lunedì 22 marzo 2010

Guida in stato d'ebbrezza. focus su qualche pronuncia

Guida in stato di ebbrezza e provvedimenti provvisori sulla patente


Cassazione civile , sez. II, sentenza 28.10.2009 n° 22844 (Cesira Cruciani)


Nella sentenza 28 ottobre 2009, n. 22844 della Sezione II civile, decisa dalla Suprema Corte, si è nuovamente affrontato il tema della sindacabilità dei provvedimenti provvisori di sospensione e del ritiro della patente, in conseguenza della commissione del reato di guida in stato di ebbrezza art. 186, C.d.S..
La condotta contemplata dall'art. 186 C.d.S. costituisce un fatto penalmente rilevante, cui può conseguire, quale sanzione amministrativa accessoria, la sospensione della patente di guida. La contestazione dell’illecito previsto sia dall’art. 186 che dall’art. 187, C.d.S. provoca l’inoltro al Prefetto del rapporto, ai fini dell’applicazione delle misure provvisorie e cautelari di competenza.
Avverso il provvedimento del Prefetto può essere proposta opposizione al Giudice di Pace del luogo ove è stata commessa l’infrazione, secondo quanto previsto dalla Legge 689/81 (che costituisce la legge regolatrice in generale per l’opposizione a tutte le sanzioni amministrative). Così dispone l’ultimo comma dell’art. 223 C.d.S. che rimanda all’art. 205, C.d.S..
D'altra parte esula dall'ambito del procedimento disciplinato dalla L. n. 689/1981, e dei relativi poteri del giudice di pace, non soltanto l'annullamento del verbale di accertamento concernente tale condotta, redatto a fini penali, ma anche l'accertamento della esistenza del reato ipotizzato nel verbale stesso che è devoluta al giudice penale, essendo, invece, la competenza del giudice di pace limitata alla verifica della legittimità della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, e quindi, all'accertamento della sussistenza del fatto contestato solo nei limiti in cui tale accertamento sia funzionale alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della sanzione amministrativa, atteso che in presenza dell'accertamento compiuto dai verbalizzanti della suddetta ipotesi di reato il Prefetto è tenuto, ai sensi dell'art. 223 C.d.S., comma 3, a disporre la misura cautelare della sospensione della patente di guida, a differenza dell'ipotesi di cui al secondo comma della norma citata in cui il provvedimento di sospensione postula la verifica di fondati elementi di una evidente responsabilità in ordine ai reati denunciati ai sensi dell'art. 222 C.d.S., commi 2 e 3 (casi in cui dalla violazione amministrativa siano derivati danni alle persone).






(Altalex, 10 marzo 2010. Nota di Cesira Cruciani)






SEZIONE II CIVILE
Sentenza 28 ottobre 2009, n. 22844
Svolgimento del processo


La Prefettura di Rovigo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 9 gennaio 2004 con la quale il giudice di pace di Rovigo, in accoglimento parziale della opposizione avanzata da F.R. avverso il verbale di contravvenzione elevatogli dalla Polizia Stradale di quella città per violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, per guida sotto l'influenza di alcool, sospendeva la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida disposta con detto verbale fino all'accertamento del reato e all'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente eventualmente disposta dal giudice in sede penale.
L'intimato non si è costituito.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 186, 204 bis, 216 e 223 C.d.S., e della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23.
Osserva parte ricorrente che essendo stata l'opposizione proposta contro il ritiro della patente il quale, previsto dall'art. 223 C.d.S., comma 3, non costituisce sanzione amministrativa accessoria, il giudice di pace non sarebbe competente.
Ritiene poi censurabile la gravata sentenza anche nel merito non avendo essa fatto alcun cenno ai motivi per i quali non erano stati considerati i comportamenti sintomatici dell'ebbrezza da alcool per quanto indicati nel verbale.
Il ricorso è infondato.
Correttamente il giudice di pace ha ritenuto la propria competenza in ordine alla impugnazione da parte del F. del provvedimento di ritiro della patente di guida operato dagli agenti accertatori al momento dalla contestazione della violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, per guida in stato di ebbrezza alcolica, conformemente a giurisprudenza di questa Suprema Corte (vedi l'ordinanza della Sezione 2^ n. 14932 del 2005, nonchè, da ultimo, S.U. sent. n. 2519 del 2006).
Del tutto generiche sono poi da considerarsi le censure di merito proposte dalla ricorrente Prefettura di Rovigo a fronte delle argomentazioni del giudice "a quo" in ordine al prudente dubbio da lui manifestato sul la legittimità del ritiro del documento di guida, posto che la documentazione agli atti aveva attestato che in effetti si erano verificate in sede di accertamento disfunzioni (l'apparecchio etilometro aveva dovuto essere più volte attivato per entrare in funzione,con risultati peraltro contestati in "toto" dall'opponente in quanto esagerati) e irregolarità (il risultato dell'alcooltest non era stato mostrato al conducente, nè gli era stato consegnato il tagliando come prescritto dal punto 4 dell'art. 379 reg. C.d.S.)
Alla stregua delle svolte considerazioni i proposto ricorso va respinto, mentre non vi e luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio stante la mancata costituzione dell'intimato.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2009.

Guida in stato d'ebbrezza. focus su qualche pronuncia

Guida in stato di ebbrezza e provvedimenti provvisori sulla patente

Cassazione civile , sez. II, sentenza 28.10.2009 n° 22844 (Cesira Cruciani)

Nella sentenza 28 ottobre 2009, n. 22844 della Sezione II civile, decisa dalla Suprema Corte, si è nuovamente affrontato il tema della sindacabilità dei provvedimenti provvisori di sospensione e del ritiro della patente, in conseguenza della commissione del reato di guida in stato di ebbrezza art. 186, C.d.S..
La condotta contemplata dall'art. 186 C.d.S. costituisce un fatto penalmente rilevante, cui può conseguire, quale sanzione amministrativa accessoria, la sospensione della patente di guida. La contestazione dell’illecito previsto sia dall’art. 186 che dall’art. 187, C.d.S. provoca l’inoltro al Prefetto del rapporto, ai fini dell’applicazione delle misure provvisorie e cautelari di competenza.
Avverso il provvedimento del Prefetto può essere proposta opposizione al Giudice di Pace del luogo ove è stata commessa l’infrazione, secondo quanto previsto dalla Legge 689/81 (che costituisce la legge regolatrice in generale per l’opposizione a tutte le sanzioni amministrative). Così dispone l’ultimo comma dell’art. 223 C.d.S. che rimanda all’art. 205, C.d.S..
D'altra parte esula dall'ambito del procedimento disciplinato dalla L. n. 689/1981, e dei relativi poteri del giudice di pace, non soltanto l'annullamento del verbale di accertamento concernente tale condotta, redatto a fini penali, ma anche l'accertamento della esistenza del reato ipotizzato nel verbale stesso che è devoluta al giudice penale, essendo, invece, la competenza del giudice di pace limitata alla verifica della legittimità della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, e quindi, all'accertamento della sussistenza del fatto contestato solo nei limiti in cui tale accertamento sia funzionale alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della sanzione amministrativa, atteso che in presenza dell'accertamento compiuto dai verbalizzanti della suddetta ipotesi di reato il Prefetto è tenuto, ai sensi dell'art. 223 C.d.S., comma 3, a disporre la misura cautelare della sospensione della patente di guida, a differenza dell'ipotesi di cui al secondo comma della norma citata in cui il provvedimento di sospensione postula la verifica di fondati elementi di una evidente responsabilità in ordine ai reati denunciati ai sensi dell'art. 222 C.d.S., commi 2 e 3 (casi in cui dalla violazione amministrativa siano derivati danni alle persone).



