lunedì 4 agosto 2008

Legge 125/08: Il pacchetto sicurezza è "legge"

Pacchetto sicurezza: il decreto legge pubblicato in Gazzetta
Decreto Legge , testo coordinato 23.05.2008 n° 92 , G.U. 25.07.2008 (Andrea Ceccobelli)

Espulsioni più rapide per i clandestini ed inasprimento delle pene per il trasgressore dell’ordine di espulsione od allontanamento dal territorio italiano, e per chi guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Sono queste alcune delle novità introdotte dal Governo con il decreto legge n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125 e facente parte del c.d. pacchetto sicurezza varato al fine di "contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati all’immigrazione illegale e alla criminalità organizzata".
In particolare, il provvedimento prevede inoltre:
maggiori poteri ai sindaci;
militari con poteri di polizia nelle città;
specifica collaborazione tra polizia municipale e Polizia di Stato in caso di interventi in flagranza di reato, nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio;
l'introduzione di una nuova circostanza aggravante: la clandestinità;
pena della reclusione fino a sei anni per falsa attestazione o dichiarazione di identità ad un pubblico ufficiale;
condanna da sei mesi a tre anni per chi ceda "a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilità ad un cittadino straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato" e confisca dell'immobile stesso tranne nel caso che appartenga a persona estranea al reato;
nuova denominazione del cosiddetto cpt che diventa "centro di identificazione ed espulsione";
possibilità per il procuratore nazionale antimafia di disporre "l’applicazione temporanea di magistrati della direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale".
(Altalex, 28 luglio 2008. Nota di Andrea Ceccobelli.)

TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 23 maggio 2008, n. 92
Testo del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 122 del 26 maggio 2008), coordinato con la legge di conversione 24 luglio 2008, n. 125 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 6), recante: «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica».
(GU n. 173 del 25-7-2008)

