mercoledì 14 gennaio 2009

Decreto Milleproroghe 2008: Federalismo, P.A., Difesa, Class Action, istruzione, gpl


Decreto milleproroghe 2008: federalismo, p.a., difesa, class action, istruzione, gpl
Decreto Legge 30.12.2008 n° 207 , G.U. 31.12.2008

Pubblicato in Gattezza Ufficiale 31 dicembre 2008, n. 304 il c.d. "Milleproroghe" (decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207) con il quale vengono prorogati alcuni termini previsti da disposizioni legislative in materia di difesa, riforme per il federalismo, beni e attività culturali, lavoro, salute, università, infrastrutture e trasporti, pubbliche amministrazioni, agricoltura e pesca, sviluppo economico, affari esteri e interno.

In particolare il provvedimento dispone la proroga dei seguenti termini:

al 31 marzo 2009 l'adozione del regolamento che individua le misure a sostegno di militari e civili affetti da tumore a causa dell'esposizione e dell'utilizzo di materiale radioattivo;
al 19 maggio 2009 l’obbligo di comunicare all’INAIL i dati relativi agli infortuni sul lavoro con assenza dal lavoro di almeno 1 giorno e il divieto delle c.d. visite mediche preassuntive;
al 30 giugno 2009 l'operatività della class action;
al 31 dicembre 2009 l'adeguamento degli impianti di distribuzione stradale di Gpl per autotrazione alla normativa prevista dal D.P.R. 24 ottobre 2003, n. 340;
al 1° gennaio 2010 l'obbligo del certificato di buona fabbricazione per i medicinali preparati con materie prime provenienti da Paesi terzi.
(Altalex, 7 gennaio 2009)




DECRETO-LEGGE 30 dicembre 2008, n. 207

Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.

(GU n. 304 del 31-12-2008)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative, al fine di consentire una piu' concreta e puntuale attuazione dei correlati adempimenti conseguire una maggiore funzionalita' delle pubbliche amministrazioni, nonche' di prevedere interventi di riassetto relativamente a disposizioni di carattere finanziario;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 dicembre 2008;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per i rapporti con il Parlamento e del Ministro dell'economia e delle finanze;

Emana


il seguente decreto-legge:


CAPO I

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Art. 1.


Servizi radiotelevisivi


1. Fino alla ratifica del nuovo accordo di collaborazione in campo radiotelevisivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, firmato in data 5 marzo 2008, e comunque non oltre il 31 dicembre 2009, il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e' autorizzato ad assicurare, nell'ambito delle risorse finanziarie del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la prosecuzione della fornitura dei servizi previsti dalla apposita convenzione con la RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.A..

CAPO II

RIFORME PER IL FEDERALISMO

Art. 2.


Proroga dei termini di cui all'articolo 2, commi 22 e 23, della legge 24 dicembre 2003, n. 350


1. All'articolo 2, comma 22, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, le parole: «1° gennaio 2008» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2010».

2. All'articolo 2, comma 23, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, le parole: «1° gennaio 2007» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2010».


CAPO III

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Art. 3.


Accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni


1. All'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».



Art. 4.



Taglia-enti


1. All'alinea del comma 634 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 marzo 2009».


Art. 5.


Validita' delle graduatorie delle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni


1. Il termine di cui all'articolo 1, comma 100, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e' prorogato al 31 dicembre 2009 e si applica alle graduatorie per le assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 1° gennaio 2001 relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni.


Art. 6.


Concorsi con riserva di posti per le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni


1. Le facolta' di cui all'articolo 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, possono essere applicate alle procedure concorsuali avviate entro il 30 giugno 2009.


Art. 7.


Societa' di rilevazione statistica dell'ISTAT


1. All'articolo 10-bis, comma 5, quinto periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2009».


Art. 8.


Accantonamento di risorse per previdenza complementare in favore dei dipendenti della P.A.


1. Le risorse di cui all'articolo 74, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, limitatamente allo stanziamento relativo all'anno 2009, possono essere utilizzate anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.


CAPO IV

AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO

Art. 9.


Versamento delle sanzioni e comandi di personale


1. Il termine per il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai decreti legislativi 2 agosto 2007, n. 145, e 2 agosto 2007, n. 146, irrogate nell'anno 2008 dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, e' prorogato di trenta giorni. Gli importi da pagare per le suddette sanzioni, anche irrogate negli anni successivi, sono versati fino all'importo di 50.000 euro per ciascuna sanzione, sul conto di tesoreria intestato all'Autorita', da destinare a spese di carattere non continuativo e non obbligatorio;

la parte di sanzione eccedente il predetto importo e' versata al bilancio dello Stato per le destinazioni previste dalla legislazione vigente. L' importo di 50.000 euro puo' essere ridotto o incrementato ogni sei mesi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, avente natura non regolamentare, in relazione a specifiche esigenze dell'Autorita'.

2. I comandi di personale previsti da specifiche disposizioni di legge presso l'Autorita' sono annualmente prorogati con provvedimento dell'Autorita' stessa, con imputazione della relativa spesa secondo i criteri di cui all'articolo 9, comma 1, della legge 20 luglio 2004, n. 215.


CAPO V

AFFARI ESTERI

Art. 10.


Elezioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero


1. Le elezioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero (COMITES) e conseguentemente del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) sono rinviate rispetto alla scadenza prevista dall'articolo 8 della legge 23 ottobre 2003, n. 286. Tali elezioni avranno luogo entro il 31 dicembre 2010.

2. Gli attuali componenti dei Comitati degli italiani all'estero restano in carica fino alla data di entrata in funzione dei nuovi Comitati.


CAPO VI

INTERNO

Art. 11.


Contrasto al terrorismo internazionale


1. All'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, le parole : «fino al 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre 2009».


Art. 12.


Mantenimento in bilancio delle disponibilita' finanziarie concernenti l'istituzione di uffici periferici dello Stato nelle nuove province, nonche' requisiti di servizio previsti per la promozione a viceprefetto


1. In applicazione dell'articolo 4-bis, comma 4, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, le disponibilita' finanziarie recate dalle leggi 11 giugno 2004, n. 146, 11 giugno 2004, n. 147, e 11 giugno 2004, n. 148, ed esistenti alla chiusura dell'esercizio finanziario 2008 nella pertinente unita' previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito della missione Fondi da ripartire al programma Fondi da assegnare, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo.

2. All'articolo 36, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, le parole: «1° gennaio 2009,» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2011,».


CAPO VII

DIFESA

Art. 13.


Emanazione del regolamento in materia di cause di servizio e indennizzi


1. Il termine per l'emanazione del regolamento di cui all'articolo 2, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e' prorogato al 31 marzo 2009.

2. Il regolamento di cui al comma 1, inteso a disciplinare, entro il limite massimo di spesa stabilito nell'articolo 2, comma 78, della predetta legge n. 244 del 2007, termini e modalita' per il riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi in favore dei soggetti indicati nel medesimo comma, e' emanato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sulla proposta del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

3. Le somme iscritte in bilancio, in applicazione dell'articolo 2, comma 78, della predetta legge n. 244 del 2007, non impegnate al 31 dicembre 2008, sono mantenute in bilancio nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo.


Art. 14.


Proroga di termini per l'Amministrazione della difesa


1. All'articolo 60-ter, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, le parole: «fino all'anno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «fino all'anno 2015».

2. All'articolo 61 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «fino al 2009» sono sostituite dalle seguenti: «fino all'anno 2015»;

b) al comma 4-bis, le parole: «fino all'anno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «fino all'anno 2015»;

c) al comma 5-bis, le parole: «fino all'anno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «fino all'anno 2015».

3. Dall'applicazione dei commi 1, 2 e 8 non devono derivare maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

4. All'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, le parole: «al 2008» sono sostituite dalle seguenti:

«al 2009».

5. Al comma 4 dell'articolo 2 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2009», sono sostituite dalle seguenti:

«31 dicembre 2011».

6. L'Agenzia industrie difesa, di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e' autorizzata a prorogare fino al 31 dicembre 2011 i contratti di lavoro stipulati ai sensi dell'articolo 13, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2000, n. 424.

7. Per le strutture periferiche del Ministero della difesa, l'applicazione dell'articolo 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e' differita al 31 dicembre 2009.

8. Il periodo transitorio di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165, e successive modificazioni, e' prorogato di 2 anni.


Art. 15.


