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domenica 30 agosto 2009

Inerzia comproprietari e sistemazione impianto elettrico parti comuni



Inerzia dei comproprietari, sistemazione impianto elettrico delle parti comuni

Tribunale Modena, Sez.II, 24 febbraio 2009

In una situazione di inerzia di tutti i comproprietari di un immobile che, dopo sopralluoghi di tecnici incaricati, non hanno assunto alcuna decisione sullo svolgimento di opere di sistemazione dell’impianto elettrico delle parti comuni, ai sensi dell’art. 1105, comma 4, c.c., il giudice può disporre la convocazione dell’assemblea, a cura del condomino più diligente, per l’adozione delle ulteriori determinazioni in proposito.

Valter Marchetti, Foro di Savona

Inerzia comproprietari e sistemazione impianto elettrico parti comuni



Inerzia dei comproprietari, sistemazione impianto elettrico delle parti comuni

Tribunale Modena, Sez.II, 24 febbraio 2009

In una situazione di inerzia di tutti i comproprietari di un immobile che, dopo sopralluoghi di tecnici incaricati, non hanno assunto alcuna decisione sullo svolgimento di opere di sistemazione dell’impianto elettrico delle parti comuni, ai sensi dell’art. 1105, comma 4, c.c., il giudice può disporre la convocazione dell’assemblea, a cura del condomino più diligente, per l’adozione delle ulteriori determinazioni in proposito.

Valter Marchetti, Foro di Savona

Riscaldamento centralizzato: validità della delibera e relazione tecnica di conformità



Sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, validità della delibera, relazione tecnica di conformità

Cass. civ., sez. II, 20 febbraio 2009, n. 4216

Nel caso in cui l'assemblea deliberi - a maggioranza delle quote millesimali ed in conformità agli obiettivi di risparmio energetico di cui alla legge n. 10 del 1991 -, la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio con autonomi impianti a gas metano, non occorre, ai fini della validità della delibera, che questa sia corredata del progetto e della relazione tecnica di conformità, poiché la legge distingue la fase deliberativa da quella attuativa, attribuendo alla prima la mera valutazione di convenienza economica della trasformazione ed alla seconda gli aspetti progettuali, ai fini della rispondenza del nuovo impianto alle prescrizioni di legge. Una volta deliberata la sostituzione, il condominio, e per esso l'amministrazione, deve provvedere a tutte le opere necessarie, tranne quelle rientranti nella disponibilità dei singoli condomini, perché questi, sia pure dissenzienti, possano provvedere ad allacciare le varie unità immobiliari al nuovo sistema di alimentazione.

Riscaldamento centralizzato: validità della delibera e relazione tecnica di conformità



Sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato, validità della delibera, relazione tecnica di conformità

Cass. civ., sez. II, 20 febbraio 2009, n. 4216

Nel caso in cui l'assemblea deliberi - a maggioranza delle quote millesimali ed in conformità agli obiettivi di risparmio energetico di cui alla legge n. 10 del 1991 -, la sostituzione dell'impianto di riscaldamento centralizzato a gasolio con autonomi impianti a gas metano, non occorre, ai fini della validità della delibera, che questa sia corredata del progetto e della relazione tecnica di conformità, poiché la legge distingue la fase deliberativa da quella attuativa, attribuendo alla prima la mera valutazione di convenienza economica della trasformazione ed alla seconda gli aspetti progettuali, ai fini della rispondenza del nuovo impianto alle prescrizioni di legge. Una volta deliberata la sostituzione, il condominio, e per esso l'amministrazione, deve provvedere a tutte le opere necessarie, tranne quelle rientranti nella disponibilità dei singoli condomini, perché questi, sia pure dissenzienti, possano provvedere ad allacciare le varie unità immobiliari al nuovo sistema di alimentazione.

sabato 11 aprile 2009

Caduta dalle scale bagnate: il custode non risarcisce il danno se il pericolo era evidente

16/03/2009)
Se cadi sulle scale bagnate del condominio il custode non risarcisce il danno sofferto se il pericolo era evidente
Avv. Valter Marchetti
Cass. civ., Sez. III, sentenza 19 giugno 2008, n. 16607
Il fatto ed i giudizi di primo e secondo grado. Una signora era scivolata nell'atrio dell'edificio codominiale a causa della cera applicata dal custode dello stabile, combinata con l’acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini. La stessa conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Condominio milanese per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da essa patiti ai sensi dell'art. 2051 cc, quale custode delle parti comuni dell'edificio o, in subordine, ai sensi dell'art. 2043 CC. Il Condominio si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.Il Tribunale adito rigettava le domande e, dopo la proposizione da parte della signora dell'appello, resistito dall'appellato, che a sua volta spiegava appello incidentale relativamente alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio, la Corte di appello di Milano, rigettava entrambi gli appelli, con la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado di giudizio; avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la signora. La Cassazione.I giudici della Cassazione nella sentenza in esame riaffermano il principio, più volte espresso in sede di legittimità, secondo cui la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è esclusa soltanto quando il danno sia eziologicamente riconducibile non alla cosa, ma al fortuito senza che rilevi che questo sia costituito da un comportamento umano, nel fatto cioè dello stesso danneggiato o di un terzo.La signora T., in punto di fatto della sentenza di secondo grado così come richiamata dai giudici della Cassazione, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi; siamo, quindi, in presenza di un accertamento in punto di fatto, che, sorretto com'è da congrua e coerente motivazione, deve ritenersi sottratto ad ogni sindacato sul piano di legittimità. Questo il ragionamento della Corte di Cassazione.Né può sostenersi che i giudici di merito si siano sottratti all'onere di motivazione sul punto decisivo che l'accertata condotta negligente e disattenta della ricorrente sia stata l’esclusiva causa della sua scivolata sul pavimento, atteso che le argomentate considerazioni su detto comportamento, sopra richiamate, hanno correttamente evidenziato che l’evento dannoso era stato cagionato esclusivamente da caso fortuito (nella specie rappresentato da un fatto imputabile alla stessa persona danneggiata), che per sua intrinseca natura risulta idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno (v. Cass. 17.1.2001, n. 584).Accertato, anche in via di fatto, che l’evento lesivo sia stato cagionato esclusivamente dal comportamento della danneggiata, giustamente la Corte di merito ha escluso che possa trovare applicazione la responsabilità oggettive del custode ex art. 2051 cc, che presuppone invece la diversa ipotesi dei danni cagionati dal la cosa in custodia per la sua intrinseca natura ovvero per l’insorgenza in essa di fattori, dannosi.Ed invero, ad avviso dei giudici di legittimità, la scivolosità del pavimento è stata congruamente valutata dai giudici di merito, che hanno però motivatamente ritenuto che la conseguente scivolata della ricorrente sia dipesa esclusivamente dalla condotta negligente della medesima, con inevitabile interruzione del nesso causale tra la cosa custodita ed il danno patito.La sentenza impugnata ha escluso nella fattispecie la possibilità di applicazione dell'art. 1227 primo comma c.c. che, presupponendo l’individuazione di un fatto colposo ascrivibile - in termini di responsabilità aquilana - al creditore, non può applicarsi nel caso in esame, nel quale con decisione ormai passata in giudicato è stata esclusa la responsabilità extracontrattuale del condominio, e dunque la relativa responsabilità. Inoltre la Corte di merito ha specificamente individuato il comportamento ascritto alla T.A. a titolo di colpa che abbia cagionato in via esclusiva il danno dalla medesima patito, precisando che il mancato uso, da parte della danneggiata, della normale diligenza era consistito nell'avere alzato il piede sinistro sul primo gradino prima ancora di assicurarsi la presa al corrimani delle scale.È evidente, quindi, che la Corte di merito ha attribuito alla T.A. un preciso comportamento, valutato come colposo nel contesto delle accertate condizioni di fatto del momento (pavimento che presentava una situazione di percepibile possibile scivolosità) ed idoneo a cagionare in via esclusiva il danno lamentato, e che tale comportamento non può certamente risolversi in un mero "atteggiamento mentale" della T.A. medesima, come quest'ultima pretenderebbe.Sul punto in questione la Corte di Cassazione riscontra una valida ed insindacabile motivazione della sentenza di secondo grado, la quale ha adeguatamente spiegato quale avrebbe dovuto essere lo specifico comportamento che la ricorrente avrebbe dovuto tenere per evitare il danno, e cioè quello di sorreggersi al corrimani delle scale prima di iniziarne la salita.
Valter Marchetti, Foro di Savona

Caduta dalle scale bagnate: il custode non risarcisce il danno se il pericolo era evidente

