giovedì 11 febbraio 2010

Cancellazione dalla CAI (Centrale Allarme Interbancario)

Tribunale di Nola, ordinanza del 29 luglio 2009



Segnalazione alla centrale rischi


Art. 700 c.p.c.


Ricorso per la cancellazione del nominativo dalla C.A.I. (Centrale d'allarme interbancario)

- Rigetto per mancanza disponibilità -



[Tribunale di Nola, Dott. Francesco Notaro, ordinanza del 29 luglio 2009]


TRIBUNALE DI NOLA

II SEZIONE CIVILE


Il g.d., sul ricorso proposto ex art.700 c.p.c. da Meviax Lxx, nei confronti della Banca Mediolanum s.p.a., decorsi i richiesti termini per note, sciogliendo la riserva incamerata all’udienza del 7.7.2007,

-considerato, in via pregiudiziale, che l’eccezione di incompetenza non appare suscettibile di positivo apprezzamento, giacché, per il tipo di pregiudizio allegato e avuto riguardo al luogo in cui presumibilmente si verifica la lesione riguardante il discredito commerciale, la stessa non è adeguatamente formulata;

-rilevato che la parte ricorrente ha emesso due assegni bancari in data 30.1.2009;

-che, al momento in cui i due assegni in questione sono stati staccati, l’assegno a favore della Meviax, tratto su altro istituto di credito, con il quale era stata ricostituita la provvista, sebbene precedentemente negoziato, difettava della cd. disponibilità;

-considerato che, infatti, nel caso in cui venga versato assegno da accreditare sul proprio conto, per prassi bancaria occorre che la banca verifichi il buon fine dell’operazione nei tempi previsti e resi noti tramite adeguate forme di pubblicità, prima che il correntista possa disporre delle relative somme;

-che l’onere di vigilare sulla presenza della provvista durante tutto il tempo per la presentazione utile al pagamento, non può che gravare sulla parte che ha emesso l’assegno;

-che, infatti, l’art.2 della legge n.386 del 1990 fa riferimento proprio alla presentazione in tempo utile del titolo, di tal che è necessario che sia garantita la presenza della provvista per l’intero periodo, ben potendosi verificare che questo sia presentato dal suo beneficiario sollecitamente per il pagamento;

-rilevato che nel caso in esame la resistente ha evidenziato che gli assegni sono stati presentati il 2.2.2009, in epoca in cui difettava la disponibilità della somma relativa all’assegno con cui era stata ricostituita la provvista, sicché i titoli sono stati pagati soltanto in data 11.2.2009, pertanto in ritardo e con decorrenza differita rispetto alla data di presentazione, circostanza che avrebbe potuto portare anche al protesto immediato dell’assegno;

-che le annotazioni da parte dell’istituto di credito avvengono tramite una procedura informatizzata che assicura un elevato grado di verosimiglianza dei dati annotati;

-considerato che è certamente possibile offrire la prova del contrario, ma che, in base al principio di vicinanza della prova e in considerazione della circostanza che trattandosi di titoli non trasferibili, la persona del presentatore, beneficiario degli assegni, era ben conosciuta dalla ricorrente, tale onere gravava sulla Meviax, mentre non è stata fornita alcuna utile indicazione riguardo ai testi informatori e alla loro conoscenza della data di prima presentazione;

-che, nella specie, analogamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza in relazione al mancato pagamento di titoli presentati per l’incasso e successivamente ritirati, deve ritenersi che, stante le finalità spiccatamente pubblicistiche della disciplina di cui alla legge n.386 del 1990, non possa stimarsi illegittima la segnalazione alla CAI in mancanza del pagamento delle penali e degli accessori previsti dall’art.8, secondo le modalità e le forme vincolanti dettate dalla medesima disposizione, incentrandosi la verifica della presenza della provvista, al momento di presentazione del titolo;

-che anche i bonifici effettuati dalla Meviax a tal fine non possono ritenersi ‘efficaci’, non essendo stati vincolati a vantaggio del portatore dell’assegno, come richiesto dal comma 2 del citato art.2, unica modalità che permette di far ritenere la somma uscita dalla disponibilità di colui che lo ha ordinato a favore del bonificato;

