domenica 17 maggio 2009

Ecco una bella causa per motivi di principio contro Poste Italiane S.P.A.!!!


Notificazione a mezzo posta – CAN - restituzione somma
www.iussit.eu



Giudice di Pace di Maddaloni, sentenza del 22 febbraio 2009


NOTIFICAZIONE A MEZZO POSTA A SOCIETA’, ED ENTI PUBBLICI:
NON NECESSITA’ CAN (comunicazione di avvenuta notifica) – RESTITUZIONE SOMME PAGATE

Atti indirizzati a enti collettivi, consegnati dall’ufficiale postale nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari

[Giudice Pace di Maddaloni, Dr. Alfonso di Nuzzo, sentenza del 22.02.09]

Nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, (secondo certi orientamenti) avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto l’atto notificato all’attenzione del destinatario.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma, per il GdP di Maddaloni, si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto



Nella Sentenza
>> … “La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.”

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice di Pace dott. Tiziox di Nuzzo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n° 995/08 di R.G. trattenuta in decisione il 7 gennaio 2009, avente ad oggetto “ restituzione somme “, vertente
TRA
Tiziox, attore, avvocato e procuratore di se medesimo, elettivamente domicilia in … ,
CONTRO
Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura in margine alla comparsa costitutiva, dall’avv. …, col quale elettivamente domicilia in ….
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All’udienza conclusionale le parti si riportavano ai rispettivi scritti difensivi, a tutte le deduzioni di udienza e alla documentazione prodotta in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’atto di citazione ritualmente notificato, deduce l’attore d’aver notificato, per il tramite del servizio postale fornito da Poste Italiane S.p.A., tre atti indirizzati a enti collettivi che dall’ufficiale postale erano consegnati nelle mani degli addetti alla ricezione degli enti destinatari. Poiché l’ente convenuto, deduce altresì l’attore, ha ritenuto che agli atti consegnati nelle mani di persone diverse dai destinatari dovessero esser seguiti dalla comunicazione al legale rappresentante dell’ente (comunicazione di avvenuta notifica, in acronimo C.A.N.), ha addebitato al mittente, odierno attore, la somma di € 2,80 per ogni singola CAN e , in totale, la somma di € 8,40 che l’attore vanta in restituzione ritenuta falsamente applicata dal Poste Italiane S.p.A. la norma dell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 248.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata nell’udienza di comparizione, si è costituito in giudizio il legale rappresentante pro tempore di Poste Italiane S.p.A. a sua volta deducendo l’infondatezza dell’avversa tesi, secondo la quale la CAN andrebbe effettuata solo alle persone fisiche e non anche alle persone giuridiche. Insiste perciò per il rigetto della domanda con tutte le conseguenze di legge.
Incardinato il giudizio, soltanto l’attore è comparso all’udienza di scadenza del 28 novembre 2008 riportandosi alle proprie ragioni chiedendo rinvio per conclusioni e discussione.
La natura squisitamente documentale della vertenza ha determinato il giudice a raccogliere l’istanza e, difatti, nell’udienza del 7 gennaio 2009 sulle conclusioni dell’attore e previa discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve darsi atto all’attore d’aver depositato nell’ultima udienza note scritte di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In limine litis.
Non è stato possibile, per l’indisponibilità delle parti in causa, conseguire la conciliazione della lite.
Nel merito.
I) La legge n. 31 del 28 febbraio del 2008, di conversione del decreto legge n. 248 del 31 dicembre 2007, ha modificato l’art. 7 della legge 890/82 recante disposizioni circa la “notificazione di atti a mezzo del servizio postale e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”; l’art. 36 comma 2-quater della citata legge, infatti, ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 7 della legge 890/82 che prevede:”Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale da' notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata”.
La previsione solo apparentemente riproduce la disciplina prevista dall’art. 139 C.P.C.; se ne discosta laddove prevede la comunicazione dell’avvenuta notifica se l’atto non è consegnato personalmente al destinatario ma, al terzo comma, al portiere o al vicino e in questo caso fa onere all’ufficiale giudiziario incaricato della notifica di indirizzare alla persona del destinatario l’avviso dell’avvenuta notificazione.
Ora, sia nell’ipotesi di notifica ex art 139 C.P.C. che a mezzo del servizio postale ex novellato art. 7 della legge 890/81, è la consegna il momento perfezionativo della notifica. La giurisprudenza di legittimità, a proposito della mancata spedizione dell’avviso da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 139, comma 4°, C.P.C., ha chiarito che tale omissione è mera irregolarità formale di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 C.P.C. (Cass. 4 aprile 2006 n. 7816, Cass. 3 marzo 1983 n. 1581); di recente, la sezione tributaria dell’Alta Corte ha ritenuto la notificazione effettuata al portiere dello stabile del destinatario nulla qualora l'ufficiale giudiziario si limiti a dare atto dell'assenza del destinatario senza certificare l'avvenuta ricerca delle ulteriori persone abilitate a ricevere il plico. Al contrario, l'atto si deve considerare comunque valido quando le parole usate dall'incaricato alla notifica lascino intendere il mancato rinvenimento nel luogo della notifica di ogni altra persona abilitata a ricevere l'atto in luogo del destinatario (Cass. sez. tributaria, sentenza 18 febbraio 2009 n. 3828).
Rimane da chiedersi, tuttavia, se il principio di diritto può essere esteso anche all’ipotesi di mancata spedizione dell’avviso da parte dell’agente postale prevista dal novellato art. 7, comma 6, della legge 890/82.
Considerazione che comporta la risposta a una domanda: qual è la ratio legis che ha determinato il legislatore del 2008 a una disciplina severa al punto da richiedere la spedizione dell’avviso in tutte le ipotesi in cui il piego non è consegnato nelle mani del destinatario?
Sicuramente, com’è stato osservato (F. Miele, www.iussit.eu, 8 aprile 2008), la necessità di ridurre il confine tra conoscenza effettiva e conoscenza formale, prevedendo garanzie di maggiore certezza di conoscenza effettiva dell’atto o, quanto meno, di conoscibilità dello stesso da parte del destinatario; ma anche un’altra lettura è lecita se la norma è interpretata sistematicamente e logicamente con riferimento diretto al suo scopo, ovvero al risultato che il legislatore aveva in mente quando ha creato la norma.
In buona sostanza, la questione posta dall’attore attiene all’interpretazione delle parole “destinatario dell’atto” contenute nell’art. 36, comma 2-quater, della legge 28 febbraio 2008 n. 31, che modificando l’art. 7 della legge 890/82, a decorrere dal 1o marzo 2008, è precisamente il seguente: “L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.
Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni.
In mancanza delle persone suindicate, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.
L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo.
Qualora il consegnatario non sappia firmare o ne sia impossibilitato, l'agente postale fa menzione di tale circostanza sia sul registro di consegna sia sull'avviso di ricevimento, apponendovi la data e la propria sottoscrizione.
Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata".
Appare piuttosto evidente che nella stessa norma coesistono due sistemi di notificazione al destinatario non personalmente raggiunto dall’agente notificatore: il primo, <>; il secondo, <<>>.
Ebbene, nel caso di società o enti pubblici, la notificazione già valida se consegnata nelle mani di soggetto al servizio del destinatario, avrebbe bisogno di nuovo avallo di legittimità rappresentato dalla notizia che l’agente postale deve trasmettere alla persona fisica del destinatario, per mezzo di lettera raccomandata che materialmente, in ogni caso, riceverebbe comunque il soggetto incaricato dal legale rappresentante dell’ente e che, nello svolgimento delle sue funzioni, è prevedibile abbia già posto all’attenzione del destinatario dell’atto notificato.
Ove mai dovesse intendersi questa la ratio della norma si tratterebbe, invero, di duplicazione di legittimità che il legislatore non può aver voluto.
II) Da un punto di vista puramente empirico, le leggi sono documenti, insiemi di enunciati redatti mediante i segni grafici della lingua naturale, approvati dagli organi titolari della funzione legislativa e pubblicati, secondo procedure stabilite da norme sulla produzione giuridica; in quanto approvati e pubblicati nei suddetti modi, esprimono “norme”, o “regole”, o “precetti” giuridici.
Diversamente dalla diffusa abitudine di usare i sostantivi “disposizione” e “norma” come termini intercambiabili – a denotare ora gli enunciati legislativi, ora i significati precettivi di tali enunciati, o indistintamente, le due cose insieme –, appare a questo giudice più corretto ritenere per “disposizioni” gli enunciati del discorso legislativo, e di riservare il titolo di “norme” al quid e al quantum di comunicazione precettiva che gli enunciati esprimono. Tale stipulazione è utile per meglio comprendere l’attività d’interpretazione, che è caratterizzata da un procedimento intellettuale condotto secondo regole semantico - grammaticali, canoni ermeneutici dottrinali e precetti di diritto positivo, consistente nell’attribuire significato a una o più disposizioni individuando la funzione logica dei vocaboli in esse utilizzati, la struttura sintattica, se semplice oppure complessa - e in quest’ultimo caso, se paratattica o ipotattica -, il senso dei vocaboli e delle locuzioni utilizzati, mostrando le parti di comunicazione implicite o omesse, per ragioni di economia della formulazione, rendendo comprensibile, ove mai il caso, le parti di comunicazione implicite.
I significati così attribuiti sono gli enunciati del discorso dell’interprete che quest’ultimo considera, usa e propone di usare come sinonimi di una o più disposizioni. In questa prospettiva, com’è stato detto (P. Chiassoni, www.ambientediritto.it), le norme non preesistono all’interpretazione ma ne costituiscono i risultati o, come usa dirsi, interpretazioni - prodotto.
L'art. 12 delle preleggi, se da un lato, con l'espressione "significato proprio delle parole secondo la connessione di esse" àncora l'attività dell'interprete alla lettera della legge (c.d. interpretazione letterale), dall'altro, attraverso la locuzione "intenzione del legislatore", riconosce e legittima la c.d. interpretazione sistematica o logica, cioè quell'attività ermeneutica che muovendo dall'intero sistema normativo vigente, e non solo dalla singola norma, giunge a ricostruire la ratio legis, ovvero la finalità sociale o economica della norma giuridica stessa.
L’interpretazione sistematica o logica apre la strada alla c.d. interpretazione teleologica o finalistica, che dà un valore preponderante allo scopo della norma consentendo, nello stesso tempo, di attualizzare il significato stesso della norma.
III) È difficile immaginare che il legislatore abbia voluto subordinare validità a validità, ovvero che la notificazione ritenuta, al secondo comma dell’art. 7 della legge 890/82, valida nelle mani dell’addetto al servizio del destinatario, debba esser poi nuovamente avvalorata dalla notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, che raccoglierà certamente, ovvero riceverà materialmente, l’addetto al servizio nominato dal capo dell’ente destinatario.
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Accade sovente che le stesse parole e proposizioni se usate in situazioni diverse abbiano significato differenti.
La legge 28 febbraio 2008 n. 31 è legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria; l’art. 36, in particolare, reca disposizioni in materia di riscossione coattiva di tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali, le cui procedure esecutive, di ingiunzione diretta degli enti locali o di ruolo se affidata ad agenti della riscossione, poggiano sulle imprescindibili condizioni della validità e certezza della notificazione dell’atto amministrativo.
È indicativo, a parere del giudicante, che la modifica dell’art. 7 della legge 890/82 sia contenuta nel comma 2 quater del citato art. 36 regolante, appunto, la riscossione coattiva dei tributi e di tutte le altre entrate degli enti locali
Ritenere quella novella propria di quell’ambito normativo, giustifica la ratio che ha fatto nascere la norma; diversamente ragionando, si dovrebbe ritenere quella norma in conflitto con l’art 145 C.P.C. che elenca in modo analitico le persone abilitate alla ricezione degli atti destinati agli enti aventi personalità giuridica, e che si trovano, nell’ambito dell’organizzazione dell’ente destinatario, in rapporto d’immedesimazione organica in virtù del quale non si può non ritenere che la consegna degli atti eseguita a mani della persona al servizio del destinatario esaurisce, senza necessità d’altra procedura, le formalità volute dalla legge.
In questi termini, è accolta la domanda dell’attore e condannata Poste Italiane S.p.A., a restituire la somma di € 8,40 oltre agli interessi, al saggio legale corrente, dalla domanda al saldo, e alla refusione delle spese di lite che, in mancanza di note, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo tenendo conto della natura della controversia, del decisum e dell’attività difensiva effettivamente svolta.

