la soppressione dell'abrogazione dell'art. 2 del decreto legge n. 223/2006 e la modifica del comma 5 («gli onorari minimi sono, in via di principio, vincolanti»). Formula che non è andata giù al Consiglio nazionale forense e all'Oua, che hanno contestato questa e altre modifiche alla riforma del Cnf. Dunque marcia indietro da parte del comitato ristretto che ha nuovamente inserito il comma 5 sull'inderogabilità dei minimi ma ha cancellato il comma 9 sull'abolizione delle disposizioni del Bersani. Fra le altre novità del testo, importanti modifiche attendono l'accesso alla professione. Per mettere un freno alla crescita numerica di una categoria che ha già superato le 200 mila unità. L'articolato del ddl, infatti, riscrive a 360 gradi l'esercizio della professione partendo proprio dal tirocinio per il quale è previsto un test informatico di ingresso per l'iscrizione all'apposito registro. Tirocinio che resta di 24 mesi ma che prevede la contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive. Ignazio Marino

Riforma ordinamento professione avvocato. riprende l'iter ....

Riforma forense, riprende l'iter

Data Pubblicazione 15/9/2009

Articolo tratto da:
Italia Oggi

Scade oggi alle 15 il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato

Ritornano i minimi tariffari inderogabili. Ma è braccio di ferro

Riprende l'iter legislativo della riforma forense. E riprende proprio da dove il comitato ristretto della commissione giustizia del senato, che ha elaborato il testo unificato, si era fermato per la pausa estiva: ovvero la presentazione degli emendamenti. I senatori avranno tempo fino alle 15 di oggi per proporre dei correttivi a un disegno di legge partorito non senza difficoltà. Pomo della discordia il ritorno delle tariffe minime inderogabili. E un comitato ristretto fra due fuochi. Da un lato una categoria professionale compatta a chiedere l'annullamento del decreto Bersani del 2006. Dall'altra l'Unione europea che sull'inderogabilità dei compensi aveva nel 2004 avviata una procedura d'infrazione contro l'Italia, poi rientrata per via delle liberalizzazioni volute dall'ex ministro dello sviluppo economico (Pierluigi Bersani, appunto). Una situazione spinosa che ha portato il comitato ristretto, prima di fissare il termine per gli emendamenti (di veda anche ItaliaOggi del 16 luglio), a modificare più volte il testo. Fino a far prevalere le argomentazioni dell'avvocatura. Ma gli emendamenti potrebbero riaprire la partita. Ricapitolando il tira e molla tra professione e senato, il testo inviato dal Consiglio nazionale forense al ministro della giustizia, Angelino Alfano, a marzo scorso, conteneva, all'art. 12, il principio secondo cui «gli onorari minimi e massimi sono sempre vincolanti, a pena di nullità, tranne che nelle particolari ipotesi disciplinate dalle tariffe» (comma 5). E, al comma 9, l'abrogazione delle disposizioni del decreto Bersani per gli avvocati. Il comitato ristretto della commissione giustizia, guidata da Filippo Berselli, dopo varie riunioni, ha inviato alle anime rappresentative della categoria la bozza di riordino dell'ordinamento forense da sottoporre al vaglio della commissione, con alcune modifiche rispetto al testo del Cnf. Tra queste, la soppressione dell'abrogazione dell'art. 2 del decreto legge n. 223/2006 e la modifica del comma 5 («gli onorari minimi sono, in via di principio, vincolanti»). Formula che non è andata giù al Consiglio nazionale forense e all'Oua, che hanno contestato questa e altre modifiche alla riforma del Cnf. Dunque marcia indietro da parte del comitato ristretto che ha nuovamente inserito il comma 5 sull'inderogabilità dei minimi ma ha cancellato il comma 9 sull'abolizione delle disposizioni del Bersani. Fra le altre novità del testo, importanti modifiche attendono l'accesso alla professione. Per mettere un freno alla crescita numerica di una categoria che ha già superato le 200 mila unità. L'articolato del ddl, infatti, riscrive a 360 gradi l'esercizio della professione partendo proprio dal tirocinio per il quale è previsto un test informatico di ingresso per l'iscrizione all'apposito registro. Tirocinio che resta di 24 mesi ma che prevede la contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive. Ignazio Marino

domenica 13 settembre 2009

la cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

(16/03/2009)

La cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

Avv. Luigi Modaffari

Il c.d. “Decreto Sicurezza” ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, finalizzata a reprimere e prevenire una forma di favoreggiamento al permanere sul territorio nazionale da parte di immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art.
12 del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”) si è aggiunto ilcomma 5-bis, salvo che il fatto costituisca un piu' grave reato, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita' ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

La finalità della fattispecie

La finalità della figura si ravvisa nella necessità di eliminare quelle condizioni, quei presupposti che possono contribuire ad alimentare la permanenza sul nostro territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Rientrano in tale ipotesi 1) gli extracomunitari clandestini entrati illegalmente o 2) quelli già espulsi 3) il comunitario allontanato dal territorio dello stato o 4)l'immigrato in genere che, a qualunque titolo, abbia fatto i scadere il permesso di soggiorno a tempo determinato.

L'elemento oggettivo

Si punisce specificatamente il dare alloggio e il cedere l'immobile a titolo di proprietà o di locazione. Con il “dare alloggio” ci si riferisce all'ipotesi in cui il “terzo” condivida la propria attuale abitazione con lo straniero irregolare.
Inoltre, si deve precisare che l'autore dell'illecito non necessariamente corrisponde con il
titolare dell'immobile, ma può essere sanzionato anche chi abbia agito in nome e per conto di quest'ultimo, quali per esempio, gli agenti o i mediatori immobiliari.

L'elemento soggettivo e consumazione

La norma richiede che la condotta del reo sia connotata dal dolo specifico, cioè dalla volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile all'irregolare, al fine di trarre un ingiusto profitto. Pertanto, il reo deve trarre un indebito e ingiusto vantaggio dalla condizione di straniero irregolare, imponendo per l'alloggio o per la cessione dell'immobile condizioni onerosissime ed illecitamente sproporzionate rispetto all'effettivo valore economico-commerciale.
Il reato si consuma nel momento in cui il reo ceda, per trarre un ingiusto vantaggio e ad indebitamente onerose condizioni, l'alloggio o il godimento un immobile allo straniero irregolare, in modo tale che questo possa permanere, o comunque continuare a permanere, irregolarmente sul territorio nazionale.

La confisca dell'immobile

Il Legislatore prevede che, nel caso di condanna irrevocabile per la commissione dell'illecito sopra descritto, si deve confiscare l'immobile in cui lo straniero è alloggiato o che a questo è stato ceduto.
Ovviamente,
la confisca non ha luogo nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al fatto. Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l'immobile venga “subaffittato” a terzi, senza il consenso del proprietario. Riguardo all'istituto della confisca, questo viene disposto ed è disciplinato in base alla disposizione vigenti del c.p.p.. E' evidente che prima e strumentalmente alla confisca possa essere disposto il sequestro preventivo dell'immobile ai sensi dell'art. 321, 2 comma, c.p.p.

Un caso ricorrente nella pratica

Il provvedimento della confisca dell'immobile (o meglio del sequestro preventivo), nelle sue prime ipotesi di applicazione, è stato attuato anche quando l'immobile sia stato concesso in locazione ad un extracomunitario con regolare permesso di soggiorno, il quale, però, invece che risiedervi solo (lui stesso o con la sua famiglia), ceda in sub-locazione o dia alloggio ad un canone altissimo, sproporzionato, ad altri stranieri irregolari. Ai fini della confisca, però, deve sussistere il dolo specifico da parte del proprietario e pertanto, nel caso suddetto, l'immobile non può essere confiscato al proprietario in quanto estraneo ai fatti.
Pertanto, a fini cautelativi, è buona cosa trascrivere sui contratti di locazione la seguente frase:
il contratto si considera risolto nel caso in cui il conduttore dia alloggio ad immigrati clandestini commettendo così il reato ai sensi all'art. 12, comma 5-bis del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”).