Avvertenza:
- Il testo coordinato qui pubblicato e' stato redatto dal Ministero della giustizia ai sensi dell'art. 11, comma 1, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, nonche' dall'art. 10, commi 2 e 3, del medesimo testo unico, al sono fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del decreto-legge, integrate con le modifiche apportate dalla legge di conversione, che di quelle modificate o richiamate nel decreto, trascritte nelle note.Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui riportati.Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratteri corsivi.
Tali modifiche sono riportate in video tra i segni (( ... )).
A norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 1.
Modifiche al codice penale
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:a) l'articolo 235 e' sostituito dal seguente:«Art. 235 (Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato). - Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero (( o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea )) sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.(( Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l'espulsione e l'allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalita' di cui, rispettivamente, all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all'articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. ))Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. (( In tal caso e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo»; ))b) l'articolo 312 e' sostituito dal seguente:«Art. 312 (Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato). - Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero (( o il cittadino appartenente ad uno Stato membro )) dell'Unione europea sia condannato ad una pena restrittiva della liberta' personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo. (( Ferme restando le disposizioni in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l'espulsione e l'allontanamento dal territorio dello Stato sono eseguiti dal questore secondo le modalita' di cui, rispettivamente, all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e all'articolo 20, comma 11, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.». ))Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice e' punito con la reclusione da uno a quattro anni. (( In tal caso e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo»;«b-bis) all'articolo 416-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:1) al primo comma, le parole: «da cinque a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sette a dodici anni»;2) al secondo comma, le parole: «da sette a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da nove a quattordici anni»;3) al quarto comma, le parole: «da sette» sono sostituite dalle seguenti: «da nove» e le parole: «da dieci» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici».4) all'ottavo comma, dopo le parole: «comunque localmente denominate,» sono inserite le seguenti: «anche straniere,»;5) la rubrica e' sostituita dalla seguente: «Associazioni di tipo mafioso anche straniere».b-ter) l'articolo 495 e' sostituito dal seguente:«Art. 495 (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri). - Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identita', lo stato o altre qualita' della propria o dell'altrui persona e' punito con la reclusione da uno a sei anni.La reclusione non e' inferiore a due anni:1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;2) se la falsa dichiarazione sulla propria identita', sul proprio stato o sulle proprie qualita' personali e' resa all'autorita' giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome»;b-quater) dopo l'articolo 495-bis, e' inserito il seguente:«Art. 495-ter (Fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualita' personali). -Chiunque, al fine di impedire la propria o altrui identificazione, altera parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento di identita' o di altre qualita' personali, e' punito con la reclusione da uno a sei anni.Il fatto e' aggravato se commesso nell'esercizio di una professione sanitaria»;b-quinquies) l'articolo 496 e' sostituito dal seguente:«Art. 496 (False dichiarazioni sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identita', sullo stato o su altre qualita' della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni».«b-sexies) all'articolo 576, primo comma, e' aggiunto il seguente numero:"5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio"». ))c) all'articolo 589 sono apportate le seguenti modificazioni:1) al secondo comma, la parola: «cinque» e' sostituita dalla seguente: (( «sette»; ))2) dopo il secondo comma, e' inserito il seguente:«Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.»;3) al terzo comma, le parole: «anni dodici» sono sostituite dalle seguenti: «anni quindici»;(( c-bis) all'articolo 157, sesto comma, le parole: «589, secondo e terzo comma», sono sostituite dalle seguenti: «589, secondo, terzo e quarto comma». ))d) al terzo comma dell'articolo 590, e' aggiunto il seguente periodo:«Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto e' commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni»;e) dopo l'articolo 590 e' inserito il seguente:«Art. 590-bis (Computo delle circostanze). - Quando ricorre la circostanza di cui all'art. 589, terzo comma, ovvero quella di cui all'articolo 590, (( terzo comma, ultimo periodo, )) le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantita' di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.»;f) all'articolo 61, primo comma, dopo il numero 11 e' (( aggiunto )) il seguente:«11-bis. (( l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova )) illegalmente sul territorio nazionale.»:«f-bis» (( all'articolo 62-bis, dopo il secondo comma, e' aggiunto il seguente:«In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non puo` essere, per cio' solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma.». ))
Art. 2.
Modifiche al codice di procedura penale
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:(( «0a) all'articolo 51:1) al comma 3-ter, dopo le parole: «Nei casi previsti dal comma 3-bis» sono inserite le seguenti: «e dai commi 3-quater e 3-quinquies»;2) al comma 3-quater, il secondo periodo e' soppresso;Ob) all'articolo 328:1) al comma 1-bis le parole: «comma 3-bis» sono sostituite dalle seguenti: «commi 3-bis e 3-quater»;2) il comma 1-ter e' abrogato;3) e' aggiunto, in fine, il seguente comma:1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente»;. »)a) all'articolo 260, dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:«3-bis. L'autorita' giudiziaria procede, altresi', anche su richiesta dell'organo accertatore, alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. L'autorita' giudiziaria dispone il prelievo di uno o piu' campioni con l'osservanza delle formalita' di cui all'articolo 364 e ordina la distruzione della merce residua.3-ter. Nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, puo' procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorita' giudiziaria. La distruzione puo' avvenire dopo 15 giorni dalla comunicazione salva diversa decisione dell'autorita' giudiziaria. E' fatta salva la facolta' di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari.»;(( «a-bis) nella rubrica dell'articolo 260 sono aggiunte le seguenti parole: «. Distruzione di cose sequestrate"». ))b) al comma 1 dell'articolo 371-bis, dopo le parole:«nell'articolo 51, comma 3-bis» sono inserire le seguenti: «e in relazione ai procedimenti di prevenzione (( antimafia»; ))(( b-bis) all'articolo 381, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:"m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita' o su qualita' personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495 del codice penale;m-quater) fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualita' personali, previste dall'articolo 495-ter del codice penale»; ))c) il comma 4 dell'articolo 449 e' sostituito dal seguente:«4. Il pubblico ministero, quando l'arresto in flagranza e' gia' stato convalidato, procede al giudizio direttissimo presentando l'imputato in udienza non oltre il (( trentesimo )) giorno dall'arresto, salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini.»;d) al comma 5 dell'articolo 449, il primo periodo e' sostituito dal seguente: «Il pubblico ministero procede inoltre al giudizio direttissimo, salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini, nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione.». (( Al medesimo comma 5 dell'articolo 449, al secondo periodo, la parola «quindicesimo» e' sostituita dalla seguente:«trentesimo»; ))e) al comma 1 dell'articolo 450, le parole: «Se ritiene di procedere a giudizio direttissimo,» sono sostituite dalle seguenti:«Quando procede a giudizio direttissimo,»;f) al comma 1 dell'articolo 453, le parole: «il pubblico ministero puo' chiedere», sono sostituite (( dalle seguenti )) «salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini, il pubblico ministero chiede»;g) all'articolo 453, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:«1-bis. Il pubblico ministero richiede il giudizio immediato, anche fuori dai termini di cui all'articolo 454, comma 1, e comunque entro centottanta giorni dall'esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini.1-ter. La richiesta di cui al comma 1-bis e' formulata dopo la definizione del procedimento di cui all'articolo 309, ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame.»;h) all'articolo 455, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:«1-bis. Nei casi di cui all'articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare e' stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.»;i) all'articolo 599, i commi 4 e 5 sono abrogati;l) all'articolo 602, il comma 2 e' abrogato;m) all'articolo 656, comma 9, lettera a), dopo le parole: «della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni,» sono inserite le seguenti: (( «nonche' di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o piu' circostanze tra quelle indicate dall'articolo 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,. ))
(( Art. 2-bis.
Modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
1. L'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' sostituito dal seguente:«Art. 132-bis (Formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi). - 1. Nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi e' assicurata la priorita' assoluta:a) ai processi relativi ai delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice e ai delitti di criminalita' organizzata, anche terroristica;b) ai processi relativi ai delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale, ai delitti di cui al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonche' ai delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni;c) ai processi a carico di imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede;d) ai processi nei quali l'imputato e' stato sottoposto ad arresto o a fermo di indiziato di delitto, ovvero a misura cautelare personale, anche revocata o la cui efficacia sia cessata;e) ai processi nei quali e' contestata la recidiva, ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale;f) ai processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato.2. I dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali e' prevista la trattazione prioritaria.». ))
(( Art. 2-ter.
Misure per assicurare la rapida definizione dei processi relativi a reati per i quali e' prevista la trattazione prioritaria
1. Al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per i quali e' prevista la trattazione prioritaria, nei provvedimenti adottati ai sensi del comma 2 dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come sostituito dall'articolo 2-bis del presente decreto, i dirigenti degli uffici possono individuare i criteri e le modalita' di rinvio della trattazione dei processi per reati commessi fino al 2 maggio 2006 in ordine ai quali ricorrono le condizioni per l'applicazione dell'indulto, ai sensi della legge 31 luglio 2006, n. 241, e la pena eventualmente da infliggere puo' essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della predetta legge n. 241 del 2006.Nell'individuazione dei criteri di rinvio di cui al presente comma i dirigenti degli uffici tengono, altresi', conto della gravita' e della concreta offensivita' del reato, del pregiudizio che puo' derivare dal ritardo per la formazione della prova e per l'accertamento dei fatti, nonche' dell'interesse della persona offesa.2. Il rinvio della trattazione del processo non puo' avere durata superiore a diciotto mesi e il termine di prescrizione del reato rimane sospeso per tutta la durata del rinvio.3. Il rinvio non puo' essere disposto se l'imputato si oppone ovvero se e' gia' stato dichiarato chiuso il dibattimento.4. I provvedimenti di cui al comma 1 sono tempestivamente comunicati al Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia valutano gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici sull'organizzazione e sul funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, nonche' sulla trattazione prioritaria e sulla durata dei processi. In sede di comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, il Ministro della giustizia riferisce alle Camere le valutazioni effettuate ai sensi del presente comma.5. La parte civile costituita puo' trasferire l'azione in sede civile. In tal caso, i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono abbreviati fino alla meta' e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale.6. Nel corso dei processi di primo grado relativi ai reati in ordine ai quali, in caso di condanna, deve trovare applicazione la legge 31 luglio 2006, n. 241, l'imputato o il suo difensore munito di procura speciale e il pubblico ministero, se ritengono che la pena possa essere contenuta nei limiti di cui all'articolo 1, comma 1, della medesima legge n. 241 del 2006, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto possono formulare richiesta di applicazione della pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, anche se risulti decorso il termine previsto dall'articolo 446, comma 1, del medesimo codice di procedura penale.7. La richiesta di cui al comma 6 puo' essere formulata anche quando sia gia' stata in precedenza presentata altra richiesta di applicazione della pena, ma vi sia stato il dissenso da parte del pubblico ministero ovvero la stessa sia stata rigettata dal giudice, sempre che la nuova richiesta non costituisca mera riproposizione della precedente. ))
Art. 3.Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274
1. All'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo le parole: «derivi una malattia di durata superiore a venti giorni» sono inserite le seguenti: «, nonche' ad esclusione delle fattispecie di cui all'articolo 590, terzo comma, quando si tratta di fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope,».
Art. 4.
Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni
(( 01. Alla tabella allegata all'articolo 126-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, al capoverso «art. 187» le parole: «commi 7 e 8» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 8» ))1. All'articolo 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 2, lettera b), le parole: «l'arresto fino a tre mesi»sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto fino a sei mesi»;b) al comma 2, lettera c), le parole: «l'arresto fino a sei mesi»sono sostituite dalle seguenti: «l'arresto da tre mesi ad un anno» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se e' stata applicata la sospensione condizionale della pena, e' sempre disposta la confisca del veicolo con il quale e' stato commesso il reato ai sensi dell'articolo 240, (( secondo comma, del codice penale, )) salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Il veicolo sottoposto a sequestro puo' essere affidato in custodia al trasgressore, (( salvo che risulti che abbia commesso in precedenza altre violazioni della disposizione di cui alla presente lettera. La procedura di cui ai due periodi precedenti si applica anche nel caso di cui al comma 2-bis.»;«b-bis) il comma 2-bis e' sostituito dal seguente:"2-bis. Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 2 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dalla lettera c) del medesimo comma 2, e' disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del Capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. E' fatta salva in ogni caso l'applicazione delle sanzioni accessorie previste dagli articoli 222 e 223»; ))c) dopo il comma 2-quater e' inserito il seguente:«2-quinquies. Salvo che non sia disposto il sequestro ai sensi del comma 2, il veicolo, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, puo' essere fatto trasportare fino al luogo indicato dall'interessato o fino alla piu' vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia. Le spese per il recupero ed il trasporto sono interamente a carico del trasgressore.»;d) al comma 7, il primo e il secondo periodo sono sostituiti dal seguente:«Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente e' punito con le pene di cui al comma 2, lettera c);(( e) al comma 7, il terzo periodo e' sostituito dal seguente: «La condanna per il reato di cui al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalita' e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione»; ))f) al comma 7, quinto periodo, le parole: «Quando lo stesso soggetto compie piu' violazioni nel corso di un biennio,», sono sostituite dalle seguenti: «Se il fatto e' commesso da soggetto gia' condannato nei due anni precedenti per il medesimo reato,».2. Al comma 1 dell'articolo 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:a) le parole: «e' punito con l'ammenda da euro 1000 a euro 4000 e l'arresto fino a tre mesi», sono sostituite dalle seguenti: «e' punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da tre mesi ad un anno»;b) alla fine e' aggiunto il seguente periodo: «Si applicano le disposizioni dell'articolo 186, comma 2, lettera c), quinto e sesto periodo, nonche' quelle di cui al comma 2-quinquies del medesimo articolo 186.».(( 2-bis. All'articolo 187, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, le parole: «ed e' disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI,» sono sostituite dalle seguenti: «e si applicano le disposizioni dell'ultimo periodo del comma 1,». ))3. All'articolo 189 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:a) al comma 6, le parole: «da tre mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a tre anni»;b) al comma 7, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a tre anni».4. All'articolo 222, comma 2, (( del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, )) e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il fatto di cui al terzo periodo e' commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.».