Proroga di termini in materia di accantonamenti


1. Le quote che risultano accantonate al 31 dicembre 2008 ai sensi dell'articolo 1, comma 758, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, sono mantenute in bilancio nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo.

2. Le somme conservate nel conto residui, ai sensi dell'articolo 22, comma 13, della legge 27 dicembre 2006, n. 298, non utilizzate nell'anno 2008, sono ulteriormente conservate nel conto residui per essere utilizzate nell'esercizio finanziario 2009.


CAPO VIII

SVILUPPO ECONOMICO

Art. 16.


Proroga dei termini di cui al codice delle assicurazioni


1. All'articolo 354, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, come modificato dall'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, le parole: «e comunque non oltre dodici mesi dopo il termine previsto dal comma 2 dell'articolo 355»

sono sostituite dalle seguenti: «e comunque non oltre diciotto mesi dopo il termine previsto dal comma 2 dell'articolo 355».


Art. 17.


Proroga dei termini per l'impegno delle risorse di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388


1. Le risorse di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, riassegnate nell'anno 2008 e non impegnate al termine dell'esercizio, permangono per l'anno 2009 nelle disponibilita' del fondo di cui al comma 2 del citato articolo 148, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Art. 18.


Liquidazione coatta amministrativa dei consorzi agrari


1. I termini di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, relativi alla chiusura delle procedure di liquidazione coatta amministrativa dei consorzi agrari, nonche' relativi al termine per l'adeguamento degli statuti dei consorzi agrari medesimi, sono prorogati al 31 dicembre 2009.


Art. 19.


Class action


1. All'articolo 2, comma 447, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 36 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «decorso un anno» sono sostituite dalle seguenti:

«decorsi diciotto mesi».


Art. 20.


Proroga dei termini per il riordino ed il riassetto delle partecipazioni societarie dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A.


1. All'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2009».


Art. 21.


Differimento di termini in materia di distributori stradali di gas di petrolio liquefatto per autotrazione (GPL)


1. Il termine di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 ottobre 2003, n. 340, per l'adeguamento degli impianti esistenti di distribuzione stradale di GPL per autotrazione, la cui capacita' complessiva resti limitata fino a 30 m3, e' differito al 31 dicembre 2009.


CAPO IX

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Art. 22.


Disposizioni in materia di pesca


1. All'articolo 2, comma 4, della legge 21 maggio 1998, n. 164, le parole: «fino al 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti:

«fino al 31 dicembre 2009».

2. Nel decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 205, e' soppresso il numero 3) della lettera c) del comma 1 dell'articolo 1, e sono abrogati gli articoli 4-quater e 4-septiesdecies.


Art. 23.


Disposizioni relative all'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria di Puglia, Basilicata ed Irpinia - EIPLI


1. All'articolo 26, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «fino al 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 30 giugno 2009».


CAPO X

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Art. 24.


Limitazioni alla guida


1. All'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, e successive modificazioni, le parole: «1° gennaio 2009» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2010».


Art. 25.


Canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nazionale


1. All'articolo 17, comma 10, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, come da ultimo modificato dall'articolo 17 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «e comunque non oltre il 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «e comunque non oltre il 31 dicembre 2009».

Art. 26.


Proroghe convenzioni Tirrenia


1. Al fine di pervenire alla completa liberalizzazione del settore del cabotaggio marittimo attraverso il completamento, entro il 31 dicembre 2009, del processo di privatizzazione delle societa' esercenti i servizi di collegamento ritenuti essenziali per le finalita' di cui all'articolo 8 della legge 20 dicembre 1974, n. 684, e agli articoli 1 e 8 della legge 19 maggio 1975, n. 169, e successive modificazioni, a condizioni che assicurino la migliore valorizzazione delle suddette societa', le convenzioni attualmente in vigore sono prorogate fino al 31 dicembre 2009, nei limiti degli stanziamenti di bilancio in essere. Conseguentemente al comma 999 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «le convenzioni», ovunque ricorrenti, sono sostituite dalle seguenti: «le nuove convenzioni».


Art. 27.


Indagine conoscitiva sui servizi ferroviari


1. Ai fini della prosecuzione dei contratti di servizio e degli accordi in essere, il termine di cui all'articolo 2, comma 253, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dal comma 2 dell'articolo 17 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e' differito al 30 giugno 2009.


Art. 28.


Diritti aeroportuali


1. All'articolo 21-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».


Art. 29.


Concessioni aeroportuali


1. All'articolo 18, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».


CAPO XI

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Art. 30.


Delimitazione delle aree di balneabilita' delle acque


1. All'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, le parole: «entro il 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 dicembre 2009».


Art. 31.


Sostanze attive utilizzate come materia prima per la produzione di medicinali


1. All'articolo 54, comma 3-bis, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, le parole: «dal 1° gennaio 2009» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1° gennaio 2010».


Art. 32.


Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

1. Le disposizioni di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 41, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009.

2. Il termine di cui all'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 28, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo, concernenti la valutazione dello stress lavoro-correlato e la data certa, e' prorogato al 16 maggio 2009.


Art. 33.


Commercializzazione di medicinali veterinari omeopatici


1. All'articolo 24 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».


Art. 34.


Proroga in materia di farmaci


1. La disposizione di cui all'articolo 9, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e' prorogata fino al 31 dicembre 2009. Con successiva determinazione dell'Agenzia italiana del farmaco, da approvarsi entro il 31 gennaio 2009, sono definiti gli aspetti applicativi.


Art. 35.


Personale degli enti di ricerca


1. Limitatamente agli enti di ricerca, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel testo modificato dall'articolo 3, comma 76, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successivamente dall'articolo 46, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' prorogata al 30 giugno 2009.


CAPO XII

ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA

Art. 36.


Procedure di nomina in ruolo del personale docente


1. Limitatamente all'anno scolastico 2009/2010, il termine di cui all'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333, e' prorogato al 31 agosto 2009.


Art. 37.


Proroga di termini in materia di istruzione


1. All'articolo 27, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, le parole: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2009-2010» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2010-2011».

2. E' abrogato il comma 8 dell'articolo 1 della legge 12 luglio 2006, n. 228, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173; all'articolo 13, comma 1-quater, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, il secondo periodo e' soppresso.


CAPO XIII

BENI E ATTIVITA' CULTURALI

Art. 38.


Autorizzazione paesaggistica


1. All'articolo 159, comma 1, primo, secondo e quarto periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2009».


Art. 39.


Compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi


1. All'articolo 71-septies, comma 2, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, le parole: «entro il 31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti «entro il 31 dicembre 2009».

Art. 40.


Enti culturali


1. I termini di durata del Presidente dell'ente di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, e del Presidente dell'ente di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 273, sono prorogati fino al 31 dicembre 2010.

2. I termini di durata degli organi nominati ai sensi dell'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e successive modificazioni, sono comunque prorogabili fino al 31 dicembre 2010.


CAPO XIV

DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA FINANZIARIA

Art. 41.


Proroghe di termini in materia finanziaria


1. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2007, di cui all'articolo 1, commi 523 e 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e' prorogato al 31 dicembre 2009 e le relative autorizzazioni possono essere concesse entro il 30 giugno 2009.

2. Il termine per procedere alle stabilizzazioni di personale relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2007, di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e' prorogato al 30 giugno 2009 e le relative autorizzazioni possono essere concesse entro il 31 marzo 2009.

3. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e' prorogato al 30 settembre 2009 e le relative autorizzazioni possono essere concesse entro il 30 giugno 2009.

4. Il termine per effettuare le assunzioni di personale gia' autorizzate per l'anno 2008 ai sensi dell'articolo 3, comma 89, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e' prorogato al 30 giugno 2009.

5. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 74, comma 6, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

6. Il divieto di cui all'articolo 1, comma 132, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e' prorogato anche per gli anni successivi al 2008.

7. Le disposizioni dell'articolo 36 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, cosi' come interpretate dall'articolo 3, comma 73, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono prorogate per gli anni 2009 e 2010. Conseguentemente, a decorrere dall'anno 2011 le indennita' e i compensi di cui al primo periodo possono essere aggiornati, secondo le modalita' stabilite dalle disposizioni istitutive, con riferimento alle variazioni del costo della vita intervenute rispetto all'anno 2010, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili in base alla legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

8. All'articolo 8, comma 1, lettera c), terzo periodo, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2009».

9. All'articolo 3, comma 112, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».

10. Il potere di adozione da parte dei Ministeri degli atti applicativi delle riduzioni degli assetti organizzativi di cui all'articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' differito al 31 maggio 2009, ferma la facolta' per i predetti Ministeri di provvedere alla riduzione delle dotazioni organiche con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro il medesimo termine. Conseguentemente, al fine di consentire il rispetto del termine di cui al primo periodo, semplificando il procedimento di organizzazione dei Ministeri, all'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4, dopo le parole: «dei relativi compiti» sono inserite le seguenti: «, nonche' la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale,»;

b) dopo il comma 4, e' inserito il seguente: «4-bis. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche in deroga alla eventuale distribuzione degli uffici di livello dirigenziale non generale stabilita nel regolamento di organizzazione del singolo Ministero.».