Avv. AzzeccagarbugliPubblica post


la cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

(16/03/2009)

La cessione dell'alloggio a stranieri irregolari e la confisca dell'immobile

Avv. Luigi Modaffari

Il c.d. “Decreto Sicurezza” ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie di reato, finalizzata a reprimere e prevenire una forma di favoreggiamento al permanere sul territorio nazionale da parte di immigrati irregolari.
Con il suddetto provvedimento normativo, infatti, all'art.
12 del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”) si è aggiunto ilcomma 5-bis, salvo che il fatto costituisca un piu' grave reato, punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque cede a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilita' ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. La condanna con provvedimento irrevocabile comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

La finalità della fattispecie

La finalità della figura si ravvisa nella necessità di eliminare quelle condizioni, quei presupposti che possono contribuire ad alimentare la permanenza sul nostro territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Rientrano in tale ipotesi 1) gli extracomunitari clandestini entrati illegalmente o 2) quelli già espulsi 3) il comunitario allontanato dal territorio dello stato o 4)l'immigrato in genere che, a qualunque titolo, abbia fatto i scadere il permesso di soggiorno a tempo determinato.

L'elemento oggettivo

Si punisce specificatamente il dare alloggio e il cedere l'immobile a titolo di proprietà o di locazione. Con il “dare alloggio” ci si riferisce all'ipotesi in cui il “terzo” condivida la propria attuale abitazione con lo straniero irregolare.
Inoltre, si deve precisare che l'autore dell'illecito non necessariamente corrisponde con il
titolare dell'immobile, ma può essere sanzionato anche chi abbia agito in nome e per conto di quest'ultimo, quali per esempio, gli agenti o i mediatori immobiliari.

L'elemento soggettivo e consumazione

La norma richiede che la condotta del reo sia connotata dal dolo specifico, cioè dalla volontà e consapevolezza di dare alloggio o cedere un immobile all'irregolare, al fine di trarre un ingiusto profitto. Pertanto, il reo deve trarre un indebito e ingiusto vantaggio dalla condizione di straniero irregolare, imponendo per l'alloggio o per la cessione dell'immobile condizioni onerosissime ed illecitamente sproporzionate rispetto all'effettivo valore economico-commerciale.
Il reato si consuma nel momento in cui il reo ceda, per trarre un ingiusto vantaggio e ad indebitamente onerose condizioni, l'alloggio o il godimento un immobile allo straniero irregolare, in modo tale che questo possa permanere, o comunque continuare a permanere, irregolarmente sul territorio nazionale.

La confisca dell'immobile

Il Legislatore prevede che, nel caso di condanna irrevocabile per la commissione dell'illecito sopra descritto, si deve confiscare l'immobile in cui lo straniero è alloggiato o che a questo è stato ceduto.
Ovviamente,
la confisca non ha luogo nel caso in cui l'immobile appartenga a persona estranea al fatto. Tale ipotesi si verifica nel caso in cui l'immobile venga “subaffittato” a terzi, senza il consenso del proprietario. Riguardo all'istituto della confisca, questo viene disposto ed è disciplinato in base alla disposizione vigenti del c.p.p.. E' evidente che prima e strumentalmente alla confisca possa essere disposto il sequestro preventivo dell'immobile ai sensi dell'art. 321, 2 comma, c.p.p.

