martedì 9 febbraio 2010

Compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico



(09/02/2010)



Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 25 gennaio 2010, n. 1286



Il decoro architettonico, quale estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, deve essere valutato, ai sensi dell'art. 1120, secondo comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità e non già rispetto all'impatto con l'ambiente circostante. A tal fine, compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico, per cui la sentenza che affermi o neghi l'esistenza di tale alterazione è censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione sul punto
Compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico

(09/02/2010)

Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 25 gennaio 2010, n. 1286

Il decoro architettonico, quale estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, deve essere valutato, ai sensi dell'art. 1120, secondo comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità e non già rispetto all'impatto con l'ambiente circostante. A tal fine, compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico, per cui la sentenza che affermi o neghi l'esistenza di tale alterazione è censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione sul punto
Inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, diritto di superficie acquisito dal comune



(09/02/2010)



T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I Sent., 14/12/2009 n. 2565



Qualora l'opera abusiva consista in un piano (o in una porzione di piano) situato in un edificio composto anche da abitazioni regolari il Comune, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, acquisisce non un diritto di superficie ma la proprietà esclusiva degli appartamenti abusivi e la comproprietà delle parti comuni dell'intero edificio (come definite dall'art. 1117 c.c.).

Se l'edificio era in origine di un solo proprietario, con il provvedimento di acquisizione si forma un condominio. Tra le parti comuni rientra anche il sedime dell'edificio, che quindi viene acquisito pro quota, in proporzione ai millesimi dei piani oggetto del provvedimento di acquisizione. Per quanto riguarda l'area pertinenziale vale lo stesso principio dell'acquisto pro quota.
Inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, diritto di superficie acquisito dal comune

(09/02/2010)

T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I Sent., 14/12/2009 n. 2565

Qualora l'opera abusiva consista in un piano (o in una porzione di piano) situato in un edificio composto anche da abitazioni regolari il Comune, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, acquisisce non un diritto di superficie ma la proprietà esclusiva degli appartamenti abusivi e la comproprietà delle parti comuni dell'intero edificio (come definite dall'art. 1117 c.c.).
Se l'edificio era in origine di un solo proprietario, con il provvedimento di acquisizione si forma un condominio. Tra le parti comuni rientra anche il sedime dell'edificio, che quindi viene acquisito pro quota, in proporzione ai millesimi dei piani oggetto del provvedimento di acquisizione. Per quanto riguarda l'area pertinenziale vale lo stesso principio dell'acquisto pro quota.

giovedì 4 febbraio 2010

Giochi scommesse e diritto comunitario

ORDINANZA N. 2993 UD. 10 NOVEMBRE 2009 - DEPOSITO DEL 25 GENNAIO 2010


LEGGI PENALI SPECIALI (ALTRE) – GIOCO E SCOMMESSE - ATTIVITA' DI RACCOLTA SCOMMESSE SENZA CONCESSIONE ED AUTORIZZAZIONE DELL'A.A.M.S. E SENZA LICENZA DI P.S. -


COMPATIBILITA' DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CON QUELLA COMUNITARIA - QUESTIONE PREGIUDIZIALE - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA U.E. Con la decisione in esame (e con altra, di identico contenuto, recante il n. 2994, assunta alla medesima udienza camerale e depositata in pari data), la Corte, in una fattispecie nella quale era contestata all’indagato la violazione dell’art. 4 della L. n. 401/1989, ha rimesso alla Corte di Giustizia U.E. - ai sensi dell’art. 234, comma terzo, Trattato C.E. - la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale (in particolare, l’art. 38 del d.l. n. 223/2006, c.d. decreto Bersani, conv. con modd. in L. n. 248/2006) con gli artt. 43 e 49 del Trattato C.E., ritenendo che permangano, nonostante i plurimi interventi del giudice comunitario e della giurisprudenza di legittimità sul punto, dubbi interpretativi circa l’estensione delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, essendovi la necessità di chiarire se le predette libertà possano trovare limitazione nell’ordinamento italiano fondato sul rilascio di un numero limitato di concessioni e di successive licenze di P.S.
Testo Completo: Ordinanza n. 2993 del 10 novembre 2009 - depositata il 25 gennaio 2010
(Sezione Terza Penale, Presidente E. Lupo, Relatore L. Marini)






Giochi scommesse e diritto comunitario

ORDINANZA N. 2993 UD. 10 NOVEMBRE 2009 - DEPOSITO DEL 25 GENNAIO 2010

LEGGI PENALI SPECIALI (ALTRE) – GIOCO E SCOMMESSE - ATTIVITA' DI RACCOLTA SCOMMESSE SENZA CONCESSIONE ED AUTORIZZAZIONE DELL'A.A.M.S. E SENZA LICENZA DI P.S. -

