lunedì 16 febbraio 2009

news dalle Commissioni Tributarie e dalla S.C. sez. Tributaria

Premessa introduttiva
Continuiamo, anche in questa puntata della rubrica, ad illustrare i massimari delle sentenze che hanno affrontato il tema dell’onere della prova.
Il riferimento è sempre quello di casi pratici di rilevante interesse (fatturazioni false, conti bancari, redditometro), mentre si segnalano per una lettura più attenta due sentenze che disciplinano il potere del Giudice di sopperire le mancanze di parte onerata.
****
Operazioni fittizie
L’Amministrazione finanziaria che intenda contestare la sussistenza di determinate operazioni economiche asserite come fittizie ovvero inesistenti non deve limitarsi a generiche affermazioni od al mero disconoscimento della documentazione offerta dal contribuente essendo onerata della dimostrazione, anche tramite indizi e presunzioni, di simile asserzione. D’altro canto, in dipendenza di circostanziata contestazione spetta al contribuente dimostrare l’effettività delle operazioni qualificate come inesistenti.(Cassazione, sentenza n. 29396/08)
Indici rivelatori della sussistenza di un vincolo societario
La sussistenza del vincolo sociale costituisce apprezzamento di fatto - la cui valutazione è demandata al giudice del merito - pregiudiziale al fine di legittimare l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi fondato sulla convinzione dell’esistenza di una società di fatto della quale il contribuente sia parte integrante. Indice rivelatore di siffatta esistenza ben può essere identificato nella circostanza secondo la quale il corrispettivo delle commesse affidate ad un soggetto viene ad essere assolto da soggetto diverso ovvero nell’utilità tratta dall’intermediazione di un soggetto in favore di un altro.(Cassazione, sentenza n. 29437/08)
Onere della prova e obblighi del Giudice Tributario
E’ principio già enunciato dalla Corte quello secondo cui “A fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del soggetto onerato, il giudice tributario non è tenuto ad acquisire d’ufficio le prove in forza dei poteri istruttri attribuitigli dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell’onere probatorio principale e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale delle parti nel processo, solo per sopperire all’impossibilità di una parte di esibire documenti in possesso dell’altra. (Nella specie, in applicazione del riferito principio la Suprema Corte ha confermato la pronuncia impugnata che aveva rigettato l’appello dell’Ufficio per essersi questo limitato ad asserzioni labiali dei fatti, mai allegando supporti do! cumentali e atteso, altresì, le doglianze generiche contenute nell’appello, sul negato rilievo probatorio della documentazione extra contabile mai messa peraltro a disposizione della commissione)” (Cassazione civile, sez. trib., 14 aprile 2007, n. 10970).(Cassazione, sentenza n. 683/09)
Conti bancari
Qualora dall’esame dei conti e rapporti intrattenuti dai soci con istituti di credito si abbia motivo di ritenere sussistente una materia imponibile superiore a quella dichiarata, l’Amministrazione finanziaria è ammessa alla rettifica competendo al contribuente la dimostrazione che quanto emerso dalle rilevazioni e movimentazioni dei conti e rapporti è estraneo alla determinazione del reddito d’impresa. A tale fine, non è sufficiente il semplice riferimento alla gestione di altre attività dovendosi all’uopo indicare quali risultanze si riferiscono a ciascuna realtà operativa.(Cassazione, sentenza n. 1444/09)
Fatture false
La documentazione aziendale (fatture e libri contabili) è strumento idoneo a dimostrare l’esistenza delle operazioni riportate, ed incombe sull’Amministrazione che intenda disconoscere tale documentazione (nel caso di specie asserendo che determinate operazioni documentate con fatture erano in realtà inesistenti) l’onere di provarne, anche attraverso presunzioni, l’inattendibilità.(Cassazione, sentenza n. 1023/08)
Redditometro senza prova
Gli accertamenti effettuati mediante redditometro si sottraggono all’obbligo di motivazione ex art. 3, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria è esonerata da qualunque prova ulteriore rispetto ai fatti indicativi di capacità contributiva individuati dal redditometro e posti a base della pretesa fiscale (nel caso di specie: possesso di automobili), gravando sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presupposto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore(Cassazione, sentenza n. 25386/07)

news dalle Commissioni Tributarie e dalla S.C. sez. Tributaria

Premessa introduttiva
Continuiamo, anche in questa puntata della rubrica, ad illustrare i massimari delle sentenze che hanno affrontato il tema dell’onere della prova.
Il riferimento è sempre quello di casi pratici di rilevante interesse (fatturazioni false, conti bancari, redditometro), mentre si segnalano per una lettura più attenta due sentenze che disciplinano il potere del Giudice di sopperire le mancanze di parte onerata.
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Operazioni fittizie
L’Amministrazione finanziaria che intenda contestare la sussistenza di determinate operazioni economiche asserite come fittizie ovvero inesistenti non deve limitarsi a generiche affermazioni od al mero disconoscimento della documentazione offerta dal contribuente essendo onerata della dimostrazione, anche tramite indizi e presunzioni, di simile asserzione. D’altro canto, in dipendenza di circostanziata contestazione spetta al contribuente dimostrare l’effettività delle operazioni qualificate come inesistenti.(Cassazione, sentenza n. 29396/08)
Indici rivelatori della sussistenza di un vincolo societario
La sussistenza del vincolo sociale costituisce apprezzamento di fatto - la cui valutazione è demandata al giudice del merito - pregiudiziale al fine di legittimare l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi fondato sulla convinzione dell’esistenza di una società di fatto della quale il contribuente sia parte integrante. Indice rivelatore di siffatta esistenza ben può essere identificato nella circostanza secondo la quale il corrispettivo delle commesse affidate ad un soggetto viene ad essere assolto da soggetto diverso ovvero nell’utilità tratta dall’intermediazione di un soggetto in favore di un altro.(Cassazione, sentenza n. 29437/08)
Onere della prova e obblighi del Giudice Tributario
E’ principio già enunciato dalla Corte quello secondo cui “A fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del soggetto onerato, il giudice tributario non è tenuto ad acquisire d’ufficio le prove in forza dei poteri istruttri attribuitigli dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell’onere probatorio principale e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale delle parti nel processo, solo per sopperire all’impossibilità di una parte di esibire documenti in possesso dell’altra. (Nella specie, in applicazione del riferito principio la Suprema Corte ha confermato la pronuncia impugnata che aveva rigettato l’appello dell’Ufficio per essersi questo limitato ad asserzioni labiali dei fatti, mai allegando supporti do! cumentali e atteso, altresì, le doglianze generiche contenute nell’appello, sul negato rilievo probatorio della documentazione extra contabile mai messa peraltro a disposizione della commissione)” (Cassazione civile, sez. trib., 14 aprile 2007, n. 10970).(Cassazione, sentenza n. 683/09)
Conti bancari
Qualora dall’esame dei conti e rapporti intrattenuti dai soci con istituti di credito si abbia motivo di ritenere sussistente una materia imponibile superiore a quella dichiarata, l’Amministrazione finanziaria è ammessa alla rettifica competendo al contribuente la dimostrazione che quanto emerso dalle rilevazioni e movimentazioni dei conti e rapporti è estraneo alla determinazione del reddito d’impresa. A tale fine, non è sufficiente il semplice riferimento alla gestione di altre attività dovendosi all’uopo indicare quali risultanze si riferiscono a ciascuna realtà operativa.(Cassazione, sentenza n. 1444/09)
Fatture false
La documentazione aziendale (fatture e libri contabili) è strumento idoneo a dimostrare l’esistenza delle operazioni riportate, ed incombe sull’Amministrazione che intenda disconoscere tale documentazione (nel caso di specie asserendo che determinate operazioni documentate con fatture erano in realtà inesistenti) l’onere di provarne, anche attraverso presunzioni, l’inattendibilità.(Cassazione, sentenza n. 1023/08)
Redditometro senza prova
Gli accertamenti effettuati mediante redditometro si sottraggono all’obbligo di motivazione ex art. 3, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria è esonerata da qualunque prova ulteriore rispetto ai fatti indicativi di capacità contributiva individuati dal redditometro e posti a base della pretesa fiscale (nel caso di specie: possesso di automobili), gravando sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presupposto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore(Cassazione, sentenza n. 25386/07)

Dedicato alla Thyssen


Dedicato alla Thyssen


Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime sul lavoro: le regole per l'accesso

Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime sul lavoro: le regole per l'accesso
Decreto Ministero Lavoro, salute e politiche sociali 19.11.2008, G.U. 02.02.2009

Il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro eroga una prestazione una tantum al nucleo dei familiari superstiti dei lavoratori deceduti, anche se questi ultimi erano privi di copertura assicurativa obbligatoria.
E' quanto stabilisce il D.M. 19 novembre 2008 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 2009, n. 26) con il quale il Ministero del Lavoro fissa tipologie di benefici, requisiti e modalità di accesso al Fondo istituito dalla Legge 296/2006 (Finanziaria 2007).
In particolare per gli eventi verificatesi tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 l'importo della prestazione varia in base al numero dei componenti il nucleo familiare 'superstite':
1.500 euro (1 superstite);
1.900 euro (2);
2.200 euro (3);
2.500 euro (pù di 3).
(Altalex, 10 febbraio 2009)
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI, DECRETO 19 novembre 2008
Tipologie di benefici, requisiti e modalita' di accesso al Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
(GU n. 26 del 2-2-2009)
IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI
Visto l'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che, al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro, anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ha istituito il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di seguito denominato Fondo;Visto che il medesimo art. 1, comma 1187, ha previsto che con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali siano definite le tipologie dei benefici concessi nonche' i requisiti e le modalita' di accesso agli stessi;Visto che il medesimo art. 1, comma 1187, ha conferito al Fondo la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;Visto il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 luglio 2007 con il quale sono stati individuate le tipologie dei benefici concessi e i requisiti e le modalita' di accesso agli stessi ai sensi dell'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;Visto l'art. 2, comma 534, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il quale ha incrementato la dotazione del Fondo di cui sopra «di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010»;Visto l'art. 9, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale dispone che l'INAIL «eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del Fondo di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» e che «in sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a far data dal 1° gennaio 2007»;Visto l'art. 9, comma 7, lettera e), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale dispone che l'IPSEMA «eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del Fondo di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n.296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo» e che «in sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a far data dal 1° gennaio 2007»;Vista la legge n. 493 del 3 dicembre 1999 recante «Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici» ed, in particolare, l'art. 7, comma 5, e successive disposizioni attuative di cui al decreto ministeriale del 31 gennaio 2006, in merito alla «Estensione dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico ai casi di infortunio mortale»;Vista la nota dell'8 settembre 2008 con la quale l'INAIL, in raccordo con l'IPSEMA, ha comunicato la stima della spesa per l'esercizio finanziario 2008 per l'erogazione della prestazione di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;Ritenuto che, in fase di prima applicazione della normativa, le prestazioni erogate dal Fondo debbano essere destinate ai soli familiari dei lavoratori deceduti a causa di infortuni sul lavoro e consistere in una prestazione una tantum in favore dei predetti familiari;Ritenuto, altresi', che occorre provvedere alla modifica del decreto 2 luglio 2007 in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 4, lettera d) e comma 7, lettera e), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
Decreta:
Art. 1.
Benefici erogati dal Fondo
1. Il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall'art. 2, comma 534, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, eroga una prestazione una tantum al nucleo dei familiari superstiti dei lavoratori deceduti a causa di infortunio sul lavoro. La prestazione erogata dal Fondo non e' soggetta a rivalsa e non limita l'ammontare del risarcimento del danno in favore dei familiari del lavoratore.2. L'importo della prestazione di cui al comma 1 e' parametrato al numero dei familiari superstiti del lavoratore, ed e' annualmente determinato in relazione alle risorse disponibili.3. Per gli eventi verificatesi tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 l'importo della prestazione di cui al comma 1 e' determinato secondo le seguenti quattro tipologie:
Tipologia
N. superstiti
Importo per nucleo superstiti (euro)
A
1
1.500

B
2
1.900

C
3
2.200

D
più di 3
2.500

4. La prestazione una tantum a carico del Fondo viene erogata anche ai superstiti dei lavoratori privi di copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, di seguito denominato Testo Unico.5. Con riferimento agli infortuni mortali in ambito domestico la prestazione una tantum a carico del Fondo e' erogata ai familiari superstiti degli assicurati di cui all'art. 7 della legge 3 dicembre 1999, n. 493.6. Il beneficio di cui al comma 1, non soggetto a tassazione in relazione alla natura e finalita' dell'erogazione in analogia a quanto previsto dall'art. 34, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601/1973 e successive modificazioni e integrazioni, e' cumulabile con altre misure di sostegno in favore dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro.7. Nei casi di erogazione della prestazione una tantum da parte del Fondo, l'INAIL o l'IPSEMA liquidano un'anticipazione della rendita ai superstiti, di cui all'art. 85 del Testo Unico, dei soggetti assicurati.8. Ferme restando le misure e le condizioni previste dall'art. 85 del Testo Unico, l'importo dell'anticipazione di cui al comma 7 e' pari a 3/12 della rendita annua calcolata sulla retribuzione valida ai fini della determinazione del minimale di legge per la liquidazione delle rendite di cui all'art. 116, comma 3, del Testo Unico.
Art. 2.
Familiari superstiti aventi diritto ai benefici a carico del Fondo
1. Ferme restando le condizioni previste dall'art. 85 del Testo Unico, il beneficio di cui all'art. 1, nell'importo complessivo ivi stabilito, spetta:a) ai familiari superstiti del lavoratore deceduto, indicati all'art. 85, comma 1, punti 1) e 2), del Testo Unico;b) in mancanza dei familiari superstiti di cui alla lettera a), a quelli indicati nei punti 3) e 4), del medesimo art. 85.2. In caso di concorso di piu' aventi diritto, le quote sono divise tra i medesimi in parti uguali.3. Nei confronti di coloro i quali abbiano presentato domanda di concessione del beneficio ai sensi del decreto 2 luglio 2007 indicato in premessa, i beneficiari sono individuati con riferimento alle previsioni di cui all'art. 2 del medesimo decreto.
Art. 3.
Modalita' di accesso ai benefici ed erogazioni
1. Fermo restando il disposto di cui all'art. 5, il beneficio di cui all'art. 1, e' erogato, previa istanza, entro trenta giorni dall'accertamento sommario dal quale risulti che il decesso sia riconducibile ad infortunio sul lavoro.2. L'istanza deve essere presentata, o inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, entro 40 giorni dalla data del decesso, da uno solo degli aventi diritto alle sedi competenti per territorio dell'Istituto presso cui il lavoratore deceduto era assicurato.3. Nel caso di lavoratori non assicurati, le istanze devono essere inviate all'IPSEMA, per i superstiti dei lavoratori occupati nel settore marittimo e aereo, o all'INAIL.4. Unicamente per gli infortuni verificatisi antecedentemente alla data di pubblicazione del presente decreto e per i quali non sia stata gia' trasmessa la relativa istanza, la medesima dovra' essere presentata, con le stesse modalita' di cui al comma 1, entro 40 giorni dalla predetta data.5. L'istanza deve essere formulata utilizzando la modulistica allegata al presente decreto.
Art. 4.
Accertamento sommario
1. L'accertamento di cui all'art. 3, comma 1, e' effettuato con apposita ispezione congiunta dalla Direzione provinciale del lavoro - Servizio ispezione del lavoro, o dai corrispondenti uffici della regione Sicilia e delle province autonome di Trento e Bolzano, e dal Servizio ispettivo dell'INAIL, territorialmente competenti, i quali redigono una relazione e la inviano all'INAIL.2. Con riferimento agli infortuni nel settore marittimo e aereo, il relativo accertamento e' effettuato dai competenti uffici dell'IPSEMA in raccordo con gli altri organismi di vigilanza di settore.3. All'esito dell'accertamento sommario, dal quale risulti che il decesso sia riconducibile ad infortunio sul lavoro, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono alla erogazione dei benefici di cui all'art. 1.
Art. 5.
Procedura ordinaria di accertamento
1. Ove, a seguito dell'accertamento sommario, non sia stata riconosciuta la prestazione una tantum e all'esito della procedura ordinaria di accertamento si riscontri che il decesso sia riconducibile a infortunio sul lavoro, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono anche all'erogazione della prestazione una tantum.2. All'esito delle procedure ordinarie di accertamento, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono al recupero dei benefici indebitamente corrisposti, ai sensi dell'art. 2033 del Codice civile.
Art. 6.
Ripartizione e rendicontazione
1. Le prestazioni di cui all'art.1, sono erogate dall'INAIL e dall'IPSEMA, previo trasferimento delle risorse necessarie da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e ripartite proporzionalmente tra gli Istituti assicuratori sulla base del numero degli eventi mortali stimati.2. Al fine di monitorare l'andamento del fenomeno infortunistico nonche' l'utilizzo delle risorse a tal fine trasferite, entro 30 giorni dall'approvazione dei relativi bilanci l'INAIL e l'IPSEMA sono tenute a presentare al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il rendiconto annuale della relativa gestione.3. In sede di prima applicazione, tenuto conto delle modalita' di accesso ai benefici di cui all'art. 3, la presentazione dei rendiconti di cui al comma 2 e' fissata all'approvazione dei bilanci per l'esercizio finanziario 2009.4. Eventuali economie di gestione sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
Art. 7.
Contenzioso giudiziario
1. Il contenzioso giudiziario avverso il diniego della prestazione derivante dall'esito negativo dell'accertamento sommario e' posto a carico dell'INAIL e dell'IPSEMA.Il presente decreto sara' trasmesso alla Corte dei conti per il visto e per la registrazione ed entra in vigore decorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.Roma, 19 novembre 2008 Il Ministro : Sacconi Registrato alla Corte dei conti il 3 dicembre 2008 Ufficio controllo atti servizi alla persona e beni culturali, registro n. 6, foglio n. 147
Allegato
...omissis...

Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime sul lavoro: le regole per l'accesso

Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime sul lavoro: le regole per l'accesso
Decreto Ministero Lavoro, salute e politiche sociali 19.11.2008, G.U. 02.02.2009

Il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro eroga una prestazione una tantum al nucleo dei familiari superstiti dei lavoratori deceduti, anche se questi ultimi erano privi di copertura assicurativa obbligatoria.
E' quanto stabilisce il D.M. 19 novembre 2008 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 2 febbraio 2009, n. 26) con il quale il Ministero del Lavoro fissa tipologie di benefici, requisiti e modalità di accesso al Fondo istituito dalla Legge 296/2006 (Finanziaria 2007).
In particolare per gli eventi verificatesi tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 l'importo della prestazione varia in base al numero dei componenti il nucleo familiare 'superstite':
1.500 euro (1 superstite);
1.900 euro (2);
2.200 euro (3);
2.500 euro (pù di 3).
(Altalex, 10 febbraio 2009)
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI, DECRETO 19 novembre 2008
Tipologie di benefici, requisiti e modalita' di accesso al Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
(GU n. 26 del 2-2-2009)
IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI
Visto l'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che, al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro, anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ha istituito il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di seguito denominato Fondo;Visto che il medesimo art. 1, comma 1187, ha previsto che con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali siano definite le tipologie dei benefici concessi nonche' i requisiti e le modalita' di accesso agli stessi;Visto che il medesimo art. 1, comma 1187, ha conferito al Fondo la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009;Visto il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 luglio 2007 con il quale sono stati individuate le tipologie dei benefici concessi e i requisiti e le modalita' di accesso agli stessi ai sensi dell'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;Visto l'art. 2, comma 534, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il quale ha incrementato la dotazione del Fondo di cui sopra «di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010»;Visto l'art. 9, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale dispone che l'INAIL «eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del Fondo di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» e che «in sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a far data dal 1° gennaio 2007»;Visto l'art. 9, comma 7, lettera e), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale dispone che l'IPSEMA «eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del Fondo di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n.296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo» e che «in sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a far data dal 1° gennaio 2007»;Vista la legge n. 493 del 3 dicembre 1999 recante «Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell'assicurazione contro gli infortuni domestici» ed, in particolare, l'art. 7, comma 5, e successive disposizioni attuative di cui al decreto ministeriale del 31 gennaio 2006, in merito alla «Estensione dell'assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico ai casi di infortunio mortale»;Vista la nota dell'8 settembre 2008 con la quale l'INAIL, in raccordo con l'IPSEMA, ha comunicato la stima della spesa per l'esercizio finanziario 2008 per l'erogazione della prestazione di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;Ritenuto che, in fase di prima applicazione della normativa, le prestazioni erogate dal Fondo debbano essere destinate ai soli familiari dei lavoratori deceduti a causa di infortuni sul lavoro e consistere in una prestazione una tantum in favore dei predetti familiari;Ritenuto, altresi', che occorre provvedere alla modifica del decreto 2 luglio 2007 in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 4, lettera d) e comma 7, lettera e), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
Decreta:
Art. 1.
Benefici erogati dal Fondo
1. Il Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di cui all'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall'art. 2, comma 534, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, eroga una prestazione una tantum al nucleo dei familiari superstiti dei lavoratori deceduti a causa di infortunio sul lavoro. La prestazione erogata dal Fondo non e' soggetta a rivalsa e non limita l'ammontare del risarcimento del danno in favore dei familiari del lavoratore.2. L'importo della prestazione di cui al comma 1 e' parametrato al numero dei familiari superstiti del lavoratore, ed e' annualmente determinato in relazione alle risorse disponibili.3. Per gli eventi verificatesi tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 l'importo della prestazione di cui al comma 1 e' determinato secondo le seguenti quattro tipologie:
Tipologia
N. superstiti
Importo per nucleo superstiti (euro)
A
1
1.500

B
2
1.900

C
3
2.200

D
più di 3
2.500

4. La prestazione una tantum a carico del Fondo viene erogata anche ai superstiti dei lavoratori privi di copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, di seguito denominato Testo Unico.5. Con riferimento agli infortuni mortali in ambito domestico la prestazione una tantum a carico del Fondo e' erogata ai familiari superstiti degli assicurati di cui all'art. 7 della legge 3 dicembre 1999, n. 493.6. Il beneficio di cui al comma 1, non soggetto a tassazione in relazione alla natura e finalita' dell'erogazione in analogia a quanto previsto dall'art. 34, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601/1973 e successive modificazioni e integrazioni, e' cumulabile con altre misure di sostegno in favore dei familiari delle vittime di infortuni sul lavoro.7. Nei casi di erogazione della prestazione una tantum da parte del Fondo, l'INAIL o l'IPSEMA liquidano un'anticipazione della rendita ai superstiti, di cui all'art. 85 del Testo Unico, dei soggetti assicurati.8. Ferme restando le misure e le condizioni previste dall'art. 85 del Testo Unico, l'importo dell'anticipazione di cui al comma 7 e' pari a 3/12 della rendita annua calcolata sulla retribuzione valida ai fini della determinazione del minimale di legge per la liquidazione delle rendite di cui all'art. 116, comma 3, del Testo Unico.
Art. 2.
Familiari superstiti aventi diritto ai benefici a carico del Fondo
1. Ferme restando le condizioni previste dall'art. 85 del Testo Unico, il beneficio di cui all'art. 1, nell'importo complessivo ivi stabilito, spetta:a) ai familiari superstiti del lavoratore deceduto, indicati all'art. 85, comma 1, punti 1) e 2), del Testo Unico;b) in mancanza dei familiari superstiti di cui alla lettera a), a quelli indicati nei punti 3) e 4), del medesimo art. 85.2. In caso di concorso di piu' aventi diritto, le quote sono divise tra i medesimi in parti uguali.3. Nei confronti di coloro i quali abbiano presentato domanda di concessione del beneficio ai sensi del decreto 2 luglio 2007 indicato in premessa, i beneficiari sono individuati con riferimento alle previsioni di cui all'art. 2 del medesimo decreto.
Art. 3.
Modalita' di accesso ai benefici ed erogazioni
1. Fermo restando il disposto di cui all'art. 5, il beneficio di cui all'art. 1, e' erogato, previa istanza, entro trenta giorni dall'accertamento sommario dal quale risulti che il decesso sia riconducibile ad infortunio sul lavoro.2. L'istanza deve essere presentata, o inviata a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, entro 40 giorni dalla data del decesso, da uno solo degli aventi diritto alle sedi competenti per territorio dell'Istituto presso cui il lavoratore deceduto era assicurato.3. Nel caso di lavoratori non assicurati, le istanze devono essere inviate all'IPSEMA, per i superstiti dei lavoratori occupati nel settore marittimo e aereo, o all'INAIL.4. Unicamente per gli infortuni verificatisi antecedentemente alla data di pubblicazione del presente decreto e per i quali non sia stata gia' trasmessa la relativa istanza, la medesima dovra' essere presentata, con le stesse modalita' di cui al comma 1, entro 40 giorni dalla predetta data.5. L'istanza deve essere formulata utilizzando la modulistica allegata al presente decreto.
Art. 4.
Accertamento sommario
1. L'accertamento di cui all'art. 3, comma 1, e' effettuato con apposita ispezione congiunta dalla Direzione provinciale del lavoro - Servizio ispezione del lavoro, o dai corrispondenti uffici della regione Sicilia e delle province autonome di Trento e Bolzano, e dal Servizio ispettivo dell'INAIL, territorialmente competenti, i quali redigono una relazione e la inviano all'INAIL.2. Con riferimento agli infortuni nel settore marittimo e aereo, il relativo accertamento e' effettuato dai competenti uffici dell'IPSEMA in raccordo con gli altri organismi di vigilanza di settore.3. All'esito dell'accertamento sommario, dal quale risulti che il decesso sia riconducibile ad infortunio sul lavoro, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono alla erogazione dei benefici di cui all'art. 1.
Art. 5.
Procedura ordinaria di accertamento
1. Ove, a seguito dell'accertamento sommario, non sia stata riconosciuta la prestazione una tantum e all'esito della procedura ordinaria di accertamento si riscontri che il decesso sia riconducibile a infortunio sul lavoro, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono anche all'erogazione della prestazione una tantum.2. All'esito delle procedure ordinarie di accertamento, l'INAIL e l'IPSEMA provvedono al recupero dei benefici indebitamente corrisposti, ai sensi dell'art. 2033 del Codice civile.
Art. 6.
Ripartizione e rendicontazione
1. Le prestazioni di cui all'art.1, sono erogate dall'INAIL e dall'IPSEMA, previo trasferimento delle risorse necessarie da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e ripartite proporzionalmente tra gli Istituti assicuratori sulla base del numero degli eventi mortali stimati.2. Al fine di monitorare l'andamento del fenomeno infortunistico nonche' l'utilizzo delle risorse a tal fine trasferite, entro 30 giorni dall'approvazione dei relativi bilanci l'INAIL e l'IPSEMA sono tenute a presentare al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il rendiconto annuale della relativa gestione.3. In sede di prima applicazione, tenuto conto delle modalita' di accesso ai benefici di cui all'art. 3, la presentazione dei rendiconti di cui al comma 2 e' fissata all'approvazione dei bilanci per l'esercizio finanziario 2009.4. Eventuali economie di gestione sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
Art. 7.
Contenzioso giudiziario
1. Il contenzioso giudiziario avverso il diniego della prestazione derivante dall'esito negativo dell'accertamento sommario e' posto a carico dell'INAIL e dell'IPSEMA.Il presente decreto sara' trasmesso alla Corte dei conti per il visto e per la registrazione ed entra in vigore decorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.Roma, 19 novembre 2008 Il Ministro : Sacconi Registrato alla Corte dei conti il 3 dicembre 2008 Ufficio controllo atti servizi alla persona e beni culturali, registro n. 6, foglio n. 147
Allegato
...omissis...