11. Al fine di assicurare alla regione Friuli-Venezia Giulia previsioni finanziare certe per il bilancio di previsione relativo al triennio 2009-2011, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, sono prorogate per l'anno 2011 nella misura di 30 milioni di euro.

Gli interventi in favore della minoranza slovena di cui all'articolo 16 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, sono prorogati per l'anno 2008 e conseguentemente e' autorizzata la spesa di un milione di euro per l'anno 2008, da assegnare alla regione Friuli-Venezia Giulia.

All'onere derivante dal presente comma, si provvede, quanto a 1 milione di euro per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma

«Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»

nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca; quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2011, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

12. Le attivita' conseguenti alla disposizione di cui all'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), ultimo periodo, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, proseguono fino al 30 giugno 2009 e fino a tale data restano efficaci gli atti convenzionali di applicazione della predetta disposizione.

13. I provvedimenti di comando del personale appartenente a Fintecna Spa, gia' dipendente dell'IRI, presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale da almeno cinque anni senza soluzione di continuita', sono prorogati fino alla conclusione delle procedure di inquadramento nei ruoli dell'INPS da effettuare ai sensi degli articoli 30, 33 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei limiti dei posti in organico e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009 e nell'ambito delle facolta' assunzionali previste dall'articolo 66, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

14. Il termine di un anno per l'adempimento del dovere di alienazione di cui all'articolo 30, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e' differito fino ad un anno qualora il superamento del limite previsto dalla predetta disposizione derivi da operazioni di concentrazione tra banche oppure fra investitori.

15. All'Ente italiano montagna (EIM) e' concesso, per l'anno finanziario 2009, un contributo di euro 2.800.000 a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, come determinato dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203, (legge finanziaria 2009). Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

16. Il termine per effettuare le stabilizzazioni del personale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2007, adottato ai sensi dell'articolo 1, commi 247 e 249, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e dell'articolo 1, comma 521, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e' prorogato al 30 giugno 2009, fermi restando i limiti finanziari di cui al predetto comma 251.

Nelle more del completamento delle procedure di stabilizzazione e, comunque non oltre il 30 giugno 2009, le amministrazioni interessate possono continuare ad avvalersi, nei predetti limiti finanziari, del personale destinatario delle procedure di cui al presente comma.


Art. 42.


Differimento di termini in materia fiscale


1. Al comma 120 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituite dalle seguenti:

«31 dicembre 2009».

2. Il termine di decorrenza stabilito nel mese di gennaio 2009 dal comma 1 dell'articolo 44-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n.

269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.

326, e' prorogato al mese di gennaio 2010. Conseguentemente, nel predetto comma, dopo le parole: «per il calcolo dei contributi,» sono inserite le seguenti: «per la rilevazione della misura della retribuzione e dei versamenti eseguiti,».

3. Per l'anno 2006, i termini di cui agli articoli 39-bis, comma 1, e 39-ter, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono prorogati rispettivamente al 30 giugno 2009 ed al 30 giugno 2010.

4. Per l'anno 2006, il termine di cui all'articolo 14-ter, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e' fissato al 30 giugno 2009. Conseguentemente i termini di cui all'articolo 14-quater, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, sono fissati rispettivamente al 30 giugno 2010 ed al 30 giugno 2011.

5. Al fine di assicurare la pronta definizione delle procedure di riparto delle somme relative al 5 per mille inerenti agli anni finanziari 2006 e 2007, e' prorogato al 2 febbraio 2009 il termine di integrazione documentale delle domande regolarmente presentate dai soggetti interessati ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 gennaio 2006 e dell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 marzo 2007, pubblicati, rispettivamente, nelle Gazzette Ufficiali n. 22 del 27 gennaio 2006 e n. 71 del 26 marzo 2007. La proroga non si applica nei riguardi delle posizioni amministrative definite ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 128 del 3 giugno 2008.

6. Il termine per l'adozione del decreto di cui all'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e' prorogato al 31 marzo 2009. Alla copertura degli oneri recati dal presente comma, quantificati in 1.730 milioni di euro, si provvede mediante versamento per pari importo all'entrata del bilancio dello Stato di quota parte delle risorse disponibili sulla contabilita' speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di Bilancio».

7. In attesa della approvazione parlamentare del disegno di legge recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, il termine di cui all'articolo 1, comma 43, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e' prorogato al 1° gennaio 2010.


Art. 43.


Importo massimo di emissione di titoli pubblici


1. Tenuto conto delle maggiori esigenze di finanziamento originate dalla crisi economico-finanziaria manifestatasi con particolare intensita' nel quarto trimestre 2008, il limite di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 245, non si applica fino al 31 dicembre 2008.

2. Per l'anno 2009, per assicurare la necessaria flessibilita' gestionale delle risorse preordinate con la legge di bilancio e corrispondere alle sopravvenute indifferibili occorrenze delle Amministrazioni statali per la realizzazione dei relativi programmi, entro il 30 giugno dello stesso anno il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad effettuare, con propri decreti da comunicare alle Commissione parlamentari e alla Corte dei conti, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa tra gli stanziamenti dei Fondi previsti dagli articoli 7, 9 e 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

3. Copia dei decreti di cui al comma 2 viene allegata alla legge di approvazione del rendiconto generale dello Stato.


Art. 44.


Disposizioni in materia di tutela della riservatezza


1. All'elenco n. 1, paragrafo 2, allegato alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 166» sono soppresse.

2. All'articolo 161, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le parole da: «tremila euro a diciottomila euro» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «da seimila euro a trentaseimila euro».

3. L'articolo 162 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e' cosi' modificato:

a) al comma 1, le parole: «da cinquemila euro a trentamila euro»

sono sostituite dalle seguenti: «da diecimila euro a sessantamila euro»;

b) al comma 2, le parole: «da cinquecento euro a tremila euro»

sono sostituite dalle seguenti: «da mille euro a seimila euro»;

c) dopo il comma 2, sono aggiunti, in fine, i seguenti:

«2-bis. In caso di trattamento di dati personali effettuato in violazione delle misure indicate nell'articolo 33 o delle disposizioni indicate nell'articolo 167 e' altresi' applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da ventimila euro a centoventimila euro. Nei casi di cui all'articolo 33 e' escluso il pagamento in misura ridotta.

2-ter. In caso di inosservanza dei provvedimenti di prescrizione di misure necessarie o di divieto di cui, rispettivamente, all'articolo 154, comma 1, lettere c) e d), e' altresi' applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro.».

4. All'articolo 162-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le parole: «, che puo' essere aumentata» fino alla fine del comma sono soppresse.

5. All'articolo 163, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le parole: «da diecimila euro a sessantamila euro» sono sostituite dalle seguenti: «da ventimila euro a centoventimila euro»

e le parole: «e con la sanzione amministrativa accessoria» fino alla fine del comma sono soppresse.

6. All'articolo 164, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le parole: «da quattromila euro a ventiquattromila euro» sono sostituite dalle seguenti: «da diecimila euro a sessantamila euro».

7. Dopo l'articolo 164 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e' inserito il seguente:

«Art. 164-bis (Casi di minore gravita' e ipotesi aggravate). 1. Se taluna delle violazioni di cui agli articoli 161, 162, 163 e 164 e' di minore gravita', avuto altresi' riguardo alla natura anche economica o sociale dell'attivita' svolta, i limiti minimi e massimi stabiliti dai medesimi articoli sono applicati in misura pari a due quinti.

2. In caso di piu' violazioni di un'unica o di piu' disposizioni di cui al presente Capo, a eccezione di quelle previste dagli articoli 162, comma 2, 162-bis e 164, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquantamila euro a trecentomila euro. Non e' ammesso il pagamento in misura ridotta.

3. In altri casi di maggiore gravita' e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o piu' interessati, ovvero quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni di cui al presente Capo sono applicati in misura pari al doppio.