COMPATIBILITA' DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CON QUELLA COMUNITARIA - QUESTIONE PREGIUDIZIALE - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA U.E. Con la decisione in esame (e con altra, di identico contenuto, recante il n. 2994, assunta alla medesima udienza camerale e depositata in pari data), la Corte, in una fattispecie nella quale era contestata all’indagato la violazione dell’art. 4 della L. n. 401/1989, ha rimesso alla Corte di Giustizia U.E. - ai sensi dell’art. 234, comma terzo, Trattato C.E. - la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale (in particolare, l’art. 38 del d.l. n. 223/2006, c.d. decreto Bersani, conv. con modd. in L. n. 248/2006) con gli artt. 43 e 49 del Trattato C.E., ritenendo che permangano, nonostante i plurimi interventi del giudice comunitario e della giurisprudenza di legittimità sul punto, dubbi interpretativi circa l’estensione delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, essendovi la necessità di chiarire se le predette libertà possano trovare limitazione nell’ordinamento italiano fondato sul rilascio di un numero limitato di concessioni e di successive licenze di P.S.
Testo Completo: Ordinanza n. 2993 del 10 novembre 2009 - depositata il 25 gennaio 2010
(Sezione Terza Penale, Presidente E. Lupo, Relatore L. Marini)



Infrazioni al Codice della Strada: Percezioni sensoriali errate dei verbalizzanti.

Cassazione sez II civile del 4.12.2009 n. 25676


Circolazione stradale,contravvenzioni,querela di falso, testimonianza, percezioni sensoriali


Commento alla fonte:


"secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto)."
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 12.3.2004 l'avvocato C.G. proponeva opposizione presso il Giudice di Pace di Palermo avverso il verbale della Polizia Municipale di Palermo del 16.10.2003 con il quale gli era stata applicata una sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 41 - 141 e 146 C.d.S.; il ricorrente assumeva di non aver commesso l'infrazione contestata, perchè nel giorno e nell'ora indicati nel suddetto verbale egli si trovava con il proprio veicolo Piaggio tg. **** in tutt'altro luogo.
Il Giudice di Pace adito con sentenza del 17.12.2004 ha rigettato il ricorso.
Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso affidato a due motivi; il Comune di Palermo non ha svolto attività difensiva in questa sede; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè insufficiente motivazione, sostiene che la sentenza impugnata non ha avvertito la differenza tra l'assunto di colui che, contestando il verbale, afferma che i verbalizzanti hanno coscientemente alterato il numero di targa del veicolo con il quale è stata commessa l'infrazione al Codice della Strada, e di colui che invece rileva, come aveva fatto l'esponente, che nella lettura della targa del veicolo i verbalizzanti erano caduti in errore; il C. aggiunge che, poichè la nozione di falso comporta necessariamente il dolo, una querela di falso non è per nulla necessaria qualora si deduca semplicemente che l'infrazione contestata è frutto di un errore nella lettura della targa del veicolo.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo contraddittorietà e difetto di motivazione, afferma che il Giudice di Pace adito non ha ritenuto di desumere nessun argomento a favore dell'esponente dall'atteggiamento totalmente passivo e negativo del Comune di Palermo, che si è astenuto dal depositare in cancelleria il rapporto di servizio con gli atti relativi all'accertamento dai quali, se presentati, sarebbero emersi elementi sufficienti per valutare la deposizione del teste F., deposizione del tutto ignorata dal giudicante nonostante l'avvenuta ammissione della relativa prova.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono fondate.
La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la mancata contestazione immediata della infrazione per cui è causa comportava una attenuazione del valore probatorio dell'atto di accertamento, ha rilevato che peraltro l'opposizione proposta dal C. non era basata su una critica ai meccanismi di rilevazione, ma "sull'errore netto del verbalizzante nella lettura della targa"; in proposito ha peraltro affermato che le dichiarazioni di un pubblico ufficiale contenute in un verbale fanno piena prova fino a querela di falso, confermando così la legittimità formale e sostanziale dell'accertamento e del provvedimento sanzionatorio, Tale convincimento non può essere condiviso.
Se invero il C. con l'opposizione proposta aveva contestato un errore di fatto da parte del verbalizzante in ordine al numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione, come ritenuto dal Giudice di Pace adito, il riferimento di quest'ultimo all'efficacia probatoria privilegiata del verbale sopra richiamato della Polizia Municipale di Palermo è erroneo, considerato che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto).
Del resto la stessa sentenza impugnata ha aderito almeno implicitamente a tale indirizzo, avendo infatti ammesso la prova testimoniale dedotta dall'opponente ed avendo quindi acquisito la deposizione del teste F.G. che aveva affermato, secondo quanto dalla stesso giudicante riferito, che nel giorno e nell'ora indicati nel verbale dei Vigili Urbani l'avvocato C. si trovava nel proprio studio legale; nondimeno il Giudice di Pace adito, pur avendo ritenuto ammissibile provare l'errore di fatto da parte dei verbalizzanti circa il rilevamento del numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione contestata, ha contraddittoriamente omesso ogni valutazione sulla prova espletata e sulla sua idoneità a concorrere alla formazione del suo convincimento in ordine all'accertamento di una circostanza decisiva della controversia, ovvero l'esatta identificazione del veicolo oggetto dell'infrazione rilevata dalla Polizia Municipale di Palermo.
Pertanto il ricorso merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce delle considerazioni sopra espresse ad altro Giudice di Pace di Palermo che provvederà anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altro Giudice di Pace di Palermo.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2009.


