lunedì 10 novembre 2008

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo

Privacy e Social Network, ecco le regole

15 Ottobre 2008: in occasione della Conferenza internazionale delle Autorità di protezione dei dati, settanta authority preposte alla sorveglianza e al rispetto della privacy nei vari paesi si sono riunite per discutere e fare il punto della situazione analizzando l’attività di vigilanza e i rischi dovuti all’innovazione delle tecnologie.Il principale e scontato argomento della discussione è ovviamente “internet”. Ma nello specifico, i garanti, durante questa conferenza (giunta ormai alla trentesima edizione) si sono soffermati in particolare su un fenomeno che, soprattutto in questi ultimi mesi, sta letteralmente invadendo la rete: i social network.Difatti, il contenuto della risoluzione della predetta conferenza del 17/10/2008 evidenzia l’urgenza e la necessità di colmare le lacune legislative presenti nel settore della salvaguardia della privacy all’interno delle community, lasciando intravedere, al contempo, importanti possibili sviluppi normativi a difesa degli utenti.Per capire la rilevanza del fenomeno proviamo qui a specificarne la portata e la consistenza. I social network sono delle comunità virtuali on line a cui milioni di soggetti si iscrivono comunicando i propri dati personali e per mezzo dei quali gli utenti possono scambiare notizie, immagini e informazioni personali.Ad oggi, in Italia, su 24 milioni di navigatori in Internet (41% della popolazione), gli iscritti ai social network sarebbero 4,7 milioni (dati Feltrinelli confrontati con Nielsen Simmarco e Forrester).Il rischio maggiore, sottolineato alla conferenza di Strasburgo, è quello di perdere il controllo dell’utilizzo dei propri dati una volta pubblicati in rete ed il conseguente pericolo della riproduzione dei dati da parte di altri membri della rete o di terzi non autorizzati, esterni alla comunità.Le raccomandazioni indicate dai garanti nei confronti dei fornitori dei servizi di social network riguardano principalmente: la trasparenza delle informazioni in merito alle conseguenze derivanti dalla pubblicazione dei dati personali e alla possibilità che soggetti terzi vi accedano, anche legalmente; il controllo da parte degli utenti sui dati che li riguardano; le impostazioni di default orientate alla privacy; il potenziamento delle misure di controllo al fine di impedire gli accessi abusivi ai profili-utente da parte di soggetti terzi, ad esempio mediante dispositivi di spidering; la semplificazione delle operazioni di recesso dal servizio; il previo consenso dell’utente affinchè siano indicizzati i dati del proprio profilo.Per identificare concretamente i rischi esposti finora si può prendere ad esempio la nota community “FACEBOOK”.Facebook è il prodotto più rappresentativo della categoria dei social network. A riprova di ciò, solo nel mese di giugno Facebook ha registrato 132 milioni di visite nel mondo e in Italia può vantare quasi un milione di iscritti (dati Feltrinelli confrontati con Nielsen Simmarco e Forrester).Alla community si accede previa creazione, attraverso l’inserimento dei propri dati personali, di un proprio profilo-utente. Realizzato quest’ultimo, l’accesso al mondo di Facebook è immediato ed è possibile inserire all’interno della propria pagina informazioni e notizie personali e mettersi alla ricerca di amici o conoscenti ricercando il loro nome e cognome nell’apposita finestra di ricerca, oppure (attenzione!) è possibile inserire foto ed immagini di altre persone, segnalandone la loro presenza (“taggandoli”).Si accede inoltre alle pagine di altri soggetti e si instaura un rapporto di scambio e condivisione di attività, foto e interessi creando un vero e proprio “comportamento on line”.Il vero pericolo, a cui il garante tenterà di porre rimedio, è che all’atto delle registrazione i settaggi e le impostazioni dell’utente sono tali da permettere che chiunque possa accedere ai propri dati. Solo successivamente l’utente potrà “disattivare” tali opzioni.Non solo: in seguito all’iscrizione a Facebook, automaticamente e senza il previo consenso dell’utente, il nome di quest’ultimo viene indicizzato sui motori di ricerca estranei al network così che i suoi dati e la sua immagine sono esposti e visibili a qualsiasi soggetto terzo (anche non iscritto alla community!). I garanti dei vari paesi del mondo hanno invece espresso la chiara volontà di invertire tale meccanismo. Le impostazioni di default (quelle ab origine) devono essere volte alla massima privacy e solo successivamente l’utente potrà autorizzare l’accesso ai propri dati a chiunque, o la possibilità di essere segnalato in foto altrui o indicizzato nei motori di ricerca.Facebook inoltre viola uno dei principi cardine della tutela dei dati personali, presente in qualunque ordinamento giuridico occidentale: il diritto alla cancellazione. Il membro infatti non è messo nelle condizioni di poter facilmente recedere dal servizio in quanto sulla pagina principale non è riportata alcuna indicazione in merito ma solo accedendo all’interno dell’area “impostazioni” è possibile cancellare l’account. Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è la seguente nota presente nella pagina di disattivazione: “anche dopo esserti cancellato, i tuoi amici possono ancora invitarti, riconoscerti nelle foto o invitarti ad iscriverti a gruppi. Se ti disiscrivi, non riceverai questi inviti via mail nè notifiche dai tuoi amici”.Ciò vuol dire che tutte le informazioni, le immagini e i dati personali non vengono immediatamente rimossi ma restano sul server per un periodo di tempo indeterminato (per un eventuale riaccesso al network da parte dell’utente “pentito”), contrariamente a quanto richiesto dall’utente.Quanto descritto finora, dunque, non fa che confermare le preoccupazioni espresse dai garanti.Internet, anche a causa della ovvia assenza di confini territoriali del diritto, attualmente è definibile come una “no rights area”. Facebook Italia è una community italiana che fornisce un servizio ai cittadini italiani ed in lingua italiana. Ma è un’azienda statunitense (Palo Alto, California) e, al suo interno sembrano ignorati alcuni principi alla base del nostro Codice Civile, come il diritto al nome e all’immagine (artt. 6, 7 e 10cc.) e l‘uso esclusivo della propria identità personale.Ci si ritrova dinanzi ad un’anarchia legislativa, laddove il Dlgs. 196/2003 che regola il trattamento dei dati personali, sensibili e c. d. supersensibili, viene facilmente raggirato dai vari sistemi per mezzo dei quali, all’interno della rete, è possibile effettuare vendite, passaggi, scambi di dati in totale libertà e senza che si riesca a porre un’efficace freno legislativo al costante espandersi di un vero e proprio commercio illegale dei dati on line.Tuttavia la materia è in continua evoluzione.Cooperazione è la parola chiave. E’ opportuno che i fornitori dei servizi di social network adottino le raccomandazioni indicate dai garanti, mantenendo, al contempo, un dialogo costante con le autorità. Dall’altra parte i governi di tutto il mondo dovrebbero in uniformità creare una legislazione internazionale a tutela dei dati personali del “navigatore” potenziando gli organi di vigilanza per salvaguardare i diritti degli utenti. Solo così il mondo del web potrà essere navigato in “acque tranquille”.
08-11-2008 in www.filodiritto.com

IRAP: LE NUOVE REGOLE DI DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE

Irap: nuove modalità di determinazione della base imponibile per i soggetti Irpef
Agenzia Entrate , circolare 28.10.2008 n° 60


Per le imprese individuali e per le società di persone che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole di determinazione della base imponibile ai fini dell’Irap si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2008.
E' questa una delle precisazioni contenute nella Circolare 28 ottobre 2008, n. 60 che illustra le nuove modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per le società personali e gli imprenditori individuali (articolo 5-bis, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
In particolare, vengono affrontati i seguenti aspetti:
ambito soggettivo di applicazione dell'art. 5-bis, D.Lgs. n. 446/1997;
modalità di determinazione del valore della produzione;
valore e costi della produzione;
decorrenza della disposizione;
opzione per la determinazione della base imponibile Irap ai sensi dell'art. 5-bis, D.Lgs. n. 446/1997.
(Altalex, 31 ottobre 2008)

Agenzia delle Entrate, Circolare 28 ottobre 2008, n. 60/E
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

Oggetto: Le nuove modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per le società personali e gli imprenditori individuali - articolo 5-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