4. Le sanzioni di cui al presente Capo possono essere aumentate fino al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore.».

8. All'articolo 165, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le parole: «161, 162 e 164» sono sostituite dalle seguenti: «del presente Capo» ed e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La pubblicazione ha luogo a cura e spese del contravventore.».

9. L'articolo 169 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e' cosi' modificato:

a) nel comma 1, sono soppresse le parole da: « o con l'ammenda da»

fino alla fine del comma;

b) nel comma 2, le parole: «quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione» sono sostituite dalle seguenti:

«quarto del massimo della sanzione stabilita per la violazione amministrativa».

10. All'articolo 62, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, le parole: «da euro cinquecentosedici a euro cinquemilacentosessantacinque» sono sostituite da: «da tremila euro a diciottomila euro».

11. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a euro 299.000 a decorrere dal 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come determinata dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203, (legge finanziaria 2009), in favore del Garante per la protezione dei dati personali, a decorrere dall'esercizio 2009.


Art. 45.


Entrata in vigore


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 30 dicembre 2008


NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Vito, Ministro per i rapporti con il Parlamento
Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze


Visto, il Guardasigilli: Alfano

lunedì 12 gennaio 2009

CEDU ed art. 625bis c.p.p.

SENTENZA N. 45807 UD.12/11/2008 - DEPOSITO DEL 11/12/2008

L'art. 625 bis c.p.p. come rimedio per violazioni del diritto di difesa nella fase del giudizio di legittimità



La Corte europea con sentenza dell’11 dicembre 2007 aveva ritenuto la violazione dell’art. 6 CEDU in relazione alla riqualificazione giuridica del fatto effettuata ex officio in sede di legittimità senza aver dato all’imputato in alcuna fase della procedura la possibilità di esserne informato. La Corte stessa, nel constatare la violazione, aveva indicato nella riapertura del processo il mezzo più appropriato per rimediare al processo iniquo. In sede esecutiva, il condannato ha sostenuto l’ineseguibilità del giudicato, alla luce del dictum della Corte europea. La Corte di cassazione, adita in sede di ricorso, ha precisato con la sentenza in epigrafe che la decisione emessa a Strasburgo non ha posto in discussone il giudizio di merito (come nel caso dei processi in contumacia), ma soltanto il giudizio di cassazione per l’omessa possibilità dell’imputato di interloquire sulla diversa qualificazione del fatto (nella specie impedendogli di beneficiare della prescrizione). Ciò comporta – ha concluso la Corte – due conseguenze. Una prima, di rendere immanente nel nostro sistema, alla luce dell’art. 117 Cost., il principio del contraddittorio su ogni profilo dell’accusa, anche nel giudizio di legittimità. Una seconda, che la restitutio in integrum indicata dalla Corte europea deve limitarsi nel caso concreto al solo giudizio di legittimità, con la conseguente sua rescissione nella parte in cui non ha attuato la suddetta regola di sistema. La Corte ha ritenuto che lo strumento che consenta all’interno del sistema processuale tale ultimo effetto sia il meccanismo ex art. 625 bis c.p.p., che mira a rimediare – con una parziale rimozione del giudicato - oltre a veri e propri errori di diritto, anche a violazioni di difesa nell’ambito del giudizio di legittimità. Così decidendo, la Corte ha revocato la precedente sentenza, disponendo di procedere a nuova trattazione del ricorso a suo tempo esperito.

Sentenza n. 45807 del 12 novembre 2008 - depositata l'11 dicembre 2008
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore D. Carcano)

CEDU ed art. 625bis c.p.p.

SENTENZA N. 45807 UD.12/11/2008 - DEPOSITO DEL 11/12/2008

L'art. 625 bis c.p.p. come rimedio per violazioni del diritto di difesa nella fase del giudizio di legittimità



La Corte europea con sentenza dell’11 dicembre 2007 aveva ritenuto la violazione dell’art. 6 CEDU in relazione alla riqualificazione giuridica del fatto effettuata ex officio in sede di legittimità senza aver dato all’imputato in alcuna fase della procedura la possibilità di esserne informato. La Corte stessa, nel constatare la violazione, aveva indicato nella riapertura del processo il mezzo più appropriato per rimediare al processo iniquo. In sede esecutiva, il condannato ha sostenuto l’ineseguibilità del giudicato, alla luce del dictum della Corte europea. La Corte di cassazione, adita in sede di ricorso, ha precisato con la sentenza in epigrafe che la decisione emessa a Strasburgo non ha posto in discussone il giudizio di merito (come nel caso dei processi in contumacia), ma soltanto il giudizio di cassazione per l’omessa possibilità dell’imputato di interloquire sulla diversa qualificazione del fatto (nella specie impedendogli di beneficiare della prescrizione). Ciò comporta – ha concluso la Corte – due conseguenze. Una prima, di rendere immanente nel nostro sistema, alla luce dell’art. 117 Cost., il principio del contraddittorio su ogni profilo dell’accusa, anche nel giudizio di legittimità. Una seconda, che la restitutio in integrum indicata dalla Corte europea deve limitarsi nel caso concreto al solo giudizio di legittimità, con la conseguente sua rescissione nella parte in cui non ha attuato la suddetta regola di sistema. La Corte ha ritenuto che lo strumento che consenta all’interno del sistema processuale tale ultimo effetto sia il meccanismo ex art. 625 bis c.p.p., che mira a rimediare – con una parziale rimozione del giudicato - oltre a veri e propri errori di diritto, anche a violazioni di difesa nell’ambito del giudizio di legittimità. Così decidendo, la Corte ha revocato la precedente sentenza, disponendo di procedere a nuova trattazione del ricorso a suo tempo esperito.

Sentenza n. 45807 del 12 novembre 2008 - depositata l'11 dicembre 2008
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore D. Carcano)

giovedì 8 gennaio 2009

L'attività di consulenza ed il principo di libertà del lavoro autonomo



Cassazione Sezione seconda civile 11 giugno 2008, n. 15530 - (164)
Avvocati,professionisti,consulenza legale,stragiudiziale,attività riservata

"Al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l'assistenza in giudizio,cfr.Cass. 12840/2006), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione"