Infrazioni al Codice della Strada: Percezioni sensoriali errate dei verbalizzanti.

Cassazione sez II civile del 4.12.2009 n. 25676

Circolazione stradale,contravvenzioni,querela di falso, testimonianza, percezioni sensoriali

Commento alla fonte:

"secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto)."
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 12.3.2004 l'avvocato C.G. proponeva opposizione presso il Giudice di Pace di Palermo avverso il verbale della Polizia Municipale di Palermo del 16.10.2003 con il quale gli era stata applicata una sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 41 - 141 e 146 C.d.S.; il ricorrente assumeva di non aver commesso l'infrazione contestata, perchè nel giorno e nell'ora indicati nel suddetto verbale egli si trovava con il proprio veicolo Piaggio tg. **** in tutt'altro luogo.
Il Giudice di Pace adito con sentenza del 17.12.2004 ha rigettato il ricorso.
Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso affidato a due motivi; il Comune di Palermo non ha svolto attività difensiva in questa sede; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè insufficiente motivazione, sostiene che la sentenza impugnata non ha avvertito la differenza tra l'assunto di colui che, contestando il verbale, afferma che i verbalizzanti hanno coscientemente alterato il numero di targa del veicolo con il quale è stata commessa l'infrazione al Codice della Strada, e di colui che invece rileva, come aveva fatto l'esponente, che nella lettura della targa del veicolo i verbalizzanti erano caduti in errore; il C. aggiunge che, poichè la nozione di falso comporta necessariamente il dolo, una querela di falso non è per nulla necessaria qualora si deduca semplicemente che l'infrazione contestata è frutto di un errore nella lettura della targa del veicolo.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo contraddittorietà e difetto di motivazione, afferma che il Giudice di Pace adito non ha ritenuto di desumere nessun argomento a favore dell'esponente dall'atteggiamento totalmente passivo e negativo del Comune di Palermo, che si è astenuto dal depositare in cancelleria il rapporto di servizio con gli atti relativi all'accertamento dai quali, se presentati, sarebbero emersi elementi sufficienti per valutare la deposizione del teste F., deposizione del tutto ignorata dal giudicante nonostante l'avvenuta ammissione della relativa prova.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono fondate.
La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la mancata contestazione immediata della infrazione per cui è causa comportava una attenuazione del valore probatorio dell'atto di accertamento, ha rilevato che peraltro l'opposizione proposta dal C. non era basata su una critica ai meccanismi di rilevazione, ma "sull'errore netto del verbalizzante nella lettura della targa"; in proposito ha peraltro affermato che le dichiarazioni di un pubblico ufficiale contenute in un verbale fanno piena prova fino a querela di falso, confermando così la legittimità formale e sostanziale dell'accertamento e del provvedimento sanzionatorio, Tale convincimento non può essere condiviso.
Se invero il C. con l'opposizione proposta aveva contestato un errore di fatto da parte del verbalizzante in ordine al numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione, come ritenuto dal Giudice di Pace adito, il riferimento di quest'ultimo all'efficacia probatoria privilegiata del verbale sopra richiamato della Polizia Municipale di Palermo è erroneo, considerato che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto).
Del resto la stessa sentenza impugnata ha aderito almeno implicitamente a tale indirizzo, avendo infatti ammesso la prova testimoniale dedotta dall'opponente ed avendo quindi acquisito la deposizione del teste F.G. che aveva affermato, secondo quanto dalla stesso giudicante riferito, che nel giorno e nell'ora indicati nel verbale dei Vigili Urbani l'avvocato C. si trovava nel proprio studio legale; nondimeno il Giudice di Pace adito, pur avendo ritenuto ammissibile provare l'errore di fatto da parte dei verbalizzanti circa il rilevamento del numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione contestata, ha contraddittoriamente omesso ogni valutazione sulla prova espletata e sulla sua idoneità a concorrere alla formazione del suo convincimento in ordine all'accertamento di una circostanza decisiva della controversia, ovvero l'esatta identificazione del veicolo oggetto dell'infrazione rilevata dalla Polizia Municipale di Palermo.
Pertanto il ricorso merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce delle considerazioni sopra espresse ad altro Giudice di Pace di Palermo che provvederà anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altro Giudice di Pace di Palermo.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2009.