P. Q. M.

Il Giudice di Pace di Maddaloni, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
r e s p i n g e
la domanda di Poste Italiane S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, e lo
c o n d a n n a
a pagare all’attore la somma di € 8,40 in uno alla refusione delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in € 510,00 di cui € 193,00 per diritti, € 287,00 per onorario ed € 30,00 per spese vive, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione al procuratore dichiaratosi anticipatario che ne fa espressa richiesta.
Sentenza esecutiva come per legge.
Così deciso in Maddaloni il 22 febbraio 2009
Il Giudice di Pace
(dott. Alfonso di Nuzzo)


martedì 12 maggio 2009

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo..LUIGI VIOLA "Pecunia Doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le S.U."

Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico
Articolo di Luigi Viola 06.05.2009 in www.altalex.com

Pubblichiamo la sintesi della relazione tenuta dall'avv. Luigi Viola al Convegno Nazionale dal titolo "Pecunia doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le Sezioni Unite" tenutosi presso la Sala delle Conferenze, Palazzo Marini, Camera dei Deputati il 6 maggio 2009.
Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico quale prassi difforme dai criteri indicati dalle Sezioni Unite e conseguente incongruità delle offerte risarcitorie assicurative
di Luigi Viola
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Prassi delle compagnie assicurative
Sempre più spesso le assicurazioni negano, in fase stragiudiziale, il risarcimento del danno morale, sul presupposto che sia stato espunto dal risarcimento del danno alla persona, in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite dell’11 novembre 20081; facendo leva sulla tendenziale omnicomprensività del danno biologico, soprattutto alla luce degli artt. 138-139 cod. assicurazione, si ritiene che il danno morale sia compreso in quello biologico, con la connessa limitazione ivi prevista2.
E’ davvero giuridicamente corretto l’operato delle compagnie assicurative?
Le Sezioni Unite dell’11 novembre 2008: cambia la forma, ma non la sostanza
Le Sezioni Unite hanno, per così dire, individuato una nuova trilogia risarcitoria, rispetto a quella precedente3; nella prospettiva della Suprema Corte sono risarcibili i danni non patrimoniali, derivanti:
- da reato, ex art. 185 c.p. (c.d. danno morale), tenendo presente che il danno subiettivo può riguardare anche un periodo di tempo lungo;
- da altri casi previsti da leggi ordinarie (come riservatezza4 ed irragionevole durata del processo5, ecc.);
- al di fuori dei casi determinati dalla legge (in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili), la tutela è estesa ai casi di danni non patrimoniali prodotti dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione6.
Esiste ancora il danno morale cumulabile con altri pregiudizi
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la categoria del danno morale non esiste più, tranne nel caso di reato e danno morale terminale7; per cui, il danno morale non è stato per nulla espunto, ma è stata abbattuta solo la categoria formale priva di ancoraggio normativo.
Anzi, a rigore, viene pure rafforzato8 ed esteso:
- con la considerazione che tale danno non può essere limitato ai casi di transitorietà, ma va esteso alle ipotesi di lungo periodo9; se, pertanto, il danno morale, inteso come lesione della dignità della persona umana, va riferito anche ad un periodo più lungo, allora, non solo è necessario tenerlo presente in sede liquidativa, ma altresì aumentare il quantum in considerazione della sua durata (non più solo “transeunte”);
- condividendo l’impianto generale della giurisprudenza del 200310, per cui è risarcibile tale danno laddove si configuri astrattamente un reato; se, difatti, è risarcibile il danno non patrimoniale anche in assenza di reato in concreto accertato, vuol dire che si risarcisce un danno inerente un puro sentire, rispettando a pieno la lettera dell’art. 185 c.p., nonché la ratio storica sottesa; viene non solo ricordata la risarcibilità del danno (morale) da reato, ma altresì viene confermato che si può prescindere dall’accertamento concreto dello stesso (come dire: va condiviso, in tema di danno morale, sia il profilo dell’an, che quello del quommodo).
Inoltre, la Cassazione11, dopo aver parlato dei danni da reato, si riferisce ad “altri casi previsti”, ipotizzando chiaramente un legittimo cumulo tra tale danno e lesione di altri diritti, previsti da leggi ordinarie o dalla Costituzione (purchè caratterizzati dall’inviolabilità): la Cassazione opta per il cumulo, dunque, e non per l’alternatività, in un’ottica di risarcimento integrale della persona (non vi può essere integralità, se si tralascia il “sentire”).
D’altronde, i danni non patrimoniali spiegano effetti negativi, tanto in senso soggettivo (con riferimento a soggetti colpiti dall’evento, per così dire, di rimbalzo, chiamati anche vittime secondarie) che oggettivo (con riguardo alla plurioffensività, idonea a ledere più interessi costituzionali): se, pertanto, vi è plurioffensività oggettiva, allora, più saranno gli interessi lesi meritevoli di tutela, al fine di un’integrale risarcimento (si tratterebbe di un concorso formale tra danni, impostato sulla falsariga del concorso formale di reati12).
Diversamente argomentando, si individuerebbe un vulnus al principio di integralità del risarcimento del danno13, perché si tralascerebbero lesioni, inerenti a diritti e/o interessi di rango costituzionale, pur subiti dalla vittima.
Danno morale ed artt. 138-139 Codice delle Assicurazioni14
Non è possibile far rientrare anche il danno morale nell’ambito degli artt. 138 e 13915 del Codice delle assicurazioni, perché:
- il danno morale tutela la dignità umana (ex artt. 2, 3 Cost.), diversamente dal biologico ex art. 32 Cost. (se sono lesi più interessi – c.d. plurioffensività del danno – allora, ai fini dell’integralità del risarcimento, tutti devono essere ristorati);
- il danno morale riguarda il “sentire” e non il profilo dinamico – relazionale, a cui fa riferimento il Codice delle assicurazioni, ex artt. 138 e 13916; la stessa nozione di “relazionalità” esclude che possa essere compreso un pregiudizio intimo della persona;
- il danno biologico è tendenzialmente omnicomprensivo nel senso che, se non sono vulnerati altri interessi oltre la salute, allora, è sufficiente il risarcimento del solo danno biologico, ma questo non esclude che, laddove si dia prova di altri pregiudizi subiti, se ne dovrà tener conto in sede liquidativa; il danno biologico è omnicomprensivo solo in via tendenziale, ma non assoluta;
- quando fu scritto il Codice della assicurazioni, il danno morale era sempre separato da quello biologico, con la conseguenza che non è legittimo ritenere che il legislatore del 2005 abbia fatto riferimento ad un contesto normativo - giurisprudenziale in cui il danno biologico assorbe il morale; ne segue che ritenere il danno morale assorbito nel biologico, vorrebbe dire vulnerare, non soltanto la lettera della legge17, ma anche la sua ratio ispiratrice.
In base a tali rilievi, pertanto, non è giuridicamente corretto assoggettare il danno morale alle limitazioni previste negli artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni.
La giurisprudenza
D’altronde, nel senso dell’autonomia del danno morale rispetto a quello alla salute depone anche la giurisprudenza successiva alle SS.UU. che ha avuto il pregio di affermare pure che il danno morale può essere superiore a quello biologico: nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto , che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale: art.2 della Costituzione in relazione allo art.l della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia con legge 2 agosto 2008 n.190, collocando la Dignità umana come la massima espressione della sua integrità morale e biologica) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute (Cassazione civile , sez. III, sentenza 12.12.2008 n° 2919118, pres. Marrone, est. Petti).
______________
1 Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11.11.2008 n° 26972, in Altalex Massimario, 39, 2008, con nota di VIOLA e commento di BUFFONE. Per approfondimenti VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in Obbligazioni e Contratti, 2009, 2; FRANZONI, I diritti della personalità, il danno esistenziale e la funzione della responsabilità civile, in Contratto e Impr., 2009, 1; FRANZONI, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il Corriere Giuridico, 2009, 1; VIOLA, Danni da morte e da lesioni alla persona, Cedam, 2009; BILOTTA, I pregiudizi esistenziali: il cuore del danno non patrimoniale dopo le S.U. del 2008, in La Responsabilità Civile, 2009, 01; BUSNELLI, Le sezioni unite e il danno non patrimoniale, in Riv. Dir. Civ., 2009, 1; CENDON, Danno esistenziale e Sezioni Unite: “Ha da passà 'a nuttata"; CESARI, Il risarcimento del nuovo danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali; CASSANO (a cura di), Il danno alla persona, Cedam, 2006.
2 L’art. 138 cod. assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità), afferma che “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; vi è, quindi, un limite risarcitorio del 30% rispetto alle tabelle uniche nazionali, non ancora predisposte.
L’art. 139 cod assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di lieve entità), recita “L'ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; il quantum debeatur sarebbe limitato ad un massimo di un quinto.
3 Riferita al cumulo tra danno morale, biologico ed esistenziale (Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003).
4 Il riferimento va individuato nel d.lgs. 196/2003 e non alla legge 675/1996, come erroneamente indicato dalla Corte.
5 Il riferimento è alla c.d. Legge Pinto (L. 89/2001).
6 Caratterizzati da serietà e gravità.
7 Tale figura è stata usata per risolvere, almeno in parte, l’annoso problema del c.d. danno tanatologico.
8 Secondo CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio,in Danno e Resp., 2009, 1, 5: “il danno morale, nel quale si identificava il danno non patrimoniale nell'intenzione del legislatore e nella lettura tradizionale dell'art. 2059 c.c., rimane quello che è sempre stato, ma il suo ambito di rilevanza viepiù risulta accresciuto quanto più numerosi sono divenuti e probabilmente diverranno i casi in cui la legge lo dichiara risarcibile. Con la precisazione che, transeunte o no, nei limiti di tali "casi determinati dalla legge" esso è comunque risarcibile, dovendosi trarre dalla sua gravità soltanto argomento circa il quantum, non circa l'an, che non è in questione”.
9 Affermano letteralmente le Sezioni Unite (26972/2098): “la limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. La figura, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poiché né l'art. 2059 c.c. né l'art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio, ed era carente anche sul piano della adeguatezza della tutela, poiché la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo”.
10 Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003.
11 Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, già cit.
12 Per approfondimenti su questo tema, sia consentito il rinvio a VIOLA, Concorso apparente e formale tra i danni nella responsabilità civile.
13 Si ricorda che Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, ha affermato “il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”.
14 D.lgs. 209/2005.
15 Con le connesse limitazioni; si rinvia alla nota n. 2.
16 D.lgs. 209/2005.
17 Come visto, con riferimento alla nozione di “relazionalità”.
18 In Altalex Massimario, 1, 2009.

