giovedì 27 agosto 2009

Fondazioni: Possono partecipare a gare pubbliche

Fondazioni: è ammessa la partecipazione a gare pubbliche
Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 16.06.2009 n° 3897 (Francesco Logiudice)

E’ legittima la partecipazione di una fondazione ad una gara d’appalto?

La disposizione del Codice dei Contratti pubblici, oggetto di interpretazione da parte dei Giudici di Palazzo Spada, è l’art. 34, rubricata Soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici, la quale non contempla espressamente il modello fondazionale tra i soggetti ammessi a partecipare alle gare.

Mentre secondo i giudici di prime cure la natura giuridica della fondazione impedirebbe qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, con la conseguente non ammissibilità delle prime alle gare pubbliche - anche per la natura tassativa dell’elencazione contenuta nell’art. 34 del d.lgs. 163/2006 e s.m. che non le prevede espressamente - secondo il Consesso, invece, l’elencazione dell’art. 34 non è tassativa.

Tale conclusione trova conforto in altre norme del Codice dei Contratti pubblici che definiscono la figura dell’imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell’ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie (art. 1, commi 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE). Dette norme indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’"operatore economico" che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche).

La sez. VI, pertanto, afferma che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possono soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o "prestatori di servizi", considerata la personalità giuridica che le fondazioni vantano nonché la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.

In tal senso, infatti, depone anche il rilievo che la definizione comunitaria di “impresa” abilitata a partecipare alle commesse pubbliche, non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, bensì da elementi oggettivi, quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito di un’attività di impresa realizzata dall’organizzazione non necessariamente svolta come attività principale, con la conseguenza che tale qualificazione è riferibile anche alle fondazioni.

E’ pur vero che, in tema di partecipazione a gare da parte di persone giuridiche non aventi scopo di lucro, recentemente, il TAR Sardegna, sez. I, con ordinanza 10 luglio 2009 n. 66, ha ritenuto di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: se le disposizioni dell’ordinamento italiano di cui all’articolo 3, commi 22 e 19, del Codice dei Contratti pubblici (secondo le quali, rispettivamente, "Il termine "operatore economico" comprende l'imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi"; e "I termini "imprenditore", "fornitore" e "prestatore di servizi" designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi") e dell’art. 34 del medesimo Codice dei Contratti pubblici (che elenca i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici) si pongano in contrasto con la direttiva n. 2004/18/CE, ove interpretate nel senso di limitare la partecipazione ai prestatori professionali di tali attività con esclusione di enti pubblici che abbiano preminenti finalità diverse da quelle di lucro, quali, ad esempio, la ricerca.

Staremo a vedere.

(Altalex, 24 luglio 2009. Nota di Francesco Logiudice)




Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 16 giugno 2009, n. 3897

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti in appello nn. 8146/2008, e 8299/2008 proposti rispettivamente

1) ric. n. 8146/2008 da FOND. CENTRO SAN RAFFAELE DEL MONTE TABOR IN PR. E Q. MAND. ATI e ATI - IBAMOLECULAR ITALY S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli Avv. Vincenzo Avolio e Vittoria Luciano con domicilio eletto in Roma piazza Capo di Ferro n. 13, presso le Segreterie Giurisdizionali del Consiglio di Stato;

contro

ADVANCE ACCELERATOR APPLICATIONS (ITALY) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Andrea Manzi e Antonio Finocchiaro con domicilio eletto in Roma via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;

e nei confronti di

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO – BICOCCA, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

2) ric. n. 8299/2008 da UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

ADVANCED ACCELERATOR APPLICATIONS ITALY S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Andrea Manzi e Antonio Finocchiaro con domicilio eletto in Roma via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;

e nei confronti di

IBA MOLECULAR ITALY S.R.L., MINISTERO DELLA SALUTE e FONDAZIONE SAN RAFFAELE DEL MONTE TABOR DI MILANO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. III n. 7591/2008.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2009 relatore il Consigliere Marcella Colombati. Uditi gli avv. Quinto per delega dell’avv. Avolio, l’avv. Mauri e l’avv. dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

RITENUTO IN FATTO

I. Con bando pubblicato il 9.6.2007 l’Università degli studi di Milano – Bicocca ha indetto una gara d’appalto, sotto la forma della procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la fornitura, per un periodo di 12 mesi prorogabile per ulteriori 6 mesi, di un radiofarmaco (fluorodesossiglucosio) utilizzato a scopo diagnostico nella tomografia ad emissione di positroni (c.d. PET – Positron Emission Tomography).

Alla gara ha partecipato, insieme ad altri due concorrenti, la costituenda ATI, formata dalla s.r.l. Iba Molecular Italy s.r.l e dalla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, che è risultata aggiudicataria.

II. L’aggiudicazione è stata impugnata dalla seconda classificata, la Advanced Accelerator Applications Italy s.r.l. (per semplicità in seguito denominata “A.A.A.”), in un primo momento dinanzi al Tar della Lombardia e, poi, previo regolamento di competenza concordato, dinanzi al Tar del Lazio, sulla base di una serie di motivi di cui si dirà.

Insieme all’aggiudicazione della gara sono stati impugnati:

-il provvedimento di ammissione della Fondazione e del costituendo gruppo di cui essa fa parte;

-la disciplina di gara nella parte in cui non prescrive le condizioni di ammissione e di presentazione delle domande e, in particolare: il bando, art. III.2.3; il disciplinare di gara, p. 7, n. 3; il capitolato, art. 6, B n. 3 sulle condizioni di ammissione;

-l’art. 8, comma 2, del disciplinare che detta i parametri di valutazione, tra i quali i parametri qualitativi e quelli del “tempo di latenza” definito come il tempo intercorrente tra la conclusione della produzione e il momento della consegna del prodotto (con assegnazione di punti 20 su 100), criterio di aggiudicazione incongruo e illogico;

-la disciplina di gara, nella parte in cui non valuta il periodo di stabilità/durata del farmaco ai fini della determinazione del tempo concreto di utilizzabilità del farmaco;

-ove occorra, l’art. 1 del d.m. 19.11.2003 (attività di preparazione del radiofarmaco), come interpretato dalla controparte, nel senso di consentire alle strutture sanitarie pubbliche o accreditate di compravendere e produrre il radiofarmaco in assenza di autorizzazione all’immissione in commercio e di autorizzazione alla produzione.

La società ricorrente A.A.A. ha chiesto anche la dichiarazione di inefficacia o di nullità dell’eventuale contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione della gara nonché la condanna dell’Università al risarcimento dei danni.

III. Costituitisi in giudizio, l’Università degli studi di Milano e la costituenda ATI tra la soc. IBA Molecular Italy s.r.l e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor si sono opposte al ricorso chiedendone la reiezione.

IV. Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 7591 del 2008 ha accolto il ricorso della soc. A.A.A. ritenendo fondata la censura (quinto motivo) della violazione dell’art. 34 del codice dei contratti pubblici approvato con d. lgs. n. 163 del 2006, e cioè la illegittima partecipazione alla gara, nel raggruppamento aggiudicatario, di una fondazione, ed ha assorbito tutti gli altri motivi.

Al riguardo il Tar ha ritenuto che l’elencazione dei soggetti ammessi alle gare (art. 34) sia tassativa e che, in mancanza di espressa previsione, le fondazioni non possano essere ammesse alle gare pubbliche; ciò in quanto esse, ai sensi dell’art 14 e seguenti c.c., hanno specifiche peculiarità: “si tratta di un soggetto, costituito da un patrimonio, personificato dall’ordinamento per la realizzazione di uno scopo determinato, considerato di utilità sociale…..; la rilevanza sociale dello scopo, di carattere non lucrativo, impedisce qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, il cui elemento fondamentale è costituito invece dalla divisione degli utili tra i soci”; la sentenza del Consiglio di Stato n. 2785 del 2003, che sembrerebbe ammettere alle gare pubbliche le fondazioni, “è precedente alla previsione espressa nell’art. 34 del codice degli appalti”; la nuova scelta del legislatore del codice di non far partecipare le fondazioni si spiega anche per il regime fiscale di favore di cui esse godono, con conseguenti riflessi sulla parità di condizioni tra i concorrenti; inoltre “nell’ambito della disciplina civilistica è discussa la natura di imprenditore commerciale delle fondazioni, in quanto, anche se svolgono attività di impresa, questa resta collaterale e comunque finalizzata ad uno scopo non di lucro”; qualora la fondazione assuma il carattere dell’impresa commerciale ai sensi dell’art. 2082 c.c. “sarebbe illegittimo il decreto di riconoscimento e dovrebbe essere disapplicato”; “la previsione dell’art. 34 del codice si riferisce alla nozione di impresa solo per l’imprenditore individuale, mentre per i soggetti collettivi o personificati, fa riferimento espresso alle società commerciali che, com’è noto, sono i tipi previsti dagli artt. 2291 e segg. c.c.”.

Il medesimo Tar invece ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, in quanto sfornita di elementi di prova.

V. La sentenza, depositata il 29.7.2008 e non notificata, è appellata sia dalla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor e dalla IBA Molecular Italy s.r.l., in proprio e in qualità, rispettivamente, di mandante e mandataria della costituenda ATI (ricorso n. 8146 del 2008), sia dall’Università degli studi di Milano – Bicocca (ricorso n. 8299 del 2008). Entrambi i ricorsi sono notificati il 9.10.2008 e quindi sono tempestivi.

VI. Il primo appello (della Fondazione ed altro) censura la sentenza impugnata ( in relazione all’unico motivo ivi accolto di violazione dell’art. 34 del codice degli appalti) per:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del d. lgs. n. 163 del 2006, degli artt. 3, commi 19 e 20, dello stesso codice, dell’art. 1, commi 2 e 8, e dell’art. 4 della direttiva 2004/18/CE: è infondata l’affermazione che l’elenco dell’art. 34 del codice degli appalti sarebbe tassativo e non contemplerebbe le fondazioni tra i soggetti ammessi a partecipare alle gare; l’art. 3, comma 19, del codice indica che per “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” si intende “una persona fisica o una persona giuridica o un ente senza personalità giuridica…che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”; il comma 20 precisa poi che per “raggruppamento temporaneo” si intende l’insieme di imprenditori o fornitori o prestatori di servizi costituito allo scopo di partecipare a una specifica gara pubblica; ne consegue che l’art. 34 contiene un’elencazione solo indicativa e ciò anche alla luce delle predette disposizioni comunitarie che hanno introdotto un concetto ampio di imprenditore, quale “operatore economico” (cfr. Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07; 10.1.2006, causa C-222/04; 29.9.2007, causa C-119/06), nel senso che è l’elemento oggettivo, e non quello soggettivo, che qualifica la definizione di impresa; la Fondazione ha nel suo statuto lo svolgimento di ogni attività economica per il raggiungimento dello scopo di prestare cura agli infermi, è iscritta alla Camera di commercio dal 1996, è riconosciuta dal 1972 come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato ed è stata accreditata dalla Regione Lombardia dal 1999; esercita, al pari di altre strutture sanitarie, un’attività di carattere imprenditoriale in campo sanitario; il fatto che non persegua un utile, non le impedisce di svolgere un’attività economica sul mercato e di concorrere con altre strutture e società commerciali che operano nel medesimo settore.