(Altalex, 10 marzo 2010. Nota di Cesira Cruciani)



SEZIONE II CIVILE
Sentenza 28 ottobre 2009, n. 22844
Svolgimento del processo

La Prefettura di Rovigo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 9 gennaio 2004 con la quale il giudice di pace di Rovigo, in accoglimento parziale della opposizione avanzata da F.R. avverso il verbale di contravvenzione elevatogli dalla Polizia Stradale di quella città per violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, per guida sotto l'influenza di alcool, sospendeva la sanzione accessoria del ritiro della patente di guida disposta con detto verbale fino all'accertamento del reato e all'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente eventualmente disposta dal giudice in sede penale.
L'intimato non si è costituito.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso si denunzia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 186, 204 bis, 216 e 223 C.d.S., e della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23.
Osserva parte ricorrente che essendo stata l'opposizione proposta contro il ritiro della patente il quale, previsto dall'art. 223 C.d.S., comma 3, non costituisce sanzione amministrativa accessoria, il giudice di pace non sarebbe competente.
Ritiene poi censurabile la gravata sentenza anche nel merito non avendo essa fatto alcun cenno ai motivi per i quali non erano stati considerati i comportamenti sintomatici dell'ebbrezza da alcool per quanto indicati nel verbale.
Il ricorso è infondato.
Correttamente il giudice di pace ha ritenuto la propria competenza in ordine alla impugnazione da parte del F. del provvedimento di ritiro della patente di guida operato dagli agenti accertatori al momento dalla contestazione della violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, per guida in stato di ebbrezza alcolica, conformemente a giurisprudenza di questa Suprema Corte (vedi l'ordinanza della Sezione 2^ n. 14932 del 2005, nonchè, da ultimo, S.U. sent. n. 2519 del 2006).
Del tutto generiche sono poi da considerarsi le censure di merito proposte dalla ricorrente Prefettura di Rovigo a fronte delle argomentazioni del giudice "a quo" in ordine al prudente dubbio da lui manifestato sul la legittimità del ritiro del documento di guida, posto che la documentazione agli atti aveva attestato che in effetti si erano verificate in sede di accertamento disfunzioni (l'apparecchio etilometro aveva dovuto essere più volte attivato per entrare in funzione,con risultati peraltro contestati in "toto" dall'opponente in quanto esagerati) e irregolarità (il risultato dell'alcooltest non era stato mostrato al conducente, nè gli era stato consegnato il tagliando come prescritto dal punto 4 dell'art. 379 reg. C.d.S.)
Alla stregua delle svolte considerazioni i proposto ricorso va respinto, mentre non vi e luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio stante la mancata costituzione dell'intimato.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2009.

giovedì 4 marzo 2010

Un possibile aggiramento dell'art. 18 Statuto dei Lavoratori e altre modifiche "problematiche"

Legislatura 16º - Disegno di legge N. 1167


SENATO DELLA REPUBBLICA



XVI



1167





Attesto che il Senato della Repubblica,


il 26 novembre 2009, ha approvato, con modificazioni, il seguente disegno di legge, d’iniziativa del Governo, già approvato dalla Camera dei deputati:






Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro


















Art. 1.






(Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti)






1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attività e che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1º gennaio 2008 la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano ferme le modalità procedurali per l’emanazione dei predetti decreti legislativi indicate nei commi 90 e 91 e le norme di copertura finanziaria di cui al comma 92 del citato articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.






2. I princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, nel cui rispetto il Governo è delegato ad adottare la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti di cui al comma 1, sono integrati da una clausola di salvaguardia idonea a garantire un meccanismo di priorità nella decorrenza dei trattamenti pensionistici qualora, nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio, emergano scostamenti tra il numero di domande accolte e la copertura finanziaria a disposizione.






Art. 2.






(Delega al Governo per la riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali)






1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu decreti legislativi finalizzati alla riorganizzazione degli enti, istituti e società vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali nonché alla ridefinizione del rapporto di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali sugli stessi enti, istituti e società, ferme restando la loro autonomia di ricerca e le funzioni loro attribuite, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:






a) semplificazione e snellimento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli enti, istituti e società vigilati, adeguando le stesse ai princìpi di efficacia, efficienza ed economicità dell’attività amministrativa e all’organizzazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, prevedendo, ferme restando le specifiche disposizioni vigenti per il relativo personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, il riordino delle competenze dell’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, dell’Istituto per gli affari sociali e della società Italia Lavoro Spa, nonché il riordino del sistema degli enti e delle amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di vigilanza e controllo in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, prevedendo l’unificazione delle attuali attività, sottoposte ad un unico coordinamento;






b) razionalizzazione e ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell’organizzazione e della struttura amministrativa degli enti e istituti vigilati ai princìpi e alle esigenze di razionalizzazione di cui all’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, riconoscendo il valore strategico degli istituti preposti alla tutela della salute dei cittadini;


c) ridefinizione del rapporto di vigilanza tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e gli enti e istituti vigilati, prevedendo, in particolare, per il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la possibilità di emanare indirizzi e direttive nei confronti degli enti o istituti sottoposti alla sua vigilanza e per l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) la possibilità di emanare, nel quadro dei predetti indirizzi e direttive del Ministero, specifiche direttive all’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) sulla materia della sicurezza dei luoghi di lavoro, al fine di assicurare, anche attraverso la previsione di appositi modelli organizzativi a tale scopo finalizzati, l’effettivo coordinamento in materia previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e la funzionalità delle attività di ricerca svolte dall’ISPESL rispetto agli obiettivi definiti a livello nazionale;


d) previsione dell’obbligo degli enti e istituti vigilati di adeguare i propri statuti alle disposizioni dei decreti legislativi emanati in attuazione del presente articolo, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore degli stessi.






2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, con il Ministro dello sviluppo economico, nonché con il Ministro della difesa limitatamente al decreto legislativo relativo alla riorganizzazione della Croce rossa italiana, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo può comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, quest’ultimo è prorogato di due mesi.






3. L’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


4. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge si procede al riordino degli organi collegiali e degli altri organismi istituiti con legge o con regolamento nell’amministrazione centrale della salute, mediante l’emanazione di regolamenti adottati, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto dei seguenti criteri:






a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;






b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;


c) limitazione del numero delle strutture, anche mediante la loro eventuale unificazione, a quelle strettamente indispensabili all’adempimento delle funzioni riguardanti la tutela della salute;


d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi.






Art. 3.






(Direttori scientifici degli Istituti di ricovero


e cura a carattere scientifico)






1. Al comma 3, primo periodo, dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, le parole: «direttore scientifico,» sono soppresse.






2. Al comma 818 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «del direttore scientifico,» sono soppresse.


3. All’articolo 11 del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:






«3-bis. Il rapporto di lavoro del direttore scientifico può essere a carattere esclusivo o non esclusivo delle prestazioni ed è regolato da un contratto di diritto privato, nell’ambito delle risorse di cui all’autorizzazione di spesa relativa al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come determinata dalla Tabella C allegata alla legge finanziaria, specificamente destinate agli Istituti. Qualora il direttore scientifico sia lavoratore dipendente, l’assunzione dell’incarico in regime di rapporto esclusivo determina il suo collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. In caso di rapporto non esclusivo, l’assunzione avviene nel rispetto dell’ordinamento giuridico dell’amministrazione di appartenenza».