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo..LUIGI VIOLA "Pecunia Doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le S.U."

Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico
Articolo di Luigi Viola 06.05.2009 in www.altalex.com

Pubblichiamo la sintesi della relazione tenuta dall'avv. Luigi Viola al Convegno Nazionale dal titolo "Pecunia doloris: il valore risarcitorio della persona e della sofferenza esistenziale dopo le Sezioni Unite" tenutosi presso la Sala delle Conferenze, Palazzo Marini, Camera dei Deputati il 6 maggio 2009.
Percentualizzazione del danno morale e reductio ad unum del danno biologico quale prassi difforme dai criteri indicati dalle Sezioni Unite e conseguente incongruità delle offerte risarcitorie assicurative
di Luigi Viola
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Prassi delle compagnie assicurative
Sempre più spesso le assicurazioni negano, in fase stragiudiziale, il risarcimento del danno morale, sul presupposto che sia stato espunto dal risarcimento del danno alla persona, in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite dell’11 novembre 20081; facendo leva sulla tendenziale omnicomprensività del danno biologico, soprattutto alla luce degli artt. 138-139 cod. assicurazione, si ritiene che il danno morale sia compreso in quello biologico, con la connessa limitazione ivi prevista2.
E’ davvero giuridicamente corretto l’operato delle compagnie assicurative?
Le Sezioni Unite dell’11 novembre 2008: cambia la forma, ma non la sostanza
Le Sezioni Unite hanno, per così dire, individuato una nuova trilogia risarcitoria, rispetto a quella precedente3; nella prospettiva della Suprema Corte sono risarcibili i danni non patrimoniali, derivanti:
- da reato, ex art. 185 c.p. (c.d. danno morale), tenendo presente che il danno subiettivo può riguardare anche un periodo di tempo lungo;
- da altri casi previsti da leggi ordinarie (come riservatezza4 ed irragionevole durata del processo5, ecc.);
- al di fuori dei casi determinati dalla legge (in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili), la tutela è estesa ai casi di danni non patrimoniali prodotti dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione6.
Esiste ancora il danno morale cumulabile con altri pregiudizi
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la categoria del danno morale non esiste più, tranne nel caso di reato e danno morale terminale7; per cui, il danno morale non è stato per nulla espunto, ma è stata abbattuta solo la categoria formale priva di ancoraggio normativo.
Anzi, a rigore, viene pure rafforzato8 ed esteso:
- con la considerazione che tale danno non può essere limitato ai casi di transitorietà, ma va esteso alle ipotesi di lungo periodo9; se, pertanto, il danno morale, inteso come lesione della dignità della persona umana, va riferito anche ad un periodo più lungo, allora, non solo è necessario tenerlo presente in sede liquidativa, ma altresì aumentare il quantum in considerazione della sua durata (non più solo “transeunte”);
- condividendo l’impianto generale della giurisprudenza del 200310, per cui è risarcibile tale danno laddove si configuri astrattamente un reato; se, difatti, è risarcibile il danno non patrimoniale anche in assenza di reato in concreto accertato, vuol dire che si risarcisce un danno inerente un puro sentire, rispettando a pieno la lettera dell’art. 185 c.p., nonché la ratio storica sottesa; viene non solo ricordata la risarcibilità del danno (morale) da reato, ma altresì viene confermato che si può prescindere dall’accertamento concreto dello stesso (come dire: va condiviso, in tema di danno morale, sia il profilo dell’an, che quello del quommodo).
Inoltre, la Cassazione11, dopo aver parlato dei danni da reato, si riferisce ad “altri casi previsti”, ipotizzando chiaramente un legittimo cumulo tra tale danno e lesione di altri diritti, previsti da leggi ordinarie o dalla Costituzione (purchè caratterizzati dall’inviolabilità): la Cassazione opta per il cumulo, dunque, e non per l’alternatività, in un’ottica di risarcimento integrale della persona (non vi può essere integralità, se si tralascia il “sentire”).
D’altronde, i danni non patrimoniali spiegano effetti negativi, tanto in senso soggettivo (con riferimento a soggetti colpiti dall’evento, per così dire, di rimbalzo, chiamati anche vittime secondarie) che oggettivo (con riguardo alla plurioffensività, idonea a ledere più interessi costituzionali): se, pertanto, vi è plurioffensività oggettiva, allora, più saranno gli interessi lesi meritevoli di tutela, al fine di un’integrale risarcimento (si tratterebbe di un concorso formale tra danni, impostato sulla falsariga del concorso formale di reati12).
Diversamente argomentando, si individuerebbe un vulnus al principio di integralità del risarcimento del danno13, perché si tralascerebbero lesioni, inerenti a diritti e/o interessi di rango costituzionale, pur subiti dalla vittima.
Danno morale ed artt. 138-139 Codice delle Assicurazioni14
Non è possibile far rientrare anche il danno morale nell’ambito degli artt. 138 e 13915 del Codice delle assicurazioni, perché:
- il danno morale tutela la dignità umana (ex artt. 2, 3 Cost.), diversamente dal biologico ex art. 32 Cost. (se sono lesi più interessi – c.d. plurioffensività del danno – allora, ai fini dell’integralità del risarcimento, tutti devono essere ristorati);
- il danno morale riguarda il “sentire” e non il profilo dinamico – relazionale, a cui fa riferimento il Codice delle assicurazioni, ex artt. 138 e 13916; la stessa nozione di “relazionalità” esclude che possa essere compreso un pregiudizio intimo della persona;
- il danno biologico è tendenzialmente omnicomprensivo nel senso che, se non sono vulnerati altri interessi oltre la salute, allora, è sufficiente il risarcimento del solo danno biologico, ma questo non esclude che, laddove si dia prova di altri pregiudizi subiti, se ne dovrà tener conto in sede liquidativa; il danno biologico è omnicomprensivo solo in via tendenziale, ma non assoluta;
- quando fu scritto il Codice della assicurazioni, il danno morale era sempre separato da quello biologico, con la conseguenza che non è legittimo ritenere che il legislatore del 2005 abbia fatto riferimento ad un contesto normativo - giurisprudenziale in cui il danno biologico assorbe il morale; ne segue che ritenere il danno morale assorbito nel biologico, vorrebbe dire vulnerare, non soltanto la lettera della legge17, ma anche la sua ratio ispiratrice.
In base a tali rilievi, pertanto, non è giuridicamente corretto assoggettare il danno morale alle limitazioni previste negli artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni.
La giurisprudenza
D’altronde, nel senso dell’autonomia del danno morale rispetto a quello alla salute depone anche la giurisprudenza successiva alle SS.UU. che ha avuto il pregio di affermare pure che il danno morale può essere superiore a quello biologico: nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto , che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale: art.2 della Costituzione in relazione allo art.l della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia con legge 2 agosto 2008 n.190, collocando la Dignità umana come la massima espressione della sua integrità morale e biologica) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute (Cassazione civile , sez. III, sentenza 12.12.2008 n° 2919118, pres. Marrone, est. Petti).
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1 Cassazione civile, SS.UU., sentenza 11.11.2008 n° 26972, in Altalex Massimario, 39, 2008, con nota di VIOLA e commento di BUFFONE. Per approfondimenti VETTORI, Danno non patrimoniale e diritti inviolabili, in Obbligazioni e Contratti, 2009, 2; FRANZONI, I diritti della personalità, il danno esistenziale e la funzione della responsabilità civile, in Contratto e Impr., 2009, 1; FRANZONI, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il Corriere Giuridico, 2009, 1; VIOLA, Danni da morte e da lesioni alla persona, Cedam, 2009; BILOTTA, I pregiudizi esistenziali: il cuore del danno non patrimoniale dopo le S.U. del 2008, in La Responsabilità Civile, 2009, 01; BUSNELLI, Le sezioni unite e il danno non patrimoniale, in Riv. Dir. Civ., 2009, 1; CENDON, Danno esistenziale e Sezioni Unite: “Ha da passà 'a nuttata"; CESARI, Il risarcimento del nuovo danno non patrimoniale con pregiudizi esistenziali; CASSANO (a cura di), Il danno alla persona, Cedam, 2006.
2 L’art. 138 cod. assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità), afferma che “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; vi è, quindi, un limite risarcitorio del 30% rispetto alle tabelle uniche nazionali, non ancora predisposte.
L’art. 139 cod assicurazioni, al comma 3 (Danno biologico per lesioni di lieve entità), recita “L'ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”; il quantum debeatur sarebbe limitato ad un massimo di un quinto.
3 Riferita al cumulo tra danno morale, biologico ed esistenziale (Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003).
4 Il riferimento va individuato nel d.lgs. 196/2003 e non alla legge 675/1996, come erroneamente indicato dalla Corte.
5 Il riferimento è alla c.d. Legge Pinto (L. 89/2001).
6 Caratterizzati da serietà e gravità.
7 Tale figura è stata usata per risolvere, almeno in parte, l’annoso problema del c.d. danno tanatologico.
8 Secondo CASTRONOVO, Danno esistenziale: il lungo addio,in Danno e Resp., 2009, 1, 5: “il danno morale, nel quale si identificava il danno non patrimoniale nell'intenzione del legislatore e nella lettura tradizionale dell'art. 2059 c.c., rimane quello che è sempre stato, ma il suo ambito di rilevanza viepiù risulta accresciuto quanto più numerosi sono divenuti e probabilmente diverranno i casi in cui la legge lo dichiara risarcibile. Con la precisazione che, transeunte o no, nei limiti di tali "casi determinati dalla legge" esso è comunque risarcibile, dovendosi trarre dalla sua gravità soltanto argomento circa il quantum, non circa l'an, che non è in questione”.
9 Affermano letteralmente le Sezioni Unite (26972/2098): “la limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. La figura, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poiché né l'art. 2059 c.c. né l'art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio, ed era carente anche sul piano della adeguatezza della tutela, poiché la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l'effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo”.
10 Cassazione civile 8827/2003 e Corte Costituzionale 233/2003.
11 Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, già cit.
12 Per approfondimenti su questo tema, sia consentito il rinvio a VIOLA, Concorso apparente e formale tra i danni nella responsabilità civile.
13 Si ricorda che Cassazione civile, Sezioni Unite, 26972/2008, ha affermato “il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”.
14 D.lgs. 209/2005.
15 Con le connesse limitazioni; si rinvia alla nota n. 2.
16 D.lgs. 209/2005.
17 Come visto, con riferimento alla nozione di “relazionalità”.
18 In Altalex Massimario, 1, 2009.