VII. In questo primo giudizio ha proposto appello incidentale la soc. A.A.A., confermando i motivi di ricorso, dichiarati assorbiti dalla sentenza del Tar, che qui di seguito si trascrivono:

1) violazione degli artt. 3 e art. 6 del d. lgs. n. 219 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, ingiustizia grave, violazione della par condicio: l’oggetto della fornitura (radiofarmaco) è sottoposto a specifica normativa quanto alla produzione e commercializzazione, nel senso che il soggetto che produce il farmaco deve essere titolare di autorizzazione alla produzione di cui alla direttiva 2001/83/CE e all’art. 50 del d. lgs. n. 219 del 2006, e, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 219 del 2006 (attuazione codice comunitario medicinali per uso umano) anche dell’autorizzazione all’immissione in commercio, prevedendo la richiamata norma che “nessun medicinale può essere immesso in commercio sul territorio nazionale senza aver ottenuto un’autorizzazione dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) o un’autorizzazione comunitaria a norma del regolamento (CE) n. 726 del 2004”; la appellante incidentale A.A.A. è titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del radiofarmaco sotto il nome commerciale Gluscan (provvedimento AIFA 03714910/M su G.U. n. 89 del 17.4.2007 pag. 46, poi estesa ad uno stabilimento in Italia con provvedimento su G.U. n. 171 del 25.7.2007 pag. 45), mentre l’originaria aggiudicataria (IBA Molecular Italy in ATI con la Fondazione) non sarebbe in possesso dell’autorizzazione alla produzione e all’immissione in commercio del radiofarmaco in Italia, bensì di autorizzazione del radiofarmaco prodotto e distribuito in Francia; inoltre l’autorizzazione all’immissione in commercio riconosciuta in Italia riguarderebbe un farmaco diverso da quello offerto in gara;

1.1.) il bando (art. III.2.3) confonderebbe i presupposti di legge per la produzione e il commercio del prodotto con i requisiti di capacità tecnica e professionale dei concorrenti, ai fini della partecipazione alla gara, dal momento che richiede indifferentemente come condizioni per l’attestazione di livelli minimi di capacità: o il possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della salute (art. 8 d. lgs. n. 178/1991) o dalla Commissione europea/EMEA; o che la preparazione avvenga su richiesta scritta del medico in stabilimenti autorizzati alla produzione di medicinali da autorità sanitarie di paesi membri dell’UE; o che la produzione avvenga secondo il disposto del d.m. 19.11.2003 relativo all’attività di preparazione del radio farmaco; le due ultime condizioni “non hanno alcun significato ai fini dell’ammissione alla gara” sia perché non si tratta di “preparazioni magistrali” realizzate in farmacia, trattandosi di produzione avente natura tipicamente industriale ottenuta in particolari impianti di alta complessità, sia perché l’agevolazione di non richiedere l’autorizzazione vige per l’utilizzazione interna del farmaco tra le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate e non riguarda invece l’immissione in commercio della fornitura perché l’ente sanitario non si trasforma in produttore commerciale;

2) violazione degli artt. 50 e 51 del d. lgs. n. 219 del 2006, dell’art. 40 della direttiva 2001/83/CE, della direttiva 8.10.2003 n. 94 in materia di buone prassi di fabbricazione (c.d. GMP) dei farmaci; eccesso di potere per irragionevolezza e incongruità, illogicità, ingiustizia manifesta, violazione della par condicio: la disciplina di gara non richiede la dimostrazione del possesso dell’autorizzazione alla “produzione” del radiofarmaco e del rispetto della disciplina di fabbricazione, richieste dalla legge indipendentemente dall’autorizzazione all’immissione in commercio; non risulta che l’aggiudicataria sia in possesso dell’autorizzazione alla produzione del radiofarmaco oggetto di gara;

3) violazione dell’art. 42 del d. lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, illogicità, travisamento dei fatti, disparità di trattamento: le stazioni appaltanti devono richiedere la dimostrazione della capacità tecnica secondo varie modalità (elenco delle principali forniture negli ultimi tre anni, indicazione dei tecnici incaricati dei controlli di qualità, descrizione delle attrezzature tecniche, controllo sulla capacità di produzione, ed altro); il bando non ha richiesto la dimostrazione di nessuno dei requisiti di capacità tecnica;

4) violazione dell’art. 83 del d. lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, illogicità, ingiustizia, disparità di trattamento: il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa; tra i criteri di valutazione concorre il tempo di latenza (quello intercorrente tra la produzione e il momento della consegna del prodotto); il valore ponderale di tale criterio (20 punti su 100) è incongruo e illogico, perché ciò che rileva è il tempo di utilizzazione del prodotto (c.d. periodo di stabilità o durata del farmaco), ma questo parametro è stato del tutto ignorato;

5) violazione degli artt. 3, 6, 50 e 51 del d. lgs. 219 del 2006, dell’art. 40 della direttiva 2001/83/CE, della direttiva 94 del 2003, degli artt. 3, 4, 81 e 82 del Trattato CE, degli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione, eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, ingiustizia, violazione della par condicio: l’aggiudicataria ritiene che il d.m. 19.11.2003 consente alle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, senza autorizzazione alla produzione e senza AIC (autorizzazione all’immissione in commercio), la libera commercializzazione del farmaco, mentre la norma regolamentare facoltizza solo la produzione interna del radiofarmaco tra le strutture sanitarie dotate dei requisiti di legge e non autorizza l’immissione in commercio del radiofarmaco così realizzato da altri; il d.m. 19.11.2003 pone le strutture sanitarie fuori dalla concorrenza perché le legittima a svolgere attività di produzione e commercializzazione di radiofarmaci senza il possesso delle autorizzazioni prescritte per legge;

6) violazione dell’art. 75 del d lgs. n. 163 del 2006, eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, travisamento dei fatti e dei presupposti, disparità di trattamento: la fideiussione dell’aggiudicataria è intestata alla sola IBA Molecular, mentre dovrebbe essere intestata a tutte le componenti dell’ATI costituenda

VIII. Con memorie di udienza le parti hanno ribadito le rispettive pretese, contestando gli assunti avversari.

IX. Il secondo appello (n. 8299 del 2008) è quello dell’Università degli studi Bicocca di Milano– stazione appaltante, la quale si limita a censurare la sentenza del Tar in relazione all’asserita impossibilità per una fondazione di partecipare in ATI ad una gara pubblica di forniture e chiede la riforma della sentenza impugnata.

Anche in questo giudizio la seconda classificata, vincitrice in primo grado, ha proposto appello incidentale in relazione ai motivi svolti in primo grado e non esaminati. Il relativo atto riproduce quello svolto nell’altro appello proposto dall’ ATI tra la IBA Molecular e la Fondazione San Raffaele.

X. All’udienza del 24 marzo i due appelli sono passati in decisione.

Nella stessa data, con atto n. 267 del 2009, è stato pubblicato il dispositivo della sentenza per entrambi gli appelli riuniti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due appelli vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia, in quanto sono rivolti avverso la medesima sentenza.

2. Posto che la sentenza impugnata ha accolto il ricorso della soc. A.A.A. per l’unico motivo esaminato (violazione dell’art. 34 del codice dei contratti pubblici, approvato con d. lgs. n. 163 del 2006) assorbiti tutti gli altri, e posto che, come si vedrà, devono essere accolti gli appelli principali (ricorsi nn. 8146 e 8299 del 2008) dell’ATI tra IBA Molecular Italy e Fondazione San Raffaele e dell’Università di Milano stazione appaltante, proposti avverso quell’unico motivo condiviso dal primo giudice, deve essere esaminato, in virtù dell’effetto devolutivo, anche l’appello incidentale proposto dalla appellata A.A.A. in entrambi i giudizi, che è invece infondato.

3. Va premesso che la gara è stata indetta (il 9.6.2007) dall’Università in vista della scadenza (13.12.2007) del contratto d’appalto stipulato con la IBA Molecular Italy s.r.l. costituita in ATI con la Fondazione San Raffaele, relativo alla fornitura di radiofarmaco tracciante 18F – fluorodesossiglucosio, per attività diagnostica mediante il tomografo PET/TC situato presso i locali di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera S. Gerardo di Monza.

Nel verbale del Consiglio di amministrazione dell’Università del 22.5.2007, che ha autorizzato l’indizione della gara, si ricorda che, secondo un Accordo di programma, stipulato tra Regione Lombardia, Università e Azienda ospedaliera, si sarebbe dovuto realizzare il progetto della costruzione di un Centro ciclotrone PET, il cui funzionamento e organizzazione sarebbe spettato al Centro di bioimmagini molecolari, consistente nell’acquisto di un tomografo PET/TC, nella costruzione sotterranea di un bunker ove allocare il ciclotrone e i materiali per la radiochimica, e nell’acquisto del macchinario produttore di radio farmaco e cioè di un ciclotrone 18 MeV; nelle more dell’entrata in funzione del ciclotrone, al fine di proseguire l’attività diagnostica, era necessario reperire all’esterno della struttura il radiofarmaco tracciante.

Il che significa che la gara ora in esame si configura come la prosecuzione di una attività di fornitura già assicurata dal medesimo soggetto, ma ora previa una nuova procedura selettiva aperta.

3.1. Secondo il capitolato speciale di appalto la fornitura doveva avvenire (artt. 3 e 4) con consegna giornaliera presso l’Unità operativa di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera San Gerardo di Monza.

Il prodotto (radiofarmaco), conforme alle norme di legge, doveva essere in possesso di almeno una delle seguenti caratteristiche:

-essere autorizzato all’immissione in commercio, rilasciata dal Ministero della salute (ai sensi dell’art. 8 del d. lgs. n. 178/91) o dalla Commissione europea/EMEA (European Medicines Evaluation Agency);

-essere preparato su richiesta scritta del medico (ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 178/91) in stabilimenti autorizzati alla produzione di medicinali dalle Autorità sanitarie di Paesi membri della UE;

-essere preparato secondo quanto disposto dal d.m. 19 novembre 2003 “Attività di preparazione del radiofarmaco”.