Svolgimento del processo
Elio N. proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Padova n. 1017/98, depositata il 30.12.98 con cui, revocato il decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto per pagamento, di prestazioni professionali, era stato anche condannato alla restituzione di L. 850.000 in favore di Francesco C. Sosteneva che il pretore aveva errato nel ritenere inesigibile la sua richiesta di consulente del lavoro per aver svolto attività riservata ai commercialisti; che aveva errato nel valutare le prove documentali e testimoniali assunte in I grado.
Si costituiva il convenuto chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza. Con sentenza dep. il 6 febbraio 2003 la Corte di appello di Venezia respingeva l'impugnazione, ritenendo che le attività professionali in relazione alle quali era stato chiesto il compenso non rientravano fra quelle attribuite dall'art. 2 della L. 11.1.79 n. 12 ai consulenti del lavoro, che svolgono tutti gli adempimenti previsti per l’amministrazione del personale dipendente nonché ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente.
Nella specie, non rientravano nelle competenze del consulente del lavoro l'attività relativa alla cessione di azienda e la correlativa valutazione patrimoniale della panetteria, né lo studio di fattibilità dell'apertura nel Comune di Salvezzano di un negozio di erboristeria né la redazione dell'atto di transazione stipulato dal N. per porre fine alla controversia sfociata in una denuncia penale da parte di colui il quale doveva acquistare la panetteria, e che aveva contestato al C. di aver abusivamente asportato dal negozio derrate alimentari già inventariate, facenti ormai parte dell'oggetto del contratto -di cessione d'azienda.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il N. sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso il C..
Motivi della decisione
Con l'unico articolato motivo il ricorrente,lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 12 del 1979, in relazione all'art. 2231 cod. civ., censura la sentenza che: a) erroneamente aveva limitato le attribuzioni dei consulenti del lavoro, senza tenere conto dell' ampliamento della competenza in materia fiscale e tributaria conferita con una serie di provvedimenti legislativi introdotti in epoca successiva alla legge n. 12 del 1979; b) fra le attività proprie dei consulenti del lavoro devono essere annoverate anche quelle operazioni che, pur essendo di competenza di altre categorie professionali, non sono a queste riservate in via esclusiva, secondo quanto al riguardo statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 418 del 1996,che ha ritenuto conforme ai principi dettati dalla legge delega i decreti n. 1067 e 1068 del 1953.b)in ogni caso, gli atti compiuti dal N. non rientravano fra quelli tipici di cui ai menzionati decreti.
Il motivo è fondato.
La sentenza, nel ritenere non dovuto il compenso chiesto dal ricorrente per attività professionali che non rientravano nelle competenze professionali attribuite al consulente del lavoro, ha confermato la decisione di primo grado che aveva considerato le stesse riservate ai dottori commercialisti.
Orbene, l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 cod. civ., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, sicché il professionista non iscritto all'albo o che non sia munito nemmeno della necessaria qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa. Peraltro, al fine di stabilire se ricorra la nullità prevista dall'art. 2231 cod. civ., occorre verificare se la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l'esercizio della professione subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad ablitazione.
Nella specie, tale indagine non è stata affatto compiuta dai giudici di appello, che si sono limitati ad escludere che l'attività espletata dal ricorrente rientrasse nelle attribuzioni dei consulenti del lavoro secondo quanto al riguardo previsto dalla legge n. 12 del 1979.
Vanno qui richiamati i principi elaborati dalla Corte Costituzionale, secondo cui il sistema degli ordinamenti professionali di cui all'art. 33, quinto comma, della Costituzione, deve essere ispirato al principio della concorrenza e della interdisciplinarità, avendo la funzione di tutelare non l'interesse corporativo di una categoria professionale ma quello degli interessi di un società che si connotano in ragione di una accresciuta e sempre maggiore complessità : il che porta ad escludere una interpretazione delle sfere di competenza professionale in chiave di generale esclusività monopolistica (Corte Cost. 345 del 1995). Ed alla luce di tali principi ancora la Consulta (sentenza n. 418 del 1996), nel ritenere manifestamente infondata la questione di illegittimità dell'art. 1 , primo e ultimo comma del D.P.R n. 1067 DEL 1953 e dell'art. 1 , primo e ultimo comma, del D.P.R n. 1068 del 1953 in relazione all'art. 76 Cost.,ne ha rilevato la conformità alla precisa prescrizione contenuta nell'articolo unico, lettera a), della legge 28 dicembre 1952, n. 3060 (Delega al Governo della facoltà di provvedere alla riforma degli ordinamenti delle professioni di esercente in economia e commercio e di ragioniere), secondo cui "la determinazione del campo delle attività professionali non deve importare attribuzioni di attività in via esclusiva". _ Nelle norme delegate-hanno sottolineato i giudici delle leggi- non si rinviene alcuna attribuzione in via esclusiva di competenze, ma viene riaffermato che l'elencazione delle attività, oggetto della professione disciplinata, non pregiudica ne' "l'esercizio di ogni altra attività professionale dei professionisti considerati ne' quanto può formare oggetto dell'attività professionale di altre categorie a norma di leggi e regolamenti". In altri termini la disposizione comporta, da un canto, la non tassatività della elencazione delle attività e, dall'altro, la non limitazione dell'ambito delle attribuzioni e attività in genere professionale di altre categorie di liberi professionisti. L'espressione "a norma di leggi e regolamenti", di cui all'ultimo comma di entrambe le disposizioni impugnate, dei D.P.R. nn. 1067 e 1068 del 1953, deve doverosamente essere intesa non con esclusivo riferimento a professioni regolamentate mediante iscrizione ad albo, ma anche, con riferimento agli spazi di libertà di espressione di lavoro autonomo e di libero esercizio di attività intellettuale autonoma non collegati a iscrizione in albi. Al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l'assistenza in giudizio,cfr.Cass. 12840/2006), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione (salvi gli oN. amministrativi o tributari). Pertanto ,erroneamente la Corte di appello ha escluso il diritto al compenso, non rientrando le attività professionali svolte dal N. (consulenza e valutazione in materia aziendale; redazione di un atto di transazione) in quelle riservate solo a soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista dalla legge come condizione di esercizio della professione). Il ricorso va pertanto accolto; la sentenza va cassata,con rinvio,anche per le spese della presente fase,ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "Nelle materie commerciali, economiche finanziarie e di ragioN.a, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali, non rientrando fra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione ". _
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia,anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

L'attività di consulenza ed il principo di libertà del lavoro autonomo



Cassazione Sezione seconda civile 11 giugno 2008, n. 15530 - (164)
Avvocati,professionisti,consulenza legale,stragiudiziale,attività riservata

"Al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l'assistenza in giudizio,cfr.Cass. 12840/2006), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione"

Svolgimento del processo
Elio N. proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Padova n. 1017/98, depositata il 30.12.98 con cui, revocato il decreto ingiuntivo chiesto e ottenuto per pagamento, di prestazioni professionali, era stato anche condannato alla restituzione di L. 850.000 in favore di Francesco C. Sosteneva che il pretore aveva errato nel ritenere inesigibile la sua richiesta di consulente del lavoro per aver svolto attività riservata ai commercialisti; che aveva errato nel valutare le prove documentali e testimoniali assunte in I grado.
Si costituiva il convenuto chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza. Con sentenza dep. il 6 febbraio 2003 la Corte di appello di Venezia respingeva l'impugnazione, ritenendo che le attività professionali in relazione alle quali era stato chiesto il compenso non rientravano fra quelle attribuite dall'art. 2 della L. 11.1.79 n. 12 ai consulenti del lavoro, che svolgono tutti gli adempimenti previsti per l’amministrazione del personale dipendente nonché ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente.
Nella specie, non rientravano nelle competenze del consulente del lavoro l'attività relativa alla cessione di azienda e la correlativa valutazione patrimoniale della panetteria, né lo studio di fattibilità dell'apertura nel Comune di Salvezzano di un negozio di erboristeria né la redazione dell'atto di transazione stipulato dal N. per porre fine alla controversia sfociata in una denuncia penale da parte di colui il quale doveva acquistare la panetteria, e che aveva contestato al C. di aver abusivamente asportato dal negozio derrate alimentari già inventariate, facenti ormai parte dell'oggetto del contratto -di cessione d'azienda.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il N. sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso il C..
Motivi della decisione
Con l'unico articolato motivo il ricorrente,lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 12 del 1979, in relazione all'art. 2231 cod. civ., censura la sentenza che: a) erroneamente aveva limitato le attribuzioni dei consulenti del lavoro, senza tenere conto dell' ampliamento della competenza in materia fiscale e tributaria conferita con una serie di provvedimenti legislativi introdotti in epoca successiva alla legge n. 12 del 1979; b) fra le attività proprie dei consulenti del lavoro devono essere annoverate anche quelle operazioni che, pur essendo di competenza di altre categorie professionali, non sono a queste riservate in via esclusiva, secondo quanto al riguardo statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 418 del 1996,che ha ritenuto conforme ai principi dettati dalla legge delega i decreti n. 1067 e 1068 del 1953.b)in ogni caso, gli atti compiuti dal N. non rientravano fra quelli tipici di cui ai menzionati decreti.
Il motivo è fondato.
La sentenza, nel ritenere non dovuto il compenso chiesto dal ricorrente per attività professionali che non rientravano nelle competenze professionali attribuite al consulente del lavoro, ha confermato la decisione di primo grado che aveva considerato le stesse riservate ai dottori commercialisti.
Orbene, l'esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 cod. civ., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, sicché il professionista non iscritto all'albo o che non sia munito nemmeno della necessaria qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa. Peraltro, al fine di stabilire se ricorra la nullità prevista dall'art. 2231 cod. civ., occorre verificare se la prestazione espletata dal professionista rientri in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l'esercizio della professione subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad ablitazione.
Nella specie, tale indagine non è stata affatto compiuta dai giudici di appello, che si sono limitati ad escludere che l'attività espletata dal ricorrente rientrasse nelle attribuzioni dei consulenti del lavoro secondo quanto al riguardo previsto dalla legge n. 12 del 1979.
Vanno qui richiamati i principi elaborati dalla Corte Costituzionale, secondo cui il sistema degli ordinamenti professionali di cui all'art. 33, quinto comma, della Costituzione, deve essere ispirato al principio della concorrenza e della interdisciplinarità, avendo la funzione di tutelare non l'interesse corporativo di una categoria professionale ma quello degli interessi di un società che si connotano in ragione di una accresciuta e sempre maggiore complessità : il che porta ad escludere una interpretazione delle sfere di competenza professionale in chiave di generale esclusività monopolistica (Corte Cost. 345 del 1995). Ed alla luce di tali principi ancora la Consulta (sentenza n. 418 del 1996), nel ritenere manifestamente infondata la questione di illegittimità dell'art. 1 , primo e ultimo comma del D.P.R n. 1067 DEL 1953 e dell'art. 1 , primo e ultimo comma, del D.P.R n. 1068 del 1953 in relazione all'art. 76 Cost.,ne ha rilevato la conformità alla precisa prescrizione contenuta nell'articolo unico, lettera a), della legge 28 dicembre 1952, n. 3060 (Delega al Governo della facoltà di provvedere alla riforma degli ordinamenti delle professioni di esercente in economia e commercio e di ragioniere), secondo cui "la determinazione del campo delle attività professionali non deve importare attribuzioni di attività in via esclusiva". _ Nelle norme delegate-hanno sottolineato i giudici delle leggi- non si rinviene alcuna attribuzione in via esclusiva di competenze, ma viene riaffermato che l'elencazione delle attività, oggetto della professione disciplinata, non pregiudica ne' "l'esercizio di ogni altra attività professionale dei professionisti considerati ne' quanto può formare oggetto dell'attività professionale di altre categorie a norma di leggi e regolamenti". In altri termini la disposizione comporta, da un canto, la non tassatività della elencazione delle attività e, dall'altro, la non limitazione dell'ambito delle attribuzioni e attività in genere professionale di altre categorie di liberi professionisti. L'espressione "a norma di leggi e regolamenti", di cui all'ultimo comma di entrambe le disposizioni impugnate, dei D.P.R. nn. 1067 e 1068 del 1953, deve doverosamente essere intesa non con esclusivo riferimento a professioni regolamentate mediante iscrizione ad albo, ma anche, con riferimento agli spazi di libertà di espressione di lavoro autonomo e di libero esercizio di attività intellettuale autonoma non collegati a iscrizione in albi. Al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l'assistenza in giudizio,cfr.Cass. 12840/2006), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione (salvi gli oN. amministrativi o tributari). Pertanto ,erroneamente la Corte di appello ha escluso il diritto al compenso, non rientrando le attività professionali svolte dal N. (consulenza e valutazione in materia aziendale; redazione di un atto di transazione) in quelle riservate solo a soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista dalla legge come condizione di esercizio della professione). Il ricorso va pertanto accolto; la sentenza va cassata,con rinvio,anche per le spese della presente fase,ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto: "Nelle materie commerciali, economiche finanziarie e di ragioN.a, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali, non rientrando fra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione ". _
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia,anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