Referendum sulla legge elettorale: Per capirci qualcosa ....

Referendum sulla legge elettorale del 21 giugno 2009: i tre quesiti
D.P.R. 30.04.2009, G.U. 30.04.2009

E' il 21 giugno 2009 la data che il Consiglio dei Ministri proporrà al Capo dello Stato per la nuova indizione delle tre consultazioni referendarie a seguito dell’entrata in vigore della Legge 28 aprile 2009, n. 40 la quale ha stabilito che i referendum abrogativi da tenersi nel 2009 abbiano luogo in una domenica compresa fra il 15 ed il 30 giugno.
I tre quesiti referendari sono contenuti in altrettanti D.P.R. 30 aprile 2009 pubblicati in Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2009, n. 99 e riguardano:
premio di maggioranza nazionale per la Camera dei deputati (abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste);
premio di maggioranza regionale per il Senato (abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste);
disciplina della candidature (abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentare la propria candidatura in più di una circoscrizione).

(Altalex, 8 maggio 2009)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 aprile 2009
Nuova indizione del referendum popolare per l'abrogazione di alcune disposizioni del testo unico delle leggi sull'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. (09A04964)
(GU n. 99 del 30-4-2009)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 75 e 87 della Costituzione;Vista la legge 25 maggio 1970, n. 352, recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo», e successive modificazioni;Visto il proprio decreto 5 febbraio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008, con il quale e' stato indetto il referendum popolare per l'abrogazione di alcune disposizioni del testo unico delle leggi sull'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361;Visti i propri decreti, in data 6 febbraio 2008, n. 19 e n. 20, relativi, rispettivamente, allo scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e alla convocazione dei comizi per le elezioni delle nuove Camere;Considerato che, di conseguenza, il referendum popolare indetto con il predetto decreto 5 febbraio 2008 e' stato automaticamente sospeso, ai sensi e secondo i termini di cui all'art. 34, secondo e terzo comma, della citata legge n. 352 del 1970;Vista la legge 28 aprile 2009, n. 40, recante disciplina transitoria per lo svolgimento dei referendum previsti dall'art. 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2009;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 aprile 2009;Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia;
Emana
il seguente decreto:
E' nuovamente indetto il referendum popolare per l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato «Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati», limitatamente alle seguenti parti: art. 14-bis, comma 1: «I partiti o i gruppi politici organizzati possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.»; art. 14-bis, comma 2: «La dichiarazione di collegamento e' effettuata contestualmente al deposito del contrassegno di cui all'articolo 14.Le dichiarazioni di collegamento hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.»; art. 14-bis, comma 3, limitatamente alle parole: «I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione.»;art. 14-bis, comma 4, limitatamente alle parole: «1, 2 e»; art. 14-bis, comma 5, limitatamente alle parole: «dei collegamenti ammessi»; art. 18-bis, comma 2, limitatamente alle parole: «Nessuna sottoscrizione e' altresi' richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell'articolo 14.»; art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «alle coalizioni e»; art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «non collegate»;art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «, nonche', per ciascuna coalizione, l'ordine dei contrassegni delle liste della coalizione»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all'altro, su un'unica riga»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «delle coalizioni e»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «non collegate»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «di ciascuna coalizione»; art. 83, comma 1, numero 2): «2)determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste che compongono la coalizione stessa, nonche' la cifra elettorale nazionale delle liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi;»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera a): «a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione;»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «non collegate»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole: «, nonche' le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: «le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 5), limitatamente alle parole: «la coalizione di liste o»;art. 83, comma 1, numero 6): «6) individua quindi, nell'ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche' la lista che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi;»;art. 83, comma 1, numero 7): «7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al n. 6). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi gia' individuato ai sensi del numero 4). Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente cosi' ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi' ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita' di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita' di quest'ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), sono attribuiti i seggi gia' determinati ai sensi del numero 4);»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: «varie coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole:«per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo cosi' l'indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della coalizione medesima. Analogamente,»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono:«coalizione di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: «coalizioni o»; art. 83, comma 1, numero 9): «9) salvo quanto disposto dal comma 2, l'Ufficio procede quindi all'attribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste di ciascuna coalizione.A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella circoscrizione ai sensi del numero 8). Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista della coalizione per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi' ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti cosi' ottenuti; in caso di parita', sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita' di quest'ultima, si procede a sorteggio.Successivamente l'Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parita' di seggi eccedenti da parte di piu' liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o piu' liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e' attribuito alla lista con la piu' alta parte decimale del quoziente non utilizzata.Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti i seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate.»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole: «la coalizione di liste o»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole:«coalizione di liste o»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole:«di tutte le liste della coalizione o»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste e»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 4: «L'Ufficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.»;art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «numero 6),»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «e 9)»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 84, comma 3:«Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti, nell'ambito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia' utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.»; art. 84, comma 4, limitatamente alle parole: «e 3»; art. 86, comma 2, limitatamente alle parole: «, 3».I relativi comizi sono convocati per il giorno di domenica 21 giugno 2009, con prosecuzione delle operazioni di votazione nel giorno di lunedi' 22 giugno 2009.Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Dato a Roma, addi 30 aprile 2009
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Maroni, Ministro dell'interno Alfano, Ministro della giustizia

Referendum sulla legge elettorale: Per capirci qualcosa ....

Referendum sulla legge elettorale del 21 giugno 2009: i tre quesiti
D.P.R. 30.04.2009, G.U. 30.04.2009

E' il 21 giugno 2009 la data che il Consiglio dei Ministri proporrà al Capo dello Stato per la nuova indizione delle tre consultazioni referendarie a seguito dell’entrata in vigore della Legge 28 aprile 2009, n. 40 la quale ha stabilito che i referendum abrogativi da tenersi nel 2009 abbiano luogo in una domenica compresa fra il 15 ed il 30 giugno.
I tre quesiti referendari sono contenuti in altrettanti D.P.R. 30 aprile 2009 pubblicati in Gazzetta Ufficiale 30 aprile 2009, n. 99 e riguardano:
premio di maggioranza nazionale per la Camera dei deputati (abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste);
premio di maggioranza regionale per il Senato (abrogazione della possibilità di collegamento tra liste e di attribuzione del premio di maggioranza ad una coalizione di liste);
disciplina della candidature (abrogazione della possibilità per uno stesso candidato di presentare la propria candidatura in più di una circoscrizione).