-considerato, sotto altro profilo, che, anche volendo stimare illegittime le segnalazioni relative agli assegni emessi il 30.1.2009, non potrebbero ritenersi illegittime le ulteriori segnalazioni, sebbene il mancato pagamento degli assegni successivamente emessi trovassero origine dalla pregressa procedura, asseritamente ritenuta illegittima;

-che, infatti, in presenza della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni, la ricorrente, ritenendola illegittima, avrebbe dovuto comunque attivare i rimedi previsti dall’ordinamento, se del caso provvedendo poi ad avanzare richiesta risarcitoria alla banca resistente per i danni eventualmente prodottisi, desistendo, però, nel frattempo dall’emettere titoli che, a quel punto, ontologicamente non sarebbero stati pagati per difetto di autorizzazione, con ogni conseguenza in ordine all’interesse pubblicistico volto a “proteggere e favorire l’utilizzazione dei titoli di credito, agevolando la speditezza e l’efficienza dei traffici commerciali e delle transazioni economiche”;

-considerato, infine, che la particolarità in fatto della situazione venutasi a determinare, valutata unitamente ad evidenti ragioni di equità, induce a compensare integralmente le spese della fase


P.Q.M.


Rigetta il ricorso;

compensa integralmente le spese tra le parti;


Nola, 29 luglio 2009


Il Giudice


dott. Francesco Notaro

Cancellazione dalla CAI (Centrale Allarme Interbancario)

Tribunale di Nola, ordinanza del 29 luglio 2009

Segnalazione alla centrale rischi

Art. 700 c.p.c.

Ricorso per la cancellazione del nominativo dalla C.A.I. (Centrale d'allarme interbancario)
- Rigetto per mancanza disponibilità -

[Tribunale di Nola, Dott. Francesco Notaro, ordinanza del 29 luglio 2009]