Circolare INPS 11/09: integrazione salarale, mobilità, disoccupazione ed L.S.U. -gli importi massimi

Inps: gli importi massimi per integrazione salariale, mobilità e disoccupazione
INPS , circolare 27.01.2009 n° 11

Individuati gli importi massimi da corrispondere ai titolari dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità e di disoccupazione e aumento dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.
E' quanto contenuto nella Circolare Inps 27 gennaio 2009, n. 11.
Il provvedimento ricorda anche che gli aumenti dei c.d. “tetti” dei trattamenti di integrazione salariale, mobilità e disoccupazione sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, così come stabilito dalla Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Protocollo sul Welfare).
(Altalex, 11 febbraio 2009)

Inps - Anno 2009 Circolari
Inps, Circolare 27 gennaio 2009, n. 11
Importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità, di disoccupazione e importo dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.
Direzione CentralePrestazioni a Sostegno del Reddito

Roma, 27 Gennaio 2009
Circolare n. 11


Ai Dirigenti centrali e periferici

Ai Direttori delle Agenzie

Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali

Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici

e, per conoscenza,

Al Commissario Straordinario

Al Presidente e ai Componenti del Collegio dei Sindaci

Al Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo

Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse

Al Presidente della Commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati

Ai Presidenti dei Comitati regionali

Ai Presidenti dei Comitati provinciali

OGGETTO: importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità, di disoccupazione e importo dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.

SOMMARIO: importi massimi da corrispondere ai titolari dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità e di disoccupazione e aumento dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009

L’articolo 1, comma 27, della legge n. 247 del 24 dicembre 2007 ha disposto, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 2008, che gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1 della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, (c.d. “tetti” dei trattamenti di integrazione salariale, mobilità e disoccupazione) sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
I – TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE SALARIALE
Secondo quanto previsto dalla normativa vigente gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 427, come modificata dall’articolo 1, comma 5, della legge 19 luglio 1994, n. 451, e dall’articolo 1, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, nonché la retribuzione mensile di riferimento, oltre la quale è possibile attribuire il secondo dei suddetti massimali, sono incrementati, con effetto dal 1° gennaio 2009, nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Detti importi massimi devono essere incrementati, in relazione a quanto disposto dall’articolo 2, comma 17, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nella misura ulteriore del 20 per cento per i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali.
Ciò premesso, si comunica che – tenuto conto della variazione di tale indice accertata per l’anno 2008 – gli importi riguardanti i massimali in questione risultano fissati, per l’anno 2009, nelle misure di seguito indicate, rispettivamente al lordo e al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che attualmente, a seguito dell’aumento delle aliquote contributive disposto dall’articolo 1, comma 769 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), è pari al 5,84 per cento:
1) euro 886,31 - 834,55
2) euro 1.065,26 - 1003,05
Settore edile
1) euro 1063,57 - 1001,46
2) euro 1278,31 - 1203,66
L’importo della retribuzione mensile che costituisce la soglia per l’applicazione dei massimali di cui ai punti 2 suddetti è fissato, a decorrere dal 1° gennaio 2009, in euro 1.917,48.
II – INDENNITA’ DI MOBILITA’
Gli importi massimi mensili, da applicare alla misura iniziale dell’indennità di mobilità spettante per i primi dodici mesi, da liquidare in relazione ai licenziamenti successivi al 31 dicembre 2008, sono, rispettivamente al lordo e al netto della riduzione istituita dall’articolo 26 della legge n. 41/1986, i seguenti:
1) euro 886,31 - 834,55
2) euro 1.065,26 - 1003,05
Anche per l’indennità di mobilità l’importo della retribuzione mensile per l’applicazione del massimale più elevato, indicato al punto 2, è fissato in euro 1.917,48.
III - TRATTAMENTI SPECIALI DI DISOCCUPAZIONE PER L’EDILIZIA
Gli importi riportati nel precedente paragrafo II trovano applicazione anche nei confronti dei lavoratori che hanno diritto al trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché a quello di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 19 luglio 1994, n. 451.
L’importo che deve essere corrisposto ai lavoratori che hanno diritto al trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia di cui alla legge 6 agosto 1975, n. 427, resta invece fissato anche per l’anno 2008 in euro 579,49 che, al netto della riduzione del 5,84 per cento, è pari a euro 545,65.
IV - INDENNITA’ ORDINARIA DI DISOCCUPAZIONE
Gli importi massimi mensili dell’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, per la quale non opera la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986, sono pari a euro 886,31 ed a euro 1.065,26.
Per quanto riguarda l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti e quella agricola con requisiti normali e ridotti, da liquidare con riferimento all’attività svolta nel corso dell’anno 2007, trovano invece applicazione gli importi stabiliti per tale anno e indicati nella circolare n. 14 del 1° febbraio 2008 (euro 858,58 ed euro 1.031,93).
V - ASSEGNO PER ATTIVITA’ SOCIALMENTE UTILI (A.S.U.)
L’importo mensile dell’assegno spettante ai lavoratori che svolgono attività socialmente utili è pari, dal 1° gennaio 2009, a euro 529,15. Tale importo deriva dall’applicazione dell’art. 1, comma 27 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2008, che gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 1 della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Anche a tale prestazione non si applica la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986.
Per quanto riguarda i lavori di pubblica utilità di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, si precisa che, per tale prestazione, non operano né la rivalutazione in parola né l’aumento di cui all’articolo 45, comma 9, della legge 17 maggio 1999, n. 144; il relativo assegno resta pertanto fissato in euro 413,16 mensili.