(Altalex, 8 maggio 2009)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 aprile 2009
Nuova indizione del referendum popolare per l'abrogazione di alcune disposizioni del testo unico delle leggi sull'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. (09A04964)
(GU n. 99 del 30-4-2009)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 75 e 87 della Costituzione;Vista la legge 25 maggio 1970, n. 352, recante «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo», e successive modificazioni;Visto il proprio decreto 5 febbraio 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008, con il quale e' stato indetto il referendum popolare per l'abrogazione di alcune disposizioni del testo unico delle leggi sull'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361;Visti i propri decreti, in data 6 febbraio 2008, n. 19 e n. 20, relativi, rispettivamente, allo scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e alla convocazione dei comizi per le elezioni delle nuove Camere;Considerato che, di conseguenza, il referendum popolare indetto con il predetto decreto 5 febbraio 2008 e' stato automaticamente sospeso, ai sensi e secondo i termini di cui all'art. 34, secondo e terzo comma, della citata legge n. 352 del 1970;Vista la legge 28 aprile 2009, n. 40, recante disciplina transitoria per lo svolgimento dei referendum previsti dall'art. 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2009;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 aprile 2009;Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia;
Emana
il seguente decreto:
E' nuovamente indetto il referendum popolare per l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, titolato «Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati», limitatamente alle seguenti parti: art. 14-bis, comma 1: «I partiti o i gruppi politici organizzati possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente presentate. Le dichiarazioni di collegamento debbono essere reciproche.»; art. 14-bis, comma 2: «La dichiarazione di collegamento e' effettuata contestualmente al deposito del contrassegno di cui all'articolo 14.Le dichiarazioni di collegamento hanno effetto per tutte le liste aventi lo stesso contrassegno.»; art. 14-bis, comma 3, limitatamente alle parole: «I partiti o i gruppi politici organizzati tra loro collegati in coalizione che si candidano a governare depositano un unico programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione.»;art. 14-bis, comma 4, limitatamente alle parole: «1, 2 e»; art. 14-bis, comma 5, limitatamente alle parole: «dei collegamenti ammessi»; art. 18-bis, comma 2, limitatamente alle parole: «Nessuna sottoscrizione e' altresi' richiesta per i partiti o gruppi politici che abbiano effettuato le dichiarazioni di collegamento ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 1, con almeno due partiti o gruppi politici di cui al primo periodo e abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento europeo, con contrassegno identico a quello depositato ai sensi dell'articolo 14.»; art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «alle coalizioni e»; art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «non collegate»;art. 24, numero 2), limitatamente alle parole: «, nonche', per ciascuna coalizione, l'ordine dei contrassegni delle liste della coalizione»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «delle liste collegate appartenenti alla stessa coalizione»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «di seguito, in linea orizzontale, uno accanto all'altro, su un'unica riga»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «delle coalizioni e»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «non collegate»; art. 31, comma 2, limitatamente alle parole: «di ciascuna coalizione»; art. 83, comma 1, numero 2): «2)determina poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, data dalla somma delle cifre elettorali nazionali di tutte le liste che compongono la coalizione stessa, nonche' la cifra elettorale nazionale delle liste non collegate ed individua quindi la coalizione di liste o la lista non collegata che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi;»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera a): «a) le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10 per cento dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista collegata che abbia conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi ovvero una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione;»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «non collegate»; art. 83, comma 1, numero 3), lettera b), limitatamente alle parole: «, nonche' le liste delle coalizioni che non hanno superato la percentuale di cui alla lettera a) ma che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi ovvero che siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: «le coalizioni di liste di cui al numero 3), lettera a), e»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 1, numero 4), limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 5), limitatamente alle parole: «la coalizione di liste o»;art. 83, comma 1, numero 6): «6) individua quindi, nell'ambito di ciascuna coalizione di liste collegate di cui al numero 3), lettera a), le liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbiano conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella circoscrizione, nonche' la lista che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale tra quelle che non hanno conseguito sul piano nazionale almeno il 2 per cento dei voti validi espressi;»;art. 83, comma 1, numero 7): «7) qualora la verifica di cui al numero 5) abbia dato esito positivo, procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna lista di cui al n. 6). A tale fine, per ciascuna coalizione di liste, divide la somma delle cifre elettorali nazionali delle liste ammesse al riparto di cui al numero 6) per il numero di seggi gia' individuato ai sensi del numero 4). Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente cosi' ottenuto. Divide poi la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista ammessa al riparto per tale quoziente. La parte intera del quoziente cosi' ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle liste per le quali queste ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, in caso di parita' di resti, alle liste che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale; a parita' di quest'ultima si procede a sorteggio. A ciascuna lista di cui al numero 3), lettera b), sono attribuiti i seggi gia' determinati ai sensi del numero 4);»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: «varie coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole:«per ciascuna coalizione di liste, divide il totale delle cifre elettorali circoscrizionali di tutte le liste che la compongono per il quoziente elettorale nazionale di cui al numero 4), ottenendo cosi' l'indice relativo ai seggi da attribuire nella circoscrizione alle liste della coalizione medesima. Analogamente,»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono:«coalizione di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 1, numero 8), limitatamente alle parole: «coalizioni o»; art. 83, comma 1, numero 9): «9) salvo quanto disposto dal comma 2, l'Ufficio procede quindi all'attribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi spettanti alle liste di ciascuna coalizione.A tale fine, determina il quoziente circoscrizionale di ciascuna coalizione di liste dividendo il totale delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste di cui al numero 6) per il numero di seggi assegnati alla coalizione nella circoscrizione ai sensi del numero 8). Nell'effettuare tale divisione non tiene conto dell'eventuale parte frazionaria del quoziente. Divide quindi la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista della coalizione per tale quoziente circoscrizionale. La parte intera del quoziente cosi' ottenuta rappresenta il numero dei seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati alle liste seguendo la graduatoria decrescente delle parti decimali dei quozienti cosi' ottenuti; in caso di parita', sono attribuiti alle liste con la maggiore cifra elettorale circoscrizionale; a parita' di quest'ultima, si procede a sorteggio.Successivamente l'Ufficio accerta se il numero dei seggi assegnati in tutte le circoscrizioni a ciascuna lista corrisponda al numero dei seggi ad essa attribuito ai sensi del numero 7). In caso negativo, procede alle seguenti operazioni, iniziando dalla lista che abbia il maggior numero di seggi eccedenti, e, in caso di parita' di seggi eccedenti da parte di piu' liste, da quella che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale nazionale, proseguendo poi con le altre liste, in ordine decrescente di seggi eccedenti: sottrae i seggi eccedenti alla lista in quelle circoscrizioni nelle quali essa li ha ottenuti con le parti decimali dei quozienti, secondo il loro ordine crescente e nelle quali inoltre le liste, che non abbiano ottenuto il numero di seggi spettanti, abbiano parti decimali dei quozienti non utilizzate. Conseguentemente, assegna i seggi a tali liste. Qualora nella medesima circoscrizione due o piu' liste abbiano le parti decimali dei quozienti non utilizzate, il seggio e' attribuito alla lista con la piu' alta parte decimale del quoziente non utilizzata.Nel caso in cui non sia possibile fare riferimento alla medesima circoscrizione ai fini del completamento delle operazioni precedenti, fino a concorrenza dei seggi ancora da cedere, alla lista eccedentaria vengono sottratti i seggi in quelle circoscrizioni nelle quali li ha ottenuti con le minori parti decimali del quoziente di attribuzione e alle liste deficitarie sono conseguentemente attribuiti i seggi in quelle altre circoscrizioni nelle quali abbiano le maggiori parti decimali del quoziente di attribuzione non utilizzate.»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole: «la coalizione di liste o»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole:«coalizione di liste o»; art. 83, comma 2, limitatamente alle parole:«di tutte le liste della coalizione o»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste e»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole, ovunque ricorrono: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 3, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 83, comma 4: «L'Ufficio procede poi, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi ad essa spettanti tra le relative liste ammesse al riparto. A tale fine procede ai sensi del comma 1, numero 7), periodi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo.»;art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «numero 6),»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «e 9)»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «coalizione di liste o»; art. 83, comma 5, limitatamente alle parole: «coalizioni di liste o»; art. 84, comma 3:«Qualora al termine delle operazioni di cui al comma 2, residuino ancora seggi da assegnare alla lista in una circoscrizione, questi sono attribuiti, nell'ambito della circoscrizione originaria, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente. Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi sono attribuiti, nelle altre circoscrizioni, alla lista facente parte della medesima coalizione della lista deficitaria che abbia la maggiore parte decimale del quoziente gia' utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.»; art. 84, comma 4, limitatamente alle parole: «e 3»; art. 86, comma 2, limitatamente alle parole: «, 3».I relativi comizi sono convocati per il giorno di domenica 21 giugno 2009, con prosecuzione delle operazioni di votazione nel giorno di lunedi' 22 giugno 2009.Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Dato a Roma, addi 30 aprile 2009
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Maroni, Ministro dell'interno Alfano, Ministro della giustizia

Sanabilità degli abusi su suol pubblico

Le opere poste in essere su suolo di pubblica proprietà sono sanabili

TAR Puglia-Bari, sez. III, sentenza 03.12.2008 n° 2770 (Alessandro Del Dotto)