16/03/2009)
Se cadi sulle scale bagnate del condominio il custode non risarcisce il danno sofferto se il pericolo era evidente
Avv. Valter Marchetti
Cass. civ., Sez. III, sentenza 19 giugno 2008, n. 16607
Il fatto ed i giudizi di primo e secondo grado. Una signora era scivolata nell'atrio dell'edificio codominiale a causa della cera applicata dal custode dello stabile, combinata con l’acqua piovana trasportata dal passaggio degli inquilini. La stessa conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Condominio milanese per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da essa patiti ai sensi dell'art. 2051 cc, quale custode delle parti comuni dell'edificio o, in subordine, ai sensi dell'art. 2043 CC. Il Condominio si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversa domanda.Il Tribunale adito rigettava le domande e, dopo la proposizione da parte della signora dell'appello, resistito dall'appellato, che a sua volta spiegava appello incidentale relativamente alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio, la Corte di appello di Milano, rigettava entrambi gli appelli, con la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado di giudizio; avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la signora. La Cassazione.I giudici della Cassazione nella sentenza in esame riaffermano il principio, più volte espresso in sede di legittimità, secondo cui la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. è esclusa soltanto quando il danno sia eziologicamente riconducibile non alla cosa, ma al fortuito senza che rilevi che questo sia costituito da un comportamento umano, nel fatto cioè dello stesso danneggiato o di un terzo.La signora T., in punto di fatto della sentenza di secondo grado così come richiamata dai giudici della Cassazione, pur potendo verificare in condizioni di normale visibilità che il pavimento appariva in condizioni di percepibile scivolosità, non aveva prestato la normale diligenza e la dovuta particolare attenzione alla situazione anomala dei luoghi; siamo, quindi, in presenza di un accertamento in punto di fatto, che, sorretto com'è da congrua e coerente motivazione, deve ritenersi sottratto ad ogni sindacato sul piano di legittimità. Questo il ragionamento della Corte di Cassazione.Né può sostenersi che i giudici di merito si siano sottratti all'onere di motivazione sul punto decisivo che l'accertata condotta negligente e disattenta della ricorrente sia stata l’esclusiva causa della sua scivolata sul pavimento, atteso che le argomentate considerazioni su detto comportamento, sopra richiamate, hanno correttamente evidenziato che l’evento dannoso era stato cagionato esclusivamente da caso fortuito (nella specie rappresentato da un fatto imputabile alla stessa persona danneggiata), che per sua intrinseca natura risulta idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno (v. Cass. 17.1.2001, n. 584).Accertato, anche in via di fatto, che l’evento lesivo sia stato cagionato esclusivamente dal comportamento della danneggiata, giustamente la Corte di merito ha escluso che possa trovare applicazione la responsabilità oggettive del custode ex art. 2051 cc, che presuppone invece la diversa ipotesi dei danni cagionati dal la cosa in custodia per la sua intrinseca natura ovvero per l’insorgenza in essa di fattori, dannosi.Ed invero, ad avviso dei giudici di legittimità, la scivolosità del pavimento è stata congruamente valutata dai giudici di merito, che hanno però motivatamente ritenuto che la conseguente scivolata della ricorrente sia dipesa esclusivamente dalla condotta negligente della medesima, con inevitabile interruzione del nesso causale tra la cosa custodita ed il danno patito.La sentenza impugnata ha escluso nella fattispecie la possibilità di applicazione dell'art. 1227 primo comma c.c. che, presupponendo l’individuazione di un fatto colposo ascrivibile - in termini di responsabilità aquilana - al creditore, non può applicarsi nel caso in esame, nel quale con decisione ormai passata in giudicato è stata esclusa la responsabilità extracontrattuale del condominio, e dunque la relativa responsabilità. Inoltre la Corte di merito ha specificamente individuato il comportamento ascritto alla T.A. a titolo di colpa che abbia cagionato in via esclusiva il danno dalla medesima patito, precisando che il mancato uso, da parte della danneggiata, della normale diligenza era consistito nell'avere alzato il piede sinistro sul primo gradino prima ancora di assicurarsi la presa al corrimani delle scale.È evidente, quindi, che la Corte di merito ha attribuito alla T.A. un preciso comportamento, valutato come colposo nel contesto delle accertate condizioni di fatto del momento (pavimento che presentava una situazione di percepibile possibile scivolosità) ed idoneo a cagionare in via esclusiva il danno lamentato, e che tale comportamento non può certamente risolversi in un mero "atteggiamento mentale" della T.A. medesima, come quest'ultima pretenderebbe.Sul punto in questione la Corte di Cassazione riscontra una valida ed insindacabile motivazione della sentenza di secondo grado, la quale ha adeguatamente spiegato quale avrebbe dovuto essere lo specifico comportamento che la ricorrente avrebbe dovuto tenere per evitare il danno, e cioè quello di sorreggersi al corrimani delle scale prima di iniziarne la salita.
Valter Marchetti, Foro di Savona

venerdì 10 aprile 2009

Infiltrazioni causate da terrazzo a livello deteriorato: la responsabilità segue l'art. 1126 c.c.

(07/04/2009)
Risarcimento danni, infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione
Cassazione, civ. Sez. III, del 12 dicembre 2008 n. 29212
In tema di condominio, la terrazza a livello, anche se di proprietà o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve anche alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che a norma dell'art. 1126 c.c., alla manutenzione della terrazza a livello sono tenuti, a norma della stessa disposizione, tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, dei danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art. 1126 c.c.. Ulteriore conseguenza è che la domanda di risarcimento dei danni è proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza

Infiltrazioni causate da terrazzo a livello deteriorato: la responsabilità segue l'art. 1126 c.c.

(07/04/2009)
Risarcimento danni, infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione
Cassazione, civ. Sez. III, del 12 dicembre 2008 n. 29212
In tema di condominio, la terrazza a livello, anche se di proprietà o in godimento esclusivo di un singolo condomino, assolve anche alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edificio nei confronti degli appartamenti sottostanti. Ne consegue che a norma dell'art. 1126 c.c., alla manutenzione della terrazza a livello sono tenuti, a norma della stessa disposizione, tutti i condomini cui la terrazza funge da copertura, in concorso con l'eventuale proprietario superficiario o titolare del diritto di uso esclusivo. Conseguentemente, dei danni cagionati all'appartamento sottostante da infiltrazioni di acqua provenienti dalla terrazza deteriorata per difetto di manutenzione devono rispondere tutti i condomini tenuti alla sua manutenzione, secondo i criteri di ripartizione della spesa stabiliti dall'art. 1126 c.c.. Ulteriore conseguenza è che la domanda di risarcimento dei danni è proponibile nei confronti del condominio in persona dell'amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, ivi compreso il proprietario dell'appartamento posto allo stesso livello della terrazza

L'indennità per i miglioramenti spetta esclusivamente se c'è il consenso del locatore


(06/04/2009)
Nessuna indennità per i miglioramenti effettuati dal conduttore senza il consenso del locatore
Cassazione Civile, Sezione III, sentenza del 30 gennaio 2009 n. 2494
Il diritto del conduttore all'indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ex art 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore. Il consenso, il quale importa una valutazione sia riguardo all'opportunità che alla convenienza delle opere stesse, non può essere considerato implicito o desumersi da atti di tolleranza, ma deve risultare da una manifestazione esplicita ed inequivoca di volontà, senza la quale deve ritenersi applicabile il principio secondo cui il conduttore non ha diritto all'indennità per i miglioramenti apportati al bene oggetto di locazione senza il consenso del locatore. Con la recente pronuncia, la Suprema Corte, in ottemperanza ad un forte orientamento giurisprudenziale, ribadisce che il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità per i miglioramenti effettuati dallo stesso conduttore senza il consenso del locatore. E, si badi bene, detto consenso non può essere manifestato per mera tolleranza o accettazione o non opposizione, bensì in modo esplicito o per facta concludentia o anche con un comportamento incompatibile ad un contrario proposito. Non sussistendo il consenso reso esplicito nelle succitate ultime modalità, il conduttore non può vantare alcun diritto all'indennizzo ex art 1592 c.c., indennizzo che peraltro corrisponde alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del miglioramento al momento della consegna.Il principio espresso dalla Cassazione nella sopra indicata sentenza, infine, deve essere applicato a maggior ragione, come peraltro accade sovente nella pratica quotidiana, nell'ipotesi in cui i contraenti hanno previsto nel contratto di locazione che nessuna opera può essere effettuata senza l'autorizzazione del locatore.
Avv. Luigi Modaffari

L'indennità per i miglioramenti spetta esclusivamente se c'è il consenso del locatore


(06/04/2009)
Nessuna indennità per i miglioramenti effettuati dal conduttore senza il consenso del locatore
Cassazione Civile, Sezione III, sentenza del 30 gennaio 2009 n. 2494
Il diritto del conduttore all'indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ex art 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore. Il consenso, il quale importa una valutazione sia riguardo all'opportunità che alla convenienza delle opere stesse, non può essere considerato implicito o desumersi da atti di tolleranza, ma deve risultare da una manifestazione esplicita ed inequivoca di volontà, senza la quale deve ritenersi applicabile il principio secondo cui il conduttore non ha diritto all'indennità per i miglioramenti apportati al bene oggetto di locazione senza il consenso del locatore. Con la recente pronuncia, la Suprema Corte, in ottemperanza ad un forte orientamento giurisprudenziale, ribadisce che il conduttore non ha diritto ad alcuna indennità per i miglioramenti effettuati dallo stesso conduttore senza il consenso del locatore. E, si badi bene, detto consenso non può essere manifestato per mera tolleranza o accettazione o non opposizione, bensì in modo esplicito o per facta concludentia o anche con un comportamento incompatibile ad un contrario proposito. Non sussistendo il consenso reso esplicito nelle succitate ultime modalità, il conduttore non può vantare alcun diritto all'indennizzo ex art 1592 c.c., indennizzo che peraltro corrisponde alla minor somma tra l'importo della spesa e il valore del miglioramento al momento della consegna.Il principio espresso dalla Cassazione nella sopra indicata sentenza, infine, deve essere applicato a maggior ragione, come peraltro accade sovente nella pratica quotidiana, nell'ipotesi in cui i contraenti hanno previsto nel contratto di locazione che nessuna opera può essere effettuata senza l'autorizzazione del locatore.
Avv. Luigi Modaffari

