04.09.2008
Pregiudiziale amministrativa e giudizio sul silenzio
La regola della pregiudizialità dell'annullamento del provvedimento lesivo opera in vario modo anche nel processo amministrativo avente ad oggetto l'inerzia della pubblica amministrazione e il provvedimento amministrativo sopravvenuto in corso di causa.
Consiglio di Stato Sentenza, Sez. VI, 17/07/2008, n. 3592
Pregiudiziale amministrativa e giudizio sul silenzio
La regola della pregiudizialità dell'annullamento del provvedimento lesivo opera in vario modo anche nel processo amministrativo avente ad oggetto l'inerzia della pubblica amministrazione e il provvedimento amministrativo sopravvenuto in corso di causa.
Consiglio di Stato Sentenza, Sez. VI, 17/07/2008, n. 3592
Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sui rapporti tra azione di annullamento e azione di risarcimento avanti al giudice amministrativo, con specifico riferimento al caso di inerzia della pubblica amministrazione.
L'orientamento maggioritario nella giurisprudenza amministrativa sostiene il principio del necessario previo annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo. La pronuncia sulla domanda risarcitoria è subordinata al previo annullamento del provvedimento impugnato, o all'accertamento della illegittimità del silenzio dell'amministrazione.
Il Consiglio di Stato, in armonia con la pronuncia della Ad. Pl. n. 12/07, ribadisce che, in forza di tale principio, deve escludersi l'accoglibilità davanti al giudice amministrativo, di una domanda risarcitoria che non sia collegata alla domanda demolitoria di un provvedimento, anche silenzioso, dal momento che lart. 7 della legge n. 205 del 2000 qualifica le questioni relative al risarcimento del danno come eventuali e consequenziali a quelle rientranti nell’ambito della sua giurisdizione.
Nella fattispecie oggetto della sentenza in esame, il principio della pregiudiziale amministrativa è ribadito anche nell'ipotesi in cui l'accertamento della illegittimità risulti impedito dalla dichiarazione giudiziale di improcedibilità del ricorso.
In tali casi, infatti, la parte ricorrente propone in primis una domanda che, anche se successivamente è riconosciuta improcedibile, tende all'annullamento del provvedimento illegittimo.
La regola della pregiudiziale è dunque, confermata e non oggetto di eccezione. In particolare, non può essere accolta, secondo il Consiglio di Stato, la tesi che spinge la pregiudizialità fino a farle assumere effetti impeditivi della pronuncia del giudice, al quale, pur nell'ambito della propria giurisdizione, sarebbe preclusa la pronuncia sulla parte risarcitoria laddove riconosca l'improcedibilità della domanda principale per effetto di un provvedimento sopravvenuto in corso di causa.
Tale interpretazione priverebbe di significato la regola della pregiudizialità e la tutela stessa degli interessi dedotti in giudizio, tutte le volte in cui sia in discussione il danno derivante dal silenzio dell’amministrazione.
Il Consiglio di Stato, infine, sottolinea come in tali casi sarebbe sufficiente un provvedimento espresso per determinare, con l’improcedibilità della domanda impugnatoria, l'impossibilità dell'esame di quella risarcitoria.
Inoltre, posto che nel campo degli interessi legittimi non può darsi la tutela del giudice ordinario, neppure con riguardo al risarcimento del danno, un'intera categoria di posizioni soggettive ritenute dal legislatore degne di tutela rimarrebbe sguarnita.
La sentenza in esame esclude però nella fattispecie sottoposta al proprio esame la sussistenza degli estremi per riconoscere il risarcimento del danno, per la mancata dimostrazione e quantificazione dello stesso.
La sentenza di primo grado aveva, infatti, genericamente riconosciuto il risarcimento alla ricorrente in relazione alle perdite economiche subite in conseguenza della illegittimità e più in generale della scorrettezza dell'inerzia mantenuta dall'amministrazione, a prescindere dalla spettanza del bene della vita.
Al riguardo, occorre, infatti, distinguere, se il ricorrente aspiri ad ottenere il risarcimento del mero danno da ritardo, connesso alla violazione dell’obbligo di comportamento imposto all’amministrazione, o il risarcimento per il mancato conseguimento del bene della vita.
Quanto al risarcimento del danno da ritardo, il Consiglio di Stato ribadisce l'orientamento prevalente, imposto già dall'Ad. Pl. n.5/07, secondo cui non è possibile attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione dell’obbligo di comportamento imposto all'amministrazione.
La tutela dell'interesse pretensivo nel nostro ordinamento è infatti subordinata all'accertamento della spettanza del bene della vita, in assenza del quale non risulta risarcibile il mero danno da ritardo.
La sentenza in esame si richiama, inoltre, a quanto statuito dalla IV sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n.248/08.
Tale pronuncia ha, infatti, chiarito che, nel caso in cui residuino in capo all’amministrazione significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, deve escludersi che il giudice possa indagare sulla spettanza del bene della vita, ammettendo il risarcimento solo dopo e a condizione che l'Amministrazione, riesercitato il proprio potere, abbia riconosciuto all’istante il bene stesso: nel qual caso, il danno ristorabile non potrà che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel conseguimento di quel bene.
Nel caso, invece, in cui il ricorrente agisca per il risarcimento per il mancato conseguimento del bene della vita, la sentenza, richiamata dalla odierna pronuncia del Consiglio di Stato, ha chiarito l'impossibilità di risarcire la posizione giuridica del ricorrente che risulti lesa non solo dall'inerzia dell'amministrazione, ma anche dall'adozione di un provvedimento amministrativo di rigetto, che non sia stato tempestivamente impugnato.
La regola della pregiudiziale amministrativa torna, dunque, ad escludere il risarcimento danno in tutti quei casi in cui il ricorrente aspiri ad ottenere il ristoro dei danni subiti per il mancato conseguimento del bene della vita e risulti omessa l'impugnazione del provvedimento sopravvenuto, lesivo della situazione giuridica azionata.
Nella fattispecie oggetto della sentenza, il Consiglio di Stato, nonostante la mancata impugnazione del provvedimento che ha escluso definitivamente l'accoglibilità della domanda della ricorrente, riconosce l'erroneità della sentenza di primo grado per la mancata dimostrazione e quantificazione dell'esistenza di un danno causato dall'inerzia.
Valeria De Carlo, Avvocato in MilanoTratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2008