Art. 5.
Modifiche (( al testo unico di cui al )) decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(( 01. All'articolo 12, comma 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Quando il fatto e' commesso in concorso da due o piu' persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o piu' persone, la pena e' aumentata da un terzo alla meta'". ))1. All'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, dopo il comma 5 e' inserito il seguente:(( «5-bis. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, da' alloggio ad uno straniero, privo di titolo di soggiorno in un immobile di cui abbia disponibilita', ovvero lo cede allo stesso, anche in locazione, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. )) La condanna con provvedimento irrevocabile (( ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche se e' stata concessa la sospensione condizionale della pena, )) comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attivita' di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina.».(( 1-bis) all'articolo 13, comma 3, quinto periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la parola:«quindici» e' sostituita dalla seguente: "sette"».1-ter. All'articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: «con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato. ))
Art. 6.
Modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale
1. L'articolo 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e' sostituito dal seguente:«Art. 54 (Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale). - 1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:a) all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone (( preventivamente )) il prefetto.2. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell'ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell'interno-Autorita' nazionale di pubblica sicurezza.3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresi', alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, (( adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, )) al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumita' pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono (( preventivamente )) comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.(( 4-bis. Con decreto del Ministro dell'interno e' disciplinato l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumita' pubblica e alla sicurezza urbana. ))5. Qualora i provvedimenti (( adottati dai sindaci ai sensi dei commi 1 e 4 comportino )) conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un'apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento.(( 5-bis. Il Sindaco segnala alle competenti autorita', giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato. ))6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessita' dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il sindaco puo' modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonche', d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.7. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 4 e' rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il sindaco puo' provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi.8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.9. Nell'ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto puo' disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonche' per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.10. Nelle materie previste dai commi 1 e 3, nonche' dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto, puo' delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco puo' conferire la delega a un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.11. Nelle fattispecie di cui ai commi 1, 3 e 4, nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni previste dal comma 10, il prefetto puo' intervenire con proprio provvedimento.12. Il Ministro dell'interno puo' adottare atti di indirizzo per l'esercizio delle funzioni previste dal presente articolo da parte del sindaco.
(( Art. 6-bis.
Modifiche all'articolo 16, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689
1. Il secondo comma dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e' sostituito dal seguente:«Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, puo' stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma». ))
Art. 7.
(( Collaborazione della polizia municipale e provinciale nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio ))
(( 1. I piani coordinati di controllo del territorio di cui al comma 1 dell'articolo 17 della legge 26 marzo 2001, n. 128, che possono realizzarsi anche per specifiche esigenze dei comuni diversi da quelli dei maggiori centri urbani, determinano i rapporti di reciproca collaborazione fra i contingenti di personale della polizia municipale e provinciale e gli organi di Polizia dello Stato.2. Con decreto da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa, determina le procedure da osservare per assicurare, nel corso dello svolgimento di tali piani coordinati di controllo del territorio, le modalita' di raccordo operativo tra la polizia municipale, la polizia provinciale e gli organi di Polizia dello Stato». ))
(( Art. 7-bis.
Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio
1. Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalita', ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, puo' essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati per i compiti da svolgere. Detto personale e' posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, ai sensi dell'articolo 13 della legge 1° aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonche' di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Il piano puo' essere autorizzato per un periodo di sei mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unita'.2. Il piano di impiego del personale delle Forze armate di cui al comma 1 e' adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari.3. Nell'esecuzione dei servizi di cui al comma l, il personale delle Forze armate non appartenente all'Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e puo' procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l'incolumita' di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i piu' vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri. Nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell'articolo 349 del codice di procedura penale.4. Agli oneri derivanti dall'attuazione del decreto di cui al comma 2, stabiliti entro il limite di spesa di 31,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, comprendenti le spese per il trasferimento e l'impiego del personale e dei mezzi e la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e di un'indennita' onnicomprensiva determinata ai sensi dell'articolo 20 della legge 26 marzo 2001, n. 128, e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia, individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della difesa, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando: quanto a 4 milioni di euro per l'anno 2008 e a 16 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze; quanto a 9 milioni di euro per l'anno 2008 e a 8 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a 18,2 milioni di euro per l'anno 2008 e a 7,2 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.5. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».))
Art. 8.
Accesso della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno
1. All'articolo 16-quater del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, sono apportate le seguenti modificazioni:(( a) al comma 1, le parole: «schedario dei veicoli rubati operante» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti:«schedario dei veicoli rubati e allo schedario dei documenti d'identita' rubati o smarriti operanti presso il Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 121. Il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza puo' altresi' accedere alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati, in relazione a quanto previsto dall'articolo 54, comma 5-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni»;b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:«1-bis. Il personale di cui al comma 1 addetto ai servizi di polizia stradale ed in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza puo' essere, altresi', abilitato all'inserimento, presso il Centro elaborazione dati ivi indicato, dei dati relativi ai veicoli rubati e ai documenti rubati o smarriti, di cui al comma 1, acquisiti autonomamente.».1-bis. I collegamenti, anche a mezzo della rete informativa telematica dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), per l'accesso allo schedario dei documenti d'identita' rubati o smarriti, nonche' alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno di cui al comma 1, sono effettuati con le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'ANCI. ))
(( Art. 8-bis.
Accesso degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno
1. Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto, per finalita' di sicurezza portuale e dei trasporti marittimi, possono accedere ai dati e alle informazioni del Centro elaborazione dati di cui al primo comma dell'articolo 9 della legge 1° aprile 1981, n. 121, in deroga a quanto previsto dallo stesso articolo, limitatamente a quelli correlati alle funzioni attribuite agli stessi ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Detto personale puo' essere, altresi', abilitato all'inserimento presso il medesimo Centro dei corrispondenti dati autonomamente acquisiti.2. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono individuati i dati e le informazioni di cui al comma 1 e sono stabilite le modalita' per effettuare i collegamenti per il relativo accesso.3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono apportate le occorrenti modificazioni al regolamento, previsto dall'articolo 11, primo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378. ))
Art. 9.
Centri di identificazione ed espulsione
1. Le parole: «centro di permanenza temporanea» ovvero: «centro di permanenza temporanea ed assistenza» sono sostituite, in generale, in tutte le disposizioni di legge o di regolamento, dalle seguenti:«centro di identificazione ed espulsione» quale nuova denominazione delle medesime strutture.
Art. 10.
(( Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575
1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575 sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:«nonche' ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale»;b) l'articolo 2 e' sostituito dal seguente:«Art. 2. - 1. Nei confronti delle persone indicate all'articolo 1 possono essere proposte dal procuratore nazionale antimafia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, dal questore o dal direttore della Direzione investigativa antimafia, anche se non vi e' stato il preventivo avviso, le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale, di cui al primo e al terzo comma dell'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni.2. Quando non vi e' stato il preventivo avviso e la persona risulti definitivamente condannata per un delitto non colposo, con la notificazione della proposta il questore puo' imporre all'interessato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale il divieto di cui all'articolo 4, quarto comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.Si applicano le disposizioni dei commi quarto, ultimo periodo, e quinto del medesimo articolo 4.3. Nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi della presente legge, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica di cui al comma 1»;c) all'articolo 2-bis:1) al comma 1, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;2) dopo il comma 6 e' aggiunto il seguente:«6-bis. Le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente. Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga nel corso del procedimento esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa»;d) all'articolo 2-ter:«1) al secondo comma, dopo le parole: "A richiesta del procuratore della Repubblica," sono inserite le seguenti: "del direttore della Direzione investigativa antimafia,";2) il primo periodo del terzo comma e' sostituito dal seguente:"Con l'applicazione della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti e' instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, nonche' dei beni che risultino essere frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego";3) al sesto e al settimo comma, dopo le parole: "del procuratore della Repubblica," sono inserite le seguenti: "del direttore della Direzione investigativa antimafia,";4) sono aggiunti in fine i seguenti commi:"Se la persona nei cui confronti e' proposta la misura di prevenzione disperde, distrae, occulta o svaluta i beni al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o altri beni di valore equivalente. Analogamente si procede quando i beni non possano essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente, prima dell'esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede.La confisca puo' essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.Quando risulti che beni confiscati con provvedimento definitivo dopo l'assegnazione o la destinazione siano rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilita' o sotto il controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, si puo' disporre la revoca dell'assegnazione o della destinazione da parte dello stesso organo che ha disposto il relativo provvedimento.Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con la sentenza che dispone la confisca il giudice dichiara la nullita' dei relativi atti di disposizione.Ai fini di cui al comma precedente, fino a prova contraria si presumono fittizi:a) i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonche' dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado;b) i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione";e) all'articolo 3-bis, settimo comma, dopo le parole: "su richiesta del procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: ", del direttore della Direzione investigativa antimafia";f) all'articolo 3-quater, ai commi 1 e 5, dopo le parole: "il procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: "presso il tribunale del capoluogo del distretto, il direttore della Direzione investigativa antimafia";g) all'articolo 10-quater, secondo comma, dopo le parole: "su richiesta del procuratore della Repubblica" sono inserite le seguenti: ", del direttore della Direzione investigativa antimafia"».))
(( Art. 10-bis.
Modifiche al decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356
1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo il comma 2-bis, sono inseriti i seguenti:«2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non e' possibile procedere alla confisca in applicazione dellle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilita' delle quali il reo ha la disponibilita', anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.2-quater. Le disposizioni del comma 2-bis si applicano anche nel caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dagli articoli 629, 630 e 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis e 648-ter del codice penale, nonche' dall'articolo 12-quinquies del presente decreto e dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.». ))
Art. 11.
(( Modifiche alla legge 22 maggio 1975, n. 152
1. Alla legge 22 maggio 1975, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 18, quarto comma, le parole: «, anche in deroga all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55,» sono soppresse;b) all'articolo 19, primo comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nei casi previsti dal presente comma, le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona.Nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente». ))
(( Art. 11-bis.
Modifiche alla legge 3 agosto 1988, n. 327
1. All'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, dopo il comma 3 e' aggiunto il seguente:«3-bis Quando e' stata applicata una misura di prevenzione personale nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, la riabilitazione puo' essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale. La riabilitazione comporta, altresi', la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575». ))
(( Art. 11-ter.
Abrogazione
1. L'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e' abrogato. ))
Art. 12.
Modifiche al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
1. Dopo l'articolo 110-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e' inserito il seguente:(( «Art. 110-ter (Applicazione di magistrati in materia di misure di prevenzione). - 1. Il procuratore nazionale antimafia puo' disporre, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. )) Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 110-bis.2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il Procuratore generale presso la corte d'appello puo', per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente.».
(( Art. 12-bis.
Modifiche alla legge 18 marzo 2008, n. 48
1. All'articolo 11 della legge 18 marzo 2008, n. 48, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 3-quinquies dell'articolo 51 del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano solo ai procedimenti iscritti nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge».))
(( Art. 12-ter.
Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all'articolo 76, dopo il comma 4 e' aggiunto il seguente:«4-bis. Per i soggetti gia' condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, nonche' per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti»;b) all'articolo 93, il comma 2 e' abrogato;c) all'articolo 96, comma 1, le parole: «, ovvero immediatamente, se la stessa e' presentata in udienza a pena di nullita' assoluta ai sensi dell'articolo 179, comma 2, del codice di procedura penale,»sono soppresse;d) all'articolo 96, comma 2, dopo le parole: «tenuto conto» sono inserite le seguenti: «delle risultanze del casellario giudiziale,».))
(( Art. 12-quater.
Modifiche all'articolo 25 delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448.
1. All'articolo 25 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, dopo il comma 2-bis e' aggiunto il seguente:«2-ter. Il pubblico ministero non puo' procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui cio' pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore.». ))
Art. 13.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge.