Art. 4.






(Commissione per la vigilanza ed il controllo


sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive)






1. All’articolo 3 della legge 14 dicembre 2000, n. 376, dopo il comma 2, è inserito il seguente:






«2-bis. La Commissione è composta da:


a) cinque componenti designati dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali o suo delegato, di cui uno con funzioni di presidente;






b) cinque componenti designati dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport, di cui uno con funzioni di vice presidente;


c) tre componenti designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;


d) un componente designato dal CONI;


e) un componente designato dall’Istituto superiore di sanità;


f) un ufficiale del Comando carabinieri per la tutela della salute designato dal Comandante».






2. Il comma 2 dell’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 86, è abrogato.






Art. 5.






(Misure contro il lavoro sommerso)






1. All’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:






a) il comma 3 è sostituito dal seguente:


«3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento»;


b) il comma 4 è sostituito dal seguente:


«4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione»;


c) il comma 5 è sostituito dal seguente:


«5. All’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Le relative controversie sono rimesse alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi dell’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689».

2. Al comma 2 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Nel settore turistico il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti al lavoratore può integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione del rapporto di lavoro, purché dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l’identificazione del prestatore di lavoro».

3. Al comma 7-bis dell’articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introdotto dall’articolo 1, comma 54, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, la parola: «constatate» è sostituita dalla seguente: «commesse».






Art. 6.






(Adempimenti formali relativi


alle pubbliche amministrazioni)



1. All’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al primo periodo, le parole: «gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «e gli enti pubblici economici»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, di proroga, di trasformazione e di cessazione, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, l’assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro relativi al mese precedente».

2. Al comma 2 dell’articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, sono apportate le seguenti modifiche:

a) le parole: «All’atto della assunzione» sono sostituite dalle seguenti: «All’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro»;

b) le parole: «pubblici e» sono soppresse;

c) l’ultimo periodo è sostituito dai seguenti: «Il datore di lavoro pubblico può assolvere all’obbligo di informazione di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, con la consegna al lavoratore, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero con la consegna della copia del contratto individuale di lavoro. Tale obbligo non sussiste per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

3. Al comma 5 dell’articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, le parole: «I datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici».






Art. 7.



(Disposizioni riguardanti i medici e altri professionisti sanitari extracomunitari)



1. All’articolo 27 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1-quater, è inserito il seguente:

«1-quinquies. I medici e gli altri professionisti sanitari al seguito di delegazioni sportive, in occasione di manifestazioni agonistiche organizzate dal Comitato olimpico internazionale, dalle Federazioni sportive internazionali, dal Comitato olimpico nazionale italiano o da organismi, società ed associazioni sportive da essi riconosciuti o, nei casi individuati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell’interno, al seguito di gruppi organizzati, sono autorizzati a svolgere la pertinente attività, in deroga alle norme sul riconoscimento dei titoli esteri, nei confronti dei componenti della rispettiva delegazione o gruppo organizzato e limitatamente al periodo di permanenza della delegazione o del gruppo. I professionisti sanitari cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea godono del medesimo trattamento, ove più favorevole».





Art. 8.



(Modifiche alla disciplina sull’orario


di lavoro)





1. All’articolo 18-bis del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, come da ultimo modificato dall’articolo 41 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. In caso di violazione delle disposizioni previste dall’articolo 4, comma 2, e dall’articolo 9, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui all’articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento di cui all’articolo 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa è da 1.000 a 5.000 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. In caso di violazione delle disposizioni previste dall’articolo 10, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa è da 800 a 4.500 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta»;

b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. In caso di violazione delle disposizioni previste dall’articolo 7, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 150 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 300 a 1.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 900 a 1.500 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta».

2. All’articolo 11 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. In assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali, le deroghe possono essere stabilite nei contratti territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Il ricorso alle deroghe deve consentire la fruizione di periodi di riposo più frequenti o più lunghi o la concessione di riposi compensativi per i lavoratori marittimi che operano a bordo di navi impiegate in viaggi di breve durata o adibite a servizi portuali».






Art. 9.



(Modifica all’articolo 4 del decreto-legge n. 8 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 56 del 2002)



1. All’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2002, n. 56, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’elettorato passivo è altresì esteso ai professori di seconda fascia nel caso di mancato raggiungimento per due votazioni del quorum previsto per la predetta elezione».






Art. 10.



(Modifica all’articolo 1 del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009)



1. All’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, le parole: «, illustrati e discussi davanti alla commissione,» sono soppresse e dopo la parola: «dottorato,» sono inserite le seguenti: «discussi pubblicamente con la commissione,».






Art. 11.



(Disposizioni in materia di Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale)



1. All'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Fermo restando il rispetto dei predetti limiti di spesa, le quote di cui al periodo precedente non si applicano agli Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale».






Art. 12.



(Abrogazione di norme concernenti le valutazioni comparative dei docenti universitari)



1. Le lettere d) ed l) dell’articolo 2, comma 1, della legge 3 luglio 1998, n. 210, e i commi 6 e 10 dell’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117, sono abrogati.






Art. 13.



(Trasferimento di ricercatori dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze alle università statali)



1. All’articolo 4-septies del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, dopo il comma 4, è inserito il seguente:

«4-bis. In caso di trasferimento dei ricercatori in servizio presso la Scuola superiore dell’economia e delle finanze alle università statali, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 13 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, la citata Scuola trasferisce all’università interessata le risorse finanziarie per la corresponsione del trattamento retributivo del ricercatore trasferito».





Art. 14.



(Mobilità del personale


delle pubbliche amministrazioni)



1. In caso di conferimento di funzioni statali alle regioni e alle autonomie locali ovvero di trasferimento o di conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici ovvero di esternalizzazione di attività e di servizi, si applicano al personale ivi adibito, in caso di esubero, le disposizioni dell’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

2. All’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-sexies. Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all’articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali sulla materia, nonché il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto».

3. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le pubbliche amministrazioni possono rideterminare le assegnazioni temporanee in corso in base a quanto previsto dal comma 2-sexies dell’articolo 30 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dal comma 2 del presente articolo. In caso di mancata rideterminazione, i rapporti in corso continuano ad essere disciplinati dalle originarie fonti.






Art. 15.



(Modifiche alla disciplina del trattamento di dati personali effettuato da soggetti pubblici)



1. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all’articolo 1, l’ultimo periodo del comma 1 è soppresso;

b) all’articolo 19, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dall’amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d)».






Art. 16.






(Modifica all’articolo 9-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, in materia di conferimento di incarichi dirigenziali a dirigenti di seconda fascia)






1. Dopo il primo periodo del comma 3 dell’articolo 9-bis del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è inserito il seguente: «Nel caso di conferimento di incarichi di livello dirigenziale generale a dirigenti di seconda fascia assegnati in posizione di prestito, non si applica la disposizione di cui al terzo periodo dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».






2. La disposizione introdotta dal comma 1 si applica agli incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della presente legge.










Art. 17.






(Disposizioni in materia


di rapporto di lavoro a tempo parziale)






1. In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei princìpi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008.






Art. 18.