lunedì 23 febbraio 2009

Impugnativa delibera di assemblea condominiale: motivi


Condominio. Impugnativa di delibera assembleare, vari motivi


sabato 21 febbraio 2009
Tribunale di Nola, sentenza del 7 ottobre 2008

Condominio

IMPUGNATIVA DELIBERA ASSEMBLEARE - VARI MOTIVI
DISTRIBUZIONE SPESE DI LITE – SEPARAZIONE RESPONSABILITA’ – DIRITTO DI RIVALSA – ERRORE ARITMETICO IN SEDE DI REDAZIONE DI TABELLE – REGOLAMENTO DI CONDOMINIO - SPESE DI MANUTENZIONE TERRAZZA/LASTRICO SOLARE - RIPARTIZIONE ONERI CONDOMINIALI – CAMBIO DI DESTINAZIONE DELL’AREA COMUNE
.
[Tribunale di Nola, Dr. Alfonso Scermino, sentenza del 7 ottobre 2008]
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola - Seconda sezione civile, in persona del giudice unico dr. Alfonso Scermino, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 3561 del Ruolo Generale dell’anno 2005, vertente
TRA
Caiox Axx e Meviax Bxx, rappresentati e difesi dall’ avv.to …, giusta procura a margine della citazione di primo grado, con cui elettivamente domiciliano in … , -attori-
CONTRO
Condominio KKKK in….alla via Cxx Zxx , in personsa dell’amministratore p.t. Exx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. …, con cui elettivamente domicilia in ; -convenuto-
avente ad oggetto: azione di impugnaizone delibera assembleare
CONCLUSIONI: all’udienza del 27.5.2008 i procuratori concludevano riportandosi integralmente ai propri scritti difensivi e a tutte le deduzioni di udienza e alla documentazione prodotta in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 1137 c.c. depositato il 9.5.2005 Caiox Axx e Meviax Bxx impugnavano tempestivamente la delibera adottata in data 16.3.2005 dal loro condominio KKKK in … alla via … Cxx Zxx.
I ricorrenti svolgevano svariate censure al deliberato.
Si costituiva il condominio , instando per l’integrale rigetto dell’azione.
Negata in corso di causa la domanda di sospensiva dell’efficacia della delibera impugnata, la causa, senza che fosse necessaria alcuna attività istruttoria, era chiamata per le conclusioni al 27.5.2008, ove era trattenuta in decisione ex art. 190 c.p.c. con concessione dei termini di legge alle parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I)
Assumeva parte istante che la delibera impugnata sarebbe stata illegittima in quanto distribuiva anche in capo ai ricorrenti le spese di lite “per la procedura da instaurare nei confronti del condomini Tiziox”, nonostante che con atto stragiudiziale notificato all’amministratore l’11.12.2004 (versato in atti) i coniugi Caiox/Meviax avessero dichiarato di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite.
La deduzione è infondata.
E’ noto che , ai sensi dell’art. 1132 c.c., qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite.
Tuttavia, la norma prevede tale possibilità solo “per il caso di soccombenza”.
Ciò significa che soltanto quando l’azione venga promossa e successivamente il condominio perda la causa il condomino che aveva esercitato la sua facoltà di separazione vanterebbe un “diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa”.
Mentre la norma non prevede affatto che il condomino dissenziente possa , come ivi si pretenderebbe, con un mero suo atto di volontà esonerarsi dal contribuire a pagare:
- delle spese legali occorrenti hic et nunc per la difesa del condominio (caso in esame ), spese che, come è evidente, sono cosa assolutamente diversa rispetto a quelle da rifondere ex post alla controparte vittoriosa (previsione ex art. 1132 c.c.);
- delle spese legali per una causa solo da proporre (caso in esame), il cui importo - ancora una volta – costituisce una voce radicalmente differente rispetto a quella da sostenersi quando la causa si sia già perduta (previsione ex art. 1132 c.c., soccombenza).
Insomma, la contestazione non ha pregio alcuno.
In ordine all’errore aritmetico - contestato nel primo motivo di impugnazione – che avrebbe commesso il condominio in sede di redazione di talune tabelle allegate alla delibera, nulla si pronuncerà, per l’assorbente ragione che esso è stato espressamente riconosciuto dal convenuto in corso di giudizio (com. concl.) , senza incidere più, a questo punto, sulla legittimità della delibera.
2)
Con un secondo motivo di doglianza parte ricorrente assumeva che nella relazione descrittiva del Regolamento di condomino – approvato con la delibera gravata - si leggeva che ”il fabbricato era formato da 3 piani fuori terra della stessa altezza”, mentre ciò non avrebbe corrisposto al vero.
E tale errore avrebbe integrato gli estremi di una violazione di legge, in quanto influiva sulla ripartizione degli oneri condominiali.
Le censura non ha pregio.
Invero, ha ragione il Condominio quando osserva che la relazione contestata aveva un valore puramente descrittivo, onde non poteva essere di per sé pregiudizievole per le ragioni dei singoli condomini.
Mentre, qualora parte ricorrente avesse voluto dedurre una scorretta ripartizione degli oneri condominiali, avrebbe dovuto impugnare non certo una descrizione illustrativa – di per sé neutrale- , ma un preciso atto deliberativo di ripartizione, in uno ai criteri – eventualmente erronei - utilizzati dal condomino.
Nè si poteva certamente assumere, peraltro in modo criptico e generico, che una mera descrizione dell’immobile condominiale “influiva sulla ripartizione degli oneri condominiali”, senza poi spiegare perché, in che modo ed in che termini.
Peraltro, proprio il fatto che i ricorrenti si dolessero che erano in circolazione diverse tabelle non ritualmente approvate dai condomini (memoria art. 184 c.c.), rafforzava la notazione che fosse assolutamente inutile dolersi in questa della scorrettezza di criteri mai deliberati dal condominio (prospettazione dei ricorrenti).
Meglio sarebbe stato, allora, che gli interessati avessero agito – se davvero lo avessero voluto - per una rituale, valida e definitiva determinazione giudiziale di tali tabelle.
Ma tanto non hanno fatto.
3)
I ricorrenti lamentavano che il Regolamento di condomino sarebbe stato illegittimo per il fatto di non aver precisato il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini: in sostanza, ci si doleva del fatto che la delibera non aveva allegato al Regolamento approvato le tabelle millesimali del fabbricato.
Ed in tal modo – si proseguiva - sarebbe stato violato l’art. 68 disp. att. c.c. , che avrebbe previsto il relativo obbligo.
La deduzione è scorretta in diritto.
Infatti , l’art. 72 Disp .att. cit prevede che “i regolamenti di condominio non possono derogare alle (sole) disposizioni dei precedenti articoli 63, 66, 67 e 69”: dal che è evidente come l’art. 68 cit. asseritamente violato costituisca norma liberamente derogabile dai condomini (cfr, Cassazione civile , sez. II, 19 ottobre 1988, n. 5686) , ai quali, di conseguenza, non era affatto inibito approvarsi un regolamento condominiale senza contestuale deliberazione – ed allegazione - delle tabelle millesimali.
4)
I ricorrenti contestavano ancora il Regolamento in quanto, nella descrizione dei beni condominiali ivi contenuta, non vi era menzione del “vano condominiale in pian terreno, dei vialetti laterali e retrostanti l’edificio, del gabinetto di decenza e della lavanderia”. E tale incompletezza avrebbe nuovamente influito sulla correttezza della determinazione degli oneri condominiali e sul loro riparto.
La censura è infondata per quanto già osservato sub. 2.
Ad abundantiam , valga qui aggiungere che era inconsistente in partenza assumere che la mancata considerazione di beni comuni (secondo quanto allegato degli istanti) avrebbe potuto incidere sulla ripartizione degli oneri condominiali, sol che si consideri che questi ultimi, ai sensi dell’art. 1123 c.c., vengono distribuiti “in misura proporzionale al valore della proprietà esclusiva di ciascuno”, essendo dunque parametrati solo sulla proprietà di ciascun condomino a prescindere da quali siano , perciò, i beni comuni da gestire e conservare .
In ogni caso, si rinvia a sub. 2 della pronuncia.
5)
I ricorrenti, ancora, adducevano che il Regolamento sarebbe stato ulteriormente illegittimo in quanto prevedeva che “le spese per la manutenzione ed eventuali lavori di riparazione delle scale sarebbero state ripartite in base alla Tabella” delle scale (A), mentre tale ultima tabella avrebbe dovuto applicarsi solo per le spese di ordinaria amministrazione , a dispetto di quelle per la straordinaria amministrazione, da distribuirsi secondo la Tabella generale.
Il motivo è infondato .
Ai sensi dell’art. 1124 c.c. “le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo”.
La legge, pertanto, detta un solo criterio normativo per la ripartizione delle spese riguardanti tale bene comune , il quale è chiaramente applicabile sia a quelle ordinarie (“mantenute”) che a quelle straordinarie (“ricostruite”).
Sicchè , se esisteva una Tabella (A) regolante, in applicazione dell’art. 1124 c.c., il concorso degli oneri condominiali relativamente alle scale del fabbricato, questa non poteva (e doveva) che riferirsi ad ogni spesa ad esse relativa: ne conseguiva che non aveva davvero alcun fondamento la pretesa dei ricorrenti di applicare una diversa Tabella (quella “generale”) solo per le spese straordinarie sulle scale.
Peraltro, la diversa ripartizione invocata avrebbe presentato profili di dubbia legittimità, finendo per applicare alle scale criteri di ripartizione confliggenti con quelli dettati dall’art. 1124 c.c. , salvo che fosse intervenuta diversa convenzione unanime tra i condomini (cosa, per la verità, nemmeno allegata dai ricorrenti).
6)
I condomini istanti contestavano , ancora, il fatto che l’art. 8 del Regolamento ponesse le spese di manutenzione della terrazza/lastrico solare anteriore anche a carico dei condomini sottostanti la terrazza- lastrico solare posteriore, e ciò nella misura del 7%.
Si assumeva, allora, che tale criterio di riparto sarebbe stato arbitrario e non giustificato.
Stavolta l’impugnazione era fondata.
In tema di condominio di edifìci, ogni terrazza a livello, anche se di proprietà o di uso esclusivo di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edifìcio nei confronti degli appartamenti sottostanti.