TRIBUNALE DI NOLA
II SEZIONE CIVILE

Il g.d., sul ricorso proposto ex art.700 c.p.c. da Meviax Lxx, nei confronti della Banca Mediolanum s.p.a., decorsi i richiesti termini per note, sciogliendo la riserva incamerata all’udienza del 7.7.2007,
-considerato, in via pregiudiziale, che l’eccezione di incompetenza non appare suscettibile di positivo apprezzamento, giacché, per il tipo di pregiudizio allegato e avuto riguardo al luogo in cui presumibilmente si verifica la lesione riguardante il discredito commerciale, la stessa non è adeguatamente formulata;
-rilevato che la parte ricorrente ha emesso due assegni bancari in data 30.1.2009;
-che, al momento in cui i due assegni in questione sono stati staccati, l’assegno a favore della Meviax, tratto su altro istituto di credito, con il quale era stata ricostituita la provvista, sebbene precedentemente negoziato, difettava della cd. disponibilità;
-considerato che, infatti, nel caso in cui venga versato assegno da accreditare sul proprio conto, per prassi bancaria occorre che la banca verifichi il buon fine dell’operazione nei tempi previsti e resi noti tramite adeguate forme di pubblicità, prima che il correntista possa disporre delle relative somme;
-che l’onere di vigilare sulla presenza della provvista durante tutto il tempo per la presentazione utile al pagamento, non può che gravare sulla parte che ha emesso l’assegno;
-che, infatti, l’art.2 della legge n.386 del 1990 fa riferimento proprio alla presentazione in tempo utile del titolo, di tal che è necessario che sia garantita la presenza della provvista per l’intero periodo, ben potendosi verificare che questo sia presentato dal suo beneficiario sollecitamente per il pagamento;
-rilevato che nel caso in esame la resistente ha evidenziato che gli assegni sono stati presentati il 2.2.2009, in epoca in cui difettava la disponibilità della somma relativa all’assegno con cui era stata ricostituita la provvista, sicché i titoli sono stati pagati soltanto in data 11.2.2009, pertanto in ritardo e con decorrenza differita rispetto alla data di presentazione, circostanza che avrebbe potuto portare anche al protesto immediato dell’assegno;
-che le annotazioni da parte dell’istituto di credito avvengono tramite una procedura informatizzata che assicura un elevato grado di verosimiglianza dei dati annotati;
-considerato che è certamente possibile offrire la prova del contrario, ma che, in base al principio di vicinanza della prova e in considerazione della circostanza che trattandosi di titoli non trasferibili, la persona del presentatore, beneficiario degli assegni, era ben conosciuta dalla ricorrente, tale onere gravava sulla Meviax, mentre non è stata fornita alcuna utile indicazione riguardo ai testi informatori e alla loro conoscenza della data di prima presentazione;
-che, nella specie, analogamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza in relazione al mancato pagamento di titoli presentati per l’incasso e successivamente ritirati, deve ritenersi che, stante le finalità spiccatamente pubblicistiche della disciplina di cui alla legge n.386 del 1990, non possa stimarsi illegittima la segnalazione alla CAI in mancanza del pagamento delle penali e degli accessori previsti dall’art.8, secondo le modalità e le forme vincolanti dettate dalla medesima disposizione, incentrandosi la verifica della presenza della provvista, al momento di presentazione del titolo;
-che anche i bonifici effettuati dalla Meviax a tal fine non possono ritenersi ‘efficaci’, non essendo stati vincolati a vantaggio del portatore dell’assegno, come richiesto dal comma 2 del citato art.2, unica modalità che permette di far ritenere la somma uscita dalla disponibilità di colui che lo ha ordinato a favore del bonificato;
-considerato, sotto altro profilo, che, anche volendo stimare illegittime le segnalazioni relative agli assegni emessi il 30.1.2009, non potrebbero ritenersi illegittime le ulteriori segnalazioni, sebbene il mancato pagamento degli assegni successivamente emessi trovassero origine dalla pregressa procedura, asseritamente ritenuta illegittima;
-che, infatti, in presenza della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni, la ricorrente, ritenendola illegittima, avrebbe dovuto comunque attivare i rimedi previsti dall’ordinamento, se del caso provvedendo poi ad avanzare richiesta risarcitoria alla banca resistente per i danni eventualmente prodottisi, desistendo, però, nel frattempo dall’emettere titoli che, a quel punto, ontologicamente non sarebbero stati pagati per difetto di autorizzazione, con ogni conseguenza in ordine all’interesse pubblicistico volto a “proteggere e favorire l’utilizzazione dei titoli di credito, agevolando la speditezza e l’efficienza dei traffici commerciali e delle transazioni economiche”;
-considerato, infine, che la particolarità in fatto della situazione venutasi a determinare, valutata unitamente ad evidenti ragioni di equità, induce a compensare integralmente le spese della fase

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;
compensa integralmente le spese tra le parti;

Nola, 29 luglio 2009

Il Giudice

dott. Francesco Notaro

martedì 9 febbraio 2010

Compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico



(09/02/2010)



Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 25 gennaio 2010, n. 1286



Il decoro architettonico, quale estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, deve essere valutato, ai sensi dell'art. 1120, secondo comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità e non già rispetto all'impatto con l'ambiente circostante. A tal fine, compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico, per cui la sentenza che affermi o neghi l'esistenza di tale alterazione è censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione sul punto
Compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico

(09/02/2010)

Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 25 gennaio 2010, n. 1286

Il decoro architettonico, quale estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, deve essere valutato, ai sensi dell'art. 1120, secondo comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità e non già rispetto all'impatto con l'ambiente circostante. A tal fine, compete al giudice del merito accertare in concreto se una determinata innovazione costituisca o meno alterazione del decoro architettonico, per cui la sentenza che affermi o neghi l'esistenza di tale alterazione è censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione sul punto
Inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, diritto di superficie acquisito dal comune



(09/02/2010)



T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I Sent., 14/12/2009 n. 2565



Qualora l'opera abusiva consista in un piano (o in una porzione di piano) situato in un edificio composto anche da abitazioni regolari il Comune, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, acquisisce non un diritto di superficie ma la proprietà esclusiva degli appartamenti abusivi e la comproprietà delle parti comuni dell'intero edificio (come definite dall'art. 1117 c.c.).