Tali requisiti o condizioni sono ripetuti nell’art. 6, B, 3 del disciplinare di gara, quanto alla documentazione tecnica da presentare nella busta B.

Lo stesso disciplinare richiedeva talune precisazioni da parte dei partecipanti alla gara, da inserire nella busta B:

-la dichiarazione del periodo di latenza previsto tra produzione e consegna del prodotto;

-i tempi di consegna previsti all’interno di determinate fasce orarie;

-quantità massima di mCi prodotta in più oltre quella giornaliera richiesta da capitolato, nel caso vi fosse richiesta da parte della stazione appaltante;

-le modalità per il trasporto del materiale radioattivo;

-indicazione del sito presso il quale sarebbe stato fatto il backup per garantire continuità operativa.

Sempre nel disciplinare (art. 8) venivano indicati i criteri di valutazione delle offerte e dell’attribuzione dei punteggi, con riferimento anche alle diverse fasce orarie di consegna.

Il bando di gara (punto IV.3.4.) precisava che il termine ultimo per la presentazione delle offerte era il 18.7.2007.

3.2 I soggetti componenti l’ATI (IBA Molecular e Fondazione San Raffaele) dichiaravano (lettera 28.6.2007) il termine di produzione del prodotto presso il centro San Raffaele, il tempo di latenza fra la fine della produzione e la consegna presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, le modalità di trasporto, l’orario di consegna, la continuità operativa della fornitura data dalla disponibilità di un secondo ciclotrone in caso di problemi tecnici a quello esistente presso la Fondazione San Raffaele, la eventuale fornitura da altro sito di produzione in Francia del gruppo IBA del medesimo prodotto, registrato anche in Italia con decreto di autorizzazione all’immissione in commercio del 25 ottobre 2006.

Gli stessi soggetti, con altra lettera in pari data, dichiaravano che la produzione avveniva “secondo quanto disposto dal d. m. 19 novembre 2003”.

4. Con riferimento agli appelli principali, va osservato, quanto alla natura dei soggetti legittimati ad accedere ai contratti pubblici, che la previsione legislativa nazionale (art. 3, punto 19, del codice dei contratti) riferisce i termini di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi ad “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico ( GEIE ) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”; parimenti la norma comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n. 2004/18/CE) indica che “i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi”.

Non v’è quindi ragione di escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possano soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o "prestatori di servizi" ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.

Orbene, la sentenza di primo grado ritiene che la natura giuridica della Fondazione, costituita da un patrimonio personificato dall’ordinamento per la realizzazione di uno scopo determinato considerato di utilità sociale, unitamente al carattere non lucrativo della attività svolta dalla persona giuridica di che trattasi, impedirebbe qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, il cui elemento fondamentale è costituito dalla ripartizione degli utili tra i soci, con la conseguente non ammissibilità delle prime alle gare pubbliche, anche per la natura tassativa dell’elencazione contenuta nell’art. 34 del codice che non le contempla espressamente.

In accoglimento di entrambi gli appelli, sia della ATI costituenda tra IBA Molecular e Fondazione San Raffaele, sia dell’Università di Milano, la sentenza è errata e va annullata.

Ritiene in proposito il Collegio che l’elencazione dell’art. 34 non sia tassativa e che tale conclusione trovi conforto in altre norme del codice degli appalti che definiscono la figura dell’imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell’ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie prima richiamate le quali (art. 1, comma 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE) indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’ “operatore economico” che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche).

5. La giurisprudenza comunitaria ha affermato che per “impresa”, pur in mancanza di una sua definizione nel Trattato, va inteso qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (Sentenza Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07, e richiami ivi indicati); che costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte di giustizia 10.1.2006, causa C-222/04 relativa a una fondazione bancaria che sia stata autorizzata dal legislatore nazionale a effettuare operazioni necessarie per la realizzazione degli scopi sociali, tra i quali anche la ricerca, l’educazione, l’arte e la sanità); che l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un’attività economica possa essere considerato impresa (Corte di giustizia 29.11.2007, causa C-119/06, relativa a organizzazioni sanitarie che garantiscono il servizio di trasporto d’urgenza di malati e che possono concorrere con altri operatori nell’aggiudicazione di appalti pubblici, a nulla rilevando che i loro collaboratori agiscono a mezzo di volontari ed esse possono presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti).

5.1. Si deve convenire quindi con gli appellanti che la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito quindi di un’attività di impresa anche quando non sia l’attività principale dell’organizzazione.

A diversa conclusione non induce l’osservazione del giudice di primo grado che la Fondazione godrebbe di un regime fiscale di favore idoneo a incidere sulla dinamica concorrenziale, sia perché la Fondazione è solo una delle partecipanti alla costituenda ATI, sia perché il regime fiscale di favore assiste anche altri soggetti, quali le cooperative, senza che si possa sostenere che queste siano escluse dagli appalti pubblici (anzi sono espressamente contemplate nell’art. 34 del codice), ovvero le ONLUS che secondo la recente giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, VI, n. 185 del 2008; V, n. 1128 del 2009) possono essere ammesse alle gare pubbliche quali “imprese sociali”, cui il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 155 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d’interesse generale, anche se non lucrativa.

5.2. Nella specie, la finalità della Fondazione San Raffaele è quella di prestare cura agli infermi e il suo statuto prevede che essa possa svolgere in Italia e all’estero ogni attività utile al raggiungimento dello scopo sociale e quindi ogni attività economica; è iscritta alla Camera di commercio dal luglio del 1996; dal 1972 è riconosciuta come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e dal 1999 è accreditata dalla Regione Lombardia; esercita dunque un’attività di carattere imprenditoriale nell’ambito sanitario e offre prestazioni sanitarie in favore degli utenti del Servizio sanitario nazionale, ottenendone il rimborso da parte della Regione; il fatto che non persegua utili o che gli utili siano reinvestiti nell’attività non esclude che essa svolga attività di carattere economico con modalità tali da consentirle di permanere sul mercato e di concorrere con altre strutture, enti o società commerciali che operano nello stesso settore.

5.3. Quanto fin qui affermato consente dunque di accogliere gli appelli principali.

6. Si deve passare ora all’esame dell’appello incidentale della soc. A.A.A., vincitrice in primo grado per la fondatezza di un solo motivo, assorbiti tutti gli altri che ora si ripropongono. L’appello incidentale è proposto in entrambi i giudizi ed è del medesimo tenore.

6.1. Riassuntivamente, le questioni poste dall’appello incidentale possono così elencarsi:

a) asserita necessità del possesso del requisito dell’autorizzazione alla produzione e dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto oggetto di gara; carenza della disciplina di gara (motivi 1, 2 e 5): secondo l’appellante incidentale, la IBA Molecular Italy è titolare di autorizzazione all’immissione in commercio (A.I.C.) rilasciata in Francia sul presupposto di impianti produttivi esistenti in Francia; l’A.I.C. francese è stata riconosciuta in Italia (provvedimento dell’Agenzia italiana per il farmaco - A.I.F.A. dell’ 8.11.2006) per il fluorodesossiglucosio IBA, ma il prodotto è diverso da quello offerto in gara; 1’aggiudicataria avrebbe potuto concorrere con il radiofarmaco oggetto dell’autorizzazione in Francia, ma poi per il trasporto in Italia si sarebbe avuta una riduzione dei tempi di utilizzazione e un incremento del periodo di consegna, con la conseguenza che l’offerta sarebbe stata meno competitiva;

b) illegittimità del bando che non prevede il possesso di requisiti di capacità tecnica (motivo 3).

c) processo produttivo del radiofarmaco offerto dall’aggiudicataria; valutazione ponderale illogica del tempo di latenza del prodotto (motivo 4).

d) illegittimità del d.m. 19.11.2003 (motivo 6), se consente di prescindere dal possesso dell’autorizzazione alla produzione che è obbligatoria.

e) irregolarità della fideiussione presentata dall’ATI (motivo 7)

6.2 Con riferimento alla prima delle suesposte questioni, la A.A.A. sostiene che sia necessario avere sia l’autorizzazione alla produzione in Italia che l’autorizzazione alla immissione in commercio del farmaco.

Essa però non dimostra di essere in possesso dell’autorizzazione alla produzione in Italia, mentre risulta avere solo l’autorizzazione all’immissione in commercio (n. 425 del 5.4.2007) del prodotto (GLUSCAN) ottenuto in stabilimenti siti in Francia, dal momento che l’estensione di quella autorizzazione in relazione ad un impianto in Italia (peraltro diverso da quello dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara) è avvenuta in epoca successiva a quella richiesta dalla disciplina di gara; difatti la modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio è stata pubblicata nella G.U. n. 171 del 25.7.2007 e il provvedimento “entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione”. L’ulteriore estensione dell’autorizzazione all’impianto produttivo di Colleretto Giacosa (TO) – che è quello dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara – è ancora più recente (nota Agenzia italiana del farmaco del 28.1.2008, depositata in primo grado)

Tale circostanza è stata anche evidenziata dal rappresentante della Ati IBA-Fondazione, come risulta dal verbale di gara n. 3 del 25.7.2007, e ad essa la A.A.A. ha obiettato di essere in possesso del requisito richiesto dall’art. 6, lett. B, punto 3 del disciplinare di gara e cioè “il possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio, rilasciata dal Ministero della salute…o dalla Commissione europea /EMEA”. La Commissione di gara si è riservata ulteriori accertamenti e ha ammesso la società alla selezione.

La posizione di A.A.A., quindi, non è dissimile, all’epoca della domanda, da quella della IBA Molecular Italy, titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata in Francia

E non può certo rilevare, come si è già detto, la successiva estensione dell’autorizzazione ad altri stabilimenti dell’A.A.A. in Italia, perché ottenuta per un impianto il 25.7.2007, e per l’altro impianto il 28.1.2008, quando era ormai decorso il termine massimo per la presentazione delle domande (18.7.2007)

6.3. In ogni caso, ai sensi della direttiva n. 2001/83/CE (Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano) è espressamente previsto (art. 6) che “nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva…”.

Il successivo art. 40 dispone poi che “gli Stati membri prendono tutte le opportune disposizioni affinché la fabbricazione dei medicinali sul loro territorio sia subordinata al possesso di un’autorizzazione”; trattasi dell’autorizzazione alla produzione o fabbricazione che dirsi voglia. Lo stesso articolo, però, al comma 2 precisa che “tale autorizzazione non è richiesta per le preparazioni …eseguite soltanto per la fornitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni”. Questa ultima è la situazione – come si vedrà – della Fondazione San Raffaele che fa parte dell’ATI originaria aggiudicataria.