Ne consegue che , anche se appartiene in proprietà o se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario o con il titolare del diritto di uso esclusivo, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c., vale a dire i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (cfr, ex multis, Cassazione civile , sez. III, 13 dicembre 2007, n. 26239).
Ciò posto, va rilevato che la variante all’art. 1126 c.c. inserita dal condominio convenuto – secondo cui alle spese della terrazza anteriore avrebbero dovuto concorrere pure i titolari di una presunta servitù sulla stessa in ragione del 7%, nonostante essi non fossero direttamente serviti dal bene in questione – non aveva alcuna base normativa.
Perciò una tale modifica del regime delle spese avrebbe potuto essere inserita – a prescindere poi dalla specifica correttezza della determinazione del 7% - solo mediante unanime consenso di tutti i condomini .
Ciò in quanto , in tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 n. 2 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe innovative ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe , venendo direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte dell'edificio di sua esclusiva proprietà, possono scaturire soltanto da una convenzione a cui egli aderisca.
Pertanto la deliberazione assembleare che ecceda o non faccia fedele applicazione di detti criteri è inefficace nei confronti del condomino dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 commi secondo e terzo cod. civ.. (Cass. Civ. Sez. U, Sentenza n. 2928 del 05/05/1980 ; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 12375 del 19/11/1992 ; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 3042 del 15/03/1995; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 7359 del 09/08/1996).
Ne discende che va annullato – per difetto di unanimità - l’art. 8 del Regolamento condominiale approvato con la delibera del 16.3.2005 nel punto in cui recita “le spese di manutenzione della terrazza anteriore saranno anche a carico delle unità immobiliari sottostanti alla terrazza posteriore nella misura del 7% per la servitù di uci alla relazione descrittiva”.
7)
I ricorrenti lamentavano altresì che l’art. 10 del Regolamento disponesse che “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”.
In particolare , ci si doleva della mancanza della maggioranza imposta dalla legge ex art.1136 comma 5 c.c., essendosi in tal modo deliberato un cambio di destinazione dell’area comune.
La doglianza è nuovamente fondata.
Invero, la Suprema Corte ha avuto già occasione di avvertire, in numerose decisioni, come il regolamento del condominio, qual è contemplato dal primo comma dell'art. 1138 C.C. - tanto se predisposto dal proprietario o costruttore dello stabile (ancorché prima dell'entrata in vigore del Cod. Civ.) e accettato di volta in volta dai successivi acquirenti degli appartamenti venduti, quanto se formato dall'assemblea dei condomini, ove si limiti a dettare norme che disciplinano l'uso e le modalità di godimento delle cose comuni, la ripartizione delle spese relative e la tutela del decoro dell'edificio - contempla una materia che rimane nell'ambito della organizzazione della vita interna del condominio, la quale ben può esser modificata dall'organo cui quel potere di organizzazione è devoluto, vale a dire dall'assemblea dei condomini con la maggioranza prevista dall'art. 1136 C.C..
Se invece il regolamento non si limita soltanto alla disciplina dell'uso delle cose comuni in conformità dei diritti spettanti ai singoli condomini, ma pone delle norme che, incidendo sui singoli diritti, si risolvono in una alterazione, a vantaggio di alcuni dei partecipanti e in pregiudizio degli altri, della misura del godimento che ciascun condomino ha in ragione della propria quota, in tal caso nessuna modificazione, può essere ammessa senza il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio (cfr. Cass. 27.1.1996, n. 642; 8.1.1966, n. 158).
Tanto acclarato, è stato altresì specificato come la mera indicazione, in un regolamento condominiale, della destinazione a parcheggio (nel caso , di biciclette) di parte del cortile comune non determina una connotazione reale del bene, integrando, di contro, una innovazione volta al miglior regolamento dell'uso del cortile stesso, in modo da consentire ad ogni avente diritto l'uso del parcheggio.
Nondimeno, per la natura e finalità della delibera in esame, sarebbe necessario che la delibera sia approvata a maggioranza qualificata dei condomini (tra le altre, Cassazione civile , sez. II, 29 dicembre 2004, n. 24146; Cassazione civile , sez. II, 08 novembre 2004, n. 21287; Cass. 27 gennaio 1996 n. 642; . Cass. 17.10.1998, n. 10289; 3.9.1993, n. 9311).
Tale quorum (2/3), però, non è stato rispettato nella fattispecie , solo che si vadano a sommare i millesimi (espressi nel verbale della delibera ed unici da potersi prendere a riferimento, in quanto non contestati) di tutti i condomini che approvarono la delibera, con esclusione di quelli del dissenziente Caiox (124,16) nonché dei condomini assenti Sempronio (75,85) e Tiziox (161,46).
Per cui, andrà annullato anche l’art. 10 del Regolamento ove si statuiva “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”.
8)
I ricorrenti deducevano pure l’illegittimità dell’art. 12 lett. b) del Regolamento in quanto era ivi previsto che sarebbe stato “posto un paletto fisso all’inizio dell’androne di ingresso”, al fine di impedire ai condomini l’uso del cortile, financo e per le operazioni di carico e scarico delle proprie vetture o per motivi sanitari.
La censura è fondata.
Ed invero, la disposizione di un regolamento condominiale che importi un divieto di ingresso e parcheggio di autoveicoli nelle aree comuni , incidendo sul diritto di godimento spettante a ciascun condomino " iure proprietatis " sulle parti comuni , ha natura tipicamente negoziale , con la conseguenza che una sua introduzione o modifica avrebbe dovuto essere accettata da tutti i condomini per iscritto (cfr, Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 854 del 28/01/1997; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 1830 del 18/02/2000).
In mancanza, allora, dell’unanimità richiesta, non potrà che addivenirsi ad una ulteriore pronuncia di annullamento (da ultimo, Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 17694 del 14/08/2007; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5626 del 18/04/2002), dovendo caducarsi l’art. 12 lett. b) del Regolamento.
9)
Da ultimo, i ricorrenti assumevano che l’art. 13 Regolamento fosse illegittimo perchè , prevedendo che “il monovano a piano terra, di proprietà dei condomini escluso il Sempronio, veniva destinato a locazione commerciale o deposito per terzi allo scopo di costituire un fondo cassa” , introduceva una nuova innovazione in mancanza delle maggioranze richieste ex art. 1136 5° comma c.c..
La censura è infondata.
Ciò per il semplice fatto che , con riguardo a tale specifica previsione, la maggioranza richiesta ex art. 1136 cit. era stata raggiunta, visto che, eliminando i millesimi del non comproprietario Sempronio nel computo del quorum, il limite dei due terzi (mill. 666) era stato rispettato .
Tuttavia, questo non si verificava perché – come erroneamente rilevato dalla difesa del condominio - dai 1000/millesimi del fabbricato andava sottratta la quota del Sempronio (75,81) per determinarsi (sul minor valore di 924,19/millesimi) una conseguente quota dei 2/3 più bassa (616,16), ma perché su tale vano – per quanto allegato dalle parti – non veniva ad esistere una situazione di condominio tecnicamente intesa, ma una mera comunione ordinaria, essendo risultato estromesso (fatto incontestato tra le parti) un compartecipe dell’intero fabbricato; per cui, nell’ambito di questa comunione ordinaria, le quote di compartecipazione di ciascun comunista, partendo da quelle condominiali , si accrescevano proporzionalmente anche della quota del Sempronio, non proprietario del vano; dal che, distribuendosi i 75,81 millesimi del Sempronio in capo agli altri condomini proprietari del vano , la delibera degli assenzienti riusciva a raggiungere i 666/millesimi del vano.
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Va dato atto che solo nelle memorie ex art. 184 c.p.c. i ricorrenti deducevano una ulteriore illegittimità afferente alle “tabelle per quanto attiene al riparto delle spese relative alle scale”: è evidente, tuttavia, che la censura, siccome avanzata solo in corso di giudizio, era inammissibile avendo integrato domanda nuova.
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Le spese potranno essere compensate tra le parti, vista la solo parziale fondatezza di un ricorso molto articolato e ricco di motivi di gravame.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da Caiox Axx e Meviax Bxx con ricorso depositato in data 9.5.2005 avverso il Condominio KKKK in … alla via …. Cxx Zxx, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, cosi’ provvede:
- in parziale accoglimento della domanda , annulla la delibera condominiale adottata dal Condominio KKKK in … alla via … Cxx Zxx in data 16.3.2005 nei seguenti punti:
a) all’art. 8 del Regolamento condominiale ivi approvato , laddove si recita che “le spese di manutenzione della terrazza anteriore saranno anche a carico delle unità immobiliari sottostanti alla terrazza posteriore nella misura del 7% per la servitù di cui alla relazione descrittiva”;
b) all’art. 10 del Regolamento condominiale ivi approvato, laddove si recita che “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”;
c) all’art. 12 lett. b) del Regolamento condominiale ivi approvato, laddove si prevede il divieto di accedere e parcheggiare nel cortile comune con veicoli di ogni genere e che sarebbe stato “posto un paletto fisso all’inizio dell’androne di ingresso”;
- spese interamente compensate tra le parti.
Nola, 7.10.2008
Il Giudice dott. Alfonso Scermino
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Impugnativa delibera di assemblea condominiale: motivi