PREMESSA
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS
2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
2.1.1 Ricavi2.1.2 Plusvalenze e minusvalenze
2.1.3 Variazione delle rimanenze finali
2.1.4 Costi della produzione
2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
2.1.4.2 Costi per servizi
2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali
3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE
4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5
PREMESSA
La legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (di seguito legge finanziaria 2008), nell’articolo 1, commi da 50 a 52, detta disposizioni volte a “semplificare le regole di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e di separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito …”.A tal fine, le disposizioni citate hanno ampiamente modificato il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 istitutivo dell’IRAP (di seguito, decreto IRAP), prevedendo – per le imprese – differenziati criteri di determinazione del valore della produzione netta.Per le società di capitali e gli enti commerciali detti criteri sono enunciati nell’articolo 5, per le società di persone e le imprese individuali nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.La presente circolare illustra gli effetti della riforma sulla determinazione della base imponibile Irap per le società commerciali di persone e per gli imprenditori individuali (di seguito, soggetti IRPEF).Secondo la disciplina in vigore prima delle modifiche apportate dalla legge finanziaria 2008 (fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007), i soggetti IRPEF erano tenuti a determinare la base imponibile IRAP secondo gli stessi criteri enunciati all’articolo 5 del decreto IRAP, validi anche per le società di capitali e gli enti commerciali (soggetti IRES).Per effetto della riforma in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, il legislatore ha inteso, invece:• da un lato, restringere l’ambito applicativo dell’articolo 5 del decreto IRAP alle sole società di capitali ed agli enti ad esse equiparate, disponendo, altresì, diversamente dal passato, che per tali soggetti i componenti positivi e negativi del valore della produzione rilevano secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa;• dall’altro, ricondurre le imprese individuali e le società di persone nel disposto del nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP.Per i menzionati soggetti IRPEF tale ultima disposizione, nel prevedere che la base imponibile Irap debba essere modellata sulla base delle medesime regole di determinazione rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, conferma un sistema sostanzialmente simile a quello contemplato nel previgente articolo 5 del decreto IRAP.Lo stesso articolo 5-bis prevede tuttavia che i predetti soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria possano optare per l’applicazione della disciplina prevista per le società di capitali e per gli enti commerciali di cui al rivisitato articolo 5 del decreto IRAP.
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS
Ai sensi dell’articolo 5-bis, primo comma, primo periodo, del decreto IRAP, le nuove modalità di determinazione del valore della produzione netta si applicano:1) alle società in nome collettivo e in accomandita semplice e società ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del Tuir residenti nel territorio dello Stato;2) alle persone fisiche residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir;3) alle persone fisiche non residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir.Più precisamente, le nuove regole di quantificazione del valore della produzione contenute nella disposizione in commento sono rivolte ai soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che rivestono la forma giuridica di società in nome collettivo e in accomandita semplice e a quelle ad esse equiparate (trattasi delle società di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali), nonché alle persone fisiche titolari di reddito d’impresa, ivi compresi i soggetti non residenti che sono assoggettati al tributo regionale in relazione all’esercizio di attività commerciali svolte nel territorio dello Stato per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi per il tramite di stabili organizzazioni (base fissa o ufficio).Restano esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo articolo 5-bis le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d) dell’articolo 73 del TUIR. A tali soggetti, richiamati dall’articolo 3, comma 1, lettera e) del decreto IRAP, si applicano, infatti, ai fini della determinazione del valore della produzione netta le regole contenute negli articoli 5, 6 e 7 del medesimo decreto per effetto del rinvio disposto dal successivo articolo 10, comma 4.Posto che l’articolo 5-bis, comma 1, non contiene alcun riferimento al regime di contabilità ordinario o semplificato adottato dai contribuenti in parola (soggetti IRPEF), si ritiene che i medesimi ricadono nell’ambito applicativo della disposizione indipendentemente dal regime contabile adottato.
2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
L’articolo 5-bis dispone, al primo comma, che: “Per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del medesimo testo unico, e l'ammontare dei costi delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell'ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali. (…) I componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'imposta personale”.La riportata norma individua i componenti del valore della produzione e i costi di produzione che assumono rilievo ai fini della determinazione della base imponibile Irap delle società di persone e delle imprese individuali. Detti componenti assumono rilievo ai fini dell’Irap secondo le medesime regole valevoli per la determinazione del reddito d’impresa.A tal fine non si applicano, pertanto, i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione dei componenti positivi e negativi previsti dai principi contabili in materia di formazione del bilancio, come invece previsto dall’articolo 5 per i soggetti IRES.L’articolo 5-bis, comma 1, prevede, quindi, che la base imponibile dell’imposta è data dalla differenza tra:• la somma dei ricavi d’esercizio tipici di cui al comma 1, lettere a), b), f) e g) dell’articolo 85 del Tuir, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del Tuir; e,• la somma dei costi d’esercizio delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali.La disposizione medesima prevede, altresì, esplicitamente che:1) i componenti positivi si assumono direttamente secondo le regole fiscali contenute nel Tuir (atteso che il legislatore opera un espresso rinvio alle voci di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g) del Tuir, nonché a quelle di cui agli articoli 92 e 93 dello stesso Tuir);2) i componenti negativi, relativi alle voci di costo delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali sono individuati in base alla classificazione civilistica del bilancio. La normativa sul reddito d’impresa non disciplina, infatti, espressamente tali componenti di costo e, pertanto, il richiamo operato dal legislatore a tali voci - come meglio si chiarirà nel seguito - deve essere interpretato nel senso che gli stessi, seppur deducibili secondo l’ammontare risultante dall’applicazione delle disposizioni generali del reddito d’impresa, si assumono nell’imponibile Irap applicando i corretti principi contabili. I costi per servizi, invece, possono essere individuati sulla base della disciplina prevista, ai fini delle imposte sui redditi, dal decreto ministeriale 17 gennaio 1992.2.1.1 RicaviDanno luogo a ricavi rilevanti ai sensi del citato articolo 5-bis:• i corrispettivi derivanti dalle prestazioni di servizi e dalle cessioni a titolo oneroso di beni-merci, di beni di consumo, ad esclusione di quelli strumentali all’attività di impresa [comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 85 del Tuir];• le indennità risarcitorie conseguite, anche in forma assicurativa, per la perdita ed il danneggiamento dei beni la cui cessione genera ricavi [comma 1, lettera f) dell’articolo 85 del Tuir];• i contributi in denaro o il valore normale di quelli in natura erogati in base a contratto [comma 1, lettera g) dell’articolo 85 del Tuir];• i contributi erogati in base a norma di legge che, ai sensi del medesimo articolo 5-bis, concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.Le menzionate voci sono rilevanti nel periodo d’imposta di competenza, secondo le ordinarie regole fiscali contenute nell’articolo 109 del Tuir.Considerato che la norma fa riferimento ai “contributi erogati in base a norma di legge”, si ritiene che ai fini del calcolo della base imponibile Irap debbano essere ricompresi in tale voce sia i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge” [trattasi dei ricavi di cui al comma 1 dell’articolo 85, lettera h) del Tuir], sia i proventi in denaro o in natura conseguiti sempre in base a norma di legge a titolo di contributo [trattasi delle sopravvenienze attive di cui al comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir].Per quanto concerne il periodo d’imposta cui imputare correttamente tali componenti positive della base imponibile, si fa presente che:• i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”, essendo riconducibili tra i ricavi d’esercizio, sono imputati per competenza ai sensi dell’articolo 109 del Tuir;• i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo, in base a disposizioni di legge, essendo riconducibili tra le sopravvenienze attive, rilevano, ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir, nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi, ma non oltre il quarto (i.e. secondo il principio di cassa).In deroga al principio generale i predetti contributi non concorrono alla formazione della base imponibile qualora la legge istitutiva, ovvero altre disposizioni di carattere speciale, espressamente li esentino dall’IRAP.Al riguardo, occorre ricordare che già ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP, i contributi erogati a norma di legge concorrevano alla determinazione della base imponibile dell’imposta, fatta eccezione per quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione. Come noto, tale norma è stata interpretata dal comma 2-quinques dell’articolo 3 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, (così come sostituito dall’articolo 5, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel senso che il concorso alla determinazione della base imponibile Irap dei contributi in parola “si verifica anche in relazione a contributi per i quali sia prevista l'esclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi, sempre che l'esclusione dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive non sia prevista dalle leggi istitutive dei singoli contributi ovvero da altre disposizioni di carattere speciale”.La richiamata norma di interpretazione autentica è tuttora applicabile, posto che il nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP, nel disporre che “i contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili” ripropone sostanzialmente il medesimo contenuto della disposizione abrogata.In assenza di espresso riferimento ai proventi di natura finanziaria di cui al comma 1, lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir, si ritiene che gli stessi non rientrino tra i ricavi rilevanti ai fini della quantificazione del valore della produzione.Non sono imponibili, pertanto, ai fini IRAP i corrispettivi derivanti dalla cessione di attività finanziarie (azioni, quote di partecipazione anche non rappresentate da titoli e strumenti finanziari similari alle azioni di società o enti IRES, che non beneficiano del regime della partecipation exemption, obbligazioni e altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni e dagli strumenti similari alle azioni), non iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano tra i beni che formano oggetto di scambio per l’impresa [comma 1 lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir].2.1.2 Plusvalenze e minusvalenzeLe plusvalenze non sono menzionate dall’art. 5-bis e quindi non concorrono alla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP.In particolare, non rilevano le plusvalenze relative a beni strumentali anche non derivanti da operazioni di trasferimento d’azienda (che ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP concorrevano in ogni caso alla determinazione della base imponibile IRAP), né le plusvalenze derivanti dal realizzo di beni diversi da quelli strumentali e non costituenti beni-merce (cd. beni-patrimonio che, invece, se riferite ad immobili rilevano ai fini della determinazione del valore della produzione delle società di capitali e degli enti commerciali, nonché delle società di persone ed imprese individuali in regime di contabilità ordinaria che, come si dirà nel successivo paragrafo 4, optano per la determinazione della base imponibile IRAP secondo le regole dei soggetti IRES).Analogamente, tra i componenti negativi rilevanti ai fini della base imponibile Irap la norma in questione non opera alcun rinvio alla voce di costo relativa alle minusvalenze, la quale, pertanto, non risulterà rilevante ai fini del calcolo del tributo.Si ricorda, tuttavia, che ai sensi dell’articolo 1, comma 51, della legge finanziaria 2008, resta fermo “il concorso alla formazione della base imponibile delle quote residue delle plusvalenze o delle altre componenti positive conseguite fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e la cui tassazione sia stata rateizzata in applicazione della precedente disciplina”.Pertanto, fermo restando che dal periodo d’imposta 2008 le plusvalenze non concorrono alla formazione della base imponibile dell’Irap, occorrerà in ogni caso aumentare la base imponibile medesima delle quote delle plusvalenze (o delle eventuali componenti positive) rateizzate (o rinviate) per effetto della disciplina previgente.2.1.3 Variazione delle rimanenze finaliL’articolo 5-bis dispone che il valore delle rimanenze da assumere ai fini