mercoledì 30 luglio 2008

E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?


La sentenza della Corte di Giustizia sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi - E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?
C. Di Franco (Approfondimento 11/7/2007)
Sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi

di Clorinda Di Franco
(Corte di Giustizia U.E., Sez. Grande Sezione, 5 dicembre 2006, Cause riunite C - 94/04 e C - 202/04)


E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?



Il caso.
Tre proprietari di terreni confinanti, oggetto di procedura espropriativa da parte del Comune, si sono rivolti ad un avvocato per conseguire il pagamento dell'indennità per l'occupazione d'urgenza dei loro terreni, non seguita da alcun decreto espropriativo. L'avvocato ha predisposto tre atti di citazione contro il Comune, iscrivendo a ruolo tre procedimenti distinti; per detta attività ha ricevuto la somma di lire 1.850.000, a titolo di anticipo per la gestione della causa. I proprietari hanno concluso una transazione con il Comune, componendo la lite senza l'intervento del legale. Questi ha emesso una parcella di lire 4.125.000, a copertura del proprio onorario, calcolato secondo la tariffa forense vigente, fissata con delibera del Consiglio nazionale forense in base a quanto previsto dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36. Di fronte al rifiuto dei tre clienti di pagare la somma, il legale si rivolge al Tribunale di Torino, con esito sfavorevole. Quindi, adisce la Corte di appello, chiedendo in applicazione della tariffa forense il pagamento della somma contestata.La Corte, con decisione del 4 febbraio 2004, sospende il processo proponendo domanda di interpretazione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, al fine di verificare la conformità comunitaria della legge 36/1934 sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi.Una controversia analoga, tra un cliente ed un avvocato, pende dinnanzi al Tribunale di Roma, investito dell'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal legale per il pagamento di un compenso, calcolato secondo le tariffe forensi vigenti, per delle prestazioni stragiudiziali eseguite in loro favore in materia di diritto di autore. Il cliente sostiene il carattere sproporzionato dell'onorario preteso rispetto all'attività svolta, che, data la natura stragiudiziale, non richiede necessariamente la qualifica legale.Il Tribunale di Roma, con decisione del 7 aprile 2004, solleva questione pregiudiziale dinnanzi alla Corte di Giustizia, in modo da verificare se l'applicazione della tariffa forense anche all'attività stragiudiziale sia compatibile con il diritto comunitario.La Corte di Giustizia, dispone la riunione per connessione dei due procedimenti e il 5 dicembre 2006 deposita la sentenza con cui risolve la questione interpretativa.
Sintesi della questione.

La Corte di Giustizia è chiamata a rispondere ai seguenti quesiti:

- I principi comunitari della libera prestazione dei servizi (art. 49 Trattato) e della concorrenza (artt. 81 e 82 trattato) si applicano all'offerta dei servizi legali?
- Possono le parti determinare liberamente il compenso per la prestazione professionale? Un eventuale accordo in tale senso è valido?
- E' legittima una normativa, come quella italiana, che prevede il calcolo degli onorari forensi secondo tariffe inderogabili nel minimo?
- E ?legittima la determinazione delle tariffe professionali sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale quale il Consiglio Nazionale Forense ?- E' compatibile con il diritto comunitario l'applicazione di dette tariffe anche alle prestazioni stragiudiziali, che possono essere rese anche da operatori diversi dagli avvocati?
La normativa.L'art. 57 del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, dispone: "I criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovute agli avvocati ed ai procuratori in materia penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del Consiglio nazionale forense. Nello stesso modo provvede il Consiglio nazionale forense per quanto concerne la determinazione degli onorari nei giudizi penali davanti alla Corte suprema di cassazione ed al Tribunale supremo militare. Le deliberazioni con le quali si stabiliscono i criteri di cui al comma precedente devono essere approvate dal Ministro per la grazia e giustizia ".L'art. 58 dispone: "I criteri di cui al precedente articolo, sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie ed al grado dell'autorità chiamata a conoscerne, e, per i giudizi penali, anche alla durata di essi. Per ogni atto o serie di atti devono essere fissati i limiti di un massimo e di un minimo. Nelle materie stragiudiziali va tenuto conto dell'entità dell'affare".L'art. 59 recita: "La sentenza che porti condanna nelle spese deve contenerne la tassazione. A tal fine ciascun procuratore è obbligato a presentare, insieme con gli atti della causa, la nota delle spese, delle proprie competenze e dell'onorario dell'avvocato, secondo le norme del codice di procedura civile e del regolamento generale giudiziario. Qualora tale obbligo non venga adempiuto, con la sentenza si provvede alla tassazione delle spese nonché delle competenze di procuratore e dell'onorario di avvocato in base agli atti della causa. I procuratori inadempienti sono condannati con la stessa sentenza al pagamento a favore dell'erario dello Stato di una somma da lire duecento a lire cinquecento. Per quanto riguarda l'onorario di avvocato, alla nota delle spese può essere unito, all'atto della presentazione di essa ed in ogni caso non oltre dieci giorni dall'assegnazione della causa a sentenza, il parere del Consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori".Per l'art. 60:"La liquidazione degli onorari è fatta dall'autorità giudiziaria in base ai criteri stabiliti a termini dell'art. 57, tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Per le cause di valore indeterminato o relative a materie non suscettibili di valutazione pecuniaria si ha riguardo alla natura e all'importanza della contestazione. Per determinare il valore della controversia si ha riguardo a ciò che ha formato oggetto di vera contestazione. L'autorità giudiziaria deve contenere la liquidazione entro i limiti del massimo e del minimo fissati a termini dell'articolo 58. Tuttavia nei casi di eccezionale importanza, in relazione alla specialità delle controversie, quando il pregio intrinseco dell'opera lo giustifichi, il Giudice può oltrepassare il limite massimo; è parimenti in sua facoltà, quando la causa risulti di facile trattazione, di attribuire l'onorario in misura inferiore al minimo. In questi casi la decisione del Giudice deve essere motivata. Le stesse norme si applicano nei giudizi arbitrali"L'art. 49 del Trattato CE dispone: "Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno della Comunità".Per l'art. 81 del Trattato:"Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel:a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioniequivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto."Per l' articolo 82:"È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi."
La risposta della Corte di Giustizia (sent. 26 ottobre, C 198/05)

La Corte di Giustizia, innanzi tutto, osserva che gli artt. 81 e 82 del Trattato, applicabili anche al mercato dei servizi legali, impongono agli Stati membri di non adottare provvedimenti idonei a falsare la concorrenza tra le imprese. Già, in altra occasione, la Corte ha affermato che viola il diritto comunitario lo Stato che, in qualsiasi modo, imponga o agevoli la conclusioni di accordi tra imprese in contrasto con l'art. 81 e 82 del Trattato, ovvero deleghi ad operatori privati il suo compito fondamentale di regolare l'economia mediante l'adozione di provvedimenti in grado di influire sul gioco della concorrenza tra le imprese (così ord, 17 febbraio 2005, causa C - 250/03, Mauri).
Ora, la legge italiana n. 33/1934 che, agli articoli 57 - 60, prevede la determinazione delle tariffe professionali forensi in base ad un progetto di massima redatto dal Consiglio nazionale forense, non si pone in contrasto con l'art. 81 sopra citato, in quanto detto sistema di determinazione non si traduce in una rinuncia da parte dello Stato all'esercizio di una sua prerogativa, a vantaggio dei privati. Il CNF agisce quale articolazione del potere pubblico e, in ogni caso, la tariffa per entrare in vigore necessita dell'approvazione da parte del Ministro della giustizia.
la Corte afferma che «non si può ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di intervento nel settore economico, il che avrebbe portato a privare del suo carattere pubblico la normativa di cui trattasi nella causa principale».
Sulla base di queste considerazioni essa ritiene che «gli artt. 10, 81 e 82 CE non ostano all'adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il Consiglio Nazionale forense, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa».
Tuttavia, inderogabilità assoluta dei minimi tariffari può costituire una restrizione della libertà di prestazione dei servizi sancita dall'art. 49 del Trattato CE, che impone l'eliminazione di qualsiasi barriera alla prestazione dei servizi nell'ambito del territorio dell'Unione. Infatti, il divieto di derogare ai minimi tariffari può avere l'effetto concreto di rendere difficile l'accesso degli avvocati stranieri al mercato italiano dei servizi legali, in quanto vincolati in Italia al rispetto dei minimi tariffari; inoltre, limita la possibilità di scelta dei destinatari dell'offerta del servizio, che non possono avvalersi dell'opera di professionisti disposti ad accettare compensi inferiori a quella legali.
A giustificare il divieto in parola potrebbero essere invocati motivi di interesse pubblico, gli unici che, secondo la costante giurisprudenza comunitaria, consentono una deroga ai principi del Trattato U.E. (ex plurimis, Corte di Giustizia sent. 12 dicembre 1996, C - 3/95; idem, sent. 21 settembre 1999, C - 124/97).In proposito, ai giudici della Grande Sezione non sembra plausibile la tesi sostenuta dal Governo italiano per cui, in assenza di una norma che imponga i minimi tariffari, si avrebbe un'eccessiva competizione tra i professionisti, a scapito della qualità delle prestazioni professionali, con grave danno per gli utenti del servizio. Piuttosto, osserva la Corte, non è affatto dimostrato alcun nesso di causalità tra l'obbligatorietà dei minimi tariffari e l'elevato qualità del servizio fornito dagli avvocati. «In realtà, una relazione diretta di causa - effetto con la tutela dei clienti degli avvocati ed il buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia varrebbe per i provvedimenti statali alternativi, come, in particolare, le norme di accesso alla professione forense, le regole disciplinari in grado di far rispettare la deontologia professionale e la disciplina in materia di responsabilità civile, grazie al mantenimento, assicurato da tali provvedimenti, di un livello elevato di qualità dei servizi fornito da tali professionisti».
Al riguardo, osservano i giudici comunitari che la tutela del consumatore e la buona amministrazione della giustizia sono obiettivi che possono rientrare tra i motivi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libertà di prestazione dei servizi sancita dall'art. 49 del Trattato, sempre che «il provvedimento nazionale di cui si discute sia idoneo a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario per raggiungere l'obiettivo medesimo».
La Corte demanda al giudice del rinvio l'analisi necessaria al riguardo. Questi, in particolare, dovrà valutare se sussiste una relazione tra il livello degli onorari e la qualità delle prestazioni legali, tenendo conto delle peculiarità del mercato dei servizi legali italiano, caratterizzato da una massiccia presenza di avvocati, nonché dell'asimmetria informativa che configura di norma il rapporto tra avvocato e cliente - consumatore. Dovrà, altresì, verificare se gli obiettivi sopra menzionati della tutela del consumatore e della buona giustizia non possano essere utilmente realizzati con provvedimenti alternativi più efficaci, quali la fissazione di adeguate norme di organizzazione o di deontologia o di qualificazione. In conclusione, una normativa, come quella italiana «che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall'art. 49 CE.Gettato il sasso, la Corte ritira la mano nel momento in cui successivamente stabilisce però che: Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi».
In definitiva, la sentenza non arriva ad una soluzione decisa ed univoca; le parole della Corte lasciano intuire che essa non condivide la scelta del legislatore italiano di imporre minimi tariffari inderogabili in senso assoluto perché contrassegnata da profili di illegittimità comunitaria, sebbene essa si mostri al riguardo molto cauta, demandando al giudice nazionale il riscontro della compatibilità comunitaria della normativa italiana.