Il Direttore generale

Crecco

Circolare INPS 11/09: integrazione salarale, mobilità, disoccupazione ed L.S.U. -gli importi massimi

Inps: gli importi massimi per integrazione salariale, mobilità e disoccupazione
INPS , circolare 27.01.2009 n° 11

Individuati gli importi massimi da corrispondere ai titolari dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità e di disoccupazione e aumento dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.
E' quanto contenuto nella Circolare Inps 27 gennaio 2009, n. 11.
Il provvedimento ricorda anche che gli aumenti dei c.d. “tetti” dei trattamenti di integrazione salariale, mobilità e disoccupazione sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, così come stabilito dalla Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Protocollo sul Welfare).
(Altalex, 11 febbraio 2009)

Inps - Anno 2009 Circolari
Inps, Circolare 27 gennaio 2009, n. 11
Importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità, di disoccupazione e importo dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.
Direzione CentralePrestazioni a Sostegno del Reddito

Roma, 27 Gennaio 2009
Circolare n. 11


Ai Dirigenti centrali e periferici

Ai Direttori delle Agenzie

Ai Coordinatori generali, centrali e periferici dei Rami professionali

Al Coordinatore generale Medico legale e Dirigenti Medici

e, per conoscenza,

Al Commissario Straordinario

Al Presidente e ai Componenti del Collegio dei Sindaci

Al Magistrato della Corte dei Conti delegato all’esercizio del controllo

Ai Presidenti dei Comitati amministratori di fondi, gestioni e casse

Al Presidente della Commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati

Ai Presidenti dei Comitati regionali

Ai Presidenti dei Comitati provinciali

OGGETTO: importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità, di disoccupazione e importo dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009.

SOMMARIO: importi massimi da corrispondere ai titolari dei trattamenti di integrazione salariale, di mobilità e di disoccupazione e aumento dell’assegno per attività socialmente utili, relativi all’anno 2009

L’articolo 1, comma 27, della legge n. 247 del 24 dicembre 2007 ha disposto, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, a partire dal 2008, che gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 1 della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, (c.d. “tetti” dei trattamenti di integrazione salariale, mobilità e disoccupazione) sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
I – TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE SALARIALE
Secondo quanto previsto dalla normativa vigente gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione salariale di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 427, come modificata dall’articolo 1, comma 5, della legge 19 luglio 1994, n. 451, e dall’articolo 1, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, nonché la retribuzione mensile di riferimento, oltre la quale è possibile attribuire il secondo dei suddetti massimali, sono incrementati, con effetto dal 1° gennaio 2009, nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Detti importi massimi devono essere incrementati, in relazione a quanto disposto dall’articolo 2, comma 17, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nella misura ulteriore del 20 per cento per i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali.
Ciò premesso, si comunica che – tenuto conto della variazione di tale indice accertata per l’anno 2008 – gli importi riguardanti i massimali in questione risultano fissati, per l’anno 2009, nelle misure di seguito indicate, rispettivamente al lordo e al netto della riduzione prevista dall’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, che attualmente, a seguito dell’aumento delle aliquote contributive disposto dall’articolo 1, comma 769 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), è pari al 5,84 per cento:
1) euro 886,31 - 834,55
2) euro 1.065,26 - 1003,05
Settore edile
1) euro 1063,57 - 1001,46
2) euro 1278,31 - 1203,66
L’importo della retribuzione mensile che costituisce la soglia per l’applicazione dei massimali di cui ai punti 2 suddetti è fissato, a decorrere dal 1° gennaio 2009, in euro 1.917,48.
II – INDENNITA’ DI MOBILITA’
Gli importi massimi mensili, da applicare alla misura iniziale dell’indennità di mobilità spettante per i primi dodici mesi, da liquidare in relazione ai licenziamenti successivi al 31 dicembre 2008, sono, rispettivamente al lordo e al netto della riduzione istituita dall’articolo 26 della legge n. 41/1986, i seguenti:
1) euro 886,31 - 834,55
2) euro 1.065,26 - 1003,05
Anche per l’indennità di mobilità l’importo della retribuzione mensile per l’applicazione del massimale più elevato, indicato al punto 2, è fissato in euro 1.917,48.
III - TRATTAMENTI SPECIALI DI DISOCCUPAZIONE PER L’EDILIZIA
Gli importi riportati nel precedente paragrafo II trovano applicazione anche nei confronti dei lavoratori che hanno diritto al trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché a quello di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 19 luglio 1994, n. 451.
L’importo che deve essere corrisposto ai lavoratori che hanno diritto al trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia di cui alla legge 6 agosto 1975, n. 427, resta invece fissato anche per l’anno 2008 in euro 579,49 che, al netto della riduzione del 5,84 per cento, è pari a euro 545,65.
IV - INDENNITA’ ORDINARIA DI DISOCCUPAZIONE
Gli importi massimi mensili dell’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, per la quale non opera la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986, sono pari a euro 886,31 ed a euro 1.065,26.
Per quanto riguarda l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti e quella agricola con requisiti normali e ridotti, da liquidare con riferimento all’attività svolta nel corso dell’anno 2007, trovano invece applicazione gli importi stabiliti per tale anno e indicati nella circolare n. 14 del 1° febbraio 2008 (euro 858,58 ed euro 1.031,93).
V - ASSEGNO PER ATTIVITA’ SOCIALMENTE UTILI (A.S.U.)
L’importo mensile dell’assegno spettante ai lavoratori che svolgono attività socialmente utili è pari, dal 1° gennaio 2009, a euro 529,15. Tale importo deriva dall’applicazione dell’art. 1, comma 27 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2008, che gli aumenti di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 1 della legge 13 agosto 1980, n. 427, e successive modificazioni e integrazioni, sono determinati nella misura del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Anche a tale prestazione non si applica la riduzione di cui all’articolo 26 della legge n. 41/1986.
Per quanto riguarda i lavori di pubblica utilità di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, si precisa che, per tale prestazione, non operano né la rivalutazione in parola né l’aumento di cui all’articolo 45, comma 9, della legge 17 maggio 1999, n. 144; il relativo assegno resta pertanto fissato in euro 413,16 mensili.


Il Direttore generale

Crecco

Ancora sulla responsabilità Ciile: le Sezioni Unite ed il danno da perdita di chance

Danni da perdita di chance, risarcibilità, sussistenza, prova, precisazioni
Cassazione civile , SS.UU., sentenza 26.01.2009 n° 1850