lunedì 5 gennaio 2009

Sicurezza sul Lavoro nel diritto comunitario

Il datore di lavoro e le sue responsabilità in materia di sicurezza e tutela dei lavoratori secondo il diritto comunitario
di Paola Balbo in www.altalex.com

Ogni qualvolta si riaccendono il confronto e la polemica sui temi della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, potrebbe essere utile ripercorrere la direttiva 391/89/CEE del 12 giugno 1989 che ha segnato il passo in questa materia fissando principi generali e dando il via, in ragione delle modalità della sua applicazione da parte degli Stati membri, ad una serie di interpretazioni pregiudiziali davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee che oggi appaiono ancor più determinanti guardando ai recenti episodi di ‘morti bianche’ che hanno scosso l’opinione generale italiana.
Il preambolo costituisce, come in ogni caso nelle direttive comunitarie, una fonte preliminare di indicazioni preziose. Poiché esistevano già nei diversi Stati membri delle norme relative a diversi settori, si fa richiamo in prima battuta all’articolo 118 A del trattato che prevede che il Consiglio adotti le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.
Si precisa inoltre che, posto che negli Stati membri i sistemi legislativi in materia di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro sono molto differenti e meritano di essere migliorati e che simili disposizioni nazionali in materia, spesso integrate da disposizioni tecniche e/o da norme volontarie, possono consentire vari livelli di protezione della sicurezza e della salute e dar luogo ad una concorrenza a scapito della sicurezza e della salute, la direttiva in questione non può giustificare l'eventuale riduzione dei livelli di protezione già raggiunti in ciascuno Stato membro, poiché gli Stati membri in virtù del trattato stanno cercando di promuovere il miglioramento delle condizioni esistenti in questo settore e si sono prefissi l'obiettivo dell'armonizzazione di dette condizioni nel progresso.
Nella direttiva del 1989, dunque 17 anni fa, si deplorava il fatto che vi fossero ancora troppi infortuni sul lavoro e malattie professionali a fronte dei quali si è imposta la necessità di adottare o migliorare senza indugio misure preventive per preservare la sicurezza e la salute dei lavoratori in modo da assicurare un miglior livello di protezione. Si stabilisce infine che per garantire un miglior livello di protezione è necessario che i lavoratori e/o i loro rappresentanti siano informati circa i rischi per la sicurezza e la salute e circa le misure occorrenti per ridurre o sopprimere questi rischi e inoltre essi siano in grado di contribuire, con una partecipazione equilibrata, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, all'adozione delle necessarie misure di protezione.
Stante la definizione di cui all’art. 3, lett. d) della direttiva 391/89/CEE la prevenzione consta del complesso delle disposizioni o misure prese o previste in tutte le fasi dell'attività nell'impresa per evitare o diminuire i rischi professionali. È con il primo comma dell’art. 5 che si entra nel merito delle prescrizioni in capo ai datori di lavoro. « Il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro». « Gli obblighi dei lavoratori nel settore della sicurezza e della salute durante il lavoro non intaccano il principio della responsabilità del datore di lavoro» (comma 3).
«La presente direttiva non esclude la facoltà degli Stati membri di prevedere l'esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata (comma 4)».
Gli articoli 6, 7 e 8 dettagliano gli oneri la cui inosservanza, si deduce, comporterà inevitabili responsabilità civili e penali:
Articolo 6 - Obblighi generali dei datori di lavoro
1. Nel quadro delle proprie responsabilità il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, comprese le attività di prevenzione dei rischi professionali, d'informazione e di formazione, nonché l'approntamento di un'organizzazione e dei mezzi necessari.
Il datore di lavoro deve provvedere costantemente all'aggiornamento di queste misure, per tener conto dei mutamenti di circostanze e mirare al miglioramento delle situazioni esistenti.
2. Il datore di lavoro mette in atto le misure previste al paragrafo 1, primo comma, basandosi sui seguenti principi generali di prevenzione:
a) evitare i rischi;
b) valutare i rischi che non possono essere evitati;
c) combattere i rischi alla fonte;
d) adeguare il lavoro all'uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature di lavoro e dei metodi di lavoro e di produzione, in particolare per attenuare il lavoro monotono e il lavoro ripetitivo e per ridurre gli effetti di questi lavori sulla salute.
e) tener conto del grado di evoluzione della tecnica;
f) sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso;
g) programmare la prevenzione, mirando ad un complesso coerente che integri nella medesima la tecnica, l'organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
h) dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
i) impartire adeguate istruzioni ai lavoratori.
3. Fatte salve le altre disposizioni della presente direttiva, il datore di lavoro, tenendo conto della natura delle attività dell'impresa e/o dello stabilimento, deve:
a) valutare i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici e nella sistemazione dei luoghi di lavoro.
A seguito di questa valutazione, e se necessario, le attività di prevenzione, i metodi di lavoro e di produzione adottati dal datore di lavoro devono:
- garantire un miglior livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori;
- essere integrate nel complesso delle attività dell'impresa e/o dello stabilimento e a tutti i livelli gerarchici;
b) quando affida dei compiti ad un lavoratore, tener conto delle capacità dello stesso in materia di sicurezza e salute;
c) far sì che la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie formino oggetto di consultazioni con i lavoratori e/o i loro rappresentanti, per quanto riguarda le conseguenze sulla sicurezza e la salute dei lavoratori, connesse con la scelta delle attrezzature, la riorganizzazione delle condizioni di lavoro e l'impatto dei fattori dell'ambiente di lavoro;
d) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni possano accedere alle zone che presentano un rischio grave e specifico.
La lettera g) dell’art. 6 apre il campo a quelle che sono le indicazioni circa il servizio di prevenzione e controllo demandato al datore di lavoro e da questi delegato a lavoratori.
Articolo 7 - Servizi di protezione e prevenzione
1. Fatti salvi gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di prevenzione dei rischi professionali nell'impresa e/o nello stabilimento.
2. I lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali.
I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente direttiva, devono poter disporre di tempo adeguato.
3. Se le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento.
4. Nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
5. In ogni caso:
- i lavoratori designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi richiesti,
- le persone o servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e
- il numero dei lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere sufficiente, per assumere le attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento e/o dei rischi a cui i lavoratori sono esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell'insieme dell'impresa e/o dello stabilimento.
6. Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o allo stabilimento.
Se necessario, il(i) lavoratore(i) e/o il(i) servizio(i) debbono collaborare.
7. Gli Stati membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell'impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro, a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il compito di cui al paragrafo 1.
8. Gli Stati membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo 5.
Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5.
Articolo 8 - Pronto soccorso, lotta antincendio, evacuazione dei lavoratori e pericolo grave e immediato
1. Il datore di lavoro deve:
- prendere, in materia di pronto soccorso, di lotta antincendio e di evacuazione dei lavoratori, le misure necessarie, adeguate alla natura delle attività ed alle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento, tenendo conto di altre persone presenti e
- organizzare i necessari rapporti con servizi esterni, in particolare in materia di pronto soccorso, di assistenza medica di emergenza, di salvataggio e di lotta antincendio.
2. In applicazione del paragrafo 1, il datore di lavoro deve in particolare designare per il pronto soccorso, per la lotta antincendio e per l'evacuazione dei lavoratori, i lavoratori incaricati di applicare queste misure.
Questi lavoratori devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzatura adeguata, tenendo conto delle dimensioni e/o dei rischi specifici dell'impresa e/o dello stabilimento.