tratto dal Altalex mese n. 1/2007 (http://www.altalexmese.it/)

E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?


La sentenza della Corte di Giustizia sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi - E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?
C. Di Franco (Approfondimento 11/7/2007)
Sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi

di Clorinda Di Franco
(Corte di Giustizia U.E., Sez. Grande Sezione, 5 dicembre 2006, Cause riunite C - 94/04 e C - 202/04)


E' legittima l'inderogabilità assoluta dei minimi tariffari forensi?



Il caso.
Tre proprietari di terreni confinanti, oggetto di procedura espropriativa da parte del Comune, si sono rivolti ad un avvocato per conseguire il pagamento dell'indennità per l'occupazione d'urgenza dei loro terreni, non seguita da alcun decreto espropriativo. L'avvocato ha predisposto tre atti di citazione contro il Comune, iscrivendo a ruolo tre procedimenti distinti; per detta attività ha ricevuto la somma di lire 1.850.000, a titolo di anticipo per la gestione della causa. I proprietari hanno concluso una transazione con il Comune, componendo la lite senza l'intervento del legale. Questi ha emesso una parcella di lire 4.125.000, a copertura del proprio onorario, calcolato secondo la tariffa forense vigente, fissata con delibera del Consiglio nazionale forense in base a quanto previsto dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36. Di fronte al rifiuto dei tre clienti di pagare la somma, il legale si rivolge al Tribunale di Torino, con esito sfavorevole. Quindi, adisce la Corte di appello, chiedendo in applicazione della tariffa forense il pagamento della somma contestata.La Corte, con decisione del 4 febbraio 2004, sospende il processo proponendo domanda di interpretazione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, al fine di verificare la conformità comunitaria della legge 36/1934 sull'inderogabilità dei minimi tariffari forensi.Una controversia analoga, tra un cliente ed un avvocato, pende dinnanzi al Tribunale di Roma, investito dell'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal legale per il pagamento di un compenso, calcolato secondo le tariffe forensi vigenti, per delle prestazioni stragiudiziali eseguite in loro favore in materia di diritto di autore. Il cliente sostiene il carattere sproporzionato dell'onorario preteso rispetto all'attività svolta, che, data la natura stragiudiziale, non richiede necessariamente la qualifica legale.Il Tribunale di Roma, con decisione del 7 aprile 2004, solleva questione pregiudiziale dinnanzi alla Corte di Giustizia, in modo da verificare se l'applicazione della tariffa forense anche all'attività stragiudiziale sia compatibile con il diritto comunitario.La Corte di Giustizia, dispone la riunione per connessione dei due procedimenti e il 5 dicembre 2006 deposita la sentenza con cui risolve la questione interpretativa.
Sintesi della questione.

La Corte di Giustizia è chiamata a rispondere ai seguenti quesiti:

- I principi comunitari della libera prestazione dei servizi (art. 49 Trattato) e della concorrenza (artt. 81 e 82 trattato) si applicano all'offerta dei servizi legali?
- Possono le parti determinare liberamente il compenso per la prestazione professionale? Un eventuale accordo in tale senso è valido?
- E' legittima una normativa, come quella italiana, che prevede il calcolo degli onorari forensi secondo tariffe inderogabili nel minimo?
- E ?legittima la determinazione delle tariffe professionali sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale quale il Consiglio Nazionale Forense ?- E' compatibile con il diritto comunitario l'applicazione di dette tariffe anche alle prestazioni stragiudiziali, che possono essere rese anche da operatori diversi dagli avvocati?
La normativa.L'art. 57 del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, dispone: "I criteri per la determinazione degli onorari e delle indennità dovute agli avvocati ed ai procuratori in materia penale e stragiudiziale sono stabiliti ogni biennio con deliberazione del Consiglio nazionale forense. Nello stesso modo provvede il Consiglio nazionale forense per quanto concerne la determinazione degli onorari nei giudizi penali davanti alla Corte suprema di cassazione ed al Tribunale supremo militare. Le deliberazioni con le quali si stabiliscono i criteri di cui al comma precedente devono essere approvate dal Ministro per la grazia e giustizia ".L'art. 58 dispone: "I criteri di cui al precedente articolo, sono stabiliti con riferimento al valore delle controversie ed al grado dell'autorità chiamata a conoscerne, e, per i giudizi penali, anche alla durata di essi. Per ogni atto o serie di atti devono essere fissati i limiti di un massimo e di un minimo. Nelle materie stragiudiziali va tenuto conto dell'entità dell'affare".L'art. 59 recita: "La sentenza che porti condanna nelle spese deve contenerne la tassazione. A tal fine ciascun procuratore è obbligato a presentare, insieme con gli atti della causa, la nota delle spese, delle proprie competenze e dell'onorario dell'avvocato, secondo le norme del codice di procedura civile e del regolamento generale giudiziario. Qualora tale obbligo non venga adempiuto, con la sentenza si provvede alla tassazione delle spese nonché delle competenze di procuratore e dell'onorario di avvocato in base agli atti della causa. I procuratori inadempienti sono condannati con la stessa sentenza al pagamento a favore dell'erario dello Stato di una somma da lire duecento a lire cinquecento. Per quanto riguarda l'onorario di avvocato, alla nota delle spese può essere unito, all'atto della presentazione di essa ed in ogni caso non oltre dieci giorni dall'assegnazione della causa a sentenza, il parere del Consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori".Per l'art. 60:"La liquidazione degli onorari è fatta dall'autorità giudiziaria in base ai criteri stabiliti a termini dell'art. 57, tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Per le cause di valore indeterminato o relative a materie non suscettibili di valutazione pecuniaria si ha riguardo alla natura e all'importanza della contestazione. Per determinare il valore della controversia si ha riguardo a ciò che ha formato oggetto di vera contestazione. L'autorità giudiziaria deve contenere la liquidazione entro i limiti del massimo e del minimo fissati a termini dell'articolo 58. Tuttavia nei casi di eccezionale importanza, in relazione alla specialità delle controversie, quando il pregio intrinseco dell'opera lo giustifichi, il Giudice può oltrepassare il limite massimo; è parimenti in sua facoltà, quando la causa risulti di facile trattazione, di attribuire l'onorario in misura inferiore al minimo. In questi casi la decisione del Giudice deve essere motivata. Le stesse norme si applicano nei giudizi arbitrali"L'art. 49 del Trattato CE dispone: "Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi, cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno della Comunità".Per l'art. 81 del Trattato:"Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel:a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioniequivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto."Per l' articolo 82:"È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi."
La risposta della Corte di Giustizia (sent. 26 ottobre, C 198/05)