Un caso ricorrente nella pratica

Il provvedimento della confisca dell'immobile (o meglio del sequestro preventivo), nelle sue prime ipotesi di applicazione, è stato attuato anche quando l'immobile sia stato concesso in locazione ad un extracomunitario con regolare permesso di soggiorno, il quale, però, invece che risiedervi solo (lui stesso o con la sua famiglia), ceda in sub-locazione o dia alloggio ad un canone altissimo, sproporzionato, ad altri stranieri irregolari. Ai fini della confisca, però, deve sussistere il dolo specifico da parte del proprietario e pertanto, nel caso suddetto, l'immobile non può essere confiscato al proprietario in quanto estraneo ai fatti.
Pertanto, a fini cautelativi, è buona cosa trascrivere sui contratti di locazione la seguente frase:
il contratto si considera risolto nel caso in cui il conduttore dia alloggio ad immigrati clandestini commettendo così il reato ai sensi all'art. 12, comma 5-bis del d. lgs. 286 del 1998 (“Testo Unico sull'Immigrazione”).

Avv. AzzeccagarbugliPubblica post


la responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi non ha natura solidale

La responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi non ha natura solidale.

Cass. civ., Sez. un., Sentenza 8 Aprile 2008 , n. 9148

Risolvendo un contrasto di giurisprudenza rispetto alla responsabilità solidale o "pro quota" dei condomini per le obbligazioni contratte dall'amministratore nell'interesse del condominio, le S.U. hanno ritenuto legittimo, facendo propria la tesi minoritaria, il principio della parziarietà, ossia della ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio in proporzione alle rispettive quote. In particolare, la Corte ha sottolineato che: l'obbligazione, ancorché comune, è divisibile trattandosi di somma di denaro; la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e l'art. 1123 c.c. non distingue il profilo esterno da quello interno; l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote.

"Ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l'art. 1123 cit., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità - l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà.
Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote e l'obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie.

2.6 Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici.
Per la verità, la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento."

la responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi non ha natura solidale

La responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi non ha natura solidale.

Cass. civ., Sez. un., Sentenza 8 Aprile 2008 , n. 9148

Risolvendo un contrasto di giurisprudenza rispetto alla responsabilità solidale o "pro quota" dei condomini per le obbligazioni contratte dall'amministratore nell'interesse del condominio, le S.U. hanno ritenuto legittimo, facendo propria la tesi minoritaria, il principio della parziarietà, ossia della ripartizione tra i condomini delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio in proporzione alle rispettive quote. In particolare, la Corte ha sottolineato che: l'obbligazione, ancorché comune, è divisibile trattandosi di somma di denaro; la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e l'art. 1123 c.c. non distingue il profilo esterno da quello interno; l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote.

"Ritenuto che la solidarietà passiva, in linea di principio, esige la sussistenza non soltanto della pluralità dei debitori e della identica causa dell'obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; che in mancanza di quest'ultimo requisito e in difetto di una espressa disposizione di legge, la intrinseca parziarietà della obbligazione prevale; considerato che l'obbligazione ascritta a tutti i condomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di danaro; che la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l'art. 1123 cit., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno; rilevato, infine, che - in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, la cui organizzazione non incide sulla titolarità individuale dei diritti, delle obbligazioni e della relativa responsabilità - l'amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà.
Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto "interesse del condominio", in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Pertanto, le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditali in proporzione alle loro quote e l'obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie.

2.6 Il contratto, stipulato dall'amministratore rappresentante, in nome e nell'interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Per concludere, la soluzione, prescelta secondo i rigorosi principi di diritto che regolano le obbligazioni contrattuali comuni con pluralità di soggetti passivi, appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici.
Per la verità, la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l'amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell'adempimento."

E' valida la delibera che indica i soli condomini contrari o astenuti

(10/09/2009)

L’indicazione dei soli condomini contrari o astenuti non rende nulla la delibera assembleare

Cassazione Civile, Sez. II, sentenza del 10 agosto 2009 n. 18192

In tema di delibere di assemblee condominiali, non è annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga l'elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l'indicazione, nominativa, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gli uni e gli altri sono portatori, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, (quanti e) quali condomini hanno espresso voto favorevole e il valore dell'edificio da essi rappresentato, nonché di verificare che la deliberazione stessa abbia in effetti superato il quorum richiesto dall'art. 1136 cod. civ.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...