Cassazione penale , SS.UU., sentenza 15.05.2008 n° 19602
La notificazione diversa dal modello di notificazione prescritto non provoca necessariamente la lesione del diritto alla conoscenza degli atti processuali, laddove si dimostri che l’imputato ne era comunque a conoscenza, con la conseguenza che non vi è inesistenza dell’atto. (1) (2)
(1) Sul tema della mancata notificazione all’imputato detenuto, si veda Cassazione penale 15417/2008.(2) Sul tema del dies a quo relativo ai termini per presentare l’appello, si veda Cassazione civile 4996/2008.
Tra i contributi più recenti della dottrina, si vedano:- Cusato, La notificazione degli atti civili, penali, amministrativi e tributari, CEDAM, 2008;- Peroni, Decreto di irreperibilità e notificazione del decreto di citazione a giudizio, in Diritto penale e processo, 2008, n. 2, IPSOA, p. 185;- Silvestri, In tema di notificazione del decreto che dispone i giudizio e irreperibilità dell'imputato, in Cassazione penale, 2008, n. 2, GIUFFRÈ, p. 652.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE PENALI
Sentenza 27 marzo - 15 maggio 2008, n. 19602
(Presidente Gemelli - Relatore Carmenini)
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 13 dicembre 2006, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del tribunale monocratico di Rossano del 2 novembre 2005, ha confermato il giudizio di responsabilità penale a carico di B. M. in ordine ai reati di cui agli arti 44 lett. b) d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A della rubrica) e 71 e 72 del medesimo d.P.R. (capo C), per avere realizzato un fabbricato a due piani fuori terra in cemento armato, edificato su un terrapieno sorretto da un muro di contenimento anch'esso in cemento armato, senza la prescritta concessione edilizia, senza il progetto esecutivo e la direzione di un tecnico qualificato, senza la previa prescritta denuncia all'Ufficio dell'ex Genio civile. Di conseguenza la Corte ha condannato l'imputata alla pena come in atti, confermando l'ordine di demolizione delle opere abusive, ha concesso i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna e ha dichiarato estinti per prescrizione gli ulteriori reati di cui al capo B (violazione degli arti. 93, 94 e 95 dei d.P.R. n. 380 del 2001).
La M. ha impugnato detta sentenza con ricorso per cassazione, articolando quattro motivi. Col primo motivo lamenta la violazione dell'art. 606, comma 1 lett. c) cod. proc. pen., per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. In particolare si duole dell'erronea applicazione dell'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., sul rilievo che la notificazione all'imputata dell'avviso di fissazione del giudizio di appello per l'udienza del 13.11.2006 è stata effettuata al difensore di fiducia, nonostante l'esistenza agli atti di un domicilio dichiarato; precisa che trattandosi di prima notificazione nella fase di appello, la stessa avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell'art. 157, comma 1, cod. proc. pen. Secondo la ricorrente la modalità di notificazione adottata nella specie configurerebbe un'ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, ai sensi dell'art. 179, in relazione all'art. 178, lett. c), cod. proc. pen., che travolgerebbe ogni atto conseguente, compresa la sentenza impugnata. Col secondo motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 40 c.p., nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto. La M. assume di essere estranea ai fatti, essendo soltanto il marito il proprietario del terreno su cui insiste il manufatto e il committente dell'opera abusivamente realizzata; sostiene che la Corte di appello di Catanzaro ha violato il principio della responsabilità penale personale, e, con una motivazione palesemente illogica, ha ritenuto la sua colpevolezza sul presupposto che "la qualità di committenti oltre che di proprietari dell'opera abusiva discende dalla qualità di conviventi" e che "la stessa (l'imputata) era presente al momento dell'intervento dei militari operanti ed ha sottoscritto il verbale di constatazione dell'illecito edilizio". Col terzo e quarto motivo, infine, eccepisce la prescrizione anche dei residui reati e lamenta un trattamento sanzionatorio eccessivamente gravoso.
La Terza Sezione penale, rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla «legittimità della notificazione all'imputato del decreto di fissazione dell'udienza per il giudizio di appello» mediante consegna «al difensore di fiducia, ex art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., nonostante l'esistenza agli atti del domicilio dichiarato», ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen.