Condominio. Impugnativa di delibera assembleare, vari motivi


sabato 21 febbraio 2009
Tribunale di Nola, sentenza del 7 ottobre 2008

Condominio

IMPUGNATIVA DELIBERA ASSEMBLEARE - VARI MOTIVI
DISTRIBUZIONE SPESE DI LITE – SEPARAZIONE RESPONSABILITA’ – DIRITTO DI RIVALSA – ERRORE ARITMETICO IN SEDE DI REDAZIONE DI TABELLE – REGOLAMENTO DI CONDOMINIO - SPESE DI MANUTENZIONE TERRAZZA/LASTRICO SOLARE - RIPARTIZIONE ONERI CONDOMINIALI – CAMBIO DI DESTINAZIONE DELL’AREA COMUNE
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[Tribunale di Nola, Dr. Alfonso Scermino, sentenza del 7 ottobre 2008]
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola - Seconda sezione civile, in persona del giudice unico dr. Alfonso Scermino, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile iscritta al n. 3561 del Ruolo Generale dell’anno 2005, vertente
TRA
Caiox Axx e Meviax Bxx, rappresentati e difesi dall’ avv.to …, giusta procura a margine della citazione di primo grado, con cui elettivamente domiciliano in … , -attori-
CONTRO
Condominio KKKK in….alla via Cxx Zxx , in personsa dell’amministratore p.t. Exx, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. …, con cui elettivamente domicilia in ; -convenuto-
avente ad oggetto: azione di impugnaizone delibera assembleare
CONCLUSIONI: all’udienza del 27.5.2008 i procuratori concludevano riportandosi integralmente ai propri scritti difensivi e a tutte le deduzioni di udienza e alla documentazione prodotta in giudizio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 1137 c.c. depositato il 9.5.2005 Caiox Axx e Meviax Bxx impugnavano tempestivamente la delibera adottata in data 16.3.2005 dal loro condominio KKKK in … alla via … Cxx Zxx.
I ricorrenti svolgevano svariate censure al deliberato.
Si costituiva il condominio , instando per l’integrale rigetto dell’azione.
Negata in corso di causa la domanda di sospensiva dell’efficacia della delibera impugnata, la causa, senza che fosse necessaria alcuna attività istruttoria, era chiamata per le conclusioni al 27.5.2008, ove era trattenuta in decisione ex art. 190 c.p.c. con concessione dei termini di legge alle parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I)
Assumeva parte istante che la delibera impugnata sarebbe stata illegittima in quanto distribuiva anche in capo ai ricorrenti le spese di lite “per la procedura da instaurare nei confronti del condomini Tiziox”, nonostante che con atto stragiudiziale notificato all’amministratore l’11.12.2004 (versato in atti) i coniugi Caiox/Meviax avessero dichiarato di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite.
La deduzione è infondata.
E’ noto che , ai sensi dell’art. 1132 c.c., qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite.
Tuttavia, la norma prevede tale possibilità solo “per il caso di soccombenza”.
Ciò significa che soltanto quando l’azione venga promossa e successivamente il condominio perda la causa il condomino che aveva esercitato la sua facoltà di separazione vanterebbe un “diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa”.
Mentre la norma non prevede affatto che il condomino dissenziente possa , come ivi si pretenderebbe, con un mero suo atto di volontà esonerarsi dal contribuire a pagare:
- delle spese legali occorrenti hic et nunc per la difesa del condominio (caso in esame ), spese che, come è evidente, sono cosa assolutamente diversa rispetto a quelle da rifondere ex post alla controparte vittoriosa (previsione ex art. 1132 c.c.);
- delle spese legali per una causa solo da proporre (caso in esame), il cui importo - ancora una volta – costituisce una voce radicalmente differente rispetto a quella da sostenersi quando la causa si sia già perduta (previsione ex art. 1132 c.c., soccombenza).
Insomma, la contestazione non ha pregio alcuno.
In ordine all’errore aritmetico - contestato nel primo motivo di impugnazione – che avrebbe commesso il condominio in sede di redazione di talune tabelle allegate alla delibera, nulla si pronuncerà, per l’assorbente ragione che esso è stato espressamente riconosciuto dal convenuto in corso di giudizio (com. concl.) , senza incidere più, a questo punto, sulla legittimità della delibera.
2)
Con un secondo motivo di doglianza parte ricorrente assumeva che nella relazione descrittiva del Regolamento di condomino – approvato con la delibera gravata - si leggeva che ”il fabbricato era formato da 3 piani fuori terra della stessa altezza”, mentre ciò non avrebbe corrisposto al vero.
E tale errore avrebbe integrato gli estremi di una violazione di legge, in quanto influiva sulla ripartizione degli oneri condominiali.
Le censura non ha pregio.
Invero, ha ragione il Condominio quando osserva che la relazione contestata aveva un valore puramente descrittivo, onde non poteva essere di per sé pregiudizievole per le ragioni dei singoli condomini.
Mentre, qualora parte ricorrente avesse voluto dedurre una scorretta ripartizione degli oneri condominiali, avrebbe dovuto impugnare non certo una descrizione illustrativa – di per sé neutrale- , ma un preciso atto deliberativo di ripartizione, in uno ai criteri – eventualmente erronei - utilizzati dal condomino.
Nè si poteva certamente assumere, peraltro in modo criptico e generico, che una mera descrizione dell’immobile condominiale “influiva sulla ripartizione degli oneri condominiali”, senza poi spiegare perché, in che modo ed in che termini.
Peraltro, proprio il fatto che i ricorrenti si dolessero che erano in circolazione diverse tabelle non ritualmente approvate dai condomini (memoria art. 184 c.c.), rafforzava la notazione che fosse assolutamente inutile dolersi in questa della scorrettezza di criteri mai deliberati dal condominio (prospettazione dei ricorrenti).
Meglio sarebbe stato, allora, che gli interessati avessero agito – se davvero lo avessero voluto - per una rituale, valida e definitiva determinazione giudiziale di tali tabelle.
Ma tanto non hanno fatto.
3)
I ricorrenti lamentavano che il Regolamento di condomino sarebbe stato illegittimo per il fatto di non aver precisato il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini: in sostanza, ci si doleva del fatto che la delibera non aveva allegato al Regolamento approvato le tabelle millesimali del fabbricato.
Ed in tal modo – si proseguiva - sarebbe stato violato l’art. 68 disp. att. c.c. , che avrebbe previsto il relativo obbligo.
La deduzione è scorretta in diritto.
Infatti , l’art. 72 Disp .att. cit prevede che “i regolamenti di condominio non possono derogare alle (sole) disposizioni dei precedenti articoli 63, 66, 67 e 69”: dal che è evidente come l’art. 68 cit. asseritamente violato costituisca norma liberamente derogabile dai condomini (cfr, Cassazione civile , sez. II, 19 ottobre 1988, n. 5686) , ai quali, di conseguenza, non era affatto inibito approvarsi un regolamento condominiale senza contestuale deliberazione – ed allegazione - delle tabelle millesimali.
4)
I ricorrenti contestavano ancora il Regolamento in quanto, nella descrizione dei beni condominiali ivi contenuta, non vi era menzione del “vano condominiale in pian terreno, dei vialetti laterali e retrostanti l’edificio, del gabinetto di decenza e della lavanderia”. E tale incompletezza avrebbe nuovamente influito sulla correttezza della determinazione degli oneri condominiali e sul loro riparto.
La censura è infondata per quanto già osservato sub. 2.
Ad abundantiam , valga qui aggiungere che era inconsistente in partenza assumere che la mancata considerazione di beni comuni (secondo quanto allegato degli istanti) avrebbe potuto incidere sulla ripartizione degli oneri condominiali, sol che si consideri che questi ultimi, ai sensi dell’art. 1123 c.c., vengono distribuiti “in misura proporzionale al valore della proprietà esclusiva di ciascuno”, essendo dunque parametrati solo sulla proprietà di ciascun condomino a prescindere da quali siano , perciò, i beni comuni da gestire e conservare .
In ogni caso, si rinvia a sub. 2 della pronuncia.
5)
I ricorrenti, ancora, adducevano che il Regolamento sarebbe stato ulteriormente illegittimo in quanto prevedeva che “le spese per la manutenzione ed eventuali lavori di riparazione delle scale sarebbero state ripartite in base alla Tabella” delle scale (A), mentre tale ultima tabella avrebbe dovuto applicarsi solo per le spese di ordinaria amministrazione , a dispetto di quelle per la straordinaria amministrazione, da distribuirsi secondo la Tabella generale.
Il motivo è infondato .
Ai sensi dell’art. 1124 c.c. “le scale sono mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano, e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo”.
La legge, pertanto, detta un solo criterio normativo per la ripartizione delle spese riguardanti tale bene comune , il quale è chiaramente applicabile sia a quelle ordinarie (“mantenute”) che a quelle straordinarie (“ricostruite”).
Sicchè , se esisteva una Tabella (A) regolante, in applicazione dell’art. 1124 c.c., il concorso degli oneri condominiali relativamente alle scale del fabbricato, questa non poteva (e doveva) che riferirsi ad ogni spesa ad esse relativa: ne conseguiva che non aveva davvero alcun fondamento la pretesa dei ricorrenti di applicare una diversa Tabella (quella “generale”) solo per le spese straordinarie sulle scale.
Peraltro, la diversa ripartizione invocata avrebbe presentato profili di dubbia legittimità, finendo per applicare alle scale criteri di ripartizione confliggenti con quelli dettati dall’art. 1124 c.c. , salvo che fosse intervenuta diversa convenzione unanime tra i condomini (cosa, per la verità, nemmeno allegata dai ricorrenti).
6)
I condomini istanti contestavano , ancora, il fatto che l’art. 8 del Regolamento ponesse le spese di manutenzione della terrazza/lastrico solare anteriore anche a carico dei condomini sottostanti la terrazza- lastrico solare posteriore, e ciò nella misura del 7%.
Si assumeva, allora, che tale criterio di riparto sarebbe stato arbitrario e non giustificato.
Stavolta l’impugnazione era fondata.
In tema di condominio di edifìci, ogni terrazza a livello, anche se di proprietà o di uso esclusivo di un singolo condomino, assolve alla stessa funzione di copertura del lastrico solare posto alla sommità dell'edifìcio nei confronti degli appartamenti sottostanti.