Dall’art. 32, comma 5, L. 47/85, cui rinvia l’art. 32, d.l. 269/2003, emerge evidentissimo che ai fini del rilascio della sanatoria ex d.l. 269/2003 non è, in via assoluta, ostativo il fatto che gli abusi insistano su suolo pubblico: la sanatoria è anzi possibile anche in questi casi se l’ente interessato sia di fatto disponibile a concedere la porzione di suolo interessata in diritto di superficie all’interessato. In tal caso, effettuato il pagamento del valore dell’area, nella misura determinata dalla Agenzia del Demanio, e stipulata la convenzione, può essere rilasciata la concessione in sanatoria.
La norma in esame evidenzia anche come la sanatoria di che trattasi sia perfettamente ammissibile anche laddove la pratica per la concessione in uso del suolo pubblico non risulti essere già istruita al momento della presentazione della istanza di condono: anzi, la norma pare proprio prendere in considerazione l’eventualità in cui l’interessato presenti la richiesta di disponibilità dell’area demaniale dopo aver già presentato l’istanza di condono. E’ comunque evidente che laddove la richiesta di sanatoria riguardi un abuso realizzato su suolo pubblico, la definizione della concessione in uso del suolo medesimo diventa pregiudiziale rispetto alla definizione del procedimento di sanatoria.
Questa la sostanza dell’importantissima decisione del T.A.R. Puglia Bari, in merito alla illegittimità della definizione di un procedimento di sanatoria straordinaria in senso negativo sol perché le opere per le quali si domanda condono sono ubicate su suolo pubblico.
Simile decisione appare conforme, sotto il profilo logico-giuridico, ad altra sentenza già nota del Giudice amministrativo toscano (TAR Toscana-Firenze, sez. III,
sentenza 06.02.2008 n° 102) e appresta una lettura normativa orientata dell’istituto del condono edilizio meno sfavorevole per il cittadino, posto che la pubblica proprietà dell’immobile sul quale ricadono le opere oggetto di domanda di sanatoria viene letta non come un vincolo ma come un semplice presupposto la cui assenza è causa relativa di improcedibilità della sanatoria e il cui positivo accertamento in termini di concessione del diritto reale all’interessato dal rilascio del titolo sanante rende superabile l’iniziale assenza di titolo.
Resta da capire se simile costruzione giuridica, dal vago sapore di circostanza che allarga le maglie della possibilità di conseguire un condono, oltre che alla sanatoria straordinaria sia applicabile anche a casi di sanatoria ordinaria, nei quali ci si trova di fronte ad opere non sostenute da idoneo titolo ma, per la loro consistenza, sanabili con accertamento di doppia conformità: cosa che appare, logicamente plausibile, ponendo attenzione al fatto che se è vero – come’è – che tale modus procedendi, di carattere derogatorio rispetto alla disciplina tombale (normalmente interpretata restrittivamente in quanto eccezionale, intervenendo laddove manca il titolo edificatorio sia formale che sostanziale), viene riconosciuto in un procedimento (come quello dei condoni) dalle maglie strette e particolarmente rigido nella sua applicazione (e non nei suoi presupposti, che derogano – purtroppo – alle regole vigenti nella normalità delle cose), è altrettanto ammissibile ritenere che tale a regola non faccia eccezione l’accertamento della doppia conformità, istituto ordinario di un particolare tipo di sanatoria che è quello della assenza di titolo formale.

(Altalex, 7 maggio 2009. Nota di Alessandro Del Dotto)

Massima
E’ possibile procedere a sanatoria, anche laddove l’immobile abusivo sia stato realizzato su suolo pubblico.
(Fonte: Altalex Massimario 6/2009. Cfr. nota di Alessandro Del Dotto)



T.A.R.
Puglia - Bari
Sezione III
Sentenza 8 ottobre – 3 dicembre 2008, n. 2770
(Presidente Urbano – Estensore Ravasio)