Il Primo Presidente, con decreto del 5 febbraio 2008, ha fissato, per la trattazione del ricorso, l'odierna udienza pubblica del 27 marzo 2008.
Motivi della decisione
La questione giuridica controversa può essere così sintetizzata: "Se la notificazione presso il difensore di fiducia, ex art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., possa essere effettuata anche nel caso in cui l'imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni".
Le soluzioni date dalla giurisprudenza di questa Corte hanno evidenziato un contrapposto orientamento, sviluppatosi soprattutto tra la Quinta Sezione penale, da un lato, e la Terza e la Sesta Sezione, dall'altro.
In breve, la Quinta Sezione ha affermato, con le sentenze Landro (25.01 - 27.02.2007, n. 8108 rv 236522) e Rizzato (24.10 - 06.12.2005, n. 44608 rv 232612), che il domicilio "legale" non può prevalere su quello dichiarato, considerato che l'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. è riferibile, nell'organizzazione della norma in cui si inserisce, alle ipotesi considerate dai commi precedenti; che "la disposizione di cui all'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. (relativa alte notifiche all'imputato mediante consegna al difensore di fiducia) si applica solo alle notificazioni successive a quella eseguita ai sensi dell'art. 157, comma ottavo, mentre non si applica nell'ipotesi in cui l'imputato abbia precedentemente eletto (dichiarato) domicilio nel luogo di abituale dimora, ex art. 161 cod. proc. pen."; che la nullità tempestivamente eccepita comporta la nullità del giudizio di appello e della sentenza impugnata".
Al contrario, la Terza sezione (sentenza Ardito, 20.09 -08.11.2007, n. 41063 rv 237639) e la Sesta Sezione (sentenze Casilli, 09.03 - 01.06.2006, n. 19267 rv 234499; Borrelli, 02.04 - 31.05.2007, n. 21341 rv 236874, ed altre) rilevano che la forma di notificazione prevista dall'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. "deve ritenersi prevalente su ogni altra", sicché, in presenza di nomina fiduciaria, è irrilevante, ai fini della successiva notificazione del decreto di citazione in appello, il domicilio dichiarato dall'imputato; evidenziano che il comma 8 bis dell'art. 157 cod. proc. pen. è stato introdotto dalla legge 22.4.2005, n. 60, che ha convertito con modificazioni il D.L. 21.2.2005, n. 17, all'enunciato fine di garantire la ragionevole durata del processo in ottemperanza all'art. 111 Cost. e, quindi, di accelerare i tempi di notifica degli atti; sottolineano che presupposto di operatività della norma è esclusivamente la previa rituale effettuazione di una prima notifica all'imputato "a piede libero", riferendosi a tale prima notifica l'incipit dell'art. 157 cod. proc. pen. "salvo quanto previsto dagli artt. 161 e 162 cod. proc. pen.", in considerazione proprio della ratio della nuova disposizione, volta a consentire un tendenziale e generalizzato risparmio di tempi attraverso l'automatica notificazione degli atti ulteriori al difensore di fiducia (che diviene domiciliatario per legge del proprio assistito); sostengono che l'indagato/imputato può, in qualsiasi momento, escludere la domiciliazione ex lege con dichiarazione o diversa elezione di domicilio esplicitamente ed espressamente formulata in tal senso; che il difensore di fiducia non soltanto ha la possibilità di proporre deduzioni per la valutazione, da parte del giudice ex art. 420 bis cod. proc. pen., del rilievo probabilistico del buon esito della citazione dell'imputato, ma può anche interrompere l'automatismo delineato dal comma 8 bis in esame, dal momento che la stessa norma prevede che egli "può dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non accettare la notificazione".
Le opposte soluzioni ermeneutiche risentono della non univoca soluzione normativa data ai rilievi mossi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo al sistema previgente dei processi in contumacia, mediante la legge 22 aprile 2005, n. 60 di conversione del decreto legge 21 febbraio 2005, n.17, nel cui corpo è inserita la normativa in esame.
Due sono i principi ai quali la disciplina in parola ha inteso ispirarsi: 1) il diritto dell'imputato alla conoscenza dell'accusa; 2) la garanzia della ragionevole durata del processo.