Danni da perdita di chance – risarcibilità – sussistenza – prova - precisazioni
Il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta.
La consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse.
Mentre la liquidazione equitativa del danno, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono.
(1)
(1) In materia di riduzione di chances in ambito medico, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 18.09.2008 n° 23846.(2) In materia di lavoro e perdita di chances, si veda Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 08.10.2007 n° 21014. (3) In materia di danno da mancata promozione, si veda Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 18.01.2006 n° 852, con nota di VIOLA.
Tra i contributi della dottrina più recente, in materia di danni da perdita di chance, si vedano:- MAZANI, La natura e la prova del danno da perdita di chance, in Danno e responsabilità, 2008, n. 7, IPSOA, p. 779;- TESCARO, Danno da perdita di chance, in Studium Iuris, 2007, n. 4, CEDAM, p. 466;- DE LUCA, Il danno da perdita di chance di aggiudicazione, in Corriere giuridico (Il), 2007, n. 8, IPSOA, p. 1157;- D’APOLLO, Perdita di chance: danno risarcibile, onus probandi e criteri di liquidazione.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 26 gennaio 2009, n. 1850
(Pres. Carbone - est. Nappi)
Motivi della decisione
1. Riuniti i ricorsi in applicazione dell'art. 335 c.p.c., va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale, che propone due questioni pregiudiziali.
2.1 - Con il primo motivo la ricorrente incidentale ripropone infatti 1'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, già proposta nelle fasi di merito.
Sostiene che in tanto il giudice del merito ha dichiarato illegittimi i dinieghi dell'autorizzazione richiesta da G. C., in quanto ha ritenuto illegittimo e perciò disapplicato il regolamento provinciale di cui i provvedimenti controversi erano attuazione. Ma il regolamento provinciale, in quanto atto generale, non poteva essere disapplicato, non essendo idoneo a incidere su posizioni soggettive individuali. E ciò a maggior ragione in una materia, come quella dei servizi pubblici essenziali qual è quello di autoscuola, che l'art. 7 della legge 21 luglio 2005, n. 205, riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale eccepisce la violazione del giudicato formatosi sulla legittimità del regolamento provinciale. Infatti l'unico giudizio promosso davanti al giudice amministrativo, nel quale era stato formalmente impugnato il regolamento, si era concluso con una sentenza dichiarativa della perenzione del processo e mai impugnata. Sicché la legittimità del regolamento non poteva più essere rimessa in discussione.
2.2 - Il ricorso incidentale è infondato.
Quanto al primo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica proposta prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998, modificato poi dalla legge 21 luglio 2000 n. 205, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche se venga dedotta la lesione di un interesse legittimo che, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può esser fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo al risarcimento del danno ingiusto (Cass., sez. I, 17 ottobre 2007, n. 21850, m. 599711). Sicché in questi casi il giudice ordinario adito può procedere direttamente ad accertare l'illegittimità del provvedimento amministrativo nell'ambito della verifica della qualificabilità del fatto controverso come illecito a norma dell'art. 2043 c.c., “non essendo più ravvisabile la pregiudizialità del giudizio di annullamento dell'atto dinanzi al giudice amministrativo, in passato costantemente affermata in quanto solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo, unica situazione giuridica soggettiva la cui lesione si riteneva tutelabile dinanzi al giudice ordinario” (Cass., sez. III, 22 luglio 2004, n. 13619, m. 575434, Cass., sez. III, 25 agosto 2006, n. 18486, m. 592067).
Né la natura generale o regolamentare di un atto può essere considerata ostativa alla sua disapplicazione da parte del giudice ordinario, posto che sono appunto i “regolamenti generali e locali”, che, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giudice ha il potere dovere di disapplicare ove illegittimi (Cass., sez. L, 15 febbraio 1985, n. 1304, m. 439393), anche quando sono solo presupposto dell'atto direttamente lesivo della situazione soggettiva individuale (Cass., sez. L, 18 agosto 2004, n. 16175, m. 576531).
Quanto al secondo motivo, si tratta di censura manifestamente infondata, perché la sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia invocata dal ricorrente dichiarò improcedibile per carenza sopravvenuta di interesse il ricorso di C., che aveva ottenuto alla fine l'autorizzazione lungamente attesa. E la dichiarazione di improcedibilità per carenza di interesse è incompatibile con qualsiasi effetto di giudicato sulla legittimità dell'atto impugnato (Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 143).
3.1 - Con il primo motivo del suo ricorso il ricorrente principale deduce violazione degli art. 193 e 194 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, erroneamente fondata su una consulenza tecnica d'ufficio che aveva illegittimamente omesso di rispondere ai quesiti sul danno da mancato guadagno.
Sostiene che il consulente d'ufficio:
a) avrebbe dovuto rispondere ai quesiti postigli, indipendentemente dalla documentazione prodottagli dal consulente di parte e ritenuta carente o inidonea in quanto non ufficiale;
b) avrebbe dovuto accertare direttamente il costo medio di un corso di autoscuola, anche basandosi sulla dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999 prodotta in giudizio e anche in mancanza di elementi per determinare l'importo dei ricavi medi;
c) avrebbe dovuto determinare il numero dei potenziali utenti dell'autoscuola, fondandosi sul registro degli iscritti per l'anno 1992, anche in mancanza della dichiarazione IVA assurdamente ritenuta indispensabile;
d) avrebbe dovuto determinare la perdita assumendo le necessarie informazioni sui ricavi medi delle autoscuole della provincia, indipendentemente dalla documentazione relativa alla successiva attività della scuola, in quanto l'attore avrebbe potuto anche rinunciare a intraprendere la nuova attività dopo il 1991, senza per questo perdere il diritto al risarcimento dei danni subiti per gli anni precedenti.
Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 1226 e 2056 c.c., lamentando l'omessa determinazione equitativa dell'entità del danno da mancato guadagno.
Sostiene che, essendo certa l'esistenza del danno, l'incertezza ineliminabile sulla sua entità effettiva ne avrebbe imposto la liquidazione equitativa.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce infine vizi di motivazione nella valutazione delle testimonianze e della documentazione di spesa relativa alla sistemazione dei locali da destinare all'autoscuola.
Sostiene che le prove testimoniali e documentali acquisite avrebbero giustificato la liquidazione anche di tale voce di danno, arbitrariamente esclusa dalla corte d'appello.
3.2 - Anche il ricorso principale deve essere rigettato.
I due primi motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta” (Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).
Nel caso in esame l'attore C., che gestiva anche un'altra autoscuola in un diverso comune e aveva finalmente avviato nel 1992 la nuova autoscuola di Cazzano di Sant'Andrea, era nelle condizioni ottimali per offrire al consulente d'ufficio tutta la documentazione necessaria alla liquidazione in via presuntiva del danno da mancato guadagno.
Come risulta dalla sentenza impugnata, e non è sostanzialmente negato neppure nel ricorso, tale documentazione non fu invece fornita, benché ripetutamente richiesta. Lo stesso elenco degli iscritti all'autoscuola, prodotto solo con riferimento all'anno 1992, era inidoneo a provare qualsiasi danno, posto che il numero degli iscritti risultava insufficiente a coprire le spese di gestione.
Ciò nondimeno il ricorrente lamenta che il consulente non abbia proceduto autonomamente all'acquisizione delle informazioni necessarie.
Ma la consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse (Cass., sez. III, 26 novembre 2007, n. 24620, m. 600467, Cass., sez. I, 5 luglio 2007, n. 15219, m. 598314). Mentre la liquidazione equitativa del danno, di cui pure si lamenta l'omissione, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono (Cass., sez. II, 21 novembre 2006, n. 24680, m. 593216, Cass., sez. II, 28 giugno 2000, n. 8795, m. 538126).
Sicché risulta corretta e pertanto incensurabile la motivazione esibita dai giudici del merito per negare il risarcimento del dedotto danno da mancato guadagno.
Quanto alle spese di sistemazione dei locali da destinare ad autoscuola, i giudici del merito non negano che i relativi lavori siano stati effettivamente eseguiti. E quindi sono irrilevanti le prove testimoniali di cui si lamenta in ricorso la mancata valutazione.
I giudici del merito hanno escluso tale voce di danno per la mancanza di prova dell'effettivo esborso da parte del ricorrente della somma cui si riferisce la documentazione di spesa prodotta, che è intestata al proprietario dei locali. E nessuna censura il ricorrente ha proposto con riferimento a tale giustificazione della decisione.
Sicché il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
4. Il rigetto di entrambi i ricorsi, con la reciproca parziale soccombenza delle parti, giustifica la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.
La Corte, pronunciando a Sezioni unite, riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ancora sulla responsabilità Ciile: le Sezioni Unite ed il danno da perdita di chance

Danni da perdita di chance, risarcibilità, sussistenza, prova, precisazioni
Cassazione civile , SS.UU., sentenza 26.01.2009 n° 1850