La successiva direttiva n. 2003/94/CE (linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano) prevede all’art. 10 che “le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione”, specie per i medicinali in fase di sperimentazione (che qui non rilevano) e all’art. 4 che “il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all’autorizzazione di fabbricazione”; le “buone prassi di fabbricazione” sono dall’art. 2 definite come “la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all’uso cui sono destinate”.

Nella disciplina di gara era previsto che il prodotto doveva essere in possesso di almeno una delle caratteristiche indicate nel capitolato (art. 3).

Orbene risulta che la ATI IBA-Fondazione, in possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto originario al pari della concorrente A.A.A., dichiarava che la sua produzione avveniva secondo quanto disposto dal d.m. 19.11.2003, il che costituiva una delle tre caratteristiche-condizioni contemplate dal capitolato.

Tale decreto, nel definire le “attività di preparazione del radiofarmaco”, che è quello maggiormente utilizzato a scopo diagnostico, e nel ravvisare “la necessità di determinare criteri per l’individuazione dei centri di medicina nucleare dotati di ciclotrone con annesso ambiente adibito all’allestimento di preparazioni radio farmaceutiche e di servizio di farmacia, nonché di profili professionali specializzati per l’espletamento dell’attività di preparazione, di controllo e di distribuzione di radiofarmaci”, favorendo “lo sviluppo e l’attività di un numero sempre più elevato di centri di medicina nucleare dotati di solo tomografo PET, al fine di rendere disponibile il radio-farmaco preparato presso i suddetti centri con ciclotrone…” (v. le premesse del decreto), ha previsto all’art. 1 che la preparazione dello specifico prodotto “possa essere effettuata presso centri di medicina nucleare delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate che risultino dotati di tomografo PET, di ciclotrone con annesso ambiente adibito all’allestimento di preparazioni farmaceutiche, di servizio di farmacia e di personale in possesso dei titoli di specializzazione…”.

Richiede anche requisiti di qualità e di sicurezza della rete di distribuzione “con particolare riferimento a quelli previsti dall’art. 5 della legge 31 gennaio 1962 n. 1860 e successive modificazioni” in tema di trasporti dei materiali radioattivi.

Tale ultima normativa reca prescrizioni per le “preparazioni magistrali”,

6.4. Questa è appunto la situazione della Fondazione, che ha una struttura dotata, oltre che di ciclotrone e PET, anche di un servizio di farmacia e di personale in possesso di titoli di specializzazione nonché di un ambiente adibito all’allestimento di preparazioni radio farmaceutiche, in grado cioè di preparare “formule magistrali” per le quali l’art. 3 del d. lgs. n. 219 del 2006 (di attuazione di direttive comunitarie in tema di medicinali ad uso umano) non prevede l’autorizzazione all’immissione in commercio, evidentemente considerando equipollenti quelle caratteristiche sopra descritte.

Parimenti l’art. 7 del medesimo decreto legislativo n. 219 dispone che l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta per i radio-farmaci preparati al momento dell’uso, secondo le istruzioni del produttore, da persone o stabilimenti autorizzati ad usare tali medicinali, in uno dei centri di cura autorizzati.

La Fondazione ha illustrato che, conformemente a quanto avvenuto in virtù del precedente contratto con l’Università di Milano del 2005, IBA Molecular Italy fornisce alla Fondazione medesima il radioisotopo F; che tale radioisotopo è trasformato dalla Fondazione nel radiofarmaco FDG per mezzo del ciclotrone installato presso il proprio servizio di medicina nucleare; che il farmaco così preparato viene consegnato all’Università “pronto per l’uso” mediante trasporto con vettore autorizzato; che la preparazione del radio-farmaco avviene su richiesta del dirigente medico responsabile della Unità operativa di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera S. Gerardo di Monza, convenzionata con l’Università Bicocca di Milano; che, secondo le modalità di produzione previste dal d.m. 19.11.2003, il radio-farmaco in questione è una “preparazione magistrale”, che non necessariamente deve essere estemporanea, perché l’art. 5 del d. l. n. 23 del 1998 esclude l’onere per il medico di indicare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea, quando (comma 5) “il medicinale è prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo”.

Orbene, il preparato prodotto ai sensi del d.m. 19.11.2003 è un medicinale pronto per l’uso; è prodotto in uno stabilimento autorizzato ad usare tale medicinale e in un centro di cura autorizzato; quello offerto dall’ATI aggiudicataria è preparato a partire da un radioisotopo, fornito da IBA Molecular Italy, in possesso di regolare autorizzazione all’immissione in commercio.

L’appellante incidentale contesta tutto questo, ma in modo da non indurre il Collegio a condividere le sue censure.

Quanto al fatto che una norma indicata nelle condizioni alternative di ammissibilità sia stata abrogata (art. 25 del d. lgs. n. 178 del 1991), si tratta di mero errore materiale visto che la norma successiva (art. 5 del d. lgs. n. 219 del 2006) riproduce nella sostanza la stessa disposizione, nel senso che l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta “per i medicinali preparati industrialmente, su richiesta… del medico a ciò ritenuto idoneo dalle norme in vigore, il quale si impegna a utilizzare i suddetti medicinali…sotto la sua diretta e personale responsabilità”, con la precisazione che in simili casi si applicano “le disposizioni previste per le preparazioni magistrali” dall’art. 5 del d.l. n. 23 del 1998, il quale non prevede che simili preparazioni siano sempre estemporanee, potendo il medicinale essere “prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo”.

Inoltre, per l’art. 7 del d. lgs. n. 219 del 2006 “l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta per i radio-farmaci preparati al momento dell’uso, secondo le istruzioni del produttore, da persone o stabilimenti autorizzati ad usare tali medicinali, in uno dei centri di cura autorizzati e purché il radio farmaco sia preparato a partire da generatori, kit o radio farmaci precursori per i quali sia stata rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio”.

Che il radiofarmaco sia prodotto in una struttura autorizzata e in un centro di cura abilitato ad usare il ciclotrone in ambiente idoneo, è dimostrato dal fatto che la Fondazione San Raffaele è una struttura accreditata come centro di medicina nucleare titolare di PET e ciò la esonera da ulteriori autorizzazioni, anche quella alla produzione, offrendo già idonee garanzie di sicurezza e qualità nella produzione.

Sono quindi infondati i motivi 1, 2, 5 e 6 dell’appello incidentale (riassunti nelle questioni sub a e sub d).

6.5. Quando poi la A.A.A., appellante incidentale, sostiene che sarebbe illegittimo il bando di gara (art. III.2.3.), nella parte in cui prevede alternativamente almeno una delle condizioni a dimostrazione dei livelli minimi di capacità, dimentica di avere dichiarato, per giustificare la propria ammissione alla gara, di avere il possesso di una di quelle tre condizioni; quindi non si può dolere che la concorrente abbia dichiarato di possederne una delle altre.

In ogni caso le prescrizioni del bando sono espressione di ampia discrezionalità della stazione appaltante quanto al possesso di requisiti di capacità tecnica, non essendoci un solo modo di richiederli e di provarli; né d’altra parte l’appellante incidentale si può sostituire all’amministrazione o può sindacare le relative scelte se non per profili di palese illogicità che nella specie non si rinvengono, dal momento che la disciplina di gara prescrive numerosi requisiti tecnici che le imprese partecipanti devono possedere a garanzia della qualità del prodotto e della loro affidabilità.

E’ pertanto infondato il terzo motivo (questione sub b).

6.6. Quanto alla censura sul c.d. tempo di latenza del prodotto offerto, definito come tempo intercorrente tra la produzione e la consegna, e considerato come parametro principale ai fini dell’attribuzione del punteggio secondo un criterio denunciato come incongruo e illogico particolarmente in relazione al suo eccessivo valore ponderale rispetto agli altri parametri (punti 20 su 100), mentre avrebbe dovuto essere considerato il c.d. tempo di stabilità o di utilizzabilità del prodotto stesso, parimenti il Collegio osserva che la doglianza impinge nel merito delle scelte della p.a., sindacabili dal giudice amministrativo soltanto se effettivamente illogiche e contraddittorie; ma nella specie ciò non avviene, poiché non è illogico che si dia un punteggio rilevante al tempo di consegna di un prodotto che deve essere offerto con frequenza giornaliera ed ogni considerazione su eventuali altri parametri ritenuti più efficaci finisce per sovrapporsi illegittimamente alle determinazioni della stazione appaltante, che peraltro erano conosciute dai partecipanti alla gara e che, se ritenute illegittime, dovevano essere tempestivamente impugnate.

In modo plausibile la stazione appaltante sottolinea che il radiofarmaco, una volta consegnato viene immediatamente e interamente consumato e la durata minima di 8-10 ore di stabilità del prodotto caratterizza tutti i radio-farmaci legittimamente immessi in commercio, per cui risponde a logica premiare il minor tempo di latenza ovvero la più sollecita consegna anche in relazione alla fascia oraria indicata nelle prime ore del mattino.

Né infine la A.A.A. fornisce elementi per dimostrare che un eventuale diverso criterio nell’attribuzione del punteggio avrebbe potuto colmare il divario esistente con l’altra partecipante.

Ne deriva l’infondatezza anche del quarto motivo (questione sub c).

6.7. Per quel che riguarda infine l’irregolarità della fideiussione denunciata nel settimo motivo (questione sub e), è sufficiente osservare che la disciplina di gara (art. 6, punto 3 del disciplinare) richiedeva che, in caso di raggruppamento temporaneo non ancora costituito o già costituito, la garanzia fosse presentata “dalla capogruppo in nome e per conto di tutto il raggruppamento”; il che è puntualmente avvenuto.

7. Conclusivamente l’appello incidentale deve essere respinto per l’infondatezza di tutte le censure. Ne consegue che, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso in primo grado.

In considerazione della complessità della vicenda contenziosa le spese processuali devono essere compensate per entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, così provvede:

- riunisce i ricorsi in epigrafe;

- accoglie gli appelli principali, respinge l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente

Rosanna De Nictolis Consigliere

Domenico Cafini Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere

Marcella Colombati Consigliere est.

Presidente

Consigliere Segretario


Fondazioni: Possono partecipare a gare pubbliche

Fondazioni: è ammessa la partecipazione a gare pubbliche
Consiglio di Stato , sez. VI, decisione 16.06.2009 n° 3897 (Francesco Logiudice)

E’ legittima la partecipazione di una fondazione ad una gara d’appalto?