La Corte di Giustizia, innanzi tutto, osserva che gli artt. 81 e 82 del Trattato, applicabili anche al mercato dei servizi legali, impongono agli Stati membri di non adottare provvedimenti idonei a falsare la concorrenza tra le imprese. Già, in altra occasione, la Corte ha affermato che viola il diritto comunitario lo Stato che, in qualsiasi modo, imponga o agevoli la conclusioni di accordi tra imprese in contrasto con l'art. 81 e 82 del Trattato, ovvero deleghi ad operatori privati il suo compito fondamentale di regolare l'economia mediante l'adozione di provvedimenti in grado di influire sul gioco della concorrenza tra le imprese (così ord, 17 febbraio 2005, causa C - 250/03, Mauri).
Ora, la legge italiana n. 33/1934 che, agli articoli 57 - 60, prevede la determinazione delle tariffe professionali forensi in base ad un progetto di massima redatto dal Consiglio nazionale forense, non si pone in contrasto con l'art. 81 sopra citato, in quanto detto sistema di determinazione non si traduce in una rinuncia da parte dello Stato all'esercizio di una sua prerogativa, a vantaggio dei privati. Il CNF agisce quale articolazione del potere pubblico e, in ogni caso, la tariffa per entrare in vigore necessita dell'approvazione da parte del Ministro della giustizia.
la Corte afferma che «non si può ritenere che lo Stato italiano abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere delegando ad operatori privati la responsabilità di prendere decisioni di intervento nel settore economico, il che avrebbe portato a privare del suo carattere pubblico la normativa di cui trattasi nella causa principale».
Sulla base di queste considerazioni essa ritiene che «gli artt. 10, 81 e 82 CE non ostano all'adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il Consiglio Nazionale forense, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa».
Tuttavia, inderogabilità assoluta dei minimi tariffari può costituire una restrizione della libertà di prestazione dei servizi sancita dall'art. 49 del Trattato CE, che impone l'eliminazione di qualsiasi barriera alla prestazione dei servizi nell'ambito del territorio dell'Unione. Infatti, il divieto di derogare ai minimi tariffari può avere l'effetto concreto di rendere difficile l'accesso degli avvocati stranieri al mercato italiano dei servizi legali, in quanto vincolati in Italia al rispetto dei minimi tariffari; inoltre, limita la possibilità di scelta dei destinatari dell'offerta del servizio, che non possono avvalersi dell'opera di professionisti disposti ad accettare compensi inferiori a quella legali.
A giustificare il divieto in parola potrebbero essere invocati motivi di interesse pubblico, gli unici che, secondo la costante giurisprudenza comunitaria, consentono una deroga ai principi del Trattato U.E. (ex plurimis, Corte di Giustizia sent. 12 dicembre 1996, C - 3/95; idem, sent. 21 settembre 1999, C - 124/97).In proposito, ai giudici della Grande Sezione non sembra plausibile la tesi sostenuta dal Governo italiano per cui, in assenza di una norma che imponga i minimi tariffari, si avrebbe un'eccessiva competizione tra i professionisti, a scapito della qualità delle prestazioni professionali, con grave danno per gli utenti del servizio. Piuttosto, osserva la Corte, non è affatto dimostrato alcun nesso di causalità tra l'obbligatorietà dei minimi tariffari e l'elevato qualità del servizio fornito dagli avvocati. «In realtà, una relazione diretta di causa - effetto con la tutela dei clienti degli avvocati ed il buon funzionamento dell'amministrazione della giustizia varrebbe per i provvedimenti statali alternativi, come, in particolare, le norme di accesso alla professione forense, le regole disciplinari in grado di far rispettare la deontologia professionale e la disciplina in materia di responsabilità civile, grazie al mantenimento, assicurato da tali provvedimenti, di un livello elevato di qualità dei servizi fornito da tali professionisti».
Al riguardo, osservano i giudici comunitari che la tutela del consumatore e la buona amministrazione della giustizia sono obiettivi che possono rientrare tra i motivi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libertà di prestazione dei servizi sancita dall'art. 49 del Trattato, sempre che «il provvedimento nazionale di cui si discute sia idoneo a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario per raggiungere l'obiettivo medesimo».
La Corte demanda al giudice del rinvio l'analisi necessaria al riguardo. Questi, in particolare, dovrà valutare se sussiste una relazione tra il livello degli onorari e la qualità delle prestazioni legali, tenendo conto delle peculiarità del mercato dei servizi legali italiano, caratterizzato da una massiccia presenza di avvocati, nonché dell'asimmetria informativa che configura di norma il rapporto tra avvocato e cliente - consumatore. Dovrà, altresì, verificare se gli obiettivi sopra menzionati della tutela del consumatore e della buona giustizia non possano essere utilmente realizzati con provvedimenti alternativi più efficaci, quali la fissazione di adeguate norme di organizzazione o di deontologia o di qualificazione. In conclusione, una normativa, come quella italiana «che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense, per prestazioni che sono al tempo stesso di natura giudiziale e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall'art. 49 CE.Gettato il sasso, la Corte ritira la mano nel momento in cui successivamente stabilisce però che: Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi».
In definitiva, la sentenza non arriva ad una soluzione decisa ed univoca; le parole della Corte lasciano intuire che essa non condivide la scelta del legislatore italiano di imporre minimi tariffari inderogabili in senso assoluto perché contrassegnata da profili di illegittimità comunitaria, sebbene essa si mostri al riguardo molto cauta, demandando al giudice nazionale il riscontro della compatibilità comunitaria della normativa italiana.

tratto dal Altalex mese n. 1/2007 (http://www.altalexmese.it/)

martedì 29 luglio 2008

Opposizione a sanzione amministrativa e obbligo di comunicazione ex art. 126 bis c.d.s.


Sanzione amministrativa, procedimento di opposizione, obbligo di comunicazione
Giudice di Pace Bari, sentenza 08.04.2008 (Alfredo Matranga)

Sanzione amministrativa: solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione principale scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
E’ questo il principio con cui il G.d.P. di Bari ha accolto il ricorso proposto da un automobilista sanzionato per non aver comunicato i dati del conducente del veicolo, ai sensi dell’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
Per il Giudice adito, in virtù di quanto stabilito dall’art. 126/bis C.d.S., la contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi.
In particolare, per il G.d.P. di Bari, ciò comporta che solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
Nel caso di specie, viceversa, il ricorrente aveva fornito la prova che avverso il verbale elevato dalla Polstrada di Bari era stato proposto ricorso e che il Giudice con provvedimento emesso il 28/3/07 aveva sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. Peraltro, nelle more del giudizio, è stata anche fornita prova che il verbale di contestazione impugnato era stato posto nel nulla dal Giudice di Pace di Bisceglie con sentenza n. 652/07 con cui veniva accolta l’opposizione.
Pertanto, ha concluso il Giudice, essendo stato posto nel nulla il verbale presupposto, anche il verbale oggetto della odierna impugnazione va posta nel nulla; verbale che, tra l’altro, doveva in ogni caso essere considerato illegittimo essendo stato violato il disposto di cui all’art. 126/bis n. 2 C.d.S. che fa decorrere il termine di trenta giorni per la comunicazione solo dal momento della definizione dei procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali proposti avverso la contestazione.
(Altalex, 25 luglio 2008. Nota di Alfredo Matranga)

Giudice di Pace
Bari
Sentenza 8 aprile 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI BARI

Il Giudice di Pace, avv. Giuseppe Salerno,
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 12251/2007 del ruolo generale affari contenziosi, in data 22/10/07 e spedita alla pubblica udienza di discussione del 08/4/2008 avente come oggetto: opposizione a sanzione amministrativa e vertente
tra
…….., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Roberto Casaluci che lo rappresenta e difende giusta procura a margine al ricorso
ricorrente
Contro
MINISTERO DEGLI INTERNI opposto
POLSTRADA BARI opposto
Conclusioni: le parti presenti concludevano come da verbale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 22/10/07 il sig. ……….. proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione n. 1260001005580 elevato in data 12/7/07 dalla Polizia Stradale di Bari con cui veniva contestata la violazione di cui all’art. 126/bis, 2° comma, e 180/8 C.d.S. per non aver ottemperato all’invito di fornire le informazioni richieste.
Eccepiva il ricorrente la nullità del verbale atteso che avverso il verbale n. ATX000 1012943, dal quale derivava l’obbligo di comunicare le generalità del conducente, era stata proposta opposizione innanzi al Giudice di Pace di Bisceglie; in ogni caso assumeva il ricorrente aveva provveduto con raccomandata del 13/3/07 ad adempiere all’obbligo di cui all’art. 126/bis.
La Polizia Stradale di Bari provvedeva ad inviare la documentazione relativa all’accertamento e alla contestazione della violazione, non opponendosi alla archiviazione del verbale in quanto a seguito della opposizione del verbale presupposto il Giudice di Pace di Bisceglie aveva sospeso la efficacia.
All’udienza del 14/3/2008 il procuratore del ricorrente produceva copia della sentenza del Giudice di Pace di Bisceglie con cui era stata accolta l’opposizione proposta avverso il verbale n. ATX000 1012943 elevato dalla Polstrada di Bari.
All‘udienza dell’8/4/08 sulle conclusioni delle partì presenti la causa è stata decisa come da separato dispositivo letto in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia del Ministero degli Interni.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
In virtù di quanto stabilito dall’art. 126/bis C.d.S. la contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi.
Ciò comporta che solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 2 del citato articolo.
Nel caso di specie il ricorrente ha fornito la prova che avverso il verbale ATX0001012943 elevato dalla Polstrada di Bari in data 9/12/2006 era stato proposto ricorso e che il Giudice con provvedimento emesso il 28/3/07 aveva sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
Nelle more del giudizio, inoltre è stata fornita prova che il verbale di contestazione impugnato era stato posto nel nulla dal Giudice di Pace di Bisceglie con sentenza n. 652/07 con cui veniva accolta l’opposizione.
Pertanto essendo stato posto nel nulla il verbale presupposto, anche il verbale oggetto della odierna impugnazione va posta nel nulla.
Tra l’altro tale verbale doveva in ogni caso essere considerato illegittimo essendo stato violato il disposto di cui all’art. 126/bis n. 2 che fa decorrere il termine di trenta giorni per la comunicazione solo dal momento della definizione dei procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali proposti avverso la contestazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
- accoglie il ricorso e per l’effetto pone nel nulla il verbale di contestazione n. 1260001005580 elevato dalla Polizia Stradale di Bari in data 12/7/2007;
- condanna il Ministero degli Interni, nella persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 250,00 oltre IVA, CNAP e rimborso spese generali.
Bari, lì 8/4/2008.

Opposizione a sanzione amministrativa e obbligo di comunicazione ex art. 126 bis c.d.s.


