Notiziario OUA
Stalking, ossia molestia assillante:la fattispecie penale è sufficientemente determinata?
di Maurizio de Tilla - Presidente dell'OUA
Il decreto legge n. 11 del 2009, convertito nella legge 23 aprile 2009 n. 38, ha introdotto nel nostro ordinamento, con notevole ritardo rispetto agli altri ordinamenti europei, una «nuova» fattispecie di reato denominata «stalking», finalizzata a far venire meno la pericolosa condotta «persecutoria» nei confronti soprattutto delle donne. La nuova norma, l’articolo 612 bis del Codice penale, prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni».
Ci si è posto il problema della costituzionalità della nuova normativa. Si è rilevato che il citato decreto legge potrebbe essere in contrasto con il principio di sufficiente determinatezza della fattispecie penale, implicitamente contenuto nell’articolo 25 della Costituzione. Innanzitutto alcune precisazioni. Il bene giuridico tutelato dal legislatore si ravvisa nella libertà morale, ovvero nella libertà di autodeterminazione dell’individuo. Tra i vari eventi che la condotta tipica può causare vi è l’alterazione delle proprie abitudini di vita, che può essere vista come una particolare ipotesi di violenza privata. L’illecito in esame è contraddistinto dalla sussistenza di tre elementi costitutivi: la condotta tipica del reo; la reiterazione di tale condotta; l’insorgere di un particolare stato d’animo nella vittima.
La condotta del reo deve essere connotata dal dolo generico, cioè dalla volontà e consapevolezza di porre in essere le condotte persecutorie cagionando alla vittima uno degli eventi lesivi previsti dalla norma stessa. Infatti il dolo dell’agente è contraddistinto dalla rappresentazione specifica che, in seguito alla reiterazione seriale delle azioni delittuose predette, si verificherà nella vittima uno degli accadimenti dannosi considerati. L’illecito in esame è punito, salva l’applicazione di aggravanti, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Sono previste alcune aggravanti speciali: se il fatto è commesso da persona già condannata per lo specifico delitto la pena è aumentata fino a due terzi; se è commesso nei confronti di un minore o se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339 del Codice penale, fino alla metà e si procede d’ufficio; in generale, il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di persona diversamente abile, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
La persona che si ritiene offesa da una condotta simile, sino a quando non presenta formale querela, può avanzare richiesta di ammonimento nei confronti del molestatore. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore che, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, se ritiene fondata l’istanza ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Se il soggetto ammonito continua a molestare la sua vittima, si procede d’ufficio contro di lui e la pena è aggravata di almeno un terzo. Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione di tale reato, l’autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, diffida formalmente l’indagato dal compiere ulteriori atti persecutori.
L’introduzione del reato di «stalking» porta ad analizzare i rapporti con i reati che con esso possono concorrere. L’attenzione va innanzitutto al reato di minaccia di cui all’articolo 612 del Codice penale, che deve considerarsi assorbito in quello di atti persecutori, venendo a configurare una delle condotte incriminate. In relazione a quello di violenza privata di cui all’articolo 610, il concorso va risolto in base al criterio di specialità, posto che l’alterazione delle abitudini di vita può considerarsi una peculiare ipotesi di violenza privata.
Discorso più complesso si può fare con riferimento alla contravvenzione di cui all’articolo 660 del Codice penale in quanto, esclusa la configurabilità del reato complesso, le molestie individuate nell’articolo 612 bis costituiscono il genus rispetto a quelle del 660, per l’integrazione del quale sono richiesti ulteriori requisiti che vengono a restringerne l’ambito applicativo. Deve tuttavia precisarsi che, affinché sia integrato il «delitto di atti persecutori», è necessaria una reiterazione delle condotte tale da produrre effetti perduranti nel tempo.
Questo porta a ritenere che le incriminazioni di minaccia, molestia e violenza privata continueranno a sussistere quali ipotesi autonome nel caso di singolo episodio oppure di più episodi che non diano luogo ad effetti che si protraggono nel tempo, essendo proprio il carattere della serialità l’elemento fondamentale del reato di stalking.