Il secondo dei filoni giurisprudenziali sopra esposti mostra di privilegiare la celerità del processo e si inserisce tendenzialmente nelle linee maggiormente evolutive del rapporto imputato-difensore, privilegiando la figura del difensore di fiducia, nella quale individua l'elemento portante ed innovativo della legge n. 60 del 2005, ed assegnando alla notifica all'imputato, mediante consegna al difensore di fiducia, un ruolo del tutto fisiologico, quale forma ordinaria di notificazione.
L'auspicabile semplificazione del sistema delle notificazioni, non completato con chiarezza dal legislatore, non può, tuttavia, essere effettuato in via meramente ermeneutica. Le stesse sentenze fautrici di questo orientamento sono portate ad assegnare alla parte adempimenti non espressamente previsti, ma ricavabili solo forzatamente dal sistema (l'indagato/imputato può, in qualsiasi momento, escludere la domiciliazione ex lege con dichiarazione o diversa elezione di domicilio esplicitamente ed espressamente formulata in tal senso; il difensore di fiducia ha la possibilità di proporre deduzioni per la valutazione, da parte del giudice ex art. 420 bis cod. proc. pen., del rilievo probabilistico del buon esito della citazione dell'imputato). Questa soluzione, per altro, comporterebbe un forte ridimensionamento di taluni punti della vigente regolamentazione dell'elezione di domicilio (artt. 161 e 162 cod. proc. pen.), nel senso che la dichiarazione o l'elezione di domicilio ivi previste riguarderebbero esclusivamente l'imputato difeso d'ufficio, in quanto per l'imputato difeso di fiducia non sarebbe possibile alcuna dichiarazione di domicilio, né un'elezione diversa da quella presso il suo difensore.
La lettura sistematica, allo stato consentita dal complesso delle norme coinvolte - senza che per altro si possa fare carico alla sede ermeneutica della maggiore o minore incisività del raggio di azione della norma positiva -, deve condurre verso l'opzione prescelta dal primo orientamento, con le precisazioni applicative nei sensi di seguito esplicate.
Gli artt. 157 e 161 e seguenti cod. proc. pen. descrivono, per quanto attiene alle notificazioni all'imputato non detenuto, un percorso duplice, rafforzato dall'inizio testuale del primo di detti articoli ("salvo quanto previsto dagli artt. 161 e 162").
In buona sostanza il legislatore ha inteso assicurare la piena conoscenza dell'accusa da parte dell'imputato rappresentandosi due situazioni: la prima si verifica quando manca un previo contatto con le autorità indicate dall'art. 161 cod. proc. pen. ed in tal caso occorre una prima notificazione direttamente all'interessato in una delle forme previste dall'art. 157; la seconda si verifica quando l'imputato può essere avvertito dal giudice, dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria ed il tal caso emergerà, in genere, una dichiarazione o elezione di domicilio e si seguiranno le forme indicate dall'art. 161 e seguenti del codice di rito. In questa visione la disposizione contenuta nel comma 8 bis dell'art. 157 non può non essere letta nell'ambito dell'articolo che la contiene.
Il sistema appare, dunque, articolato secondo due tipologie di notificazioni.
Quando si deve effettuare la prima notificazione all'imputato, che non abbia eletto o dichiarato domicilio, si deve procedere in uno dei modi consecutivi previsti dai primi otto commi dell'art. 157.
Una volta effettuata regolarmente la prima notificazione, se l'imputato provvede a nominare il difensore di fiducia, tutte le successive notificazioni si effettuano mediante consegna al difensore; questi può "immediatamente", quindi antecedentemente alla prima notificazione presso di lui, dichiarare all'autorità che procede di non accettare la notificazione, altrimenti il processo nei suoi vari gradi seguirà con la notificazione al difensore di fiducia.
In caso di mancata nomina del difensore di fiducia, si procederà a norma dei commi 2 e 4 dell'art. 161 cod. proc. pen..
Se, invece, vi sono state elezione o dichiarazione di domicilio, si seguiranno direttamente le forme dettate dall'art. 161 e seguenti cod. proc. pen..