(Applicazione dei contratti collettivi del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri al personale ad essa trasferito)






1. Al personale dirigenziale e non dirigenziale, trasferito e inquadrato nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri in attuazione del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, e del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, si applicano, a decorrere dal 1º gennaio 2009, i contratti collettivi di lavoro del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri.






2. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, pari a 3.020.000 euro a decorrere dall’anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.






Art. 19.






(Aspettativa)






1. I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell’anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L’aspettativa è concessa dall’amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall’interessato.






2. Nel periodo di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.


3. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.






Art. 20.






(Specificità delle Forze armate,


delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)






1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.






2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.


3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.






Art. 21.






(Interpretazione autentica dell’articolo 2 della legge 12 febbraio 1955, n. 51)






1. L’articolo 2, lettera b), della legge 12 febbraio 1955, n. 51, si applica oltre che agli aeromobili anche al naviglio di Stato.






Art. 22.






(Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discri-minazioni nelle amministrazioni pubbliche)






1. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modifiche:






a) all’articolo 1, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:


«c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori nonché l’assenza di qualunque forma di discriminazione e di violenza morale o psichica»;


b) all’articolo 7, il comma 1 è sostituito dal seguente:


«1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno»;


c) all’articolo 57, al comma 1 sono premessi i seguenti:


«01. Le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il “Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni“ che sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni.






02. Il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni ha composizione paritetica ed è formato da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione in modo da assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi. Il presidente del Comitato unico di garanzia è designato dall’amministrazione.


03. Il Comitato unico di garanzia, all’interno dell’amministrazione pubblica, ha compiti propositivi, consultivi e di verifica. Contribuisce all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l’efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei princìpi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori.


04. Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.


05. La mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi»;






d) all’articolo 57, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente:


«d) possono finanziare programmi di azioni positive e l’attività dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, per la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio»;


e) all’articolo 57, il comma 2 è sostituito dal seguente:


«2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all’articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive dell’ Unione europea in materia di pari opportunità, contrasto alle discriminazioni ed alla violenza morale o psichica, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica».






Art. 23.






(Età pensionabile dei dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale)






1. Al comma 1 dell’articolo 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, le parole: «fatta salva l’applicazione dell’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503» sono sostituite dalle seguenti: «ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti».






Art. 24.






(Delega al Governo per il riordino


della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi)






1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:






a) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti in materia, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;






b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;


c) riordino delle tipologie di permessi, tenuto conto del loro contenuto e della loro diretta correlazione a posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate;


d) ridefinizione dei presupposti oggettivi e precisazione dei requisiti soggettivi, nonché razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalità per la fruizione dei congedi, delle aspettative e dei permessi di cui al presente articolo, al fine di garantire l’applicazione certa ed uniforme della relativa disciplina;


e) razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare, con particolare riferimento alle persone con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o affette da patologie di tipo neuro-degenerativo o oncologico.






2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo può comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, quest’ultimo è prorogato di due mesi.






3. L’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.






Art. 25.






(Riscatto dei periodi di congedo di maternità o parentale fuori dal rapporto di lavoro)






1. Le disposizioni degli articoli 25 e 35 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano esclusivamente ai soggetti che presentano la domanda di accesso ai relativi benefìci in costanza di rapporto di lavoro.






2. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché i periodi per i quali, alla suddetta data, sia stato già effettivamente iniziato il pagamento degli oneri di riscatto.






Art. 26.






(Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità)






1. All’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:






a) il comma 3 è sostituito dal seguente:


«3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente»;


b) al comma 5, le parole da: «Il genitore» fino a: «handicappato» sono sostituite dalle seguenti: «Il lavoratore di cui al comma 3» e le parole: «al proprio domicilio» sono sostituite dalle seguenti: «al domicilio della persona da assistere»;






c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:






«7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».


2. All’articolo 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:


a) il comma 2 è sostituito dal seguente:


«2. Successivamente al compimento del terzo anno di età del bambino con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire dei permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese»;


b) il comma 3 è abrogato.


3. All’articolo 20, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, le parole da: «nonché» fino a: «non convivente» sono soppresse.






4. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica:






a) i nominativi dei propri dipendenti cui sono accordati i permessi di cui all’articolo 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, ivi compresi i nominativi dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri, specificando se i permessi sono fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravità, dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o per assistenza a parenti o affini;






b) in relazione ai permessi fruiti dai dipendenti per assistenza a persona con handicap in situazione di gravità, il nominativo di quest’ultima, l’eventuale rapporto di dipendenza da un’amministrazione pubblica e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell’assistito;


c) il rapporto di coniugio, il rapporto di maternità o paternità o il grado di parentela o affinità intercorrente tra ciascun dipendente che ha fruito dei permessi e la persona assistita;


d) per i permessi fruiti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre, la specificazione dell’età maggiore o minore di tre anni del figlio;


e) il contingente complessivo di giorni e ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell’anno precedente e per ciascun mese.






5. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica istituisce e cura, con gli ordinari stanziamenti di bilancio, una banca di dati informatica costituita secondo quanto previsto dall’articolo 22, commi 6 e 7, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in cui confluiscono le comunicazioni di cui al comma 4 del presente articolo, che sono fornite da ciascuna amministrazione per via telematica entro il 31 marzo di ciascun anno, nel rispetto delle misure di sicurezza previste dal predetto codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.






6. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica è autorizzata al trattamento dei dati personali e sensibili di cui al comma 4, la cui conservazione non può comunque avere durata superiore a ventiquattro mesi. Ai fini della comunicazione dei dati di cui al comma 4, le amministrazioni pubbliche sono autorizzate al trattamento dei relativi dati personali e sensibili e provvedono alla conservazione dei dati per un periodo non superiore a trenta giorni dalla loro comunicazione, decorsi i quali, salve specifiche esigenze amministrativo-contabili, ne curano la cancellazione. Le operazioni rilevanti consistono nella raccolta, conservazione, elaborazione dei dati in forma elettronica e no, nonché nella comunicazione alle amministrazioni interessate. Sono inoltre consentite la pubblicazione e la divulgazione dei dati e delle elaborazioni esclusivamente in forma anonima. Le attività di cui ai commi 4 e 5, finalizzate al monitoraggio e alla verifica sulla legittima fruizione dei permessi, sono di rilevante interesse pubblico. Rimangono fermi gli obblighi previsti dal secondo comma dell’articolo 6 della legge 26 maggio 1970, n. 381, dall’ottavo comma dell’articolo 11 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e dal quarto comma dell’articolo 8 della legge 30 marzo 1971, n. 118, concernenti l’invio degli elenchi delle persone sottoposte ad accertamenti sanitari, contenenti soltanto il nome, il cognome e l’indirizzo, rispettivamente all’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi, all’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e all’Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili.






Art. 27.






(Certificati di malattia)






1. Al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1º gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui all’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.






Art. 28.






(Aspettativa per conferimento di incarichi, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)






1. Al personale del comparto sicurezza e difesa possono essere conferiti, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei requisiti e dei limiti ivi previsti, incarichi dirigenziali da parte di amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza, che siano strettamente collegati alla professionalità da loro rivestita e motivati da esigenze di carattere eccezionale. Il personale è collocato in aspettativa senza assegni e continua ad occupare il relativo posto nella dotazione organica dell’amministrazione di appartenenza.






2. Gli incarichi dirigenziali di cui al comma 1 sono conferiti previa autorizzazione del Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze.






Art. 29.