Relativamente al problema della costituzionalità della nuova normativa sul punto della sua sufficiente determinatezza, si è risposto affermando che, per soddisfare tale requisito, si deve specificare che la normativa in esame intende riferirsi a forme patologiche caratterizzate dallo stress e specificamente riconoscibili proprio come conseguenza del tipo di comportamenti incriminati, forme che, sebbene non compiutamente codificate, trovano riscontro nella letteratura medica.
Sul piano dell’individuazione del soggetto autore dello stalking si è osservato che lo «stalker» o «molestatore assillante» è colui che mette in atto quell’insieme di condotte che possono essere sintetizzate, a titolo d’esempio, nel seguire la vittima nei suoi movimenti per controllarla, o meglio «appostarsi» alla sua vita. Può essere un conoscente, un collega, un estraneo, un ex-partner. In genere gli stalker agiscono, in quest’ultimo contesto, per recuperare il rapporto precedente o per vendicarsi per essere stati lasciati.
Alcuni hanno semplicemente l’intento di stabilire una relazione sentimentale perché mostrano gravi difficoltà nell’instaurare un rapporto affettivo significativo. Altri, invece, possono soffrire di disturbi mentali che li inducono a credere con convinzione nell’esistenza di una relazione, che in realtà non c’è, o comunque nella possibilità di stabilirne una. Altri ancora molestano persone conosciute superficialmente o addirittura sconosciuti allo scopo di vendicarsi per qualche torto reale o presunto.
Il confine fra corteggiamento e stalking all’inizio può essere impercettibile, ma diventa significativo quando limita la «libertà morale» della vittima ponendola in una condizione di allerta per la paura di un pericolo imminente. Il comportamento persecutorio non si realizza solo nell’alveo delle relazioni affettive e sentimentali, ma può riscontrarsi anche in altri contesti relazionali come gli ambiti lavorativi e quelli scolastici.
Sotto il profilo psicologico sono stati individuati nella prassi alcuni tipi di persecutori. Il «risentito» rappresenta una tipologia di stalker presente in letteratura. Si tratta di solito di un ex-partner che desidera vendicarsi per la rottura della relazione sentimentale causata, a suo avviso, da motivi ingiusti. Forte di questo risentimento, si sente spinto a ledere sia l’immagine della persona - per esempio pubblicando sul web foto o immagini osé oppure stampando volantini con frasi oscene per farli girare nell’ambiente di lavoro della vittima -, sia la persona stessa aspettandola fuori casa per farle delle scenate, sia danneggiando cose di proprietà, rigando per esempio la macchina o forandone le gomme.
Motivato dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore è, invece, il «bisognoso d’affetto». Questo tipo di stalker agisce soprattutto nell’ambito di rapporti professionali particolarmente stretti come quello tra il paziente e lo psicoterapeuta. In questi casi i molestatori fraintendono l’empatia e l’offerta di aiuto co-me segno di un interesse sentimentale. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di superare qualche difficoltà psicologica o concreta e che prima o poi riconoscerà l’inevitabilità del rapporto amoroso proposto.
Più impulsivo ma meno resistente nel tempo è il «corteggiatore incompetente», che manifesta una condotta basata su una scarsa abilità relazionale e si traduce in comportamenti opprimenti ed esplicitamente invadenti. Gli stalker di questo gruppo presentano una condotta persecutoria di solito di breve durata, desiderano corteggiare ma non sanno farlo e finiscono per adottare atteggiamenti che possono risultare fastidiosi.
Nella categoria degli ex-partner rientra anche il «respinto», che manifesta comportamenti persecutori in reazione a un rifiuto. Questo tipo di stalker è ambivalente perché oscilla tra due desideri contrapposti: da una parte desidera ristabilire la relazione, mentre dall’altra vuole solo vendicarsi per l’abbandono subito.
Infine il «predatore» è uno stalker che ambisce avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di molestatore che prova un senso di potere nel pianificare la caccia alla «preda». Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere posto in essere anche da persone con disturbi psicopatologici di tipo sessuale come pedofili o feticisti.
Data: 09/07/2010
Fonte: SPECCHIO ECONOMICO