Fatto
Il Condominio X. ha impugnato, chiedendone la sospensione, gli atti indicati in epigrafe, tutti aventi ad oggetto le opere edilizie indicate nel verbale di contravvenzione 146 del 03/08/2000, eseguite in base ad autorizzazione edilizia rilasciata in data 16/07/1998 ma revocata con atto 04/03/1999, prot. V.E. n. 422: trattasi delle opere di recinzione del Lotto 4 Zona E Piano 167 di Poggiofranco, pertinenziale al Condominio ricorrente, il quale successivamente è stato autorizzato a completarle solo relativamente alla zona retrostante al fabbricato e con esclusione della parte prospiciente la via Tommaso D’Aquino, di proprietà comunale.
Premette la ricorrente di aver altresì proposto impugnativa avverso l’ordinanza che ha ingiunto la demolizione delle opere di cui sopra, con ricorso rubricato al n. 3199/2000 R.G. di Questo Tribunale, il quale ha rigettato la domanda con sentenza confermata, nelle more del giudizio.
Il verbale di accertamento oggetto del ricorso principale viene quindi impugnato:
I.a) per violazione della ordinanza di Questo Tribunale, Sezione II, n. 596 del 03/09/99, violazione della Lg. 47/85 con riferimento alla L.R. 56/80, eccesso di potere per presupposizione e difetto assoluto di motivazione: il verbale, infatti, non tiene in alcun conto il fatto che il provvedimento revocatorio del 04/03/1999 é stato sospeso con ordinanza di Questo Tribunale n. 596/99;
I.b) per violazione dell’art. 7 L. 241/90, stante l’omesso avviso di avvio del procedimento di accertamento del presunto abuso edilizio.
Con il primo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato gli ulteriori atti indicati in epigrafe, sia per vizi propri che per vizi derivati. Mentre questi ripropongono le censure già esposte in ricorso introduttivo, in riferimento ai vizi propri si deduce:
II.a) violazione ed omessa applicazione dell’art. 41 DPR 380/01, come sostituito dall’art. 32 comma 49 ter D.L. 269/2003, nonché incompetenza del Comune di Bari: l’esecuzione della demolizione delle opere abusive deve essere infatti disposta dal Prefetto;
II.b) violazione ed omessa applicazione dell’art. 38 l. 47/85, in relazione all’art. 32 D.L. 269/2003, nonché incompetenza del Comune di Bari: il ricorrente ha proposto istanza di sanatoria ex d.l. 269/2003, di guisa che mentre i precedenti provvedimenti repressivi hanno perso efficacia, sussiste l’obbligo del Comune di sospendere il procedimento relativo alla irrogazione delle sanzioni.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti vengono impugnati ulteriori atti, meglio indicati in epigrafe: vengono dedotti, in via derivata, i vizi già dedotti con i primi due ricorsi, nonché i seguenti vizi propri:
III.a) violazione ed omessa applicazione dell’art. 32 comma 25 e segg. d.l. 269/2003, nonché violazione della ordinanza del TAR Puglia-Bari n. 848/2005, eccesso di potere per abnormità procedimentale e per difetto assoluto di istruttoria: il provvedimento impugnato, infatti, non tiene conto del fatto che é pendente istanza di sanatoria ex d.l. 269/2003, non ancora definita, dalla quale discende, ex art. 44 L. 47/85, l’obbligo per il Comune di sospendere i procedimenti amministrativi sanzionatori in corso; vi é inoltre violazione della stessa ordinanza del Collegio n. 848/2005;
III.b) violazione del giudicato formatosi inter partes sulla sentenza di Questo Tribunale n. 5842/2002, confermata dal Consiglio di Stato, nonché violazione della sentenza di Questo Tribunale n. 744 del 16/03/2007: il condominio X. ha presentato istanza al fine di ottenere l’assegnazione della porzione di suolo della quale il Comune non autorizza la recinzione, ed il TAR Bari, con sentenza 2086/2007, ha accertato l’obbligo del Comune di Bari di definire il procedimento avviato con detta istanza, sia pure tenendo conto della posizione e delle aspettative del Condominio contro interessato: il Comune avrebbe pertanto dovuto prima provvedere sulla istanza di assegnazione presentata dalla ricorrente e poi, semmai, proseguire nella esecuzione della ordinanza di demolizione;
III.c) violazione dell’art. 7 L. 241/90, per omesso avviso dell’avvio del procedimento relativo alla demolizione delle opere di che trattasi
Si sono costituiti in giudizio, resistendo al ricorso, sia il Comune di Bari che il contro interessato Condominio Consedil Nova.
Alla udienza del 20/10/2005, con ordinanza n. 848/2005, veniva rigettata la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo nonché con il primo ricorso per motivi aggiunti, per mancanza di periculum, stante la obbligatoria sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori determinata dalla presentazione della istanza di condono presentata dalla ricorrente.
Alla udienza del 14/11/2007 veniva invece accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con il terzo ricorso per motivi aggiunti.
Infine, alla udienza pubblica dell’08/10/2008 i tre ricorsi venivano introitati a decisione definitiva.
Diritto
1. Al fine della corretta comprensione di quanto in appresso si dirà è necessario premettere e richiamare i fatti salienti della vicenda portata alla attenzione del Collegio.
Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 689 del 17/07/1975 il Comune di Bari assegnava alle Cooperative X. e Consedil Nova, indivisamente tra loro, il diritto di superficie sul lotto edificabile n. 4, settore E, del piano di Zona di Poggiofranco. A tale assegnazione faceva seguito una seconda delibera consiliare, n. 755/77, con la quale, previo frazionamento del lotto, a ciascuna delle cooperative veniva assegnata in via esclusiva una quota parte di esso.
L’accesso ai fabbricati rispettivamente realizzati da parte delle due Cooperative veniva esercitato, per un certo periodo di tempo, in attraversamento del lotto assegnato alla Cooperativa X., in conformità alle previsioni di viabilità del Piano di Zona vigente. Tale sistema suscitava però inconvenienti, sicché, con delibera consiliare n. 520 del 12/05/1989, mai gravata né moficata o ritirata in autotutela, il Comune modificava le previsioni relative alla viabilità della zona istituendo una nuova strada di distribuzione all’interno dei lotti 2, 3 e 4: orbene, come si legge nella comparsa di costituzione del Comune di Bari depositata il 27/09/2005, per effetto di tale variante il lotto assegnato in via esclusiva alla Cooperativa X. si accresceva di quella superficie di 478 mq. - fisicamente situata all’interno del lotto assegnato alla Cooperativa X. e sino ad allora utilizzata per l’accesso ai lotti – che perdeva la propria vocazione a viabilità per diventare area edificatoria all’interno del lotto già assegnato alla Cooperativa X..
Per tale ragione, su richiesta di questa ultima, il Comune di Bari, con provvedimento n. 5133 del 16/07/1998, inizialmente autorizzava la Cooperativa X. a recintare il perimetro esterno del lotto di sua competenza, ivi compresa l’area, in esso situata, prima adibita a viabilità di tutto il lotto 4.
Improvvisamente privato della possibilità di usufruire del passaggio preesistente, in attraversamento del lotto assegnato in via esclusiva al condominio ricorrente, la Cooperativa Consedil Nova, con ricorso 05/11/99 promuoveva, nei confronti di quello, azione civile possessoria onde ottenere la reintegra nel passaggio.
In data 23/02/1999 il Condominio X. depositava istanza per formalizzare con concessione superficiaria il godimento della superficie di mq. 478 sottratta alla viabilità del lotto.
Poco tempo dopo, e precisamente con provvedimento 04/03/99, il Comune di Bari revocava l’autorizzazione già rilasciata, poiché – come si legge sempre a pag. 2 della memoria depositata dalla difesa del Comune di Bari in data 27/09/2005 - “erroneamente rilasciata con riferimento alla mancata definizione, mediante stipula di apposita convenzione, del diritto di superficie sull’area suddetta, ubicata all’interno del lotto assegnato al Condominio X.”: seguiva, il 05/07/1999, nuovo titolo autorizzatorio, mediante il quale il Condominio X. veniva autorizzato a recintare solo la parte del lotto ad esso assegnato retrostante il fabbricato, con esclusione della superficie di mq. 478 rimasta in proprietà comunale, ma sottratta alla viabilità dalla delibera consiliare n. 520 del 12/05/1989.
Non essendosi il Condominio X. adeguato alla nuova autorizzazione, il Comune, con provvedimento 29/08/2000 in. 32050, ingiungeva la demolizione delle opere abusive, che veniva tempestivamente gravata.
Nel frattempo precisamente con istanza 22/12/1999 (cfr. memoria Consedil Nova 19/10/2005 pag. 3), anche la controinteressata depositava istanza per formalizzare concessione superficiaria in relazione all’area di mq. 478 sottratta a viabilità del lotto.
Questa, però, veniva assegnata al Condominio X. con delibera di Giunta Municipale n. 1283 del 20/12/2001, che pure veniva tempestivamente gravata dal controinteressato Condominio Consedil Nova.
Con sentenza n.. 5842/2002, Questo Tribunale respingeva l’impugnativa proposta avverso l’ingiunzione di demolizione delle opere 29/08/2000 ed annullava la delibera di Giunta Municipale 20/12/2001 n. 1283, sul presupposto che il Comune avrebbe dovuto esperire procedura comparativa prima di decidere a quale dei due contendenti assegnare il diritto di superficie già adibito a viabilità del lotto.
Il Tribunale Civile di Bari, invece, si pronunciava sul ricorso possessorio con sentenza 1297 del 10-26/06/2002, dichiarandolo improponibile: nella motivazione ( pagg. 7-8) il Tribunale Civile dà atto che la recinzione collocata dal Condominio X. si allinea ed è perfettamente conforme alle previsioni della variante del piano di zona approvato con delibera consiliare n. 520 del 12/05/1989, deducendone la impossibilità per la Autorità Giudiziaria Ordinaria di adottare qualsivoglia provvedimento di reintegra.
Seguiva, da parte del Comune, il verbale di accertamento 11/06/2003, impugnato con ricorso introduttivo.
Ancora pendente il procedimento volto ad individuare quale dei due condomini avrebbe potuto rendersi assegnatario del diritto di superficie sull’area di 478 mq. già adibita a viabilità del lotto, il condominio ricorrente presentava, nei termini di legge, istanza per la definizione di illeciti edilizi ai sensi del d.l. 269/2003.
Nel 2005 il Comune adottava gli atti gravati con il primo ricorso per motivi aggiunti.
Con sentenza n. 2290/2006 il Consiglio di Stato si pronunciava in sede di appello avverso la sopra ricordata sentenza di Questo Tribunale n. 5842/2002, che confermava integralmente dopo aver negato la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., richiesta dal Condominio X. ex art. 44 L. 47/85.
Su richiesta del Condominio X. Questo Tribunale, con sentenza 744/2007, dichiarava la illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Bari sulla istanza 23/02/99 presentata dalla ricorrente per ottenere di diventare assegnataria della residua parte del lotto 4, oggetto di contestazione.
Con sentenza n. 2086 del 05/09/2007, invece, Questo Tribunale accoglieva il ricorso presentato dal Condominio Consedil Nova per l’ottemperanza alla sentenza del Questo Tribunale n. 5842/2002, e per l’effetto dichiarava l’obbligo del Comune di Bari sia di provvedere al riesame della istanza di assegnazione 22/12/99, presentata dal Condominio Consedil Nova, sia di portare ad esecuzione l’ingiunzione di demolizione 29/08/2000.
In esito a ciò il Comune di Bari, senza provvedere sulle istanze delle parti volte alla concessione in diritto superficiario della superficie di mq. 478 rinveniente all’interno del lotto 4 a seguito della modifica della viabilità di zona, adottava il provvedimento impugnato con il secondo ricorso per motivi aggiunti.
Il Consiglio di Stato, infine, con sentenza n. 2988/2008, in sede di appello avverso la sentenza di Questo Tribunale n. 2086/2007, affermava l’infondatezza dell’unico motivo d’appello, a mezzo del quale il Condominio X. aveva sostenuto non potersi portare ad esecuzione l’ingiunzione di demolizione in ragione della istanza di condono nel frattempo depositata.
Tanto premesso in punto di fatto, è ora possibile passare alla disamina dei ricorsi.
2. Va prioritariamente esaminato il secondo dei ricorsi per motivi aggiunti, a mezzo del quale viene dedotta l’illegittimità dell’ultimo avviso relativo all’inizio dei lavori di demolizione, meglio indicato in epigrafe, in quanto adottato dal Comune di Bari prima di aver definito il procedimento relativo alla assegnazione in concessione dell’area di mq. 478 già sede della preesistente viabilità.
La censura è meritevole di accoglimento.
2.1. Il fatto che nel caso di specie sul Comune gravasse, e gravi tuttora, l’obbligo di espletare preliminarmente il procedimento relativo alla assegnazione dell’area già adibita a viabilità del lotto 4, settore E, Piano di Zona di Poggiofranco, emerge dalla constatazione che il Condominio X. ha una aspettativa concreta a diventare concessionario dell’area delimitata dalla recinzione stessa e, perciò, ha anche una aspettativa concreta ad ottenere la sanatoria ex d.l. 269/2003 relativamente alla parte di detta recinzione abusivamente realizzata.
Significativa al proposito è la circostanza, ammessa dal Comune di Bari nelle sue difese, che l’area di mq. 478 sulla quale veniva esercitato l’accesso al lotto da parte del Condominio Consedil Nova, benché di proprietà comunale, di fatto è ubicato all’interno del lotto assegnato in via esclusiva al Condominio X.: l’accesso alle abitazioni del fabbricato Consedil Nova veniva infatti esercitato tramite un sottopassaggio, realizzato sotto al fabbricato X., il quale pertanto si frapponeva tra l’accesso al lotto ed il fabbricato Consedil Nova.
In tale situazione è evidente che nel momento in cui le previsioni di viabilità della zona vengono mutate, con istituzione di una nuova strada che consente la realizzazione di un nuovo accesso al lotto 4, collocato in posizione centrale tra i due fabbricati, vien meno l’esigenza, per gli abitanti del condominio Consedil Nova, di continuare ad accedere in attraversamento del lotto X.. E’ parimenti innegabile che in tale situazione la concessione in uso del sedime non più utilizzato a viabilità di lotto spetta, per “vocazione”, al lotto X., al cui interno è collocato.