della determinazione della base imponibile Irap deve essere considerato nello stesso ammontare che risulta dall’applicazione delle regole fiscali contenute negli articoli 92 e 93 del Tuir.L’articolo 92 del Tuir disciplina le variazioni delle rimanenze dei beni individuati dall’articolo 85, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, ossia i beni merce e le materie prime e sussidiarie, i semilavorati e gli altri beni mobili non strumentali acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.Se positive (rimanenze finali maggiori di quelle iniziali), dette variazioni di rimanenze incrementano il valore della produzione; se negative, lo riducono.Si ricorda che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 92 del Tuir, le variazioni delle rimanenze finali rispetto alle esistenze iniziali concorrono alla formazione del reddito d’esercizio per un ammontare non inferiore a quello derivante dall’applicazione dei seguenti criteri.Le rimanenze finali dei suddetti beni, a meno che non siano valutate con il criterio del costo specifico, devono essere raggruppate in categorie omogenee per natura e per valore e devono essere valutate attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato applicando i criteri indicati nei successivi commi da 2 a 4 del medesimo articolo 92.Inoltre, nel caso di svalutazione delle rimanenze di beni, si dovrà assumere il valore derivante dall’applicazione del successivo comma 5.Infine, ai sensi del comma 6 dell’articolo 92 del Tuir, i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione di durata infrannuale (12 mesi) sono valutati a costi specifici.L’articolo 93 del Tuir disciplina le modalità di valutazione delle rimanenze relativamente alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale.Ai sensi del comma 2 del citato articolo, le rimanenze in commento sono valutate sulla base dei corrispettivi pattuiti nell’esercizio.Si ricorda che, ai sensi del medesimo comma, delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si deve tener conto, finché dette maggiorazioni non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento.2.1.4 Costi della produzioneL’articolo 5-bis prevede, al comma 1, che ai fini della determinazione della base imponibile Irap devono essere sottratti dal valore della produzione i seguenti componenti negativi:1) costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;2) costi per servizi;3) ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali.Come anticipato, l’articolo 5-bis del decreto Irap, nello stabilire che i componenti positivi e negativi rilevanti ai fini del tributo sono determinati secondo le regole fiscali, fa riferimento a voci di costo che – non essendo tutte specificamente disciplinate dal TUIR – possono essere individuate utilizzando la classificazione per natura tipica delle disposizioni civilistiche. Naturalmente, le suddette componenti negative, al pari delle componenti positive del valore della produzione, si assumeranno con i medesimi criteri di determinazione e di imputazione temporale dettati dalle disposizioni del TUIR. Fanno eccezione i costi per servizi che come si è detto possono essere individuati sulla base della disciplina fiscale facendo riferimento a quanto previsto ai fini delle imposte sui redditi dal D.M 17 gennaio 1992.L’articolo 5-bis del decreto IRAP prevede, inoltre, che sono indeducibili ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta i seguenti componenti:a) le spese per il personale dipendente e assimilato;b) i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell’articolo 11 del medesimo decreto IRAP, vale a dire:- i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, nonché i compensi attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere, di cui all'articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del TUIR;- i costi per prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, commi 2, lettera a), e 3, del TUIR;- i compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello dipendente ai sensi dell'articolo 47 del TUIR;- gli utili spettanti agli associati in partecipazione di cui alla lettera c) del predetto articolo 49, comma 2, del TUIR;c) la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto;d) le perdite su crediti;e) l’imposta comunale sugli immobili (ICI) di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
Per quanto attiene alle voci di costo in esame rilevanti ai fini dell’Irap, si fa presente che le stesse corrispondono alle voci indicate nell’aggregato B6 dello schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile, i cui importi vanno imputati al netto di resi, sconti, abbuoni e premi. Gli sconti sono solo quelli di natura commerciale, e non quelli aventi natura finanziaria (proventi finanziari), peraltro non rilevanti ai fini della base imponibile dell’IRAP, essendo relativi a voci di costo non richiamate dalla norma in commento. I costi relativi ai beni in parola sono comprensivi dei costi accessori di acquisto (trasporti, assicurazioni, carico e scarico, ecc.) se inclusi dal fornitore nel prezzo di acquisto delle materie e delle merci. Sono incorporate nel costo dei beni e classificate allo stesso modo le imposte non recuperabili come, ad esempio, le imposte di fabbricazione.Come precisato anche nella circolare n. 141/E del 4 giugno 1998, della voce in esame fanno parte anche i costi per acquisti di beni destinati a mense, asili o circoli ricreativi per il personale.2.1.4.2 Costi per serviziIn base ai criteri individuati nell’articolo 1 del D.M. del 17 gennaio 1992, per attività consistenti nella prestazione di servizi ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi si intendono quelle indicate nei commi da 1 a 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e quelle elencate nel comma 4 dello stesso articolo 3, nelle lettere a), b), c), e) f) e h).In particolare, ai sensi dei commi 1 e 2 del citato articolo 3, si tratta delle prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili, le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti, i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro-soluto, di crediti, cambiali o assegni, le somministrazioni di alimenti e bevande, le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto.Dette prestazioni, anche ai fini che qui interessano, rilevano secondo i criteri indicati al successivo comma 3 dell’articolo 3 in commento.Le prestazioni che ai sensi del D.M. 17 gennaio 1992 costituiscono prestazioni di servizi ai soli fini delle imposte dirette, sono quelle indicate al comma 4 del medesimo articolo 3 (ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non sono, invece, considerate prestazioni di servizi), ossia:“a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale;b) i prestiti obbligazionari;c) le cessioni dei contratti di cui alle lettere a), b) e c) del terzo comma dell'articolo 2 [del D.P.R. n. 633 del 1972];e) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai diritti d'autore, tranne quelli concernenti opere di cui alla lettera a), e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d'autore di ogni genere, comprese quelle di intermediazione nella riscossione dei proventi;f) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai prestiti obbligazionari;h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3) del secondo comma dell’articolo 2 e quelle dei mandatari di cui al terzo comma del presente articolo. [articolo 3 del D.P.R. n. 633 del 1972]”.
2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali
Vanno inclusi nel costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali materiali, tutti gli ammortamenti fiscali, senza possibilità di far valere gli ammortamenti anticipati e/o accelerati, già previsti all’articolo 102, comma 3, del TUIR, abrogato dal comma 33, lettera n), numero 1, della legge finanziaria 2008.Ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, le predette voci di costo si assumono secondo i medesimi importi ammessi in deduzione sulla base delle disposizioni del TUIR.Considerazioni analoghe, valgono per i costi relativi alla locazione, anche finanziaria, dei beni strumentali materiali il cui valore, ai fini della quantificazione dell’IRAP, si assume secondo le regole fiscali contenute nel comma 7 del menzionato articolo 102 del TUIR. In ogni caso, si fa presente che l’ammontare ammesso in deduzione, ai fini del calcolo del valore della produzione, è solo quello riferito alla quota capitale dei canoni di locazione finanziaria, a nulla rilevando la quota interessi desunta dallo stesso contratto che, per espressa previsione normativa, è indeducibile ai fini del calcolo in parola.Il costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali immateriali si ritiene debba ricomprendere tutte le categorie di immobilizzazioni immateriali, ivi compreso l’avviamento trattato all’articolo 103 del TUIR, rubricato “Ammortamento dei beni immateriali”, in quanto l’articolo 5-bis, comma 1, ultimo periodo del decreto Irap stabilisce che “i componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d’impresa ai fini dell’imposta personale”.
3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE
Ai fini della decorrenza degli effetti della disposizione in esame, il comma 51 della legge finanziaria 2008 prevede che “le disposizioni di cui al comma 50 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007”. Pertanto, per le imprese individuali e per le società di persone che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole di determinazione della base imponibile ai fini dell’Irap si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2008.
4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5
Il regime “naturale” di determinazione del valore della produzione netta dei soggetti IRPEF (società di persone e imprese individuali), siano essi in regime di contabilità ordinaria o semplificata, è quello risultante dall’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.Per i soggetti IRPEF che si avvalgono della contabilità ordinaria, il comma 2 dell’articolo 5-bis in commento prevede la possibilità di abbandonare tale regime e di optare per il calcolo della base imponibile Irap secondo le modalità dettate nel riformulato articolo 5 dello stesso decreto IRAP per i soggetti IRES (“differenza tra valori e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.”). Ovviamente i soggetti che operano in regime di contabilità semplificata possono applicare unicamente le regole di cui all’articolo 5-bis.Ai fini della possibilità di esercitare l’opzione in questione, a nulla rileva la circostanza che i soggetti IRPEF adottino il regime di contabilità ordinaria per scelta, così come prescritto ai sensi dell’articolo 18, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e non per obbligo ai sensi dell’articolo 14 e seguenti del menzionato D.P.R. n. 600 del 1973.L’opzione va esercitata utilizzando il modello per la “Comunicazione dell’opzione per la determinazione del valore della produzione netta di cui all’articolo 5-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 446/97” approvato, con le relative istruzioni, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo 2008.A regime detta comunicazione deve essere inoltrata all’Agenzia delle entrate, pena l’inefficacia dell’opzione stessa, entro il termine di 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si intende applicare la disciplina in parola. Per il periodo di imposta 2008 la comunicazione dell’opzione può essere inviata entro il termine del 31 ottobre 2008, così come disposto dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 maggio 2008.Ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-bis e come specificato anche nelle istruzioni per la compilazione del modello:• l’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio;• in caso di revoca dell’opzione precedentemente comunicata, il valore della produzione netta va determinato secondo le regole del comma 1 dell’articolo 5-bis del decreto IRAP per almeno un triennio, al termine del quale la revoca si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio, salvo opzione per la determinazione del valore della produzione netta secondo le modalità stabilite dall’articolo 5 del medesimo decreto.Al riguardo occorre precisare che, per effetto del vincolo triennale dell’opzione esercitata, il contribuente è obbligato a mantenere, per lo stesso periodo di validità dell’opzione, il regime di contabilità ordinaria. L’esercizio della revoca dell’opzione precedentemente comunicata non preclude la possibilità per il contribuente di modificare il proprio regime contabile.Per le società di persone neo-costituite, l’opzione per la determinazione della base imponibile con le modalità previste dall’articolo 5 potrà essere esercitata, come previsto per l’esercizio dell’opzione a regime, entro 60 giorni dall’inizio del primo periodo di imposta.Per gli imprenditori individuali che iniziano l’attività in corso d’anno, l’opzione potrà essere esercitata in relazione a tale periodo di imposta entro 60 giorni dalla data di inizio dell’attività di cui all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.Qualora un soggetto IRES che si trasforma in società di persone intenda mantenere il regime di determinazione della base imponibile disciplinato dall’articolo 5 del decreto IRAP, dovrà esercitare l’opzione prevista dal comma 2 dell’articolo 5-bis entro il termine di 60 giorni dalla data di efficacia giuridica della trasformazione medesima.In caso di mancato esercizio dell’opzione, si intenderà “naturalmente” ed automaticamente adottato il regime di cui all’articolo 5-bis. Resta ferma in tal caso la possibilità di optare per l’applicazione del regime di cui all’articolo 5 nei termini “ordinari”, ossia entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta.In caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, invece, non è necessaria alcuna comunicazione, atteso che queste ultime determinano la base imponibile esclusivamente in base all’articolo 5 del decreto IRAP, a prescindere dalle modalità di determinazione della base imponibile in precedenza applicate dalla società trasformanda.
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.