(Disposizioni in materia di personale


dell’Amministrazione della difesa)






1. A decorrere dal 1º gennaio 2009, si applicano anche al personale delle Forze armate le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che pongono a carico delle amministrazioni utilizzatrici gli oneri del trattamento economico fondamentale e accessorio del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.






2. All’articolo 65 del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, sono apportate le seguenti modifiche:






a) al comma 9, dopo la parola: «salvo» sono inserite le seguenti: «un contingente pari al numero delle posizioni ricoperte presso enti, comandi e unità internazionali ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, e 27 dicembre 1973, n. 838, individuato con decreto annuale del Ministro della difesa e salvo»;






b) dopo il comma 9, è inserito il seguente:






«9-bis. Il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri, di cui al comma 9, è disposto al 31 dicembre dell’anno di riferimento».


3. All’articolo 7, secondo comma, della legge 10 dicembre 1973, n. 804, dopo le parole: «di segretario generale del Ministero della difesa» sono aggiunte le seguenti: «o gli ufficiali di pari grado che ricoprano incarichi di livello non inferiore a Capo di stato maggiore di Forza armata in comandi o enti internazionali».






4. L’articolo 43, comma 2, della legge 19 maggio 1986, n. 224, si interpreta nel senso che gli assegni previsti nel tempo, ivi menzionati, sono comprensivi delle sole indennità fisse e continuative in godimento il giorno antecedente il collocamento in aspettativa per riduzione di quadri, in relazione al grado e alle funzoni dirigenziali espletate.


5. Al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, sono apportate le seguenti modifiche





a) all’articolo 16, comma 1, lettera b), la parola: «maggiore,» è soppressa;

b) all’articolo 18, il comma 3 è abrogato;

c) all’articolo 31, il comma 9 è abrogato;

d) alla tabella n. 1, alla riga denominata «Capitano»:

1) in corrispondenza della colonna 3, denominata «Forma di avanzamento al grado superiore», la parola: «scelta» è soppressa;

2) in corrispondenza della colonna 4, denominata «Inserimento aliquota valutazione a scelta», la cifra: «6» è soppressa;

3) in corrispondenza della colonna 5, denominata «Promozione ad anzianità», la cifra: «9» è sostituita dalla seguente: «7»;

4) in corrispondenza della colonna 8, denominata «Promozioni a scelta al grado superiore», la cifra: «52» è soppressa;

e) alla tabella n. 2, alla riga denominata «Capitano»:

1) in corrispondenza della colonna 3, denominata «Forma di avanzamento al grado superiore», la parola: «scelta» è soppressa;

2) in corrispondenza della colonna 4, denominata «Inserimento aliquota valutazione a scelta», la cifra: «9» è soppressa;

3) in corrispondenza della colonna 5, denominata «Promozione ad anzianità», la cifra: «12» è sostituita dalla seguente: «10»;


4) in corrispondenza della colonna 8, denominata «Promozioni a scelta al grado superiore», la cifra: «49» è soppressa.






6. Dalle disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5, in materia di avanzamento al grado di maggiore, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.






Art. 30.






(Personale dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)


 


1. Per particolari discipline sportive indicate dal bando di concorso, i limiti minimo e massimo di età per il reclutamento degli atleti dei gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono fissati, rispettivamente, in diciassette e trentacinque anni. Il personale arruolato ai sensi del presente articolo non può essere impiegato in attività operative fino al compimento del diciottesimo anno di età.






Art. 31.






(Concorsi interni per vice revisore tecnico e vice perito tecnico della Polizia di Stato)





1. Al decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 337, sono apportate le seguenti modifiche:






a) all’articolo 20-quater:


1) al comma 1, lettera a), le parole: «provenienti da profili professionali omogenei a quello per cui concorrono,» sono soppresse;






2) al comma 3, le parole: «e nel solo bando di cui al comma 1, lettera a), si procede altresì alla definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo degli operatori e collaboratori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse;

b) all’articolo 25-ter:

1) al comma 1, le parole: «proveniente da profili professionali omogenei a quello per il quale concorre,» sono soppresse

2) al comma 2, le parole: «, nonché la definizione, anche per categorie omogenee, delle corrispondenze fra i profili professionali del ruolo dei revisori tecnici e quelli relativi ai posti messi a concorso» sono soppresse.






Art. 32.



(Clausole generali e certificazione


del contratto di lavoro)



1. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente.

2. Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti, espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.


3. Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto, oltre che delle fondamentali regole del vivere civile e dell’oggettivo interesse dell’organizzazione, delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai predetti contratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell’attività esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l’anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti anche prima del licenziamento.


4. L’articolo 75 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:






«Art. 75. – (Finalità). – 1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo».


5. All’articolo 76, comma 1, lettera c-ter), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunque unicamente nell’ambito di intese definite tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l’attribuzione a quest’ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi».






6. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.






Art. 33.






(Conciliazione e arbitrato)






1. L’articolo 410 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:






«Art. 410. – (Tentativo di conciliazione). – Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413.






La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.


Le commissioni di conciliazione sono istituite presso la Direzione provinciale del lavoro. La commissione è composta dal direttore dell’ufficio stesso o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.


Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore della Direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal terzo comma. In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori.


La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, è consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita con raccomandata con ricevuta di ritorno a cura della stessa parte istante alla controparte.


La richiesta deve precisare:






1) nome, cognome e residenza dell’istante e del convenuto; se l’istante o il convenuto sono una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, l’istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede;






2) il luogo dove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l’azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;


3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;


4) l’esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.






Se la controparte intende accettare la procedura di conciliazione, deposita presso la commissione di conciliazione, entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale. Ove ciò non avvenga, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria. Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.






La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, anche in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo, non può dar luogo a responsabilità, salvi i casi di dolo e colpa grave».






2. Il tentativo di conciliazione di cui all’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è obbligatorio.






3. L’articolo 411 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:






«Art. 411. – (Processo verbale di conciliazione). – Se la conciliazione esperita ai sensi dell’articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto.






Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti. Delle risultanze della proposta formulata dalla commissione e non accettata senza adeguata motivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio.


Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell’articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Se il tentativo di conciliazione si è svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 410. Il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del verbale di conciliazione, lo dichiara esecutivo con decreto».






4. All’articolo 420, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: «e tenta la conciliazione della lite» sono sostituite dalle seguenti: «, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva» e le parole: «senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione» sono sostituite dalle seguenti: «o il rifiuto della proposta transattiva del giudice, senza giustificato motivo, costituiscono comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio».






5. L’articolo 412 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:






«Art. 412. – (Risoluzione arbitrale della controversia). – In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono indicare la soluzione, anche parziale, sulla quale concordano, riconoscendo, quando è possibile, il credito che spetta al lavoratore, e possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.






Nel conferire il mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:






1) il termine per l’emanazione del lodo, che non può comunque superare i sessanta giorni dal conferimento del mandato, spirato il quale l’incarico deve intendersi revocato;






2) le norme invocate dalle parti a sostegno delle loro pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento.






Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all’articolo 1372 e all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile e ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 474 del presente codice a seguito del provvedimento del giudice su istanza della parte interessata ai sensi dell’articolo 825.






Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter, anche in deroga all’articolo 829, commi quarto e quinto, se ciò è stato previsto nel mandato per la risoluzione arbitrale della controversia».






6. L’articolo 412-ter del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:


«Art. 412-ter. – (Altre modalità di conciliazione e arbitrato previste dalla contrattazione collettiva). – La conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative».