La disposizione del Codice dei Contratti pubblici, oggetto di interpretazione da parte dei Giudici di Palazzo Spada, è l’art. 34, rubricata Soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici, la quale non contempla espressamente il modello fondazionale tra i soggetti ammessi a partecipare alle gare.

Mentre secondo i giudici di prime cure la natura giuridica della fondazione impedirebbe qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, con la conseguente non ammissibilità delle prime alle gare pubbliche - anche per la natura tassativa dell’elencazione contenuta nell’art. 34 del d.lgs. 163/2006 e s.m. che non le prevede espressamente - secondo il Consesso, invece, l’elencazione dell’art. 34 non è tassativa.

Tale conclusione trova conforto in altre norme del Codice dei Contratti pubblici che definiscono la figura dell’imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell’ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie (art. 1, commi 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE). Dette norme indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’"operatore economico" che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche).

La sez. VI, pertanto, afferma che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possono soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o "prestatori di servizi", considerata la personalità giuridica che le fondazioni vantano nonché la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.

In tal senso, infatti, depone anche il rilievo che la definizione comunitaria di “impresa” abilitata a partecipare alle commesse pubbliche, non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, bensì da elementi oggettivi, quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito di un’attività di impresa realizzata dall’organizzazione non necessariamente svolta come attività principale, con la conseguenza che tale qualificazione è riferibile anche alle fondazioni.

E’ pur vero che, in tema di partecipazione a gare da parte di persone giuridiche non aventi scopo di lucro, recentemente, il TAR Sardegna, sez. I, con ordinanza 10 luglio 2009 n. 66, ha ritenuto di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: se le disposizioni dell’ordinamento italiano di cui all’articolo 3, commi 22 e 19, del Codice dei Contratti pubblici (secondo le quali, rispettivamente, "Il termine "operatore economico" comprende l'imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi o un raggruppamento o consorzio di essi"; e "I termini "imprenditore", "fornitore" e "prestatore di servizi" designano una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi") e dell’art. 34 del medesimo Codice dei Contratti pubblici (che elenca i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici) si pongano in contrasto con la direttiva n. 2004/18/CE, ove interpretate nel senso di limitare la partecipazione ai prestatori professionali di tali attività con esclusione di enti pubblici che abbiano preminenti finalità diverse da quelle di lucro, quali, ad esempio, la ricerca.

Staremo a vedere.

(Altalex, 24 luglio 2009. Nota di Francesco Logiudice)




Consiglio di Stato

Sezione VI

Decisione 16 giugno 2009, n. 3897

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sui ricorsi riuniti in appello nn. 8146/2008, e 8299/2008 proposti rispettivamente

1) ric. n. 8146/2008 da FOND. CENTRO SAN RAFFAELE DEL MONTE TABOR IN PR. E Q. MAND. ATI e ATI - IBAMOLECULAR ITALY S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dagli Avv. Vincenzo Avolio e Vittoria Luciano con domicilio eletto in Roma piazza Capo di Ferro n. 13, presso le Segreterie Giurisdizionali del Consiglio di Stato;

contro

ADVANCE ACCELERATOR APPLICATIONS (ITALY) S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Andrea Manzi e Antonio Finocchiaro con domicilio eletto in Roma via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;

e nei confronti di

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO – BICOCCA, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

2) ric. n. 8299/2008 da UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio eletto in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

ADVANCED ACCELERATOR APPLICATIONS ITALY S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Andrea Manzi e Antonio Finocchiaro con domicilio eletto in Roma via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;

e nei confronti di

IBA MOLECULAR ITALY S.R.L., MINISTERO DELLA SALUTE e FONDAZIONE SAN RAFFAELE DEL MONTE TABOR DI MILANO, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. III n. 7591/2008.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2009 relatore il Consigliere Marcella Colombati. Uditi gli avv. Quinto per delega dell’avv. Avolio, l’avv. Mauri e l’avv. dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

RITENUTO IN FATTO

I. Con bando pubblicato il 9.6.2007 l’Università degli studi di Milano – Bicocca ha indetto una gara d’appalto, sotto la forma della procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la fornitura, per un periodo di 12 mesi prorogabile per ulteriori 6 mesi, di un radiofarmaco (fluorodesossiglucosio) utilizzato a scopo diagnostico nella tomografia ad emissione di positroni (c.d. PET – Positron Emission Tomography).

Alla gara ha partecipato, insieme ad altri due concorrenti, la costituenda ATI, formata dalla s.r.l. Iba Molecular Italy s.r.l e dalla Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, che è risultata aggiudicataria.

II. L’aggiudicazione è stata impugnata dalla seconda classificata, la Advanced Accelerator Applications Italy s.r.l. (per semplicità in seguito denominata “A.A.A.”), in un primo momento dinanzi al Tar della Lombardia e, poi, previo regolamento di competenza concordato, dinanzi al Tar del Lazio, sulla base di una serie di motivi di cui si dirà.

Insieme all’aggiudicazione della gara sono stati impugnati:

-il provvedimento di ammissione della Fondazione e del costituendo gruppo di cui essa fa parte;

-la disciplina di gara nella parte in cui non prescrive le condizioni di ammissione e di presentazione delle domande e, in particolare: il bando, art. III.2.3; il disciplinare di gara, p. 7, n. 3; il capitolato, art. 6, B n. 3 sulle condizioni di ammissione;

-l’art. 8, comma 2, del disciplinare che detta i parametri di valutazione, tra i quali i parametri qualitativi e quelli del “tempo di latenza” definito come il tempo intercorrente tra la conclusione della produzione e il momento della consegna del prodotto (con assegnazione di punti 20 su 100), criterio di aggiudicazione incongruo e illogico;

-la disciplina di gara, nella parte in cui non valuta il periodo di stabilità/durata del farmaco ai fini della determinazione del tempo concreto di utilizzabilità del farmaco;

-ove occorra, l’art. 1 del d.m. 19.11.2003 (attività di preparazione del radiofarmaco), come interpretato dalla controparte, nel senso di consentire alle strutture sanitarie pubbliche o accreditate di compravendere e produrre il radiofarmaco in assenza di autorizzazione all’immissione in commercio e di autorizzazione alla produzione.

La società ricorrente A.A.A. ha chiesto anche la dichiarazione di inefficacia o di nullità dell’eventuale contratto stipulato a seguito dell’aggiudicazione della gara nonché la condanna dell’Università al risarcimento dei danni.

III. Costituitisi in giudizio, l’Università degli studi di Milano e la costituenda ATI tra la soc. IBA Molecular Italy s.r.l e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor si sono opposte al ricorso chiedendone la reiezione.

IV. Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 7591 del 2008 ha accolto il ricorso della soc. A.A.A. ritenendo fondata la censura (quinto motivo) della violazione dell’art. 34 del codice dei contratti pubblici approvato con d. lgs. n. 163 del 2006, e cioè la illegittima partecipazione alla gara, nel raggruppamento aggiudicatario, di una fondazione, ed ha assorbito tutti gli altri motivi.

Al riguardo il Tar ha ritenuto che l’elencazione dei soggetti ammessi alle gare (art. 34) sia tassativa e che, in mancanza di espressa previsione, le fondazioni non possano essere ammesse alle gare pubbliche; ciò in quanto esse, ai sensi dell’art 14 e seguenti c.c., hanno specifiche peculiarità: “si tratta di un soggetto, costituito da un patrimonio, personificato dall’ordinamento per la realizzazione di uno scopo determinato, considerato di utilità sociale…..; la rilevanza sociale dello scopo, di carattere non lucrativo, impedisce qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, il cui elemento fondamentale è costituito invece dalla divisione degli utili tra i soci”; la sentenza del Consiglio di Stato n. 2785 del 2003, che sembrerebbe ammettere alle gare pubbliche le fondazioni, “è precedente alla previsione espressa nell’art. 34 del codice degli appalti”; la nuova scelta del legislatore del codice di non far partecipare le fondazioni si spiega anche per il regime fiscale di favore di cui esse godono, con conseguenti riflessi sulla parità di condizioni tra i concorrenti; inoltre “nell’ambito della disciplina civilistica è discussa la natura di imprenditore commerciale delle fondazioni, in quanto, anche se svolgono attività di impresa, questa resta collaterale e comunque finalizzata ad uno scopo non di lucro”; qualora la fondazione assuma il carattere dell’impresa commerciale ai sensi dell’art. 2082 c.c. “sarebbe illegittimo il decreto di riconoscimento e dovrebbe essere disapplicato”; “la previsione dell’art. 34 del codice si riferisce alla nozione di impresa solo per l’imprenditore individuale, mentre per i soggetti collettivi o personificati, fa riferimento espresso alle società commerciali che, com’è noto, sono i tipi previsti dagli artt. 2291 e segg. c.c.”.

Il medesimo Tar invece ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, in quanto sfornita di elementi di prova.

V. La sentenza, depositata il 29.7.2008 e non notificata, è appellata sia dalla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor e dalla IBA Molecular Italy s.r.l., in proprio e in qualità, rispettivamente, di mandante e mandataria della costituenda ATI (ricorso n. 8146 del 2008), sia dall’Università degli studi di Milano – Bicocca (ricorso n. 8299 del 2008). Entrambi i ricorsi sono notificati il 9.10.2008 e quindi sono tempestivi.

VI. Il primo appello (della Fondazione ed altro) censura la sentenza impugnata ( in relazione all’unico motivo ivi accolto di violazione dell’art. 34 del codice degli appalti) per:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del d. lgs. n. 163 del 2006, degli artt. 3, commi 19 e 20, dello stesso codice, dell’art. 1, commi 2 e 8, e dell’art. 4 della direttiva 2004/18/CE: è infondata l’affermazione che l’elenco dell’art. 34 del codice degli appalti sarebbe tassativo e non contemplerebbe le fondazioni tra i soggetti ammessi a partecipare alle gare; l’art. 3, comma 19, del codice indica che per “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” si intende “una persona fisica o una persona giuridica o un ente senza personalità giuridica…che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”; il comma 20 precisa poi che per “raggruppamento temporaneo” si intende l’insieme di imprenditori o fornitori o prestatori di servizi costituito allo scopo di partecipare a una specifica gara pubblica; ne consegue che l’art. 34 contiene un’elencazione solo indicativa e ciò anche alla luce delle predette disposizioni comunitarie che hanno introdotto un concetto ampio di imprenditore, quale “operatore economico” (cfr. Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07; 10.1.2006, causa C-222/04; 29.9.2007, causa C-119/06), nel senso che è l’elemento oggettivo, e non quello soggettivo, che qualifica la definizione di impresa; la Fondazione ha nel suo statuto lo svolgimento di ogni attività economica per il raggiungimento dello scopo di prestare cura agli infermi, è iscritta alla Camera di commercio dal 1996, è riconosciuta dal 1972 come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato ed è stata accreditata dalla Regione Lombardia dal 1999; esercita, al pari di altre strutture sanitarie, un’attività di carattere imprenditoriale in campo sanitario; il fatto che non persegua un utile, non le impedisce di svolgere un’attività economica sul mercato e di concorrere con altre strutture e società commerciali che operano nel medesimo settore.