3. Il datore di lavoro deve:
a) informare, il più presto possibile, tutti i lavoratori che sono o che possono essere esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
b) prendere misure e dare istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, cessare la loro attività e/o mettersi al sicuro, lasciando immediatamente il luogo di lavoro;
c) salvo eccezione debitamente motivata, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persista un pericolo grave e immediato.
4. Un lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro e/o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa ed ingiustificata, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
5. Il datore di lavoro fa sì che qualsiasi lavoratore in caso di pericolo grave ed immediato per la sua sicurezza e/o quella di altre persone, nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico e tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo.
La sua azione non comporta nessun pregiudizio nei suoi confronti, a meno che gli non abbia agito sconsideratamente o abbia commesso una grave negligenza.
A fronte delle disposizioni qui riportate si impone una riflessione di carattere generale circa la rispondenza non solo formale delle norme nazionali ma anche teleologica – per uscire da una definizione esclusivamente giuridica – e dunque comprendere se e in quale misura il legislatore nazionale abbia compreso e dato voce ai principi minimi individuati in sede comunitaria. Si tratta di una analisi che vale limitare alla questione dell’organizzazione della sicurezza all’interno di una sede di lavoro. Il secondo limite e parametro di valutazione passa attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Dalla lettura delle disposizioni soprannazionali e della giurisprudenza avremo modo di constatare che l’attuale impianto nazionale soffre di due lacune: una ridotta capacità di controllo effettivo e di applicazione delle sanzioni in presenza di gravi violazioni, una interpretazione troppo politica e poco sostanziale dei suggerimenti comunitari circa le modalità attuative di alcuni percorsi, che di seguito definiremo, offrendo ampi margini di manovra e di raggiro delle regole da parte dei datori di lavoro.
La decisione che ci riguarda più da vicino è del 20011. In essa la Repubblica italiana venne condannata dal momento che era venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 6, n. 3, lett. a), e 7, nn. 3, 5 e 8, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro:
(i) non avendo prescritto che il datore di lavoro debba valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza esistenti sul luogo di lavoro;
(ii) avendo consentito al datore di lavoro di decidere se fare o meno ricorso a servizi esterni di protezione e di prevenzione quando le competenze interne all'impresa sono insufficienti, e
(iii) non avendo definito le capacità e le attitudini di cui devono essere in possesso le persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Si tratta di una decisione derivata dalla individuazione di tre motivi di censura e precisamente:
« prima censura
Secondo la Commissione l'art. 6, n. 3, lett. a), della direttiva istituisce l'obbligo per il datore di lavoro di valutare l'insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. I tre tipi di rischi enumerati nella disposizione sarebbero una mera elencazione dei rischi specifici che devono essere valutati. E' per tale motivo che, con la sua prima censura, la Commissione sostiene che la norma italiana di trasposizione, vale a dire l'art. 4, primo comma, del decreto legislativo, che si limita ad imporre al datore di lavoro la valutazione di questi tre tipi specifici di rischi, sarebbe in contrasto con la direttiva.
In via preliminare, si deve constatare come risulti sia dall'obiettivo della direttiva, che si applica, ai sensi del suo quindicesimo 'considerando‘, a tutti i rischi, sia dal tenore letterale dell'art. 6, n. 3, lett. a), della medesima che i datori di lavoro sono tenuti a valutare l'insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Inoltre, è importante precisare che i rischi professionali che devono essere oggetto di una valutazione da parte dei datori di lavoro non sono stabiliti una volta per tutte, ma si evolvono costantemente in funzione, in particolare, del progressivo sviluppo delle condizioni di lavoro e delle ricerche scientifiche in materia di rischi professionali.
Ne consegue che l'art. 4, primo comma, del decreto legislativo, che prevede, sì, l'obbligo del datore di lavoro di valutare rischi specifici, ma che limita la portata di tale obbligo ai tre tipi di rischi menzionati a titolo di esempio nell'art. 6, n. 3, lett. a), della direttiva, non può costituire una corretta trasposizione di tale norma.
seconda censura
Con la sua seconda censura la Commissione sostiene che l'art. 8, n. 6, del decreto legislativo, che lascia al datore di lavoro la scelta se fare o meno ricorso a servizi esterni quando le capacità dei dipendenti dell'impresa sono insufficienti, è manifestamente in contrasto con la regola imperativa contenuta nell'art. 7, n. 3, della direttiva.
A tale proposito va ricordato che l'art. 7, nn. 1 e 3, della direttiva prevede l'obbligo del datore di lavoro di organizzare un servizio di protezione e di prevenzione dei rischi professionali all'interno dell'impresa ovvero, se le competenze all'interno della medesima sono insufficienti, di far ricorso a competenze esterne.
Ora, ai sensi dell'art. 8, sesto comma, del decreto legislativo, un datore di lavoro ha la facoltà, ma non l'obbligo, di ricorrere a persone o servizi esterni all'impresa se le competenze dei dipendenti all'interno di quest'ultima sono insufficienti.
Dall'art. 8, sesto comma, del decreto legislativo, considerato isolatamente, non risulta quindi che il datore di lavoro sia, in ogni caso, tenuto ad assumere personale in possesso delle adeguate capacità o a ricorrere a persone o servizi esterni per occuparsi delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali nell'ambito dell'impresa interessata.
(….) Si deve concludere che l'interpretazione dell'art. 8, sesto comma, del decreto legislativo sostenuta dal governo italiano, secondo cui il datore di lavoro sarebbe, in ogni caso, tenuto ad assumere persone in possesso delle capacità richieste o a ricorrere a persone o servizi esterni all'impresa, non emerge in modo sufficientemente chiaro e preciso dal tenore letterale di detta disposizione, né dal suo contesto giuridico.
terza censura
Con la sua terza censura la Commissione sostiene che, non avendo previsto una disciplina chiara a dettagliata relativa alle competenze richieste alle persone responsabili delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali all'interno dell'impresa, la Repubblica italiana ha violato l'art. 7, nn. 5 e 8, della direttiva.
L'esecuzione di tale obbligo implica l'adozione da parte degli Stati membri di provvedimenti legislativi o regolamentari conformi ai requisiti della direttiva e portati a conoscenza delle imprese interessate con mezzi adeguati al fine di consentire a queste ultime di conoscere i loro obblighi in materia e alle autorità nazionali competenti di verificare che tali provvedimenti vengano osservati.
La soluzione adottata dalla Repubblica italiana, consistente nell'attribuire al datore di lavoro la responsabilità di determinare le capacità e le attitudini necessarie per esercitare le attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, non soddisfa manifestamente i requisiti dell'art. 7, nn. 5 e 8, della direttiva».
Sappiamo che successivamente venne modificato il D.lgs. n. 626/94 e s.m.i. introducendo l’aggettivo ‘tutti’ riferito ai rischi da valutare2, continua a destare perplessità la scelta (a prescindere dalla formazione successiva) delle persone e le rispettive competenze iniziali sulle quali il testo di legge italiano rimane vago pur con le recenti modifiche del 2007. Ciò che viene da chiedersi è se le disposizioni intervenute dopo lunghe concertazioni anche con le Regioni abbiano alla fine prodotto un risultato importante in termini di formazione dei soggetti da incaricare delle verifiche. Se il datore di lavoro è tenuto a creare un servizio occorre che la formazione del personale sia adeguata. Ciò che potrebbe far sorgere dubbi è che la scelta del personale, sebbene potenzialmente dovrebbe prevedere una consultazione preventiva sostanziale del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, di fatto si risolve spesso in una mera comunicazione o in un incontro di facciata. Il personale non sempre viene scelto e, una volta scelto, dotato della autonomia decisionale e finanziaria necessarie, degli aggiornamenti, degli strumenti e posto in una condizione di serenità tale da consentirgli di assumere posizioni precise e soprattutto decise mancando altresì, nello svolgimento di un ruolo così centrale, delle tutele che per contro vengono, a buon conto, date al rappresentante, scelto dai lavoratori e di essi voce. Pressioni psicologiche, possibili sollecitazioni a non verbalizzare segnalazioni o, se verbalizzate, non ufficializzate con protocolli che li rendano per quanto riservati non sottraibili sono aspetti che talora vengono ignorati e taciuti costituendo un’arma assai potente nelle mani di chi dovrebbe operare delle scelte. A ciò si aggiunga la scarsa collaborazione e coinvolgimento del rappresentante al quale gli incaricati del servizio, per timore di ‘dispiacere’ al datore proprio per gli strumenti che questo può legalmente impiegare3, fanno poco riferimento aggravando la situazione.