7. L’articolo 412-quater del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:


«Art. 412-quater. – (Altre modalità di conciliazione e arbitrato). – Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l’autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all’articolo 409 possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti.






Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.


La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell’arbitro di parte e indicare l’oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento.


Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove ciò non avvenga, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.


In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova.


Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.


Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima.


All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’articolo 411, commi primo e terzo.


Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, l’assunzione delle stesse e la discussione orale.


La controversia è decisa, entro venti giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile e ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 474 del presente codice a seguito del provvedimento del giudice su istanza della parte interessata ai sensi dell’articolo 825. Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter, anche in deroga all’articolo 829, commi quarto e quinto, se ciò è stato previsto nel mandato per la risoluzione arbitrale della controversia.


Il compenso del presidente del collegio è fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso ed è versato dalle parti, per metà ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l’arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell’arbitro di parte, queste ultime nella misura dell’1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92.


I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte».






8. Le disposizioni degli articoli 410, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile si applicano anche alle controversie di cui all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Gli articoli 65 e 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono abrogati.






9. In relazione alle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie di cui all’articolo 808 del codice di procedura civile che rinviano alle modalità di espletamento dell’arbitrato di cui agli articoli 412 e 412-quater del codice di procedura civile, solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata in base alle disposizioni di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dagli organi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo. Le commissioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie che dovessero insorgere in relazione al rapporto di lavoro. In assenza dei predetti accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui al presente comma sono pienamente operative.


10. Gli organi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, possono istituire camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell’articolo 808-ter del codice di procedura civile, delle controversie nelle materie di cui all’articolo 409 del medesimo codice e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le commissioni di cui al citato articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 276 del 2003 possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di camere arbitrali unitarie. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 412, commi terzo e quarto, del codice di procedura civile.


11. Presso le sedi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, può altresì essere esperito il tentativo di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.






12. All’articolo 82 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:


a) al comma 1, le parole: «di cui all’articolo 76, comma 1, lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all’articolo 76, comma 1, lettere a), b) e c)»;






b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:






«1-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure previste dal capo I del presente titolo».


13. Il comma 2 dell’articolo 83 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è abrogato.






14. Gli articoli 410-bis e 412-bis del codice di procedura civile sono abrogati.






15. All’articolo 79 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è aggiunto, in fine, il seguente comma:


«Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro, nel caso di contratti in corso di esecuzione, si producono dal momento di inizio del contratto, ove la commissione abbia appurato che l’attuazione del medesimo è stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ultime provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla commissione adita».


16. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.






Art. 34.






(Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)



1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:






«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.



L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».





2. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità e di inefficacia del licenziamento.






3. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:



a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;






b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;


c) al trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;


d) all’azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.






4. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:


a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;






b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge.






5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.






6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.


7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile.






Art. 35.






(Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica)






1. L’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, è sostituito dal seguente:






«Art. 13. - (Accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica). - 1. Il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente:


a) l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;






b) la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo;


c) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione;


d) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, settimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628.






2. In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, ai sensi dell’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4.






3. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell’importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.


4. All’ammissione alla procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3, nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido. Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere:






a) gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;






b) la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili ai sensi del comma 2;


c) la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 3 ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti già oggetto di regolarizzazione;


d) la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli oggetto di diffida nei casi di cui al comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689;


e) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.






5. L’adozione della diffida interrompe i termini di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del ricorso di cui all’articolo 17 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3. Ove da parte del trasgressore o dell’obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.






6. Il potere di diffida nei casi previsti dal comma 2, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5, è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate. Gli enti e gli istituti previdenziali svolgono tale attività con le risorse umane e finanziarie esistenti a legislazione vigente.


7. Il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell’articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5».






Art. 36.






(Indicatore di situazione


economica equivalente)






1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, sono apportate le seguenti modifiche:






a) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:


«Art. 4. - (Dichiarazione sostitutiva unica). – 1. Il richiedente la prestazione presenta un’unica dichiarazione sostitutiva, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di validità annuale, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente di cui all’articolo 2, ancorché l’ente si avvalga della facoltà riconosciutagli dall’articolo 3, comma 2. È lasciata facoltà al cittadino di presentare entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche ai fini del calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente del proprio nucleo familiare. Gli enti erogatori possono stabilire per le prestazioni da essi erogate la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.






2. La dichiarazione di cui al comma 1 è presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale previsti dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o direttamente all’amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione o alla sede dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) competente per territorio.


3. È comunque consentita la presentazione all’INPS, in via telematica, della dichiarazione sostitutiva unica direttamente a cura del soggetto richiedente la prestazione agevolata.


4. L’INPS determina l’indicatore della situazione economica equivalente in relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente la prestazione agevolata.


5. In relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente, l’Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individua l’esistenza di omissioni, ovvero difformità degli stessi rispetto agli elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell’anagrafe tributaria.


6. Gli esiti delle attività effettuate ai sensi del comma 5 sono comunicati dall’Agenzia delle entrate, mediante procedura informatica, all’INPS che provvederà a inoltrarli ai soggetti che hanno ricevuto le dichiarazioni ai sensi del comma 2, ovvero direttamente al soggetto che ha presentato la dichiarazione sostitutiva unica ai sensi del comma 3.


7. Sulla base della comunicazione dell’INPS, di cui al comma 6, i comuni, i centri di assistenza fiscale e le amministrazioni pubbliche ai quali è presentata la dichiarazione sostitutiva rilasciano un’attestazione, riportante l’indicatore della situazione economica equivalente, nonché il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Analoga attestazione è rilasciata direttamente dall’INPS nei casi di cui al comma 3. L’attestazione riporta anche le eventuali omissioni e difformità di cui al comma 5. La dichiarazione, munita dell’attestazione rilasciata, può essere utilizzata, nel periodo di validità, da ogni componente del nucleo familiare per l’accesso alle prestazioni agevolate di cui al presente decreto.


8. In presenza delle omissioni o difformità di cui al comma 5, il soggetto richiedente la prestazione può presentare una nuova dichiarazione sostitutiva unica, ovvero può comunque richiedere la prestazione mediante l’attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità rilevate dall’Agenzia delle entrate. Tale dichiarazione è valida ai fini dell’erogazione della prestazione, fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione. Gli enti erogatori eseguono, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, tutti i controlli ulteriori necessari e provvedono ad ogni adempimento conseguente alla non veridicità dei dati dichiarati.


9. Ai fini dei successivi controlli relativi alla determinazione del patrimonio mobiliare gestito dagli operatori di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, l’Agenzia delle entrate, in presenza di specifiche omissioni o difformità rilevate ai sensi del comma 5, effettua, sulla base di criteri selettivi, apposite richieste di informazioni ai suddetti operatori, avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio.


10. Nell’ambito della programmazione dell’attività di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche è riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi.


11. I nominativi dei richiedenti nei cui confronti emergono divergenze nella consistenza del patrimonio mobiliare sono comunicati alla Guardia di finanza al fine di assicurare il coordinamento e l’efficacia dei controlli previsti dal comma 10.


12. Con apposita convenzione stipulata tra l’INPS e l’Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono disciplinate le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio delle informazioni necessarie all’attuazione delle disposizioni del presente articolo.