Danni da perdita di chance – risarcibilità – sussistenza – prova - precisazioni
Il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta.
La consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse.
Mentre la liquidazione equitativa del danno, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono.
(1)
(1) In materia di riduzione di chances in ambito medico, si veda Cassazione civile, sez. III, sentenza 18.09.2008 n° 23846.(2) In materia di lavoro e perdita di chances, si veda Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 08.10.2007 n° 21014. (3) In materia di danno da mancata promozione, si veda Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 18.01.2006 n° 852, con nota di VIOLA.
Tra i contributi della dottrina più recente, in materia di danni da perdita di chance, si vedano:- MAZANI, La natura e la prova del danno da perdita di chance, in Danno e responsabilità, 2008, n. 7, IPSOA, p. 779;- TESCARO, Danno da perdita di chance, in Studium Iuris, 2007, n. 4, CEDAM, p. 466;- DE LUCA, Il danno da perdita di chance di aggiudicazione, in Corriere giuridico (Il), 2007, n. 8, IPSOA, p. 1157;- D’APOLLO, Perdita di chance: danno risarcibile, onus probandi e criteri di liquidazione.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 26 gennaio 2009, n. 1850
(Pres. Carbone - est. Nappi)
Motivi della decisione
1. Riuniti i ricorsi in applicazione dell'art. 335 c.p.c., va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale, che propone due questioni pregiudiziali.
2.1 - Con il primo motivo la ricorrente incidentale ripropone infatti 1'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, già proposta nelle fasi di merito.
Sostiene che in tanto il giudice del merito ha dichiarato illegittimi i dinieghi dell'autorizzazione richiesta da G. C., in quanto ha ritenuto illegittimo e perciò disapplicato il regolamento provinciale di cui i provvedimenti controversi erano attuazione. Ma il regolamento provinciale, in quanto atto generale, non poteva essere disapplicato, non essendo idoneo a incidere su posizioni soggettive individuali. E ciò a maggior ragione in una materia, come quella dei servizi pubblici essenziali qual è quello di autoscuola, che l'art. 7 della legge 21 luglio 2005, n. 205, riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale eccepisce la violazione del giudicato formatosi sulla legittimità del regolamento provinciale. Infatti l'unico giudizio promosso davanti al giudice amministrativo, nel quale era stato formalmente impugnato il regolamento, si era concluso con una sentenza dichiarativa della perenzione del processo e mai impugnata. Sicché la legittimità del regolamento non poteva più essere rimessa in discussione.
2.2 - Il ricorso incidentale è infondato.
Quanto al primo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica proposta prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998, modificato poi dalla legge 21 luglio 2000 n. 205, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario anche se venga dedotta la lesione di un interesse legittimo che, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può esser fonte di responsabilità aquiliana e, quindi, dar luogo al risarcimento del danno ingiusto (Cass., sez. I, 17 ottobre 2007, n. 21850, m. 599711). Sicché in questi casi il giudice ordinario adito può procedere direttamente ad accertare l'illegittimità del provvedimento amministrativo nell'ambito della verifica della qualificabilità del fatto controverso come illecito a norma dell'art. 2043 c.c., “non essendo più ravvisabile la pregiudizialità del giudizio di annullamento dell'atto dinanzi al giudice amministrativo, in passato costantemente affermata in quanto solo in tal modo si perveniva all'emersione del diritto soggettivo, unica situazione giuridica soggettiva la cui lesione si riteneva tutelabile dinanzi al giudice ordinario” (Cass., sez. III, 22 luglio 2004, n. 13619, m. 575434, Cass., sez. III, 25 agosto 2006, n. 18486, m. 592067).
Né la natura generale o regolamentare di un atto può essere considerata ostativa alla sua disapplicazione da parte del giudice ordinario, posto che sono appunto i “regolamenti generali e locali”, che, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giudice ha il potere dovere di disapplicare ove illegittimi (Cass., sez. L, 15 febbraio 1985, n. 1304, m. 439393), anche quando sono solo presupposto dell'atto direttamente lesivo della situazione soggettiva individuale (Cass., sez. L, 18 agosto 2004, n. 16175, m. 576531).
Quanto al secondo motivo, si tratta di censura manifestamente infondata, perché la sentenza del Tribunale amministrativo per la Lombardia invocata dal ricorrente dichiarò improcedibile per carenza sopravvenuta di interesse il ricorso di C., che aveva ottenuto alla fine l'autorizzazione lungamente attesa. E la dichiarazione di improcedibilità per carenza di interesse è incompatibile con qualsiasi effetto di giudicato sulla legittimità dell'atto impugnato (Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 143).
3.1 - Con il primo motivo del suo ricorso il ricorrente principale deduce violazione degli art. 193 e 194 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, erroneamente fondata su una consulenza tecnica d'ufficio che aveva illegittimamente omesso di rispondere ai quesiti sul danno da mancato guadagno.
Sostiene che il consulente d'ufficio:
a) avrebbe dovuto rispondere ai quesiti postigli, indipendentemente dalla documentazione prodottagli dal consulente di parte e ritenuta carente o inidonea in quanto non ufficiale;
b) avrebbe dovuto accertare direttamente il costo medio di un corso di autoscuola, anche basandosi sulla dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999 prodotta in giudizio e anche in mancanza di elementi per determinare l'importo dei ricavi medi;
c) avrebbe dovuto determinare il numero dei potenziali utenti dell'autoscuola, fondandosi sul registro degli iscritti per l'anno 1992, anche in mancanza della dichiarazione IVA assurdamente ritenuta indispensabile;
d) avrebbe dovuto determinare la perdita assumendo le necessarie informazioni sui ricavi medi delle autoscuole della provincia, indipendentemente dalla documentazione relativa alla successiva attività della scuola, in quanto l'attore avrebbe potuto anche rinunciare a intraprendere la nuova attività dopo il 1991, senza per questo perdere il diritto al risarcimento dei danni subiti per gli anni precedenti.
Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione degli art. 1226 e 2056 c.c., lamentando l'omessa determinazione equitativa dell'entità del danno da mancato guadagno.
Sostiene che, essendo certa l'esistenza del danno, l'incertezza ineliminabile sulla sua entità effettiva ne avrebbe imposto la liquidazione equitativa.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce infine vizi di motivazione nella valutazione delle testimonianze e della documentazione di spesa relativa alla sistemazione dei locali da destinare all'autoscuola.
Sostiene che le prove testimoniali e documentali acquisite avrebbero giustificato la liquidazione anche di tale voce di danno, arbitrariamente esclusa dalla corte d'appello.
3.2 - Anche il ricorso principale deve essere rigettato.
I due primi motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono entrambi infondati.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di “chance” - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta” (Cass., sez. L, 20 giugno 2008, n. 16877, m. 603883, Cass., sez. III, 28 gennaio 2005, n. 1752, m. 578787).
Nel caso in esame l'attore C., che gestiva anche un'altra autoscuola in un diverso comune e aveva finalmente avviato nel 1992 la nuova autoscuola di Cazzano di Sant'Andrea, era nelle condizioni ottimali per offrire al consulente d'ufficio tutta la documentazione necessaria alla liquidazione in via presuntiva del danno da mancato guadagno.
Come risulta dalla sentenza impugnata, e non è sostanzialmente negato neppure nel ricorso, tale documentazione non fu invece fornita, benché ripetutamente richiesta. Lo stesso elenco degli iscritti all'autoscuola, prodotto solo con riferimento all'anno 1992, era inidoneo a provare qualsiasi danno, posto che il numero degli iscritti risultava insufficiente a coprire le spese di gestione.
Ciò nondimeno il ricorrente lamenta che il consulente non abbia proceduto autonomamente all'acquisizione delle informazioni necessarie.
Ma la consulenza tecnica d'ufficio non può essere destinata a supplire alle iniziative istruttorie cui le parti sono tenute per l'onere probatorio che grava su di esse (Cass., sez. III, 26 novembre 2007, n. 24620, m. 600467, Cass., sez. I, 5 luglio 2007, n. 15219, m. 598314). Mentre la liquidazione equitativa del danno, di cui pure si lamenta l'omissione, è ammessa solo quando non sia possibile o riesca difficoltosa la sua precisa determinazione, non vi si può ricorrere per ovviare all'inadempimento della parte agli oneri probatori che le incombono (Cass., sez. II, 21 novembre 2006, n. 24680, m. 593216, Cass., sez. II, 28 giugno 2000, n. 8795, m. 538126).
Sicché risulta corretta e pertanto incensurabile la motivazione esibita dai giudici del merito per negare il risarcimento del dedotto danno da mancato guadagno.
Quanto alle spese di sistemazione dei locali da destinare ad autoscuola, i giudici del merito non negano che i relativi lavori siano stati effettivamente eseguiti. E quindi sono irrilevanti le prove testimoniali di cui si lamenta in ricorso la mancata valutazione.
I giudici del merito hanno escluso tale voce di danno per la mancanza di prova dell'effettivo esborso da parte del ricorrente della somma cui si riferisce la documentazione di spesa prodotta, che è intestata al proprietario dei locali. E nessuna censura il ricorrente ha proposto con riferimento a tale giustificazione della decisione.
Sicché il terzo motivo del ricorso è inammissibile.
4. Il rigetto di entrambi i ricorsi, con la reciproca parziale soccombenza delle parti, giustifica la compensazione integrale delle spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.
La Corte, pronunciando a Sezioni unite, riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Divieto di sosta: quid iuris nel caso in cui vi sia la "prassi" di sosta illecita in quel luogo???