Il punto essenziale è rappresentato allora dal fatto che (a) il datore di lavoro non è liberato dalle proprie responsabilità qualora ricorra, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, a competenze (persone o servizi) esterni all’impresa e/o allo stabilimento; (b) il principio della responsabilità del datore di lavoro non viene intaccata dagli obblighi dei lavoratori nel settore della sicurezza e della salute durante il lavoro; (c) esiste la facoltà degli Stati membri di prevedere l’esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro ma, si deduce dalla formulazione del testo, per fati dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili, malgrado la diligenza osservata. Ciò posto e ricordando anche come nel caso italiano il legislatore non ha fatto ricorso alla facoltà di cui alla lettera (c) dal momento che già il codice civile contempla fattispecie di esclusione di responsabilità in circostanze quali quelle elencate, tra le responsabilità in capo al datore di lavoro e sue proprie vi è quella di prendere le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, comprese le attività di prevenzione dei rischi professionali, di informazione e di formazione, nonché l’approntamento di una organizzazione e dei mezzi necessari provvedendo, aspetto ancora più importante, costantemente all’aggiornamento di queste misure per tenere conto dei mutamenti di circostanze e mirare al miglioramento delle situazioni esistenti (art. 6 Direttiva). Questi passaggi e queste attività, come si evince anche dagli articoli della direttiva su riportati, hanno a base dei principi generali di prevenzione. Quali di questi principi sono ad oggi più a rischio è facile intuirlo. Se infatti si potrebbe dire senza incorrere in una prognosi errata che hanno raggiunto in linea generale un buon livello di adeguamento e applicazione i principi rappresentati dall’adeguare il lavoro all'uomo, in particolare per quanto concerne la concezione dei posti di lavoro e la scelta delle attrezzature di lavoro e dei metodi di lavoro e di produzione, in particolare per attenuare il lavoro monotono e il lavoro ripetitivo e per ridurre gli effetti di questi lavori sulla salute; dal tener conto del grado di evoluzione della tecnica; dal dare la priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; dall’impartire adeguate istruzioni ai lavoratori; non altrettanto si potrebbe asserire per altri forse ancora più intuitivi e urgenti:
a) evitare i rischi;
b) valutare [aggiungerei: onestamente e pienamente] i rischi che non possono essere evitati;
c) combattere i rischi alla fonte;
d) sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso;
e) programmare la prevenzione, mirando ad un complesso coerente che integri nella medesima la tecnica, l'organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro.
In altri termini potrebbero verificarsi ipotesi di interpretazione lata dell’art. 5, n. 1 della direttiva sulle cause di esclusione della responsabilità del datore di lavoro nel contesto lavorativo (e il crescente richiamo alle forme di stress in ambiente di lavoro lo confermerebbero) che, ribaltando la responsabilità sul servizio che è onere del datore realizzare, lo rendano meno responsabile delle conseguenze di ogni evento lesivo della salute e della sicurezza dei lavoratori che si verifichi nella sua impresa4. Avvalora questa lettura anche una ulteriore constatazione applicata al caso Italia e risalente al 20035 con riferimento alla direttiva 89/665/CEE del 30 novembre 1989 riguardante i requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro. Posto che le protezioni ed i sistemi protettivi:
non devono provocare rischi supplementari,
non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci,
devono essere situati ad una sufficiente distanza dalla zona pericolosa,
non devono limitare più del necessario l’osservanza del ciclo di lavoro (All. I, punto 2.3),
e che dette buone prassi, come potremmo definirle, valgono in qualsiasi contesto, in materia di responsabilità del datore di lavoro, non consente misinterpretazioni il richiamo alla normativa nazionale che il giudice comunitario fa ai punti 6: «L’art. 2087 del codice civile italiano recita: ‘L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro’» e 7: «Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (….) dispone al suo articolo 4, n. 5, quanto segue: ‘Il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che esercitano, dirigono o sovrintendono le attività indicate all’art. 1 (…), nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare: (…..) b) aggiornano le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione tecnica, della prevenzione e della protezione’». Anzi, al punto 20 la Corte formula un giudizio di particolare peso nella interpretazione di tutta la questione sicurezza e precisamente:
«Occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, in caso di trasposizione di una direttiva nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro, è indispensabile che l’ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la situazione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficientemente precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali».
In tale contesto e in linea con quanto precisato fino ad ora, va ricordato che la Corte di Giustizia ha altresì avuto modo di ribadire più volte come l’art. 7, n. 1 della direttiva 89/391/CEE imponga al datore di lavoro ‘un obbligo principale, che è quello di designare uno o più lavoratori perché si occupino delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali. Con il suo n. 3, esso prevede l’obbligo di fare ricorso a competenze esterne all’impresa (sentenza 15 novembre 2001, causa C-49/00, Commissione /Italia, Racc. pag. I-8575, punto 23). Come la Corte ha già giudicato, tuttavia, quest’ultimo obbligo è solo subordinato rispetto a quello espresso al detto art. 7, n. 1, in quanto esso esiste solo “[s]e le competenze nell’impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione” (vedi sentenza 22 maggio 2003, causa C-441/01, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-5463, punto 20)”6.
________________
1 Corte di Giustizia delle Comunità europee, sentenza del 15 novembre 2001 nella causa C-49/00.
2 Legge 1 marzo 2002, n. 39, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2001.
“ART. 21.(Delega al Governo per l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee del 15 novembre 2001, nella causa C-49/00 e parziale attuazione).
1. Il Governo e' delegato ad emanare, nel termine di cui al comma 1 dell'articolo 1 della presente legge, un decreto legislativo recante le modifiche al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, necessarie ai fini dell'adeguamento ai principi e criteri affermati dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunita' europee del 15 novembre 2001, nella causa C-49/00. Il decreto legislativo e' emanato con le modalita' di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 1, e nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti nell'articolo 2.
2. L'articolo 4, comma 1, del citato decreto legislativo n. 626 del 1994, e' sostituito dal seguente:"1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attivita' dell'azienda ovvero dell'unita' produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di lavoro".
3. All'articolo 8, comma 6, del citato decreto legislativo n. 626 del 1994, dopo la parola: "lavoro", la parola: "puo'" e' sostituita dalla seguente: "deve".
4. Agli eventuali oneri derivanti dall'applicazione dei commi 1, 2 e 3 si provvede ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d).”
3 P. BALBO, Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, in Diritto & Diritti - Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all'indirizzo http://www.diritto.it, ISSN 1127-8579, http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/24862.html, http://www.altalex.com/index.php?idnot=38789.
4 Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza 14 giugno 2007, causa C-127/05.
5 Corte di Giustizia delle Comunità europee, sentenza del 10 aprile 2003 su causa C-65/01.
6 Corte di Giustizia delle Comunità europee, sentenza 6 aprile 2006, causa C-428/04.

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