Ne consegue che , anche se appartiene in proprietà o se attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario o con il titolare del diritto di uso esclusivo, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c., vale a dire i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (cfr, ex multis, Cassazione civile , sez. III, 13 dicembre 2007, n. 26239).
Ciò posto, va rilevato che la variante all’art. 1126 c.c. inserita dal condominio convenuto – secondo cui alle spese della terrazza anteriore avrebbero dovuto concorrere pure i titolari di una presunta servitù sulla stessa in ragione del 7%, nonostante essi non fossero direttamente serviti dal bene in questione – non aveva alcuna base normativa.
Perciò una tale modifica del regime delle spese avrebbe potuto essere inserita – a prescindere poi dalla specifica correttezza della determinazione del 7% - solo mediante unanime consenso di tutti i condomini .
Ciò in quanto , in tema di condominio degli edifici ed in ordine alla ripartizione delle spese comuni, le attribuzioni dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 n. 2 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione ed applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe innovative ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe , venendo direttamente ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte dell'edificio di sua esclusiva proprietà, possono scaturire soltanto da una convenzione a cui egli aderisca.
Pertanto la deliberazione assembleare che ecceda o non faccia fedele applicazione di detti criteri è inefficace nei confronti del condomino dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 commi secondo e terzo cod. civ.. (Cass. Civ. Sez. U, Sentenza n. 2928 del 05/05/1980 ; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 12375 del 19/11/1992 ; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 3042 del 15/03/1995; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 7359 del 09/08/1996).
Ne discende che va annullato – per difetto di unanimità - l’art. 8 del Regolamento condominiale approvato con la delibera del 16.3.2005 nel punto in cui recita “le spese di manutenzione della terrazza anteriore saranno anche a carico delle unità immobiliari sottostanti alla terrazza posteriore nella misura del 7% per la servitù di uci alla relazione descrittiva”.
7)
I ricorrenti lamentavano altresì che l’art. 10 del Regolamento disponesse che “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”.
In particolare , ci si doleva della mancanza della maggioranza imposta dalla legge ex art.1136 comma 5 c.c., essendosi in tal modo deliberato un cambio di destinazione dell’area comune.
La doglianza è nuovamente fondata.
Invero, la Suprema Corte ha avuto già occasione di avvertire, in numerose decisioni, come il regolamento del condominio, qual è contemplato dal primo comma dell'art. 1138 C.C. - tanto se predisposto dal proprietario o costruttore dello stabile (ancorché prima dell'entrata in vigore del Cod. Civ.) e accettato di volta in volta dai successivi acquirenti degli appartamenti venduti, quanto se formato dall'assemblea dei condomini, ove si limiti a dettare norme che disciplinano l'uso e le modalità di godimento delle cose comuni, la ripartizione delle spese relative e la tutela del decoro dell'edificio - contempla una materia che rimane nell'ambito della organizzazione della vita interna del condominio, la quale ben può esser modificata dall'organo cui quel potere di organizzazione è devoluto, vale a dire dall'assemblea dei condomini con la maggioranza prevista dall'art. 1136 C.C..
Se invece il regolamento non si limita soltanto alla disciplina dell'uso delle cose comuni in conformità dei diritti spettanti ai singoli condomini, ma pone delle norme che, incidendo sui singoli diritti, si risolvono in una alterazione, a vantaggio di alcuni dei partecipanti e in pregiudizio degli altri, della misura del godimento che ciascun condomino ha in ragione della propria quota, in tal caso nessuna modificazione, può essere ammessa senza il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio (cfr. Cass. 27.1.1996, n. 642; 8.1.1966, n. 158).
Tanto acclarato, è stato altresì specificato come la mera indicazione, in un regolamento condominiale, della destinazione a parcheggio (nel caso , di biciclette) di parte del cortile comune non determina una connotazione reale del bene, integrando, di contro, una innovazione volta al miglior regolamento dell'uso del cortile stesso, in modo da consentire ad ogni avente diritto l'uso del parcheggio.
Nondimeno, per la natura e finalità della delibera in esame, sarebbe necessario che la delibera sia approvata a maggioranza qualificata dei condomini (tra le altre, Cassazione civile , sez. II, 29 dicembre 2004, n. 24146; Cassazione civile , sez. II, 08 novembre 2004, n. 21287; Cass. 27 gennaio 1996 n. 642; . Cass. 17.10.1998, n. 10289; 3.9.1993, n. 9311).
Tale quorum (2/3), però, non è stato rispettato nella fattispecie , solo che si vadano a sommare i millesimi (espressi nel verbale della delibera ed unici da potersi prendere a riferimento, in quanto non contestati) di tutti i condomini che approvarono la delibera, con esclusione di quelli del dissenziente Caiox (124,16) nonché dei condomini assenti Sempronio (75,85) e Tiziox (161,46).
Per cui, andrà annullato anche l’art. 10 del Regolamento ove si statuiva “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”.
8)
I ricorrenti deducevano pure l’illegittimità dell’art. 12 lett. b) del Regolamento in quanto era ivi previsto che sarebbe stato “posto un paletto fisso all’inizio dell’androne di ingresso”, al fine di impedire ai condomini l’uso del cortile, financo e per le operazioni di carico e scarico delle proprie vetture o per motivi sanitari.
La censura è fondata.
Ed invero, la disposizione di un regolamento condominiale che importi un divieto di ingresso e parcheggio di autoveicoli nelle aree comuni , incidendo sul diritto di godimento spettante a ciascun condomino " iure proprietatis " sulle parti comuni , ha natura tipicamente negoziale , con la conseguenza che una sua introduzione o modifica avrebbe dovuto essere accettata da tutti i condomini per iscritto (cfr, Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 854 del 28/01/1997; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 1830 del 18/02/2000).
In mancanza, allora, dell’unanimità richiesta, non potrà che addivenirsi ad una ulteriore pronuncia di annullamento (da ultimo, Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 17694 del 14/08/2007; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5626 del 18/04/2002), dovendo caducarsi l’art. 12 lett. b) del Regolamento.
9)
Da ultimo, i ricorrenti assumevano che l’art. 13 Regolamento fosse illegittimo perchè , prevedendo che “il monovano a piano terra, di proprietà dei condomini escluso il Sempronio, veniva destinato a locazione commerciale o deposito per terzi allo scopo di costituire un fondo cassa” , introduceva una nuova innovazione in mancanza delle maggioranze richieste ex art. 1136 5° comma c.c..
La censura è infondata.
Ciò per il semplice fatto che , con riguardo a tale specifica previsione, la maggioranza richiesta ex art. 1136 cit. era stata raggiunta, visto che, eliminando i millesimi del non comproprietario Sempronio nel computo del quorum, il limite dei due terzi (mill. 666) era stato rispettato .
Tuttavia, questo non si verificava perché – come erroneamente rilevato dalla difesa del condominio - dai 1000/millesimi del fabbricato andava sottratta la quota del Sempronio (75,81) per determinarsi (sul minor valore di 924,19/millesimi) una conseguente quota dei 2/3 più bassa (616,16), ma perché su tale vano – per quanto allegato dalle parti – non veniva ad esistere una situazione di condominio tecnicamente intesa, ma una mera comunione ordinaria, essendo risultato estromesso (fatto incontestato tra le parti) un compartecipe dell’intero fabbricato; per cui, nell’ambito di questa comunione ordinaria, le quote di compartecipazione di ciascun comunista, partendo da quelle condominiali , si accrescevano proporzionalmente anche della quota del Sempronio, non proprietario del vano; dal che, distribuendosi i 75,81 millesimi del Sempronio in capo agli altri condomini proprietari del vano , la delibera degli assenzienti riusciva a raggiungere i 666/millesimi del vano.
.
Va dato atto che solo nelle memorie ex art. 184 c.p.c. i ricorrenti deducevano una ulteriore illegittimità afferente alle “tabelle per quanto attiene al riparto delle spese relative alle scale”: è evidente, tuttavia, che la censura, siccome avanzata solo in corso di giudizio, era inammissibile avendo integrato domanda nuova.
.
Le spese potranno essere compensate tra le parti, vista la solo parziale fondatezza di un ricorso molto articolato e ricco di motivi di gravame.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da Caiox Axx e Meviax Bxx con ricorso depositato in data 9.5.2005 avverso il Condominio KKKK in … alla via …. Cxx Zxx, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, cosi’ provvede:
- in parziale accoglimento della domanda , annulla la delibera condominiale adottata dal Condominio KKKK in … alla via … Cxx Zxx in data 16.3.2005 nei seguenti punti:
a) all’art. 8 del Regolamento condominiale ivi approvato , laddove si recita che “le spese di manutenzione della terrazza anteriore saranno anche a carico delle unità immobiliari sottostanti alla terrazza posteriore nella misura del 7% per la servitù di cui alla relazione descrittiva”;
b) all’art. 10 del Regolamento condominiale ivi approvato, laddove si recita che “le biciclette potranno essere parcheggiate nello spazio esistente nella parte posteriore del palazzo, tra il confine del zzzzzz e la parte posteriore del vano condominiale”;
c) all’art. 12 lett. b) del Regolamento condominiale ivi approvato, laddove si prevede il divieto di accedere e parcheggiare nel cortile comune con veicoli di ogni genere e che sarebbe stato “posto un paletto fisso all’inizio dell’androne di ingresso”;
- spese interamente compensate tra le parti.
Nola, 7.10.2008
Il Giudice dott. Alfonso Scermino
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giovedì 5 febbraio 2009