Sanzione amministrativa, procedimento di opposizione, obbligo di comunicazione
Giudice di Pace Bari, sentenza 08.04.2008 (Alfredo Matranga)

Sanzione amministrativa: solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione principale scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
E’ questo il principio con cui il G.d.P. di Bari ha accolto il ricorso proposto da un automobilista sanzionato per non aver comunicato i dati del conducente del veicolo, ai sensi dell’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
Per il Giudice adito, in virtù di quanto stabilito dall’art. 126/bis C.d.S., la contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi.
In particolare, per il G.d.P. di Bari, ciò comporta che solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 126/bis n. 2 C.d.S..
Nel caso di specie, viceversa, il ricorrente aveva fornito la prova che avverso il verbale elevato dalla Polstrada di Bari era stato proposto ricorso e che il Giudice con provvedimento emesso il 28/3/07 aveva sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato. Peraltro, nelle more del giudizio, è stata anche fornita prova che il verbale di contestazione impugnato era stato posto nel nulla dal Giudice di Pace di Bisceglie con sentenza n. 652/07 con cui veniva accolta l’opposizione.
Pertanto, ha concluso il Giudice, essendo stato posto nel nulla il verbale presupposto, anche il verbale oggetto della odierna impugnazione va posta nel nulla; verbale che, tra l’altro, doveva in ogni caso essere considerato illegittimo essendo stato violato il disposto di cui all’art. 126/bis n. 2 C.d.S. che fa decorrere il termine di trenta giorni per la comunicazione solo dal momento della definizione dei procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali proposti avverso la contestazione.
(Altalex, 25 luglio 2008. Nota di Alfredo Matranga)

Giudice di Pace
Bari
Sentenza 8 aprile 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI BARI

Il Giudice di Pace, avv. Giuseppe Salerno,
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 12251/2007 del ruolo generale affari contenziosi, in data 22/10/07 e spedita alla pubblica udienza di discussione del 08/4/2008 avente come oggetto: opposizione a sanzione amministrativa e vertente
tra
…….., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Roberto Casaluci che lo rappresenta e difende giusta procura a margine al ricorso
ricorrente
Contro
MINISTERO DEGLI INTERNI opposto
POLSTRADA BARI opposto
Conclusioni: le parti presenti concludevano come da verbale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 22/10/07 il sig. ……….. proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione n. 1260001005580 elevato in data 12/7/07 dalla Polizia Stradale di Bari con cui veniva contestata la violazione di cui all’art. 126/bis, 2° comma, e 180/8 C.d.S. per non aver ottemperato all’invito di fornire le informazioni richieste.
Eccepiva il ricorrente la nullità del verbale atteso che avverso il verbale n. ATX000 1012943, dal quale derivava l’obbligo di comunicare le generalità del conducente, era stata proposta opposizione innanzi al Giudice di Pace di Bisceglie; in ogni caso assumeva il ricorrente aveva provveduto con raccomandata del 13/3/07 ad adempiere all’obbligo di cui all’art. 126/bis.
La Polizia Stradale di Bari provvedeva ad inviare la documentazione relativa all’accertamento e alla contestazione della violazione, non opponendosi alla archiviazione del verbale in quanto a seguito della opposizione del verbale presupposto il Giudice di Pace di Bisceglie aveva sospeso la efficacia.
All’udienza del 14/3/2008 il procuratore del ricorrente produceva copia della sentenza del Giudice di Pace di Bisceglie con cui era stata accolta l’opposizione proposta avverso il verbale n. ATX000 1012943 elevato dalla Polstrada di Bari.
All‘udienza dell’8/4/08 sulle conclusioni delle partì presenti la causa è stata decisa come da separato dispositivo letto in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata la contumacia del Ministero degli Interni.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
In virtù di quanto stabilito dall’art. 126/bis C.d.S. la contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi.
Ciò comporta che solo con la definizione del procedimento di opposizione alla contestazione scaturisce, in caso di rigetto, l’obbligo di eseguire la comunicazione prevista dall’art. 2 del citato articolo.
Nel caso di specie il ricorrente ha fornito la prova che avverso il verbale ATX0001012943 elevato dalla Polstrada di Bari in data 9/12/2006 era stato proposto ricorso e che il Giudice con provvedimento emesso il 28/3/07 aveva sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato.
Nelle more del giudizio, inoltre è stata fornita prova che il verbale di contestazione impugnato era stato posto nel nulla dal Giudice di Pace di Bisceglie con sentenza n. 652/07 con cui veniva accolta l’opposizione.
Pertanto essendo stato posto nel nulla il verbale presupposto, anche il verbale oggetto della odierna impugnazione va posta nel nulla.
Tra l’altro tale verbale doveva in ogni caso essere considerato illegittimo essendo stato violato il disposto di cui all’art. 126/bis n. 2 che fa decorrere il termine di trenta giorni per la comunicazione solo dal momento della definizione dei procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali proposti avverso la contestazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
- accoglie il ricorso e per l’effetto pone nel nulla il verbale di contestazione n. 1260001005580 elevato dalla Polizia Stradale di Bari in data 12/7/2007;
- condanna il Ministero degli Interni, nella persona del Ministro pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 250,00 oltre IVA, CNAP e rimborso spese generali.
Bari, lì 8/4/2008.

martedì 22 luglio 2008

La mediazione e le Controversie transfrontaliere nei Paesi U.E.

Controversie trasfrontaliere: le nuove norme per promuovere la mediazione
Direttiva Europea 21.05.2008 n° 2008/52/CE

Gli Stati membri devono assicurare che le parti, o una di esse con l’esplicito consenso delle altre, abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia reso esecutivo.
E' quanto prevede la Direttiva Europea 2008/52/CE del 21 maggio 2008 che ha l'obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario.
Gli stati membri sono quindi vincolati a dare valore esecutivo alla conciciazione conclusa tra le parti salvo il caso in cui il contenuto dell’accordo sia contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o quando la legge dello Stato membro non ne preveda l’esecutività.
(Altalex, 17 luglio 2008)

Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), e l’articolo 67, paragrafo 5, secondo trattino,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato,
considerando quanto segue:
(1) La Comunità si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tal fine, la Comunità deve adottare, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.
(2) Il principio dell’accesso alla giustizia è fondamentale e, al fine di agevolare un miglior accesso alla giustizia, il Consiglio europeo nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato gli Stati membri ad istituire procedure extragiudiziali e alternative.
(3) Nel maggio 2000 il Consiglio ha adottato conclusioni sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, sancendo che l’istituzione di principi fondamentali in questo settore è un passo essenziale verso l’appropriato sviluppo e l’operatività dei procedimenti stragiudiziali per la composizione delle controversie in materia civile e commerciale così come per semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia.
(4) Nell’aprile del 2002 la Commissione ha presentato un Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, prendendo in esame la situazione attuale circa i metodi alternativi di risoluzione delle controversie nell’Unione europea e intraprendendo consultazioni ad ampio raggio con gli Stati membri e le parti interessate sulle possibili misure per promuovere l’utilizzo della mediazione.
(5) L’obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia, come parte della politica dell’Unione europea di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dovrebbe comprendere l’accesso ai metodi giudiziali ed extragiudiziali di risoluzione delle controversie. La presente direttiva dovrebbe contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, in particolare per quanto concerne la disponibilità dei servizi di mediazione.
(6) La mediazione può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti. Tali benefici diventano anche più evidenti nelle situazioni che mostrano elementi di portata transfrontaliera.
(7) Al fine di promuovere ulteriormente l’utilizzo della mediazione e per garantire che le parti che vi ricorrono possano fare affidamento su un contesto giuridico certo è necessario introdurre un quadro normativo che affronti, in particolare, gli elementi chiave della procedura civile.
(8) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi soltanto alla mediazione nelle controversie transfrontaliere, ma nulla dovrebbe vietare agli Stati membri di applicare tali disposizioni anche ai procedimenti di mediazione interni.
(9) La presente direttiva non dovrebbe minimamente impedire l’utilizzazione di tecnologie moderne di comunicazione nei procedimenti di mediazione.
(10) La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai procedimenti in cui due o più parti di una controversia transfrontaliera tentino esse stesse di raggiungere volontariamente una composizione amichevole della loro controversia con l’assistenza di un mediatore. Essa dovrebbe applicarsi in materia civile e commerciale, ma non ai diritti e agli obblighi su cui le parti non hanno la facoltà di decidere da sole in base alla pertinente legge applicabile. Tali diritti e obblighi sono particolarmente frequenti in materia di diritto di famiglia e del lavoro.
(11) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale quali talune forme di conciliazione dinanzi ad un organo giurisdizionale, i reclami dei consumatori, l’arbitrato e la valutazione di periti o i procedimenti gestiti da persone od organismi che emettono una raccomandazione formale, sia essa legalmente vincolante o meno, per la risoluzione della controversia.
(12) La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti a una mediazione o in cui il diritto nazionale prescrive la mediazione. La presente direttiva dovrebbe inoltre applicarsi, per quanto un giudice possa agire come Mediatore ai sensi della legislazione nazionale, alla mediazione condotta da un giudice che non sia responsabile di un procedimento giudiziario relativo alla questione o alle questioni oggetto della controversia. Tuttavia, la presente direttiva non dovrebbe estendersi ai tentativi dell’organo giurisdizionale o del giudice chiamato a risolvere la controversia nel contesto del procedimento giudiziario concernente tale controversia, ovvero ai casi in cui l’organo giurisdizionale o il giudice adito richiedano l’assistenza o la consulenza di una persona competente.
(13) La mediazione di cui alla presente direttiva dovrebbe essere un procedimento di volontaria giurisdizione nel senso che le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento. Tuttavia, in virtù del diritto nazionale, l’organo giurisdizionale dovrebbe avere la possibilità di fissare un termine al processo di mediazione. Inoltre, l’organo giurisdizionale dovrebbe, se del caso, poter richiamare l’attenzione delle parti sulla possibilità di mediazione.
(14) La presente direttiva dovrebbe inoltre fare salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Del pari, la presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli attuali sistemi di mediazione autoregolatori nella misura in cui essi trattano aspetti non coperti dalla presente direttiva.
(15) Ai fini della certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe indicare la data pertinente per determinare se una controversia che le parti tentano di risolvere con la mediazione sia una controversia transfrontaliera o meno. In mancanza di un accordo scritto, si dovrebbe ritenere che le parti concordino di ricorrere alla mediazione nel momento in cui intraprendono un’azione specifica per avviare il procedimento di mediazione.
(16) Al fine di garantire la fiducia reciproca necessaria in relazione alla riservatezza, all’effetto sui termini di decadenza e prescrizione nonché al riconoscimento e all’esecuzione degli accordi risultanti dalla mediazione, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare, in qualsiasi modo essi ritengano appropriato, la formazione dei mediatori e l’introduzione di efficaci meccanismi di controllo della qualità in merito alla fornitura dei servizi di mediazione.
(17) Gli Stati membri dovrebbero definire tali meccanismi, che possono includere il ricorso a soluzioni basate sul mercato, e non dovrebbero essere tenuti a fornire alcun finanziamento al riguardo. I meccanismi dovrebbero essere volti a preservare la flessibilità del procedimento di mediazione e l’autonomia delle parti e a garantire che la mediazione sia condotta in un modo efficace, imparziale e competente. I mediatori dovrebbero essere a conoscenza dell’esistenza del codice europeo di condotta dei mediatori, che dovrebbe anche essere disponibile su Internet per il pubblico.
(18) Nell’ambito della protezione dei consumatori, la Commissione ha adottato una raccomandazione che stabilisce i criteri minimi di qualità che gli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo dovrebbero offrire agli utenti. Qualunque mediatore o organizzazione che rientri nell’ambito di applicazione di tale raccomandazione dovrebbe essere incoraggiato a rispettare i principi in essa contenuti. Allo scopo di agevolare la diffusione delle informazioni relative a tali organi, la Commissione dovrebbe predisporre una banca dati di modelli extragiudiziali di composizione delle controversie che secondo gli Stati membri rispettano i principi di tale raccomandazione.
(19) La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario nel senso che il rispetto degli accordi derivanti dalla mediazione dipenda dalla buona volontà delle parti. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che le parti di un accordo scritto risultante dalla mediazione possano chiedere che il contenuto dell’accordo sia reso esecutivo. Dovrebbe essere consentito a uno Stato membro di rifiutare di rendere esecutivo un accordo soltanto se il contenuto è in contrasto con il diritto del suddetto Stato membro, compreso il diritto internazionale privato, o se tale diritto non prevede la possibilità di rendere esecutivo il contenuto dell’accordo in questione. Ciò potrebbe verificarsi qualora l’obbligo contemplato nell’accordo non possa per sua natura essere reso esecutivo.
(20) Il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione reso esecutivo in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuto e dichiarato esecutivo negli altri Stati membri in conformità della normativa comunitaria o nazionale applicabile, ad esempio in base al regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, o al regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.
(21) Il regolamento (CE) n. 2201/2003 prevede specificamente che, per essere esecutivi in un altro Stato membro, gli accordi fra le parti debbano essere esecutivi nello Stato membro in cui sono stati conclusi. Conseguentemente, se il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione in materia di diritto di famiglia non è esecutivo nello Stato membro in cui l’accordo è stato concluso e in cui se ne chiede l’esecuzione, la presente direttiva non dovrebbe incoraggiare le parti ad aggirare la legge di tale Stato membro rendendo l’accordo in questione esecutivo in un altro Stato membro.
(22) La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle norme vigenti negli Stati membri in materia di esecuzione di accordi risultanti da una mediazione.
(23) La riservatezza nei procedimenti di mediazione è importante e quindi la presente direttiva dovrebbe prevedere un grado minimo di compatibilità delle norme di procedura civile relative alla maniera di proteggere la riservatezza della mediazione in un successivo procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale.
(24) Per incoraggiare le parti a ricorrere alla mediazione, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le loro norme relative ai termini di prescrizione o decadenza non impediscano alle parti di adire un organo giurisdizionale o di ricorrere all’arbitrato in caso di infruttuoso tentativo di mediazione. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che ciò si verifichi anche se la presente direttiva non armonizza le norme nazionali relative ai termini di prescrizione e decadenza. Le disposizioni relative ai termini di prescrizione o decadenza negli accordi internazionali resi esecutivi negli Stati membri, ad esempio nella normativa in materia di trasporto, dovrebbero essere fatte salve dalla presente direttiva.
(25) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la divulgazione al pubblico di informazioni su come contattare mediatori e organizzazioni che forniscono servizi di mediazione. Dovrebbero inoltre incoraggiare i professionisti del diritto a informare i loro clienti delle possibilità di mediazione.
(26) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale "Legiferare meglio" gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione.
(27) La presente direttiva cerca di promuovere i diritti fondamentali e tiene conto dei principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(28) Poiché l’obiettivo della presente direttiva non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(29) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda hanno notificato l’intenzione di partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(30) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Obiettivo e ambito di applicazione
1. La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario.
2. La presente direttiva si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale tranne per i diritti e gli obblighi non riconosciuti alle parti dalla pertinente legge applicabile. Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii).
3. Nella presente direttiva per "Stato membro" si intendono gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.
Articolo 2
Controversie transfrontaliere
1. Ai fini della presente direttiva per controversia transfrontaliera si intende una controversia in cui almeno una delle parti è domiciliata o risiede abitualmente in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte alla data in cui:
a) le parti concordano di ricorrere alla mediazione dopo il sorgere della controversia;
b) il ricorso alla mediazione è ordinato da un organo giurisdizionale;
c) l’obbligo di ricorrere alla mediazione sorge a norma del diritto nazionale; o
d) ai fini dell’articolo 5, un invito è rivolto alle parti.
2. In deroga al paragrafo 1, ai fini degli articoli 7 e 8 per controversia transfrontaliera si intende altresì una controversia in cui un procedimento giudiziario o di arbitrato risultante da una mediazione tra le parti è avviato in uno Stato membro diverso da quello in cui le parti erano domiciliate o risiedevano abitualmente alla data di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).
3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, il domicilio è stabilito in conformità degli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) per "mediazione" si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro.
Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima;
b) per "mediatore" si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione.
Articolo 4
Qualità della mediazione
1. Gli Stati membri incoraggiano in qualsiasi modo da essi ritenuto appropriato l’elaborazione di codici volontari di condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazione nonché l’ottemperanza ai medesimi, così come qualunque altro efficace meccanismo di controllo della qualità riguardante la fornitura di servizi di mediazione.
2. Gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e successiva dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti.
Articolo 5
Ricorso alla mediazione
1. L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario.
Articolo 6
Esecutività degli accordi risultanti dalla mediazione
1. Gli Stati membri assicurano che le parti, o una di esse con l’esplicito consenso delle altre, abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia reso esecutivo. Il contenuto di tale accordo è reso esecutivo salvo se, nel caso in questione, il contenuto dell’accordo è contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o se la legge di detto Stato membro non ne prevede l’esecutività.
2. Il contenuto dell’accordo può essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta.
3. Gli Stati membri indicano alla Commissione gli organi giurisdizionali o le altre autorità competenti a ricevere le richieste conformemente ai paragrafi 1 e 2.
4. Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica le norme applicabili al riconoscimento e all’esecuzione in un altro Stato membro di un accordo reso esecutivo in conformità del paragrafo 1.
Articolo 7
Riservatezza della mediazione
1. Poiché la mediazione deve avere luogo in modo da rispettare la riservatezza, gli Stati membri garantiscono che, a meno che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso, tranne nei casi in cui:
a) ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato membro interessato, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona; oppure
b) la comunicazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.
2. Il paragrafo 1 non impedisce in alcun modo agli Stati membri di adottare misure più restrittive per tutelare la riservatezza della mediazione.
Articolo 8
Effetto della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza.
2. Il paragrafo 1 lascia impregiudicate le disposizioni relative ai termini di prescrizione o decadenza previste dagli accordi internazionali di cui gli Stati membri sono parte.
Articolo 9
Informazioni al pubblico
Gli Stati membri incoraggiano, in qualsiasi modo ritengano appropriato, la divulgazione al pubblico, in particolare via Internet, di informazioni sulle modalità per contattare i mediatori e le organizzazioni che forniscono servizi di mediazione.
Articolo 10
Informazioni sugli organi giurisdizionali e sulle autorità competenti
La Commissione mette a disposizione del pubblico, tramite qualsiasi mezzo appropriato, le informazioni sugli organi giurisdizionali o sulle autorità competenti comunicate dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3.
Articolo 11
Revisione
Entro il 21 maggio 2016 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione della presente direttiva. La relazione esamina lo sviluppo della mediazione nell’Unione europea e l’impatto della presente direttiva negli Stati membri. Se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica della presente direttiva.
Articolo 12
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011, fatta eccezione per l’articolo 10, per il quale tale data è fissata al più tardi al 21 novembre 2010. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 21 maggio 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. Pöttering
Per il Consiglio
Il presidente
J. Lenarčič

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