13. Al fine di consentire la semplificazione e il miglioramento degli adempimenti dei soggetti richiedenti le prestazioni agevolate, a seguito dell’evoluzione dei sistemi informativi dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate possono essere altresì previste specifiche attività di sperimentazione finalizzate a sviluppare l’assetto dei relativi flussi di informazione.


14. Ai fini del rispetto dei criteri di equità sociale, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle valutazioni dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate, si provvede alla razionalizzazione e all’armonizzazione dei criteri di determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente rispetto all’evoluzione della normativa fiscale.»;






b) all’articolo 4-bis, il comma 1 è sostituito dal seguente:


«1. L’INPS per l’alimentazione del sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente può stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.»;


c) all’articolo 6, comma 4, al primo e al quarto periodo, le parole: «Agenzia delle entrate» sono sostituite dalle seguenti: «Istituto nazionale della previdenza sociale»;






d) alla tabella l, parte I, dopo la lettera b), è inserito il seguente capoverso: «Al reddito complessivo devono essere aggiunti i redditi da lavoro dipendente e assimilati, di lavoro autonomo ed impresa, redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, assoggettati ad imposta sostitutiva o definitiva, fatta salva diversa volontà espressa dal legislatore sulle norme che regolano tali componenti reddituali».






Art. 37.






(Modifiche al decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2)






1. L’articolo 19-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è sostituito dal seguente:






«Art. 19-ter. - (Indennizzi per le aziende commerciali in crisi). - 1. L’indennizzo di cui al decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, è concesso, nella misura e secondo le modalità ivi previste, anche ai soggetti che si trovano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011. Per i soggetti che nel mese di compimento dell’età pensionabile sono anche in possesso del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia, il predetto indennizzo spetta fino alla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia medesima. Le domande di cui all’articolo 7 del citato decreto legislativo n. 207 del 1996 possono essere presentate fino al 31 gennaio 2012.






2. L’aliquota contributiva aggiuntiva di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, dovuta dagli iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l’INPS, è prorogata, con le medesime modalità, fino al 31 dicembre 2014.


3. Gli indennizzi concessi ai sensi dell’articolo 1, comma 272, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, in pagamento alla data del 31 dicembre 2008, sono prorogati fino alla data di decorrenza della pensione di vecchiaia purché i titolari dell’indennizzo siano in possesso, nel mese di compimento dell’età pensionabile, anche del requisito contributivo minimo richiesto per conseguire la pensione di vecchiaia».






2. All’articolo 30-bis, comma 7, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo le parole: «Ministro dell’economia e delle finanze» sono inserite le seguenti: «, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione,».






3. All’articolo 61 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il comma 7-bis, introdotto dall’articolo 18, comma 4-sexies, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è abrogato.






Art. 38.






(Modifiche all’articolo 9 del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993)






1. All’articolo 9 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, sono apportate le seguenti modifiche:






a) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:


«3-ter. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali può prevedere misure di sostegno al reddito per lavoratori disoccupati o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro»;


b) al comma 4, le parole: «di cui ai commi 1, 2, 3 e 3-bis» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 1, 2, 3, 3-bis e, prioritariamente, 3-ter».






Art. 39.






(Sottrazione alle procedure esecutive


dei fondi intestati al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali)






1. Le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 294, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche alle ipotesi di fondi intestati al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.






2. Gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi di cui al comma 1 sono nulli. La nullità è rilevabile d’ufficio e gli atti non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni della Tesoreria dello Stato né sospendono l’accreditamento di somme destinate ai funzionari delegati centrali e periferici.






Art. 40.






(Modifica all’articolo 11


del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124)






1. All’articolo 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo il comma 3 è inserito il seguente:






«3-bis. Il verbale di cui al comma 3 è dichiarato esecutivo con decreto dal giudice competente, su istanza della parte interessata».






Art. 41.



(Obbligo di versamento delle ritenute


previdenziali)



1. L’omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, configura le ipotesi di cui ai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638.






Art. 42.






(Contribuzione figurativa)






1. Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, e per la liquidazione delle prestazioni a sostegno o integrazione del reddito, per i periodi successivi al 31 dicembre 2004, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizioni in vigore e verificatisi nel corso del rapporto di lavoro, è pari all’importo della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore, in caso di prestazione lavorativa, nel mese in cui si colloca l’evento. Il predetto importo deve essere determinato dal datore di lavoro sulla base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi.





Art. 43.



(Responsabilità di terzi nelle invalidità civili)



1. Le pensioni, gli assegni e le indennità, spettanti agli invalidi civili ai sensi della legislazione vigente, corrisposti in conseguenza del fatto illecito di terzi, sono recuperate fino a concorrenza dell’ammontare di dette prestazioni dall’ente erogatore delle stesse nei riguardi del responsabile civile e della compagnia di assicurazioni.

2. Agli effetti del comma 1, il valore capitale della prestazione erogata è determinato mediante criteri e tariffe stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il consiglio di amministrazione dell’INPS, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.






Art. 44.



(Comunicazioni delle imprese


di assicurazione all’INPS)






1. A decorrere dal 1º giugno 2010, nei casi di infermità comportante incapacità lavorativa, derivante da responsabilità di terzi, il medico è tenuto a darne segnalazione nei certificati di malattia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, al fine di consentire all’ente assicuratore l’esperibilità delle azioni surrogatorie e di rivalsa.

2. In caso di eventi occorsi in danno di soggetti aventi diritto all’indennità di malattia erogata dall’INPS ed imputabili a responsabilità di terzi, l’impresa di assicurazione, prima di procedere all’eventuale risarcimento del danno, è tenuta a darne immediata comunicazione all’INPS.

3. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, l’INPS trasmette all’impresa di assicurazione un «certificato di indennità corrisposte» (CIR) attestante l’avvenuta liquidazione dell’indennità di malattia ed il relativo importo.


4. L’impresa assicuratrice procede, conseguentemente, ad accantonare e rimborsare preventivamente all’INPS l’importo certificato ai sensi del comma 3.






Art. 45.






(Efficacia delle domande di iscrizione e cancellazione dall’albo delle imprese artigiane per gli enti previdenziali)






1. Ai fini del contenimento degli oneri previdenziali, a decorrere dal 1º gennaio 2010, gli atti e i provvedimenti relativi alle modificazioni dello stato di fatto e di diritto, compresa la cessazione delle imprese individuali e di tutti i soggetti comunque iscritti all’albo delle imprese artigiane, sono inopponibili all’INPS, decorsi due anni dal verificarsi dei relativi presupposti, e sentite le commissioni provinciali dell’artigianato e gli altri organi o enti competenti le cui potestà restano comunque ferme. L’INPS attua apposite forme di comunicazione nei confronti dei destinatari delle disposizioni del presente articolo per favorire la correttezza delle posizioni contributive individuali.






Art. 46.






(Pignoramento e sequestro nei confronti degli istituti esercenti forme


di previdenza e assistenza obbligatoria)






1. All’articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:



«1-ter. Le disposizioni di cui al comma 1-bis si applicano anche ai pignoramenti mobiliari di cui agli articoli 513 e seguenti del codice di procedura civile promossi nei confronti di enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale».






Art. 47.






(Disposizioni in materia di contribuzione figurativa per periodi di malattia)



1. All’articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il limite dei ventidue mesi di cui al comma 1 non si applica, a partire dall’insorgenza dello stato di inabilità ai sensi dell’articolo 8 della legge 12 giugno 1984, n. 222, ai soggetti che abbiano conseguito tale inabilità a seguito di infortunio sul lavoro, in sostituzione della pensione di inabilità».