Colpa in vigilando, casus fortuitus et causalis nexus

Cassazione civile sez. III 30 ottobre 2008 n. 26051 - (884)

Condominio,risarcimento danni,parti comuni,allagamento,immobili,civile

Fonte del testo e della sintesi: avv. Gallucci, http://www.civile.it/condominio

"Il condominio, quale custode dei beni e servizi comuni, è responsabile dei danni cagionati alle porzioni di proprietà esclusiva andando esente da responsabilità solo in presenza di un caso fortuito. Non può essere considerato tale il vizio di costruzione. Tale circostanza consente di chiamare in causa anche il costruttore ma non esime il condominio dalle proprie colpe. "

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente -
Dott. TALEVI Alberto - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
(…), in persona del legale rappresentante pro tempore (…), elettivamente domiciliata in ROMA, presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, difesa dall'avvocato (…), giusta
delega in atti;
- ricorrente -
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona
dell'amministratore pro tempore C.A., elettivamente
domiciliato in ROMA VIA (…), presso lo studio
dell'avvocato (…), difeso dagli avvocati (…), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2466/04 della Corte d'Appello di NAPOLI,
quarta sezione civile, emessa il 9/07/04, depositata il 21/07/04,
R.G. 1294/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/06/08 dal Consigliere Dott. Paolo D'AMICO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Con atto di citazione notificato nell'aprile 1991 la (…) s.p.a.
conveniva in giudizio il condominio di (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'allagamento di immobili di sua proprietà, siti in quel condominio, invasi dalla fuoriuscita di acque luride dalla rete fognaria condominiale e perciò divenuti inagibili con conseguenti, notevoli danni ed impossibilità di una loro locazione a terzi.
Parte convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda attrice ed eccepiva che gli allagamenti non erano dovuti a sua incuria o colpa, bensì alla cattiva realizzazione della rete fognaria proprio da parte della Ice Snei. Chiedeva di conseguenza la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni subiti, compresi quelli per azione temeraria ex art. 96 c.p.c..
All'esito dell'istruttoria il Tribunale di Napoli, con sentenza del 24 agosto 2001, rigettava la domanda di parte attrice condannandola alle spese processuali.
Proponeva appello la soccombente deducendo la mancata contestazione, nei termini di legge, dei difetti nella costruzione della rete fognaria; la errata valutazione delle cause degli allagamenti, la mancata considerazione del comportamento omissivo del condominio, l'intervenuta modifica dello stato dei luoghi a seguito del rifacimento della condotta fognaria di proprietà del comune, l'ampiezza del lasso di tempo trascorso dall'epoca della realizzazione delle fogne condominiali, i risultati della consulenza di parte, la presunzione di cui all'art. 2051 c.c.. Aggiungeva l'appellante che il Tribunale non aveva tenuto conto di quale fosse il sistema di costruzione delle fogne al momento della loro realizzazione e che, nella liquidazione delle spese del giudizio, non aveva preso in considerazione la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta. La Ice Snei chiedeva perciò di accogliere la sua domanda proposta in primo grado, previo eventuale rinnovo della C.t.u..
Il Condominio chiedeva il rigetto dell'appello.
La Corte d'appello di Napoli rigettava l'appello e condannava la (…) al rimborso delle spese processuali in favore di controparte.
Proponeva ricorso per cassazione la (…).
Resisteva con controricorso il Condominio di (OMISSIS).
Con l'unico motivo del ricorso la (…) s.p.a. denuncia "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1123, 1667, 1669, 2051 e 2697 c.c., omissione, insufficienza o contraddittorietà di motivazione (in relazione agli art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5".
Illustrando il motivo la ricorrente afferma che la Corte di merito, pur avendo correttamente sussunto la fattispecie concreta nell'ambito della norma di cui all'art. 2051 c.c., la ha poi erroneamente interpretata non considerando: a) che il dovere di custodia dell'immobile grava sullo stesso Condominio, quale ente di gestione della proprietà condominiale; b) che non possono essere equiparati caso fortuito e fatto del danneggiato.
Come ha più volte affermato questa Corte, prosegue parte ricorrente, il dovere di custodire, vigilare e mantenerne il controllo sulla cosa in modo da impedire che essa arrechi danni ai terzi incombe sul soggetto che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico cosa stessa; e tale soggetto può vincere la presunzione di colpa a suo carico solo dimostrando che 1 ' evento dannoso sia derivato da caso fortuito; il fatto del terzo acquista efficacia di fortuito a norma dell'art. 2051 c.c. solo quando nella determinazione dell'evento dannoso risulti dotato di impulso causale autonomo rispetto alla sfera d'azione del custode e si presenti per il custode stesso imprevedibile ed inevitabile. Il condominio, prosegue la (…), pur essendo a conoscenza dei dedotti difetti delle fogne, non ha mai fatto nulla per eliminarli ed ha così violato gli obblighi di custodia, manutenzione e riparazione degli elementi potenzialmente dannosi verso i terzi che gli derivavano dal rapporto con l'immobile.
In senso contrario la Corte distrettuale, considerato che gli allagamenti si verificarono nonostante il Condominio avesse provveduto nel corso degli anni a frequenti espurghi della fogna, è giunta alla conclusione che fu la cattiva realizzazione dell'impianto da parte della società costruttrice a causare i ripetuti inconvenienti: altrimenti, precisa la Corte, l'eliminazione dell'intasamento occasionale mediante l'espurgo avrebbe ripristinato il regolare funzionamento, dell'impianto stesso. Nessuna "rottura" della fogna addebitabile al custode è stata dunque dimostrata in corso causa, nè rilevata dai due C.T.U. che si sono susseguiti nell'esaminare i luoghi e le cause dei danni lamentati.
Gli argomenti della Corte distrettuale sono convincenti. Per radicato orientamento della giurisprudenza di questa Corte la norma di cui all'art. 2051 c.c. non si fonda su una presunzione di colpa, ma individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva che in concreto ricorre quando sia individuabile un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. Negli edifici in condominio, custode dei beni e dei servizi comuni, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè gli stessi non rechino pregiudizio ad alcuno è perciò lo stesso condominio che, ai sensi dell'art. 2051 c.c. risponde dei danni da quei beni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorchè tali danni siano imputabili ai vizi edificatori dello stabile riconducibili ad attività od omissioni del costruttore. Si ritiene infatti che tali vizi non possano essere equiparati al caso fortuito quale unica causa idonea ad interrompere il nesso eziologico fra custode e danno e quindi la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.. E' giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, che il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del danneggiato proprio in quanto non costituisce caso fortuito (Cass. 15 marzo 2004, n. 5236; Cass. 06 aprile 2004, n. 6753; Cass., 6 novembre 1986, n. 6507). La responsabilità del condominio nei confronti del terzo non esclude però che il custode possa rivalersi nei confronti del costruttore (Cass., 2^, 25 marzo 1991, n. 3209; Cass., 15 marzo 2004, n. 5236;
Cass, 20 agosto 2003, n. 12219).
In questo processo il costruttore ha agito nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni da lui subiti a causa dei guasti all'impianto fognario. Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata il condominio, in quanto custode dell'impianto, deve essere considerato responsabile di tali danni e tale sua responsabilità verso i terzi non può essere esclusa dalla pur accertata responsabilità del costruttore. Il costruttore non è però un terzo qualsiasi bensì il soggetto contro il quale il condominio ha diritto di rivalersi.
La (…) nell'atto di citazione chiedeva "condannarsi esso Condominio al risarcimento dei danni" in suo favore. Considerato che il costruttore è responsabile nei confronti del Condominio, il ricorso del ricorrente non può che essere respinto.
Va peraltro osservato che il condominio ha adempiuto l'onere di dimostrare che l'evento dannoso si è verificato per un vizio intrinseco della cosa, addebitabile unicamente al costruttore e che sussisteva un esclusivo nesso di causalità tra il comportamento dei costruttore ed i danni da lui stesso subiti (Cass., 13 gennaio 1982, n. 182).
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere quindi rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.100,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2008