Se l'edificio era in origine di un solo proprietario, con il provvedimento di acquisizione si forma un condominio. Tra le parti comuni rientra anche il sedime dell'edificio, che quindi viene acquisito pro quota, in proporzione ai millesimi dei piani oggetto del provvedimento di acquisizione. Per quanto riguarda l'area pertinenziale vale lo stesso principio dell'acquisto pro quota.
Inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, diritto di superficie acquisito dal comune

(09/02/2010)

T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I Sent., 14/12/2009 n. 2565

Qualora l'opera abusiva consista in un piano (o in una porzione di piano) situato in un edificio composto anche da abitazioni regolari il Comune, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione delle parti abusivamente realizzate, acquisisce non un diritto di superficie ma la proprietà esclusiva degli appartamenti abusivi e la comproprietà delle parti comuni dell'intero edificio (come definite dall'art. 1117 c.c.).
Se l'edificio era in origine di un solo proprietario, con il provvedimento di acquisizione si forma un condominio. Tra le parti comuni rientra anche il sedime dell'edificio, che quindi viene acquisito pro quota, in proporzione ai millesimi dei piani oggetto del provvedimento di acquisizione. Per quanto riguarda l'area pertinenziale vale lo stesso principio dell'acquisto pro quota.

giovedì 4 febbraio 2010

Giochi scommesse e diritto comunitario

ORDINANZA N. 2993 UD. 10 NOVEMBRE 2009 - DEPOSITO DEL 25 GENNAIO 2010


LEGGI PENALI SPECIALI (ALTRE) – GIOCO E SCOMMESSE - ATTIVITA' DI RACCOLTA SCOMMESSE SENZA CONCESSIONE ED AUTORIZZAZIONE DELL'A.A.M.S. E SENZA LICENZA DI P.S. -


COMPATIBILITA' DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CON QUELLA COMUNITARIA - QUESTIONE PREGIUDIZIALE - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA U.E. Con la decisione in esame (e con altra, di identico contenuto, recante il n. 2994, assunta alla medesima udienza camerale e depositata in pari data), la Corte, in una fattispecie nella quale era contestata all’indagato la violazione dell’art. 4 della L. n. 401/1989, ha rimesso alla Corte di Giustizia U.E. - ai sensi dell’art. 234, comma terzo, Trattato C.E. - la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale (in particolare, l’art. 38 del d.l. n. 223/2006, c.d. decreto Bersani, conv. con modd. in L. n. 248/2006) con gli artt. 43 e 49 del Trattato C.E., ritenendo che permangano, nonostante i plurimi interventi del giudice comunitario e della giurisprudenza di legittimità sul punto, dubbi interpretativi circa l’estensione delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, essendovi la necessità di chiarire se le predette libertà possano trovare limitazione nell’ordinamento italiano fondato sul rilascio di un numero limitato di concessioni e di successive licenze di P.S.
Testo Completo: Ordinanza n. 2993 del 10 novembre 2009 - depositata il 25 gennaio 2010
(Sezione Terza Penale, Presidente E. Lupo, Relatore L. Marini)






Giochi scommesse e diritto comunitario

ORDINANZA N. 2993 UD. 10 NOVEMBRE 2009 - DEPOSITO DEL 25 GENNAIO 2010

LEGGI PENALI SPECIALI (ALTRE) – GIOCO E SCOMMESSE - ATTIVITA' DI RACCOLTA SCOMMESSE SENZA CONCESSIONE ED AUTORIZZAZIONE DELL'A.A.M.S. E SENZA LICENZA DI P.S. -

COMPATIBILITA' DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CON QUELLA COMUNITARIA - QUESTIONE PREGIUDIZIALE - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA U.E. Con la decisione in esame (e con altra, di identico contenuto, recante il n. 2994, assunta alla medesima udienza camerale e depositata in pari data), la Corte, in una fattispecie nella quale era contestata all’indagato la violazione dell’art. 4 della L. n. 401/1989, ha rimesso alla Corte di Giustizia U.E. - ai sensi dell’art. 234, comma terzo, Trattato C.E. - la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale (in particolare, l’art. 38 del d.l. n. 223/2006, c.d. decreto Bersani, conv. con modd. in L. n. 248/2006) con gli artt. 43 e 49 del Trattato C.E., ritenendo che permangano, nonostante i plurimi interventi del giudice comunitario e della giurisprudenza di legittimità sul punto, dubbi interpretativi circa l’estensione delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, essendovi la necessità di chiarire se le predette libertà possano trovare limitazione nell’ordinamento italiano fondato sul rilascio di un numero limitato di concessioni e di successive licenze di P.S.
Testo Completo: Ordinanza n. 2993 del 10 novembre 2009 - depositata il 25 gennaio 2010
(Sezione Terza Penale, Presidente E. Lupo, Relatore L. Marini)



Infrazioni al Codice della Strada: Percezioni sensoriali errate dei verbalizzanti.