IRAP: LE NUOVE REGOLE DI DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE

Irap: nuove modalità di determinazione della base imponibile per i soggetti Irpef
Agenzia Entrate , circolare 28.10.2008 n° 60


Per le imprese individuali e per le società di persone che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole di determinazione della base imponibile ai fini dell’Irap si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2008.
E' questa una delle precisazioni contenute nella Circolare 28 ottobre 2008, n. 60 che illustra le nuove modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per le società personali e gli imprenditori individuali (articolo 5-bis, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
In particolare, vengono affrontati i seguenti aspetti:
ambito soggettivo di applicazione dell'art. 5-bis, D.Lgs. n. 446/1997;
modalità di determinazione del valore della produzione;
valore e costi della produzione;
decorrenza della disposizione;
opzione per la determinazione della base imponibile Irap ai sensi dell'art. 5-bis, D.Lgs. n. 446/1997.
(Altalex, 31 ottobre 2008)

Agenzia delle Entrate, Circolare 28 ottobre 2008, n. 60/E
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

Oggetto: Le nuove modalità di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive per le società personali e gli imprenditori individuali - articolo 5-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

PREMESSA
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS
2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
2.1.1 Ricavi2.1.2 Plusvalenze e minusvalenze
2.1.3 Variazione delle rimanenze finali
2.1.4 Costi della produzione
2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
2.1.4.2 Costi per servizi
2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali
3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE
4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5
PREMESSA
La legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (di seguito legge finanziaria 2008), nell’articolo 1, commi da 50 a 52, detta disposizioni volte a “semplificare le regole di determinazione della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e di separarne la disciplina applicativa e dichiarativa da quella concernente le imposte sul reddito …”.A tal fine, le disposizioni citate hanno ampiamente modificato il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 istitutivo dell’IRAP (di seguito, decreto IRAP), prevedendo – per le imprese – differenziati criteri di determinazione del valore della produzione netta.Per le società di capitali e gli enti commerciali detti criteri sono enunciati nell’articolo 5, per le società di persone e le imprese individuali nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.La presente circolare illustra gli effetti della riforma sulla determinazione della base imponibile Irap per le società commerciali di persone e per gli imprenditori individuali (di seguito, soggetti IRPEF).Secondo la disciplina in vigore prima delle modifiche apportate dalla legge finanziaria 2008 (fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007), i soggetti IRPEF erano tenuti a determinare la base imponibile IRAP secondo gli stessi criteri enunciati all’articolo 5 del decreto IRAP, validi anche per le società di capitali e gli enti commerciali (soggetti IRES).Per effetto della riforma in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, il legislatore ha inteso, invece:• da un lato, restringere l’ambito applicativo dell’articolo 5 del decreto IRAP alle sole società di capitali ed agli enti ad esse equiparate, disponendo, altresì, diversamente dal passato, che per tali soggetti i componenti positivi e negativi del valore della produzione rilevano secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili adottati dall’impresa;• dall’altro, ricondurre le imprese individuali e le società di persone nel disposto del nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP.Per i menzionati soggetti IRPEF tale ultima disposizione, nel prevedere che la base imponibile Irap debba essere modellata sulla base delle medesime regole di determinazione rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, conferma un sistema sostanzialmente simile a quello contemplato nel previgente articolo 5 del decreto IRAP.Lo stesso articolo 5-bis prevede tuttavia che i predetti soggetti IRPEF in regime di contabilità ordinaria possano optare per l’applicazione della disciplina prevista per le società di capitali e per gli enti commerciali di cui al rivisitato articolo 5 del decreto IRAP.
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 5-BIS
Ai sensi dell’articolo 5-bis, primo comma, primo periodo, del decreto IRAP, le nuove modalità di determinazione del valore della produzione netta si applicano:1) alle società in nome collettivo e in accomandita semplice e società ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del Tuir residenti nel territorio dello Stato;2) alle persone fisiche residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir;3) alle persone fisiche non residenti titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir.Più precisamente, le nuove regole di quantificazione del valore della produzione contenute nella disposizione in commento sono rivolte ai soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che rivestono la forma giuridica di società in nome collettivo e in accomandita semplice e a quelle ad esse equiparate (trattasi delle società di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali), nonché alle persone fisiche titolari di reddito d’impresa, ivi compresi i soggetti non residenti che sono assoggettati al tributo regionale in relazione all’esercizio di attività commerciali svolte nel territorio dello Stato per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi per il tramite di stabili organizzazioni (base fissa o ufficio).Restano esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo articolo 5-bis le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d) dell’articolo 73 del TUIR. A tali soggetti, richiamati dall’articolo 3, comma 1, lettera e) del decreto IRAP, si applicano, infatti, ai fini della determinazione del valore della produzione netta le regole contenute negli articoli 5, 6 e 7 del medesimo decreto per effetto del rinvio disposto dal successivo articolo 10, comma 4.Posto che l’articolo 5-bis, comma 1, non contiene alcun riferimento al regime di contabilità ordinario o semplificato adottato dai contribuenti in parola (soggetti IRPEF), si ritiene che i medesimi ricadono nell’ambito applicativo della disposizione indipendentemente dal regime contabile adottato.
2. MODALITÀ DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DELLA PRODUZIONE
2.1 VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE
L’articolo 5-bis dispone, al primo comma, che: “Per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del medesimo testo unico, e l'ammontare dei costi delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell'ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali. (…) I componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'imposta personale”.La riportata norma individua i componenti del valore della produzione e i costi di produzione che assumono rilievo ai fini della determinazione della base imponibile Irap delle società di persone e delle imprese individuali. Detti componenti assumono rilievo ai fini dell’Irap secondo le medesime regole valevoli per la determinazione del reddito d’impresa.A tal fine non si applicano, pertanto, i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione dei componenti positivi e negativi previsti dai principi contabili in materia di formazione del bilancio, come invece previsto dall’articolo 5 per i soggetti IRES.L’articolo 5-bis, comma 1, prevede, quindi, che la base imponibile dell’imposta è data dalla differenza tra:• la somma dei ricavi d’esercizio tipici di cui al comma 1, lettere a), b), f) e g) dell’articolo 85 del Tuir, e delle variazioni delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 del Tuir; e,• la somma dei costi d’esercizio delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali.La disposizione medesima prevede, altresì, esplicitamente che:1) i componenti positivi si assumono direttamente secondo le regole fiscali contenute nel Tuir (atteso che il legislatore opera un espresso rinvio alle voci di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b), f) e g) del Tuir, nonché a quelle di cui agli articoli 92 e 93 dello stesso Tuir);2) i componenti negativi, relativi alle voci di costo delle materie prime, sussidiarie e di consumo, delle merci, dei servizi, dell’ammortamento e dei canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali ed immateriali sono individuati in base alla classificazione civilistica del bilancio. La normativa sul reddito d’impresa non disciplina, infatti, espressamente tali componenti di costo e, pertanto, il richiamo operato dal legislatore a tali voci - come meglio si chiarirà nel seguito - deve essere interpretato nel senso che gli stessi, seppur deducibili secondo l’ammontare risultante dall’applicazione delle disposizioni generali del reddito d’impresa, si assumono nell’imponibile Irap applicando i corretti principi contabili. I costi per servizi, invece, possono essere individuati sulla base della disciplina prevista, ai fini delle imposte sui redditi, dal decreto ministeriale 17 gennaio 1992.2.1.1 RicaviDanno luogo a ricavi rilevanti ai sensi del citato articolo 5-bis:• i corrispettivi derivanti dalle prestazioni di servizi e dalle cessioni a titolo oneroso di beni-merci, di beni di consumo, ad esclusione di quelli strumentali all’attività di impresa [comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 85 del Tuir];• le indennità risarcitorie conseguite, anche in forma assicurativa, per la perdita ed il danneggiamento dei beni la cui cessione genera ricavi [comma 1, lettera f) dell’articolo 85 del Tuir];• i contributi in denaro o il valore normale di quelli in natura erogati in base a contratto [comma 1, lettera g) dell’articolo 85 del Tuir];• i contributi erogati in base a norma di legge che, ai sensi del medesimo