Risarcimento del danno da fermo tecnico del veicolo

Cassazione III civile n. 1688 del 27-01-2010


Assicurativo,risarcimento,preventivi,fattura,riparazioni,iva, fermo tecnico


" il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740)."




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14069/2005 proposto da:
*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ***** giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente -


contro


***** ASSIC. SPA, ***** SRL; - intimati -


avverso la sentenza n. 637/2005 del TRIBUNALE di TARANTO, 3^ SEZIONE CIVILE, emessa il 24/10/2004, depositata il 10/02/2005, R.G.N. 2013/1998;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r..
Svolgimento del processo
Ottenuta dal pretore di Taranto la condanna della ditta ***** e della ***** Ass.ni s.p.a. al risarcimento del danno, il ***** propose appello per il mancato riconoscimento, da parte del primo giudice, dell'anticipazione dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sul veicolo, nonchè del danno da "fermo tecnico".
Il Tribunale di Manduria respinse l'impugnazione sul presupposto della mancata prova sia in ordine all'avvenuta riparazione del veicolo, sia in ordine al suo mancato utilizzo.
Il ***** propone ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi.
Non si difendono gli intimati.
Motivi della decisione


I primi due motivi - attraverso i quali il ricorrente lamenta la mancata condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sulla vettura, nonchè la mancata liquidazione del danno da fermo tecnico - sono fondati.
Occorre, infatti, ribadire il consolidato principio giurisprudenziale, di ordine generale, in ragione del quale il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740).
Più in particolare ed in applicazione di questo stesso principio, è stato affermato che, poichè il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e conseguenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata - perchè l'autoriparatore, per legge (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18), deve addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10023).
Con riferimento poi al cosiddetto danno da fermo tecnico subito dal proprietario dell'autovettura danneggiata a causa della impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione, è stato affermato che è possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso effettivo a cui esso era destinato. L'autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetta a un naturale deprezzamento di valore, del veicolo (Cass. 9 novembre 2006, n. 23916).
La sentenza, che non s'è adeguata agli enunciati principi, deve essere, dunque, cassata sul punto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., può emettere la decisione nel merito, come da dispositivo.
Resta assorbito il terzo motivo di ricorso che concerne le spese di causa, dovendosi in questa sede provvedere sulle spese dell'intero processo.
Sussistono i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero processo.


P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata nel punto in cui ha respinto la domanda di condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni e del danno da c.d. "fermo tecnico" e condanna i convenuti in solido al pagamento in favore dell'attore degli importi per tali voci, così come indicati nella CTU, oltre interessi e rivalutazione alla data della presente sentenza. Compensa interamente tra le parti le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

Risarcimento del danno da fermo tecnico del veicolo

Cassazione III civile n. 1688 del 27-01-2010

Assicurativo,risarcimento,preventivi,fattura,riparazioni,iva, fermo tecnico

" il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740)."


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14069/2005 proposto da:
*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ***** giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente -

contro

***** ASSIC. SPA, ***** SRL; - intimati -

avverso la sentenza n. 637/2005 del TRIBUNALE di TARANTO, 3^ SEZIONE CIVILE, emessa il 24/10/2004, depositata il 10/02/2005, R.G.N. 2013/1998;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r..
Svolgimento del processo
Ottenuta dal pretore di Taranto la condanna della ditta ***** e della ***** Ass.ni s.p.a. al risarcimento del danno, il ***** propose appello per il mancato riconoscimento, da parte del primo giudice, dell'anticipazione dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sul veicolo, nonchè del danno da "fermo tecnico".
Il Tribunale di Manduria respinse l'impugnazione sul presupposto della mancata prova sia in ordine all'avvenuta riparazione del veicolo, sia in ordine al suo mancato utilizzo.
Il ***** propone ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi.
Non si difendono gli intimati.
Motivi della decisione