Cassazione sez II civile del 4.12.2009 n. 25676


Circolazione stradale,contravvenzioni,querela di falso, testimonianza, percezioni sensoriali


Commento alla fonte:


"secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto)."
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 12.3.2004 l'avvocato C.G. proponeva opposizione presso il Giudice di Pace di Palermo avverso il verbale della Polizia Municipale di Palermo del 16.10.2003 con il quale gli era stata applicata una sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 41 - 141 e 146 C.d.S.; il ricorrente assumeva di non aver commesso l'infrazione contestata, perchè nel giorno e nell'ora indicati nel suddetto verbale egli si trovava con il proprio veicolo Piaggio tg. **** in tutt'altro luogo.
Il Giudice di Pace adito con sentenza del 17.12.2004 ha rigettato il ricorso.
Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso affidato a due motivi; il Comune di Palermo non ha svolto attività difensiva in questa sede; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè insufficiente motivazione, sostiene che la sentenza impugnata non ha avvertito la differenza tra l'assunto di colui che, contestando il verbale, afferma che i verbalizzanti hanno coscientemente alterato il numero di targa del veicolo con il quale è stata commessa l'infrazione al Codice della Strada, e di colui che invece rileva, come aveva fatto l'esponente, che nella lettura della targa del veicolo i verbalizzanti erano caduti in errore; il C. aggiunge che, poichè la nozione di falso comporta necessariamente il dolo, una querela di falso non è per nulla necessaria qualora si deduca semplicemente che l'infrazione contestata è frutto di un errore nella lettura della targa del veicolo.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo contraddittorietà e difetto di motivazione, afferma che il Giudice di Pace adito non ha ritenuto di desumere nessun argomento a favore dell'esponente dall'atteggiamento totalmente passivo e negativo del Comune di Palermo, che si è astenuto dal depositare in cancelleria il rapporto di servizio con gli atti relativi all'accertamento dai quali, se presentati, sarebbero emersi elementi sufficienti per valutare la deposizione del teste F., deposizione del tutto ignorata dal giudicante nonostante l'avvenuta ammissione della relativa prova.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono fondate.
La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la mancata contestazione immediata della infrazione per cui è causa comportava una attenuazione del valore probatorio dell'atto di accertamento, ha rilevato che peraltro l'opposizione proposta dal C. non era basata su una critica ai meccanismi di rilevazione, ma "sull'errore netto del verbalizzante nella lettura della targa"; in proposito ha peraltro affermato che le dichiarazioni di un pubblico ufficiale contenute in un verbale fanno piena prova fino a querela di falso, confermando così la legittimità formale e sostanziale dell'accertamento e del provvedimento sanzionatorio, Tale convincimento non può essere condiviso.
Se invero il C. con l'opposizione proposta aveva contestato un errore di fatto da parte del verbalizzante in ordine al numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione, come ritenuto dal Giudice di Pace adito, il riferimento di quest'ultimo all'efficacia probatoria privilegiata del verbale sopra richiamato della Polizia Municipale di Palermo è erroneo, considerato che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto).
Del resto la stessa sentenza impugnata ha aderito almeno implicitamente a tale indirizzo, avendo infatti ammesso la prova testimoniale dedotta dall'opponente ed avendo quindi acquisito la deposizione del teste F.G. che aveva affermato, secondo quanto dalla stesso giudicante riferito, che nel giorno e nell'ora indicati nel verbale dei Vigili Urbani l'avvocato C. si trovava nel proprio studio legale; nondimeno il Giudice di Pace adito, pur avendo ritenuto ammissibile provare l'errore di fatto da parte dei verbalizzanti circa il rilevamento del numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione contestata, ha contraddittoriamente omesso ogni valutazione sulla prova espletata e sulla sua idoneità a concorrere alla formazione del suo convincimento in ordine all'accertamento di una circostanza decisiva della controversia, ovvero l'esatta identificazione del veicolo oggetto dell'infrazione rilevata dalla Polizia Municipale di Palermo.
Pertanto il ricorso merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce delle considerazioni sopra espresse ad altro Giudice di Pace di Palermo che provvederà anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altro Giudice di Pace di Palermo.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2009.