articolo 5-bis, concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili.Le menzionate voci sono rilevanti nel periodo d’imposta di competenza, secondo le ordinarie regole fiscali contenute nell’articolo 109 del Tuir.Considerato che la norma fa riferimento ai “contributi erogati in base a norma di legge”, si ritiene che ai fini del calcolo della base imponibile Irap debbano essere ricompresi in tale voce sia i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge” [trattasi dei ricavi di cui al comma 1 dell’articolo 85, lettera h) del Tuir], sia i proventi in denaro o in natura conseguiti sempre in base a norma di legge a titolo di contributo [trattasi delle sopravvenienze attive di cui al comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir].Per quanto concerne il periodo d’imposta cui imputare correttamente tali componenti positive della base imponibile, si fa presente che:• i “contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”, essendo riconducibili tra i ricavi d’esercizio, sono imputati per competenza ai sensi dell’articolo 109 del Tuir;• i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo, in base a disposizioni di legge, essendo riconducibili tra le sopravvenienze attive, rilevano, ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 88, lettera b) del Tuir, nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi, ma non oltre il quarto (i.e. secondo il principio di cassa).In deroga al principio generale i predetti contributi non concorrono alla formazione della base imponibile qualora la legge istitutiva, ovvero altre disposizioni di carattere speciale, espressamente li esentino dall’IRAP.Al riguardo, occorre ricordare che già ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP, i contributi erogati a norma di legge concorrevano alla determinazione della base imponibile dell’imposta, fatta eccezione per quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione. Come noto, tale norma è stata interpretata dal comma 2-quinques dell’articolo 3 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, (così come sostituito dall’articolo 5, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), nel senso che il concorso alla determinazione della base imponibile Irap dei contributi in parola “si verifica anche in relazione a contributi per i quali sia prevista l'esclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi, sempre che l'esclusione dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive non sia prevista dalle leggi istitutive dei singoli contributi ovvero da altre disposizioni di carattere speciale”.La richiamata norma di interpretazione autentica è tuttora applicabile, posto che il nuovo articolo 5-bis del decreto IRAP, nel disporre che “i contributi erogati in base a norma di legge concorrono comunque alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili” ripropone sostanzialmente il medesimo contenuto della disposizione abrogata.In assenza di espresso riferimento ai proventi di natura finanziaria di cui al comma 1, lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir, si ritiene che gli stessi non rientrino tra i ricavi rilevanti ai fini della quantificazione del valore della produzione.Non sono imponibili, pertanto, ai fini IRAP i corrispettivi derivanti dalla cessione di attività finanziarie (azioni, quote di partecipazione anche non rappresentate da titoli e strumenti finanziari similari alle azioni di società o enti IRES, che non beneficiano del regime della partecipation exemption, obbligazioni e altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni e dagli strumenti similari alle azioni), non iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano tra i beni che formano oggetto di scambio per l’impresa [comma 1 lettere c), d) ed e) dell’articolo 85 del Tuir].2.1.2 Plusvalenze e minusvalenzeLe plusvalenze non sono menzionate dall’art. 5-bis e quindi non concorrono alla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP.In particolare, non rilevano le plusvalenze relative a beni strumentali anche non derivanti da operazioni di trasferimento d’azienda (che ai sensi del previgente articolo 11, comma 3, del decreto IRAP concorrevano in ogni caso alla determinazione della base imponibile IRAP), né le plusvalenze derivanti dal realizzo di beni diversi da quelli strumentali e non costituenti beni-merce (cd. beni-patrimonio che, invece, se riferite ad immobili rilevano ai fini della determinazione del valore della produzione delle società di capitali e degli enti commerciali, nonché delle società di persone ed imprese individuali in regime di contabilità ordinaria che, come si dirà nel successivo paragrafo 4, optano per la determinazione della base imponibile IRAP secondo le regole dei soggetti IRES).Analogamente, tra i componenti negativi rilevanti ai fini della base imponibile Irap la norma in questione non opera alcun rinvio alla voce di costo relativa alle minusvalenze, la quale, pertanto, non risulterà rilevante ai fini del calcolo del tributo.Si ricorda, tuttavia, che ai sensi dell’articolo 1, comma 51, della legge finanziaria 2008, resta fermo “il concorso alla formazione della base imponibile delle quote residue delle plusvalenze o delle altre componenti positive conseguite fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007 e la cui tassazione sia stata rateizzata in applicazione della precedente disciplina”.Pertanto, fermo restando che dal periodo d’imposta 2008 le plusvalenze non concorrono alla formazione della base imponibile dell’Irap, occorrerà in ogni caso aumentare la base imponibile medesima delle quote delle plusvalenze (o delle eventuali componenti positive) rateizzate (o rinviate) per effetto della disciplina previgente.2.1.3 Variazione delle rimanenze finaliL’articolo 5-bis dispone che il valore delle rimanenze da assumere ai fini della determinazione della base imponibile Irap deve essere considerato nello stesso ammontare che risulta dall’applicazione delle regole fiscali contenute negli articoli 92 e 93 del Tuir.L’articolo 92 del Tuir disciplina le variazioni delle rimanenze dei beni individuati dall’articolo 85, comma 1, lettere a) e b) del Tuir, ossia i beni merce e le materie prime e sussidiarie, i semilavorati e gli altri beni mobili non strumentali acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.Se positive (rimanenze finali maggiori di quelle iniziali), dette variazioni di rimanenze incrementano il valore della produzione; se negative, lo riducono.Si ricorda che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 92 del Tuir, le variazioni delle rimanenze finali rispetto alle esistenze iniziali concorrono alla formazione del reddito d’esercizio per un ammontare non inferiore a quello derivante dall’applicazione dei seguenti criteri.Le rimanenze finali dei suddetti beni, a meno che non siano valutate con il criterio del costo specifico, devono essere raggruppate in categorie omogenee per natura e per valore e devono essere valutate attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato applicando i criteri indicati nei successivi commi da 2 a 4 del medesimo articolo 92.Inoltre, nel caso di svalutazione delle rimanenze di beni, si dovrà assumere il valore derivante dall’applicazione del successivo comma 5.Infine, ai sensi del comma 6 dell’articolo 92 del Tuir, i prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione di durata infrannuale (12 mesi) sono valutati a costi specifici.L’articolo 93 del Tuir disciplina le modalità di valutazione delle rimanenze relativamente alle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale.Ai sensi del comma 2 del citato articolo, le rimanenze in commento sono valutate sulla base dei corrispettivi pattuiti nell’esercizio.Si ricorda che, ai sensi del medesimo comma, delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si deve tener conto, finché dette maggiorazioni non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento.2.1.4 Costi della produzioneL’articolo 5-bis prevede, al comma 1, che ai fini della determinazione della base imponibile Irap devono essere sottratti dal valore della produzione i seguenti componenti negativi:1) costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;2) costi per servizi;3) ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali e immateriali.Come anticipato, l’articolo 5-bis del decreto Irap, nello stabilire che i componenti positivi e negativi rilevanti ai fini del tributo sono determinati secondo le regole fiscali, fa riferimento a voci di costo che – non essendo tutte specificamente disciplinate dal TUIR – possono essere individuate utilizzando la classificazione per natura tipica delle disposizioni civilistiche. Naturalmente, le suddette componenti negative, al pari delle componenti positive del valore della produzione, si assumeranno con i medesimi criteri di determinazione e di imputazione temporale dettati dalle disposizioni del TUIR. Fanno eccezione i costi per servizi che come si è detto possono essere individuati sulla base della disciplina fiscale facendo riferimento a quanto previsto ai fini delle imposte sui redditi dal D.M 17 gennaio 1992.L’articolo 5-bis del decreto IRAP prevede, inoltre, che sono indeducibili ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta i seguenti componenti:a) le spese per il personale dipendente e assimilato;b) i costi, i compensi e gli utili indicati nel comma 1, lettera b), numeri da 2) a 5), dell’articolo 11 del medesimo decreto IRAP, vale a dire:- i compensi per attività commerciali e per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, nonché i compensi attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere, di cui all'articolo 67, comma 1, lettere i) e l), del TUIR;- i costi per prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 49, commi 2, lettera a), e 3, del TUIR;- i compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello dipendente ai sensi dell'articolo 47 del TUIR;- gli utili spettanti agli associati in partecipazione di cui alla lettera c) del predetto articolo 49, comma 2, del TUIR;c) la quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto;d) le perdite su crediti;e) l’imposta comunale sugli immobili (ICI) di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