VII. In questo primo giudizio ha proposto appello incidentale la soc. A.A.A., confermando i motivi di ricorso, dichiarati assorbiti dalla sentenza del Tar, che qui di seguito si trascrivono:

1) violazione degli artt. 3 e art. 6 del d. lgs. n. 219 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, ingiustizia grave, violazione della par condicio: l’oggetto della fornitura (radiofarmaco) è sottoposto a specifica normativa quanto alla produzione e commercializzazione, nel senso che il soggetto che produce il farmaco deve essere titolare di autorizzazione alla produzione di cui alla direttiva 2001/83/CE e all’art. 50 del d. lgs. n. 219 del 2006, e, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 219 del 2006 (attuazione codice comunitario medicinali per uso umano) anche dell’autorizzazione all’immissione in commercio, prevedendo la richiamata norma che “nessun medicinale può essere immesso in commercio sul territorio nazionale senza aver ottenuto un’autorizzazione dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) o un’autorizzazione comunitaria a norma del regolamento (CE) n. 726 del 2004”; la appellante incidentale A.A.A. è titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del radiofarmaco sotto il nome commerciale Gluscan (provvedimento AIFA 03714910/M su G.U. n. 89 del 17.4.2007 pag. 46, poi estesa ad uno stabilimento in Italia con provvedimento su G.U. n. 171 del 25.7.2007 pag. 45), mentre l’originaria aggiudicataria (IBA Molecular Italy in ATI con la Fondazione) non sarebbe in possesso dell’autorizzazione alla produzione e all’immissione in commercio del radiofarmaco in Italia, bensì di autorizzazione del radiofarmaco prodotto e distribuito in Francia; inoltre l’autorizzazione all’immissione in commercio riconosciuta in Italia riguarderebbe un farmaco diverso da quello offerto in gara;

1.1.) il bando (art. III.2.3) confonderebbe i presupposti di legge per la produzione e il commercio del prodotto con i requisiti di capacità tecnica e professionale dei concorrenti, ai fini della partecipazione alla gara, dal momento che richiede indifferentemente come condizioni per l’attestazione di livelli minimi di capacità: o il possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della salute (art. 8 d. lgs. n. 178/1991) o dalla Commissione europea/EMEA; o che la preparazione avvenga su richiesta scritta del medico in stabilimenti autorizzati alla produzione di medicinali da autorità sanitarie di paesi membri dell’UE; o che la produzione avvenga secondo il disposto del d.m. 19.11.2003 relativo all’attività di preparazione del radio farmaco; le due ultime condizioni “non hanno alcun significato ai fini dell’ammissione alla gara” sia perché non si tratta di “preparazioni magistrali” realizzate in farmacia, trattandosi di produzione avente natura tipicamente industriale ottenuta in particolari impianti di alta complessità, sia perché l’agevolazione di non richiedere l’autorizzazione vige per l’utilizzazione interna del farmaco tra le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate e non riguarda invece l’immissione in commercio della fornitura perché l’ente sanitario non si trasforma in produttore commerciale;

2) violazione degli artt. 50 e 51 del d. lgs. n. 219 del 2006, dell’art. 40 della direttiva 2001/83/CE, della direttiva 8.10.2003 n. 94 in materia di buone prassi di fabbricazione (c.d. GMP) dei farmaci; eccesso di potere per irragionevolezza e incongruità, illogicità, ingiustizia manifesta, violazione della par condicio: la disciplina di gara non richiede la dimostrazione del possesso dell’autorizzazione alla “produzione” del radiofarmaco e del rispetto della disciplina di fabbricazione, richieste dalla legge indipendentemente dall’autorizzazione all’immissione in commercio; non risulta che l’aggiudicataria sia in possesso dell’autorizzazione alla produzione del radiofarmaco oggetto di gara;

3) violazione dell’art. 42 del d. lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, illogicità, travisamento dei fatti, disparità di trattamento: le stazioni appaltanti devono richiedere la dimostrazione della capacità tecnica secondo varie modalità (elenco delle principali forniture negli ultimi tre anni, indicazione dei tecnici incaricati dei controlli di qualità, descrizione delle attrezzature tecniche, controllo sulla capacità di produzione, ed altro); il bando non ha richiesto la dimostrazione di nessuno dei requisiti di capacità tecnica;

4) violazione dell’art. 83 del d. lgs. n. 163 del 2006; eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, illogicità, ingiustizia, disparità di trattamento: il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa; tra i criteri di valutazione concorre il tempo di latenza (quello intercorrente tra la produzione e il momento della consegna del prodotto); il valore ponderale di tale criterio (20 punti su 100) è incongruo e illogico, perché ciò che rileva è il tempo di utilizzazione del prodotto (c.d. periodo di stabilità o durata del farmaco), ma questo parametro è stato del tutto ignorato;

5) violazione degli artt. 3, 6, 50 e 51 del d. lgs. 219 del 2006, dell’art. 40 della direttiva 2001/83/CE, della direttiva 94 del 2003, degli artt. 3, 4, 81 e 82 del Trattato CE, degli artt. 41 e 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione, eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità, ingiustizia, violazione della par condicio: l’aggiudicataria ritiene che il d.m. 19.11.2003 consente alle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, senza autorizzazione alla produzione e senza AIC (autorizzazione all’immissione in commercio), la libera commercializzazione del farmaco, mentre la norma regolamentare facoltizza solo la produzione interna del radiofarmaco tra le strutture sanitarie dotate dei requisiti di legge e non autorizza l’immissione in commercio del radiofarmaco così realizzato da altri; il d.m. 19.11.2003 pone le strutture sanitarie fuori dalla concorrenza perché le legittima a svolgere attività di produzione e commercializzazione di radiofarmaci senza il possesso delle autorizzazioni prescritte per legge;

6) violazione dell’art. 75 del d lgs. n. 163 del 2006, eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità, travisamento dei fatti e dei presupposti, disparità di trattamento: la fideiussione dell’aggiudicataria è intestata alla sola IBA Molecular, mentre dovrebbe essere intestata a tutte le componenti dell’ATI costituenda

VIII. Con memorie di udienza le parti hanno ribadito le rispettive pretese, contestando gli assunti avversari.

IX. Il secondo appello (n. 8299 del 2008) è quello dell’Università degli studi Bicocca di Milano– stazione appaltante, la quale si limita a censurare la sentenza del Tar in relazione all’asserita impossibilità per una fondazione di partecipare in ATI ad una gara pubblica di forniture e chiede la riforma della sentenza impugnata.

Anche in questo giudizio la seconda classificata, vincitrice in primo grado, ha proposto appello incidentale in relazione ai motivi svolti in primo grado e non esaminati. Il relativo atto riproduce quello svolto nell’altro appello proposto dall’ ATI tra la IBA Molecular e la Fondazione San Raffaele.

X. All’udienza del 24 marzo i due appelli sono passati in decisione.

Nella stessa data, con atto n. 267 del 2009, è stato pubblicato il dispositivo della sentenza per entrambi gli appelli riuniti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due appelli vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia, in quanto sono rivolti avverso la medesima sentenza.

2. Posto che la sentenza impugnata ha accolto il ricorso della soc. A.A.A. per l’unico motivo esaminato (violazione dell’art. 34 del codice dei contratti pubblici, approvato con d. lgs. n. 163 del 2006) assorbiti tutti gli altri, e posto che, come si vedrà, devono essere accolti gli appelli principali (ricorsi nn. 8146 e 8299 del 2008) dell’ATI tra IBA Molecular Italy e Fondazione San Raffaele e dell’Università di Milano stazione appaltante, proposti avverso quell’unico motivo condiviso dal primo giudice, deve essere esaminato, in virtù dell’effetto devolutivo, anche l’appello incidentale proposto dalla appellata A.A.A. in entrambi i giudizi, che è invece infondato.

3. Va premesso che la gara è stata indetta (il 9.6.2007) dall’Università in vista della scadenza (13.12.2007) del contratto d’appalto stipulato con la IBA Molecular Italy s.r.l. costituita in ATI con la Fondazione San Raffaele, relativo alla fornitura di radiofarmaco tracciante 18F – fluorodesossiglucosio, per attività diagnostica mediante il tomografo PET/TC situato presso i locali di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera S. Gerardo di Monza.

Nel verbale del Consiglio di amministrazione dell’Università del 22.5.2007, che ha autorizzato l’indizione della gara, si ricorda che, secondo un Accordo di programma, stipulato tra Regione Lombardia, Università e Azienda ospedaliera, si sarebbe dovuto realizzare il progetto della costruzione di un Centro ciclotrone PET, il cui funzionamento e organizzazione sarebbe spettato al Centro di bioimmagini molecolari, consistente nell’acquisto di un tomografo PET/TC, nella costruzione sotterranea di un bunker ove allocare il ciclotrone e i materiali per la radiochimica, e nell’acquisto del macchinario produttore di radio farmaco e cioè di un ciclotrone 18 MeV; nelle more dell’entrata in funzione del ciclotrone, al fine di proseguire l’attività diagnostica, era necessario reperire all’esterno della struttura il radiofarmaco tracciante.

Il che significa che la gara ora in esame si configura come la prosecuzione di una attività di fornitura già assicurata dal medesimo soggetto, ma ora previa una nuova procedura selettiva aperta.

3.1. Secondo il capitolato speciale di appalto la fornitura doveva avvenire (artt. 3 e 4) con consegna giornaliera presso l’Unità operativa di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera San Gerardo di Monza.

Il prodotto (radiofarmaco), conforme alle norme di legge, doveva essere in possesso di almeno una delle seguenti caratteristiche:

-essere autorizzato all’immissione in commercio, rilasciata dal Ministero della salute (ai sensi dell’art. 8 del d. lgs. n. 178/91) o dalla Commissione europea/EMEA (European Medicines Evaluation Agency);

-essere preparato su richiesta scritta del medico (ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 178/91) in stabilimenti autorizzati alla produzione di medicinali dalle Autorità sanitarie di Paesi membri della UE;

-essere preparato secondo quanto disposto dal d.m. 19 novembre 2003 “Attività di preparazione del radiofarmaco”.