Va sottolineato che, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la conoscenza dell'accusa, preordinata allo svolgimento di un'efficace attività difensiva, deve realizzarsi attraverso una "notificazione ufficiale proveniente dall'autorità competente" (Brozicek c. Italia, 19 dicembre 1989); ma non si richiede necessariamente una forma particolare. La stessa Corte delinea un'attività collaborativa da parte dell'imputato, una volta regolarmente avvisato (Kimmel c. Italia, 2 settembre 2004; Booker c. Italia, 14 settembre 2006; Zaratin c. Italia, 23 novembre 2006). Il disinteresse dell'imputato informato equivale ad una rinuncia a presenziare alle udienze con la conseguenza che non è configurabile nessuna violazione della Convenzione.
Ancora, in tema di semplificazione dell'iter del processo attraverso un sistema di notificazioni non incerto, vanno ribaditi i seguenti principi giurisprudenziali: a) l'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. "riguarda l'intero processo e non già ogni grado di giudizio, sicché non occorre individuare per ciascuna fase processuale una prima notificazione rispetto alla quale possa, poi, trovare attuazione la nuova disciplina" (in tal senso la Terza Sezione nell'ordinanza di rimessione, nonché Cass. Sez. V, 25.05.- 21.11.2006, n. 38136, ric. Bertone e altro, rv 235976 e Sez. IV, 11.10 - 21.11.2005, n. 41649, Mandrini, rv 232409); b) la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 cod. pro. pen. ricorre soltanto nei caso in cui la notificazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mente essa non ricorre nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue l'applicabilità della sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen.. Per altro, l'imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare l'inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice stesso (Cass. Sez. U. sent. 00119 del 2005, Palumbo).
Si possono ora trarre le debite conclusioni sulla questione giuridica controversa.
Al quesito : "Se la notificazione presso il difensore di fiducia, ex art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., possa essere effettuata anche nel caso in cui l'imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni", deve essere data risposta negativa.
Consegue come lineare corollario che: 1) l'operatività dell'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. è subordinata all'assenza di una dichiarazione o elezione di domicilio. Tutte le successive notificazioni, qualora l'imputato abbia nominato un difensore di fiducia e non abbia dichiarato o eletto domicilio, devono essere eseguite mediante consegna al difensore, ferma restando l'assenza di una preclusione all'esercizio della facoltà dell'imputato stesso di dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni anche dopo la nomina di un difensore di fiducia, esercizio che ha l'effetto di paralizzare la regola contenuta nel citato comma 8 bis; 2) detta regola, inoltre, riguarda l'intero processo, sicché non occorre individuare per ciascuna fase processuale una prima notificazione rispetto alla quale possa, poi, trovare attuazione la nuova disciplina; 3) l'eventuale nullità derivante dalla notificazione effettuata ai sensi dell'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., per casi diversi da quelli previsti non configura una nullità assoluta ed insanabile per omessa vocatio in jus, bensì una nullità di ordine generale e a regime intermedio per inosservanza delle norme sulla notificazione, che deve ritenersi sanata quando risulti provato che l’errore non abbia impedito all'imputato di conoscere l'esistenza dell'atto e di esercitare il diritto di difesa; essa rimane comunque senza effetto se non è dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all'art. 184 comma primo, alle sanatorie generali di cui all'art. 183 e alle regole di deducibilità di cui all'art. 182 cod. proc. pan., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all'art. 180 stesso codice.
Prendendo in esame la specifica situazione oggetto del primo motivo di ricorso, secondo le emergenze del processo, è agevole rilevare che il 2 dicembre 2003 la M., come risulta dal verbale redatto dalla polizia giudiziaria, dichiarava domicilio presso la sua abitazione in Rossano contrada Lampa Patire n. 29, ai sensi dell'art. 161 cod. proc. pen., e nominava difensore di fiducia l'avv. Leonardo Trento del foro di Rossano; riceveva a mani proprie, nel domicilio dichiarato, tutti gli atti del procedimento di primo grado (l'avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio); il 2 novembre 2005 il Tribunale pronunciava sentenza di condanna, avverso la quale l'imputata proponeva appello personalmente con atto sottoscritto anche dal difensore di fiducia.