Art. 48.






(Differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile)



1. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 28 è sostituito dal seguente:

«28. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito»;


b) il comma 30 è sostituito dal seguente:


«30. Il Governo è delegato ad adottare, entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia d

a) servizi per l’impiego;

b) incentivi all’occupazione;

c) apprendistato»;

c) il comma 81 è sostituito dal seguente:

«81. Il Governo è delegato ad adottare, entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunità, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione, nell’ambito dell’esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi di cui al comma 30, lettera b), di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l’aumento dell’occupazione femminile;

b) revisione della vigente normativa in materia di congedi parentali, con particolare riferimento all’estensione della durata di tali congedi e all’incremento della relativa indennità al fine di incentivarne l’utilizzo;

c) rafforzamento degli istituti previsti dall’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro;

d) rafforzamento dell’azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per l’infanzia e agli anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell’esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro;

e) orientamento dell’intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l’occupazione femminile, a supporto non solo delle attività formative, ma anche di quelle di accompagnamento e inserimento al lavoro, con destinazione di risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della relativa vita lavorativa;

f) rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro;

g) realizzazione, anche ai fini di cui alla lettera e), di sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo;

h) potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile;

i) previsione di azioni e interventi che agevolino l’accesso e il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche attraverso formazione professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove strategie dell’Unione europea;

l) definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere».






Art. 49.



(Disposizione finalizzata ad assicurare l’indennizzo per complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie)



1. L’autorizzazione di spesa di cui alla legge 29 ottobre 2005, n. 229, è incrementata della somma pari a 55 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

2. All’onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, rispettivamente per gli anni 2009 e 2010.






Art. 50.



(Modifiche al decreto


legislativo 10 settembre 2003, n. 276)



1. Al comma 2 dell’articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il secondo periodo è sostituito dai seguenti: «Decorsi due anni, entro i novanta giorni successivi, i soggetti autorizzati possono richiedere l’autorizzazione a tempo indeterminato. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali rilascia l’autorizzazione a tempo indeterminato entro novanta giorni dalla richiesta, previa verifica del rispetto degli obblighi di legge e del contratto collettivo e, in ogni caso, subordinatamente al corretto andamento della attività svolta».

2. Al comma 1 dell’articolo 5 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la lettera f) è sostituita dalla seguente:

«f) l’interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro di cui all’articolo 15, attraverso il raccordo con uno o più nodi regionali, nonché l’invio all’autorità concedente, pena la revoca dell’autorizzazione, di ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del mercato del lavoro, tra cui i casi in cui un percettore di sussidio o indennità pubblica rifiuti senza giustificato motivo una offerta formativa, un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero una occupazione congrua ai sensi della legislazione vigente;».

3. All’articolo 6 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Sono altresì autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione, a condizione che siano rispettati i requisiti di cui alle lettere d), e), f) e g) dell’articolo 5, comma 1:

a) le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che possono svolgere l’attività anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate;



b) le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l’assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità;

c) gli enti bilaterali che, ove ne ricorrano i presupposti, possono operare con le modalità indicate alla lettera a)»;






b) dopo il comma 3, è inserito il seguente:


«3-bis. Sono altresì autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione i gestori di siti internet, a condizione che svolgano la predetta attività senza finalità di lucro e fermo restando l’invio di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi di quanto disposto dall’articolo 17, nonché a condizione della pubblicazione sul sito medesimo dei propri dati identificativi»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«8-ter. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, i soggetti di cui ai commi 1, 3 e 3-bis del presente articolo sono autorizzati allo svolgimento della attività di intermediazione a condizione che comunichino preventivamente al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali l’avvio dello svolgimento della attività di intermediazione, autocertificando, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il possesso dei requisiti richiesti. Tali soggetti sono inseriti in un’apposita sezione dell’albo di cui all’articolo 4 del presente decreto. Resta fermo che non trova per essi applicazione la disposizione di cui ai commi 2 e 6 del predetto articolo 4».

4. Al comma 1 dell’articolo 8 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «Fermi restando gli obblighi di comunicare all’Istituto nazionale della previdenza sociale e ai servizi per l’impiego territorialmente competenti i casi in cui i lavoratori abbiano rifiutato una offerta formativa, di lavoro o un percorso di reinserimento nel mercato del lavoro, nonché le disposizioni previste dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196».

5. All’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Le risorse sono destinate a interventi di formazione e riqualificazione professionale, nonché a misure di carattere previdenziale e di sostegno al reddito a favore dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, dei lavoratori che abbiano svolto in precedenza missioni di lavoro in somministrazione in forza di contratti a tempo determinato e, limitatamente agli interventi formativi, dei potenziali candidati a una missione»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Gli interventi di cui ai commi 1 e 2 sono attuati nel quadro delle politiche e delle misure stabilite dai contratti collettivi di lavoro del settore ovvero, in mancanza, dai fondi di cui al comma 4»;

c) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e approva, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione, il documento contenente le regole stabilite dal fondo per il versamento dei contributi e per la gestione, il controllo, la rendicontazione e il finanziamento degli interventi di cui ai commi 1 e 2. Decorso inutilmente tale termine, il documento si intende approvato»

d) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. In caso di omissione, anche parziale, dei contributi di cui ai commi 1 e 2, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al fondo di cui al comma 4, oltre al contributo omesso, gli interessi nella misura prevista dal tasso indicato all’articolo 1 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 26 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2005, più il 5 per cento, nonché al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali una sanzione amministrativa di importo pari al contributo omesso che alimenta il Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236»;

e) dopo il comma 8, è inserito il seguente:

«8-bis. In caso di mancato rispetto delle regole contenute nel documento di cui al comma 5, il fondo nega il finanziamento delle attività formative oppure procede al recupero totale o parziale dei finanziamenti già concessi. Le relative somme restano a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione per ulteriori iniziative formative. Nei casi più gravi, individuati dalla predetta disciplina e previa segnalazione al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, si procede ad una definitiva riduzione delle somme a disposizione dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro in misura corrispondente al valore del progetto formativo inizialmente presentato o al valore del progetto formativo rendicontato e finanziato. Tali somme sono destinate al Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236»;

f) dopo il comma 9 è aggiunto il seguente:

«9-bis. Gli interventi di cui al presente articolo trovano applicazione con esclusivo riferimento ai lavoratori assunti per prestazioni di lavoro in somministrazione».

6. All’articolo 13 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 5, è inserito il seguente:

«5-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera a), trova applicazione solo in presenza di una convenzione stipulata tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro con i comuni, le province, le regioni ovvero con le agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali».

7. All’articolo 53 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. I contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale della retribuzione spettante ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle per il conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. La retribuzione così determinata deve essere graduale anche in rapporto all’anzianità di servizio».

8. All’articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, al comma 2, dopo le parole: «rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare» sono inserite le seguenti: «ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore,».

9. Il comma 46 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è abrogato. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, in materia di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato trovano applicazione le disposizioni di cui al titolo III, capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.






Art. 51.



(Nomina dei componenti del comitato amministratore di fondo di solidarietà



1. La nomina dei componenti del comitato amministratore del Fondo di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 28 aprile 2000, n. 158, può essere effettuata per più di due volte.



Art. 52.



(Disposizioni in materia di collaborazioni coordinate e continuative)


1. Fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.



IL PRESIDENTE


Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...