Tali requisiti o condizioni sono ripetuti nell’art. 6, B, 3 del disciplinare di gara, quanto alla documentazione tecnica da presentare nella busta B.

Lo stesso disciplinare richiedeva talune precisazioni da parte dei partecipanti alla gara, da inserire nella busta B:

-la dichiarazione del periodo di latenza previsto tra produzione e consegna del prodotto;

-i tempi di consegna previsti all’interno di determinate fasce orarie;

-quantità massima di mCi prodotta in più oltre quella giornaliera richiesta da capitolato, nel caso vi fosse richiesta da parte della stazione appaltante;

-le modalità per il trasporto del materiale radioattivo;

-indicazione del sito presso il quale sarebbe stato fatto il backup per garantire continuità operativa.

Sempre nel disciplinare (art. 8) venivano indicati i criteri di valutazione delle offerte e dell’attribuzione dei punteggi, con riferimento anche alle diverse fasce orarie di consegna.

Il bando di gara (punto IV.3.4.) precisava che il termine ultimo per la presentazione delle offerte era il 18.7.2007.

3.2 I soggetti componenti l’ATI (IBA Molecular e Fondazione San Raffaele) dichiaravano (lettera 28.6.2007) il termine di produzione del prodotto presso il centro San Raffaele, il tempo di latenza fra la fine della produzione e la consegna presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, le modalità di trasporto, l’orario di consegna, la continuità operativa della fornitura data dalla disponibilità di un secondo ciclotrone in caso di problemi tecnici a quello esistente presso la Fondazione San Raffaele, la eventuale fornitura da altro sito di produzione in Francia del gruppo IBA del medesimo prodotto, registrato anche in Italia con decreto di autorizzazione all’immissione in commercio del 25 ottobre 2006.

Gli stessi soggetti, con altra lettera in pari data, dichiaravano che la produzione avveniva “secondo quanto disposto dal d. m. 19 novembre 2003”.

4. Con riferimento agli appelli principali, va osservato, quanto alla natura dei soggetti legittimati ad accedere ai contratti pubblici, che la previsione legislativa nazionale (art. 3, punto 19, del codice dei contratti) riferisce i termini di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi ad “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico ( GEIE ) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”; parimenti la norma comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n. 2004/18/CE) indica che “i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi”.

Non v’è quindi ragione di escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possano soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o "prestatori di servizi" ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico.

Orbene, la sentenza di primo grado ritiene che la natura giuridica della Fondazione, costituita da un patrimonio personificato dall’ordinamento per la realizzazione di uno scopo determinato considerato di utilità sociale, unitamente al carattere non lucrativo della attività svolta dalla persona giuridica di che trattasi, impedirebbe qualsiasi assimilazione delle fondazioni alle società commerciali, il cui elemento fondamentale è costituito dalla ripartizione degli utili tra i soci, con la conseguente non ammissibilità delle prime alle gare pubbliche, anche per la natura tassativa dell’elencazione contenuta nell’art. 34 del codice che non le contempla espressamente.

In accoglimento di entrambi gli appelli, sia della ATI costituenda tra IBA Molecular e Fondazione San Raffaele, sia dell’Università di Milano, la sentenza è errata e va annullata.

Ritiene in proposito il Collegio che l’elencazione dell’art. 34 non sia tassativa e che tale conclusione trovi conforto in altre norme del codice degli appalti che definiscono la figura dell’imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell’ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie prima richiamate le quali (art. 1, comma 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE) indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’ “operatore economico” che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche).

5. La giurisprudenza comunitaria ha affermato che per “impresa”, pur in mancanza di una sua definizione nel Trattato, va inteso qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (Sentenza Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07, e richiami ivi indicati); che costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte di giustizia 10.1.2006, causa C-222/04 relativa a una fondazione bancaria che sia stata autorizzata dal legislatore nazionale a effettuare operazioni necessarie per la realizzazione degli scopi sociali, tra i quali anche la ricerca, l’educazione, l’arte e la sanità); che l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un’attività economica possa essere considerato impresa (Corte di giustizia 29.11.2007, causa C-119/06, relativa a organizzazioni sanitarie che garantiscono il servizio di trasporto d’urgenza di malati e che possono concorrere con altri operatori nell’aggiudicazione di appalti pubblici, a nulla rilevando che i loro collaboratori agiscono a mezzo di volontari ed esse possono presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti).

5.1. Si deve convenire quindi con gli appellanti che la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito quindi di un’attività di impresa anche quando non sia l’attività principale dell’organizzazione.

A diversa conclusione non induce l’osservazione del giudice di primo grado che la Fondazione godrebbe di un regime fiscale di favore idoneo a incidere sulla dinamica concorrenziale, sia perché la Fondazione è solo una delle partecipanti alla costituenda ATI, sia perché il regime fiscale di favore assiste anche altri soggetti, quali le cooperative, senza che si possa sostenere che queste siano escluse dagli appalti pubblici (anzi sono espressamente contemplate nell’art. 34 del codice), ovvero le ONLUS che secondo la recente giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, VI, n. 185 del 2008; V, n. 1128 del 2009) possono essere ammesse alle gare pubbliche quali “imprese sociali”, cui il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 155 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità d’interesse generale, anche se non lucrativa.

5.2. Nella specie, la finalità della Fondazione San Raffaele è quella di prestare cura agli infermi e il suo statuto prevede che essa possa svolgere in Italia e all’estero ogni attività utile al raggiungimento dello scopo sociale e quindi ogni attività economica; è iscritta alla Camera di commercio dal luglio del 1996; dal 1972 è riconosciuta come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e dal 1999 è accreditata dalla Regione Lombardia; esercita dunque un’attività di carattere imprenditoriale nell’ambito sanitario e offre prestazioni sanitarie in favore degli utenti del Servizio sanitario nazionale, ottenendone il rimborso da parte della Regione; il fatto che non persegua utili o che gli utili siano reinvestiti nell’attività non esclude che essa svolga attività di carattere economico con modalità tali da consentirle di permanere sul mercato e di concorrere con altre strutture, enti o società commerciali che operano nello stesso settore.

5.3. Quanto fin qui affermato consente dunque di accogliere gli appelli principali.

6. Si deve passare ora all’esame dell’appello incidentale della soc. A.A.A., vincitrice in primo grado per la fondatezza di un solo motivo, assorbiti tutti gli altri che ora si ripropongono. L’appello incidentale è proposto in entrambi i giudizi ed è del medesimo tenore.

6.1. Riassuntivamente, le questioni poste dall’appello incidentale possono così elencarsi:

a) asserita necessità del possesso del requisito dell’autorizzazione alla produzione e dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto oggetto di gara; carenza della disciplina di gara (motivi 1, 2 e 5): secondo l’appellante incidentale, la IBA Molecular Italy è titolare di autorizzazione all’immissione in commercio (A.I.C.) rilasciata in Francia sul presupposto di impianti produttivi esistenti in Francia; l’A.I.C. francese è stata riconosciuta in Italia (provvedimento dell’Agenzia italiana per il farmaco - A.I.F.A. dell’ 8.11.2006) per il fluorodesossiglucosio IBA, ma il prodotto è diverso da quello offerto in gara; 1’aggiudicataria avrebbe potuto concorrere con il radiofarmaco oggetto dell’autorizzazione in Francia, ma poi per il trasporto in Italia si sarebbe avuta una riduzione dei tempi di utilizzazione e un incremento del periodo di consegna, con la conseguenza che l’offerta sarebbe stata meno competitiva;

b) illegittimità del bando che non prevede il possesso di requisiti di capacità tecnica (motivo 3).

c) processo produttivo del radiofarmaco offerto dall’aggiudicataria; valutazione ponderale illogica del tempo di latenza del prodotto (motivo 4).

d) illegittimità del d.m. 19.11.2003 (motivo 6), se consente di prescindere dal possesso dell’autorizzazione alla produzione che è obbligatoria.

e) irregolarità della fideiussione presentata dall’ATI (motivo 7)

6.2 Con riferimento alla prima delle suesposte questioni, la A.A.A. sostiene che sia necessario avere sia l’autorizzazione alla produzione in Italia che l’autorizzazione alla immissione in commercio del farmaco.

Essa però non dimostra di essere in possesso dell’autorizzazione alla produzione in Italia, mentre risulta avere solo l’autorizzazione all’immissione in commercio (n. 425 del 5.4.2007) del prodotto (GLUSCAN) ottenuto in stabilimenti siti in Francia, dal momento che l’estensione di quella autorizzazione in relazione ad un impianto in Italia (peraltro diverso da quello dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara) è avvenuta in epoca successiva a quella richiesta dalla disciplina di gara; difatti la modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio è stata pubblicata nella G.U. n. 171 del 25.7.2007 e il provvedimento “entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione”. L’ulteriore estensione dell’autorizzazione all’impianto produttivo di Colleretto Giacosa (TO) – che è quello dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara – è ancora più recente (nota Agenzia italiana del farmaco del 28.1.2008, depositata in primo grado)

Tale circostanza è stata anche evidenziata dal rappresentante della Ati IBA-Fondazione, come risulta dal verbale di gara n. 3 del 25.7.2007, e ad essa la A.A.A. ha obiettato di essere in possesso del requisito richiesto dall’art. 6, lett. B, punto 3 del disciplinare di gara e cioè “il possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio, rilasciata dal Ministero della salute…o dalla Commissione europea /EMEA”. La Commissione di gara si è riservata ulteriori accertamenti e ha ammesso la società alla selezione.

La posizione di A.A.A., quindi, non è dissimile, all’epoca della domanda, da quella della IBA Molecular Italy, titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata in Francia

E non può certo rilevare, come si è già detto, la successiva estensione dell’autorizzazione ad altri stabilimenti dell’A.A.A. in Italia, perché ottenuta per un impianto il 25.7.2007, e per l’altro impianto il 28.1.2008, quando era ormai decorso il termine massimo per la presentazione delle domande (18.7.2007)

6.3. In ogni caso, ai sensi della direttiva n. 2001/83/CE (Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano) è espressamente previsto (art. 6) che “nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva…”.

Il successivo art. 40 dispone poi che “gli Stati membri prendono tutte le opportune disposizioni affinché la fabbricazione dei medicinali sul loro territorio sia subordinata al possesso di un’autorizzazione”; trattasi dell’autorizzazione alla produzione o fabbricazione che dirsi voglia. Lo stesso articolo, però, al comma 2 precisa che “tale autorizzazione non è richiesta per le preparazioni …eseguite soltanto per la fornitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni”. Questa ultima è la situazione – come si vedrà – della Fondazione San Raffaele che fa parte dell’ATI originaria aggiudicataria.