2.1.4.1 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
Per quanto attiene alle voci di costo in esame rilevanti ai fini dell’Irap, si fa presente che le stesse corrispondono alle voci indicate nell’aggregato B6 dello schema di conto economico di cui all’articolo 2425 del codice civile, i cui importi vanno imputati al netto di resi, sconti, abbuoni e premi. Gli sconti sono solo quelli di natura commerciale, e non quelli aventi natura finanziaria (proventi finanziari), peraltro non rilevanti ai fini della base imponibile dell’IRAP, essendo relativi a voci di costo non richiamate dalla norma in commento. I costi relativi ai beni in parola sono comprensivi dei costi accessori di acquisto (trasporti, assicurazioni, carico e scarico, ecc.) se inclusi dal fornitore nel prezzo di acquisto delle materie e delle merci. Sono incorporate nel costo dei beni e classificate allo stesso modo le imposte non recuperabili come, ad esempio, le imposte di fabbricazione.Come precisato anche nella circolare n. 141/E del 4 giugno 1998, della voce in esame fanno parte anche i costi per acquisti di beni destinati a mense, asili o circoli ricreativi per il personale.2.1.4.2 Costi per serviziIn base ai criteri individuati nell’articolo 1 del D.M. del 17 gennaio 1992, per attività consistenti nella prestazione di servizi ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi si intendono quelle indicate nei commi da 1 a 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e quelle elencate nel comma 4 dello stesso articolo 3, nelle lettere a), b), c), e) f) e h).In particolare, ai sensi dei commi 1 e 2 del citato articolo 3, si tratta delle prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili, le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti, i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro-soluto, di crediti, cambiali o assegni, le somministrazioni di alimenti e bevande, le cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto.Dette prestazioni, anche ai fini che qui interessano, rilevano secondo i criteri indicati al successivo comma 3 dell’articolo 3 in commento.Le prestazioni che ai sensi del D.M. 17 gennaio 1992 costituiscono prestazioni di servizi ai soli fini delle imposte dirette, sono quelle indicate al comma 4 del medesimo articolo 3 (ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non sono, invece, considerate prestazioni di servizi), ossia:“a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale;b) i prestiti obbligazionari;c) le cessioni dei contratti di cui alle lettere a), b) e c) del terzo comma dell'articolo 2 [del D.P.R. n. 633 del 1972];e) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai diritti d'autore, tranne quelli concernenti opere di cui alla lettera a), e le prestazioni relative alla protezione dei diritti d'autore di ogni genere, comprese quelle di intermediazione nella riscossione dei proventi;f) le prestazioni di mandato e di mediazione relative ai prestiti obbligazionari;h) le prestazioni dei commissionari relative ai passaggi di cui al n. 3) del secondo comma dell’articolo 2 e quelle dei mandatari di cui al terzo comma del presente articolo. [articolo 3 del D.P.R. n. 633 del 1972]”.
2.1.4.3 Costi per ammortamenti e canoni di locazione anche finanziaria dei beni strumentali materiali o immateriali
Vanno inclusi nel costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali materiali, tutti gli ammortamenti fiscali, senza possibilità di far valere gli ammortamenti anticipati e/o accelerati, già previsti all’articolo 102, comma 3, del TUIR, abrogato dal comma 33, lettera n), numero 1, della legge finanziaria 2008.Ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, le predette voci di costo si assumono secondo i medesimi importi ammessi in deduzione sulla base delle disposizioni del TUIR.Considerazioni analoghe, valgono per i costi relativi alla locazione, anche finanziaria, dei beni strumentali materiali il cui valore, ai fini della quantificazione dell’IRAP, si assume secondo le regole fiscali contenute nel comma 7 del menzionato articolo 102 del TUIR. In ogni caso, si fa presente che l’ammontare ammesso in deduzione, ai fini del calcolo del valore della produzione, è solo quello riferito alla quota capitale dei canoni di locazione finanziaria, a nulla rilevando la quota interessi desunta dallo stesso contratto che, per espressa previsione normativa, è indeducibile ai fini del calcolo in parola.Il costo relativo all’ammortamento dei beni strumentali immateriali si ritiene debba ricomprendere tutte le categorie di immobilizzazioni immateriali, ivi compreso l’avviamento trattato all’articolo 103 del TUIR, rubricato “Ammortamento dei beni immateriali”, in quanto l’articolo 5-bis, comma 1, ultimo periodo del decreto Irap stabilisce che “i componenti rilevanti si assumono secondo le regole di qualificazione, imputazione temporale e classificazione valevoli per la determinazione del reddito d’impresa ai fini dell’imposta personale”.
3. DECORRENZA DELLA DISPOSIZIONE
Ai fini della decorrenza degli effetti della disposizione in esame, il comma 51 della legge finanziaria 2008 prevede che “le disposizioni di cui al comma 50 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007”. Pertanto, per le imprese individuali e per le società di persone che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole di determinazione della base imponibile ai fini dell’Irap si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2008.
4. OPZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE IRAP AI SENSI DELL’ARTICOLO 5
Il regime “naturale” di determinazione del valore della produzione netta dei soggetti IRPEF (società di persone e imprese individuali), siano essi in regime di contabilità ordinaria o semplificata, è quello risultante dall’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 5-bis del decreto IRAP.Per i soggetti IRPEF che si avvalgono della contabilità ordinaria, il comma 2 dell’articolo 5-bis in commento prevede la possibilità di abbandonare tale regime e di optare per il calcolo della base imponibile Irap secondo le modalità dettate nel riformulato articolo 5 dello stesso decreto IRAP per i soggetti IRES (“differenza tra valori e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.”). Ovviamente i soggetti che operano in regime di contabilità semplificata possono applicare unicamente le regole di cui all’articolo 5-bis.Ai fini della possibilità di esercitare l’opzione in questione, a nulla rileva la circostanza che i soggetti IRPEF adottino il regime di contabilità ordinaria per scelta, così come prescritto ai sensi dell’articolo 18, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e non per obbligo ai sensi dell’articolo 14 e seguenti del menzionato D.P.R. n. 600 del 1973.L’opzione va esercitata utilizzando il modello per la “Comunicazione dell’opzione per la determinazione del valore della produzione netta di cui all’articolo 5-bis, comma 2, del D.Lgs. n. 446/97” approvato, con le relative istruzioni, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo 2008.A regime detta comunicazione deve essere inoltrata all’Agenzia delle entrate, pena l’inefficacia dell’opzione stessa, entro il termine di 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si intende applicare la disciplina in parola. Per il periodo di imposta 2008 la comunicazione dell’opzione può essere inviata entro il termine del 31 ottobre 2008, così come disposto dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 maggio 2008.Ai sensi del comma 2 dell’articolo 5-bis e come specificato anche nelle istruzioni per la compilazione del modello:• l’opzione è irrevocabile per tre periodi d’imposta, al termine dei quali si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio;• in caso di revoca dell’opzione precedentemente comunicata, il valore della produzione netta va determinato secondo le regole del comma 1 dell’articolo 5-bis del decreto IRAP per almeno un triennio, al termine del quale la revoca si intende tacitamente rinnovata per un altro triennio, salvo opzione per la determinazione del valore della produzione netta secondo le modalità stabilite dall’articolo 5 del medesimo decreto.Al riguardo occorre precisare che, per effetto del vincolo triennale dell’opzione esercitata, il contribuente è obbligato a mantenere, per lo stesso periodo di validità dell’opzione, il regime di contabilità ordinaria. L’esercizio della revoca dell’opzione precedentemente comunicata non preclude la possibilità per il contribuente di modificare il proprio regime contabile.Per le società di persone neo-costituite, l’opzione per la determinazione della base imponibile con le modalità previste dall’articolo 5 potrà essere esercitata, come previsto per l’esercizio dell’opzione a regime, entro 60 giorni dall’inizio del primo periodo di imposta.Per gli imprenditori individuali che iniziano l’attività in corso d’anno, l’opzione potrà essere esercitata in relazione a tale periodo di imposta entro 60 giorni dalla data di inizio dell’attività di cui all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.Qualora un soggetto IRES che si trasforma in società di persone intenda mantenere il regime di determinazione della base imponibile disciplinato dall’articolo 5 del decreto IRAP, dovrà esercitare l’opzione prevista dal comma 2 dell’articolo 5-bis entro il termine di 60 giorni dalla data di efficacia giuridica della trasformazione medesima.In caso di mancato esercizio dell’opzione, si intenderà “naturalmente” ed automaticamente adottato il regime di cui all’articolo 5-bis. Resta ferma in tal caso la possibilità di optare per l’applicazione del regime di cui all’articolo 5 nei termini “ordinari”, ossia entro 60 giorni dall’inizio del periodo d’imposta.In caso di trasformazione di società di persone in società di capitali, invece, non è necessaria alcuna comunicazione, atteso che queste ultime determinano la base imponibile esclusivamente in base all’articolo 5 del decreto IRAP, a prescindere dalle modalità di determinazione della base imponibile in precedenza applicate dalla società trasformanda.
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.