I primi due motivi - attraverso i quali il ricorrente lamenta la mancata condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sulla vettura, nonchè la mancata liquidazione del danno da fermo tecnico - sono fondati.
Occorre, infatti, ribadire il consolidato principio giurisprudenziale, di ordine generale, in ragione del quale il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740).
Più in particolare ed in applicazione di questo stesso principio, è stato affermato che, poichè il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e conseguenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata - perchè l'autoriparatore, per legge (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18), deve addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10023).
Con riferimento poi al cosiddetto danno da fermo tecnico subito dal proprietario dell'autovettura danneggiata a causa della impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione, è stato affermato che è possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso effettivo a cui esso era destinato. L'autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetta a un naturale deprezzamento di valore, del veicolo (Cass. 9 novembre 2006, n. 23916).
La sentenza, che non s'è adeguata agli enunciati principi, deve essere, dunque, cassata sul punto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., può emettere la decisione nel merito, come da dispositivo.
Resta assorbito il terzo motivo di ricorso che concerne le spese di causa, dovendosi in questa sede provvedere sulle spese dell'intero processo.
Sussistono i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero processo.

P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata nel punto in cui ha respinto la domanda di condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni e del danno da c.d. "fermo tecnico" e condanna i convenuti in solido al pagamento in favore dell'attore degli importi per tali voci, così come indicati nella CTU, oltre interessi e rivalutazione alla data della presente sentenza. Compensa interamente tra le parti le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

lunedì 25 gennaio 2010

Semaforo Rosso: 384 cds quando non serve la contestazione immediata

Cassazione civile sez II, 17 novembre 2009, n. 24248 - (1107)























Semaforo rosso,incrocio,circolazione stradale,contestazione immediata





fonte:











" l'art. 384 reg. C.d.S., lett. b) contempla non qualsiasi ipotesi di mancato rispetto del segnale costituito dalla luce rossa di un semaforo, bensì soltanto quella dell'attraversamento di un incrocio in presenza di detto segnale, onde la relativa causa tipica di esclusione dell'obbligo della contestazione immediata non ricorre in tutte le altre ipotesi"











SVOLGIMENTO DEL PROCESSO



che con la sentenza indicata in epigrafe è stata respinta l'opposizione del sig. P.V. a verbale di contestazione della violazione dell'art. 146 C.d.S., comma 3, elevato nei suoi confronti dalla Polizia Municipale di Pontassieve perchè il veicolo "proseguiva la marcia nonostante il divieto imposto dalla segnalazione del semaforo che proiettava luce rossa";



che, in particolare, il Giudice di pace ha affermato che non era nella specie necessaria la contestazione immediata dell'illecito, ricorrendo l'ipotesi di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante luce rossa, di cui all'art. 384 reg. esec. C.d.S., lett. b);



che il soccombente ha dunque proposto ricorso per cassazione articolando un solo motivo di censura, cui resiste con controricorso il Comune intimato. Motivi della decisione che il ricorrente, premesso che nella specie il semaforo non era posto a presidio di alcun incrocio, essendo la strada ove era stato accertato l'illecito priva di intersezioni, denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 384 reg. C.d.S. e degli artt. 210 e 146 C.d.S., osservando che l'art. 384 reg. C.d.S. cit., lett. b) prevede, come ipotesi tipica di esclusione dell'obbligo della contestazione immediata, soltanto quella dell'attraversamento "di un incrocio" con il semaforo indicante la luce rossa;



che il motivo è manifestamente fondato, atteso che, come giustamente osservato dal ricorrente, l'art. 384 reg. C.d.S., lett. b) contempla non qualsiasi ipotesi di mancato rispetto del segnale costituito dalla luce rossa di un semaforo, bensì soltanto quella dell'attraversamento di un incrocio in presenza di detto segnale, onde la relativa causa tipica di esclusione dell'obbligo della contestazione immediata non ricorre in tutte le altre ipotesi,;



che a tale principio di diritto, invece, il giudice di pace non si è attenuto, avendo ritenuto sussistente l'ipotesi di cui all'art. 384 reg. C.d.S. cit., lett. b) senza aver previamente accertato se l'illecito fosse stato commesso ad un incrocio; che la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e provvederà, altresì, sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.



La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Pontassieve in persona di altro giudicante.



Così deciso in Roma, il 20 maggio 2009.



Depositata in Cancelleria il 17 novembre 09.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...