Infrazioni al Codice della Strada: Percezioni sensoriali errate dei verbalizzanti.

Cassazione sez II civile del 4.12.2009 n. 25676

Circolazione stradale,contravvenzioni,querela di falso, testimonianza, percezioni sensoriali

Commento alla fonte:

"secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto)."
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 12.3.2004 l'avvocato C.G. proponeva opposizione presso il Giudice di Pace di Palermo avverso il verbale della Polizia Municipale di Palermo del 16.10.2003 con il quale gli era stata applicata una sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 41 - 141 e 146 C.d.S.; il ricorrente assumeva di non aver commesso l'infrazione contestata, perchè nel giorno e nell'ora indicati nel suddetto verbale egli si trovava con il proprio veicolo Piaggio tg. **** in tutt'altro luogo.
Il Giudice di Pace adito con sentenza del 17.12.2004 ha rigettato il ricorso.
Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso affidato a due motivi; il Comune di Palermo non ha svolto attività difensiva in questa sede; il ricorrente ha successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè insufficiente motivazione, sostiene che la sentenza impugnata non ha avvertito la differenza tra l'assunto di colui che, contestando il verbale, afferma che i verbalizzanti hanno coscientemente alterato il numero di targa del veicolo con il quale è stata commessa l'infrazione al Codice della Strada, e di colui che invece rileva, come aveva fatto l'esponente, che nella lettura della targa del veicolo i verbalizzanti erano caduti in errore; il C. aggiunge che, poichè la nozione di falso comporta necessariamente il dolo, una querela di falso non è per nulla necessaria qualora si deduca semplicemente che l'infrazione contestata è frutto di un errore nella lettura della targa del veicolo.
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo contraddittorietà e difetto di motivazione, afferma che il Giudice di Pace adito non ha ritenuto di desumere nessun argomento a favore dell'esponente dall'atteggiamento totalmente passivo e negativo del Comune di Palermo, che si è astenuto dal depositare in cancelleria il rapporto di servizio con gli atti relativi all'accertamento dai quali, se presentati, sarebbero emersi elementi sufficienti per valutare la deposizione del teste F., deposizione del tutto ignorata dal giudicante nonostante l'avvenuta ammissione della relativa prova.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono fondate.
La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la mancata contestazione immediata della infrazione per cui è causa comportava una attenuazione del valore probatorio dell'atto di accertamento, ha rilevato che peraltro l'opposizione proposta dal C. non era basata su una critica ai meccanismi di rilevazione, ma "sull'errore netto del verbalizzante nella lettura della targa"; in proposito ha peraltro affermato che le dichiarazioni di un pubblico ufficiale contenute in un verbale fanno piena prova fino a querela di falso, confermando così la legittimità formale e sostanziale dell'accertamento e del provvedimento sanzionatorio, Tale convincimento non può essere condiviso.
Se invero il C. con l'opposizione proposta aveva contestato un errore di fatto da parte del verbalizzante in ordine al numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione, come ritenuto dal Giudice di Pace adito, il riferimento di quest'ultimo all'efficacia probatoria privilegiata del verbale sopra richiamato della Polizia Municipale di Palermo è erroneo, considerato che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, per contestare le affermazioni contenute in un verbale proveniente da un pubblico ufficiale su circostanze oggetto di percezione sensoriale, come tali suscettibili di errore di fatto, non è necessario proporre querela di falso, ma è sufficiente fornire prove idonee a vincere la veridicità del verbale, secondo l'apprezzamento rimesso al Giudice di merito (Cass. 20.7.2001 n. 9909; Cass. 12.1.2006 n. 457; Cass. 24.11.2008, n. 27937, tutte con espresso riferimento al caso, ricorrente anche nella fattispecie, della rilevazione del numero di targa di un'auto).
Del resto la stessa sentenza impugnata ha aderito almeno implicitamente a tale indirizzo, avendo infatti ammesso la prova testimoniale dedotta dall'opponente ed avendo quindi acquisito la deposizione del teste F.G. che aveva affermato, secondo quanto dalla stesso giudicante riferito, che nel giorno e nell'ora indicati nel verbale dei Vigili Urbani l'avvocato C. si trovava nel proprio studio legale; nondimeno il Giudice di Pace adito, pur avendo ritenuto ammissibile provare l'errore di fatto da parte dei verbalizzanti circa il rilevamento del numero di targa dell'auto con la quale era stata commessa l'infrazione contestata, ha contraddittoriamente omesso ogni valutazione sulla prova espletata e sulla sua idoneità a concorrere alla formazione del suo convincimento in ordine all'accertamento di una circostanza decisiva della controversia, ovvero l'esatta identificazione del veicolo oggetto dell'infrazione rilevata dalla Polizia Municipale di Palermo.
Pertanto il ricorso merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce delle considerazioni sopra espresse ad altro Giudice di Pace di Palermo che provvederà anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altro Giudice di Pace di Palermo.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2009.