lunedì 3 novembre 2008

il principio di offensività è legge in virtù dell'operato della Corte Costituzionale

SENTENZA N. 225
ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 707 del codice penale, promosso con ordinanza del 7 gennaio 2004 dalla Corte d’appello di Genova, nel procedimento penale a carico di A. M., iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2007.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 maggio 2008 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto in fatto
1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe, pervenuta alla Corte il 28 marzo 2007, la Corte d’appello di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 25 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 707 del codice penale, che contempla la contravvenzione di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli.
La Corte rimettente premette di essere investita del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato previsto dalla norma denunciata, in quanto – essendo stata condannata per delitti determinati da motivi di lucro – veniva colta in possesso di un cacciavite con punta piatta della lunghezza di 14 centimetri, costituente strumento atto ad aprire e a sforzare serrature, senza giustificarne l’attuale destinazione.
Facendo propri gli argomenti svolti dalla difesa a sostegno dell’eccezione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice a quo muove dalla premessa che il reato in esame – definito come «di sospetto» – incrimini «fatti in sé stessi non lesivi del bene protetto ma tali da far presumere la commissione di reati». Il rimettente ricorda, altresì, come questa Corte abbia dichiarato costituzionalmente illegittimi gli artt. 707 e 708 cod. pen., nella parte in cui rendevano rilevanti, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni da essi previste, condizioni personali quali la condanna per mendicità, l’ammonizione, la sottoposizione a misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta. Il giudice a quo rimarca, ancora, come la sentenza n. 370 del 1996 abbia dichiarato successivamente incostituzionale l’art. 708 cod. pen., per violazione dei principi di ragionevolezza e di tassatività, anche nel residuo riferimento ai soggetti precedentemente condannati per determinati reati; ritenendo invece conforme al principio di tassatività l’art. 707 cod. pen.: ciò, peraltro – ad avviso della Corte rimettente – senza considerare adeguatamente il principio di offensività. In ogni caso – soggiunge il giudice a quo – la sentenza n. 354 del 2002 avrebbe escluso, in relazione alla fattispecie contemplata dall’art. 688, secondo comma, cod. pen., che «lo status personale di condannato» possa «legittimare la sanzione penale».
Tanto premesso, la Corte d’appello di Genova ritiene che l’art. 707 cod. pen. si ponga in contrasto con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), incriminando «non […] il fatto in sé, ma […] elementi ad esso estranei attinenti alla persona», sulla base di una «presunzione di pericolosità» riguardante «il passato» e, al tempo stesso, «troppo generica».
La norma censurata farebbe discendere, per giunta, da una condanna «effetti da essa non previsti», individuando nel pregiudicato un potenziale autore di nuovi reati: e ciò in contrasto con la valenza rieducativa della pena (art. 27, terzo comma, Cost.), alla luce della quale il condannato andrebbe considerato, viceversa, socialmente recuperato e insuscettibile di «soffrire condizioni di iniquo sfavore».
La disposizione de qua delineerebbe, quindi, una responsabilità «per il modo di essere dell’autore», lesiva anche degli artt. 25 e 27, primo comma, Cost., che sanciscono i principi di offensività e della responsabilità per fatto proprio colpevole.
Un ulteriore profilo di violazione dell’art. 3 Cost. si connetterebbe alla disparità di trattamento riscontrabile tra coloro che hanno riportato una condanna definitiva per i reati indicati dalla norma incriminatrice e coloro che – pur avendo commesso identici fatti – non siano stati invece condannati, a causa dell’estinzione del reato per «amnistia, prescrizione, remissione di querela, oblazione, risarcimento del danno»; ovvero in ragione dell’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela.
Risulterebbe violato anche il principio di tassatività (art. 25, secondo comma, Cost.), giacché i comportamenti incriminati – diversamente che per i reati in materia di armi – non sarebbero descritti in termini che delineino «un disvalore sottostante alla fattispecie legale».
La norma impugnata comprometterebbe, inoltre, il diritto di difesa (art. 24 Cost.), giacché – invertendo l’onere della prova – imporrebbe all’imputato di giustificare la destinazione o l’origine dei beni detenuti e, dunque, di dimostrare la propria innocenza: precludendo, così, anche l’esercizio della facoltà di «tacere nel processo».
Rimarrebbe lesa, di conseguenza, la «presunzione di innocenza» (recte, di non colpevolezza: art. 27, secondo comma, Cost.), in quanto la prova della destinazione criminosa degli oggetti verrebbe desunta, in via meramente presuntiva, da altri elementi (la condizione soggettiva e il possesso delle cose): ottica nella quale il fatto punito «non verrebbe più accertato in un regolare processo», con correlato vulnus anche del «principio di legalità».
Alla luce di tale complesso di rilievi – addotti dalla difesa e che la Corte rimettente condivide – sarebbe dunque necessario, ad avviso della Corte stessa, che il confine tra le ipotesi di reato e le misure volte ad affrontare la pericolosità sociale venga «meglio definito». In particolare, mentre misure di polizia e di sicurezza potrebbero risultare «compatibili con il sistema»; di dubbia costituzionalità apparirebbe la previsione – rispetto a chi si trovi in determinate condizioni soggettive, sia pure derivanti da un precedente accertamento giudiziale – di un reato di pericolo come quello in esame, che punisce atti leciti per la generalità dei cittadini, senza neppure richiedere una esclusiva o almeno «strutturale» attitudine degli oggetti posseduti ad aprire o a sforzare serrature.
2. – Nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
La difesa erariale rileva come i dubbi di costituzionalità prospettati dal giudice a quo siano già stati dichiarati infondati, o manifestamente infondati, tanto da questa Corte che dalla Corte di cassazione.
Alla luce delle affermazioni di questa Corte, andrebbe esclusa, in particolare, ogni violazione dell’art. 3 Cost., essendo ben diversa la situazione di chi – definitivamente condannato per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro il patrimonio – abbia il possesso ingiustificato di arnesi atti ad aprire o a sforzare serrature, rispetto a quella di chi abbia quel possesso, ma non sia stato mai condannato per gli anzidetti reati.
Né potrebbe ipotizzarsi una violazione del principio di colpevolezza. Quest’ultimo esclude che un soggetto possa essere chiamato a rispondere di fatti che non può impedire, o in relazione ai quali non è in grado, senza la minima colpa, di ravvisare il dovere di evitarli; mentre, nella specie, il soggetto – che versa in una situazione di peculiare rilievo – potrebbe bene evitare la commissione del fatto incriminato (il possesso ingiustificato di grimaldelli od oggetti similari).
Ancor più evidente risulterebbe, poi, l’insussistenza della violazione del principio di tassatività, in quanto l’art. 707 cod. pen. punisce una condotta chiaramente delineata.
Non sarebbe violato nemmeno il principio di offensività, giacché il possesso ingiustificato degli arnesi di cui all’art. 707 cod. pen., da parte di chi versi nelle condizioni indicate nella norma incriminatrice, è comunemente avvertito come una situazione pericolosa per la società, meritevole di pena criminale: tanto che analogo reato non solo è stato sempre previsto dalle legislazioni unitarie e preunitarie, ma è stato ed è tuttora previsto anche dalle legislazioni penali degli altri Paesi europei.
Come puntualizzato dalla sentenza n. 265 del 2005 di questa Corte, la norma deve ritenersi volta a tutelare, di fronte a forme di esposizione a pericolo, un interesse penalmente rilevante, nel rispetto del principio dell’offensività in astratto: salva l’esigenza di una verifica particolarmente attenta dell’attualità e della concretezza di detto pericolo da parte del giudice chiamato a fare applicazione della norma, avuto riguardo, in specie, all’attitudine funzionale degli strumenti ad aprire o a sforzare serrature e alle modalità di tempo e di luogo della condotta.
Egualmente insussistente risulterebbe – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – la denunciata violazione del principio della finalità rieducativa della pena. A prescindere dal rilievo che tale finalità non potrebbe essere invocata per escludere la legittimità costituzionale di fattispecie contravvenzionali, l’art. 707 cod. pen. non punisce comunque i fatti per i quali vi è già stata condanna, ma uno specifico fatto nuovo, commesso da soggetto che – in base a particolari precedenti – apparirebbe potenzialmente pericoloso e che non potrebbe essere ritenuto recuperato solo per effetto della condanna o dell’espiazione della pena.
L’art. 707 cod. pen., d’altro canto, non richiederebbe affatto che l’imputato provi la liceità della destinazione della cosa posseduta, invertendo l’onere della prova: ma si limiterebbe a pretendere un’attendibile e circostanziata giustificazione, da valutare in concreto, secondo i principi della libertà delle prove e del libero convincimento. Non sarebbe ravvisabile, dunque, alcuna violazione né della presunzione di non colpevolezza, né del diritto di difesa, riguardato anche nel particolare aspetto della facoltà di non rispondere: giacché – come già affermato da questa Corte – se è pur vero che la giustificazione delle cose indicate nell’art. 707 cod. pen. implica che una risposta sia data, è altrettanto vero che la giustificazione è essa stessa un mezzo di difesa, alla quale l’interessato può liberamente rinunciare qualora ritenga che a fini difensivi sia preferibile il silenzio.
Considerato in diritto
1. – La Corte d’appello di Genova dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 25 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dell’art. 707 del codice penale, che delinea la contravvenzione di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli.
Ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata risulterebbe lesiva, anzitutto, dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto sottoporrebbe a pena non il fatto in sé, ma una condizione personale – quella di condannato per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio – sulla base di una presunzione di pericolosità riguardante il passato e, al tempo stesso, «troppo generica».
Individuando nel condannato un potenziale autore di nuovi reati, l’art. 707 cod. pen. si porrebbe in contrasto anche con la funzione rieducativa della pena (art. 27, terzo comma, Cost.), alla luce della quale il condannato andrebbe considerato socialmente recuperato e insuscettibile di «soffrire condizioni di iniquo sfavore». Verrebbe così delineata una responsabilità «per il modo di essere dell’autore», lesiva dei principi di offensività e della responsabilità penale per fatto proprio colpevole, sanciti dagli artt. 25 e 27, primo comma, Cost.
L’art. 3 Cost. sarebbe compromesso anche in rapporto alla disparità di trattamento riscontrabile tra chi, per il precedente reato, ha riportato condanna definitiva e chi, a fronte della commissione di un identico fatto, non è stato invece condannato a causa dell’estinzione del reato o dell’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela.
Risulterebbe violato, ancora, il principio di tassatività (art. 25, secondo comma, Cost.), giacché i comportamenti incriminati non verrebbero descritti in termini che delineino «un disvalore sottostante alla fattispecie legale».
La norma impugnata vulnererebbe, infine, il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e la presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), giacché – invertendo l’onere della prova – imporrebbe all’imputato di giustificare la destinazione dei beni detenuti, precludendogli, così, anche l’esercizio del diritto al silenzio.
2. – La questione non è fondata.