Colpa in vigilando, casus fortuitus et causalis nexus

Cassazione civile sez. III 30 ottobre 2008 n. 26051 - (884)

Condominio,risarcimento danni,parti comuni,allagamento,immobili,civile

Fonte del testo e della sintesi: avv. Gallucci, http://www.civile.it/condominio

"Il condominio, quale custode dei beni e servizi comuni, è responsabile dei danni cagionati alle porzioni di proprietà esclusiva andando esente da responsabilità solo in presenza di un caso fortuito. Non può essere considerato tale il vizio di costruzione. Tale circostanza consente di chiamare in causa anche il costruttore ma non esime il condominio dalle proprie colpe. "

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente -
Dott. TALEVI Alberto - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
(…), in persona del legale rappresentante pro tempore (…), elettivamente domiciliata in ROMA, presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, difesa dall'avvocato (…), giusta
delega in atti;
- ricorrente -
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona
dell'amministratore pro tempore C.A., elettivamente
domiciliato in ROMA VIA (…), presso lo studio
dell'avvocato (…), difeso dagli avvocati (…), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2466/04 della Corte d'Appello di NAPOLI,
quarta sezione civile, emessa il 9/07/04, depositata il 21/07/04,
R.G. 1294/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
26/06/08 dal Consigliere Dott. Paolo D'AMICO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per la declaratoria di
inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Con atto di citazione notificato nell'aprile 1991 la (…) s.p.a.
conveniva in giudizio il condominio di (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'allagamento di immobili di sua proprietà, siti in quel condominio, invasi dalla fuoriuscita di acque luride dalla rete fognaria condominiale e perciò divenuti inagibili con conseguenti, notevoli danni ed impossibilità di una loro locazione a terzi.
Parte convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda attrice ed eccepiva che gli allagamenti non erano dovuti a sua incuria o colpa, bensì alla cattiva realizzazione della rete fognaria proprio da parte della Ice Snei. Chiedeva di conseguenza la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni subiti, compresi quelli per azione temeraria ex art. 96 c.p.c..
All'esito dell'istruttoria il Tribunale di Napoli, con sentenza del 24 agosto 2001, rigettava la domanda di parte attrice condannandola alle spese processuali.
Proponeva appello la soccombente deducendo la mancata contestazione, nei termini di legge, dei difetti nella costruzione della rete fognaria; la errata valutazione delle cause degli allagamenti, la mancata considerazione del comportamento omissivo del condominio, l'intervenuta modifica dello stato dei luoghi a seguito del rifacimento della condotta fognaria di proprietà del comune, l'ampiezza del lasso di tempo trascorso dall'epoca della realizzazione delle fogne condominiali, i risultati della consulenza di parte, la presunzione di cui all'art. 2051 c.c.. Aggiungeva l'appellante che il Tribunale non aveva tenuto conto di quale fosse il sistema di costruzione delle fogne al momento della loro realizzazione e che, nella liquidazione delle spese del giudizio, non aveva preso in considerazione la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta. La Ice Snei chiedeva perciò di accogliere la sua domanda proposta in primo grado, previo eventuale rinnovo della C.t.u..
Il Condominio chiedeva il rigetto dell'appello.
La Corte d'appello di Napoli rigettava l'appello e condannava la (…) al rimborso delle spese processuali in favore di controparte.
Proponeva ricorso per cassazione la (…).
Resisteva con controricorso il Condominio di (OMISSIS).
Con l'unico motivo del ricorso la (…) s.p.a. denuncia "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1123, 1667, 1669, 2051 e 2697 c.c., omissione, insufficienza o contraddittorietà di motivazione (in relazione agli art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5".
Illustrando il motivo la ricorrente afferma che la Corte di merito, pur avendo correttamente sussunto la fattispecie concreta nell'ambito della norma di cui all'art. 2051 c.c., la ha poi erroneamente interpretata non considerando: a) che il dovere di custodia dell'immobile grava sullo stesso Condominio, quale ente di gestione della proprietà condominiale; b) che non possono essere equiparati caso fortuito e fatto del danneggiato.
Come ha più volte affermato questa Corte, prosegue parte ricorrente, il dovere di custodire, vigilare e mantenerne il controllo sulla cosa in modo da impedire che essa arrechi danni ai terzi incombe sul soggetto che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico cosa stessa; e tale soggetto può vincere la presunzione di colpa a suo carico solo dimostrando che 1 ' evento dannoso sia derivato da caso fortuito; il fatto del terzo acquista efficacia di fortuito a norma dell'art. 2051 c.c. solo quando nella determinazione dell'evento dannoso risulti dotato di impulso causale autonomo rispetto alla sfera d'azione del custode e si presenti per il custode stesso imprevedibile ed inevitabile. Il condominio, prosegue la (…), pur essendo a conoscenza dei dedotti difetti delle fogne, non ha mai fatto nulla per eliminarli ed ha così violato gli obblighi di custodia, manutenzione e riparazione degli elementi potenzialmente dannosi verso i terzi che gli derivavano dal rapporto con l'immobile.
In senso contrario la Corte distrettuale, considerato che gli allagamenti si verificarono nonostante il Condominio avesse provveduto nel corso degli anni a frequenti espurghi della fogna, è giunta alla conclusione che fu la cattiva realizzazione dell'impianto da parte della società costruttrice a causare i ripetuti inconvenienti: altrimenti, precisa la Corte, l'eliminazione dell'intasamento occasionale mediante l'espurgo avrebbe ripristinato il regolare funzionamento, dell'impianto stesso. Nessuna "rottura" della fogna addebitabile al custode è stata dunque dimostrata in corso causa, nè rilevata dai due C.T.U. che si sono susseguiti nell'esaminare i luoghi e le cause dei danni lamentati.
Gli argomenti della Corte distrettuale sono convincenti. Per radicato orientamento della giurisprudenza di questa Corte la norma di cui all'art. 2051 c.c. non si fonda su una presunzione di colpa, ma individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva che in concreto ricorre quando sia individuabile un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. Negli edifici in condominio, custode dei beni e dei servizi comuni, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè gli stessi non rechino pregiudizio ad alcuno è perciò lo stesso condominio che, ai sensi dell'art. 2051 c.c. risponde dei danni da quei beni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorchè tali danni siano imputabili ai vizi edificatori dello stabile riconducibili ad attività od omissioni del costruttore. Si ritiene infatti che tali vizi non possano essere equiparati al caso fortuito quale unica causa idonea ad interrompere il nesso eziologico fra custode e danno e quindi la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.. E' giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, che il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del danneggiato proprio in quanto non costituisce caso fortuito (Cass. 15 marzo 2004, n. 5236; Cass. 06 aprile 2004, n. 6753; Cass., 6 novembre 1986, n. 6507). La responsabilità del condominio nei confronti del terzo non esclude però che il custode possa rivalersi nei confronti del costruttore (Cass., 2^, 25 marzo 1991, n. 3209; Cass., 15 marzo 2004, n. 5236;
Cass, 20 agosto 2003, n. 12219).
In questo processo il costruttore ha agito nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni da lui subiti a causa dei guasti all'impianto fognario. Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata il condominio, in quanto custode dell'impianto, deve essere considerato responsabile di tali danni e tale sua responsabilità verso i terzi non può essere esclusa dalla pur accertata responsabilità del costruttore. Il costruttore non è però un terzo qualsiasi bensì il soggetto contro il quale il condominio ha diritto di rivalersi.
La (…) nell'atto di citazione chiedeva "condannarsi esso Condominio al risarcimento dei danni" in suo favore. Considerato che il costruttore è responsabile nei confronti del Condominio, il ricorso del ricorrente non può che essere respinto.
Va peraltro osservato che il condominio ha adempiuto l'onere di dimostrare che l'evento dannoso si è verificato per un vizio intrinseco della cosa, addebitabile unicamente al costruttore e che sussisteva un esclusivo nesso di causalità tra il comportamento dei costruttore ed i danni da lui stesso subiti (Cass., 13 gennaio 1982, n. 182).
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere quindi rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.100,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2008

Decreto flussi: le istruzioni per le domande di nulla osta per il lavoro in somministrazione

Le agenzie per il lavoro possono fare domanda di nulla osta per l’ingresso di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro in somministraz...