La successiva direttiva n. 2003/94/CE (linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano) prevede all’art. 10 che “le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione”, specie per i medicinali in fase di sperimentazione (che qui non rilevano) e all’art. 4 che “il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all’autorizzazione di fabbricazione”; le “buone prassi di fabbricazione” sono dall’art. 2 definite come “la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all’uso cui sono destinate”.

Nella disciplina di gara era previsto che il prodotto doveva essere in possesso di almeno una delle caratteristiche indicate nel capitolato (art. 3).

Orbene risulta che la ATI IBA-Fondazione, in possesso dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto originario al pari della concorrente A.A.A., dichiarava che la sua produzione avveniva secondo quanto disposto dal d.m. 19.11.2003, il che costituiva una delle tre caratteristiche-condizioni contemplate dal capitolato.

Tale decreto, nel definire le “attività di preparazione del radiofarmaco”, che è quello maggiormente utilizzato a scopo diagnostico, e nel ravvisare “la necessità di determinare criteri per l’individuazione dei centri di medicina nucleare dotati di ciclotrone con annesso ambiente adibito all’allestimento di preparazioni radio farmaceutiche e di servizio di farmacia, nonché di profili professionali specializzati per l’espletamento dell’attività di preparazione, di controllo e di distribuzione di radiofarmaci”, favorendo “lo sviluppo e l’attività di un numero sempre più elevato di centri di medicina nucleare dotati di solo tomografo PET, al fine di rendere disponibile il radio-farmaco preparato presso i suddetti centri con ciclotrone…” (v. le premesse del decreto), ha previsto all’art. 1 che la preparazione dello specifico prodotto “possa essere effettuata presso centri di medicina nucleare delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate che risultino dotati di tomografo PET, di ciclotrone con annesso ambiente adibito all’allestimento di preparazioni farmaceutiche, di servizio di farmacia e di personale in possesso dei titoli di specializzazione…”.

Richiede anche requisiti di qualità e di sicurezza della rete di distribuzione “con particolare riferimento a quelli previsti dall’art. 5 della legge 31 gennaio 1962 n. 1860 e successive modificazioni” in tema di trasporti dei materiali radioattivi.

Tale ultima normativa reca prescrizioni per le “preparazioni magistrali”,

6.4. Questa è appunto la situazione della Fondazione, che ha una struttura dotata, oltre che di ciclotrone e PET, anche di un servizio di farmacia e di personale in possesso di titoli di specializzazione nonché di un ambiente adibito all’allestimento di preparazioni radio farmaceutiche, in grado cioè di preparare “formule magistrali” per le quali l’art. 3 del d. lgs. n. 219 del 2006 (di attuazione di direttive comunitarie in tema di medicinali ad uso umano) non prevede l’autorizzazione all’immissione in commercio, evidentemente considerando equipollenti quelle caratteristiche sopra descritte.

Parimenti l’art. 7 del medesimo decreto legislativo n. 219 dispone che l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta per i radio-farmaci preparati al momento dell’uso, secondo le istruzioni del produttore, da persone o stabilimenti autorizzati ad usare tali medicinali, in uno dei centri di cura autorizzati.

La Fondazione ha illustrato che, conformemente a quanto avvenuto in virtù del precedente contratto con l’Università di Milano del 2005, IBA Molecular Italy fornisce alla Fondazione medesima il radioisotopo F; che tale radioisotopo è trasformato dalla Fondazione nel radiofarmaco FDG per mezzo del ciclotrone installato presso il proprio servizio di medicina nucleare; che il farmaco così preparato viene consegnato all’Università “pronto per l’uso” mediante trasporto con vettore autorizzato; che la preparazione del radio-farmaco avviene su richiesta del dirigente medico responsabile della Unità operativa di medicina nucleare dell’Azienda ospedaliera S. Gerardo di Monza, convenzionata con l’Università Bicocca di Milano; che, secondo le modalità di produzione previste dal d.m. 19.11.2003, il radio-farmaco in questione è una “preparazione magistrale”, che non necessariamente deve essere estemporanea, perché l’art. 5 del d. l. n. 23 del 1998 esclude l’onere per il medico di indicare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea, quando (comma 5) “il medicinale è prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo”.

Orbene, il preparato prodotto ai sensi del d.m. 19.11.2003 è un medicinale pronto per l’uso; è prodotto in uno stabilimento autorizzato ad usare tale medicinale e in un centro di cura autorizzato; quello offerto dall’ATI aggiudicataria è preparato a partire da un radioisotopo, fornito da IBA Molecular Italy, in possesso di regolare autorizzazione all’immissione in commercio.

L’appellante incidentale contesta tutto questo, ma in modo da non indurre il Collegio a condividere le sue censure.

Quanto al fatto che una norma indicata nelle condizioni alternative di ammissibilità sia stata abrogata (art. 25 del d. lgs. n. 178 del 1991), si tratta di mero errore materiale visto che la norma successiva (art. 5 del d. lgs. n. 219 del 2006) riproduce nella sostanza la stessa disposizione, nel senso che l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta “per i medicinali preparati industrialmente, su richiesta… del medico a ciò ritenuto idoneo dalle norme in vigore, il quale si impegna a utilizzare i suddetti medicinali…sotto la sua diretta e personale responsabilità”, con la precisazione che in simili casi si applicano “le disposizioni previste per le preparazioni magistrali” dall’art. 5 del d.l. n. 23 del 1998, il quale non prevede che simili preparazioni siano sempre estemporanee, potendo il medicinale essere “prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo”.

Inoltre, per l’art. 7 del d. lgs. n. 219 del 2006 “l’autorizzazione all’immissione in commercio non è richiesta per i radio-farmaci preparati al momento dell’uso, secondo le istruzioni del produttore, da persone o stabilimenti autorizzati ad usare tali medicinali, in uno dei centri di cura autorizzati e purché il radio farmaco sia preparato a partire da generatori, kit o radio farmaci precursori per i quali sia stata rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio”.

Che il radiofarmaco sia prodotto in una struttura autorizzata e in un centro di cura abilitato ad usare il ciclotrone in ambiente idoneo, è dimostrato dal fatto che la Fondazione San Raffaele è una struttura accreditata come centro di medicina nucleare titolare di PET e ciò la esonera da ulteriori autorizzazioni, anche quella alla produzione, offrendo già idonee garanzie di sicurezza e qualità nella produzione.

Sono quindi infondati i motivi 1, 2, 5 e 6 dell’appello incidentale (riassunti nelle questioni sub a e sub d).

6.5. Quando poi la A.A.A., appellante incidentale, sostiene che sarebbe illegittimo il bando di gara (art. III.2.3.), nella parte in cui prevede alternativamente almeno una delle condizioni a dimostrazione dei livelli minimi di capacità, dimentica di avere dichiarato, per giustificare la propria ammissione alla gara, di avere il possesso di una di quelle tre condizioni; quindi non si può dolere che la concorrente abbia dichiarato di possederne una delle altre.

In ogni caso le prescrizioni del bando sono espressione di ampia discrezionalità della stazione appaltante quanto al possesso di requisiti di capacità tecnica, non essendoci un solo modo di richiederli e di provarli; né d’altra parte l’appellante incidentale si può sostituire all’amministrazione o può sindacare le relative scelte se non per profili di palese illogicità che nella specie non si rinvengono, dal momento che la disciplina di gara prescrive numerosi requisiti tecnici che le imprese partecipanti devono possedere a garanzia della qualità del prodotto e della loro affidabilità.

E’ pertanto infondato il terzo motivo (questione sub b).

6.6. Quanto alla censura sul c.d. tempo di latenza del prodotto offerto, definito come tempo intercorrente tra la produzione e la consegna, e considerato come parametro principale ai fini dell’attribuzione del punteggio secondo un criterio denunciato come incongruo e illogico particolarmente in relazione al suo eccessivo valore ponderale rispetto agli altri parametri (punti 20 su 100), mentre avrebbe dovuto essere considerato il c.d. tempo di stabilità o di utilizzabilità del prodotto stesso, parimenti il Collegio osserva che la doglianza impinge nel merito delle scelte della p.a., sindacabili dal giudice amministrativo soltanto se effettivamente illogiche e contraddittorie; ma nella specie ciò non avviene, poiché non è illogico che si dia un punteggio rilevante al tempo di consegna di un prodotto che deve essere offerto con frequenza giornaliera ed ogni considerazione su eventuali altri parametri ritenuti più efficaci finisce per sovrapporsi illegittimamente alle determinazioni della stazione appaltante, che peraltro erano conosciute dai partecipanti alla gara e che, se ritenute illegittime, dovevano essere tempestivamente impugnate.

In modo plausibile la stazione appaltante sottolinea che il radiofarmaco, una volta consegnato viene immediatamente e interamente consumato e la durata minima di 8-10 ore di stabilità del prodotto caratterizza tutti i radio-farmaci legittimamente immessi in commercio, per cui risponde a logica premiare il minor tempo di latenza ovvero la più sollecita consegna anche in relazione alla fascia oraria indicata nelle prime ore del mattino.

Né infine la A.A.A. fornisce elementi per dimostrare che un eventuale diverso criterio nell’attribuzione del punteggio avrebbe potuto colmare il divario esistente con l’altra partecipante.

Ne deriva l’infondatezza anche del quarto motivo (questione sub c).

6.7. Per quel che riguarda infine l’irregolarità della fideiussione denunciata nel settimo motivo (questione sub e), è sufficiente osservare che la disciplina di gara (art. 6, punto 3 del disciplinare) richiedeva che, in caso di raggruppamento temporaneo non ancora costituito o già costituito, la garanzia fosse presentata “dalla capogruppo in nome e per conto di tutto il raggruppamento”; il che è puntualmente avvenuto.

7. Conclusivamente l’appello incidentale deve essere respinto per l’infondatezza di tutte le censure. Ne consegue che, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso in primo grado.

In considerazione della complessità della vicenda contenziosa le spese processuali devono essere compensate per entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, così provvede:

- riunisce i ricorsi in epigrafe;

- accoglie gli appelli principali, respinge l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giovanni Ruoppolo Presidente

Rosanna De Nictolis Consigliere

Domenico Cafini Consigliere

Roberto Chieppa Consigliere

Marcella Colombati Consigliere est.

Presidente

Consigliere Segretario


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