Risarcimento del danno da fermo tecnico del veicolo

Cassazione III civile n. 1688 del 27-01-2010


Assicurativo,risarcimento,preventivi,fattura,riparazioni,iva, fermo tecnico


" il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740)."




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14069/2005 proposto da:
*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso lo studio dell'avvocato *****, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ***** giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente -


contro


***** ASSIC. SPA, ***** SRL; - intimati -


avverso la sentenza n. 637/2005 del TRIBUNALE di TARANTO, 3^ SEZIONE CIVILE, emessa il 24/10/2004, depositata il 10/02/2005, R.G.N. 2013/1998;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/11/2009 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r..
Svolgimento del processo
Ottenuta dal pretore di Taranto la condanna della ditta ***** e della ***** Ass.ni s.p.a. al risarcimento del danno, il ***** propose appello per il mancato riconoscimento, da parte del primo giudice, dell'anticipazione dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sul veicolo, nonchè del danno da "fermo tecnico".
Il Tribunale di Manduria respinse l'impugnazione sul presupposto della mancata prova sia in ordine all'avvenuta riparazione del veicolo, sia in ordine al suo mancato utilizzo.
Il ***** propone ricorso per cassazione a mezzo di tre motivi.
Non si difendono gli intimati.
Motivi della decisione


I primi due motivi - attraverso i quali il ricorrente lamenta la mancata condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni da effettuare sulla vettura, nonchè la mancata liquidazione del danno da fermo tecnico - sono fondati.
Occorre, infatti, ribadire il consolidato principio giurisprudenziale, di ordine generale, in ragione del quale il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740).
Più in particolare ed in applicazione di questo stesso principio, è stato affermato che, poichè il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e conseguenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata - perchè l'autoriparatore, per legge (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18), deve addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10023).
Con riferimento poi al cosiddetto danno da fermo tecnico subito dal proprietario dell'autovettura danneggiata a causa della impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione, è stato affermato che è possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso effettivo a cui esso era destinato. L'autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetta a un naturale deprezzamento di valore, del veicolo (Cass. 9 novembre 2006, n. 23916).
La sentenza, che non s'è adeguata agli enunciati principi, deve essere, dunque, cassata sul punto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., può emettere la decisione nel merito, come da dispositivo.
Resta assorbito il terzo motivo di ricorso che concerne le spese di causa, dovendosi in questa sede provvedere sulle spese dell'intero processo.
Sussistono i giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell'intero processo.


P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata nel punto in cui ha respinto la domanda di condanna dei convenuti al pagamento dell'IVA sulle riparazioni e del danno da c.d. "fermo tecnico" e condanna i convenuti in solido al pagamento in favore dell'attore degli importi per tali voci, così come indicati nella CTU, oltre interessi e rivalutazione alla data della presente sentenza. Compensa interamente tra le parti le spese dell'intero processo.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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