3. – L’ampia discrezionalità che – per costante giurisprudenza di questa Corte – va riconosciuta al legislatore nella configurazione delle fattispecie criminose, si estende anche alla scelta delle modalità di protezione penale dei singoli beni o interessi. Rientra, segnatamente, in detta sfera di discrezionalità l’opzione per forme di tutela avanzata, che colpiscano l’aggressione ai valori protetti nello stadio della semplice esposizione a pericolo; nonché, correlativamente, l’individuazione della soglia di pericolosità alla quale riconnettere la risposta punitiva.
Tali soluzioni debbono misurarsi, nondimeno, con l’esigenza di rispetto del principio di necessaria offensività del reato: principio desumibile, in specie, dall’art. 25, secondo comma, Cost., in una lettura sistematica cui fa da sfondo «l’insieme dei valori connessi alla dignità umana» (sentenza n. 263 del 2000).
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito in qual modo si atteggi, a tale riguardo, la ripartizione di competenze tra giudice costituzionale e giudice ordinario (sentenze n. 265 del 2005, n. 263 e n. 519 del 2000, n. 360 del 1995). Spetta, in specie, alla Corte – tramite lo strumento del sindacato di costituzionalità – procedere alla verifica dell’offensività «in astratto», acclarando se la fattispecie delineata dal legislatore esprima un reale contenuto offensivo; esigenza che, nell’ipotesi del ricorso al modello del reato di pericolo, presuppone che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all’id quod plerumque accidit (tra le altre, sentenza n. 333 del 1991).
Ove tale condizione risulti soddisfatta, il compito di uniformare la figura criminosa al principio di offensività nella concretezza applicativa resta affidato al giudice ordinario, nell’esercizio del proprio potere ermeneutico (offensività «in concreto»). Esso – rimanendo impegnato ad una lettura “teleologicamente orientata” degli elementi di fattispecie, tanto più attenta quanto più le formule verbali impiegate dal legislatore appaiano, in sé, anodine o polisense – dovrà segnatamente evitare che l’area di operatività dell’incriminazione si espanda a condotte prive di un’apprezzabile potenzialità lesiva.
4. – Ciò premesso, questa Corte ha già avuto modo di chiarire come la previsione punitiva di cui all’art. 707 cod. pen. – nel testo risultante dopo la parziale declaratoria di illegittimità costituzionale operata dalla sentenza n. 14 del 1971 – non possa ritenersi contrastante con il principio di offensività «in astratto» (sentenza n. 265 del 2005).
Contrariamente a quanto assume il rimettente, la disposizione non prefigura una responsabilità «per il modo di essere dell’autore», in assenza di offesa per il bene protetto; ma mira a salvaguardare il patrimonio rispetto a situazioni di pericolo normativamente tipizzate: richiedendo, a tal fine, il concorso di tre distinti elementi. In primo luogo, una particolare qualità del soggetto attivo, che deve identificarsi in persona già condannata – in via definitiva – per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio. In secondo luogo, il possesso – nel quale detto soggetto deve essere «colto» – di oggetti idonei a vincere congegni posti a difesa della proprietà (chiavi alterate o contraffatte, chiavi genuine, strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature): possesso che – come reiteratamente rilevato da questa Corte – è esso stesso una condotta, o fa comunque seguito ad una condotta, con conseguente insussistenza di un vulnus al principio di materialità del reato (sentenze n. 265 del 2005, n. 236 del 1975 e n. 14 del 1971). In terzo luogo e da ultimo, l’incapacità del soggetto di giustificare – e, amplius, per quanto si dirà, l’impossibilità di desumere aliunde – l’attuale destinazione (lecita) dei predetti strumenti. In presenza di tali elementi, non può reputarsi, in termini generali, irrazionale e arbitraria la previsione – nella quale la fattispecie in esame rinviene pacificamente la propria ratio – che l’agente si accinga a commettere reati contro il patrimonio mediante violenza sulle cose (quali furti in abitazione o su autovetture).
Sarà, per il resto, compito del giudice ordinario evitare che – a fronte della descrizione, per certi versi, non particolarmente perspicua del fatto represso – la norma incriminatrice venga a colpire anche fatti concretamente privi di ogni connotato di pericolosità. A tal fine, il giudice dovrà procedere ad un vaglio accurato sia dell’attitudine funzionale degli strumenti ad aprire o a sforzare serrature; sia delle modalità e delle circostanze di tempo e di luogo con cui gli stessi sono detenuti. In particolare, quanto meno univoca ed esclusiva risulti la destinazione dello strumento allo scasso – come nel caso in cui si discuta di oggetti di uso comune, suscettibili di impieghi diversi e leciti – tanto più significative dovranno risultare le modalità e le circostanze spazio-temporali della detenzione, nella direzione dell’esistenza di un attuale e concreto pericolo di commissione di delitti contro il patrimonio (sentenza n. 265 del 2005).
Al riguardo, non va del resto dimenticato che la norma incriminatrice non punisce chi «possiede», ma chi «è colto in possesso» degli strumenti in questione: formula, questa, opportunamente valorizzabile al fine di escludere la rilevanza penale di situazioni di generica disponibilità, a fronte delle quali la possibilità di un impiego dell’oggetto per finalità criminose appaia remota e meramente congetturale.
5. – In simile prospettiva, non è quindi riscontrabile la violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.), denunciata dal giudice a quo sotto il profilo che la norma incriminatrice risulterebbe basata su una presunzione di pericolosità riguardante «il passato» e «troppo generica».
A fronte di una condotta che deve già presentare, nei termini dianzi evidenziati, una potenziale proiezione verso l’offesa al patrimonio, non può considerarsi irragionevole che il legislatore tenga conto delle precedenti condanne riportate dal soggetto attivo per reati aggressivi del medesimo bene, o comunque connotati da finalità di lucro, elevandole ad elemento di selezione dei fatti punibili, in quanto idonee a rendere maggiormente concreta detta proiezione offensiva (sentenza n. 236 del 1975 e ordinanza n. 146 del 1977; nonché sentenza n. 370 del 1996).
6. – Né, d’altra parte, tale soluzione legislativa si pone in contrasto con la finalità rieducativa della pena (art. 27, terzo comma, Cost.): finalità che imporrebbe – secondo il giudice a quo – di considerare il condannato «socialmente recuperato».
Al legislatore non è inibito, infatti, prevedere che alla condanna, anche se seguita dall’espiazione della pena, residuino «effetti penali», al cui novero va ascritto quello in esame. Né si può ritenere che, in tale ottica, la condanna per determinati reati si trasformi in un “marchio indelebile”, che pone il condannato in una posizione di perenne sfavore rispetto alla generalità dei cittadini, senza alcuna possibilità di emenda. Per communis opinio, difatti, il condannato cessa di rientrare tra i possibili autori della contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen. ove abbia ottenuto la riabilitazione, che estingue gli effetti penali della condanna (art. 178 cod. pen.).
7. – Priva di consistenza appare l’ulteriore censura di violazione del principio di eguaglianza, formulata dal giudice rimettente in rapporto alla disparità di trattamento che si verificherebbe tra coloro i quali hanno riportato una condanna definitiva per i reati indicati dalla norma incriminatrice censurata, e coloro che – pur avendo commesso un identico fatto – non sono stati invece condannati, a causa dell’estinzione del reato o della improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela.
Le situazioni poste a confronto risultano, all’evidenza, non comparabili: giacché nel caso del prosciolto (anche se non nel merito) è comunque mancato un accertamento definitivo della responsabilità per il fatto anteriore.
8. – Quanto alla lamentata violazione del principio di determinatezza dell'illecito penale (art. 25, secondo comma, Cost.), questa Corte ha già escluso che detto principio resti vulnerato dalla locuzione descrittiva dell'oggetto materiale del reato, la quale fa perno sull'attitudine funzionale degli strumenti posseduti ad aprire o a sforzare serrature: attitudine la cui verifica non eccede il normale compito ermeneutico istituzionalmente demandato al giudice (ordinanza n. 36 del 1990).
Ma analoga conclusione si impone anche con riguardo alle modalità e alle circostanze spazio-temporali della detenzione, la cui analisi – alla luce di quanto dianzi evidenziato – si rende necessaria ai fini della verifica della concretezza e dell'attualità del pericolo per il patrimonio, specie quando si tratti di oggetti di uso comune e a destinazione “aspecifica” (si veda, in rapporto alla similare problematica postasi con riferimento alla contravvenzione di possesso ingiustificato di strumenti atti ad offendere, di cui all'art. 4, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, la sentenza n. 79 del 1982).
9. – Tanto meno, poi, può ritenersi compromesso il principio della responsabilità per fatto proprio colpevole (art. 27, primo comma, Cost.), il quale esige che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all'agente, nella forma del dolo o della colpa, e al medesimo «rimproverabili» (sentenze n. 322 del 2007 e n. 1085 del 1988).
Nella specie, il presupposto soggettivo da cui dipende l'applicazione della norma incriminatrice è costituito da un dato certo e pienamente conoscibile dal soggetto attivo (la precedente condanna irrevocabile). Detto soggetto è posto quindi in condizione di evitare la realizzazione dell'elemento oggettivo del reato, in quanto l'acquisizione del possesso degli strumenti atti allo scasso avviene in un momento in cui la legge – a fronte della precedente condanna irrevocabile – impone all'agente di adottare particolari cautele (al riguardo, si veda la sentenza n. 48 del 1994). Mentre, per il resto, è pacifico che, ai fini dell'insorgenza della responsabilità penale, l'acquisto della disponibilità materiale del bene debba essere cosciente e volontario: se il possesso è inconsapevole, la contravvenzione non si configura.
10. – Questa Corte ha in più occasioni escluso, ancora, i dedotti vulnera alla presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.) e al diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), nel particolare aspetto del diritto al silenzio, legati alla circostanza che la norma impugnata stabilirebbe una inversione dell'onere della prova in danno dell'imputato (sentenza n. 236 del 1975; ordinanze n. 36 del 1990 e n. 146 del 1977).
In effetti, al di là della formulazione letterale della previsione punitiva («dei quali non giustifichi l'attuale destinazione»), ciò che la medesima prefigura è solo un onere di allegazione, da parte dell'imputato, delle circostanze da cui possa desumersi la destinazione lecita degli oggetti, che non risultino conosciute o conoscibili dal giudicante. Quest'ultimo – alla stregua di una interpretazione ormai generalmente recepita – potrà trarre comunque aliunde il convincimento in ordine alla liceità degli obiettivi di impiego degli strumenti, ove l'imputato abbia scelto la via del silenzio.
Si tratta di una situazione non dissimile, nella sostanza, da quella originata dalle numerose norme incriminatrici, presenti nell'ordinamento, che puniscono il compimento di determinate azioni od omissioni «senza giustificato motivo» (quale, ad esempio, la già ricordata disposizione incriminatrice del porto di strumenti atti a recare offesa alla persona: disposizione che prefigura una tutela in forma preventiva della vita e dell'incolumità fisica delle persone strutturalmente analoga, mutatis mutandis, a quella apprestata dall'art. 707 cod. pen. in rapporto al patrimonio; salvo a non richiedere – in correlazione al più elevato rango dell'interesse protetto – una specifica caratterizzazione del soggetto attivo). Nell'anzidetta clausola – quella dell'assenza di giustificato motivo – non può infatti scorgersi una inversione dell'onere della prova, lesiva dei parametri costituzionali evocati (sentenza n. 5 del 2004).
11. - Priva di specifica motivazione risulta, da ultimo, l'allegata violazione dell'art. 13 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 707 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 13, 24, 25 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2008.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2008.


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