Divieto di sosta ed elemento psicologico nella condotta illecita
Cassazione civile , sez. II, sentenza 18.12.2008 n° 29709 (Giacomina Dingeo)
in www.altalex.com

Può essere ritenuto scusabile il comportamento dell’automobilista che parcheggia in divieto di sosta poiché si convince che detto comportamento non è passibile di sanzione, in quanto altri automobilisti, ugualmente inottemperanti, non vengono sanzionati?

Divieto di sosta ed elemento psicologico nella condotta illecita
(Cassazione civile, sez. II, 18 dicembre 2008, n. 29709)
di Giacomina Dingeo
(Fonte: Altalex Mese - Schede di Giurisprudenza 2/2009)
Il quesito:
Può essere ritenuto scusabile il comportamento dell’automobilista che parcheggia in divieto di sosta poiché si convince che detto comportamento non è passibile di sanzione, in quanto altri automobilisti, ugualmente inottemperanti, non vengono sanzionati?
Il fatto
Tizio, avendo parcheggiato la sua automobile in divieto di sosta ed essere stato, per conseguenza, multato ai sensi dei commi 5 e 8 dell’art. 157 del codice della strada, ricorreva al giudice di pace, chiedendo l’annullamento della sanzione poiché, osservava, altri veicoli erano parcheggiati in divieto ma non venivano sanzionati.
Il giudice di prime cure dava ragione al ricorrente, poiché il fatto non era sanzionabile per insufficienza di prove sull’elemento psicologico della condotta di Tizio. Infatti Tizio, in buona fede, pur sapendo che in quella zona era proibito parcheggiare, deduceva la tolleranza della pubblica autorità verso il comportamento vietato che, evidentemente, riteneva potersi applicare anche a lui.
Contro detta sentenza, perché venisse annullata, il Comune, sul cui territorio era avvenuto il fatto, ricorreva per Cassazione, con unico motivo di censura, consistente nella denunzia della omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, e violazione dell’art. 194 del codice della strada e dell’art. 3 della Legge n. 689/81.
La normativa
Codice della Strada
Articolo 157. Arresto, fermata e sosta dei veicoli
Agli effetti delle presenti norme: a) per arresto si intende l'interruzione della marcia del veicolo dovuta ad esigenze della circolazione; b) per fermata si intende la temporanea sospensione della marcia anche se in area ove non sia ammessa la sosta, per consentire la salita o la discesa delle persone, ovvero per altre esigenze di brevissima durata. Durante la fermata, che non deve comunque arrecare intralcio alla circolazione, il conducente deve essere presente e pronto a riprendere la marcia; c) per sosta si intende la sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilita' di allontanamento da parte del conducente; d) per sosta di emergenza si intende l'interruzione della marcia nel caso in cui il veicolo e' inutilizzabile per avaria ovvero deve arrestarsi per malessere fisico del conducente o di un passeggero
Salvo diversa segnalazione, ovvero nel caso previsto dal comma 4, in caso di fermata o di sosta il veicolo deve essere collocato il piu' vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Qualora non esista marciapiede rialzato, deve essere lasciato uno spazio sufficiente per il transito dei pedoni, comunque non inferiore ad un metro. Durante la sosta, il veicolo deve avere il motore spento.
Fuori dei centri abitati, i veicoli in sosta o in fermata devono essere collocati fuori della carreggiata, ma non sulle piste per velocipedi ne', salvo che sia appositamente segnalato, sulle banchine. In caso di impossibilita', la fermata e la sosta devono essere effettuate il piu' vicino possibile al margine destro della carreggiata, parallelamente ad esso e secondo il senso di marcia. Sulle carreggiate delle strade con precedenza la sosta e' vietata.
Nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta e' consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, purche' sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a tre metri di larghezza.
Nelle zone di sosta all'uopo predisposte i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica.
Nei luoghi ove la sosta e' permessa per un tempo limitato e' fatto obbligo ai conducenti di segnalare, in modo chiaramente visibile, l'orario in cui la sosta ha avuto inizio. Ove esiste il dispositivo di controllo della durata della sosta e' fatto obbligo di porlo in funzione.
E' fatto divieto a chiunque di aprire le porte di un veicolo, di discendere dallo stesso, nonche' di lasciare aperte le porte, senza essersi assicurato che cio' non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada. 7-bis. È fatto divieto di tenere il motore acceso, durante la sosta o la fermata del veicolo, allo scopo di mantenere in funzione l’impianto di condizionamento d’aria del veicolo stesso; dalla violazione consegue la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 a euro 400;
Fatto salvo quanto disposto dal comma 7-bis, chiunque viola le disposizioni di cui al presente articolo e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 36 a euro 148 .
Articolo 194. Disposizioni di carattere generale
In tutte le ipotesi in cui il presente codice prevede che da una determinata violazione consegua una sanzione amministrativa pecuniaria, si applicano le disposizioni generali contenute nelle Sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, salve le modifiche e le deroghe previste dalle norme del presente capo.
Legge 24 novembre 1981, n. 689
Articolo 3 - Elemento soggettivo
Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa.

Inquadramento della problematica
Con la pronuncia in oggetto, la Cassazione si occupa dell’elemento psicologico e della sua esatta determinazione nelle condotte illecite, nel caso di specie, di natura amministrativa.
Infatti, in discussione è il concetto di errore scusabile di chi viola una norma; ci si chiede che valore abbia il suo intimo convincimento sul significato della norma stessa, tale da giustificare o meno, il comportamento in violazione della medesima, fermo restando che non può sussistere scusabilità quando c’è conoscenza della illiceità della condotta.
Il giudice di primo grado aveva annullato la sanzione amministrativa della multa per divieto di sosta di Tizio sul fondamento che non era stata data la prova della contezza di Tizio di violare una norma: fatto deducibile dalla mancata comminazione della medesima sanzione ad altri automobilisti, che come Tizio, avevano parcheggiato in divieto di sosta. Da qui il giudice di pace aveva concluso che Tizio era caduto in errore scusabile nel parcheggiare illecitamente, ritenendo che la tolleranza dell’autorità fosse estensibile a tutti gli automobilisti.
La soluzione accolta dalla Suprema Corte
La Cassazione accoglie il ricorso del Comune.
Per il giudice nomofilattico infatti, il ricorso è manifestamente fondato essendo evidentemente illogica la motivazione addotta dal giudice di prime cure a sostegno della sua decisione di annullare la sanzione a carico di Tizio.
Tizio, infatti, pur sapendo che il suo comportamento è illecito, reclama a sua giustificazione che la circostanza che “così fan tutti” senza venir sanzionati. Da ciò si dovrebbe dedurre che la tolleranza verso i comportamenti vietati li renderebbe leciti; in tal modo chi scientemente violasse una norma, adeguandosi ad un comportamento generalmente adottato col tacito assenso della pubblica autorità, di fatto sarebbe tratto in errore scusabile; in altre parole sarebbe la stessa pubblica autorità che avrebbe “causato” l’erroneo convincimento delle liceità del comportamento.
Giustificazione che la Corte di Cassazione, ovviamente, non può accettare.
Anzitutto, il fatto che altri veicoli non venissero sanzionati può dipendere da altre cause e non dalla semplice “mirata” tolleranza a loro favore.
Poi perché l’errore per essere giustificabile deve essere incolpevole (art. 3, Legge n. 689/81, comma 3). E mai può esserlo se chi viola la legge sa di farlo, come nel caso di Tizio. Peraltro l’errore deve cadere sul “fatto”, non sulla conoscenza del diritto.
Inoltre, sia consentito riflettere sul fatto che il giudice di pace che ha dato tale sorprendente soluzione al ricorso di Tizio, sembra, in qualche modo, aver rimosso uno dei principi fondamentali del diritto (peraltro, reiterato, in campo penale, all’art. 5 del relativo codice), che i latini esprimevano col brocardo “ignorantia legis non excusat “. Che, a ben vedere, si spinge ben oltre della soluzione tanto appropriatamente adottata dalla suprema corte di Cassazione.
Il fatto che io non conosca la legge, non giustifica il fatto che io la violi. Nel caso in trattazione, poi, se io sapendo di violarla potessi addurre a mia scusante che gli altri la violano senza conseguenze significarebbe che ormai la legge ha perso di obbligatorietà.
Pertanto, essendo il motivo manifestamente fondato la Corte di Cassazione, correttamente, accoglie il ricorso e annulla la sentenza di merito, rinviando ad altro giudice di pace la trattazione della causa e il relativo pronunciamento.

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...