Quanto sopra, naturalmente, non vale ad affermare che anche il Condominio Consedil Nova non potesse e non possa ambire a divenire concessionario di questa residua parte del lotto 4, rimasta non assegnata; né implica che il Comune possa procedere alla assegnazione dell’area di che trattasi prescindendo da quella comparazione - tra le istanze presentate dai due condomini – già raccomandata da Questo Tribunale allo scopo di tutelare sia l’interesse pubblico che le aspettative che il Condominio Consedil Nova può aver riposto nel fatto di divenire concessionario. Quanto sopra significa semplicemente che il Condominio X. aveva ed ha una aspettativa particolarmente qualificata a divenire concessionario, trovandosi l’area oggetto di contesa all’interno del lotto di sua esclusiva pertinenza e sussistendo ormai, per il Condominio Consedil Nova, la concreta possibilità di accedere al proprio lotto da altro ingresso. Ed è possibile che la Giunta Municipale, allorché con delibera 1283/2001 decise di assegnare l’area in uso esclusivo al ricorrente, abbia tenuto conto proprio di considerazioni simili.
2.2. La sussistenza, a favore del ricorrente, di una aspettativa di tal sorta, determinata dalla stessa morfologìa dei luoghi, già di per sé doveva indurre il Comune a completare la procedura di affidamento in uso dell’area stessa prima di dare esecuzione alla ingiunzione di demolizione, e ciò in ossequio ai principi generali che impongono alla Pubblica Amministrazione di mantenere, nel proprio agire, una particolare correttezza e ragionevolezza.
2.3. Ma il medesimo principio è anche sotteso ad una norma di legge: si allude all’art. 32 comma 5 L. 47/85, cui rinvia l’art. 32 d.l. 269/2003, a mente del quale “Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell’ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l’uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all’uso del suolo, anche se gravato da usi civici, viene espressa dagli enti pubblici territoriali proprietari entro il termine di 180 giorni dalla richiesta. La richiesta di disponibilità all’uso del suolo deve essere limitata alla superficie occupata dalle costruzioni oggetto della sanatoria e alle pertinenze strettamente necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all’area coperta dal fabbricato…. (omissis)…..L’atto di disponibilità, regolato con convenzione di cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito dall’ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento dell’importo come sopra determinato.”
Dalla norma dianzi ricordata emerge evidentissimo che ai fini del rilascio della sanatoria ex d.l. 269/2003 non è, in via assoluta, ostativo il fatto che gli abusi insistano su suolo pubblico: la sanatoria è anzi possibile anche in questi casi se l’ente interessato sia di fatto disponibile a concedere la porzione di suolo interessata in diritto di superficie all’interessato. In tal caso, effettuato il pagamento del valore dell’area, nella misura determinata dalla Agenzia del Demanio, e stipulata la convenzione, può essere rilasciata la concessione in sanatoria.
Ma la norma in esame evidenzia anche come la sanatoria di che trattasi sia perfettamente ammissibile anche laddove la pratica per la concessione in uso del suolo pubblico non risulti essere già istruita al momento della presentazione della istanza di condono: anzi, la norma pare proprio prendere in considerazione l’eventualità in cui l’interessato presenti la richiesta di disponibilità dell’area demaniale dopo aver già presentato l’istanza di condono. E’ comunque evidente che laddove la richiesta di sanatoria riguardi un abuso realizzato su suolo pubblico, la definizione della concessione in uso del suolo medesimo diventa pregiudiziale rispetto alla definizione del procedimento di sanatoria.
Nel caso di specie il ricorrente aveva presentato istanza per ottenere l’uso in via esclusiva dell’area già dal 23/02/1999, ed il Comune, con la delibera di Giunta Municipale n. 1283 del 2001 aveva dimostrato di essere concretamente disponibile a cedere in uso non solo il sedime corrispondente alla superficie concretamente occupata dalle opere abusive, ma l’intera superficie di mq. 478. Con questo precedente, e pur tenendo conto della aleatorietà insita nella rinnovazione della procedura di assegnazione dell’area, il Condominio X. a buon diritto riponeva fiducia nella circostanza che anche la domanda di condono sarebbe stata quantomeno correttamente istruita e che il Comune non avrebbe posto in essere comportamenti in grado di pregiudicarne l’esito.
2.4. Per tali ragioni il Comune non avrebbe dovuto adottare gli atti esecutivi della ingiunzione di demolizione, prima di aver espletato la procedura relativa alla concessione in uso dell’area in contestazione e la conseguente pratica di sanatoria: è invero contrario ad ogni logica nonché all’evidente ratio della normativa sul condono l’applicazione di provvedimenti repressivi e sanzionatori ordinari, che frustrano l’effetto della eventuale successiva sanatoria. Non è un caso che la legge sul condono disponga la sospensione dei procedimenti amministrativi e penali aventi ad oggetto abusi edilizi di cui sia stata richiesta la sanatoria: ma, si deve rimarcare, la normativa in parte qua non fa altro che positivizzare un evidente principio di ragionevolezza ed equità sostanziale.
Non si comprende, pertanto, per quale motivo il Comune nel 2005 abbia deciso di “riesumare” il procedimento sanzionatorio degli abusi edilizi, nonostante la contemporanea pendenza sia del procedimento per la sanatoria degli abusi, sia del procedimento - pregiudiziale rispetto a quello - finalizzato alla concessione in uso del suolo interessato dagli abusi: tanto più che ad un canone di comportamento corretto il Comune si era invece attenuto in passato, posto che, pur dopo aver emesso l’ingiunzione di demolizione, si era astenuto dall’adottare ogni provvedimento consequenziale, giungendo nel 2001 ad assegnare l’uso dell’area in via esclusiva al ricorrente.
L’avviso impugnato del cui esame si tratta, in quanto adottato prima della definizione della istanza di concessione in uso esclusivo della superficie recintata nonché prima della definizione della istanza di sanatoria, deve considerarsi illegittimo per violazione di quei principi di correttezza e ragionevolezza che debbono informare l’agire della Pubblica Amministrazione quale mezzo per assicurare il buon andamento dell’amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost.
2.5. Il Comune non può poi giustificarsi adducendo che i provvedimenti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti costituiscano mera esecuzione del giudicato contenuto nella sentenza di Questo Tribunale n. 5842/2002: è ben vero che nella specie vengono in considerazione atti di natura vincolata, ma è altrettanto vero che nel momento in cui essi venivano adottati non sussistevano, per i motivi sopra detti, le condizioni per portare ad esecuzione l’ingiunzione di demolizione: al proposito vale la pena sottolineare che l’obbligo di conformarsi ad un giudicato non equivale affatto ad una licenza per l’Amministrazione di porre in essere la necessaria attività conformativa in violazione di normative o in spregio ai canoni di comportamento cui essa deve attenersi.
2.6. Né, infine, il Comune o la controinteressata possono invocare a proprio favore le sentenze del Consiglio di Stato nn. 2290/06 e 2988/08, con le quali è stata affermata la non sanabilità dell’abuso commesso dal ricorrente: sul punto, infatti, i menzionati pronunciamenti non sono idonei a dar luogo a giudicato.
Non è idonea a dar luogo a giudicato la affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza n. 2290/06, secondo la quale “..la contestata recinzione del condominio X. ha inglobato un’area di pacifica prorprietà pubblica, perpetrando quindi una tipologìa di abuso non avente carattere propriamente edilizio e quindi non sussumibile nelle ipotesi cui si applica la richiamata normativa”. Trattasi di affermazione resa nel contesto dell’esame di una eccezione di carattere meramente processuale, con la quale il Condominio X. chiedeva la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. in relazione alla pendenza della istanza di sanatoria: la sanabilità o meno dell’abuso non era in quella sede oggetto del thema decidendum e la relativa affermazione deve essere intesa come un mero obiter dictum, sul quale, come noto, non scende il giudicato.
Allo stesso modo non è idonea a dar luogo a giudicato la affermazione medesima, richiamata nella sentenza n. 2988/08, con la quale il Consiglio di Stato ha respinto l’appello del Condominio X. avverso la sentenza di Questo Tribunale n. 2086/2007, pronunciata in sede di ottemperanza. La ragione per cui neppure l’affermazione contenuta nella sentenza in esame è idonea a far scendere un giudicato in ordine alla non sanabilità degli abusi commessi dal ricorrente, è data da ciò: che secondo l’insegnamento della Suprema Corte regolatrice, il giudicato si forma sulla domanda proposta come identificabile dal petitum e dalla causa petendi e non si estende alla motivazione se non nei limiti in cui essa risolve questioni di fatto pregiudiziali in senso logico (ad es. Cass. 14/03/1995 n. 2645; Cass. 23/12/1999 n. 14477, Cass. 18/10/1997 n. 10196): in particolare non rimane coperta da giudicato la interpretazione della norma (Cass. 23/01/1991 n. 660) né l’accertamento meramente incidentale (arg. Ex art. 34 c.p.c.).
La affermazione del Consiglio di Stato che qui si sta esaminando costituisce, a ben vedere, una mera interpretazione della normativa sul condono, della quale il Supremo Collegio si è servito non per valutare la legittimità o meno di un provvedimento avente ad oggetto l’istanza di sanatoria presentata dal ricorrente, bensì per respingere l’eccezione di illegittimità, in relazione all’obbligo di sospensione di tutti i procedimenti amministrativi e penali aventi ad oggetto abusi oggetto di domanda di condono, degli atti esecutivi dell’ordine di demolizione 29/08/2000. Pertanto essa non è idonea a dar luogo a giudicato sia perché, come detto, essa si estrinseca in una interpretazione della normativa sul condono con la quale viene affrontata, in via meramente incidentale, una questione di ordine giuridico ma non anche una questione di fatto di orgine logico-pregiudiziale; sia perché la questione della sanabilità o meno dell’abuso di che trattasi, in quanto involgente un suolo pubblico, non era stata introdotta nel thema decidendum. Va al proposito ricordato che il giudicato amministrativo va riferito solo agli atti oggetto di impugnativa ed ai vizi in concreto dedotti ( si veda l’articolo di A. Travi “Il giudicato amministrativo”, in Dir. Proc. Amm., 4/2006): non è quindi possibile che l’affermazione che si sta esaminando, contenuta nei citati pronunziamenti del Consiglio di Stato, sia idonea a condizionare le valutazioni che il Comune dovrà compiere in sede di decisione sulla istanza di sanatoria presentata dal ricorrente, posto che alcuna decisione su detta istanza è mai stata adottata né portata alla attenzione del Giudice Amministrativo.
A tutto voler concedere, quindi, la sentenza n. 2988/08 del Consiglio di Stato può far stato solo in ordine alla insussistenza di una illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 44 L. 47/85. Certamente essa non fa stato sulla affermata – ma non condivisibile – non sanabilità dell’abuso di che trattasi, né preclude una declaratoria di illegittimità degli atti impugnati per violazione dei principi generali di correttezza e ragionevolezza che devono assistere la azione amministrativa.
2.7. Il secondo dei ricorsi per motivi aggiunti può conclusivamente essere accolto per le ragioni sopra esposte, con assorbimento di ogni ulteriore censura.
3. Devono invece essere dichiarati improcedibili i primi due ricorsi per sopravvenuto difetto di interesse.
3.1. Va dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, mediante il quale si impugna il verbale di accertamento di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 134 del 11/06/2003: trattasi infatti di atto avente natura meramente accertativa, privo di autonoma lesività e pertanto allo stato insuscettibile di creare pregiudizio al ricorrente, tenuto conto del fatto che, in conseguenza delle statuizioni che precedono, il Comune non potrà riadottare gli atti necessari a portare in esecuzione l’ingiunzione di demolizione 29/08/2000 se non dopo aver esperito la procedura necessaria ad assegnare il suolo conteso ad un delle due Cooperative ed essersi eventualmente pronunciato in senso negativo sulla istanza di condono ex d.l. 269/2003 presentata dal condominio ricorrente.
3.2. Per le medesime ragioni il Collegio ravvisa sopravvenuto difetto di interesse anche relativamente all’annullamento degli atti impugnati con il primo dei ricorsi per motivi aggiunti: il Comune, si ribadisce, non potrà adottare alcun ulteriore atto di esecuzione sintantoché il Comune non abbia espletato la procedura di assegnazione del suolo e quella relativa alla sanatoria delle opere abusive, a meno, evidentemente, di non voler incorrere nella illegittimità censurata con il secondo dei ricorsi per motivi aggiunti.
3.3. Tenuto conto di quanto sopra è possibile prescindere dall’esame dei motivi articolati a mezzo del ricorso introduttivo e del primo ricorso per motivi aggiunti.
4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in relazione agli equivoci che può aver ingenerato l’interpretazione delle sentenze rese inter partes dal Consiglio di Stato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari, sezione III, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe:
dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso introduttivo del giudizio nonché il ricorso per motivi aggiunti, depositato il 23/09/2005;
accoglie il ricorso per motivi aggiunti depositato il 25/10/2007 e per l’effetto annulla la nota dirigenziale del Comune di Bari, Ripartizione Edilizia Pubblica prot. 264542 del 04/10/2007, recante comunicazione di inizio lavori di demolizione delle opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità.

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