Il decreto di citazione per il giudizio di appello veniva notificato, ex art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., mediante consegna al difensore di fiducia, avv. Leonardo Trento; l'imputata non compariva all'udienza fissata e la Corte ne dichiarava la contumacia; l'estratto contumaciale della sentenza di secondo grado le veniva notificato il 19 gennaio 2007, di nuovo ai sensi dell'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., presso il difensore di fiducia, avv. Leonardo Trento, il quale non si era avvalso della facoltà di non accettare gli atti notificatigli; il 28 febbraio 2007 l'imputata proponeva personalmente ricorso per cassazione, con atto sottoscritto anche dal nuovo difensore Serafino Trento, nominato in calce al ricorso con contestuale revoca dell'avv. Leonardo Trento (v'è da notare che, a parte l'omonimia patronimica, entrambi i suddetti avvocati fanno parte non solo del medesimo Foro di Rossano, ma anche del medesimo studio - v. il timbro dello studio legale in cui figurano entrambi - e l'avv. Serafino Trento aveva anche sostituito l'avv. Leonardo Trento all'udienza del 15 dicembre 2004 nel corso del giudizio di primo grado).
Come si vede, la ricorrente non solo non deduce la mancata o comunque menomata conoscenza conseguente all'adozione del modello di notificazione previsto dall'art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen., ma dimostra di essere sempre stata a piena conoscenza di tutti gli sviluppi del processo, avendo anche proposto personalmente le impugnazioni, sia in grado di appello che in sede di legittimità; né il difensore, presso cui sono state effettuate le notificazioni, ha eccepito alcunché nel giudizio di appello: ne consegue che la notificazione, certamente non inesistente, ma viziata, in quanto diversa dal modello di notificazione prescritto, non ha provocato nessuna lesione del diritto alla conoscenza e all'intervento dell'imputata e, per altro, la relativa eccezione è comunque tardiva, poiché ben poteva e doveva essere dedotta nel giudizio di appello.
Il primo motivo di ricorso deve essere, quindi, disatteso.
A conclusioni analoghe deve pervenirsi in relazione al secondo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente deduce l'erronea affermazione della sua colpevolezza in ordine ai reati ascrittile, in violazione del principio della responsabilità penale personale, assumendo di essere estranea ai fatti, al più attribuibili al marito, proprietario del terreno su cui insiste il manufatto e committente dell'opera abusivamente realizzata.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, in tema di reati edilizi, la responsabilità relativa al manufatto sul quale l'abuso è stato effettuato può dedursi da indizi precisi e concordanti, quali la qualità di coniuge del committente, il regime patrimoniale dei coniugi, lo svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, la richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, la presenza in loco all'atto dell'accertamento. Pertanto, una volta ritenuto in fatto il diretto interesse ai lavori e la qualità della M. di committente dell'opera abusiva, secondo un accertamento corretto ed insindacabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha conseguentemente ritenuto la colpevolezza dell'imputata, pervenendo a conclusioni esenti da vizi logico-giuridici (v., ex plurimis, Cass. Sez. 3, sent. n. 32856 del 2005 rv 232200, Farzone; n. 26121 del 2005, Rosato, rv 231954).
Neppure si è verificata l'invocata prescrizione dei residui reati per i quali la Corte catanzarese ha affermato la responsabilità penale della M..
I fatti sono stati contestati come ancora in corso il 20.11.2003; il periodo prescrizionale massimo, secondo la normativa applicabile alla specie, matura in quattro anni e sei mesi; a questo arco di tempo va, poi, aggiunto il periodo di sospensione di un mese a causa del rinvio dell'udienza in sede di appello dal 13.11 al 13.12.2006, dietro richiesta del difensore dell'imputata: l'evento estintivo dei reati si verificherebbe, quindi, soltanto il 20.6.2008. Si aggiunga che la sentenza di appello ha fissato, senza rilievi di parte, al 2.12.2003 (e non al 20.11) la fine dei lavori.
Quanto al trattamento sanzionatorio, infine, la Corte territoriale, nel confermare i criteri adottati dal primo giudice, ha provveduto ad eliminare la pena inflitta per la contravvenzione dichiarata prescritta ed ha ridotto l'aumento per la continuazione, ritenuto eccessivo, pervenendo così ad una pena del tutto adeguata ai profili oggettivi e soggettivi dei reati commessi, secondo i criteri fissati dall'art. 133 c.p..
Consegue alle suesposte considerazioni il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.